AICARR CDA NOVEMBRE 2006

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Sommario www.webcda.it

Comitato di redazione: Franco Adami, Paolo Bassi, Marco Masoero, Marco Noro, Michele Vio, Alberto Zambelli

5 Editoriale

C. M. Joppolo Paolo Bassi - paolo.bassi@ipobi.it

Direttore editoriale:

Franco Adami - franco.adami@reedbusiness.it

Redattori:

Adriana Del Longo adriana.dellongo@reedbusiness.it Federica Orsini - federica.orsini@reedbusiness.it Stefano Rimassa - stefano.rimassa@reedbusiness.it Federica Villa - federica.villa@reedbusiness.it

26 Sistemi

Segreteria:

Brunella Chiari - brunella.chiari@reedbusiness.it Maria Ranieri - maria.ranieri@reedbusiness.it

Processi di dissalazione - P. D. Lessieur

34 Indagine sperimentale

Igiene e sistemi di ventilazione - S. Mazzacane, V. Raisa

Organo direttivo nazionale dell’AICARR (Associazione Italiana Condizionamento dell’Aria Riscaldamento Refrigerazione). Associata Rehva, Ashrae, IIF, UNI, CTI, Via Melchiorre Gioia n.168 20125 Milano - telefono 02 67479270 fax 02 67479262

44 Dispositivi

La rivista è inviata ai Soci AICARR. Il prezzo dell’abbonamento è incluso nella quota associativa.

50 Risparmio energetico

Reed Business Information SpA Società soggetta all’attività di direzione e coordinamento di Reed Elsevier Group PLC 20143 Milano - Viale G. Richard 1/a - tel. 02 818301 Telefono redazione 02 81830239 fax 02 81830413 (redazione) fax 02 81830405 (pubblicità) Organizzazione di vendita Direttore commerciale Ivo Braga Direttore Vendite Sergio Cirimbelli Responsabile Vendite Davide Lenarduzzi davide.lenarduzzi@reedbusiness.it Segretria commerciale Monica Corletti tel. 02 81830.683 / monica.corletti@reedbusiness.it Key Account Patrizia Sandri International Sales tel. 02 81830.635 / patrizia.sandri@reedbusiness.it © Copyright Reed Business Information Spa - Milano Italia. Le rubriche e le notizie sono a cura della redazione. È vietata la riproduzione, anche parziale, di articoli, fotografie e disegni senza preventiva autorizzazione scritta Servizio abbonamenti Manuela Seregni tel. 02 81830221 / manuela.seregni@reedbusiness.it Tariffe abbonamenti 2006 Italia: sped. ordinaria Euro 78,00 - sped. contrassegno Euro 82,00 Estero: sped. ordinaria Euro 114,00 - sped. prioritaria Europa Euro 129,00 - sped. prioritaria Africa, America, Asia Euro 162,00 - sped. prioritaria Oceania Euro 182,00 fascicolo singolo Euro 7,20 - fascicolo arretrato Euro 14,40 Gli abbonamenti possono essere sottoscritti anche versando il relativo importo sul c/c postale n. 33668666 intestato a Reed Business Information Spa Viale G. Richard 1/a, 20143 Milano. L’iva sugli abbonamenti, nonché sulla vendita di fascicoli separati, è assolta dall’Editore ai sensi dell’art. 74 primo comma lettera C del DPR 26/10/72 N. 633 e successive modificazioni ed integrazioni. Pertanto non può essere rilasciata fattura.

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Gli inverter nei sistemi Vrv e Vrf - M. Vio

Potenzialità del free cooling - S. P. Corgnati, M. Filippi

58 Antincendio

Dislocazione e criteri installativi dei rivelatori - A. De Marco

66 Normativa e legislazione

Aggiornamenti Uni, Cen, Iso - D. Farina

70 Hvac Surfer

Un’alternativa al petrolio - M. Noro

Le Rubriche 6 Panorama

Attualità & Mercato Prodotti & Cataloghi

N.10/novembre 2006

Direttore Scientifico:

72 Aicarr 75 Block Notes - Libri & riviste 76 Block Notes - Siti 78 Block Notes - Mostre & convegni 79 Si parla di…

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Editoriale www.webcda.it

di Cesare Maria Joppolo

Aicarr e il clima mediterraneo Dopo le edizioni di Lisbona nel 2004 e di Madrid nel 2005, si tiene a Lione il 20 ed il 21 di novembre Climamed 2006, il 3° Congresso mediterraneo dei professionisti della climatizzazione. Alla Aicvf, associazione francese sorella di Aicarr, tocca dunque accogliere i delegati portoghesi e spagnoli di Apirac e Atecyr, e riunire le 4 associazioni sotto l’egida della Rehva, la nostra Federazione europea, prima di passare il testimone all’Italia che organizzerà Climamed 2007. Climamed è nato con il fine di costituire una occasione di discussione e produzione culturale sui temi essenziali delle nostre professioni: cosa e come garantire, nell’arco dell’intero anno, con gli impianti e con gli edifici, nei settori residenziali e del terziario, perseguendo contemporaneamente una drastica cura dimagrante dei consumi di energie (e materiali) non rinnovabili e delle emissioni contaminanti in ambiente? E ancora, quali specificità e opportunità, legate al clima, alle tradizioni, alle tecnologie e agli apparati industriali, esistono in queste quattro nazioni della fascia Sud dell’Europa? Quali aggregazioni culturali e quali alleanze possono evitare un appiattimento su soluzioni (teutoniche “passiv haus”) e politiche ambientali ed energetiche calibrate su climi ben diversi dai nostri? Aicarr ha condiviso questo progetto culturale fin dal suo nascere; l’organizzazione di Climamed 2007 è già in marcia e si adopera, giorno dopo giorno, di fare sì che questo evento costituisca un riferimento per lo sviluppo del nostro settore. Il Comitato scientifico nazionale ha posto al centro della edizione 2007 i temi dell’energia solare e delle fonti rinnovabili nei Paesi del Mediterraneo, del clima, del clima urbano e dell’ambiente indoor, dell’utilizzo dell’energia e delle risorse naturali nei Paesi mediterranei, dello sviluppo tecnologico e delle “Best Available Technologies” nel settore della climatizzazione in zone a clima temperato, caldo secco e caldo umido, delle infrastrutture energetiche e dell’uso delle risorse con i connessi aspetti di mercato, realizzativi e di gestione e manutenzione. Per l’edizione 2007 Aicarr ritiene fondamentale un salto di qualità nel Congresso che deve diventare il Forum non solo per i quattro paesi che lo hanno aperto, ma anche per le altre nazioni dell’Europa mediterranea, per i Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente, nell’auspicio che queste aree geografiche – che condividono aspetti culturali, storici e tecnologici e sono caratterizzate da condizioni climatiche che richiedono una particolare attenzione alla ventilazione e al raffrescamento dell’aria per il raggiungimento di condizioni ideali di comfort ambientale – possano trovare un punto di incontro e confronto che permetta loro lo sviluppo di una linea d’azione comune. Dialogo e collaborazione hanno un rilievo fondamentale in un momento storico in cui troppo frequentemente si ergono barriere tra paesi produttori e importatori di tecnologie e di fonti energetiche. Dunque un ruolo e una opportunità da giocare per l’Aicarr e per ciascuno dei suoi soci: il successo di Climamed 2007 dipende dal coinvolgimento diretto dei professionisti italiani della climatizzazione (progettisti, produttori, installatori, ricercatori…) che, da un lato, tutti hanno know-how ed esperienze da condividere e sviluppare, e che dall’altro in molti hanno già autonomamente avviato collaborazioni e attività negli altri paesi di questa estesa area geografica. Prendete l’iniziativa e fate giungere ogni utile contributo alla segreteria dell’associazione. Ci vediamo a Genova dal 5 al 7 settembre 2007! Cesare Maria Joppolo (Presidente Aicarr)

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Sistemi - Dissalazione www.webcda.it

Processi di dissalazione Scegliere la miglior soluzione tecnico-economica Nel mondo sono operativi circa 14.000 impianti di dissalazione di acqua per una capacità di processo superiore a 25 milioni di m3/giorno. Tra le tecnologie utilizzate, il 45% delle capacità di dissalamento utilizzano unità con ciclo Multi-Stage Flash alimentati a vapore, mentre per le istallazioni di taglia più piccola predominano i sistemi con ciclo ad osmosi inversa. Tuttavia, la tendenza all’aumento dei costi dell’energia primaria ha portato allo sviluppo di sistemi cogenerativi atti a combinare la produzione di energia elettrica e la dissalazione di acqua, oltre a qualche caso di produzione frigorifera associata ai due sistemi sopra citati (tri-generazione).

di Piero D. Lessieur

U

n recente studio del Brgm (Bureau de Recherches Geologiques et Minieres) attira l’attenzione sul fatto che nove nazioni beneficiano del 60% delle risorse mondiali di acqua dolce (Brasile, Canada, Russia, Indonesia, Stati Uniti, Colombia, India, e Congo-Zaire) mentre una moltitudine di paesi non dispongono delle quantità di acqua necessarie per far fronte al loro sviluppo. Secondo l’Ida (International Desalination Association) ed altre autorevoli fonti, sono in operazione nel mondo tra 13 e 14.000 unità di dissalazione di acqua per una capacità globale di processo superiore a 25 milioni di m3/giorno (m3/d). Evidentemente le nazioni più ricche del Medio Oriente e più in particolare gli stati del Golfo Persico (Kuwait, U.A.E., Quatar, Arabia Saudita, Bahrein ed Oman)1 sono tra I più importanti utilizzatori di sistemi di dissalazione disponendo di capacità di produzione superiori a 15 milioni di m3/d. Altri importanti utilizzatori di questi sistemi sono Israele, la Libia, la Tunisia, e l’Algeria. Per quanto riguarda le isole del Mediterraneo, i più importanti produttori di acqua dissalata, sono Cipro, (165.000 m3/d) e Malta (circa 130.000 m3/d). Alcune regioni dell’Asia centrale sfruttano sistemi ad osmosi inversa (Ro) ed a elettrodialisi, ma non sono attualmente disponibili gli ordini di grandezza relativi alle reali capacità di produzione di questi paesi (ex-Urss). Per quanto riguarda gli Stati Uniti, le capacità di dissalazione attuali sono dell’ordine di 2,6 a 2,9 milioni m3/d quasi tutti prodotti con impianti ad osmosi inversa (Ro). In questo caso si tratta essenzialmente di addolcimenti di acqua di falda con una modesta percentuale di acque di recupero provenienti da processi industriali. Attualmente circa il 75% della totalità degli impianti di dissalazione in operazione sono alimentati con acqua di mare. Relativamente alle tecnologie utilizzate, il 45% circa delle capacità di dissalamento utilizzano unità con ciclo Msf (Multi-Stage Flash) alimentati a vapore, mentre per le istallazioni di taglia più piccola (max. 10.000 m3/d) predominano i sistemi con ciclo ad osmosi inversa (Ro). La tendenza all’aumento dei costi dell’energia primaria ha portato allo sviluppo di sistemi cogenerativi atti a combinare la produzione di energia elettrica e la dissalazione di acqua senza dimenticare qualche caso di produzione frigorifera associata ai due sistemi sopra citati (tri-generazione). Ciò ha permesso non solo di contenere sostanzialmente i costi energetici ma anche gli investimenti ed i costi di gestione, senza contare la riduzione di molteplici fattori ad impatto ambientale.

