AICARR CDA FEBBRAIO 2004

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Reed Business Information Spa - Sped. abb. post. 45% art. 2 comma 20/B legge 662/96 Filiale di Milano- ISSN 0373-7772 Prezzo di copertina € 6,80

Valutazione del rumore negli edifici condizionati

Alto rendimento Caldaia, impianto, disgiuntore idraulico

Patrimoni immobiliari

DELL’ARIA • RISCALDAMENTO REFRIGERAZIONE • ORGANO DIRETTIVO NAZIONALE DELL’AICARR TO EN M

Ricerca

CON DI ZI O N A

Riqualificazione energetica e ambientale

Pompe di calore Ricostruzione del Teatro Petruzzelli

Generatori di calore

Ridurre le emissioni, migliorare la sicurezza

Elettrotecnica

Effetti della corrente elettrica nel corpo umano

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Sommario N.2/Febbraio 2004

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7

Editoriale

Il convegno Climamed di Lisbona A. Sandelewski

Comitato di redazione

Franco Adami, Claudia Calabrese, Gianvincenzo Fracastoro, Renato Lazzarin, Eleonora Monti, Ubaldo Nocera, Michele Vio Direttore Scientifico Renato Lazzarin Direttore editoriale Franco Adami Redattori Adriana Del Longo, Eleonora Monti, Federica Orsini, Stefano Rimassa, Maruska Scotuzzi Segreteria Brunella Chiari, Maria Ranieri Prezzo di copertina 2004 Un fascicolo Euro 6,80 Arretrato Euro 13,60 Abbonamenti 2004 Italia Euro 74,00 Estero $ 148.00 Euro 148,00 La rivista è inviata ai Soci AICARR. Il prezzo dell’abbonamento è incluso nella quota associativa.

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Spedizione in abbonamento postale 45%-art.2 comma 20/B legge 662/96 - Milano Reed Business Information SpA è associata a

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Ricerca

Rumore negli edifici condizionati U. Ayr, E. Cirillo, F. Martellotta

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Stato dell’arte

Ridurre le emissioni inquinanti e migliorare la sicurezza R. Lazzarin

55

Stato dell’arte

Impianti ad alto rendimento D. Danieli, M. Rigo, F. Altomonte

62

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Impianti

pompe di calore con acqua di falda M. Cisternino, F. Ruggiero, M. Strada

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Impianti

Patrimoni immobiliari: riqualificazione energetica e ambientale L. De Santoli, C. D’Andrea, N. Monetti

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Dalle Aziende

Prodotti su misura CDA CONDIZIONAMENTO DELL’ARIA RISCALDAMENTO REFRIGERAZIONE Direttore responsabile Alberto Banal.

Registrazione Tribunale di Milano n. 4545 del 7-2-1958.

Iscrizione al ROC n. 1136. La Direzione non risponde delle idee od opinioni espresse dagli autori nei loro articoli Copyright Reed Business Information Spa - Milano Italia.

Terminato di stampare 11-02-2004 presso Teograf, via Tacito 15/17, Corsico (MI) Testata volontariamente sottoposta a certificazione di tiratura e diffusione in conformità al Regolamento C.S.S.T. Certificazione Stampa Specializzata Tecnica Per il periodo 01/01/2002-31/12/2002 Tiratura media n. 4.169 copie Diffusione media n. 3.799 copie Certificato CSST n. 2002-578 del 21/02/2003 Società di Revisione Grant Thornton Spa Tiratura del presente numero: n. 3.800 copie

A cura della Redazione

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Consulenza elettrotecnica

Gli effetti della corrente elettrica nel corpo umano A. Porro

Le Rubriche pag. 15

Associato all’USPI Unione Stampa Periodica Italiana

pag. 82

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70

Panorama Attualità & Mercato Prodotti & Cataloghi Aicarr News

pag. 84

Block notes Convegni & Mostre

pag. 87

Si parla di…

n.2 febbraio 2004

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cda Editoriale

Alessandro Sandelewski

Il convegno Climamed

di Lisbona l condizionamento dell’aria e la refrigerazione non sono più un lusso; sono invece essenziali per permettere all’uomo di vivere, lavorare, divertirsi e in generale di apprezzare maggiormente la vita e quello che essa può offrire.

Il riscaldamento centralizzato nacque a Roma, negli ultimi anni della Repubblica, e raggiunse la più alta efficienza durante l’Impero; il raffrescamento con neve o ghiaccio era ben noto nell’età imperiale. Come la civiltà occidentale in senso lato, così la climatizzazione è nata e si è sviluppata nel bacino del Mediterraneo. È stato con questo orgoglio e consapevolezza che quattro associazioni culturali europee, la portoghese Apirac, la spagnola Atecyr, la francese Aicvf e l’Aicarr, decisero, l’anno scorso, sotto gli auspici della Rehva, di creare un convegno specialmente dedicato ai temi e ai problemi specifici della climatizzazione nelle nazioni dell’Europa mediterranea.

Il convegno si terrà a Lisbona il 16 e il 17 aprile 2004, e verrà ripetuto ogni anno a rotazione nelle varie nazioni. Nel 2005 la sede ospitante sarà Madrid, mentre nel 2006 toccherà all’Italia, in sede da stabilire (Napoli o Palermo).

Verranno presentate circa quaranta relazioni, che tratteranno delle applicazioni delle energie rinnovabili, del comfort e qualità del-

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Alessandro Sandelewski VicePresidente Aicarr

Si parlerà di energie rinnovabili, del comfort e qualità dell’aria e dell’impatto ambientale

l’aria, dei nuovi refrigeranti e dell’impatto ambientale degli impianti di climatizzazione. Attenzione particolare verrà poi dedicata alle nuove direttive dell’Unione europea sulla certificazione energetica degli edifici e sul loro impatto in ogni singola nazione.

L’Aicarr sarà rappresentata dal Past President prof. Marco Filippi, e da altri nove relatori. Un significato speciale avrà la presentazione della prof.ssa Francesca Romana D’Ambrosio, dedicata al marito prof.

Nino Alfano, recentemente scomparso. È auspicio degli organizzatori che altre nazioni del bacino del Mediterraneo vorranno, in un prossimo futuro, partecipare e organizzare l’incontro nelle loro sedi: pensiamo alla Slovenia, alla Croazia, alla Grecia, alla Turchia, agli stati nordafricani, ove le condizioni climatiche e i problemi tecnici sono simili.

Finora le Nazioni del Nord Europa hanno fatto la parte del leone nel campo della ricerca e delle applicazioni teoriche e pratiche della climatizzazione; è giusto e doveroso che anche i Paesi del Sud Europa, ove le condizioni climatiche sono sicuramente diverse e spesso più gravose, mostrino di potere e volere apportare il loro contributo.

Appuntamento quindi ad aprile nella splendida capitale lusitana, per scambiare esperienze umane e professionali con amici e colleghi mediterranei, e per ascoltare anche – perché no – le struggenti note di un fado.

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n.2 febbraio 2004

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Ricerca

Ubaldo Ayr, Ettore Cirillo, Francesco Martellotta

Rumore negli edifici condizionati Metodi di valutazione e indagine sperimentale sul disturbo da impianti HVAC

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La scelta dei descrittori più idonei a caratterizzare il rumore negli edifici condizionati è una problematica complessa. Nel corso degli anni sono stati definiti diversi indici fra cui sono stati analizzati in dettaglio quelli più utilizzati nella pratica.

Utilizzando inoltre un campione di 239 spettri rilevati in vari tipi di ambienti condizionati, è stata realizzata un’analisi comparativa dei diversi criteri evidenziando similitudini e diversità di comportamento.

a valutazione del rumore negli edifici ha una lunga storia. Per molti versi l’avanzamento nei metodi di valutazione è andato di pari passo con quello dei dispositivi elettronici impiegati per le rilevazioni acustiche. Il punto di svolta è stato rappresentato dai dispositivi in grado di consentire la misura del suono in bande di frequenza. Tali apparecchi hanno consentito i maggiori avanzamenti nella comprensione dell’impatto del rumore sulla comunicazione e sull’ascolto, ma per contro hanno reso più complessa la valutazione di tale impatto. Conseguentemente, man mano che le tecniche di misura rendevano disponibili informazioni sempre più dettagliate in merito al rumore, l’impegno dei ricercatori è stato diretto a riassumere tali informazioni in parametri costituiti da un solo numero che fosse in grado di sintetizzare l’influenza di vari aspetti, come gli effetti della sensibilità dell’orecchio alle diverse frequenze e l’effetto dell’interferenza del rumore di fondo nella comprensione del parlato.

L

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Il risultato di più di cinquanta anni di ricerca in questo campo è costituito da un cospicuo numero di questi indicatori [1] che, nel corso del tempo si sono succeduti, sostituendo o, più spesso, solo affiancando i precedenti, col risultato di porre il progettista di fronte al difficile problema di scegliere quale fra i tanti parametri a disposizione sia quello più idoneo al compito che deve svolgere.

Una panoramica sugli indici di rumore Il più semplice descrittore del rumore è il livello sonoro equivalente lineare Leqlin, definito come il livello di un suono costante che in un intervallo di tempo espone l’individuo alla stessa energia acustica che si ha considerando l’effettiva variazione temporale del suono. Questo parametro non si è mai diffuso dal momento che è risultato sempre poco correlato con i giudizi soggettivi.

Il livello sonoro equivalente pesato in scala A LeqA, invece, è probabilmente il più diffuso indice di rumore. Esso è de-

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finito come il Leqlin, ma in più tiene conto della sensibilità dell’orecchio alle diverse frequenze. Esso associa la semplicità di misura alla buona correlazione con le risposte individuali.

Sul finire degli anni ’40 venne introdotto l’indice di articolazione AI, dato da un rapporto segnale rumore opportunamente pesato, basato sulla misura dei livelli di parlato normale e sui livelli di rumore di fondo misurati o stimati.

Tale indicatore risulta ben correlato con la capacità di comprendere il parlato, ed è alla base dello Speech Interference Level (SIL), introdotto da Beranek nel 1947 con lo scopo di fornire una grandezza di più semplice determinazione correlata all’AI, ma che, nei fatti, rappresenta solo una misura del rumore di fondo. Il SIL, infatti, non è che la media aritmetica dei livelli di pressione sonora misurati nelle tre bande di ottava da 600 a 4800 Hz. Dopo l’adozione, negli anni ’60, delle attuali frequenze normalizzate il SIL è stato calcolato prima con riferimento alle tre bande da 500 a 2000 Hz e, dopo il 1977, alle bande da 500 a 4000 Hz. I livelli di intensità soggettiva di Zwicker (LLZ) e Stevens (LLS), misurati in phons e introdotti verso la fine degli anni ’50, tengono conto sia della sensibilità dell’orecchio alle diverse frequenze sia del reciproco effetto di mascheramento tra le componenti dei suoni complessi. Entrambi gli indici possono essere determinati a partire dallo spettro sonoro in terzi di ottava mediante procedure standardizzate a livello internazionale [2]. La loro correlazione con le sensazioni soggettive di intensità sonora e di disturbo è buona [3], tuttavia data la relativa complessità delle procedure di calcolo la loro diffusione è stata limitata.

Nel 1957 Beranek introdusse un nuovo criterio di valutazione del rumore basato sul grado di interferenza con il parlato. Esso utilizza una famiglia di spettri (fig. 1), le curve

Figura 1 - Curve NC

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Figura 2 - Curve RC

NC (Noise Criteria), ognuno caratterizzato da un certo grado di interferenza misurato dal SIL. Tali curve furono determinate, in modo da risultare approssimativamente di eguale intensità percepita, a partire da valori del SIL ritenuti accettabili a seguito di una vasta indagine condotta su persone impegnate in vari tipi di lavoro di ufficio durante lo svolgimento delle normali attività [4]. Tali curve hanno conosciuto un’ampia diffusione conseguente alla facilità d’uso e al fatto di avere per prime introdotto un criterio basato sul grado di interferenza col parlato.

Poiché le curve NC erano risultate troppo permissive tanto nelle alte frequenze che in quelle molto basse, nel 1971 Beranek [5] propose le curve PNC (Preferred Noise Criteria). Tuttavia, benché le nuove curve fossero sicuramente meglio bilanciate nelle varie componenti spettrali, esse risultarono troppo esigenti alle basse frequenze, al punto da richiedere sistemi di controllo del rumore eccessivi per la maggior parte delle normali applicazioni. Per questo motivo, e per il fatto di non essere mai state incluse in alcuna guida o codice pratico, il loro impiego non si è mai diffuso.

Nel 1981 Blazier [6] propose le curve RC (Room Criteria), specificamente concepite per la valutazione della rumorosità degli impianti di condizionamento dell’aria e anch’esse basate sul grado di interferenza col parlato. Inoltre, per la prima volta, fu introdotta anche una procedura per stabilire la “qualità” del rumore, cioè per individuare lo sbilanciamento degli spettri alle basse o alte frequenze (che dà luogo a suoni percepiti rispettivamente come “rombanti” o “sibilanti”), oppure la capacità di indurre vibrazioni nelle parti più leggere delle strutture. Queste curve, inserite dal 1987 nell’ASHRAE Handbook, si basano sulla sperimentazione condotta in 68 uffici in cui il rumore era ritenuto

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lità dello spettro e invece introduce una penalizzazione per gli spettri caratterizzati da ampie fluttuazioni alle basse frequenze.

Impiego pratico dei criteri di rumore

Figura 3 - Curve NCB

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accettabile dagli occupanti. L’analisi degli spettri misurati in condizione di non occupazione, cioè con il solo impianto di condizionamento in funzione, portò a concludere che la forma migliore dello spettro di un rumore continuo fosse un segmento di retta avente una pendenza di –5 dB/ottava (fig. 2).

Nel 1989 Beranek [7] propose le curve NCB (Balanced Noise Criteria), derivanti da una radicale revisione delle vecchie curve NC. Fu introdotta, infatti, una procedura, simile a quella usata dall’RC, per la valutazione “qualitativa” degli spettri di rumore, oltre a ritoccare la forma delle curve alle alte frequenze e ad estenderle alle basse fino alla frequenza di 16 Hz (fig. 3).

Con l’introduzione del criterio RC Mark II nel 1997, Blazier [8] ritoccò la forma delle curve (ora piatte fra le bande da 16 a 31,5 Hz), e apportò significativi cambiamenti alla procedura per la determinazione della qualità dello spettro di rumore, mentre lasciò invariato il metodo per la definizione dell’indice numerico. Il contributo più innovativo dovuto a questo criterio fu l’introduzione di un indice numerico per la valutazione dello sbilanciamento spettrale (il Quality Assessment Index, QAI), che consente una valutazione “relativa”, basata sulla forma dello spettro effettivo, e non più “assoluta”, basata sul confronto con le curve del criterio. Inoltre, la presenza di componenti spettrali sbilanciate nelle frequenze da 16 a 500 Hz (denominate genericamente “rombanti” dagli altri criteri), venne distinta fra medie frequenze (componenti “ronzanti”), e basse frequenze (componenti “rombanti”).

Recentemente Shomer [9] ha proposto le curve RNC (Room Noise Criteria) che costituiscono un compromesso fra le curve RC e NCB. Il criterio è di semplice applicazione (come l’NC), tuttavia non prevede alcuna valutazione della qua-

Dei vari descrittori di rumore presentati in precedenza ve ne sono alcuni, i cosiddetti “criteri”, che richiedono l’applicazione di procedure più o meno complesse per la determinazione dell’indice numerico che caratterizza lo spettro e dell’eventuale descrittore qualitativo. In questo paragrafo si prenderanno in esame i quattro criteri che vengono più frequentemente impiegati nella valutazione degli spettri di rumore prodotti dagli impianti di condizionamento: NC, RC, NCB e RC Mark II. Il primo, NC, è di impiego assai semplice e anche a questo si deve il suo diffuso utilizzo. Una volta noto lo spettro del rumore in bande di ottava da 63 a 8000 Hz è sufficiente sovrapporlo all’insieme delle curve NC (fig. 4) e individuare la curva tangente allo spettro. L’indice numerico che caratterizza lo spettro in esame sarà dato dal valore numerico che identifica la curva tangente.

La valutazione dello spettro del rumore mediante il criterio RC, relativamente ad ambienti non occupati o comunque caratterizzati da un rumore di fondo trascurabile rispetto a quello di impianto, avviene mediante il valore di LMF (cioè la media aritmetica dei livelli di pressione nelle bande di ottava da 500 a 2000 Hz), che misura l’intensità del rumore prodotto dal solo impianto di condizionamento, seguito da una sigla che esprime, invece, un giudizio sul bilanciamento spettrale. In particolare con la lettera N viene indicato uno spettro neutro, mentre con R e H, rispettivamente, uno spettro rombante e sibilante. Infine con le sigle VA e VB, viene indicata la possibilità che siano indotte vibrazioni percepibili nelle strutture leggere, ri-

Figura 4 - Valutazione dell’indice NC relativo ad uno spettro impiegando il metodo della tangente

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Figura 5 - Applicazione della procedura RC, con verifica delle componenti rombanti e sibilanti

Figura 6 - Applicazione della procedura NCB, con verifica delle componenti rombanti e sibilanti

spettivamente con elevata e moderata probabilità. Per valutare il bilanciamento dello spettro si disegna lo spettro del rumore misurato in bande di ottava da 16 Hz a 4 kHz e si traccia la curva di riferimento rispetto alla quale valutare la qualità del suono dal punto di vista spettrale, cioè il segmento avente pendenza -5 dB/ottava su tutto il campo di frequenze e passante a 1000 Hz per il livello pari a LMF (fig. 5). L’assenza di componenti rombanti richiede che i livelli di pressione dello spettro del rumore non eccedano i 5 dB, rispetto alla curva di riferimento, in ognuna delle bande d’ottava inferiori a 1000 Hz. Alle alte frequenze, invece, l’assenza di componenti sibilanti richiede che i livelli di pressione dello spettro del rumore non eccedano i 3 dB, rispetto alla curva di riferimento, in ognuna delle bande d’ottava superiori a 500 Hz. Per verificare, poi, che non siano indotte vibrazioni percepibili nelle strutture leggere presenti nell’ambiente, i livelli di pressione nelle bande di ottava di 16 Hz, 31 Hz e 63 Hz devono rimanere anche al di sotto delle due zone A e B, indicate nel diagramma delle curve RC. La valutazione del rumore secondo le curve NCB richiede la conoscenza dello spettro sonoro nelle bande di ottava da 16 a 8000 Hz. L’indice numerico caratterizzante lo spettro corrisponde al SIL, cioè alla media dei livelli di pressione relativi alle bande da 500 a 4000 Hz. Per controllare, poi, che alle basse frequenze non vi siano componenti rombanti, bisogna verificare che i livelli di pressione dello spettro di rumore, in tutte le bande d’ottava con frequenze centrali inferiori a 1000 Hz, non siano al di sopra della curva NCB contraddistinta da un valore numerico pari al valore del SIL più 3 e ricavata per interpolazione tra le curve NCB disponibili (fig. 6). Per controllare, invece, che alle alte frequenze non vi siano componenti sibilanti, occorre verificare che i livelli di pressione del rumore, in

tutte le bande d’ottava con frequenza centrale superiore a 500 Hz, non siano al di sopra della curva NCB che meglio approssima lo spettro del rumore nelle tre bande di ottava da 125 a 500 Hz. Infine, per essere certi che non vi siano vibrazioni percepibili nelle strutture leggere presenti nell’ambiente, si deve verificare che nelle bande di ottava con frequenza centrale inferiore a 125 Hz i livelli di pressione risultino anche al di sotto delle due zone A e B, indicate nel diagramma delle curve NCB. Come anticipato, la procedura RC Mark II si differenzia dal vecchio criterio RC nella determinazione del descrittore qualitativo, mentre l’indice numerico è dato sempre da LMF. Alla base della valutazione qualitativa vi è il QAI, che misura di quanto lo spettro in esame si discosta dalla curva di riferimento individuata da LMF. L’indicazione dell’intervallo di frequenze in cui è localizzato lo sbilanciamento è fornita dai descrittori qualitativi LF, MF e HF, rispettivamente associati alle frequenze basse (da 16 a 63 Hz), medie (da 125 a 500 Hz) e alte (da 1 a 4 kHz). La determinazione del QAI richiede dapprima il calcolo dell’indice di deviazione spettrale ∆F in ognuno dei tre gruppi di frequenze come media energetica (in dB) delle deviazioni spettrali tra spettro e curva di riferimento (tabella 1 e fig. 7). Il QAI è pari alla differenza fra il valore massimo e quello minimo dei tre indici di deviazione spettrale. Il descrittore qualitativo dipende quindi dal valore di QAI (infatti, se QAI ≤ 5 dB lo spettro è comunque considerato neutro), e dall’indice di deviazione spettrale avente il più alto valore positivo che è quello che determina il carattere dello spettro (HF in figura 7) quando QAI>5 dB. Inoltre, il descrittore LF può essere seguito dalle lettere A o B qualora lo spettro ricada in una delle due zone che denotano il rischio di vibrazioni indotte nelle strutture leggere. È importante sottolineare che il QAI non è solo un mezzo

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Ricerca

Tabella 1 -

Spettro (dB)

Procedura di calcolo del QAI relativo allo spettro di fig. 7

Frequenze in bande di ottava (Hz) 16 31,5 63 125

250

500

1k

2k

4k

60,2

48,2

46,4

46,2

42,9

37,6

58,8

54,1

50,5

RC (dB)

70

70

65

60

55

50

45

40

35

∆L (dB)

-9,8

-11,2

-10,9

-9,5

-6,8

-3,6

1,2

2,9

2,6

0,076

0,081

0,111

0,208

0,440

1,310

1,947

1,833

10

(∆L/10)

0,104

Media

0,087

∆F (dB)

-10,6

QAI

0,253

1,697

-6,0

2,3

12,9

lanciamento spettrale è stato proposto in [10] con interessanti risultati, tuttavia sono necessari ulteriori studi che confermino la bontà del parametro su differenti campioni di dati.

