3 dicembre 2022 Teatraki di Ag.Marina
Portolago e DINTORNI
Le ragioni di un titolo
PORTO LAKI, gennaio 1916
PORTOLAGO, agosto 1925
Virgilio
3 dicembre 2022 Teatraki di Ag.Marina
PORTO LAKI, gennaio 1916
PORTOLAGO, agosto 1925
Virgilio
«ANIME BIANCHE» (inedito)
Enzo Terzi
Dalla pantera ed il cammello di Yannopoulos all’aereo sul Partenone di Theotokàs
I promessi sposi
Principe
Il Principe
I dolori del giovane Werther 1846
I dolori del giovane Werther 1846
Il corvo 1845
Il corvo 1845
Nascita
Nascita
Mickey
Mickey Mouse 1928
Mouse 1928
Libro del 1935
Libro del 1935
Palazzo costruito tra le due guerre, oggi demolito – Atene
ed il 1932
Arch. Alexandros Mtaxas, 1934-38
Arch. Aristotelis Zachos, 1934
Riconoscere la giusta memoria, il giusto valore
Per decenni il lavoro di Petracco e Bernabiti è stato completamente oscurato, alla pari di tutta l’architettura italiana del periodo.
Non a caso la prima valorizzazione dell’architettura italiana in Dodecaneso si deve proprio ad uno studioso greco, Antonis Antoniadis.
Portolago è la dimostrazione lampante
della loro distinta statura di autori, certamente maturata in sintonia con quanto evolveva in madrepatria e nell’oltremare, ma anche ricca di accenti propri: gentile, luminosa, giocosa, leggera.
Nei successivi studi italiani tuttavia
Petracco e Bernabiti sono ridotti a semplici seguaci e prosecutori della maniera eclettica e orientaleggiante di Di Fausto e Lombardi.
Se ci sono dei titolari dell’architettura italiana in Dodecaneso, questi sono Petracco e Bernabiti, i veri protagonisti.
Trieste 1889- Roma 1979
Padre spazzacamino e lustrascarpe, madre slovena: fino al 1918 è un suddito austroungarico, e si vede.
Arruolato nell’esercito imperiale durante la grande guerra, viene poi riformato per miopia.
Nel 1909 a Trieste ottiene il diploma di Baumeister, costruttore edile, successivamente equiparato ad architetto.
Sposato dal 1913 con la croata Maria Diebalo, ha due figli: Mario (1917) e Laura (1919)
Già a Rodi dal 1922 al servizio di un’impresa edile triestina, a fine ’23 è assunto all’Ufficio Architettura , assistente disegnatore di F. Di Fausto (‘23-27) e di P.Lombardi (‘27-29)
Dal primo apprende l’interesse per il “genius loci” e la padronanza degli stili storici: turchesco, veneziano, cavalleresco.
Dal 1929 al ‘45 è lui ininterrottamente l’architetto capo e, in sodalizio con Bernabiti, progetta e realizza una quantità impressionante di edifici pubblici e piani regolatori in tutto il Dodecaneso.
Rodi: Circolo Nautico - 1929
Coo: Albergo Gelsomino - 1928
Coo: museo archeologico - 1934
Lero: torre orologio - 1934
Piena sintonia con Lago (1922-36), delle cui volontà è un paziente ed efficientissimo realizzatore, soprattutto in materia urbanistica.
Non è apprezzato da De Vecchi (1937-40), che impone la “purificazione” degli orientalismi di cui Petracco è stato il principale interprete: in questi anni non progetta quasi niente, è chiaramente caduto in disgrazia.
Rodi: il tribunale di F. Di Fausto - 1924
Rodi: il tribunale purificato da R. Petracco - 1938
Dall’archivio dei Carabinieri di Rodi:
“ la famiglia Petracco è additata ad esempio di perfetto accordo, di sana morale, di irreprensibile contegno in ogni manifestazione della vita, sia pubblica che privata”
“valoroso professionista, condotta morale specchiatissima ed illibata “
Ottiene nel tempo i titoli onorifici di:
- Cavaliere della Corona
- Cavaliere Pontificio di S.Silvestro
- Donato d’Onore dell’Ordine di Malta.
Lavoro a parte, la sua passione è la collezione dei francobolli.