PARAMETRI DI DEFINIZIONE DI UN SISTEMA COMBINATO “DISSALAZIONE/ENERGIA ELETTRICA” Il rapporto tra “potenza elettrica installata” e produzione giornaliera di acqua è il parametro di riferimento per la valutazio1

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Si nota che per la maggior parte dei paesi del Golfo, il tasso di crescita nella domanda annuale di acqua dolce e dell’ordine dell’8 - 10%, percentuale questa ben superiore all’incremento della domanda di energia elettrica, i cui fabbisogni sono peraltro concentrati nella stagione estiva sopratutto a causa degli impianti di climatizzazione. Questa situazione rende particolarmente delicata l’ottimizzazione dei sistemi di generazione elettrica con cicli cogenerativi associati alla produzione di acqua. CDA • n. 10 novembre 2006 • www.reedbusiness.it

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Dissalazione

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ne delle condizioni operative di una centrale con produzione combinata. Il costo dell’energia è un fattore determinante nella scelta dello schema di funzionamento. L’ottimizzazione del progetto deve di conseguenza considerare non solo le condizioni nominali di produzione di acqua e di elettricità, ma anche le conseguenze derivanti dalla variazione dei rapporti tra questi due parametri così come gli imperativi tecnici, specifici a ciascuno dei sistemi. La scelta della miglior soluzione tecnico-economica è di conseguenza quasi sempre molto complessa, poiché bisogna gestire non solo gli imperativi della produzione elettrica, ma anche quelli specifici al dissalamento. Più un sistema è efficace in regime di “base load”, meno efficace sarà il suo funzionamento a più bassi regimi di carico. Non esistono purtroppo delle soluzioni generalizzate ed è quindi sempre necessario sviluppare una serie di analisi dettagliate, specifiche a ciascun progetto.

Processi di dissalazione

Processi termici Msf (Multi- Stage Flash) Med (Multi- Effect Distillation)

Processi elettrici Vcd (Vapor Compression Distillation) Ed (Elettrodialisi)

Med-Tc (Multi-Effect Distillation+ThermoCompression)

Ro (Reverse Osmosis)

Ve-Cd (Vapor EjectoCompression Distillation)

QUALITÀ DELL’ACQUA PRODOTTA PER DISSALAZIONE Normalmente un sistema di dissalazione è in grado di produrre acqua con una salinità compresa tra 0,3 e 100 ppm(2), questo a partire dall’acqua di mare che può raggiungere 45 - 55 g/l di sale. Ne consegue che valle dei processi di dissalazione è quasi sempre necessario procedere ad una leggera re-mineralizzazione dell’acqua trattata, mediante l’aggiunta di CO2 o di calce e talvolta piccole quantità di acqua di mare. Per i sistemi di dissalazione che utilizzano acqua di mare, è possibile trovarsi in presenza di proliferazioni vegetali, come alghe, o piccoli molluschi, crostacei od altri animali marini. Questo è evidentemente molto nocivo per le canalizzazioni e per gli scambiatori di calore. In tale contesto è quasi sempre necessario un trattamento preliminare mediante iniezione di prodotti a base di cloro. L’ iniezione deve essere effettuata ad intervalli aleatori (anziché ad intervalli costanti) al fine di evitare l’assuefazione oraria dei micro-organismi che si richiudono o si isolano se il processo di iniezione è ciclico. Gli imperativi di pre-trattamento specifici ai vari sistemi di dissalazione sono esaminati di seguito.

I SISTEMI DI DISSALAZIONE I differenti sistemi di dissalazione possono essere ripartiti in tre classi: - i sistemi a processo termico per I quali l’energia di processo è il vapore: • Msf ( multi-stage flash); • Med ( multi-effect distillation); • Med+Tc (multi-effect distillation + thermo-compression). - I sistemi elettrici per i quali l’energia di processo generativa è l’elettricità: • Ro ( reverse osmosis); • Vcd (vapor - compression - distillation); 2

Le raccomandazioni dell’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) sulle norme da rispettare sono: cloro (Cl) 200 mg/l, magnesio (Mg) 50 mg/l, calcio (Ca) 75 mg/l, solfati (SO4) 150 mg/l, materie solide totali: 500 mg/l

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Processi termici Msf (Multi- Stage Flash) Med (Multi- Effect Distillation) Med-Tc (Multi-Effect Distillation+Thermo-Compression) Ve-Cd (Vapor Ejecto-Compression Distillation)

• Ed (electrodialysis). - I sistemi combinati per i quali l’energia primaria sono il vapore e/o l’elettricità in funzione dell’ energia resa disponibile dai cicli a monte, ad esempio: • Med/Vcd (multi effect distillation + vapor-compression-distillation). I sistemi sopra riassunti possono essere associati ad unità di generazione elettrica con differenti schemi atti a massimizzare i rendimenti, per esempio: • cicli combinati + unità di dissalazione; • gruppi diesel + unità di dissalazione; • caldaie con turbine a vapore + unità di dissalazione. La selezione del ciclo ottimale è evidentemente il risultato di un’analisi in dettaglio dei cicli operativi nonché delle caratteristiche dell’acqua da trattare (salinità, temperatura ecc.) e dei fabbisogni di energia elettrica. La ricerca delle migliori combinazioni tra potenza elettrica (e la sua evoluzione oraria e stagionale) e la capacità giornaliera di dissalazione dovrebbe essere normalmente definita mediante calcoli di simulazione, il più dettagliati possibile. Quanto precede è estremamente importante perché mentre è possibile disporre di una riserva d’acqua con opportuni serbatoi di accumulo, per quanto riguarda l’energia elettrica è sempre necessario far fronte a una domanda di energia (carico) istantanea. In pratica, poiché I fabbisogni giornalieri d’acqua di un determinato ciclo stagionale sono pressoché costanti, la necessità di minimizzare I costi di produzione porta a selezionare schemi

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Figura 1 - Schema di principio di un ciclo Msf

che permettano di massimizzare il rendimento energetico di ambedue i sistemi in presenza. Questo parametro ben raramente conduce alla realizzazione di uno schema ottimale quanto i due sistemi sono operazionalmente disassociati. L’ottimizzazione di un sistema combinato (cioè la produzione di energia elettrica associata con la dissalazione) deve essere realizzata prendendo in considerazione un’adeguata flessibilità dei differenti cicli di funzionamento, assicurando un buon livello di indipendenza tra produzione di energia elettrica e produzione di acqua. In presenza di un impianto di cogenerazione di questo tipo possono essere considerate differenti ipotesi: • accumulare una parte dell’acqua prodotta in eccedenza nelle ore di massima domanda elettrica. Ciò è realizzabile solo a livello giornaliero (o in casi abbastanza rari per periodi al massimo settimanali); • prevedere degli schemi a ciclo misto in grado di massimizzare i vantaggi dei cicli cogenerativi (ed in ogni caso atti a far fronte ad un rapporto non ottimale di produzione di acqua/elettricità). Gli schemi possibili per la dissalazione sono le differenti combinazioni tra processi elettrici e processi termici. Il vantaggio essenziale degli schemi misti è la capacità di poter facilmente ottimizzare i rapporti energia elettrica/energia termica della centrale in funzione dei differenti imperativi di gestione. È evidente che la ricerca dei più bassi costi di produzione impone di effettuare analisi tecnico-economiche complesse che devono integrare le specificità locali, i profili di produzione, gli investimenti, le capacità di accumulo d’acqua, il costo dell’energia (gas, combustibile liquido ecc.), così come gli investimenti della coppia acqua/elettricità. Queste analisi sono abbastanza complesse ed in troppi casi vengono limitate alla sola massimizzazione dei rendimenti energetici per due o tre condizioni di funzionamento. Può essere interessante ricordare che i più efficienti sistemi cogenerativi con dissalamento a cicli termici

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sono quasi sempre quelli che presentano un rapporto P/WR (Power/Water ratio) molto alto tra produzione d’acqua e di elettricità, fattore che porta inevitabilmente ad una degradazione del rendimento energetico durante i periodi di ridotta domanda di energia elettrica. Tale degrado è relativamente importante per i sistemi di dissalazione con turbine a vapore, quando si è costretti a bypassare parzialmente le turbine a vapore, penalizzando il rendimento del sistema. Ciò è particolarmente grave in presenza di elevati costi del combustibile di alimentazione. Per tale ragione sono stati recentemente sviluppati dei sistemi di dissalazione di tipo combinato (termico/elettrico) funzionanti con vapore di alimentazione a bassa pressione (0,8 - 1 kg/cm2) per i periodi di forte domanda elettrica, e media pressione (14 20 kg/cm2) quando la domanda elettrica si riduce (schemi Med2P oppure Med-2P+Vc). Fino ad una ventina di anni fa, gli impianti di dissalazione associati alle unità di generazione elettrica erano rarissimi, e ciò probabilmente per diverse ragioni quali: • la volontà di separazione gestionale e/o patrimoniale tra produzione di energia elettrica e produzione di acqua dolce; • un’insufficiente visione dei vantaggi economici e gestionali conseguenti all’integrazione o, meglio ancora, ad un reale processo di cogenerazione atto a minimizzare i consumi di combustibile; • i costi relativamente bassi dell’energia primaria (gas, petrolio ecc.). L’ incremento dei costi dell’energia primaria è stato quindi all’origine di una sostanziale revisione concettuale che ha portato allo sviluppo di sistemi combinati con notevoli economie di energia ed importante riduzione nelle emissioni di gas ad effetto serra.

SELEZIONE DEI SISTEMI DI DISSALAMENTO IN FUNZIONE DELLA SALINITÀ DELL’ACQUA La scelta degli schemi di processo è usualmente funzione di due parametri fondamentali: • la salinità dell’acqua da trattare (mg/l); CDA • n. 10 novembre 2006 • www.reedbusiness.it

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Figura 2 - Schema di principio di un ciclo Med

• il volume dell’acqua dissalata da produrre nella giornata (m3/d). In funzione della salinità dell’acqua conviene innanzitutto selezionare il ciclo più efficace, (vedi esempio riportato in tab. 1). In ogni caso l’acqua che alimenta un sistema di dissalazione deve essere sempre pre-trattata mediante dispositivi di filtrazione e separazione atti a trattenere le particelle solide in sospensione. A tale scopo è necessario prevedere dei bacini di decantazione adeguatamente dimensionati. Per evitare qualsiasi proliferazione biologica, l’acqua di alimentazione deve inoltre essere sterilizzata con cloro, mentre con sistemi di dissalazione a processo termico è anche necessario prevedere l’aggiunta di prodotti atti a limitare le incrostazioni sulle superfici degli scambiatori. Infine, per quanto riguarda il discarico in mare della salamoia concentrata, è ovvia la necessità-imperativo di evitare qualsiasi riciclaggio (o miscelazione) con l’acqua di alimentazione e/o generare delle concentrazioni che possano influire negativamente sull’habitat marino.

I DIFFERENTI PROCESSI DI DISSALAZIONE Schema Msf (Multi-stage flash). Trattasi senza dubbio del sistema più diffuso poiché rappresenta circa il 45% di tutte le capacita di produzione di acqua dolce operative nel mondo. Si noti peraltro che sino a circa sei anni fa prima della disponibilità di sistemi Med di grande capacità, questo schema assicurava più del 50% dei fabbisogni. Il principale vantaggio del sistema Msf (e Med) consiste nel fatto che la qualità dell’acqua da trattare non ha nessuna conseguenza sui consumi energetici e che l’acqua prodotta è chimicamente pura. I sistemi Msf sono disponibili da più di 40 anni. La particolarità di questo sistema è la possibilità di realizzare dei moduli di dissaCDA • n. 10 novembre 2006 • www.reedbusiness.it

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Tabella 1 - Il ciclo più efficace Salinità dell’acqua

Sistema utilizzabile

400 / 3.000 mg/l

Ed (elettrodialisi)

150 / 60.000 mg/l

Ro (osmosi inversa)

20.000 / 110.000 mg/l

Distillazione (Msf, Med, Vcd )

lazione di taglia unitaria molto importante (fino a circa 65.000 - 75.000 m 3/giorno). Ciò riduce gli investimenti ma penalizza evidentemente la produzione d’acqua durante i periodi di manutenzione. Nei confronti di un altro sistema a processo termico quale lo schema Med (descritto di seguito), il principio Msf presenta due fattori penalizzanti: • necessità di utilizzare una pompa di ricircolo della salamoia, sistema che aumenta sensibilmente il consumo di energia elettrica necessaria per il processo; • l’acqua salata circola in tubi sotto pressione, condizione che in caso di perdita può contaminare l’acqua distillata, raccolta nei bacini di recupero dopo la fase di condensazione. Per definizione un sistema Msf, come rappresentato nello schema della fig. 1, è articolato su un certo numero di cellule: l’acqua da distillare è riscaldata nei condensatori dei differenti moduli ed è in seguito di nuovo riscaldata in uno scambiatore, ad una temperatura generalmente compresa fra 75°C e 115°C. Dopo il riscaldamento l’acqua salata entra nella prima cellula di distillazione per passare poi da modulo in modulo, per effetto del differenziale di pressione esistente tra il primo e l’ultimo elemento del sistema, analogamente all’acqua di distillazione che si trasferisce da un modulo all’altro raffreddandosi.