Analisi comparativa su dati sperimentali

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Figura 7 - Applicazione della procedura RC Mark II, con determinazione dei fattori di deviazione spettrale nei tre intervalli di frequenze, determinazione del QAI e individuazione del descrittore qualitativo

per determinare il descrittore qualitativo ma può essere considerato come una vera e propria misura dello sbilanciamento dello spettro in esame e, come suggerito dallo stesso Blazier, può essere utile nella valutazione della reazione soggettiva al rumore. Un tentativo di combinare in un unico parametro l’intensità del rumore con lo sbi-

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Da quanto esposto in precedenza, si comprende che la scelta di un indice o di un criterio piuttosto che di un altro, se non espressamente prescritta da guide [11] o normative [12], risulta essere estremamente complessa.

Di seguito, partendo da 239 misure di spettri sonori rilevati in tre edifici per uffici si analizzeranno i diversi descrittori.

Tutti gli spettri considerati si riferiscono ad uffici prevalentemente singoli in cui la sorgente di rumore dominante è l’impianto di condizionamento, mentre i contributi dovuti ai rumori esterni, al parlato, o ad altre macchine da ufficio possono ritenersi trascurabili. Il tipo di impianto di condizionamento è nel 90% dei casi a fan coil e, nel rimanente 10%, ad aria primaria integrata con fan coil.

Prendendo in considerazione i soli valori numerici dei parametri, è stata eseguita una analisi delle correlazioni esistenti fra di essi. I risultati, riportati in tabella 2, evidenziano che solo il Leqlin non mostra correlazioni significative con gli altri parametri, cosa prevedibile dal momento che tale indice tiene conto solo dell’energia acustica totale che raggiunge il ricevitore. Al contrario, gli altri parametri mostrano correlazioni molto elevate, lasciando pensare che, in media, le prestazioni di molti indici di rumore sono simili in termini statistici. Ciò trova conferma anche nei risultati, riportati in tabella 3, di uno studio sul grado di correlazione tra indici di rumore e il voto medio associato al disturbo da un gruppo di soggetti esposti al rumore [3]. I voti individuali vengono raccolti mediante un questionario basato su scale di valutazione unipolari a sette punti e successivamente mediati. L’elevata correlazione tra gli indici di rumore, tuttavia, non può essere generalizzata poiché vi sono casi particolari in cui il comportamento degli indici può essere notevolmente differente. Ad esempio, fra LeqA e i livelli di intensità soggettiva LLS e LLZ vi può essere addirittura una correlazione inversa, sicché a un aumento del primo corrisponde, invece, una diminuzione degli altri due ([13],[14]). Si può immaginare quindi che esistano

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Tabella 2 -

Matrice dei coefficienti di determinazione (R2) calcolati fra i diversi indici di rumore analizzati. I valori superiori a 0,95 sono riportati in grassetto

Leq lin

LeqA

LLS

LLZ

NC

NCB

Leq lin

1,00

LeqA

0,11

1,00

LLS

0,29

0,88

1,00

LLZ

0,19

0,93

0,96

1,00

NC

0,10

0,91

0,80

0,82

1,00

NCB

0,12

0,93

0,87

0,94

0,82

1,00

RC

0,10

0,96

0,84

0,90

0,88

0,96

Tabella 3 - Correlazioni fra indici di rumore e giudizio soggettivo di disturbo da rumore

Indice di rumore

R2

Leq Lin

0,144

Leq A

0,903

LLs

0,646

LLz

0,809

NC

0,719

NCB

0,769

RC

0,774

situazioni particolari in cui un indice potrà comportarsi assai meno bene di altri, così come accade al LeqA, le cui prestazioni sono molto buone fintanto che lo spettro del rumore non presenta componenti di bassa frequenza molto enfatizzate [15]. Al di fuori di queste precisazioni, però, il comportamento in media dei vari indici può essere considerato abbastanza simile.

Nel seguito vengono analizzati più in dettaglio i confronti fra gli indici. La figura 8 riporta le rette di regressione tra alcuni di essi. Si può osservare che le rette hanno una pendenza abbastanza prossima all’unità per cui esse sono all’incirca parallele alla bisettrice del quadrante, che rappresenta la perfetta coincidenza degli indici. Nei diagrammi, accanto all’equazione della retta di regressione, vengono riportati anche i valori della differenza media tra gli indici correlati. In particolare si può notare che: - la differenza fra i valori di LLZ e LLS è mediamente pari a 3,6 phon (fig. 8a), in accordo con quanto riportato in [16].

I valori di questi due indici, poi, sono notevolmente più elevati rispetto a quelli del LeqA (fig. 8b); - il confronto tra LLS e NCB evidenzia una differenza media tra i valori dei due indici, pari a 23 (fig. 8c), in accordo con quanto indicato da Beranek in [6]; - la differenza fra i valori di LeqA e SIL (fig. 8d) è mediamente pari a 7 dB; - il confronto tra NCB e RC (fig. 8e) evidenzia che il primo è mediamente inferiore di 1,3 unità. Ciò è dovuto al fatto che il calcolo del SIL differisce da quello di LMF perché

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RC

1,00

include anche il valore del livello di pressione a 4 kHz, che in genere è relativamente basso; - il confronto tra i criteri NC e NCB evidenzia una minore correlazione e, invece, una maggiore dispersione dei dati (fig. 8f). Ciò dipende dal fatto che l’indice numerico del criterio NC, al contrario di quello del criterio NCB, finisce per dipendere dal valore del livello in una singola banda dello spettro di rumore, essendo determinato con il metodo della tangente. Tuttavia si può osservare che il valore di NC non risulta praticamente mai inferiore a quello di NCB e la differenza, pur variando ampiamente tra 0 e 10, ha un valor medio di 2,5.

Quando si desidera ottenere anche una valutazione della “qualità” del rumore, la scelta si restringe a tre soli criteri: RC, NCB e RC Mark II. Considerando, però, gli spettri esaminati si osserva un comportamento assai differenziato nel valutare lo sbilanciamento spettrale (tabella 4). Ad esempio, dalla verifica delle componenti sibilanti, risulta che il criterio RC è assai più tollerante degli altri due criteri, individuando solo poco più della metà (45%) degli spettri individuati dai criteri NCB e RC Mark II (84%). In tabella 5 il confronto è presentato più dettagliatamente riportando il numero di casi in cui due criteri concordano: su 239 spettri analizzati, ve ne sono ben 180 per i quali i due criteri NCB e RC Mark II concordano ritenendoli sibilanti; solo 20 spettri sono considerati sibilanti da RC Mark II e non da NCB e 21 considerati sibilanti da NCB e non da RC Mark II. Quando invece si confronta il criterio RC con l’RC Mark II o con l’NCB, si evidenzia la sua maggiore tolleranza: vi è, infatti, un numero molto più limitato di casi di concordanza e invece un elevato numero di casi in cui lo spettro è considerato sibilante dal criterio RC Mark II o NCB ma non da RC. La maggiore tolleranza del criterio RC si spiega con il fatto che esso individua la presenza di componenti sibilanti indipendentemente dal contenuto energetico dello spettro alle basse frequenze, utilizzando come riferimento una curva RC individuata dai livelli dello spettro reale da 500 a 2000 Hz; al contrario, come appare più corretto, sia il criterio NCB che RC Mark II individuano la presenza di componenti sibilanti relativamente al contenuto di basse frequenze nello stesso spettro.

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Ricerca

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Figura 8 - Analisi di regressione fra alcuni degli indici considerati. La retta in rosso individua la bisettrice di ciascun quadrante

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Tabella 4 -

Distribuzione percentuale dei descrittori qualitativi degli spettri in funzione dei diversi criteri utilizzati

Spettri sibilanti

NCB

RC

RC Mk II

84%

45%

84%

Spettri rombanti

10%

0%

0%

Spettri neutri

6%

55%

16%

Tabella 5 -

Distribuzione degli spettri di tipo sibilante in funzione dei diversi criteri utilizzati

NCB/RC Solo NCB

104

Solo RC

10

Entrambi

97

NCB/RC Mark II Solo NCB Solo RC Mk II Entrambi

21 20 180

RC/RC Mark II Solo RC

Figura 9 - Confronto fra procedure per l’individuazione delle componenti rombanti con i metodi RC e NCB

1

Solo RC II

94

Entrambi

106

Per quanto riguarda l’individuazione di componenti rombanti, dalla tabella 4 appare che il criterio RC è anche in questo caso più tollerante, al pari del criterio RC Mark II (considerando insieme gli spettri rombanti e ronzanti), rispetto al criterio NCB. Ne consegue che il criterio RC considera molti degli spettri analizzati, ben il 55%, come neutri, contro solo il 6% di NCB e il 16% di RC Mark II. La maggiore tolleranza verso la presenza di componenti rombanti del criterio RC rispetto al criterio NCB, riscontrata anche in [17], può essere spiegata in figura 9, dove è riportato il confronto tra i due criteri. Qui vengono comparati i valori limite alle basse frequenze concessi dai due criteri in assenza di componenti rombanti, avendo scelto a solo titolo di esempio il caso in cui l’indice numerico di RC sia 39 e quindi, tenendo presente la differenza media tra gli indici numerici dei due criteri, quello di NCB sia 38. In base ai valori limite concessi dai due criteri, il confronto deve essere fatto allora tra le curve RC 44 e NCB 41, deducendo che in quasi tutto il range delle basse frequenze, da 63 Hz fino a 500 Hz, il criterio RC è più tollerante rispetto al criterio NCB, mentre si verifica il contrario solo al di sotto dei 63 Hz.

a questo sono stati definiti numerosi altri indici di rumore, dei quali i principali sono stati analizzati in questo lavoro. Dall’elaborazione dei dati sperimentali, appare che le prestazioni in media dei soli valori numerici di questi indici sono abbastanza similari in termini statistici, anche se il LeqA, oltre ad avere il vantaggio della grande semplicità di misura, è risultato in una recente indagine sperimentale [3] quello meglio correlato al giudizio soggettivo. Tuttavia, bisogna tenere presente che sebbene gli indici analizzati siano generalmente idonei descrittori del rumore, ognuno di essi può cadere in difetto in casi particolari. Ad esempio il LeqA non descrive adeguatamente il rumore quando lo spettro presenta una forte componente di basse frequenze [15].

In questi casi, piuttosto che una valutazione del rumore basata su un solo parametro numerico, che non considera un aspetto importante quale il disturbo arrecato dallo sbilanciamento spettrale del rumore, possono essere utili indici di valutazione del rumore capaci di stimare “qualitativamente” anche lo sbilanciamento spettrale, quali il criterio RC, l’NCB e l’RC Mark II. Tali criteri sono stati analizzati e confrontati per evidenziarne le diversità di comportamento. Fra i tre, i criteri NCB e RC Mark II hanno evidenziato il miglior comportamento, risultando più idonei nell’identificare adeguatamente la qualità del rumore.

In conclusione, sembra raccomandabile un utilizzo “combinato” degli indici di rumore, dal momento che il LeqA descrive adeguatamente il disturbo solo se lo spettro di rumore è di tipo neutro o sibilante, informazione che può essere ottenuta impiegando il criterio NCB o il criterio RC Mark II.

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Considerazioni finali La maggior parte delle normative sulla salvaguardia del benessere acustico prevedono verifiche basate su un solo indice sintetico del rumore, come il LeqA. In realtà accanto

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Prof. Ing. Ubaldo Ayr, Prof. Ing. Ettore Cirillo, Dott. Ing. Francesco Martellotta Dipartimento di Fisica Tecnica, Politecnico di Bari

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Stato dell’arte

Renato Lazzarin

Ridurre le emissioni inquinanti e migliorare la sicurezza I moderni generatori di calore

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Vengono descritti e analizzati gli sviluppi tecnologici che nei generatori di calore sono stati prodotti per limitare le emissioni inquinanti, facendole rientrare entro i limiti di normative via via sempre più restrittive. La riduzione delle emissioni inquinanti che avrebbe potuto portare ad un abbassamento delle rese energetiche è stata viceversa ottenuta con rese energetiche addirittura crescenti. La premiscelazione e la combustione a tappeto di fiamma hanno dato i contributi più significativi per portare l’entità delle emissioni inquinanti a valori pressoché trascurabili. Nello stesso tempo si è affrontata con serietà la problematica relativa alla sicurezza che è migliorata in maniera significativa anche per il ricorso a moderni dispositivi elettronici.

n un articolo precedente (R. Lazzarin, Incrementare l’efficienza energetica: i moderni generatori di calore, CdA, gennaio 2004) si è descritto come la grande involuzione indotta dal massiccio passaggio da sistemi centralizzati di riscaldamento a sistemi autonomi, intervenuto in particolare negli anni ’80 fosse potenzialmente foriera di riduzioni nell’efficienza energetica, di aumenti nelle emissioni inquinanti e di peggioramento della sicurezza. Viceversa si è avuto invece un miglioramento significativo su tutti questi fronti per merito di un’evoluzione tecnologica che ha rivoluzionato il generatore di calore negli ultimi 15 anni.

L’intervento precedente era dedicato prevalentemente ai rendimenti energetici. Questi sono migliorati progressivamente, prima con i generatori ad alto rendimento in termini di resa istantanea, poi con la più recente evoluzione

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dei generatori premiscelati dotati di modulazione di potenza anche sotto il più interessante profilo delle rese stagionali, che hanno avvicinato sempre di più i valori di rendimento nominale. Un’evoluzione già nota da almeno 20 anni agli addetti ai lavori, ma solo da poco proposta diffusamente sul mercato italiano, la caldaia a condensazione, ha permesso di incrementare ulteriormente i già elevati rendimenti delle caldaie della nuova generazione fino a superare il 100% di rendimento sul Potere Calorifico Inferiore del combustibile. Qualora la caldaia a condensazione sia accoppiata con sistemi di riscaldamento a bassa temperatura (ad esempio con la tecnica di crescente diffusione dei sistemi radianti a pavimento o a soffitto) si arriva davvero a sfiorare nella resa stagionale il massimo teorico del rendimento di conversione dell’energia chimica del combustibile in energia termica mediante semplice combustione

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gas Valori di Amburgo gasolio gas fino a 2 MW Angelo azzurro

gas fino a 120 kW gasolio 0

10

20

30

40 50 mg/kWh

60

70

80

90

Figura 1 - Limiti alle emissioni inquinanti in CO (valori di Amburgo e Angelo azzurro)

(lo sfruttamento integrale del Potere Calorifico Superiore) arrivando ai vertiginosi limiti del 106% di resa sul Pci. Resta da dire sulle emissioni inquinanti.

Con riferimento al gas naturale le emissioni inquinanti tipiche sono l’ossido di carbonio (CO) e gli ossidi di azoto (NOx).

Nel novero delle emissioni inquinanti non viene considerata l’anidride carbonica (CO2), che è il principale gas serra, la cui emissione si può ridurre (dal punto di vista della caldaia) incrementando il rendimento a parità di fabbisogno e che non è quindi passibile di riduzione a bassi livelli con interventi di altro tipo sull’apparecchio. Conviene a questo punto esaminare la questione in maniera dettagliata.

La riduzione delle emissioni inquinanti nei moderni generatori di calore Le emissioni inquinanti della combustione comprendono: - polveri o particolato; - idrocarburi volatili, CxHy; - ossido di carbonio, CO; - ossidi di zolfo, SOx; - ossidi di azoto, NOx. Il particolato è temibile nei combustibili solidi come il carbone, è un inquinante importante con gli olii combustibili, la sua presenza risulta assai ridotta nel gasolio e trascurabile nel gas naturale. In realtà con gasolio e gas naturale la comparsa di particolato, evidenziata da depositi di fuliggine sulle superfici della canna fumaria è generalmente imputabile ad una cattiva combustione in difetto d’aria. L’inconveniente va ovviato al più presto

con una corretta taratura dei parametri di combustione.

Anche per gli idrocarburi volatili gioca un ruolo importante un cattivo funzionamento del bruciatore in cui si abbia difetto d’aria o globalmente o in senso localizzato per scarsa miscelazione fra aria e combustibile. La produzione di questo inquinante è più probabile con combustibili liquidi, soprattutto con una polverizzazione scadente in camera di combustione. In realtà in un moderno bruciatore a combustibile liquido la produzione di CxHy non supera i 120 mg/kg di combustibile. La produzione di idrocarburi volatili avviene in maniera abbondante nei transitori di avviamento e di arresto del bruciatore. Per questo motivo un buon sistema di modulazione della capacità del bruciatore può ridurre in modo significativo le emissioni inquinanti stagionali.

Gli ossidi di zolfo vengono prodotti in una combustione ancorché perfetta, qualora il combustibile contenga zolfo. Dato il loro forte potere inquinante con formazione di smog industriale, deposizioni acide ed effetti aggressivi e irritanti nei confronti dell’apparato respiratorio, se ne è ridotta la produzione, vietando nella Ue l’olio combustibile Atz (Alto Tenore di Zolfo) e incoraggiando la desolforazione di tutti gli idrocarburi liquidi. La percentuale massima nel gasolio dovrebbe essere dello 0,15%. Nell’ambito dei grandi impianti si ricorre alla neutralizzazione degli ossidi di zolfo con un trattamento chimico con calce CaO e formazione dell’innocuo solfato di calcio. I combustibili gassosi sono comunemente del tutto desolforati.