L’ apparenza asburgica inganna: è un simpatico barzellettiere.
Rimasto vedovo nel 1936, vive a Rodi con la figlia in questa bella casa per impiegati statali (è lui il progettista anche di tutti questi interventi), mentre il figlio entra all’Accademia Navale di Livorno.
Durante il periodo bellico è quasi inoperoso: si occupa di ampliamenti di cimiteri.
Dopo l’8 settembre ‘43, senza aderire a Salò, resta al suo posto con gli occupanti tedeschi (parla bene la loro lingua) e dopo la resa anche con gli inglesi.
Rientrato in Italia a fine ’45, l’anno dopo è assunto come geometra al Genio Civile di Foggia e fino al pensionamento nel ’59 si occupa di danni di guerra.
Crevalcore (Bologna) 1900-1970
A 18 anni si arruola volontario e partecipa agli ultimi mesi della Grande Guerra: porta a casa per tutta la vita la sifilide, l’alcolismo, l’attitudine al libertinaggio.
Fascista della prim’ora, a 22 anni partecipa alla marcia su Roma e nei giorni successivi all’Accademia di Belle Arti di Bologna si diploma Professore di disegno architettonico.
Nel ‘24-25 va a lavorare a Parigi, stregato da una fascinosa madame conosciuta a Firenze.
Nel ’26 lavora nell’Istituto Case Popolari di Roma.
• Nel ‘27 è assunto come disegnatore all’Ufficio Architettura di Rodi: inizia il lungo sodalizio con Petracco.
• Si mette in luce subito nel completamento delle Terme di Calitea e diventa il pupillo di Lago, che in seguito interverrà in diverse occasioni per toglierlo dai guai.
Gli anni ruggenti e l’incontro con Maria Tito
Conduce una spensierata vita da viveur: sregolato, nottambulo, bevitore, donnaiolo, mani bucate.
Conosce presto la giovanissima Maria Tito (lei ha 14 anni, lui 30), levantina di Smirne: un tipo tutto pepe, “la cosiddetta Josephine Baker” (nota dei Carabinieri).
Lui si porta a letto lei e le sue amiche, ma lei lo ha puntato e non molla: alla fine si sposeranno nel 1941, ovviamente il 28 ottobre.
Per caccia abusiva al cervo.
Per aver ferito un compagno di caccia, il suo migliore amico, che perde un occhio.
Per aver deflorato un’altra ragazza levantina di Smirne, che pretende invano da lui nozze riparatrici.
Per un violento alterco con l’impresario del Teatro Puccini, dove Maria fa la cassiera e lamenta le “avances” del datore di lavoro.
Per gioco d’azzardo in una bisca clandestina.
Per aver violentemente sbraitato e scalciato, ubriaco fradicio, alla porta di una casa di tolleranza dopo l’orario di chiusura: voleva festeggiare ad ogni costo l’anniversario della marcia su Roma alla maniera sua.
Per aver violato il coprifuoco.
Istituto biologia marina e acquario - 1934
Teatro G.Puccini- 1934
Casa del fascio e cinema - 1934 Sinagoga - 1935
Municipio / Casa del fascio - 1935
Albergo Roma - 1935
Cinema Teatro Roma - 1935
Rodi: Il Grande Albergo delle Rose di F. Di Fausto - 1926
La purificazione di Bernabiti -1938
Dal 1940 smette di fare l’architetto e si arruola nelle camicie nere: partecipa da volontario ad alcune azioni di guerra a Creta e Castelrosso.
Dopo l’8 settembre ‘43 aderisce alla Repubblica di Salò e collabora con gli occupanti tedeschi.
Alla fine della guerra gli inglesi lo internano per 1 anno in campo di prigionia.
Rientra in Italia nel ‘46 e passa 3 anni in un campo profughi a Mantova.
Solo nel ‘49 è assunto al Genio Civile di Pesaro come semplice disegnatore.
Nel ‘55 è colpito da un ictus che lascia il segno.
Nel ‘65 va in pensione e torna a vivere con Maria a Crevalcore, vita modesta fino alla morte nel 1970, per cirrosi.
Maria lo segue qualche anno dopo, stessa causa.
(1948, 1958, 1975, riedizione InEdibus 2017)