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Figura 3 - Schema di principio di un modulo Med e di un modulo Msf

Il fluido di riscaldamento assicura allora l’apporto termico per l’acqua da dissalare fino al livello di temperatura richiesto dal processo. Così per dell’acqua salata ad una temperatura data, il consumo specifico di energia termica (vapore, acqua surriscaldata ecc.) è funzione del numero di stadi del sistema nonché dalle superfici di scambio. In generale la quantità di acqua dolce prodotta è pari a circa il 10 - 11% del volume dell’acqua salata che alimenta il sistema. L’acqua salata di alimentazione deve evidentemente essere pretrattata al fine di evitare le incrostazioni sulle superfici di scambio termico. Per limitare questa situazione è d’uso prevedere un ricircolo della salamoia, cosa che richiede l’utilizzo di una pompa specifica che incrementa i consumi di energia elettrica. La totalità dell’energia termica che alimenta lo scambiatore di calore è a fine processo evacuata verso una sorgente fredda, cioè il mare, facendo attenzione a qualsiasi fenomeno di ricircolo verso la presa d’acqua. I costi di investimento di questi sistemi variano evidentemente in funzione della taglia e delle caratteristiche dell’acqua da trattare e sono attualmente compresi tra 1.000 $ e 1.900 $ per m3/giorno di acqua dolce prodotta. Il consumo medio di energia elettrica per il pompaggio dell’acqua interna al sistema (con esclusione della presa dell’acqua di mare) è generalmente dell’ordine di 4 - 6 kWh/ m3 di acqua dolce prodotta. Questi indici di consumo elettrico possono variare considerevolmente in funzione delle caratteristiche specifiche al sito, nonché della taglia, dello schema e delle soluzioni tecniche previste. Relativamente al consumo di energia termica, il rapporto medio di capacità (P.R.) fra la massa del vapore di processo (1,8 - 3 kg/cm2) e l’acqua distillata é dell’ordine di 1 a 8 o 9 in funzione delle caratteristiche del sistema. Ciò significa che con una tonnellata di vapore è possibile pro-

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durre 8 - 9 tonnellate di acqua distillata. Generalmente valori più bassi di P.R. penalizzano il consumo di vapore, mentre valori pi alti riducono i consumi energetici a scapito dei costi di investimento.

Schema Med (Multi-Effect Distillation) Questo schema è senza dubbio uno dei processi termici più efficaci per sistemi di media ed alta capacità. Il principio di funzionamento rappresentato nella figura 2. È relativamente semplice: il processo Med consiste nel far vaporizzare l’acqua salata in un involucro sotto vuoto parziale, in modo da assicurare una evaporazione a bassa temperatura e successivamente a condensare l’acqua così distillata. Analogamente ad un processo Mfs, per avviare di questo sistema è possibile utilizzare energia termica a bassa temperatura quale ad esempio il vapore spillato dalla zona a bassa pressione di una turbina. Poiché la temperatura di evaporazione dell’acqua è in funzione del livello di pressione esistente (vuoto) nella camera di evaporazione, è possibile, disponendo di valori di pressione decrescenti, sfruttare un processo a temperature sempre più basse e realizzare quindi un’evaporazione quasi identica per ogni modulo. Mediante camere in serie aventi ciascuna una pressione sempre più ridotta, diventa poi possibile vaporizzare l’acqua sfruttando una sorgente di calore ad entalpia decrescente. Tuttavia conviene tener presente che il numero delle cellule ( o effetti) è limitato dalla temperatura massima dell’acqua di mare utilizzata nella prima cellula, ciò in quanto i vari trattamenti antiincrostazione non sono efficaci al di là di 110°C - 120°C. La temperatura dell’acqua di mare che alimenta il sistema dipende evidentemente dall’ubicazione degli impianti. A titolo di esempio, in certe regioni costiere del Golfo Persico la temperatura dell’acqua di mare raggiunge 36°C - 38°C, valori che penaCDA • n. 10 novembre 2006 • www.reedbusiness.it

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lizzano considerevolmente il processo di vaporizzazione sopra descritto. Infine, ogni cellula (o effetto) di una unità Med è utilizzata come condensatore del vapore d’ acqua generato nel sistema che lo precede. Il vapore generato nell’ultima cellula è condensato nel condensatore finale. Il principale interesse di un sistema Med risiede nel fatto che l’acqua distillata circola sotto pressione nei tubi all’interno delle cellule e che, per conseguenza, qualsiasi perdita di acqua gia distillata (che è sotto pressione) non provoca contaminazioni. Il solo inconveniente in caso di perdite è la penalizzazione del volume di acqua distillata utile. Un’ altro vantaggio di un sistema Med è il suo minor consumo di energia elettrica, normalmente compreso tra 2,5 e 4 kWh/m3 di acqua distillata prodotta. Il minor fabbisogno di energia elettrica dei sistemi dei sistemi Med è conseguente al fatto che questo schema di processo non richiede l’impiego di pompe di ricircolo della salamoia come nel caso di un sistema Msf. Il sistema Med ha inoltre il vantaggio di poter assicurare un rapporto di capacità (Pr, o Performance Ratio) ben superiore a quelli economicamente realizzabili con un processo Msf. In effetti un sistema Med può raggiungere anche dei valori Pr dell’ordine di 14 a 16, vale a dire che con una tonnellata di vapore è possibile produrre fino a 14 / 16 tonnellate di acqua distillata, mentre il massimo valore pratico per un ciclo Msf non supera un valore di 10. Un ulteriore specificità di un ciclo Med è rappresentata dal fatto che questi sistemi possono essere previsti per utilizzare una termo-compressione anche in regime discontinuo, fatto questo, che permette di utilizzare un ciclo con migliori condizioni operative. Si nota inoltre che i sistemi Med possono operare anche con pressioni di vapore molto basse (1 kg/cm2 o meno): ciò migliora il rendimento energetico quanto l’unità Med è associata ad un ciclo combinato poiché ciò permette di utilizzare il vapore per generare più energia mediante la turbina monte del sistema. La figura 3 permette un semplice confronto tra lo schema di un modulo di processo Med rispetto ad un modulo Msf. I costi di investimento di questi sistemi sono dell’ordine di 900 $ a 1.500 $ per m3/giorno di acqua prodotta e la taglia unitaria massima di ogni modulo è attualmente dell’ordine di 25.000 a 35.000 m3/giorno. Capacità unitarie superiori sono prevedibili nel prossimo futuro, pur presentando inconvenienti dovuti a “shut-off” ciclici, come per i sistemi Msf. I sistemi Med potrebbero essere migliorati mediante l’aggiunta di impianti di nano-filtrazione dell’acqua di alimentazione: que3

Simile ad un processo ad osmosi inversa (RO), la nano-filtrazione (NF) è caratterizzata da membrane atte a rigettare oltre il 90% degli ioni di calcio, magnesio e solfati vari. La tecnologia della nano-filtrazione ha fatto da anni le sue prove soprattutto sulle piattaforme “off-shore” di produzione petrolifera, limitando considerevolmente la formazione di incrostazioni e riducendo così l’uso di acidi che provocano un effetto negativo sulle parti metalliche di varia natura nonché sull’ambiente.

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sti permetterebbero di ridurre sensibilmente le incrostazioni sulle tubazioni di scambio termico e quindi la superficie necessaria per gli stessi, con conseguenti economie di investimento. L’utilizzo di sistemi complementari di nano-filtrazione (Nf ), anche se sembra molto interessante, è al momento limitato a causa dei maggiori costi di investimento iniziale3. I sistemi Med sono attualmente disponibili anche con dispositivi di alimentazione di vapore a doppia pressione (esempio: bassa pressione 0,8 a 2 kg/cm2 e media pressione, 14 a 20 kg/cm2). Con questi dispositivi diventa possibile ottimizzare i cicli energetici poiché quando la domanda di energia elettrica è al massimo, l’unità Med può essere alimentata con vapore a bassissima pressione, massimizzando in conseguenza la produzione di energia elettrica generata dalla turbina a vapore. Quando invece la domanda di energia cala, il sistema Med a due livelli di pressione viene allora alimentato con vapore a più alta pressione con una conseguente economia energetica, poiché il consumo viene ridotto del 30 - 35% (grazie alla riduzione della massa di vapore da generare). Piero D. Lessieur

In un prossimo articolo si parlerà dei sistemi Vcd (Vapor Compression Distillation) elettrici, dei sistemi Vcd a ejecto-compressione, sistemi a elettrodialisi ed osmosi inversa (Ro), dell’elettrodialisi, dell’osmosi inversa, delle membrane dei sistemi Ro, del pre-trattamento dell’acqua di alimentazione e dei sistemi ibridi

RIFERIMENTI - P. Lessieur, “Le projet Taweelah: Augmentation de la puissance ed reduction des emissions d’ une centrale electrique et de dessalement” (Convegno degli utilizzatori di energia, Parigi, 2001). - P.Lessieur, “Generalites sur les differents procedes de dessalement d’eau de mer” (Villiers le Mahieu, 2001). - P.Lessieur, “The prospects for more private investors-led desalination power projects in the Middle East” (Middle East Gas and Energy Forum, Dubai, 2003). - P. Lessieur, “Taweelah A1: a project with five-fold increase in power capacity, while reducing emissions” (World Gas Conference, Tokio, 2003). - Unep map “Assessment of the seawater desalination activities in the mediterranean region and environmental impact” (2002). - L. Awerbuch, “Desalination and power developments: confronting the water challenge in the new millenium” (Gulf and North Africa Project Finance and Privatization Conference, Limassol, Cyprus, 2001), “Seawater and brackish water desalination in the Middle East, North Africa and Central Asia” (Dhv Water Bv and Brl Ingenierie: report for the World Bank, dicembre 2004). - “Unep Guideline for the environmental sound management of seawater desalination plants in the mediterranean region”. - Rapporto del “Bureau de Recherches Geologiques et Minieres” (Geosciences, settembre 2005). - “Production d’eau douce per dessalement”, Sidem, Paris.