L’ossido di carbonio, a somiglianza degli idrocarburi volatili, si forma per una combustione nel suo complesso o localmente in difetto d’aria. Ciò può derivare da scarso tiraggio per bruciatori atmosferici o per ostruzioni alla canna fumaria. Difetti locali di combustione possono essere dovuti a scadente miscelazione fra combustibile e aria. Come per i CxHy risultano particolarmente dannosi i transitori di avviamento e di arresto nei quali la produzione di incombusti può essere abbondante (di alcune volte superiore a quella nel funzionamento normale). Nel trattare le emissioni inquinanti di ossido di carbonio e di ossidi di azoto sia dal punto di vista normativo sia tecnico conviene fare una digressione sulle unità di misura di tali emissioni.

Nelle normative i valori delle emissioni inquinanti non si riportano mai ad un quantitativo per unità di massa o di volume di combustibile, quanto alla massa di inquinante

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gasolio

gas naturale 10%

10% 20% immediato

immediato

da combustibile

termico

termico

70% 90%

Figura 2 - Distribuzione degli NOX in una combustione tradizionale di gas naturale o di gasolio

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Stato dell’arte

Aria di combustione

Gasolio polverizzato

Gas caldi ricircolati

Ugello

Figura 3 - Inserti ceramici per raffreddare la fiamma (doc. Viessmann)

PARTICOLARE “A” ARIA

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Lunghezza della fiamma

FUMI

Figura 6 - Ricircolazione interna dei fumi (doc.

Ecoflam) Inserto irraggiante

larghezza della fiamma

larghezza della fiamma

fiamma non raffreddata

fiamma raffreddata

Figura 4 - Profilo di formazione degli NOx in un bruciatore atmosferico senza o con gli inserti ceramici

Figura 5 - Ricircolazione esterna dei fumi (doc.

Baltur)

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per unità termica prodotta (mg/kWh), ovvero alla massa di inquinante per unità di volume normalizzato di fumi prodotta (ppm – parti per milione). Mentre la prima unità di misura (mg/kWh) è perfettamente definibile, data una certa efficienza di combustione, la seconda è legata sia alla temperatura dei fumi (la pressione si presume atmosferica standard) sia all’eccesso d’aria di combustione. Dato che l’interesse della norma è legato alla quantità assoluta di emissioni inquinanti, una stessa concentrazione per unità di volume dà esiti diversi a seconda dell’eccesso d’aria che ovviamente influisce sul totale di fumi prodotti. La norma si riferisce allora a valori che riconducano l’eccesso d’aria a un 3% di O2 nei fumi, ovvero ad una combustione stechiometrica (0% di O2 nei fumi).

Un’altra unità di misura di largo impiego sono le ppm (parti per milione in volume) che considera le emissioni inquinanti in volume rispetto al volume dei fumi in condizioni standard: anche in questo caso è indispensabile specificare a quale eccesso d’aria vada ricondotto il valore (di solito a condizioni stechiometriche).

La normativa ha indicato negli ultimi anni valori sempre più restrittivi per le emissioni inquinanti. Per la CO si possono qui citare i limiti previsti dal marchio Angelo Azzurroder blauer Engel (benchè non sia una norma, ma un indicatore di qualità, suggerisce i limiti prossimi venturi delle norme) e i valori imposti dalla città di Amburgo. I valori vengono illustrati in figura 1 in mg/kWh. Non è difficile riportare i valori delle emissioni di CO an-

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gas naturale

Valori di Amburgo

gasolio gas a condensazione

Angelo azzurro

gas fino a 120 kW gasolio 120 kW 0

20

40

60 80 100 mg/kWh NOx

120

140

Figura 7 - Limiti imposti agli NOx (Amburgo e Angelo azzurro)

Aria comburente O2 (20,9%) + N2 (79,1) Testa di combustione

Camera di combustione

Prodotti di combustione CO, H2O, CO2, NOx

Combustibile CxHy, N2 (per comb. liquidi)

Zona di ossidazione Radicali del combustibile Cx, CH, CH2, CH3 (per comb. liquidi)

Figura 8 - Tipico dardo di fiamma di bruciatore (doc.

Baltur)

che entro i valori assai restrittivi previsti dalla città di Amburgo con un adatto progetto della camera di combustione con tempi di permanenza sufficientemente lunghi per i prodotti della combustione e adeguato eccesso d’aria. Il fatto è che con questi provvedimenti tendono ad aumentare, come si vedrà, gli NOx, anch’essi inquinanti e anch’essi limitati dalla normativa. In realtà solo l’ultima generazione di bruciatori a microfiamma e a premiscelazione totale riesce nell’intento di abbattere in modo rilevante gli NOx senza nel contempo aumentare la CO. E qui si apre il discorso più lungo relativamente alle emissioni inquinanti, cioè quello sugli ossidi di azoto che sono la componente inquinante prevalente nella combustione di gas naturale. Si tratta di ossido di azoto (NO – 90/95%) e di biossido di azoto (NO2 – 5/10%): a contatto con il vapore d’acqua questi ossidi producono acido nitrico che è uno dei maggiori responsabili delle piogge acide. Inoltre, gli NOx in atmosfera sotto l’azione della componente ultravioletta della radiazione solare producono ossidanti

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fotochimici assai aggressivi nei confronti delle muscose (smog fotochimici).

I massimi responsabili nella produzione di NOx sono: - il traffico veicolare (60%); - le centrali termoelettriche (20%).

Si valuta che gli impianti termici civili contribuiscano solo entro il 5%, ma, dato che sono concentrati nell’ambiente urbano, si è considerato importante intervenire.

I meccanismi di formazione degli NOx nella combustione sono essenzialmente tre: - NOx immediato o prompt con formazione istantanea di ossido di azoto nel processo di combustione in misura crescente con l’eccesso d’aria; - NOx da combustibile con formazione di ossido di azoto per reazione di ossidazione dell’azoto organico contenuto nel combustibile; - NOx termico prodotto a valle del fronte di fiamma per ossidazione dell’azoto molecolare contenuto nell’aria comburente. Quest’ultimo processo è fortemente legato alla temperatura ed è particolarmente efficace a temperature superiori a 1300°C. Mentre gli NOx da combustibile sono importanti per combustibili come il carbone (con una presenza di azoto dell’12%) o l’olio combustibile (con una presenza dallo 0,5 all’1%), esso è più ridotto per il gasolio (dallo 0,1 allo 0,2%) e praticamente nullo per il gas naturale.

Lo NOx immediato pesa all’incirca per il 10% del totale per i vari combustibili. In realtà per i due combustibili cui si fissa qui l’attenzione, gas naturale e gasolio, risultano decisamente prevalenti gli NOx termici (fig. 2).

Quindi le tecnologie primarie di riduzione degli NOx sono mirate appunto ad abbattere la formazione di questi ultimi.

I parametri più importanti che tendono a far aumentare gli NOx termici sono: - l’eccesso d’aria; - la temperatura di fiamma; - il tempo di residenza dei prodotti della combustione nella zona calda.

I primi provvedimenti di riduzione degli NOx sono stati presi intervenendo sulla temperatura di fiamma. Infatti, una riduzione dell’eccesso d’aria avrebbe comportato un aumento inaccettabile degli incombusti (CO) e un tempo di residenza più ridotto nella camera di combustione non avrebbe consentito, dati i coefficienti di scambio termico ottenibili, di raffreddare adeguatamente i prodotti della combustione.

Un primo provvedimento, introdotto nel 1985, è stata la disposizione poco sopra il bruciatore di tipo atmosferico di inserti ceramici che raffreddano la fiamma, dal momento che, portati ad alta temperatura scambiano calore per irraggiamento in camera di combustione (fig. 3).

La riduzione di NOx è consistente e viene valutata dell’ordine del 40%. Si consideri in figura 4 il profilo di formazione di NOx in una fiamma normale e in una fiamma raffreddata dagli inserti.

Un altro possibile intervento è il ricircolo dei fumi. I fumi, raffreddati dopo il passaggio nella camera di combustio-

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Stato dell’arte

Condotto di alimentazione Gas combustibile e aria premliscelati

Strato poroso di fibra ceramica

Struttura metallica di supporto

Flusso termico radiativo e convettivo

Figura 9 - Testa di combustione in fibra ceramica (doc. Ecoflam)

Figura 10 - Testa di combustione in fibra ceramica inserita in un bruciatore a fiamma soffiata a premiscelazione totale (doc. Nst)

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Figura 11 - Testa di combutione in fibra ceramica in funzione (doc. Nst)

ne, vengono in parte reinviati nella zona di fiamma, di cui riescono a ridurre la temperatura. La ricircolazione dei fumi può essere esterna (fig. 5) con alcune complicazioni impiantistiche, poiché un condotto deve prelevare una frazione dei fumi all’uscita che viene richiamata all’ingresso del bruciatore. La ricircolazione può essere interna sfruttando l’effetto dinamico indotto dall’aria comburente che richiama parte dei fumi nella zona di combustione (fig. 6).

Con questi provvedimenti si riesce generalmente a rientrare nei limiti ridotti, prima richiamati per la CO, che per gli NOx vengono riassunti in figura 7.

Il provvedimento risolutivo per ridurre in maniera decisa queste emissioni inquinanti è stata una modifica radicale della testa di combustione. La combustione tradizionale produce un certo volume di fiamma nel quale avvengono le reazioni di ossidazione (fig. 8). Solo la parte periferica di questo volume può scambiare calore per radiazione, isolando così in qualche modo la parte centrale la cui temperatu-

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Figura 12 - Bruciatore inserito in una camera di combustione di diametro poco superiore a quello della testa di combustione (doc. Corolla- Afa)

ra si porta a livelli ben superiori ai 1300°C sopra i quali vi è una crescita rilevante nella produzione di NOx. Un volume di fiamma della stessa entità è stato ottenuto con una combustione a tappeto che si sviluppa da una testa speciale, inizialmente proposta in fibra ceramica (1979). La testa era in tal caso un cilindro nel quale una rete di acciaio normale fa da supporto ad uno strato di ossidi ceramici porosi dello spessore di circa 10 mm (fig. 9).

Dalle microporosità si formano milioni di microfiamme che derivano dalla premiscelazione di aria e gas prima del bruciatore (fig. 10). Il tappeto di combustione ha un’altezza molto ridotta (anche inferiore ai 2 mm) e in corrispondenza una superficie molto estesa (fig. 11). Ne deriva un intenso scambio per radiazione con la parete della camera di combustione che mantiene la temperatura di fiamma generalmente al di sotto di 1000°C. In questo modo vi è un deciso abbattimento degli NOx termici. Inoltre, la premiscelazione consente il ricorso a ridotti eccessi d’aria pur con limitatissima produzione di incombusti. Infine, il rapido raffreddamento della fiamma implica che non sono più necessari tempi prolungati di permanenza in camera di combustione, la cui volumetria può essere notevolmente ridotta. La camera di combustione si può così compattare molto e nelle taglie delle caldaie murali le sue pareti possono essere localizzate ad appena 2 cm dalla parete del bruciatore (fig. 12). Non va dimenticato che il dispositivo è assai più silenzioso del bruciatore classico per l’assenza del rumore di fiamma, provocato dal “dardo”.

Questi bruciatori a testa ceramica hanno tardato a diffondersi, non solo per la minore sensibilità negli anni ’80 nei confronti delle emissioni inquinanti, ma anche per il loro costo rilevante.

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Figura 13 - Testa di combustione in fibra metallica (doc. Ecoflam)

Più recentemente hanno acquistato popolarità le teste radianti in fibra metallica (fig. 13). La fibra metallica si ottiene comprimendo una lana metallica a fili sottili costituita da una lega di Fe, Cr (16%) e Al (5%). Se ne ricava una griglia dello spessore di circa 1 mm che presenta un numero minore di microfiamme rispetto alla fibra ceramica, in compenso con perdite di carico più ridotte, costi più bassi e nessuna necessità di filtrazione dell’aria. Risulta più difficoltoso rispetto alla testa ceramica l’abbattimento dell’ossido di carbonio.

La testa di combustione viene foggiata nelle forme geometriche più diverse, dalla semisfera alla striscia (figg. 14, 15).

I provvedimenti assunti nei confronti degli impianti di piccola media taglia non si possono adottare nei generatori di grande potenza. Inoltre, la combustione a tappeto di fiamma per i combustibili liquidi è ancora in una fase sperimentale. Si utilizzano allora tecnologie cosiddette secondarie con intervento sui fumi di combustione prima dello scarico. Ad esempio viene iniettata ammoniaca alla temperatura di circa 950°C che reagisce con lo NO dei fumi: 4NH3 + 4NO+ O2 ↔ 4N2 + 6H2O A temperatura sopra i 1100°C la reazione produce tuttavia ancor più NOx. A temperature inferiori ad 870°C l’ammoniaca passa nei fumi senza reagire.

Si possono allora utilizzare catalizzatori a base di metalli nobili che riducono la temperatura di reazione a 350°C con una limitata emissione di ammoniaca.

Non va dimenticato nei grandi impianti ad olio combustibile o a gasolio il possibile ricorso ad addittivi adatti da aggiungere al combustibile sia per migliorare le caratteristiche di combustione sia per ridurre le emissioni inquinanti.

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Cenno all’evoluzione dei dispositivi di sicurezza

Figura 14 - Testa di combustione semisferica in fibra metallica (doc. Viessmann)

Per di più la loro microporosità implica l’essenziale esigenza di filtrare l’aria di combustione e soprattutto una corretta manutenzione dei filtri. La semplice rimozione senza sostituzione di un filtro intasato comporta un rapido fuori servizio della testa di combustione (che va sostituita) per l’intasamento delle microporosità.

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Relativamente ai provvedimenti presi nei riguardi della sicurezza ragioni di spazio costringono a limitarsi solo ad alcuni cenni, anche se si è trattato di un’evoluzione di enorme importanza, considerando le centinaia di incidenti non di rado con esiti tragici che funestano ogni stagione di riscaldamento.

Bisogna dire che il provvedimento forse più importante è stato il ricorso ad un elemento di sicurezza passiva quale la camera di combustione stagna nei confronti dell’ambiente riscaldato. L’aria di combustione viene presa dall’esterno anche qualora il generatore sia installato all’interno dell’appartamento. Questo ha separato i problemi di tiraggio del generatore da quelli “respiratori” dell’utente, separazione per nulla garantita dalle ben note aperture di ventilazione così frequentemente e sconsideratamente tappate in modo più o meno efficace dall’utente medesimo.

L’eliminazione della fiamma pilota ha imposto un dispositivo di rilevazione di fiamma con intervento rapido. Infatti, il classico sensore di temperatura a termocoppia, che chiude la valvola del gas è caratterizzato da una certa inerzia

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lizzo di dispositivi di contabilizzazione e di erogazione individuale che permettono le stesse libertà dell’utente di un impianto autonomo. Ne può trarre vantaggio il conto economico, ma anche la sicurezza, non solo per la migliore manutenzione, ma per la minore estensione delle linee del gas naturale nell’edificio. Anche le problematiche relative allo scarico dei fumi rispetto all’attuale molteplicità dei camini ne possono trarre vantaggio. Questo è tuttavia un altro discorso che verrà affrontato nei suoi aspetti tecnici ed economici in prossimi numeri della rivista.

Renato Lazzarin Dipartimento di Tecnica e Gestione dei Sistemi Industriali dell’Università di Padova

Figura 15 - Striscia radiante in fibra metallica (doc. Ecoflam)

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nel rilievo della temperatura con tempi di intervento considerati troppo lunghi ai fini della sicurezza. Il dispositivo impiegato prevalentemente è il sensore di fiamma a ionizzazione. La zona di fiamma produce con la sua elevata temperatura un quantitativo significativo di ioni che permettono la conduzione di una corrente elettrica. Viene realizzato un circuito elettrico che si chiude sulla fiamma. Qualora la fiamma si spenga, si interrompe immediatamente la conduzione per ionizzazione, il circuito si apre e questo porta ad una rapida chiusura della valvola del gas.

Un pressostato differenziale rileva ostruzioni sull’aspirazione dell’aria: queste generalmente innalzano il CO e, sopra un certo contenuto nei fumi, il generatore va in blocco.

Esistono poi un termostato di massima temperatura dei fumi e varie sicurezze sul circuito dell’acqua. Un unico processore può elaborare i segnali ricevuti dai sensori e produrre una diagnosi del blocco intervenuto, ovvero rilevare un funzionamento anomalo che può portare al blocco.

Questi segnali possono essere trasmessi tramite modem a sistemi di telegestione.

Conclusioni Al termine di questa rassegna si è portati a concludere con una promozione su tutta la linea della tecnica dei generatori di calore autonomi, che da possibile involuzione tecnologica si è trasformata in evoluzione. La conclusione è solo in parte vera.

Infatti, i miglioramenti tecnologici fin qui descritti hanno coinvolto in maniera analoga i generatori di calore di maggiore potenzialità adatti al riscaldamento centralizzato. Si possono così realizzare degli impianti con elevatissime rese energetiche, con caratteristiche di manutenzione decisamente più controllata e controllabile (e a costi assai più contenuti una volta ripartita fra gli utenti), con costi di primo impianto e di sostituzione generalmente più bassi, pur a fronte dell’uti-

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Bibliografia (relativi anche al precedente articolo) [1] AAVV., Riscaldare rispettando l’ambiente: la combustione con una ridotta emissione di sostanze nocive, Notiziario tecnico Viessmann, 1993.

[2] Bacone, M., Stato dell’arte dei bruciatori, Rci, 76-81, ottobre 1997.

[3] Calegari, Intervento alla Tavola Rotonda, Convegno Aicarr Il Riscaldamento e il Gas naturale, Bari, 112-123, 1992.

[4] De Ronch, R., Recchi, V., Bruciatori di gas ad irraggiamento a basso NOx in fibra ceramica, L’installatore tecnico, 42-51, dicembre 1996.

[5] Gozzi, M., Bruciatori a fiamma superficiale per combustibili liquidi, Rci 82-87, ottobre 1997.

[6] Gozzi, M., Caldaie: come controllare le emissioni gassose, Rci, 88-92, giugno 2002.

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[8] Gozzi, M., Le caldaie al servizio di grandi utenze, Rci, 46-50, maggio 2002.

[9] Guiducci, Intervento alla Tavola Rotonda, Convegno Acarr Il Riscaldamento e il Gas naturale, Bari, 31-39, 1992.

[10] Lazzarin R., Le caldaie a condensazione: dalla teoria agli impianti, Peg, Milano, 1986.

[11] Pancaldi, A., La regolazione automatica dell’ossigeno, RCI, 80-85, giugno 1997.

[12] Redondi, G., La scelta di un apparecchio domestico, RCI, 40-45, maggio 2002.

[13] Riva, A., Sangalli, L., Tecnologie per la riduzione delle emissioni di ossidi di azoto, Condizionamento dell’aria, 143-150, 1995.

[14] Rosa, L., Tosato, R., Evoluzione tecnologica nelle caldaie a gas per uso domestico, Atti Convegno AICARR Il Riscaldamento e il Gas naturale, Bari, 3-14, 1992.

[15] Tosato, R., Intervento alla Tavola Rotonda, Convegno AICARR Il Riscaldamento e il Gas naturale, Bari, 14-30, 1992.

[16] Zanardi, L., Le nuove tecnologie di combustione migliorano la qualità della vita, Ecoflam-Green Progetto Ambiente, 1996.

[17] Zinna, N., Caldaie con bruciatore a premiscelazione totale, RCI, 68-72, marzo 2002.

[18] Zinna, N., Il rendimento di produzione del calore, RCI, 51-55, maggio 2002.