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Igiene e sistemi di ventilazione Stato dell’arte e definizione di un piano di indagini sperimentali Nell’articolo si descrivono le fasi di una ricerca in atto per la conduzione di indagini di campo in edifici residenziali inseriti in contesti fortemente urbanizzati e inquinati e dotati di sistemi di ventilazione naturale e/o meccanica di diverso tipo, al fine di determinare la correlazione tra il tasso di ricambio dell’aria e corrispondenti ricadute per gli occupanti sotto il profilo igienico sanitario, del comfort abitativo ed energetico in situazioni reali.

di Sante Mazzacane, Valentina Raisa

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L

a qualità dell’aria esterna è già stata oggetto di studi e ricerche sin dagli anni Cinquanta, a causa dell’elevato inquinamento dei contesti urbanizzati. Le attività di monitoraggio e gli studi sulla qualità dell’aria indoor, invece, sono molto più recenti, poiché solo da poco tempo si è acquisita la consapevolezza delle cause della diffusione di patologie polmonari di diversa gravità ed origine in gran parte correlate proprio ai fenomeni di inquinamento antropico interno ed esterno che interessano l’ambiente costruito. Il settore residenziale appare in questo quadro del tutto ignorato nonostante nei paesi più industrializzati la popolazione trascorra gran parte del proprio tempo in ambienti chiusi e scarsamente aerati o con aerazione naturale, a maggior ragione se si osserva che, secondo i dati di letteratura, il particolato fine ed ultrafine, notoriamente dannoso per la salute umana, è presente in concentrazioni pressoché uguali a quelle dell’aria esterna a meno di non impiegare dispositivi di filtrazione dell’aria sugli apparati di rinnovo dell’aria esterna o su quelli di ricircolo. Oltre agli inquinanti di tipo fisico, non certo è possibile trascurare quelli di tipo chimico di derivazione indoor (attività di cucina, combustione, emissioni degli arredi ecc.) o outdoor (traffico veicolare, combustione ecc.), e quelli di tipo microbiologico (muffe, pollini, spore, agenti batterici e virali), che si sviluppano favorevolmente in contesti caratterizzati da livelli di temperatura attorno ai 20°C (batteri mesofili) e tassi di umidità relativa maggiore del 50% (tipicamente bagni, cucine e camere da letto scarsamente ventilate) e da elevata occupazione umana. L’interesse degli autori del lavoro per questo genere di indagini sperimentali è relativo alla scarsità di dati di letteratura che descrivano compiutamente e completamente l’inquinamento dell’ambiente residenziale in relazione da un lato alle sue caratteristiche di ventilazione e di occupazione e dall’altro, cosa puntualmente trascurata, al livello di contaminazione esterna. Le indagini descritte sono in grado di produrre per il futuro interessanti ricadute sotto il profilo: 1. della modellistica di generazione, diffusione, decadimento e rimozione dei diversi fenomeni di inquinamento per le diverse sorgenti emittenti; 2. di una più completa e più soddisfacente definizione del “comfort ambientale”, inteso questo non solo come set di valori fisico tecnici legati più che altro agli aspetti dello scambio termico tra corpo umano, aria ambiente e involucro dell’edificio, ma come insieme di parametri fisico-chimico-microbiologico ed olfattivi in grado di assicurare “soddisfazione” da parte degli occupanti nei confronti dell’intorno costruito. Allo scopo, si è pensato di condurre indagini di campo in alloggi campione, ventilati naturalmente o caratterizzati da diverse tipologie di sistemi di ventilazione meccanica, tutti ubicati in zone ad elevata urbanizzazione. Lo studio sviluppa quindi la finalità di monitorare l’andamento dei diversi parametri ambientali di tipo fisico, chimico, microbiologico ed olfattivo, da un lato per la verifica dei diversi livelli di comfort ottenibili nelle varie situazioni reali, e dall’altro lato per una misura sperimentale dell’efficacia e dell’efficienza dei CDA • n. 10 novembre 2006 • www.reedbusiness.it

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Figura1 a - Bocchetta di estrazione, alloggio di Parma

Figura 1 b - Dispositivo di ingresso aria igroregolabile, alloggio di Parma

sistemi di ventilazione naturale e/o meccanica, in quest’ultimo caso controllata o meno, in relazione ai diversi tassi di ricambio adottati e dei livelli occupazionali (e quindi metabolici) caratteristici. Contestualmente i dati ottenuti saranno correlati ai livelli di inquinamento dell’aria esterna.

inquinati che all’esterno. Per quanto riguarda il particolato, le concentrazioni indoor sono fortemente potenziate dalla presenza di fumatori. Hanno inoltre riscontrato che le concentrazioni di Pm10 diminuivano con l’aumentare dell’altezza del fabbricato. Questo aspetto è correlato con il fatto che la maggiore fonte di Pm10 deriva dal traffico veicolare e quindi dal livello di distanza dal terreno ed è stato accertato anche da parte di altri autori (Morawska et al, 2001). Nel 2000 Jones ed altri hanno valutato il rapporto tra concentrazione di particolato interna ed esterna per tre categorie di edifici: edifici a ridosso di arterie trafficate, appartamenti in zone urbane ed abitazioni in zone rurali. Il rapporto è sempre risultato maggiore all’unità e fortemente influenzato dalle attività svolte all’interno degli ambienti. È stato verificato che la presenza di persone e le attività di carattere domestico solitamente favoriscono la risospensione di particolato di dimensioni maggiori a 2,5 mm. La produzione interna di particolato più fine è dovuta ad attività di cottura o al fumo di sigaretta. Anche Morawska ed altri nel 2001 hanno indagato sulla relazione tra presenza di particolato nell’ambiente interno e quello esterno a Brisbane, in Australia. Le stime sono state effettuate per situazioni di ventilazione standard e minime nelle residenze. I risultati di maggior interesse sono correlabili alla grandezza delle particelle. Infatti il rapporto tra particolato esterno ed interno è praticamente pari a uno sia quando il diametro del particolato è inferiore a 1 micron (0,78 a 1,07) sia per le Pm 2,5 (1,01 a 1,08). Gli autori hanno inoltre verificato che quasi tutti gli studi internazionali concordano nel definire un rapporto tra la concentrazione di particolato esterno/intero compreso tra lo 0,5 e 2 in assenza di fonti interne. Dal punto di vista teorico è bene ricordare che la concentrazione di particolato indoor dipende da molti fattori tra cui: la generazione nell’ambiente indoor, la concentrazione esterna, il tasso di infiltrazione, il tasso di deposizione delle particelle nell’ambien-

INQUINAMENTO DA PARTICOLATO NELLE RESIDENZE A livello internazionale sono stati promossi studi per valutare la presenza di particolato fine ed ultrafine nelle residenze per la correlata mortalità dovuta all’esposizione a questo inquinante. Elevati tassi di Pm 10 e Pm 2,5 sono sempre maggiori nelle residenze delle zone urbane per effetto del forte traffico veicolare e per l’assenza di sistemi di ventilazione. Qui di seguito viene descritto lo stato dell’arte relativo alle ricerche internazionali in questo settore. Già nel 1996, Kruger e Kraenzmer avevano verificato che per incrementare la qualità dell’aria nelle residenze ed abbattere i contaminanti una via possibile è quella di aumentare il tasso di ventilazione, meglio se con l’utilizzo di un sistema di ventilazione a doppio flusso con recupero di calore. In questa memoria gli autori non si curavano degli aspetti energetici quanto piuttosto di quelli legati al comfort e quindi il riferimento era la Iso 7730 per la valutazione del draught risk. Ekberg, nel 1996, nel valutare la relazione tra contaminanti nell’aria interna ed esterna in edifici per uffici dotati di ventilazione meccanica aveva ipotizzato di utilizzare sistemi che riducessero i tassi di ventilazione in corrispondenza di picchi di inquinamento esterno. In queste situazioni, tuttavia, aveva verificato che l’inquinamento prodotto all’interno potrebbe non essere adeguatamente rimosso. Lee ed altri nel 1999 hanno compiuto alcuni studi per comparare l’inquinamento indoor con quello esterno relativamente a valori di particolato sospeso respirabile, oltre che HCHO, SO2, NO, NO2, CO e batteri. Hanno quindi verificato che gli ambienti indoor sono molto più CDA • n. 10 novembre 2006 • www.reedbusiness.it

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Figura 2a – Sistema per il rilevamento della permeabilità dell’involucro edilizio “Permeascope”

Figura 2b – Sensore di CO2

te indoor. I risultati delle sperimentazioni di Moraswka, ottenute anche grazie all’utilizzo di uno strumento che permetteva di monitorare contemporaneamente concentrazioni di particolato indoor/outdoor, dimostrarono che in generale in assenza di fonti interne, il rapporto delle concentrazioni di particolato di diametro da 0,54 a 19,81 µm tende a 1 per situazioni di ventilazione standard, intesa dagli autori come 0,5 vol/h. Nei casi in cui le concentrazioni medie siano correlabili agli effetti per la salute i tassi di concentrazione media dell’aria esterna possono con buona approssimazione essere assunti anche per l’aria interna. Con condizioni di ventilazione inferiori non è ancora chiaro quali siano i rapporti tra inquinanti indoor ed outdoor. Seppanen e Fisk nel 2004 hanno cercato di individuare quale sia l’impatto della ventilazione sulla salute e sulla produttività degli occupanti in alloggi ed uffici. Essi hanno chiarito che l’individuazione dei corretti tassi di ventilazione può essere possibile, anche se le concentrazioni di inquinanti indoor non sono sempre note, sulla base di indagini sperimentali e ricerche epidemiologiche. È noto infatti dalla letteratura esistente che la ventilazione ha un impatto significativo almeno per quel che riguarda: malattie respiratorie trasmissibili, sintomi della sick building syndrome, produttività lavorativa, percezione della qualità dell’aria (Paq), allergie respiratorie e asma. Per l’elaborazione dei loro lavori avevano elaborato un’equazione di calcolo per individuare la ventilazione richiesta per il controllo di un inquinante relazionando i dati riferiti alla sua produzione, alla concentrazione tra interno ed esterno, ai sistemi di rimozione differenti dalla ventilazione ed all’efficienza di ventilazione. Il problema collegato all’utilizzo di questo metodo è relativo al fatto che non sono noti i tassi di alcuni inquinanti tra cui quelli del particolato fine ed ultrafine, sia nell’aria indoor che nell’aria in entrata. Gli autori precisano che gli effetti epidemiologici del particolato generato all’interno degli ambienti dipende dalla dimensione

della particella e dalla sua composizione. Le particelle di dimetro inferiore a 1 µm (inteso sempre come diametro aerodinamico) solitamente rimangono sospese nell’aria. Il particolato più dannoso di natura non biologica, è generalmente quello di piccolo diametro. Molte, e probabilmente la maggior parte, delle particelle microbiologiche sono più grandi di 1 micron ed alcune anche più grandi di 10 µm e tendono a depositarsi sulle superfici. Una maniera per ridurre la presenza di particelle indoor è quella di utilizzare sistemi filtranti; il cui impatto non è ancora stato ben documentato. I più recenti studi sul tema sono proposti da Hanninen et al. nel 2005 che chiariscono il ruolo importante dei sistemi di ventilazione meccanica nelle residenze. In assenza di Vmc il particolato presente nell’aria esterna penetra con molta facilità negli spazi confinati, ma nelle abitazioni dotate di sistemi a doppio flusso, soprattutto con filtrazione dell’aria in entrata, è stato identificato il più significativo processo di rimozione dello stesso. In assenza di filtrazione si notano comunque ripercussioni positive nell’evitare il fenomeno di deposizione. Per questi motivi il Regolamento Edilizio Nazionale Finlandese, nella sezione D2 del 2003, richiede l’impiego di sistemi di Vmc a doppio flusso con recupero di calore e dispositivo di filtrazione dell’aria in entrata nelle aree urbane. L’articolo riporta alcuni studi di Fisk risalenti al 2002 secondo le cui previsioni i livelli di Pm 2,5 ambientali potrebbero essere ridotti approssimativamente del 23, 51, 80% utilizzando filtri con classificazione Ashrae rispettivamente del 45, 65, 85% di efficienza di filtrazione così come definito nello standard 52.1 del 1992 rispetto ad una ventilazione effettuata senza filtri. Questo per un tasso di apporto di aria esterna di 1 vol/h. Le ricerche di Hanninen non hanno portato a risultati così soddisfacenti perché hanno verificato abbattimenti dei valori di particolato del solo 28% in abitazioni la cui costruzione risale al 1996/1997 con la conclusione che “with the building technology to be developed in the 21st century, significant benefits remain to be achieved”. CDA • n. 10 novembre 2006 • www.reedbusiness.it

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DEFINIZIONE DEI VALORI LIMITE DEGLI INQUINANTI NEGLI AMBIENTI INDOOR E ASPETTI EPIDEMIOLOGICI Nel 1996, il Cen stabilì alcuni valori di soglia per gli ambienti residenziali, dove la permanenza può arrivare sino alle 24 ore al giorno (presenza di bambini o di persone ammalate) e valori di concentrazione interna accettabile per quegli ambienti in cui la permanenza è limitata (ad esempio le otto ore giornaliere) ed alla quale non si osservano effetti negativi sull’uomo. Sempre nel 1996, l’Ashrae definì l’aria degli ambienti interni “accettabile dalla maggior parte degli occupanti” quando, in tali ambienti, le condizioni termiche rispettano la normativa Ashrae Standard-55, il tasso di ventilazione esterna è uguale o superiore al minimo richiesto, i livelli di contaminanti interni sono sufficientemente bassi da impedire crescite batteriche. Gli studi di Fanger, contenuti nel Cr 1752 del 1998, portarono poi a definire alcune unità di misura utilizzate per la valutazione della percezione sensoriale secondo la percentuale di insoddisfatti, gli olf(1) ed i decipol (2). Questo metodo appare però carente per una valutazione del particolato negli ambienti indoor perché esso non si può basare su un concetto di “percepibilità” della qualità dell’aria. Ripercorrendo vari studi inerenti le patologie causate dagli inquinanti chimici (di Who (3), Acgih (4), Aidii (5), Acgih (6), Eca (7) ), si nota che negli ultimi anni si sono definiti alcuni agenti cancerogeni, si sono sempre più correlati sintomi sanitari con la presenza, in determinate concentrazioni, di specifici inquinanti, si sono individuate sempre più sostanze irritanti, allergizzanti, sensibilizzanti e pericolose. Dagli anni ’80, l’Acgih cominciò a classificare, in base agli studi circa la cancerogenità delle varie sostanze, i differenti inquinanti in 5 categorie (cancerogeno riconosciuto, cancerogeno sospetto, cancerogeno per l’animale, non classificabile, non sospetto) e cominciò ad utilizzare alcune sostanze anche come Indicatori Biologici di Esposizione, dai quali derivano gli Indici Biologici di Esposizione, Ibe(8).

Tabella 1 - Dati epidemiologici di alcuni inquinanti indoor CO2

Negli ultimi quindici anni, non si sono scoperte patologie particolari legate ad un in cremento della normale concentrazione CO2, tranne che una sensazione di aria stagnante ed un senso di fastidio. Perciò si utilizza normalmente la concentrazione di CO2 per valutare il livello del funzionamento degli impianti di ventilazione.

CO

Possiede un ampio spettro di effetti a seconda delle concentrazioni presenti nelll’aria: riduzione dell attenzione, della memoria e delle capacità lavorative, crisi cardiache, perdita dei sensi e morte per asfissia (Maroni et al., 1997). La formazione di CO, nella combustione, può aumentare di alcuni ordini di grandezza in tempi molto rapidi quando nell ambiente, per effetto di un insufficiente apporto di aria esterna, il contenuto di ossigeno atmosferico scende, anche solo di pochi punti percentuali, al di sotto del normale valore del 21%. Dal 1992 al 2002 non è variato il Tlv-Twa proposto (25 ppm; 29 mg/m3), ma l Acgih lo ha inserito tra gli Ibe.

NO2

Ricerche epidemiologiche hanno dimostrato che l NO2 diminuisce la funzionalità respiratoria nei bambini (probabilmente anche negli adulti) e, interagendo con altri gas, produce effetti immunodepressivi e modificazioni dell anatomia del polmone come perdita delle ciglia e dei granuli secretori, necrosi e sfaldamento dell’epitelio (Maroni et al., 1997). Esposizioni prolungate ad NO2 determinano risposte infiammatorie nei tessuti polmonari, mentre alte concentrazioni di NO2 sono causa di edema polmonare mortale. In generale, gli NOX, sono possono dar luogo a complesse reazioni, da cui si originano composti irritanti o anche cancerogeni, quali NO2, O3, derivati degli idrocarburi. Dal 1996 al 2002 l Acgih non ha proposto variazioni od integrazioni nei valori limite proposti Tlv-Twa (50 ppm; 90 mg/m3), né nella classificazione (A4: non classificabile come cancerogeno).

Composti organici volatili (Cov)

I Cov influiscono sull uomo in differenti modi, soprattutto creando odori e quindi uno stato di sgradevolezza al permanere nel locale. Essi possono essere, tuttavia, anche causa di gravi alterazioni dello stato di salute. Circa l 80% degli oltre 52 Cov classificati può aver effetti irritanti se presenti negli ambienti interni ad alte concentrazioni. In concentrazioni notevolmente superiori a quelle normalmente riscontrate negli spazi chiusi, alcuni dei Cov individuati negli ambienti interni sono responsabili di effetti sul sistema nervoso centrale. Tra i Voc più comuni negli ambienti confinati, alcuni sono cancerogeni per l essere umano, altri per gli animali. Nel 2002 l Acgih ha ridefinito la classificazione del benzene: Tlv-Twa di 0,5 ppm o 1,6 mg/m3; Tlv- Stel di 2,5 ppm o 8 mg/m3; classificazione (cancerogeno per l‘essere umano); è stato incluso negli Ibe e si è riconosciuto che può essere assorbito attraverso la cute integra. A seconda del range di concentrazione i Cov possono indurre i seguenti effetti: possibile insorgenza di sintomatologie (per livelli compresi tra 200µg/ m3- 3000µg/m3), discomfort (per livelli compresi tra 3000 - 25000µg/m3), tossicità (per valori maggiori a > 25000µg/m3) [(Mølhave, 1990)]

Particolato aerodisperso

Il particolato aerodisperso non possiede particolari caratteristiche di reattività, ma è in grado di assorbire gas e vapori sulla superficie delle particelle, il che contribuisce anche ad aumentare di un ordine di grandezza, rispetto a quella rilevata nell aria atmosferica, la concentrazione d inquinanti gassosi che possono raggiungere le zone più profonde dell apparato respiratorio. Nel 1977, si riconobbe che le particelle aereodisperse con diametro inferiore ai 5 µm sono le più pericolose per l‘essere umano, perché inalabili e possono raggiungere le zone più profonde dell’apparato respiratorio e possono contenere elementi e tossine come gli idrocarburi policiclici aromatici. L ‘Unichim1, nel 1977, dichiarò che la frazione respirabile per polveri di diametro minore di 2µm è circa il 90% di esse. Negli anni 90, si concluse che l’esposizione prolungata a particolato, anche a basse dosi (10 mg/m3) è associata all‘incremento di patologie respiratorie, tra le quali alcune mortali e cancerogene, e di patologie croniche quali bronchiti, asma, riduzione della funzionalità respiratoria (Maroni et al., 1997).

Metalli nel particolato

A seconda della concentrazione media di esposizione, il tempo e gli effetti, alcuni metalli che possono trovarsi negli ambienti interni hanno effetti tossici per l’essere umano. Per una concentrazione media di esposizione pari a 1 mg/m3 è stao riscontrato che il piombo può provocare disturbi gastrointestinali, neuromuscolari, ematologici, renali; il manganese irritazioni vie respiratorie; il mercurio effetti neurologici; il cromo ed il nichel cancro ai polmoni.

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Numero di “olf” di una fonte inquinante: numero di persone standard che provocano un tasso olfattivo dell’aria equivalente a quello della fonte considerata, ovvero che causano la stessa percentuale di insoddisfatti. (2) Decipol (dp): livello di inquinante percepito in un ambiente, dove 1 dp è la qualità dell’aria in uno spazio chiuso, ventilato da 10 l/s di aria pulita, dove vi sia una fonte puntuale di inquinamento di 1 olf. (3) World Health Organization. (4) American Conference of Governmental Indusrial Hygienist. (5) Associazione Italiana degli Igienisti Industriali. (6) American Conference of Governmental Industrial Hygienists. (7) European Concerted Action. (8) Gli indicatori possono essere le stesse sostanze chimiche, i loro metaboliti, o un cambiamento reversibile caratteristico provocato dalla sostanza chimica. La misura può essere effettuata nell’aria espirata, nelle urine, nel sangue, o in altri campioni biologici prelevati sul lavoratore esposto. A seconda dell’indicatore, del campione scelto e del periodo di prelievo, la misura fornisce indicazioni circa l’intensità dell’esposizione recente, l’esposizione media giornaliera, o l’esposizione cronica cumulativa. CDA • n. 10 novembre 2006 • www.reedbusiness.it

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(1) Ente di Normazione Tecnica Operante nel Settore Chimico

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Questi indici, tuttavia sono utilizzati per le indagini relative ad ambienti lavorativi, ma sarebbe interessante una eventuale applicazione per gli ambienti residenziali. Gli agenti inquinanti provenienti dall’ambiente esterno, immessi nell’atmosfera principalmente dagli autoveicoli e dagli impianti industriali, sono stati così raggruppati: - ossidi di carbonio (COx); - ossidi di zolfo (SOx); - ossidi di azoto (NOx); - composti organici volatili (Cov); - particolato solido totale (Pst); - microinquininanti (es.: metalli pesanti), presenti in atmosfera con concentrazioni piccolissime ma con considerevoli effetti sanitari. All’inizio degli anni ’90, in Italia, l’Aidii cominciò ad utilizzare gli stessi Tlv (9) proposti dall’Acgih per considerare, in seguito a campionamenti effettuati negli ambienti lavorativi, qualità dell’aria di tali locali “buona”, “accettabile” o “scadente”. La tabella 1 sintetizza alcuni dati epidemiologici relativi ad alcuni inquinanti indoor.

ASPETTI NORMATIVI RIGUARDANTI LA VENTILAZIONE IN AMBITO RESIDENZIALE L’Italia non possiede una normativa specifica nazionale per il controllo della qualità dell’aria negli spazi confinati. Le disposizioni relative all’Iaq sono contenute ancora nei testi dei regolamenti di igiene dei singoli comuni. Al contrario, per gli ambienti di lavoro esiste un ben preciso riferimento legislativo dato dal D.lgs 626/94, accompagnato da una serie di normative tecniche cogenti riferite ad alcuni ambienti specifici come scuole, ospedali ecc. Tuttavia questi documenti regolamentano solo il numero di ricambi d’aria esterna ed eventualmente le classi di filtrazione. Nella maggior parte dei casi appaiono datati e non annoverano riferimenti ad importanti ricerche epidemiologiche relative all’accertata sensibilità degli individui a sostanze come il radon, gli allergeni, i composti organici volatili ecc. In bibliografia si possono trovare indicazioni sullo stato dell’arte normativo nell’edilizia residenziale [Mazzacane, Raisa, 2001] risalenti al periodo precedente all’emanazione della Epbd10. Allo stato attuale, inoltre, la situazione appare critica per il fatto che non esiste un’impostazione unitaria nell’affrontare la tematica dell’Iaq in ambito residenziale. Basti pensare che, oltre ad una forte carenza di studi epidemiologici di supporto al lavoro normativo, il Dm 27 luglio 2005 (abrogato dall’otto ottobre per l’entrata in vigore del D.lgs 192 attuativo della 2002/91/CE) suggeriva un abbassamento delle portate di ventilazione a 0,25 vol/h e che le Regioni, per effetto del decreto Bassanini, hanno potere di legiferare in materia di energia. Di fatto il tasso di ventilazione sembra essere esclusivamente fissato per la finalità del risparmio energetico. In questa situazione appaiono di particolare rilievo le “Linee Guida per la tutela e la (9)

Tlv: Threshold Limit Value . Energy performance building directive.