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Diego Danieli, Matteo Rigo, Francesco Altomonte

Impianti ad alto rendimento Analisi termofluidodinamica, tipologie impiantistiche Nell’articolo si richiama l’evoluzione degli impianti di riscaldamento fino ad arrivare alle moderne caldaie a condensazione, per poi focalizzare l’attenzione sul disgiuntore idraulico come anello di congiunzione tra caldaia e impianto. Viene riportata l’analisi termofluidodinamica, nelle varianti a singolo e doppio circuito, e numerosi schemi di differenti tipologie impiantistiche che illustrano inoltre la semplicità di realizzazione e la facile gestione da parte dell’utente.

Impianti di riscaldamento e loro rendimenti In questo articolo si prenderanno in considerazione solo gli impianti di piccola potenzialità, che comunque coprono una buona percentuale dei lavori che progettisti e impiantisti si trovano a svolgere nella loro professione.

Gli “impianti piccoli”, devono essere semplici, gestiti con logiche intuitive e funzionali anche dall’utente medio; spesso però vengono “dimenticati” trascurando la manutenzione (anche quella prevista per legge) e ci si ricorda di loro solo nel momento in cui “il termosifone è freddo”.

Come detto, si prenderanno in considerazione questa seconda famiglia di impianti; si assumono delle semplificazioni impiantistiche alla luce dell’evoluzione che negli ultimi decenni hanno subito le caldaie, della necessità di un effettivo risparmio energetico e, non ultimo, un necessario rispetto dell’ambiente.

Gli impianti di riscaldamento sono costituiti da tre elementi ben distinti.

1. La macchina generatrice o termica: la caldaia. Oggigiorno deve sempre più rispettare due principi fondamentali: non inquinare e consumare il meno possibile.

Il progettista, che l’ha ideata, non si pone altri scopi:

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studierà un bruciatore premiscelato catalitico per ottimizzare la combustione e rispettare l’ambiente, curerà lo scambio termico per esaltarlo e ottimizzarlo, cercherà il materiale più idoneo o confacente alla realtà che dovrà realizzare, ingegnerizzerà il tutto e lo consegnerà allo stilista per vestirlo nel modo più confacente al momento.

2. La macchina operatrice: l’impianto di riscaldamento.

Usi e costumi, ma anche necessità contingenti, lo differenziano da zona a zona. Il progettista per ottimizzare il tutto dovrà creare un sistema complesso con specifiche peculiarità.

3. Elemento di unione: disgiuntore idraulico. Si presenta come anello di giunzione tra il generatore di calore e impianto di riscaldamento permettendo l’ottimizzazione del sistema.

Come è noto il rendimento dell’intero sistema impianto, nel caso sia ottimizzato ogni singolo costituente, è il prodotto dei singoli rendimenti. Considerando un generatore termico ad alto rendimento con recupero del calore latente dei fumi (ηmedio=90%) e un impianto progettato per interfacciarsi correttamente con esso (η=90%) si possono raggiungere dei rendimenti complessivi di circa l’80%.

Se per cause contingenti, o cattiva informazione sui prodotti utilizzati che impongono delle scelte che penalizza-

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Stato dell’arte

no un elemento, il rendimento totale sarà ovviamente più basso.

Questo è il caso, per esempio, di quando si vuole sfruttare la pompa di circolazione del generatore per gestire anche l’impianto; si penalizzerà in questo modo un elemento che non renderà il massimo riducendo di conseguenza il rendimento globale.

Φ ricavato utilizzando la maggior portata dei due circuiti e velocità < 0.2 m/sec

Per avere una effettiva stratificazione D = 0,4 m per P < 60 kW D = 0,6 m per P < 1000 kW

φ

D

Circuito primario

Circuito secondario

∆T

∆T 20°C ∆T 10°C ∆T 5°C

Evoluzione degli impianti

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L’evoluzione interessando tutti i settori della tecnica ha riguardato anche gli impianti di riscaldamento; si è passati da impianti a circolazione naturale a quelli a circolazione forzata. La ricerca di un benessere ambientale sempre maggiore, col progredire dell’elettronica, ha portato ad impianti con valvole miscelatrici che possono lavorare in compensazione climatica, con conseguente introduzione di pompe anticondensa per limitare il “dannoso” fenomeno della condensa dovuto a basse temperature di ritorno dell’impianto.

Passando poi per impianti più sofisticati o in cui si voleva una più accurata e sicura termoregolazione si è arrivati ad impianti a “ iniezione “.

L’inarrestabile evoluzione, oltre a migliorare ulteriormente le caldaie ad aria soffiata, ha portato alla nascita di generatori premiscelati con elevati indici di modulazione e contenuti di acqua sempre più bassi per ridurre l’inerzia termica.

Questa tipologia di macchine termiche caratterizzate dalla possibilità di modulare la potenza termica e con regolazione climatica presenta ridotti contenuti d’acqua, e quindi ingombri minimi, limitate dispersioni al mantello e facilità di installazione.

Come si nota dalla figura 1, la sostituzione del by-pass con il disgiuntore idraulico ha portato ad una semplificazione impiantistica notevole, quale l’eliminazione della valvola di taratura, lasciando alla pompa il compito di trasportare l’energia voluta.

Il “collettore idraulico” e suo dimensionamento Questo nuovo se pur vecchio elemento, poco conosciuto fino ad oggi dalla maggior parte degli installatori, con l’av-

Figura 1 - Evoluzione di un impianto

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Figura 2 - Disgiuntore idraulico senza interferenze

vento delle “caldaie a condensazione “ o per meglio dire di generatori termici ad alto rendimento, viene riscoperto ed installato anche se con ancora qualche perplessità (fig. 2).

Le caldaie di nuova generazione sono caratterizzate generalmente da uno scarso contenuto d’acqua e presentano come portata ottimale quella conseguente ad un salto termico di 20°C che consente loro di lavorare in condizioni di massimo rendimento; i circuiti secondari presentano un salto termico che varia a seconda della tipologia dei corpi scaldanti installati. Si passa da 5°C per elementi scaldanti a bassa temperatura quali pannelli radianti e ventilconvettori, ai 10°C degli impianti a radiatori arrivando anche 20°C per impianti particolari o di vecchia data.

Si evince pertanto la necessità di un elemento di congiunzione (fig. 2), che permetta alla caldaia e all’impianto di lavorare al massimo del rendimento.

Naturalmente nel collettore idraulico si potranno avere varie configurazioni di portata a seconda della tipologia dei circuiti secondari e delle loro condizioni di funzionamento. Il caso in cui la portata del secondario sia inferiore a quella del generatore dovrà essere un caso limite che riduce l’effetto della condensazione, perché innalza la temperatura del ritorno. Lo si può tollerare solo nell’utilizzo di caldaie che non siano adatte a lavorare in condensazione.

Lo stesso dicasi del caso dell’inserimento di setti di separazione posti all’interno del collettore; ciò comporta la creazione di by-pass tra i fluidi, con l’effetto indesiderato di innalzare la temperatura di ritorno al generatore con lieve peggioramento della condensazione, senza migliorare la defangazione e la disareazione.

Il disgiuntore idraulico, utilizzato nel condizionamento con funzione inerziale per ottimizzare il funzionamento del compressore, nel campo del riscaldamento può essere introdotto per numerosi motivi (defangazione, disareazione, disconnessione tra primario e secondario), ma forse il più importante, almeno per la tipologia di generatori che si sta analizzando, è quello di consentire un contenuto livello termico al fluido di ritorno alla caldaia, favorendo così la condensazione. Non esistono delle regole universali per il dimensionamento di tale componente, anche se è opportuno rispettare certi criteri di massima. A tal proposito si ri-

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portano due differenti approcci progettuali, da cui è possibile trarre utili suggerimenti: - in Francia, dove ha incontrato un grande diffusione, generalmente è dimensionato in funzione del diametro del secondario (Ds) con il seguente criterio: diametro del collettore pari a 3 volte Ds, mentre la distanza tra gli attacchi pari a 9 volte Ds; - la scuola italiana invece ritiene più tecnico e funzionale dimensionarlo in dipendenza della velocità media nel collettore: essa dovrà mantenersi all’incirca pari a 0,2 m/s.

La distanza tra mandata e ritorno dovra essere di circa 0,50,6 m per permettere la stratificazione ottimale dei fluidi.

I due metodi sono pressochè simili.

Non meno importante, è pure la funzione di defangatore e disareatore che svolge lo stesso collettore. Infatti, essendo idronicamente un punto neutro dell’impianto, in esso si può depositare del fango formatosi all’interno della rete dei circuiti, soprattutto se l’impianto funziona sia in freddo sia in caldo. È quindi buona norma lasciare sul fondo del collettore un attacco, in genere da 1/2” o 3/4” con un rubinetto, in modo da poter eliminare il fango depositatosi nel fondo del collettore; lo stesso rubinetto può funzionare da presa per scaricare l’impianto e/o eventualmente caricarlo.

Altresì importante è poter eliminare l’eventuale aria che si può formare nel circuito e che può stazionare proprio nel disgiuntore idraulico. È quindi buona norma, anche in questo caso, inserire in testa allo stesso una valvola di sfiato automatico che funzioni da disaeratore.

Analisi fluidodinamica È interessante poter verificare quanto sopra esposto tramite l’analisi dei parametri termofluidodinamici delle portate in gioco in un disgiuntore, in presenza di una corretta progettazione.

Le figure a seguire, che illustrano l’andamento puntuale della pressione, velocità e temperatura sono state ottenute con le seguenti condizioni al contorno: Dc= 180 mm; Vm=0,2 m/s;

A

B

Qprimario= 5000 lt/h con ∆T=20°C; Qsecondario= 20.000 lt/h con ∆T=5°C; Vm=1 m/s nelle tubazioni.

La distribuzione della pressione (fig. 3a) presenta dei valori uniformi in tutto il collettore; l’asse mediano si può considerare come il punto neutro dell’impianto in cui si annullano gli effetti delle pompe e si può quindi comprendere l’importante funzione che ha questo componente come punto di disgiunzione. L’effetto dei gruppi di pompaggio si evidenzia con un’intensa depressione in corrispondenza delle tubazioni di mandata e ritorno rispettivamente dei circuiti primario e secondario.

L’andamento delle velocità (fig. 3b) è ovviamente complementare a quello delle pressioni; si evidenzia il raggiungimento di valori massimi di velocità doppi rispetto ai valori stabilizzati nelle tubazioni, per effetto dei fenomeni d’imbocco con conseguente restrizione di vena. La fig. 3c) è esplicativa dell’effetto di stratificazione della temperatura con un’efficace separazione delle zone a differente livello termico.

Le figure 4 a) e b) evidenziano con maggior dettaglio quanto già detto per la figura 3 b). La distribuzione dei filetti fluidi nei nodi superiore ed inferiore permette di verificare la miscelazione ottimale dei flussi senza eccessive interferenze che comprometterebbero il corretto funzionamento dei due circuiti. È interessante notare l’inevitabile formazione dei vortici in corrispondenza delle due testate del collettore. È comunque importante sottolineare che l’aumento di diametro del collettore non porta a modificazioni sostanziali sui parametri di funzionamento, ma comporta un incremento dell’inerzia del sistema con conseguente spreco energetico.

Le figure 5 a) e b) sono esplicative dei fenomeni che avvengono all’interno di un collettore dimensionato in modo non conforme a quanto prima suggerito (velocità molto maggiori di 0,2 m/s). Le perturbazioni derivate dall’aumento di velocità, che in casi estremi possono portare addirittura al fenomeno del pompaggio in caldaia per l’in-

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C

Figura 3a - Distribuzione delle pressioni. 3b - Andamento della velocità.

3c - Distribuzione della temperatura

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Stato dell’arte

A

B

Figura 4a - Filetti fluidi nodo superiore.

4b - Filetti fluidi nodo inferiore

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Esempi pratici

A

B

Figura 5a - Velocità collettore sottodimensionato.

5b - Distribuzione della temperatura

A

B

Figura 6a - Distribuzione delle pressioni.

6b - Distribuzione delle temperature

cremento delle perdite di carico all’imbocco, si manifestano con un intensa corrente a getto.

Talvolta è possibile riscontrare dei collettori con attacchi disassati o alternati (figg.6a e b). In tal modo si impone al fluido un percorso maggiormente tortuoso, con incre-

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mento di pressione per decremento del carico cinetico. Anche il gradiente delle temperature è meno lineare.

Di contro un sicuro beneficio nel ricorrere a tale soluzione, lo si ha in presenza di impianti con rete di tubazioni datate, in quanto si favorisce maggiormente il deposito di eventuali impurità o corpuscoli presenti.

Un interessante compromesso tra le configurazioni fin qui considerate è la soluzione con doppio attacco sul circuito secondario. Infatti, estendendo il concetto di miscelazione, sempre nell’ambito del livello termico del generatore, si è realizzato un circuito cosiddetto a “doppia temperatura” (fig. 7).

Questa soluzione costruttiva permette di realizzare e disaccoppiare circuiti che richiedono livelli termici differenti creando un ulteriore punto di miscela tra i flussi.

Si illustrano alcuni esempi applicativi del disgiuntore idraulico. Il caso più semplice (fig. 8) è quello di un unico circuito al secondario, in cui le portate e le prevalenze richieste non sono compatibili con la curva caratteristica della pompa di caldaia. Tale scelta è poi abbastanza obbligata nell’impiego di alcune tipologie di caldaie a condensazione per favorire il recupero termico sui fumi.

A pieno carico il generatore lavora con una portata pari alla metà di quella dell’impianto. Al ridursi del carico, ovvero all’aumentare della temperatura esterna, si abbassa la temperatura di mandata all’impianto e di conseguenza si abbassa anche la temperatura di ritorno, anche se in modo meno rapido, perché la portata del circuito secondario è costante.

La condensazione inizia con una temperatura di ritorno di circa 55°C. Se si ipotizza che il carico termico sia lineare e si annulli con una temperatura esterna di 15°C e che la temperatura di mandata dell’impianto vari, sempre linearmente, raggiungendo 40°C quando l’aria esterna è a 15°C, si ha il seguente comportamento:

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S-HR 15 S-HR 24 S-HR 35

SONDA ESTERNA

T.A.

T. max

TERMOARREDI O RADIATORI AGGIUNTIVI

B

A

0,5 ml

AB PANNELLI RADIANTI

COLLETTORE DI EQUILIBRAMENTO diam. 70/76 DISAERATORE / DEFANGATORE

Figura 7 - Analisi fluidodinamica di un collettore a “doppia temperatura”

Figura 8 - Schema con collettore semplice

T aria Potenza esterna (°C) termica (kW) -5 18 0 13,5 5 9 10 4,5 15 0

T mandata imp. (°C) 70 62,5 55 47,5 40

T ritorno imp. (°C) 60 55 50 45 40

La condensazione inizia già con temperature dell’aria superiori a 0°C. Questo dimostra che anche gli impianti progettati ad alta temperatura possono lavorare sfruttando la condensazione per almeno i 4/5 del loro utilizzo.

La compensazione climatica si ottiene impostando sul microprocessore della caldaia una curva climatica simile a quella dell’impianto, ma parallelamente più alta, per annullare l’effetto di miscela.

Una semplice variante al circuito permette di poter alimentare due utenze con livelli termici differenti (ad esempio cir-

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Figura 9 - Schema impianto con collettore a doppia temperatura

cuito radiatori e fancoils in edifici non troppo estesi), senza ricorrere alla doppia pompa. Infatti, è possibile sfruttando la prevalenza del circolatore di caldaia alimentare direttamente dal primario il circuito radiatori a più alta temperatura. Il corretto bilanciamento dei flussi tra il circuito radiatori e il ramo diretto al collettore si può realizzare con una valvola di taratura sul ramo di bypass.

In tal modo si assicura il corretto livello termico ai radiatori e temperature di ritorno dal collettore compatibili con la condensazione. L’impianto con collettore a “doppia temperatura” è riportato nella figura 9. L’indubbio vantaggio è di poter eliminare la valvola di miscelazione a tre vie. Infatti, da quanto detto il disconnettere svolge una funzione sostitutiva. La produzione del calore in funzione delle condizioni ambientali esterne è gestita dalla centralina climatica della caldaia secondo la curva che è stata impostata.

Questo schema ha come limite di applicabilità il caso in cui la portata del circuito ad alta temperatura sia maggiore o al limite uguale a quella del generatore di calore.

Non sempre però il collettore riesce a sostituire la regolazione che si può ottenere con una valvola a tre vie.

Questo è il caso di un impianto che deve servire una zona ad alta temperatura (radiatori) funzionanti a 70-60°C e un’altra zona a pannelli, funzionante a temperatura 30-35°C. Sicuramente è d’obbligo l’impiego di una valvola miscelatrice, come evidenziato nello schema di figura 10 in cui si riporta anche il profilo delle temperature. È possibile però apportando delle semplici modifiche, come l’introduzione del collettore con doppi attacchi, in cui quelli inferiori servono il circuito pannelli, migliorare ulteriormente i livelli termici.

I risultati dell’analisi numerica con gli stessi parametri della figura 10 confermano l’abbassamento della temperatura di ritorno in caldaia, che si riduce di circa 4°C, passando da 56°C a 52°C. Ciò migliora leggermente le condizioni di condensazione, permettendo il recupero del calore latente anche in pieno inverno. Inoltre, si realizza la riduzione

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la sostituzione parziale e/o totale delle caldaie; esso consente la priorità al generatore a più alta efficienza. In questo caso la somma della potenza totale dell’impianto può essere ottenuta collegando in serie dei moduli termici.

Moduli termici

Figura10 - Analisi numerica

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della temperatura di mandata sempre di circa 4°C che consente anch’essa un ulteriore abbattimento dei consumi.

Sono sicuramente dei miglioramenti, che pensando alle incognite dovute alla realizzazione pratica dell’impianto potrebbero sembrare irrisori, ma nell’ottica della continua “corsa” al risparmio energetico che si gioca ormai su qualche punto percentuale sono da prendere in considerazione.

Da ultimo è interessante dire che lo stesso collettore di equilibramento può essere vantaggiosamente inserito nell’ammodernamento di un impianto molto vecchio, operando

Da ultimo si vuole fare un cenno ai sistemi modulari che ultimamente stanno incontrando grande favore tra gli installatori e che necessitano, per il collegamento all’impianto, del disgiuntore idraulico (fig. 11).

Tali sistemi, costituiti dall’assemblaggio di più caldaie murali, sono in grado di coprire range di potenza sino a 500 kW ed oltre, risolvendo in taluni casi l’obbligo del frazionamento della potenza su più generatori, come previsto dalla legge 10/91 al di sopra dei 350 kW. Dal punto di vista dell’installatore consentono un notevole risparmio di tempo in quanto il mercato offre versioni completamente preassemblate, in cui tutti i collegamenti idraulici (tubazioni, disgiuntore idraulico, linea gas, scambiatore lato sanitario ecc.), i sistemi di regolazione e controllo, nonché i dispositivi di sicurezza (richiesti dall’Ispesl) sono già predisposti in fabbrica. I moduli quindi devono essere solamente posizionati e allacciati al secondario dell’impianto. Dal punto di vista del rendimento, nel caso di sistemi premiscelati a condensazione, sono da preferire

Figura 11 - Esempio di Modulo Termico

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ra di contenimento in lamiera zincata ed alluminio a tenuta stagna. Il posizionamento delle unità in copertura dell’edificio o all’esterno permette così di recuperare degli spazi, che altrimenti si sarebbero dovuti destinare per la Centrale Termica, e di semplificare e di ridurre gli obblighi di rispetto alla Normativa dei Vigili del Fuoco.