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promozione della salute negli ambienti confinati” pubblicate nel 2001: esse non pongono valori o grandezze, ma costituiscono un documento programmatico anche per orientare il completamento degli strumenti normativi esistenti. A livello europeo gli studi del Cen Tc 156 stanno portando all’emanazione di due documenti interessanti: il Cen/Tr 14788 ed un prEn ancora non numerato. Il primo era in preparazione presso il Cen da più di un decennio ma è stato licenziato come Cen Technical Report perché non considerato in linea con le tendenze delle norme in preparazione nell’ambito Epbd. Appare un documento tuttavia interessante per la completa trattazione relativa ai sistemi di ventilazione residenziale. Il secondo, invece, è ancora allo stato embrionale, ma le intenzioni dei partecipanti ai lavori sono quelle di omologarlo alle caratteristiche della En 13779 (dedicata al settore non residenziale) facendo riferimento all’ “efficienza di ventilazione”, alla classificazione dell’aria indoor in quattro categorie (Ida 1,2,3,4) a seconda del tasso di concentrazione di alcuni inquinanti anche in rapporto alla qualità dell’aria esterna (Oda) e alla presenza di particolari inquinanti tra cui il radon. Nell’ambito delle norme di supporto all’Epbd, inoltre, è di grande interesse per i temi relativi alla presenza di inquinanti indoor e relativo monitoraggio, il WI 31, ossia il prEn 15251 “Criteria for the Indoor Environment including thermal, indoor air quality (ventilation), light and noise”. Nell’introduzione la norma specifica come il costo sociale legato ad ambienti indoor “deteriorati” è molto superiore del costo dell’energia usata negli stessi edifici ben conservati. A questi aspetti si legano indissolubilmente anche la ventilazione, il controllo della temperatura e dell’illuminazione che hanno ripercussioni sulla salute, la produttività ed il comfort. Per questo, calcoli energetici che non sono in relazione con la qualità dell’ambiente indoor, e quindi anche con la ventilazione, avrebbero, secondo la norma, poco senso. Per ulteriori approfondimenti si rimanda al testo della norma stessa. A livello internazionale emerge un caso molto interessante riferito allo sviluppo normativo in Cina. Zwang et al nel 2004 hanno presentato un lavoro completo riguardo strumenti regolamentari concepiti per effetto della rapida urbanizzazione e per la necessità di correlare l’ottenimento di idonei valori di qualità dell’aria alla causa del risparmio energetico. Anche se gli studi sul tema si sono sviluppati in Cina tardi relativamente all’Europa o agli Stati Uniti, i risultati sono di notevole interesse. Nel 1999 il ministero della Salute ha promulgato una normativa specifica sull’igiene e correlata ad alcuni specifici inquinanti tra cui: formaldeide, batteri, CO, particolato inalabile, NO, SO2. Dal 1998 al 2003, inoltre, il ministero della Salute unitamente al Sqsiqa, cioè ad un ente statale preposto alla protezione della popolazione, hanno dato vita a molti regolamenti sull’Iaq sia per le residenze che per gli uffici relativi al controllo di moltissimi inquinanti di natura chimica, fisica, biologia e radioattiva, ai tassi di ventilazione. Si noti che gli standard proposti nascono per esigenze di tutela della salute negli spazi confinati in relazione agli alti tassi di inquinamento dell’aria esterna ed alle abitudini degli occupanti (utilizzo di materiali e prodotti di arredo e di pulizia contenenti CDA • n. 10 novembre 2006 • www.reedbusiness.it

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inquinanti) prima ancora che per esigenze di risparmio energetico. In Europa, invece, i molti studi avviati non sono sfociati in un così alto numero di pubblicazioni di carattere regolamentare e soprattutto obbligatorio.

CARATTERISTICHE DELLA RICERCA IN ATTO Impostazione generale Al fine di organizzare una ricerca esaustiva per gli scopi descritti nell’introduzione si è pensato di verificare in campo le prestazioni di tre sistemi di ventilazione meccanica controllata, del tipo: 1 - a semplice flusso autoregolabile – ossia per una portata di ventilazione costante per ambiente e pari a 0,5 vol/h, realizzata per mezzo di un ventilatore a funzionamento continuo collegato alla rete di estrazione. L’immissione avviene per mezzo di ingressi aria del tipo autoregolabile (fig. 1b) installati ad infisso. 2 - A semplice flusso igroregolabile – ossia per una portata di ventilazione variabile a seconda del tasso di umidità relativa interna. La tipologia del sistema è analoga alla precedente, ma i dispositivi di ingresso dell’aria e le bocchette di estrazione sono comandate su segnale di umidità relativa secondo i parametri di Ur solitamente specificati dal produttore (ad esempio una bocchetta di estrazione igroregolabile può variare la portata da 5 a 70 m3/h per valori di Ur interna rispettivamente del 30% e del 90%. Allo stesso modo il dispositivo di ingresso dell’aria varia la portata da 5 a 30 m3/h per valori di Ur interna pari rispettivamente al 40% e 60%.). 3 - A doppio flusso con recupero di calore – ossia per una portata di ventilazione costante pari a 0,5 vol/h realizzata per mezzo di due ventilatori (uno per la mandata, uno per la ripresa) assemblati insieme ad un dispositivo di recupero di calore dell’aria espulsa. Gli alloggi verranno anche fatti operare in condizione di ventilazione naturale semplicemente disinserendo gli apparati di ventilazione meccanica. Sono state identificate, come primo target, tre località di intervento: Parma per il caso 1, Roma per il caso 2, Ferrara per il caso 3. La campagna di rilievi ha avuto inizio nel mese di febbraio 2006 in alloggi di tipo popolare, grazie alla collaborazione dell’Acer (Azienda Casa Emilia Romagna); i primi risultati sono attesi per l’estate prossima. Gli alloggi si trovano in palazzina per appartamenti di sei alloggi, disposti a due per piano. Negli appartamenti gli impianti di Vmc sono stati realizzati disponendo i dispositivi d’ingresso dell’aria nei locali a bassa produzione di inquinanti (soggiorni, camere da letto) e quelli di estrazione dell’aria viziata (fig. 1a) nei locali tecnici ossia quelli a più alta produzione di inquinanti (bagno, cucina). Il ventilatore centralizzato è stato posizionato nel sottotetto facilmente ispezionabile il cui accesso avviene dal vano scala tramite una botola posizionata all’ultimo piano. L’attività di monitoraggio, così come descritta nel paragrafo successivo, sarà tale da essere riproponibile in altri alloggi, per CDA • n. 10 novembre 2006 • www.reedbusiness.it

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Tabella 2 - Modello di raccolta dei dati Identificazione dell alloggio

01

02

03

Località

Parma

Roma

Ferrara

Zona climatica

E

D

E

Gradi Giorno

2502

1415

2326

Età dell edificio

1997

2000

2001

Piano

1 (su tre)

2 (su 5)

3 (su tre)

Superficie (m2)

50.04

80

95

Rivestimento delle superfici murarie

Da verificare

Da verificare

Da verificare

Sistema di ventilazione

Semplice flusso a portata fissa (0,5 vol/h)

Semplice flusso a portata variabile (igroregolabile)

Doppio flusso con recupero di calore

Numero degli occupanti

2

3

3

Età

Persone anziane

Giovane coppia con figlio

Adulti

Presenza di fumatori

no

no

no

Dati di inquinamento dell’aria esterna

Da rilevare

Da rilevare

Da rilevare

Presenza di doppi vetri (SI/NO)

no

si

si

Tipologia di apparecchi per la cottura dei cibi

Fornello a gas

Fornello a gas

Fornello a gas

Tipologia di riscaldamento

Caldaia autonoma di tipo C

Caldaia autonoma di tipo C

Caldaia autonoma di tipo C

Frequenza delle pulizie domestiche

quotidiana

3 volte a settimana

quotidiana

Presenza di animali domestici

no

no

no

estendere le valutazioni sulla qualità dell’aria indoor ad altre situazioni reali per differenti tipologie edilizie (morfologiche, tecnologiche e costruttive). Raccolta dei dati La raccolta dei dati si organizzerà in due fasi principali e sarà effettuata mediante l’utilizzo: 1 - di un dispositivo “Permeascope” brevettato da un’azienda francese, per la valutazione della permeabilità dei serramenti (fig. 2a); il principio di funzionamento consiste nell’estrarre l’aria dall’abitazione per valori differenti di depressione grazie ad un ventilatore collegato ad un Pc dove, tramite un software, l’operatore registra le portate estratte. L’analisi dei risultati permette di dedurre una superficie di fuga equivalente secondo la formula S=Q/(dP)0,66. Le portate estratte possono variare da 0 a 300 m3/h, mentre la depres-

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Indagine sperimentale -

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sione massima può variare da 20 a 70 Pa, posto che per valori inferiori a 20 Pa, la misura non si può effettuare. 2 - Sensori per il monitoraggio di parametri ambientali e di inquinanti per la misura: - della temperatura a bulbo secco interna ed esterna; - dell’ umidità relativa interna ed esterna; - della temperatura radiante interna; - della velocità dell’aria; - della concentrazione di particolato (mediante un contatore di particelle) interno ed esterno; - della concentrazione di anidride carbonica (fig. 2b) interna; - della presenza di odori (mediante un “naso elettronico”) al fine di determinare l’impronta olfattiva di ciascun ambiente in funzione del tasso di ricambio dell’aria, delle attività umane e del livello metabolico degli occupanti; - del livello di contaminazione microbiologica mediante campionatore attivo (Sas della Pbi) e piastre a sedimentazione; - della portata di aria in ingresso ed estrazione da ogni ambiente. Si valuterà inoltre la possibilità di utilizzare saltuariamente un gascromatografo per la misura della concentrazione di inquinanti chimici di diverso genere (CO ecc.). La prima fase della durata prevista di una giornata, sarà realizzata avendo cura di inibire il funzionamento delle prese d’aria esterna. Nella seconda fase, invece, della durata di una settimana, i rilievi saranno effettuati con l’impianto di ventilazione acceso; nella settimana successiva l’impianto di ventilazione verrà spento. Un set di sensori posizionati sulle finestre permetterà di registrare in automatico i periodi di tempo in cui i serramenti saranno aperti. Le caratteristiche base degli alloggi sono riportate nella tabella seguente (tab. 2) che individua il modello di raccolta dei dati. La tabella verrà completata includendo tutte le possibili caratteristiche degli alloggi in termini impiantistici, strutturali e relativi alle abitudini degli occupanti. Nelle fasi future la tabella sarà ampliata con l’inserimento di dati relativi ad altre località ed ad altre tipologie di appartamenti, nonché con i risultati dei monitoraggi. La stessa metodologia di rilievo dei parametri ambientali sarà ripetuta nelle quattro stagioni dell’anno per valutare le possibili

variazioni dei parametri monitorati in funzione del clima stagionale, delle condizioni di inquinamento esterno e delle condizioni d’uso dell’alloggio.

CONCLUSIONI Gli studi e le ricerche sugli inquinanti degli ambienti confinati residenziali e degli effetti di tali inquinanti sulla salute umana, sono molto scarsi e comunque piuttosto recenti e incompleti. La normativa specifica è ancora più recente (1994) per gli ambienti di lavoro, ma nulla di interessante emerge per il settore residenziale. La ricerca sperimentale in corso porterà a risultati di interesse in merito alle prestazioni dei sistemi di ventilazione meccanica controllata per il controllo di parametri ambientali e di inquinanti indoor descrittivi sia del comfort ambientale, sia degli aspetti igienico sanitari ed energetici correlati al tasso di rinnovo dell’aria esterna ed alle metodologie impiegate a tal fine. Sarà quindi possibile utilizzare i dati ottenuti per predisporre le basi di un corpo di interesse non solo ad uso progettuale, ma soprattutto per i comitati tecnici nazionali e internazionali preposti alla redazione delle nuove leggi, linee guida e raccomandazioni sull’impiego razionale dell’energia. Sarà inoltre possibile paragonare sotto il profilo igienico sanitario, del comfort ambientale e energetico le prestazioni dei sistemi di ventilazione meccanica controllata a quelle dei sistemi ventilazione naturale, questi ultimi intesi in termini di infiltrazioni attraverso i serramenti.

Sante Mazzacane*, Valentina Raisa** * Certwca, Centro Ricerche Tecnologie dell’Aria Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Ferrara, Ferrara (Italy). ** Assegnista di Ricerca del Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Ferrara Finanziamento di AldesItalia spa, Modena (Italy). Articolo tratto dagli Atti del 45° Convegno Aicarr, Milano.

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Iaq

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Dispositivi - Inverter www.webcda.it

Gli inverter nei sistemi Vrv e Vrf Efficienza energetica Il terzo articolo sull’utilizzo dell’inverter [1] [2] nei compressori frigoriferi è dedicato ai sistemi a portata di refrigerante variabile Vrv e Vrf, generalmente equipaggiati con compressori scroll. Questi sistemi si stanno diffondendo abbastanza rapidamente, ma non sono molto conosciuti. Soprattutto sono poco note le loro prestazioni, in particolare ai carichi parziali. L’articolo cerca di fornire una panoramica completa sui fattori che influiscono sulla loro efficienza energetica.

di Michele Vio

44

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L’

articolo non vuole dare un giudizio di merito sulle prestazioni dei sistemi Vrv – Vrf, né confrontarli con i sistemi idronici. L’argomento, semmai, sarà oggetto di un articolo futuro. Qui ci si limita a valutarne il comportamento a pieno carico e ai carichi parziali in funzione dei principali parametri di funzionamento. Per far ciò si sono usati i dati prestazionali di un compressore scroll di un costruttore giapponese, già utilizzato nel primo articolo della serie [1]. È ovvio che costruttori diversi possono realizzare ed installare compressori scroll con rendimenti superiori e, pertanto, i valori di Eer e Cop sono da considerarsi indicativi. Qualunque sia il compressore scroll utilizzato, l’andamento delle prestazioni ai carichi parziali rimane simile a quanto descritto in seguito. I compressori scroll, come tutti i compressori rotativi volumetrici, presentano un sostanziale peggioramento del rendimento al diminuire del numero di giri, soprattutto al di sotto della frequenza di alimentazione di 45 Hz. Di questo aspetto si è occupato il primo articolo della serie [1], cui si rimanda per gli eventuali approfondimenti.