Considerazioni finali

Figura 12 - Curve dei rendimenti a confronto

soluzioni in cui i generatori non lavorano in cascata, ma in cui il carico totale richiesto dall’impianto viene frazionato in egual modo su tutte le unità. Ciò consente, in condizioni di carico parziale, di far lavorare tutti i moduli con basso carico, ossia nelle migliori condizioni di rendimento (cfr. fig. 12 in cui si riporta l’andamento dei rendimenti per varie tipologie di caldaia). Esistono, inoltre, delle soluzioni da esterno in cui i moduli sono racchiusi in una struttu-

GARANTITO

PER I

CERTIFICAZIONE NUOVA

In questo articolo si è focalizzata l’attenzione sul disgiuntore idraulico come elemento di separazione caldaia – impianto che, se correttamente progettato, oltre ai noti vantaggi, permette in presenza di caldaie con pompa a portata variabile di realizzare circuiti a differente temperatura senza ricorrere a dispositivi di miscelazione come le valvole a tre vie. Inoltre sono stati riportati numerosi schemi e realizzazioni impiantistiche che possono essere considerate come uno spunto per la progettazione.

In conclusione si vuole ribadire che l’impiego delle caldaie a condensazione permette degli effettivi vantaggi energetici e notevoli semplificazioni impiantistiche solo se il sistema impianto in cui viene inserita è stato pensato e studiato in modo da poter sfruttare appieno le grandi potenzialità che un generatore ad alto rendimento può fornire.

Ing. Diego Danieli, Ing. Matteo Rigo Liberi Professionisti, Studio Associato Vio, Venezia Ing. Francesco Altomonte Responsabile tecnico Atag Italia, Colombare di Sirmione

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Impianti

Michele Cisternino, Francesco Ruggiero, Mauro Strada

pompe di calore con acqua di falda Ricostruzione del Teatro Petruzzelli di Bari

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Gli autori illustrano le principali caratteristiche delle moderne pompe di calore e i parametri di prestazione energetica in funzione delle tipologie impiantistiche utilizzate nonché il raffronto con gli altri sistemi di riscaldamento tradizionali. Nell’articolo si propone un esempio di applicazione di questa tecnologia impiantistica nell’ambito del progetto di ricostruzione del Teatro Petruzzelli di Bari.

incremento dell’impiego e della commercializzazione delle pompe di calore per la climatizzazione degli ambienti è legato ai miglioramenti tecnologici ottenuti negli ultimi decenni, nonché alla crescente domanda estiva di condizionamento, atteso il modesto incremento di spesa per l’installazione di pompe di calore bivalenti piuttosto che di semplici refrigeratori estivi, che ha reso questa tipologia impiantistica particolarmente conveniente.

Per il Teatro Petruzzelli di Bari, ad esempio, saranno impiegate pompe di calore che utilizzano l’acqua della falda marina come sorgente di calore del ciclo termodinamico.

La particolare posizione del teatro all’interno della maglia urbana cittadina e i vincoli architettonici, ma ancor più le garanzie richieste per la sicurezza al fuoco e il rispetto delle condizioni ambientali derivanti anche dalla decisione di ricostruire il Petruzzelli così com’era prima del disastroso incendio dell’ottobre 1991, rendono questa soluzione molto interessante per il minimo impatto ambientale, per gli aspetti impiantistici e per le interessanti prestazioni energetiche ottenibili nel rispetto della normativa per gli edifici ad uso pubblico.

L’

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Migliorare l’efficienza Con il termine pompa di calore si indica quella tecnologia impiantistica attraverso la quale mediante la compressione e l’espansione di un fluido frigorigeno in un ciclo termodinamico inverso è possibile trasferire del calore da un serbatoio a bassa temperatura ad un altro a temperatura superiore.

Per ottenere i migliori vantaggi e, quindi, le migliori prestazioni della macchina, intese come efficienza e capacità è opportuno introdurre alcune considerazioni circa: - i livelli di temperatura della sorgente fredda e calda tra cui operare; - le caratteristiche di tali sorgenti termiche.

Per quanto attiene all’efficienza ovvero al COP (Coefficient of performance) nella dizione anglosassone, il limite teorico è rappresentato dal ciclo di CARNOT (inverso): Efficienza = COPTEORICO = Tc /(Tc-Te)

(1)

con Tc = temperatura assoluta della sorgente calda; con Te = temperatura assoluta della sorgente fredda.

Con riferimento al ciclo frigorifero reale, a causa delle ca-

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Tabella 1 -

Valori di COP (medi)

Attuale

Possibile

Massimo raggiungibile

Limite di Carnot

Aria/aria

3,2

4,0

5,5

8,0

Aria/acqua

3,0

3,5

4,5

6,5

Acqua pozzo/acqua

3,0

3,5

5,0

7,2

dell’impianto e sulle potenze in gioco, si può notare, in figura 1, come può variare il COP in funzione dell’incremento di temperatura concesso dalla pompa di calore e come si discosta dal COP teorico [3].

I valori più bassi competono alle macchine di piccola taglia e di limitata qualità, quelli intermedi competono a macchine più moderne, mentre i valori più alti si ottengono con macchine di grossa taglia e più perfezionate. È appena il Figura 1 - Variazione del COP in funzione dell’incremento di caso di notare come sia penaliztemperatura zante utilizzare la massima temperatura consentita dalla macchina ratteristiche del fluido usato, della impossibilità di ottenere (di solito fra i 50 e 60°C), quando ci si può rivolgere a sile trasformazioni termodinamiche teoriche, delle perdistemi che, adeguatamente dimensionati, consentono di late di carico nei circuiti e negli scambiatori di calore vorare a temperature non superiori a 35°C: basti pensare ecc., tale efficienza si riduce attraverso un coefficiente a pavimenti o soffitti radianti, ovvero a sistemi ad aria caldi rendimento che oscilla da 0,3 per le macchine di picda. Un parametro importante quando si esegue il confronto cole dimensioni a 0,65 per le macchine di grande ditra questi sistemi di riscaldamento e quelli tradizionali è mensione [1]: il REP (Rendimento di Energia Primaria) o PER (Primary Energy Ratio) in terminologia anglosassone. Il REP è definito dal Efficienza = COPPRATICO = α Tc /(Tc-Te) (2) rapporto tra l’energia termica fornita e l’energia primaria utilizzata nel processo. L’importanza di questo parametro Come si può notare dalla tabella 1, in base ai miglioramenti è dovuta al fatto che il suo valore giustifica l’utilizzaziopossibili, si può ipotizzare un limite massimo raggiungibine della pompa di calore rispetto ad altri sistemi tradizionali le di COP = 4,5-5,5 [2]. e lascia intravedere le possibilità di miglioramento nei siOltre all’efficienza, altri elementi di scelta tra le varie tistemi di generazione di energia elettrica. pologie di pompe di calore sono, ad esempio, il costo Nella tabella 2 sono indicati i valori del COPPratico e del REP della macchina, le particolari esigenze dell’utente ed i coper diverse pompe di calore che operano tra le temperasti relativi alle varie forme di energia utilizzate. Contrature di 0° C e 50°C. Un altro coefficiente interessante nel riamente alle macchine “solo freddo” che hanno la possiconfronto tra i costi di funzionamento della pompa di cabilità di migliorare il COP diminuendo la temperatura di conlore rispetto a quelli dei sistemi di riscaldamento tradizionali densazione (Tc), avvicinandola a quella di evaporazione, è il COP medio stagionale. La necessità di introdurre quenelle pompe di calore ciò non è possibile in quanto le Tc sto parametro è dovuto al fatto che le condizioni delle sorsono necessarie alle esigenze del riscaldamento ambiengenti fredda e calda possono cambiare durante l’intero petale imposto. Infatti, l’aria immessa negli ambienti deve riodo di riscaldamento e di conseguenza anche le tempeavere una temperatura almeno intorno ai 30-35°C per rature di funzionamento del fluido refrigerante. Questo sievitare sensazioni sgradevoli e ciò comporta condensazioni gnifica che l’energia termica disponibile e il lavoro forninon inferiori ai 45-55°C. to nel compressore possono variare, così come può esseLe condizioni delle sorgenti fredde sono anch’esse fissate re necessaria un’integrazione di energia da altra fonte. dalla loro natura e, generalmente, comportano temperaQuindi si può determinare il: ture di evaporazione prossime a 0°C per esempio nel funzionamento aria-aria e aria-acqua. A seconda dell’inCOP medio stagionale = Qc / (W+W’) (3) fluenza di questa serie di parametri sulle caratteristiche

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Impianti

Tabella 2 -

Valori del COPPratico e del REP per diverse pompe di calore

Pompa di calore elettrica

Pompa di calore con motore termico

2,5 - 4

0,8 - 2

1 - 1,7

1,8 - 2.4

REP

0,9 - 1,4

0,8 - 2

1 - 1,7

1,8 - 2.4

Le sorgenti alternative all’aria L’impiego dell’aria come sorgente fredda ha come unico vero vantaggio la libera e immediata disponibilità. Ciò la fa preferire, nonostante tutte le problematiche connesse a tale impiego e in particolare: la movimentazione dell’aria, che produce rumore e costi energetici, la difficile e poco estetica collocazione all’esterno degli edifici, lo sbrinamento ecc. È importante sottolineare che vi sono altre sorgenti alternative all’aria, i cui vantaggi possono essere importanti, come dimostrano le sempre più numerose utilizzazioni negli Stati Uniti e in molti paesi europei. In Italia le loro applicazioni iniziano a essere sempre più frequenti con notevoli benefici anche sui consumi elettrici.

Tali sorgenti fredde per la pompa di calore sono: - l’acqua, sia essa superficiale (mare, laghi, fiumi, corsi d’acqua) sia sotterranea (falda più o meno profonda); - il terreno, universalmente disponibile, con la tecnica di sotterrarvi tubi orizzontali e verticali; - il recupero termico, purché lo scarico di energia da recuperare sia canalizzato, in fase con il carico e di adeguata entità. Requisiti che, ad esempio, si manifestano nella ventilazione forzata di edifici con scarico canalizzato. Altra possibilità è l’uso dello scarico di acque bianche (acqua calda per usi sanitari), ove il fabbisogno sia rilevante come negli alberghi; - il sole e l’energia atmosferica: soluzioni impiantistiche

Tabella 3 Sorgente Aria Acque sotterranee

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Pompa di calore ad assorbimento a doppio effetto

COP

dove: Qc = calore ceduto per il riscaldamento nel periodo di tempo considerato; W = lavoro fornito attraverso il compressore nel periodo di tempo considerato; W’ = ulteriore altra energia consumata nel periodo di tempo considerato: perdite nel motore elettrico, apporti esterni di calore ecc.

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Pompa di calore ad assorbimento a singolo effetto

che utilizzano anche l’energia solare termica in varie forme. Interessanti alcune soluzioni miste, come un “tetto energetico” accoppiato a un sistema a terreno con tubi verticali, che consente l’accumulo di energia dalla stagione estiva verso quella invernale, oppure un “tetto energetico” come dispersore termico nel funzionamento estivo, quando si ricorra ad opportuna esposizione, ovvero altre possibili soluzioni [4].

Tali sorgenti fredde alternative non possono però essere considerate di facile impiego o gratuite.

La tabella 3 offre le caratteristiche delle varie sorgenti fredde rispetto ad alcuni parametri di valutazione [3].

Nella tabella 3 il numero di asterischi crescenti indica la migliore convenienza. È pertanto evidente, guardando le voci costo iniziale e costo operativo, come in pratica le sorgenti non siano per nulla gratuite. Da questo punto di vista non va dimenticata la diversa domanda di energia a basso livello termico per le varie famiglie di pompe di calore. La domanda è tanto più forte, quanto più alto è il COP, per cui risulta maggiore per le pompe di calore elettriche e minore per le pompe di calore con ciclo ad assorbimento o con motore termico che, comunque, possono favorire i recuperi termici.

La necessità di aumentare il COP e la maggior convenienza delle pompe di calore elettriche, sono agevolmente soddisfatte da altre sorgenti fredde e, principalmente, dall’acqua.

Come si può intuire, tenendo presenti le temperature a cui si hanno disponibili in natura l’aria, l’acqua e il terreno, i limiti applicativi delle pompe di calore sono molto ristretti e com’è noto, per avere efficienze accettabili, il ∆t = Tc – Te non deve superare i 50 K. In pratica il funzionamento della pompa di calore avviene entro i limiti di temperatura delle sorgenti indicati in tabella 4 [2].

Si fa notare come in campo industriale vi siano applicazioni

Caratteristiche delle varie sorgenti fredde della pompa di calore rispetto ad alcuni parametri di valutazione

Accessibilità

Disponibilità nel tempo

Costo iniziale

Costo operativo

Livello termico

Variazioni di temperatura

Grado di standardizzazione

****

****

****

*

**

*

****

**

****

**

**

****

****

****

Acque superficiali

**

***

***

***

***

**

***

Terreno

***

****

**

**

***

***

***

Solare

**

**

*

***

***

*

**

Recupero

**

**

**

**

****

***

**

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Tabella 4 Sorgenti

Temperatura delle sorgenti termiche

Temperatura delle sorgenti (°C) all’evaporatore al condensatore

aria-aria

>-5

20 ÷ 25

aria-acqua

>-5

40 ÷ 45

acqua-aria

>+10

20 ÷ 25

acqua-acqua

>+10

40 ÷ 45

terreno-aria

>-5

20 ÷ 25

che permettono di avere temperature di utilizzo di 100-110°C, ma in questo caso bisogna disporre di acqua (come sorgente all’evaporatore) dell’ordine di 60-70°C e si devono usare fluidi refrigeranti specificatamente adatti. È utile e sicuramente interessante soffermarsi a considerare le caratteristiche degli impianti che impiegano sorgenti alternative all’aria [3].

A parità di temperatura con l’aria, l’acqua presenta caratteristiche di scambio termico di gran lunga migliori ed una capacità termica decisamente maggiore non solo, ed è ovvio, a parità di volume, ma anche a parità di massa: una riduzione di temperatura di 10°C può comportare in genere una variazione di entalpia per l’aria di 10 kJ/kg e per l’acqua di 42 kJ/kg. Inoltre la movimentazione dell’acqua è notoriamente meno costosa dal punto di vista energetico, con minori problemi di rumore e d’ingombro. L’uso delle acque superficiali è favorevole in Italia, rispetto al Nord Europa perché raramente i nostri corsi d’acqua o i laghi ghiacciano anche a fronte di prolungate temperature esterne sotto lo zero. Un ostacolo è costituito dalla variazione stagionale di portata d’acqua che può essere rilevante, con cospicue riduzioni nel periodo estivo quando, proprio in tale periodo, l’acqua è utile nel funzionamento della macchina come chiller.

Spesso l’acqua potrebbe consentire anche il free-cooling, cioè il suo impiego diretto nell’impianto di condizionamento per il raffreddamento o il pre-raffreddamento dell’aria.

Al di là di altri problemi tecnici di filtraggio e di manutenzione delle prese e degli scarichi, l’ostacolo più rilevante per l’uso dell’acqua è purtroppo quello burocratico-amministrativo, sia per le indispensabili autorizzazioni sia per le normative nazionali e regionali che condizionano lo scarico dell’acqua a una certa temperatura [5].

Altrettanto dicasi per l’uso dell’acqua di mare o della falda salmastra in prossimità della costa, che in Italia offre condizioni molto favorevoli con temperature invernali difficilmente sotto i 10°C ed estive mai sopra i 25°C nelle acque costiere [6].

Sono valori adatti, sia per la sorgente fredda della pompa di calore sia di pozzo termico per il chiller. L’handicap per l’acqua di mare è dovuto all’indispensabile ricorso a scambiatori intermedi realizzati in materiale pregiato e costoso, come il titanio, per evitare l’aggressione marina. L’acqua di mare risulta essere un’eccellente soluzione per residenze e alberghi nelle località costiere dove or-

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mai la climatizzazione dell’aria è una scelta obbligata [4].

Alcuni impianti sono stati già realizzati anche in Puglia. I vantaggi potenziali di questa utilizzazione meriterebbero una più accurata analisi dei problemi tecnico-pratici e, anche qui, minori ostacoli per le autorizzazioni richieste. A sua volta l’impiego delle acque sotterranee, tutt’altro che scevro di problemi tecnici, è confortato da una vastissima sperimentazione che, per la numerosità di realizzazioni anche di grandi dimensioni, può considerarsi ormai una tecnica matura [5].

Il paese leader risulta l’Olanda ove la stessa Agenzia olandese per l’Energia e l’Ambiente (NOVEM) ha promosso questa tecnologia che risulta ad elevato risparmio energetico [8].

Anche in Italia, peraltro, l’acqua sotterranea (acqua di pozzo) è tuttora largamente impiegata nei raffreddamenti nell’ambito industriale, con limitazioni sempre più severe sia nei confronti dello scarico in rete fognaria sia del prelievo. Quest’ultimo è spesso condizionato dal progressivo abbassamento della falda. Per gli scarichi è anche prevista la reiniezione dell’acqua nella falda, sia per rimpinguarla, sia con funzioni di accumulo stagionale. Purtroppo tanto la trivellazione dei pozzi e il prelievo dell’acqua, quanto la iniezione in falda in Italia è ancora controversa e l’iter burocratico estremamente complicato. Per l’uso dell’acqua di falda sono spesso sufficienti due pozzi uno di prelievo invernale e immissione estiva e l’altro di prelievo estivo e di immissione invernale. Per evitare il corto circuito dell’acqua è opportuno che i due pozzi siano opportunamente distanti in funzione delle portate e della velocità dell’acqua nella falda.

Le prestazioni della pompa di calore dipendono fortemente dalle caratteristiche dell’acquifero e da com’è stato impostato l’impianto. È utile, per completezza d’esposizione, un ultimo accenno all’impiego del terreno come sorgente fredda, per le pompe di calore cosiddette “geotermiche”, ricordando che già a qualche metro di profondità il terreno si stabilizza ad una temperatura prossima al valore medio stagionale annuale [9, 10]. A profondità maggiori entra in gioco anche l’energia termica endogena [11]: oltre i 30 metri può esserci un incremento di circa 1°C ogni 30 metri, con situazioni molto differenziate da luogo a luogo. Con la tecnica a tubi orizzontali interrati a 0,8-1,5 metri di profondità (talvolta fino a 3 metri) la temperatura del terreno non risente delle oscillazioni giornaliere, smorzandole e ritardandole di fase stagionalmente. A seconda della disposizione dei tubi risulta impegnata un’ampia superficie di terreno sgombra di costruzioni. L’osservazione sperimentale sugli impianti realizzati fornisce variazioni di potenza da 10 a 20 W/m di tubazione interrata e valori di energia specifica annuale tra i 10 e i 40 KWh/anno nonché valori di COP da 2,2 a 3,4 [3].

Come orientamento, in una casa monofamiliare, la superficie di terreno interessato dallo scambiatore è doppio o triplo di quella della casa, con uno sviluppo di tubo di circa 50 metri per ogni KW di potenza di riscaldamento. La tecnica dei tubi verticali si sta sviluppando molto negli ultimi 10 anni, con perforazioni prima limitate a circa 15 m e che oggi

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Impianti

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superano i 50 metri di profondità e Caldaia a gasolio con disposizioni di vario genere. Il 100 paese che più rapidamente ha sviluppato questa tecnologia è la Sviz80 Caldaia a gas zera ove si stima siano installate 15.000 pompe di calore a terreno a Pompa di calore elettrica 60 (energia da fonte non rinnovabile) tubi verticali, con 20.000 perforazioni per una lunghezza complessiva vaPompa di calore a gas 40 lutata 2000 km.