CARATTERISTICHE DEL SISTEMA Il principio di funzionamento dei sistemi Vrv – Vrf è noto, per cui non ci sofferma più del necessario. La figura 1 mostra schematicamente un sistema Vrv – Vrf in configurazione estiva. Per ogni circuito, vi è una o più unità motocondensanti dotate di uno o più compressori scroll, almeno uno dei quali è a giri variabili, comandato da inverter. Le unità interne sono dotate di batteria di scambio termico, che funge da evaporatore, e da valvola termostatica. La regolazione della portata di refrigerante alla singola batteria viene garantita dalla valvola termostatica, mentre la regolazione del numero di giri dell’inverter viene gestita dal supervisore elettronico del sistema. Questo analizza lo stato di apertura delle valvole e comanda l’inverter in modo che la portata di refrigerante in circolazione garantisca l’esatta richiesta di potenza dell’impianto. Le tubazioni, benché installate in loco, fanno parte integrante del circuito frigorifero e ne influenzano le prestazioni. Qui vi è la differenza fondamentale con i sistemi monoblocco, con i gruppi frigoriferi per impianti idronici in particolare. Infatti la temperatura (e quindi la pressione) di aspirazione del compressore non coincide con quella di evaporazione delle unità interne, ma è nettamente più bassa, tanto di più quanto più è lunga e complessa la rete. Per l’esattezza, la pressione di aspirazione è pari alla minima pressione di evaporazione tra le unità interne meno le perdite di carico della linea frigorifera. Le unità interne sono in grado di evaporare a temperatura elevata, intorno a 8 - 10°C alle condizioni nominali. Le perdite di carico sono, però, consistenti e possono portare a temperature di aspirazione del compressore anche 15 – 20°C inferiori a quelle di evaporazione, nel caso di linee lunghe attorno ai 100 metri. La figura 2 mostra il diagramma di funzionamento a pieno carico alle condizioni nominali di un sistema Vrv – Vrf equipaggiato con R410A, nel caso di linea frigorifera lunga rispettivamente 100 metri (curva blu) e 50 metri (curva azzurra). La temperatura CDA • n. 10 novembre 2006 • www.reedbusiness.it

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Inverter

- Dispositivi www.webcda.it

Figura 1 - Sistema Vrv – Vrf in configurazione estiva

Motocondensante esterna Compressore Linea di aspirazione

Linea del liquido

A seconda del costruttore, la distribuzione può anche essere diversa (ad esempio complanare “a ragno”), ma non cambiano sostanzialmente gli ordini di grandezza delle perdite di carico. Le perdite di carico si riducono con il quadrato della portata, per cui ai carichi parziali le perdite diminuiscono rapidamente.

Unità interne con evaporatore e valvola termostatica

SISTEMI A UN COMPRESSORE: COMPORTAMENTO AI CARICHI PARZIALI

40,00 30,00

50 metri linea frigorifera

Pressure (Bar)

20,00

10,00 9,00 8,00 7,00

100 metri linea frigorifera

6,00 5,00 4,00 3,00

2,00

1,00 0,90 0,80 0,70 0,60 0,50 -60 -40 100 120

140

160

180

200

220

240

260

280

300

320

340

360

380

400

-20 420

0 440

20 460

40 480

60

80 500

100 120 520

540

Enthalpy (kJ/kg)

minima di evaporazione delle unità interne è 9,5°C, mentre la temperatura di aspirazione del compressore è rispettivamente – 6,6°C (100 metri di linea) e 0,8°C (50 metri di linea). Questi valori, ovviamente, sono indicativi, perché più che dalla lunghezza reale, dipende anche dalla lunghezza equivalente, quindi dal numero di curve, sifoni, diramazioni e altri organi in grado di produrre perdite localizzate. I valori di perdita sopra riportati sono stati calcolati sulla basa di una determinata geometria del circuito e di potenza frigorifera richiesta. Ovviamente dati diversi da quelli considerati possono portare a risultati leggermente diversi, senza tuttavia cambiare di molto la situazione. Il problema principale nel dimensionamento dei circuiti frigoriferi è quello di garantire il corretto ritorno dell’olio al compressore. Per far ciò bisogna assicurare una velocità del refrigerante nelle linee di mandata e aspirazione superiore a 3 m/s, che diventano 4 – 5 m/s nei tratti verticali della linea di aspirazione. Questa velocità limite deve essere assicurata con portata di refrigerante pari alla minima in parzializzazione. Il che significa che, a pieno carico, la velocità di transito del refrigerante alla massima portata è da 3 a 4 volte superiore alla minima consentita. Ciò spiega il motivo delle ingenti perdite di pressione (e di temperatura) alle condizioni nominali. CDA • n. 10 novembre 2006 • www.reedbusiness.it

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Figura 2 - Diagramma di funzionamento a pieno carico alle condizioni nominali di un sistema Vrv - Vrf equipaggiato con R410A, nel caso di linea frigorifera lunga rispettivamente 100 metri e 50 metri

I sistemi Vrv si comportano in modo diverso a seconda che per ogni circuito vi sia un solo compressore comandato da inverter, o più compressori, uno solo dei quali è comandato da inverter, mentre l’altro (gli altri) è a giri fissi. Se i compressori per singolo circuito sono più di uno, tutti con inverter, regolati in parallelo (tutti i compressori riducono della stessa percentuale il numero di giri), il comportamento è analogo a quello di un unico compressore. Se, invece, vi sono più compressori per singolo circuito, tutti con inverter, ma regolati in sequenza (ovvero prima riduce il numero di giri un compressore fino al minimo, mentre l’altro lavora al massimo numero di giri) i risultati sono simili al caso di due compressori, con uno solo comandato da inverter. Il comportamento del sistema ai carichi parziali viene esaminato prima per un solo compressore con una linea di lunghezza massima (100 metri). L’influenza della lunghezza delle linee viene descritta nel paragrafo successivo, così come viene descritto il comportamento di un sistema a più compressori in un paragrafo dedicato. La potenza frigorifera fornita da un compressore dipende sia dalla temperatura di aspirazione che da quella di mandata. La prima influenza di più la potenza resa, mentre la seconda influenza di più l’efficienza energetica (Eer). La temperatura di aspirazione dipende principalmente dalla percentuale di portata del refrigerante, mentre la temperatura di mandata dipende dalla temperatura dell’aria esterna. La figura 3 mostra la frequenza con cui deve essere alimentato il compressore in funzione sia della potenza richiesta che della temperatura dell’aria esterna. La frequenza di alimentazione è linearmente proporzionale al numero di giri. Quando la portata di refrigerante è massima, la temperatura di aspirazione è minima. La potenza frigorifera resa dal compressore è minima quando la temperatura dell’aria è pari alla massima di progetto (35°C). In queste condizioni il compressore deve lavorare al massimo numero di giri possibile e, quindi, deve essere alimentato a 90 Hz. Se la temperatura dell’aria rimane inalterata, ma la potenza richiesta diminuisce, il compressore deve limitare la velocità di rotazione. Poiché, però, le perdite di carico variano con il quadrato del numero di giri, la temperatura di aspirazione si alza rapidamente. Il compressore rende di più, principalmente perché aumenta la portata di massa grazie all’aumento di densità del refrigerante. Pertanto deve ridurre il numero di giri più di quanto non si riduca la potenza. Ciò spiega l’andamento non lineare delle curve di figura 3: al 75% della potenza richiesta, con 35°C di aria esterna, la frequenza di alimentazione del compressore deve essere ridotta di oltre il 40%, rispetto alla massima, per garantire un

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Dispositivi -

Inverter

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T aria = 35°C T aria = 30°C

80

T aria = 25°C

70

T aria = 20°C

60

40

20

Zona a bassa efficienza in parzializzazione

10 0

0%

25%

50% Potenza richiesta

75%

100%

1 compressore Temperatura aria (°C) 15

20

25

30

35

4,5 4,0

EER

3,5

Figura 4 - Andamento dell’efficienza energetica (Eer) in funzione della potenza richiesta e della temperatura dell’aria esterna Figura 5 - Variazione di Eer al variare della lunghezza della linea frigorifera (temperature aria secondo metodo dell’Eseer)

3,0 2,5 2,0 1,5

0%

25%

50% Potenza richiesta

100 metri

75 metri

50 metri

75%

100%

25 metri

corretto funzionamento. A parità di potenza richiesta, ma con temperatura dell’aria diminuita, la frequenza di alimentazione deve essere ancora inferiore. Oltre alla temperatura di aspirazione, si riduce anche la temperatura di condensazione, grazie alla diminuzione della temperatura dell’aria esterna, con un ulteriore aumento della potenza resa dal compressore. Come si può notare nella figura 3, il valore limite di alimentazione di 45 Hz, al di sotto della quale il rendimento del compressore decade drasticamente (cfr. articolo [1]), viene raggiunto per potenze richieste elevate. Inoltre, con basse temperature dell’aria, il valore di frequenza minima di alimentazione di 30 Hz, al di sotto della quale il compressore non può funzionare, viene raggiunto appena al di sotto del 50% della potenza richiesta. Poiché il sistema richiede comunque di funzionare anche per percentuali di potenza richiesta inferiore, è necessario attivare ulteriori sistemi di parzializzazione (by-pass, controllo della condensazione e/o evaporazione), diversi a seconda del costruttore, ma tutti caratterizzati da un’ulteriore perdita di efficienza. Tutto ciò comporta necessariamente un decadimento dell’efficienza energetica alle basse potenze, così come mostrato in figura 4. Come si vede, il valore di Eer tocca un valore massimo compreso tra il 75% ed il 50% della potenza resa, per poi decadere rapidamente. Inoltre i valori dei massimi assoluti di Eer non sono elevati, almeno non così come ci si potrebbe aspettare. Come meglio descritto di seguito, questi valori aumentano al diminuire della lunghezza delle linee frigorifere, senza però che profilo della curva di efficienza si modifichi sostanzialmente. Solo l’utilizzo di più compressori nel singolo circuito è in grado di migliorare le prestazioni al 50% ed al 25% della potenza richiesta.

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3,5 T aria = 20°C

3,0 T aria = 25°C

2,5

30

46

4,0

EER

50

4,5

Figura 6 - Rendimento dei compressori a giri variabili nel caso di un compressore singolo (curva grigia) o di due compressori, uno solo dei quali comandato da inverter (curva nera)

T aria = 30°C

2,0 T aria = 35°C

1,5 1,0

0%

25%

50% Potenza richiesta

75%

100%

70% 65% 60%

Rendimento

Potenza alimentazione (Hz)

90

Figura 3 - Frequenza di alimentazione del compressore in funzione della potenza richiesta e della temperatura dell’aria

55% 50% 45% 40% 35% 30% 25%

1

2

3 4 5 Rapporto compressione 90 Hz

60Hz

50Hz

40Hz

6

7

30Hz

Nella figura 4 è riportato anche l’andamento dell’Eer nel caso si usi per determinare l’andamento in parzializzazione il metodo dell’Eseer, che prevede il 100% della potenza a 35°C dell’aria esterna, il 75% a 30°C, il 50% a 25°C e il 25% a 20°C. D’ora in avanti, tutte le curve di efficienze energetica faranno riferimento a questo metodo.