La tecnologia è in sviluppo anche in Pompa di calore elettrica 20 (energia da fonte Germania, Austria e, negli ultimi rinnovabile) anni, negli USA. Benché sia diffici0 le fornire indicazioni rapide di progetto, a causa della molteplicità Figura 2 - Emissioni di CO2 per i diversi sistemi di riscaldamento dei fattori coinvolti, l’analisi di 33 impianti (18 in Europa e 15 nel Nord America) mostra una relazione tra lunghezza dello scamsioni di CO2 è decisamente superiore allo 0.5 %. Lo stesso biatore nel terreno e la potenza termica installata, cioè mestudio stima questo valore in un 6% del valore totale, il che diamente vengono richiesti circa 10 m di scambiatore per si tradurrebbe in una riduzione di 1200 milioni di tonnelkW termico installato. late all’anno così ripartite: - 1000 milioni di tonnellate di CO2 nel settore residenziaLa pompa di calore e il rispetto le e commerciale; - 200 milioni di tonnellate di CO2 nel settore industriale. dell’ambiente Le pompe di calore contribuiscono in maniera significatiQuesto potenziale costituisce la maggiore riduzione di va alla riduzione delle emissioni inquinanti in atmosfera riemissioni ottenibile da un’unica tecnologia, con il vantaggio spetto ai sistemi tradizionali di riscaldamento impiegando che si tratta di una tecnologia disponibile sul mercato. combustibili fossili.

L’Agenzia Internazionale dell’Energia stima che nel prosUno studio dell’Agenzia Internazionale dell’Energia [12], simo futuro questo potenziale potrebbe salire al 16%. mostra l’impatto ambientale prodotto dalle cinque opzioni Questo sarebbe possibile grazie all’innovazione tecnologica seguenti: che consentirà di realizzare pompe di calore e centrali ter- generatore di calore alimentato a gasolio; moelettriche con efficienze maggiori e un incremento - generatore di calore alimentato a gas; della quota di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili.

- pompa di calore elettrica con elettricità prodotta da fonti non rinnovabili; La ricostruzione del Teatro Petruzzelli - pompa di calore con motore termico alimentato a gas meL’approccio alla progettazione impiantistica in un intervento tano; di recupero di un edificio storico e monumentale richiede - pompa di calore elettrica con elettricità prodotta da fongeneralmente una particolare prudenza e nel caso speciti rinnovabili (idraulica, eolica, fotovoltaica); fico una particolare complessità dovuta alla scelta progettuale Le emissioni di CO2 dei generatori e delle pompe di calodi ricostruire il teatro così come era prima del rovinoso inre a gas, dipendono dal rendimento dei motori termici e cendio del 27 ottobre 1991 che distrusse completamente dal tipo di combustibile utilizzato. Nelle pompe di calore l’area della scena e del pubblico. Per rispondere alle richieste azionate elettricamente, questa energia secondaria è redella Committenza è stato necessario prendere atto delsponsabile indirettamente dell’emissione di CO2 in quanla peculiarità dell’oggetto progettuale per due aspetti: da to originata nelle centrali di produzione termoelettriche. un lato l’edificio particolare, cioè il Teatro, semidistrutNella figura 2 si può notare come confrontando le emissioni to da un incendio e dall’altro l’introduzione e le scelte di in atmosfera dei sistemi sopra elencati, le pompe di calore vari impianti anche speciali e innovativi, prima inesistenmostrano indubbi vantaggi rispetto ai sistemi tradizionati, tese a una fruizione del Teatro nelle forme modernamente li di riscaldamento. richieste, sia artistiche e funzionali, sia di benessere e acuNello stesso studio citato [12], la riduzione annuale delle stiche ottimali, nonché a garantire una risposta immediata emissioni di CO2 dovute al parco mondiale di pompe di cae sicura ai rischi potenziali d’incendio, siano essi accidentali lore è stata stimata nello 0,5 % rispetto al valore globale siano, per certe ipotesi, anche dolosi. A seguito di un redelle emissioni di CO2 dell’intero pianeta così distribuite: cupero pressoché integrale dell’area oggetto dell’appal- 64 milioni di tonnellate di CO2 nel settore residenziale; to, si è cercato pertanto di intervenire in modo “chirurgico” - 54 milioni di tonnellate di CO2 nel settore commerciale nell’integrazione di un impianto invasivo come quello del e industriale. condizionamento, in una struttura che originariamente Senza dubbio il potenziale attuale di riduzione delle emisnon presentava nessuna tipologia impiantistica, in modo ta-

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le da non incidere sull’alta valenza architettonica del luogo e, nel contempo, garantire migliori condizioni di benessere termoigrometrico in un ambiente che è caratterizzato da elevati valori di carico termico sensibile e latente.

Infatti, i carichi termici delle aree platea, palcoscenico e foyer di un teatro sono caratterizzati da una elevata percentuale di carichi interni, sul totale, dovuti alla presenza delle persone e degli impianti elettrici di scena. Inoltre il loro andamento è estremamente variabile legato ai momenti delle rappresentazioni sceniche, degli intervalli, degli allestimenti, delle prove, nonché al tipo di rappresentazione e alla diversa presenza di pubblico. Le altre aree del teatro (camerini, uffici, locali tecnici), in genere sul perimetro dell’edificio, hanno invece tipologie di carico più omogenei e costanti nel tempo. Questo comporta la scelta di una tipologia di impianto estremamente flessibile e modulare per poter neutralizzare il carico ambiente minimizzando il consumo energetico, dal momento che i cicli di raffrescamento e riscaldamento non sono legati soltanto all’andamento stagionale ma soprattutto all’alternarsi del carico durante la giornata dell’evento teatrale.

La tipologia impiantistica che è stata individuata per la produzione dei transfer energetici a servizio degli impianti del Teatro Petruzzelli, è quella a pompa di calore acqua-acqua alimentata elettricamente. Questa soluzione consente di ubicare i gruppi e gli scambiatori ad acqua, negli ambienti interrati realizzati ex-novo nell’ambito del progetto e, quindi, di eliminare definitivamente la presenza e l’uso di combustibili (gas o gasolio) nell’area del teatro, risolvendo una serie di problemi legati all’adduzione di combustibile, la sua combustione, il camino e la conseguente emissione dei fumi di scarico in atmosfera.

Tra i vantaggi di questa scelta impiantistica è importante sottolineare: - un costo di realizzazione inferiore rispetto a sistemi più tradizionali: con la stessa macchina si produce sia il caldo che il freddo; - una maggiore e più intensa utilizzazione dell’impianto, con riflessi positivi sull’economia di esercizio; - una maggiore sicurezza rispetto a sistemi più tradizionali, basti pensare alle problematiche legate alla movimentazione e all’uso di combustibili gassosi; - un minor tempo di avviamento in esercizio con possibilità di realizzare facilmente la regolazione in funzione dei carichi ridotti e delle loro variazioni temporali.

Inoltre, l’installazione delle pompe di calore in locali chiu-

Tabella 5 -

si, le rende facilmente insonorizzabili, pertanto non causano alcun inquinamento acustico in esercizio, né alcun impatto ambientale ed estetico in un edificio così particolare. Si pensi solo un istante al confronto con una soluzione aria-acqua e quindi alle loro dimensioni a parità di potenza, per di più da sistemare su grandi superfici non disponibili all’esterno. Infine, per gli edifici di proprietà pubblica o adibiti ad uso pubblico, non è senza rilievo ricordare che la Legge 10/91 obbliga di soddisfare il fabbisogno energetico favorendo il ricorso a fonti rinnovabili o “assimilate” (art.26) e col Dpr 412/93 di attuazione individua tra le fonti assimilate le pompe di calore, cui è vantaggioso far ricorso.

Descrizione dell’impianto L’ubicazione del corpo di fabbrica del Teatro Petruzzelli nel centro cittadino a circa 150 metri dal mare, rende possibile attraverso un pozzo, l’utilizzo dell’acqua di falda come serbatoio termico. L’acqua salmastra di falda infatti, è già presente ad appena 40 cm dal piano calpestio all’interno della platea. Le strutture di fondazione dell’edificio poggiano direttamente sul banco roccioso del substrato pertanto la profondità di trivellazione dei pozzi è legata: - alla volontà di utilizzare l’acqua di mare presente al di sotto della falda salmastra; - alla necessità di ottenere le portate richieste per il funzionamento degli impianti; - alla necessità di smaltire l’acqua di scarico senza inquinare termicamente il bacino acquifero.

Nel caso specifico saranno utilizzati due pozzi di emungimento, uno di riserva all’altro. Analogamente sarà necessario utilizzare altri due pozzi, per lo scarico dell’acqua di ricircolo degli scambiatori. L’ubicazione dei pozzi è tale da evitare ogni possibile interferenza nell’acquifero, prevedendo ovviamente lo scarico a valle rispetto ai prelievi. Le prove preliminari di emungimento eseguite hanno assicurato una portata massima di prelievo di 60 l/s mostrando variazioni impercettibili dei livelli statici legate essenzialmente alle oscillazioni della marea. La salinità dell’acqua rinvenuta non supera i 5 g/l con una temperatura costante di 17°C. Successive misure con una sonda parametrica hanno mostrato un valore del pH pari a 7 ed una qualità dell’acqua complessivamente buona con assenza di inquinanti. Anche le prove di reiniezione della prevista portata d’acqua nella falda marina hanno dato esiti positivi, risultando facilmente smaltibili, con un innalzamento del livello statico nel foro trascurabile e senza che si innestassero circuita-

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Dati di funzionamento delle pompe di calore acqua-acqua

Estate

Inverno

Portata di acqua di emungimento: 50 l/s

Portata di acqua di emungimento: 50 l/s

Temperatura acqua di falda: 17°C

Temperatura acqua di falda: 17°C

Temperature circuito intermedio: 22-27°C

Temperature circuito intermedio: 12-7°C

Temperature circuito utilizzazione: 7-12°C

Temperature circuito utilizzazione: 45-40°C

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Impianti

Boiler ACS Ventilconvettori

UTA

Collettore freddo

Collettore caldo

PDC/REFR.

PDC/REFR.

Primario

Pavimento radiante

Collettore post-ACS

PDC/REFR.

PDC/REFR.

PDC

Secondario

Scambiatore intermedio Pozzo scarico

Pozzo emungimento

Stabilizzatore termico©

ACQUA DI MARE - Lo schema è sottoposto alla protezione del diritto d’autore -

Figura 3 - Schema funzionale dell’impianto

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zioni con i livelli più profondi sottoposti a prelievi forzati. Circa le condizioni di esercizio, la stima dei carichi termici del Teatro ha determinato una potenza massima di raffreddamento pari a 840 kW e una potenza massima di riscaldamento pari a 900 kW di cui 100 kW necessari alla produzione di acqua calda per gli usi igienico-sanitari.

Nella tabella 5 sono riportati i dati di funzionamento.

Come si può osservare dall’esame dello schema funzionale riportato in figura 3, l’impianto di produzione dei fluidi è composto da 5 pompe di calore acqua-acqua, a inversione sul circuito interno, di potenza unitaria pari a 210 kW, collegate in cascata sui collettori freddo e caldo. Una delle cinque è funzionante sempre in ciclo caldo, dedicata tutto l’anno al fabbisogno termico delle batterie di post-riscaldamento delle unità di trattamento dell’aria e degli usi igienico sanitari. Questa scelta risponde alla volontà di modulare la potenza termica alle esigenze della domanda e, soprattutto, alla diversa richiesta di caldo e freddo, dovuta alla variabilità del carico termico prima evidenziata, nonché alla riduzione dei circuiti idraulici e delle probabilità di disservizio. Un particolare interessante dello schema è l’idea di asservire la riserva idrica prevista per l’uso antincendio (400 m3) all’impianto di climatizzazione, a valle dello scambiatore intermedio al titanio necessario per proteggere le macchine termofrigorifere dall’aggressività dell’acqua marina. Infatti, la notevole inerzia termica dovuta alla massa d’acqua della riserva consente di stabilizzare la temperatura dell’acqua in ingresso alle pompe di calore, indipendentemente dal loro ciclo di funzionamento. Questo effetto, insieme alla miscelazione dell’acqua sul circuito primario di ritorno e all’utilizzo di una pompa a velocità variabile per l’estrazione dell’acqua dalla falda

marina, consente un notevole risparmio della quantità di acqua emunta e un miglior funzionamento delle pompe di calore, con indubbi benefici energetico-ambientali. L’attivazione degli automatismi idraulici è comandata principalmente dalla temperatura sul collettore di ritorno, attraverso una logica di regolazione governata da un sistema di supervisione. Dai primi dati disponibili in fase di progettazione i risultati sono decisamente interessanti.

Il COP pratico delle macchine è pari a 4 con un rendimento di energia primaria di 1,52 che rendono questa applicazione impiantistica estremamente vantaggiosa dal punto di vista dei costi operativi e suscettibile di ulteriori miglioramenti nella fase esecutiva della progettazione. Più complessa è in questa fase il calcolo del COP medio stagionale a causa della discontinuità del carico e alle modalità di utilizzo del teatro. La conferma dei parametri di funzionamento ottenuti in fase di progettazione e i vantaggi tecnico-economici di questa soluzione saranno verificati nella fase di monitoraggio a cui sarà sottoposto l’impianto.

Conclusioni In questo lavoro si è cercato di porre in rassegna i vari parametri di efficienza delle pompe di calore, evidenziando come l’aria esterna non sia l’unica sorgente possibile per le pompe di calore, né la più conveniente alla luce della maggiore attenzione dovuta al risparmio energetico, all’efficienza delle macchine, alle aumentate esigenze di benessere (rumore) ed estetiche (ingombri). L’aria, quindi, è probabilmente ancora giustificata solo su macchine reversibili di piccola capacità e, a volte, nemmeno su queste. Non appena l’impianto cresce di importanza, la gamma di possibilità tecniche si amplia enormemente in

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SHK MOSCA 2004 termini di macchine, di sistemi e di schemi di impianto.

Un’altra conclusione significativa è rappresentata dal contributo delle pompe di calore alla riduzione delle emissioni di CO2 e al loro potenziale futuro. Esso rappresenta la maggiore riduzione di emissioni ottenibile da un’unica tecnologia attualmente disponibile e quindi uno strumento indispensabile per rispettare gli impegni assunti dall’Italia nella conferenza di Kyoto. Infine, come specifica applicazione è stato descritto l’impianto a pompa di calore progettato per il Teatro Petruzzelli di Bari che risolvendo i numerosi e difficili problemi di sicurezza e impatto ambientale ed architettonico, rispetta i richiesti parametri di efficienza, utilizzando in maniera razionale e con accorgimenti originali la falda marina presente nel suo sottosuolo come serbatoio termico. Il futuro monitoraggio dei parametri di esercizio dell’impianto consentirà di ottenere importanti conferme sui vantaggi energetici ed ambientali che questa tipologia impiantistica comporta.

8. Fiera internazionale – sanitari, riscaldamento, condizionamento dell’aria, automazione degli edifici C o n m o s t r a s p e c i a l e : Te c h n i c a i n t e l l i g e n t e d i sistemi per edifici + Facility Management 24 – 27 maggio 2004 Centro Espositivo, ZAO Expocentr Krasnaja Presnja, Padiglione 7 Mosca/Russia

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Michele Cisternino, Libero professionista, Bari Francesco Ruggiero, Dipartimento di Fisica Tecnica, Bari Mauro Strada, Dipartimento Di Costruzione Dell’architettura, IUAV, Venezia BIBLIOGRAFIA [1] G. Malinverni, G. Tommasi, “Idrofluorocarburi e i cambiamenti climatici: il protocollo di Kyoto”, Convegno Aicarr, 18.6.1998.

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[5] A. Ragni, “Impianti con accumulo energetico in acquiferi: analisi di fattibilità tecnica ed economica nel Veneto”, Tesi Laurea, 1996, Università di Padova.

[6] B. Buscema, R. Lazzarin, F. Piccininni, “Condizionamento ambientale e produzione di acqua calda sanitaria mediante p. di c. che utilizza l’acqua di mare come sorgente di calore”, ATTI Simposio Int. ISES – Genova, 1991.

[7] E. Monti, “Pompe di calore ad acqua di falda per la climatizzazione”, Condizionamento dell’aria – C.D.A., n. 4, aprile 2000.

[8] Seasonal energy storage in built up areas, Internal Report NOVEM, Utrecht, 1996.

[9] B. Sanner, K. Knobblich, “Heat pumps in underground seasonal energy storage system”, Proc. 5th IEA Heat Pumps Conference, Toronto, 1996.

[10] B. Sanner, “Erdegekoppelte Warmepumpen”, Berichte 2/92, Karlsruhe, 1992.

[11] J. Bernier, “Le pompe di calore a captatore interrato”, Industria e Informazione, n. 1/2000.

[12] A.I.E., “CO2 Technologies Heat Pumps, Refrigeration and Air Conditioning”, HPC, WR 1997.

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con una partecipazione collettiva italiana, denominata CLUB ITALIA

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Impianti

Livio de Santoli, Carla D’Andrea, Nicola Monetti

Patrimoni immobiliari: riqualificazione energetica e ambientale Il caso del complesso Corviale a Roma

cda 70

Anche quello edilizio è un processo che per soddisfare le esigenze dell’utenza consuma risorse, produce inquinamento e altera l’ecosistema in cui si inserisce.

In questo articolo si propone una metodologia di analisi di impatto ambientale applicato al complesso di edilizia economica e popolare del Corviale, situato nella periferia di Roma.

a progettazione per la sostenibilità si basa sulla valutazione comparata delle implicazioni ambientali delle diverse soluzioni tecnicamente, economicamente e socialmente accettabili, e deve tener conto dell’intero ciclo di vita di materiali, prodotti, componenti e servizi.

Non è sufficiente per un prodotto soddisfare solo i requisiti ambientali per essere un prodotto ecoefficiente (questo termine indica il rapporto tra il valore di un prodotto visto come soddisfazione del servizio offerto e il suo impatto ambientale, l’inquinamento e il consumo di risorse ad esso associato), ma è necessario che esso soddisfi anche determinati requisiti prestazionali, tecnologici, economici, legislativi, culturali ed estetici.

La valutazione ambientale del ciclo di vita, Life Cycle Assessment (LCA)1, è un metodo quantitativo di analisi e valutazione dell’impatto ambientale di prodotti e di servizi,

L

secondo quanto stabilito da ISO, [1], e non contempla invece considerazioni di carattere economico e sociale, [2].

La procedura più diffusa utilizza il metodo degli eco-indicatori, che costituisce uno strumento utile ad aggregare i risultati di un LCA in grandezze o parametri di facile utilizzo, associando i risultati dell’analisi in tre categorie di danno ambientale: qualità dell’ecosistema, salute umana e risorse. L’entità di questi danni è data dall’alterazione di un insieme di parametri fisici, chimici e biologici che costituiscono il sistema ambiente, ed è calcolata rispettivamente in: PDF (Potentially Disappeared Fraction, frazione percentuale di specie che hanno una alta probabilità di non sopravvivere nel dominio considerato, a causa di sfavorevoli condizioni di vita); DALY (Disability Adjusted Life Years, anni di vita persi a causa di infermità o morte); MJ Surplus (l’energia supplementare associata alla quantità e qualità della risorsa residua). Per poter rendere confron-

1 L’analisi riguarda l’intero ciclo di vita del prodotto: dall’estrazione e trattamento delle materie prime, alla produzione, trasporto e distribuzione del prodotto, al suo uso, riuso e manutenzione, fino al riciclo e alla collocazione finale del prodotto dopo l’uso.

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Tabella 1 -

Dati relativi alla gestione energetica del Complesso Corviale

Complesso di Corviale (1202 app.)

Appartamento int. 638 Scala A Lotto 2

Volume netto delle residenze

309˙930 m3

212,910 m3

Consumo annuo acqua potabile1

435˙100 m3

362 m3

5˙100˙000 kWh

3˙260 kWh

8˙461˙000 kWh

5˙577 kWh

3˙606˙000 kWh

3˙000 kWh

738˙500 kWh

615 kWh

Consumo annuo di energia per la produzione di acqua calda sanitaria1 Consumo annuo energia per il riscaldamento degli ambienti

2

Consumo annuo energia elettrica per uso domestico1 Consumo annuo energia elettrica impianti 1

2

Valori ricavati dal consumo medio previsto per abitante; 2Consumi relativi alla stagione 99/00 [dati Ufficio Tecnico IACP]

le necessità dei casi studiati. Tale flessibilità è stata sfruttata anche in questo studio, introducendo per lo più materiali, processi e trattamenti di fine vita, necessari laddove i dati forniti dal software risultavano carenti o insoddisfacenti allo scopo.

Selezione del sistema impiantistico basato sull’analisi del ciclo di vita

Figura 1 - Prospettiva del complesso di Corviale (960 m di lunghezza, 800˙000 m3 lordi)

tabili i risultati delle tre categorie di danno è necessario normalizzare i valori ottenuti, rapportandoli ad un’unica unità di riferimento (un punteggio) attraverso parametri specifici che dipendono dalla prospettiva culturale adottata2, [3].

Anche quello edilizio è un processo che per soddisfare le esigenze dell’utenza, consuma risorse, produce inquinamento e altera l’ecosistema in cui si inserisce. Un esempio di applicazione della metodologia di LCA al settore della edilizia e degli impianti è stato già svolto anche in Italia utilizzando il codice SimaPro 5.0“, sviluppato dalla Pré (Product Ecology Consultants) per conto del ministero dell’Ambiente olandese, con l’adozione del metodo degli eco-indicatori e della prospettiva culturale ugualitaria (Eco-indicator 99 E/E), [4], [5].

Il SimaPro 5.0 è un software d’indagine iterativa di tipo aperto, poiché le banche dati di cui dispone possono in qualsiasi momento essere corrette e integrate in maniera flessibile, fornendo la possibilità di creare nuovi processi o materiali o di modificare quelli già esistenti, adattandosi al-

Il sistema impiantistico costituisce, nell’applicazione dell’LCA al settore edilizio, una complicazione in più. La valutazione economica di un sistema impiantistico effettuata sulla sua intera vita infatti è caratterizzata sia dai costi di installazione sia dai costi di gestione del sistema stesso. I primi sono relativamente facili da ottenere se confrontati con i costi energetici che risultano invece sensibili ad una serie di parametri diversi. Diversi studi [6], [7] hanno recentemente tentato di individuare una metodologia di tipo speditivo che permetta ai progettisti di confrontare le implicazioni dei costi sulla progettazione.

Tali studi hanno mostrato che il consumo di energia di un impianto può essere previsto, in modo più o meno approfondito in base alle tecniche utilizzate, solo se costruttori e progettisti risultino capaci di fornire le necessarie informazioni sulle caratteristiche in uso dei componenti e dei sistemi. Inoltre, è opinione diffusa tra gli operatori di considerare reale la difficoltà a quantificare i costi di manutenzione e gli effetti della manutenzione stessa, strettamente basati sull’analisi di dati reali ottenuti nel corso del tempo, e questo per ogni sistema impiantistico adottato.

I costi di gestione di un sistema impiantistico sono essenzialmente dovuti ai costi energetici e a quelli di manutenzione, entrambi ugualmente significativi se riportati all’intera vita del sistema. Allo stato attuale ci sono pochi dati disponibili sui costi di manutenzione, ed inoltre le strategie di

cda 71

2 Le prospettive culturali fanno riferimento ai differenti comportamenti e opinioni sull’ambiente assegnando dei pesi relativi alle varie categorie di danno ambientale: Prospettiva Gerarchica: 40% Salute Umana, 40% Qualità dell’Ecosistema, 20% Impoverimento delle Risorse.

Prospettiva Ugualitaria: 30% Salute Umana, 50% Qualità dell’Ecosistema, 20% Impoverimento delle Risorse.

Prospettiva Individualista: 55% Salute Umana, 25% Qualità dell’Ecosistema, 20% Impoverimento delle Risorse.

Prospettiva Gerarchica: 40% Salute Umana, 40% Qualità dell’Ecosistema, 20% Impoverimento delle Risorse.

Prospettiva Ugualitaria: 30% Salute Umana, 50% Qualità dell’Ecosistema, 20% Impoverimento delle Risorse.

Prospettiva Individualista: 55% Salute Umana, 25% Qualità dell’Ecosistema, 20% Impoverimento delle Risorse.

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Impianti

sostituzione e la quantificazione della durata del singolo componente rende ancora più soggettiva ogni valutazione [8].

I costi energetici, comunque, possono essere previsti solo se esistono dati medi stagionali di efficienza di ogni componente e se si ipotizzano strategie di funzionamento tipiche.

Sulla base delle informazioni presenti in letteratura [9], è possibile quantificare i costi di installazione per sistemi impiantistici tipici tra 270 e 360 €/m2, mentre Econ 19 [7] fornisce i costi per l’energia richiesta annualmente nel caso di uffici con valori compresi tra 9 e 10 €/m2. Assumendo un tasso di sconto pari al 6% e una vita utile di 20 anni, il valore attuale netto VAN dei costi dell’energia è pari a circa 105 €/m2, cioè circa pari al 30-40% dei costi di installazione.

Una qualsiasi valutazione può essere solo effettuata sulla base di una cooperazione tra progettisti, costruttori e manutentori. Mentre infatti i dati disponibili per componenti quali generatori di calore [10], gruppi frigoriferi [11], elettropompe [12], sono per lo più presenti in quanto componenti singoli, non ci sono indicazioni in letteratura sull’ottimizzazione dei costi sull’intera vita di tali componenti.

Il Complesso Corviale

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L’oggetto dello studio riguarda un appartamento-tipo del complesso di edilizia economica e popolare del Corviale, situato nella periferia sud-ovest di Roma, attualmente al centro di polemiche sulla sua riqualificazione.

Progettato nel 1974 da un’equipe di professionisti sotto la guida di Mario Fiorentino, il Corviale è suddiviso in tre corpi residenziali, di cui il più grande si sviluppa per una lunghezza di 960 m, che avrebbero dovuto ospitare 6274 inquilini all’interno di 1202 appartamenti di diverse tipologie, e una serie di servizi e attività commerciali, al fine di creare una città all’interno della città (un pezzo di città lineare) autosufficiente e autogestita dagli stessi inquilini, seguendo il modello utopistico delle “democrazie residenziali”, poste sotto il segno operaio, delle Hof viennesi degli anni Venti.

I dati di gestione energetica sono riportati in tabella 1 suddivisi per tutte le residenze e per l’appartamento-tipo oggetto dello studio.

Le scelte effettuate nella progettazione degli elementi tecnologici e impiantistici, una cattiva manutenzione da parte dell’Ente proprietario (IACP) e delle amministrazioni pubbliche, le diverse occupazioni abusive che hanno alterato il già precario equilibrio in cui verteva l’edificio, la mancanza di incentivazione e di fiducia da parte dei commercianti ad aprire quelle attività previste nel progetto, hanno indotto l’intero complesso a una condizione critica di vivibilità per gli stessi inquilini.

La situazione descritta riguardo il complesso di Corviale può definirsi comune a molte altre realtà periferiche delle grandi città, e non entrando nel merito delle analisi di tipo architettonico-formale, economico, sociologico, si ritiene importante in questa sede proporre una metodolo-

gia di analisi di impatto ambientale applicata a un modello così significativo.

Life Cycle Assessment di un appartamento tipo Nell’analisi del ciclo di vita l’appartamento viene considerato come un processo della durata di 20 anni (dalla prima assegnazione, nel 1984, ad oggi), somma dei processi relativi ai materiali utilizzati nella costruzione, ai materiali utilizzati nella installazione degli impianti a suo servizio, e ai consumi di energia dell’abitazione durante la fase d’uso.

A loro volta i processi relativi ai materiali includono, oltre le materie prime utilizzate, i loro processi di trasformazione e lavorazione, le energie impiegate in questi processi e nel trasporto, la messa in opera, la manutenzione e la dismissione degli stessi, e infine l’occupazione del suolo da parte del fabbricato e durante i processi elencati. I risultati dell’analisi relativa a questo lasso di tempo evidenziano le principali cause di danno ambientale sulle quali si dovrà intervenire per ridurne i valori nel restante arco di vita dell’edificio.

La prima analisi è riferita ai materiali utilizzati nella costruzione dell’appartamento-tipo. Il danno ambientale totale determinato da tutti i materiali impiegati è pari a 1150 punti, provocato per il 61,4% dall’utilizzo del cemento, per il 10% dalla finitura in linoleum dei pavimenti, a causa della produzione del collante per la messa in opera, e per l’8% dall’occupazione del suolo del fabbricato, ed il resto per l’utilizzo degli altri materiali.

Una prima indicazione quindi è che, ipotizzando nella fase di dismissione un riciclo degli elementi del fabbricato, particolare attenzione deve essere data proprio al cemento, il quale necessita di un processo di separazione dall’eventuale armatura, al fine di riciclare il ferro, e di un processo di triturazione dei frammenti e dei blocchi per poter essere utilizzato come inerte per nuovi calcestruzzi o come riempimento per sottofondi stradali. Anche questi processi richiedono grosse quantità di energia e rendono il bilancio ambientale meno vantaggioso rispetto al riciclo di altri materiali edili, [13].

Dall’ analisi del ciclo di vita dell’appartamento-tipo emerge che, in un arco di tempo di 20 anni il 12.7% del danno totale, che è pari a 9020 punti, è dovuto ai materiali, il 3.2% agli impianti e l’84.1% ai consumi di energia per soddisfare il fabbisogno termico, elettrico e idrico dell’utenza. A tale ultimo aspetto corrisponde l’emissione di circa 500 kg di CO2 ogni anno.

In figura 2 è rappresentato il danno ambientale suddiviso nelle categorie d’impatto provocato dai materiali della costruzione (in giallo), dai materiali degli impianti (in rosso) e dalla gestione energetica (in verde). La struttura concettuale della valutazione di impatto fa riferimento alla ISO 14042, [14]. Le varie categorie d’impatto (il metodo degli Eco-Indicator-99 prende in considerazione 11 categorie di impatto) forniscono una classificazione più dettagliata dell’area di influenza del danno ambientale.

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La quota parte di influenza dei materiali costituenti gli impianti è modesta, ma analizzando in particolare questo contributo nell’esame dell’appartamento oggetto di studio, risulta che su un danno complessivo di 284 punti il 56% (158 punti) è dovuto alla scelta di centralizzare la produzione dell’energia termica a servizio dell’intero complesso, con la costruzione di reti di distribuzione, di cunicoli per le distribuzioni principali, di sottocentrali per ogni ogni

edificio, vedi figura 3. È quindi evidente che la quasi totalità del danno è dovuta proprio alla gestione energetica, che a sua volta dipende direttamente dal rendimento degli impianti e dalle prestazioni e dalle caratteristiche proprie dei materiali dell’involucro edilizio.

Nella figura 4 sono riportati i risultati dell’analisi svolta prendendo in considerazione solamente la gestione energetica dell’appartamento-tipo: da questa si evince in particolare

kPI 5 4,43 4

3 2,3 2

1

0,834 0,5 0,17

0

0,0067 -0,0231

0,000151 -1,1E-5

0,00162 -1,34E-6

Radiation

Ozone layer

0,383

0,195

0,222

-1 Carcinogens

Respiratory organics

Respiratory inorganics

Climate change

Ecotoxicity

Human Health materiali della costruzione

Acidification/ Eutrophication

Land use

Ecosystem Quality materiali degli impianti

Minerals

Fossil fuels

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Resources

gestione energetica

Analyzing 1 p processing “+Corviale 20 somma”; Method: Eco-indicator 99(E)WC / Europe EI 99 E/EW / weighting

Figura 2 - LCA dell’appartamento-tipo per un periodo di 20 anni

Pt 200

13.2

94.7

100 57.3

0 Human Health ^+Corviale 20 impianti +colonne e tubi di alimentazione +caldaie +canne fumarie +pompe di circolazione +piastre radianti

+colonna di alimentazione +colonna e tubi di scarico acqua +container per metano +edificio centrale termica +tubi in acciaio e isolante +caldaia acqua calda sanitari

Ecosystem Quality /+colonna di scarico acque +impianto elettrico +impianto di trattamento acque +cunicoli di collegamento +pompa di circolazione +autoclave

Resources +colonna di ventilazione +prese +tubi in acciaio e isolante +tubi in acciaio e isolante +saracinesche scambiatore +serbatoi acqua

+colonna e tubi di alimentazione +sanitari bagno e cucina +tubi in acciaio e isolante +scambiatori di calore +tubi in acciaio e isolante Truck 16t B250

Analyzing 1 p processing “+Corviale 20 impianti”; Method: Eco-indicator 99(E)WC / Europe EI 99 E/EW / weighting

Figura 3 - LCA degli impianti in un arco di tempo di 20 anni

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Impianti

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che il danno maggiore kPt (40,44%) è quello relativo 4.83 5 al consumo di energia elettrica per uso domestico (3070 4 punti su 7591 totali per la gestione energetica) dovuto 3 principalmente all’utilizzo di circa 9000 kg di combu2.22 stibile.

2 È inoltre importante sottolineare che la sostituzione, 1 0.542 nel 1994, del gasolio per alimentare la centrale ter0 Ecosystem Quality Resources Human Health mica, con il gas metano ha ridotto il danno ambientaAcqua Potabile Elettricità gestione pompe Elettricità gestione pompe Gasolio della sottocentrale della centrale termica le di circa il 15%; dall’anaElettricità per uso domestico Elettricità gestione autoclave Gas Metano lisi risulta infatti che il danno dovuto al consumo di Analyzing 1 p processing “+Corviale 20 consumi”; Method: Eco-indicator 99(E)WC / Europe EI 99 E/EW / weighting gasolio è pari a 1730 punti, mentre quello provocato Figura 4 - LCA della gestione energetica in un arco di tempo di 20 anni dal consumo di gas metano nei successivi dieci anni, cioè nello stesso periodo di tempo, è pari a solamente 1460 tate e l’altra che consideri invariato lo stato attuale depunti. Risulta quindi evidente che delle semplici modifigli impianti e dei materiali dell’edificio, quantificando i che come la sostituzione del combustibile o dei bruciatori vantaggi ottenuti sul bilancio ambientale. delle caldaie con altre ad alto rendimento, che nel 1999 Per quanto riguarda gli interventi finalizzati alla riduzione hanno diminuito di un quinto il consumo di gas metano, del fabbisogno di energia, sono state ipotizzate delle possono influire in maniera significativa sul bilancio ammodifiche all’involucro edilizio, diminuendo il valore del bientale di un impianto e dell’intero edificio. coefficiente globale di scambio termico attraverso l’agIn controtendenza con l’attuale emergenza idrica che si sta giunta di uno strato isolante e la sostituzione degli eleverificando in molti Paesi e che ha posto il problema almenti vetrati con doppi vetri basso-emissivi con infissi in l’attenzione dell’opinione pubblica, il metodo Eco-Indicator alluminio a taglio termico al posto degli infissi in ferro cru99 E/E assegna allo sfruttamento delle risorse minerali, tra do; sono stati inoltre calcolati all’interno dell’LCA anche cui l’acqua, un peso percentuale ridotto. Conseguentemente alcuni interventi di manutenzione ordinaria, quali il ripristino il danno provocato dal consumo d’acqua da parte degli ocperiodico dell’idropittura delle pareti, la sostituzione cupanti l’appartamento e per il funzionamento degli imdegli elementi in ferro crudo, ecc., seguendo le metodologie pianti è di 502 punti, pari a circa al 7% dei valori del danindividuate in [15], [16]. Si veda anche [17] per l’approno prodotto dagli altri consumi. fondimento degli effetti sulla IAQ delle pitture usate in Il danno totale, provocato dall’intero complesso nell’arco edilizia. di tempo di 20 anni, si può approssimativamente considerare Sono stati utilizzati per questi interventi i materiali il cui come il prodotto del numero complessivo delle abitaziociclo di vita, costituito a sua volta da processi di produni, 1202, per i valori ricavati dall’analisi dell’appartazione, trasporto, messa in opera, dismissione e contributo mento, preso come appartamento-tipo per superficie ed al risparmio energetico dell’appartamento, comporti il miesposizione, ottenendo in questo modo un valore di circa nor impatto ambientale, vedi figura 5. Per esempio, nelundici milioni di punti. l’adozione di un isolamento a cappotto per la parete esterna, potrebbe essere scelto come materiale isolanProposta di riqualificazione energetica te il sughero prodotto a Pistoia, (rappresentato in giallo nella figura 5), in quanto, confrontato con altre soluzioe ambientale con LCA La proposta di un intervento di riqualificazione energeni di cappotto, a parità di valori di conducibilità termitica dell’appartamento può essere effettuata attraverso ca dei materiali, presenta un minor danno ambientale (12,1 un confronto tra due LCA, ciascuna della durata di otpunti) rispetto allo stesso sughero prodotto in Portogaltant’anni3: una che tenga conto delle modifiche apporlo, (rappresentato in blu nella figura 5, con complessivi

3

si considera un periodo di tempo di ottanta anni, da oggi fino al 2084, in quanto questo arco di tempo, sommato a quello relativo al precedente LCA, di venti anni, (dalla costruzione, 1984, ad oggi), rappresenta la durata totale della vita di un edificio in cemento armato, supposta pari a cento anni.

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Pt 25

20,9 19,8

20

17,5 16,2 15 11,9

11,6

10

vimento, comporta un danno maggiore della eventuale loro sostituzione e successiva manutenzione con altri materiali caratterizzati da prestazioni energetiche migliori. Dalla figura 6 si nota come, in un arco di tempo di 80 anni, il valore del danno passa da 573 punti a 532 punti.

7,68

5

4,24

3,55

Le modifiche agli impianti

È stata ipotizzata l’installazione di un impianto di collettori solari sul piano di Sughero Portoghese Sughero di Pistoia Polistirene espanso Polistirene espanso riciclato all’80% copertura dell’edificio, a servizio dell’intero lotto Comparing processes; Eco-indicator 99(E)WC / Europe EI 99 E/EW / weighting (1500 m2 complessivi). L’uFigura 5 - LCA del confronto tra i materiali isolanti tilizzo dei collettori riduce ovviamente il fabbisogno 44,9 punti), a causa della forte incidenza dei trasporti e totale di energia termica dell’appartamento-tipo fino ad rispetto al polistirene espanso (rappresentato in rosso in un consumo di circa 2000 kWh/anno, comportando ciò figura 5 con 30,8 punti) e al polistirene espanso riciclaanche una diminuzione dell’emissione totale di CO2, (da cirto all’80%, (rappresentato in verde in figura 5 con 29,2 ca 5 ton/anno a circa 3 ton/anno, e un conseguente mipunti) per il processo di produzione e di messa in opera. nor utilizzo della risorsa gas naturale.

Con le modifiche attuate sull’involucro si ottiene una diPer contro l’installazione del nuovo impianto e le necesminuzione del fabbisogno annuo di energia termica per sarie opere di manutenzione e sostituzione nel corso dei il riscaldamento dell’appartamento pari a circa la metà prossimi 80 anni, comporterebbero un aggravio del danno del valore medio attuale, da 5˙577 kWh/anno a 2˙113 ambientale stimabile in 261 punti, dovuto alla produziokWh/anno. Naturalmente a questo valore si deve sommare ne dei collettori solari, all’occupazione di suolo durante i la quantità di energia per la produzione di acqua calda saprocessi di estrazione, all’utilizzo della risorsa rame e alnitaria pari a 3˙260 kWh/anno. l’emissione di sostanze inquinanti durante la relativa laPer quanto riguarda i materiali è anche interessante notare vorazione. Nell’ipotesi di riqualificazione proposta è preche la manutenzione di alcuni materiali presenti allo stavisto inoltre un intervento finalizzato al risparmio di acqua to attuale, come il ferro e la finitura in linoleum del papotabile, da attuarsi attraverso alcuni elementi che riducano il fabbisogno idrico: i riduttori di flusso e gli scarichi a doppia mandata dei Pt sanitari. Inoltre può essere 300 278 previsto un impianto per il 252 recupero delle acque piovane utilizzate, previo un loro trattamento adeguato, 200 186 per l’innaffiamento. L’in156 139 tervento consente un risparmio annuale di oltre 100 94,3 100 metri cubi di acqua, valutata dal codice in un risparmio di circa 11 punti ogni anno (880 punti in 80 anni).

0 Human Health Ecosystems Quality Resources Nello stesso periodo di temmateriali non modificati materiali modificati po l’intervento comporta un Comparing 1 p processing “+Corviale 80 rec. nat”, Method: Eco-indicator 99(E)WC / Europe EI 99 E/EW / weighting danno di 227 punti a causa del consumo di energia elettrica Figura 6 - LCA del confronto tra materiali edilizi 0,693

1,35

1,29

0

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Impianti

vantaggio in tutte le categorie d’impatto e in parti20 colar modo nella categoria dei combustibili tradiziona15,2 15 li (circa il 50%); mentre il minor consumo d’acqua ipotizzato consente un miglio10 ramento (pari al 25%) nella 7,75 categoria d’impatto dei mi5 3,7 nerali.

3,28 2,87 2,45 1,74 Il vantaggio complessivo del1,04 0,6610,549 0,596 0,441 0,648 0,533 1,010 1,0081 000600051 0050,0042 0,091 0,077 le soluzioni adottate sulla ge0 Carcinogens Respirator Respirator Climate Radiation Ozone Ecotoxicity Acidification/ Land use Minerals Fossil stione energetica si può preorganics inorganic change layer Eutrop fuels sumere sia pari a circa 10300 Human Health Ecosystems Quality Resources punti (da 26000 a 15700 punti).

Gestione energetica relativa all’appartamento-tipo Gestione energetica relativa all’appartamento-tipo Il diagramma di figura 8 rapnell’ipotesi in cui non venga modificato nell’ipotesi di modifiche presenta invece la valutaComparing 1 p processing “+Corviale 80 consumi’ with 1 p processing’”+Corviale 80 rec consumi, Method: Eco-indicator 99(E)WC / zione per singolo score del Europe EI 99 E/EW / weighting confronto in 80 anni effetFigura 7 - Confronto su base 80 anni della LCA della gestione energetica tuato sui materiali costinell’ipotesi di modifiche (in giallo) e dello stato di fatto (in blu) tuenti gli impianti, nel caso in cui vengano utilizzati i da parte delle pompe di circolazione previste, e di 28 materiali esistenti nei primi venti anni di vita e nel caso punti per tutti i processi di produzione, manutenzione e disdelle modifiche proposte. I valori dei danni complessivi samissione degli impianti necessari, in particolare per i serranno quindi pari alla somma algebrica tra impatto ambientale batoio di raccolta delle acque piovane in cemento armae vantaggi dovuti al danno evitato (126-22.4=103 punti nel to e per le colonne di scarico delle acque bianche in ghicaso di materiali esistenti; 273-12.1=261 punti nel caso delsa catramata. le modifiche): questa voce (LCA materiali) conferma il fatNella figura 7 è rappresentato, nelle varie categorie di imto che ovviamente con le modifiche adottate il danno aupatto, il confronto tra i danni ambientali provocati dalla menta negli ottanta anni considerati. gestione energetica dell’appartamento-tipo nella situazione attuale e nell’ipotesi di aver attuato le modifiche propoConsiderazioni finali ste. Come si può notare, il minor consumo di gas metano, Risulta quindi che, in seguito all’ipotesi di realizzazione ottenuto con le modifiche apportate all’involucro e con l’indelle modifiche illustrate, il danno ambientale provocastallazione dell’impianto di collettori solari, comporta un to dall’appartamento-tipo nei prossimi ottanta anni si riduce del 38%, passando da un valore totale di 26600 punti a 16500 punti. Questo Pt vantaggio risulta inferiore a 300 273 quello ottenuto analizzando la sola gestione energeti200 ca, pari a circa il 40% (da -22,4 26000 a 15700 punti) in 100 quanto comprende oltre ai benefici derivati dalla riduzione dei consumi ener0 -12,1 -22,4 getici, anche i danni dovuti all’impiego dei nuovi ma-100 teriali necessari per gli imimpianti non modificati impianti modificati pianti e per il manufatto Carcinogens Respiratory organics Respiratory inorganics Climate change Radiation Ozone layer Ecotoxicity Acidification/Eutrophication Land use Minerals edilizio.

Fossil fuels Costo Inoltre, poiché il progetto di Comparing 1 p processing “+Corviale 80 impianti’ with 1 p processing’”+Corviale 80 rec impianti, Method: Eco-indicator 99 (E)WC / Europe EI 99 E/EW / single score modifica dei materiali è ripetibile per tutti gli apparFigura 8 - Confronto su base 80 anni della LCA dei materiali costituenti gli impianti tamenti e poiché il progetkPt

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kPt 20 18,7

15

10,5 10

6,25 5

4,72

1,67

1,34 0

Human Health

Ecosystem Quality

Appartamento-tipo modificato

Resources

Appartamento-tipo non modificato

Comparing 1 p processing “+Corviale 80 tec. somma’ with 1 p processing’”+Corviale 80 somma, Method: Eco-indicator 99 (E)WC / Europe EI 99 E/EW / weighting

to delle modifiche degli impianti, dimensionato per un intero lotto, è applicabile in tutti i lotti del complesso, i vantaggi ambientali apportati, nell’ipotesi che si intervenga sull’intero complesso, sono moltiplicabili per il numero totale degli appartamenti (1202), ottenendo in questo modo un miglioramento di circa 12 milioni di punti.

La metodologia applicata all’oggetto di studio sottolinea l’importanza di tener conto della molteplicità dei processi che intervengono nel ciclo di vita di ogni prodotto, al fine di effettuare in fase di progettazione la scelta che incida realmente nella misura minore sulla salute umana, sull’ecosistema e sull’impoverimento delle risorse.

Figura 9 - Confronto degli LCA dell’appartamentotipo, calcolato in 80 anni, tra l’ipotesi di modifica (in blu) e l’ipotesi dello stato attuale (in giallo)

Doc. ENEA-PROT- P135-036, Bologna 2003.

[6] Simon Law, Faber Maunsell, CIBSE /ASHRAE Conference Edimburgh, 2003, 24-26/9.

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cda 77

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[9] SPON’S Mechanical and Electrical Services Price Book (2003).

[10] BSRIA Technical Appraisal 1/90 Condensing Boilers Part 3: Condensing Circuit Selection.

[11] BSRIA Technical Note TN16/2000 – Energy Efficient

Livio de Santoli Dipartimento di Fisica Tecnica, Università di Roma La Sapienza Carla D’Andrea, Nicola Monetti Facoltà di Architettura Valle Giulia, Università di Roma La Sapienza

Chiller Control.

[12] BRECSU General Information Report 41 – Variable Flow Control.

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in Life Cycle Assessment of building materials-the ca-

Neri P., Analisi del Ciclo di Vita del recupero soste-

se study of idoor paints, Healthy Buildings 2003, Sin-

nibile di un appartamento del complesso Corviale,

gapore Dec 2003.

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Consulenza elettrotecnica

Antonio Porro

Gli effetti della corrente elettrica nel corpo umano cda 80

l contatto di una o più parti del corpo umano con componenti elettrici in tensione, può determinare il passaggio attraverso il corpo, di una corrente elettrica.

Gli effetti fisiopatologici che la corrente elettrica può provocare, sono principalmente due: 1) disfunzione di organi vitali (cuore, sistema nervoso); 2) alterazione dei tessuti per ustione.

I

t (ms) 10000 5000

a

b

c

c2 c3

2000 1000 500 1

2

3

4

200 100 50

La soglia minima di sensibilità sui polpastrelli delle dita delle mani è di circa 2 mA in corrente continua e 0,5 mA in corrente alternata alla frequenza di 50 Hz. La soglia di pericolosità è invece difficilmente individuabile perché soggettiva e dipendente da molteplici fattori, tra i quali: — l’intensità della corrente — la frequenza e la forma d’onda, se alternata — il percorso attraverso il corpo — la durata del contatto — la fase del ciclo cardiaco al momento del contatto — il sesso e le condizioni fisiche del soggetto.

La pericolosità della corrente in funzione del tempo per cui circola all’interno del corpo umano, è stata riassunta dalle norme nei diagrammi delle figure 1 e 2, validi rispettivamente per correnti continue e alternate.

Gli effetti della corrente nelle quattro zone sono così riassumibili: zona 1: i valori sono inferiori alla soglia di sensibilità; zona 2: non si hanno, di norma, effetti fisiopatologici pericolosi; zona 3: si hanno effetti fisiopatologici di gravità crescente

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20 10 0,1

0,5 1

5 10

50 100

5001000

l 5000 (mA)

Figura 1 - Zone di pericolosità della corrente continua.

1) Di norma nessuna reazione, fino alla soglia di percezione. 2) In genere nessun effetto fisiologico pericoloso. 3) Possono verificarsi contrazioni muscolari e perturbazioni reversibili nella formazione trasmissione degli impulsi elettrici cardiaci. 4) Probabile fibrillazione ventricolare. Possono verificarsi altri effetti patofisiologici, ad esempio gravi ustioni. Le curve c2 e c3 corrispondono a una probabilità di fibrillazione ventricolare rispettivamente del 5% e 50%

all’aumentare di corrente e tempo. In generale si hanno i seguenti disturbi: contrazioni muscolari, aumento della pressione sanguigna, disturbi nella formazione e trasmissione degli impulsi elettrici al cuore. Quasi sempre però, i disturbi provocati in questa zona hanno effetto reversibile e terminano al cessare del contatto; zona 4: innesco della fibrillazione ventricolare (vedasi box),

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t (ms) 10000 5000

a

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c1 c2 c3

2000 1000 500 1

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200 100 50 20 10 0,1

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5 10

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5000

l (mA)

Figura 2 - Zone di pericolosità della corrente elettrica alterata per frequenze comprese tra 15 e 100 Hz. 1) Di norma nessuna reazione fino alla soglia di percezione. 2) Nessun effetto fisiologico grave, fino alla soglia di tetanizzazione. 3) Possono verificarsi effetti patofisiologici, in genere reversibili, che aumentano con l’intensità della corrente e del tempo, quali: contrazioni muscolari, difficoltà di respirazione, aumento della pressione sanguigna, disturbi nella formazione e trasmissione degli impulsi elettrici cardiaci, compresi la fibrillazione atriale e arresti temporali del cuore, ma senza fibrillazione ventricolare.

4) Probabile fibrillazione ventricolare, arresto del cuore, arresto della respirazione, gravi bruciature. Le curve c2 e c3 corrispondono a una probabilità di fibrillazione ventricolare rispettivamente del 5% e 50%

ustioni (anche gravi), arresto della respirazione, arresto del cuore.

Il percorso della corrente elettrica attraverso il corpo uma-

no è un altro importante fattore di pericolosità; in generale è possibile affermare che il pericolo è maggiore ogni qual volta il cuore è interessato dal percorso della corrente.

Il Cei ha fissato i fattori di percorso F della corrente attraverso il corpo; più elevato è il valore di F, maggiore è il pericolo. Prendendo come riferimento (ossia F = 1), il percorso mano piede di uno stesso lato del corpo (ad esempio mano destra - piede destro) si hanno, per i percorsi più tipici in caso di elettrocuzione, i seguenti valori di F: — mano sinistra - torace F = 1,5 — mano destra - torace F = 1,3 — mano sinistra - piede destro F=1 — mano destra - piede sinistro F = 0,8 — mano sinistra - mano destra F = 0,4 Per quanto riguarda la fase del ciclo cardiaco nell’istante del contatto, è stato sperimentato che il momento meno favorevole si ha quando il fenomeno dell’elettrocuzione inizia tra la fine della contrazione cardiaca e l’inizio dell’espansione.

Da quanto esposto in precedenza, è evidente che il valore della corrente che attraversa il corpo umano, venuto accidentalmente in contatto con una parte in tensione, dipende complessivamente dal valore della resistenza elettrica del singolo individuo. Questo valore è estremamente aleatorio e anche per uno stesso soggetto varia più volte nel corso della giornata; tuttavia, pur considerando un valore medio prudenziale di 3 kW si osserva che una tensione di soli 60 V (frequenza 50 Hz) provoca teoricamente la circolazione di una corrente di 20 mA, che rappresenta il limite della corrente di distacco (fenomeno della tetanizzazione) per la quasi totalità degli individui.

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La causa più frequente e probabile di morte in seguito ad elettrocuzione è la fibrillazione ventricolare.

Si ha fibrillazione quando i ventricoli, a causa della forte corrente di provenienza esterna al corpo umano, sono stimolati in modo disordinato e si contraggono in modo caotico, impedendo al cuore di svolgere la sua ordinaria funzione. In particolare avviene quanto segue: il miocardio (muscolo cardiaco) si contrae ritmicamente per sostenere, similmente ad una pompa, la circolazione sanguigna nei vasi. La contrazione delle fibre muscolari è prodotta da impulsi elettrici provenienti da un particolare organo, il nodo senoatriale, posto nella parte superiore dell’atrio destro.

Il nodo senoatriale è il generatore biologico che ciascuno di noi ha, per inviare gli impulsi elettrici che comandano il cuore.

Gli impulsi elettrici di comando provenienti dal nodo senoatriale vengono trasmessi al muscolo cardiaco tramite una serie di tessuti specifici di conduzione denominati fibre di Purkinje e fascio di His che conduce lo stimolo alle fibre muscolari dei ventricoli (fibrille); queste si contraggono e producono così la sistole ventricolare che spinge il sangue nel sistema arterioso.

Se alle normali correnti elettriche fisiologiche si sovrappone una corrente elettrica, di origine esterna, di valore molto più elevato, è intuibile quale effetto devastante tale azione esterna porti nell’equilibrio elettrico del corpo. Gli impulsi elettrici generati dai centri nervosi costituiscono tanti ordini di azionamento trasmessi ai muscoli; se altri impulsi elettrici estranei si sovrappongono ai primi, i muscoli in mancanza di ordini coordinati, non svolgeranno più il loro compito. È ciò che avviene con la fibrillazione ventricolare: al sopraggiungere dell’azione perturbatrice esterna le fibrille ricevono segnali elettrici eccessivi ed irregolari, vengono sovrastimolate in maniera caotica e iniziano pertanto a contrarsi in modo disordinato, l’una indipendentemente dall’altra, sicché il cuore non riesce più a svolgere la sua funzione.

Il fenomeno è analogo a quanto accade nei soggetti colpiti da infarto. In questo caso, a seguito dell’ostruzione di un’arteria coronaria, parte del tessuto di conduzione è leso e non più in grado di trasmettere gli impulsi elettrici che viceversa continuano a provenire dal nodo senoatriale. L’attività elettrica cardiaca diventa irregolare, caotica, e può subentrare la fibrillazione ventricolare.

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news

Meeting semestrale dei delegati regionali i è svolto, alla presenza del vice presidente dell’Associazione ing. Matteo Bo, il secondo meeting semestrale dei delegati regionali dell’Aicarr per il 2003, meeting periodico durante il quale i delegati regionali oltre a fare il punto sulle iniziative già svolte e a valutarne i risultati, si scambiano opinioni in merito al prosieguo dell’attività e stilano i programmi operativi per il semestre a venire. Il meeting si è tenuto a Ponzano Veneto nelle vicinanze di Treviso, ospite della Clivet, azienda che opera nel campo della climatizzazione, che da più anni sponsorizza molte delle iniziative dell’Aicarr in qualità di Socio Sostenitore Benemerito dell’Associazione. In occasione dell’incontro i delegati regionali hanno avuto anche l’opportunità di essere accompagnati dal titolare dell’azienda - Bruno Bellò e da alcuni dirigenti a visitare gli stabilimenti del gruppo ubicati nel moderno comprensorio di Feltre. È stata così offerta loro la possibilità di vedere dal vivo le linee di montaggio lungo le quali vengono costruite e assemblate alcune delle apparecchiature per il condizionamento dell’aria prodotte dalla Clivet, soffermandosi a illustrare le innovative tecniche di produzione e le sofisticate stazioni di collaudo finale delle macchine. Particolare interesse hanno suscitato ne-

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gli ospiti i criteri di dimensionamento, di costruzione e di test finale relativi ad alcune delle serie di punta dell’azienda quali i refrigeratori d’acqua ad alta efficienza Elfoenergy e Spinchiller, la linea Clivetpack, i modelli Rooftop. I lavori si sono poi conclusi con una cena presso un caratteristico ristorante di Treviso alla quale ha voluto prendere parte anche il presidente dell’ Aicarr - Cesare Taddia - che, nel ringraziare la Clivet per l’ospitalità offerta, non ha mancato di sottolineare l’ importanza che sempre più rivestono oggigiorno queste forme di moderno mecenatismo con cui le aziende produttrici sostengono l’ attività delle Associazioni culturali di settore.

Al presidente Taddia ha fatto eco Bruno Bellò che, nel confermare l’importanza del lavoro che Aicarr quotidianamente svolge per diffondere nel nostro paese la cultura del benessere. Con questo evento si è concluso un anno di collaborazione tra l’ Aicarr e la Clivet che ha portato all’organizzazione di un ciclo di incontri sul tema “Benessere ambientale e sviluppo sostenibile.” Tali incontri, organizzati anche con il supporto culturale e scientifico di numerose università italiane, hanno avuto luogo in diverse regioni riscuotendo un notevole successo presso i partecipanti.

PROGRAMMA AICARR 2004 CONVEGNI, OSSERVATORI, SEMINARI Milano, 3, 4 e 5 marzo - Convegno internazionale e seminari “Impianti, edifici, città. Integrazione e nuove visioni di progetto e di gestione” Pavia, aprile - Osservatorio sanità “La qualità nell’ospedale: sviluppi normativi e progettuali nelle sale operatorie e la riqualificazione delle aree di degenza” Padova, 17 giugno - Tavola rotonda e convegno “La certificazione energetica degli edifici: l’Italia si prepara” - “Il condizionamento dell’aria e il rumore nell’ambiente esterno” Bari, settembre - Convegno “Il condizionamento dell’aria e il rumore nell’ambiente esterno”

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Catania, ottobre - Convegno “Il condizionamento dell’aria e il rumore nell’ambiente esterno” Bologna, 14 ottobre - Convegno L’impiantistica alberghiera: impianti ausiliari, supervisione, controllo gestione, problematiche acustiche” Milano, novembre - Osservatorio Free 2004 Torino, novembre - Convegno L’impiantistica alberghiera: impianti ausiliari, supervisione, controllo gestione, problematiche acustiche” SONO IN PROGRAMMA VARIE VISITE TECNICHE, INCONTRI TECNICI E INCONTRI CON LE INDUSTRIE

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