INFLUENZA DELLA LUNGHEZZA DELLE LINEE FRIGORIFERE La lunghezza, e la complessità delle linee frigorifere influenzano le prestazioni del sistema. Più corta e meno complessa è la linea frigorifera, più la pressione di aspirazione del compressore si avvicina a quella di evaporazione minima delle unità interne. Pertanto l’efficienza energetica migliora al diminuire della lunghezza e della complessità delle linee frigorifere. La figura 5 mostra quantitativamente il miglioramento di Eer alle varie percentuali di potenza frigorifera richiesta, seguendo le curve di temperatura dell’Eseer. Come si può notare, il miglioramento varia con la potenza richiesta: è massimo al 100% e si riduce progressivamente fino ad un quasi totale annullamento al 25%. Questo perché, al ridursi della potenza richiesta, si riduce anche la portata di refrigerante. Come detto in precedenza, le perdite di carico variano con il quadrato della portata: pertanto, alle basse percentuali di potenza richiesta, la perdita di carico nelle tubazioni è molto bassa, indipendente dalla lunghezza delle linee frigorifere, mentre è molto rilevante al 100% della potenza richiesta. Se si esamina l’efficienza energetica media stagionale, le curve di figura 5 corrispondono rispettivamente a valori di Eseer pari a 3,05 con lunghezza della linea di 100 m, 3,25 (incremento CDA • n. 10 novembre 2006 • www.reedbusiness.it

17-10-2006 13:54:03


Inverter

- Dispositivi www.webcda.it

2 compressori Temperatura aria (°C) 20

25

30

35

15

100%

160% 140% 120% 100% 80% 60% 40% 20% 0% 0%

6,0 5,5 5,0 4,5 4,0 3,5 3,0 2,5 2,0 1,5

Variazione EER

EER

15

Miglioramento EER da 1 a 2 compressori Temperatura aria (°C)

0%

25%

50%

75%

75 metri

50 metri

25

25%

50%

25 metri

100 metri

75 metri

del 6,5%) con lunghezza di 75 m, 3,31 (incremento del 8,5%) con lunghezza di 50 metri, 3,39 (incremento del 11,5%) con lunghezza di 25 metri. Questi risultati sono raggiunti in condizioni ottimali, ovvero scegliendo l’unità motocondensante esterna secondo quanto descritto nel paragrafo successivo. Un surdimensionamento della potenza della motocondensante esterna può portare ad un netto peggioramento delle prestazione ai carichi parziali, così come descritto nel paragrafo dedicato a questa problematica.

CORRETTO DIMENSIONAMENTO DELLE UNITÀ MOTOCONDENSANTI Il corretto dimensionamento delle unità motocondensanti è condizione necessaria per raggiungere buone prestazioni energetiche. La lunghezza e la complessità delle tubazioni influisce fortemente sulla temperatura di aspirazione del compressore, quindi sulla potenza fornita dall’unità motocondensante. Un corretto procedimento di dimensionamento prevede come prima azione il calcolo della massima potenza per i singoli locali da climatizzare e la scelta delle unità interne più adatte. Si passa poi al calcolo della massima potenza contemporanea sia nei singoli tratti del circuito, sia quella complessiva richiesta alla/alle unità motocondensanti a servizio dell’intero circuito. Fatto questo, si procede al dimensionamento delle tubazioni, al calcolo delle loro perdite di carico e, infine, alla scelta della taglia della/delle unità motocondensanti a servizio del circuito. A parità di potenza richiesta, la taglia dell’unità motocondensante dipende molto dalla lunghezza e complessità delle linee frigorifere. Tanto per fare un esempio indicativo, una unità motocondensante che renda alle condizioni nominali 100 kW, frequenza di alimentazione a 90 Hz e con lunghezza della linea pari a 100 metri, alla stessa frequenza di alimentazione rende 128 kW con lunghezza pari a 75 metri, 139 kW, con lunghezza pari a 50 metri, e 159 kW con lunghezza pari a 25 metri. Quindi, al ridursi della lunghezza delle tubazioni, si riduce anche la taglia della/delle unità motocondensanti. Se la scelta non fosse corretta e si scegliessero motocondensanti troppo potenti, la frequenza di alimentazione dovrebbe diminuire anche alla massima potenza richiesta, con le conseguenze descritte nell’ultimo paragrafo dell’articolo.

SISTEMI A DUE O PIÙ COMPRESSORI Un netto miglioramento delle prestazioni energetiche ai carichi parziali si ottiene utilizzando più compressori nel singolo circuito, uno solo dei quali regolato da inverter. Il miglioramento è ottenuto grazie ad un più elevato rendimenCDA • n. 10 novembre 2006 • www.reedbusiness.it

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30

75%

35

100%

Potenza richiesta

Potenza richiesta 100 metri

20

50 metri

25 metri

Figura 7 - Andamento dell’Eer al variare della potenza richiesta per un sistema a due compressori (uno solo comandato da inverter) e miglioramento percentuale rispetto ad un sistema con un unico compressore

to del compressore, che lavora per più tempo con frequenze di alimentazione superiori a 45 Hz. La figura 6 mostra un confronto tra due sistemi, uno con un unico compressore (curva grigia) e uno con due compressori, dei quali uno solo regolato con inverter (curva nera). Si comincia dal sistema con un unico compressore. Quando la potenza richiesta è pari al 100%, la temperatura dell’aria esterna è 35°C e, se la lunghezza della linea è di 100 metri, il rapporto di compressione è 4,7. Il compressore lavora a 90 Hz con un rendimento pari al 59%. Quando la potenza richiesta diminuisce al 75%, se la temperatura dell’aria esterna scende a 30°C, come previsto dalla curva dell’indice Eseer, il rapporto di compressione scende a 3, sia perché si riduce la pressione di condensazione, sia perché aumenta quella di evaporazione. Il compressore, per adattarsi alla potenza richiesta, deve venire alimentato a 45 Hz. Il rendimento del compressore rimane quasi costante, salendo a 60%. Al ridursi della potenza richiesta al 50%, con temperatura dell’aria di 25°C, il rapporto di compressione scende ulteriormente. Il compressore si porta a 30 Hz, con un rendimento inferiore al 45%. Al 25% della potenza e 20°C dell’aria esterna, il compressore rimane a 30 Hz, perché non può scendere al di sotto di un minimo numero di giri, e il rendimento scende a circa il 40%. Inoltre, in queste condizioni, poiché la potenza del compressore è ancora troppo elevata, si devono attivare altri sistemi di parzializzazione aggiuntivi, che riducono ulteriormente l’efficienza. Nel caso di sistemi a due compressori, di cui uno solo alimentato da inverter, non cambiano i rapporti di compressione di funzionamento, alle varie percentuali di potenza richiesta. Cambia, invece, la tensione di alimentazione del compressore sotto inverter, quindi il suo numero di giri. Al 100% della potenza richiesta funzionano sia il compressore a giri fissi, sia il compressore sotto inverter a 90 Hz. Si supponga che il compressore a giri fissi abbia esattamente lo stesso rendimento del compressore sotto inverter. Il rendimento totale dei due compressori è 59%, esattamente come nel caso del singolo compressore. Al 75% della potenza richiesta, il compressori a giri fissi si spegne, mentre quello a giri variabili viene alimentato a 85 Hz e lavora con un rendimento del 64%, con un miglioramento di circa il 7% rispetto al caso con un unico compressore. Al 50% della potenza richiesta, il compressore viene alimentato a 45 Hz e lavora con un rendimento del 55%. Solo al 25% della potenza richiesta il compressore viene alimentato a 30 Hz e il rendimento crolla al 40%, senza però che vengano attivati ulteriori sistemi di parzializzazione. Il grafico di sinistra di figura 7 mostra l’andamento dell’Eer al variare della potenza richiesta (secondo il metodo dell’Eseer) per un sistema a due compressori. Il grafico di destra della stessa figura mostra il miglioramento in percentuale passando da un sistema con un unico compressore ad uno a più compressori uno solo dei quali comandato da inverter. Si può notare il netto miglioramento al 50% e al 25% della potenza resa. In termini di efficienza media stagionale, l’Eseer di un sistema a due compressori è maggiore di circa il 45% rispetto ad uno a singolo compressore, a parità di lunghezza della linea frigorifera.

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Dispositivi -

Inverter

www.webcda.it

1 compressore Temperatura aria (°C) 15

10

5

20

0

COP

COP

20 5,0 4,5 4,0 3,5 3,0 2,5 2,0 1,5 1,0

2 compressori Temperatura aria (°C)

0%

25%

50%

75%

100%

5,0 4,5 4,0 3,5 3,0 2,5 2,0 1,5 1,0

0%

15

25%

75 metri

50 metri

40%

40%

20%

20%

0% -20%

100%

75 metri

50 metri

25 metri

0%

-40%

-60%

-60%

-80%

-80%

25%

50%

75%

100%

Potenza richiesta 100 metri

50 metri

0%

25%

50%

75%

100%

Potenza richiesta 100 metri

FUNZIONAMENTO IN POMPA DI CALORE In un sistema ad espansione diretta, come sono i sistemi Vrv – Vrf, nel funzionamento in pompa di calore la linea di aspirazione diviene la linea di mandata con flusso invertito al suo interno. Nella stessa tubazione, quindi, mentre d’estate scorre vapore a bassa temperatura e bassa pressione, d’inverno scorre vapore ad alta temperatura ed alta pressione. A parità di diametro, le perdite di carico della tubazione diminuiscono. Di conseguenza, la lunghezza e la complessità della linea frigorifera influiscono molto meno sulle prestazioni del sistema. Entra, però, in gioco un altro fattore importante, già segnalato nell’articolo [1] citato in bibliografia: nel funzionamento in pompa di calore l’inefficienza del compressore contribuisce ad aumentare l’effetto utile. A parità di calore scambiato all’evaporatore, minore è il rendimento del compressore, maggiore è il calore fornito all’impianto. Di conseguenza, per quanto detto nell’articolo [1], cui si rimanda per ulteriori approfondimenti, in pompa di calore il compressore deve girare a un numero di giri minore rispetto al funzionamento estivo, a parità di percentuale di potenza richiesta rispetto alla massima. Infatti, il rendimento del compressore è tanto minore quanto più alto è il rapporto di compressione e minore è la tensione di alimentazione, come si deduce anche osservando la figura 6. La figura 8 mostra l’andamento del Cop in funzionamento invernale nel caso di sistemi a uno e due compressori. Le curve sono state costruite secondo le seguenti ipotesi: - è stato ipotizzato che il 100% di potenza sia richiesto con temperatura dell’aria esterna di 0°C, il 75% con 5°C, il 50% con 10°C e il 25% con 15°C;

044-049_VIO.indd 48

75%

-20%

-40%

48

0

Surdimensionamento 40% 2 compressori

Variazione EER

Variazione EER

50%

100 metri

25 metri

Surdimensionamento 40% 1 compressore

0%

5

Potenza richiesta

Potenza richiesta 100 metri

10

50 metri

Figura 8 - Andamento del Cop invernale per sistemi a uno e due compressori in funzione della lunghezza delle linee frigorifere Figura 9 - Perdite di efficienza in regime estivo dovute ad un surdimensionamento della potenza del sistema del 40%

- le unità esterne sono esattamente dimensionate per la massima potenza richiesta, senza sovradimensionamenti; - l’umidità relativa dell’aria è stata ipotizzata pari all’80% e non sono state considerate le perdite energetiche per lo sbrinamento. L’osservazione delle figure porta ad una serie di considerazioni interessanti: - le perdite di carico delle linee frigorifere influiscono meno sull’efficienza energetica rispetto al funzionamento estivo. Pertanto le prestazioni dei sistemi sono sostanzialmente indifferenti alla lunghezza e complessità delle linee frigorifere, almeno per potenze richieste inferiori al 75% della massima; - si riconferma il miglior comportamento dei sistemi a due compressori, uno solo comandato da inverter, soprattutto per percentuali di potenza richiesta inferiori al 75% della massima; - in assoluto i valori di Cop raggiunti sono abbastanza deludenti, se confrontati con i rispettivi valori in funzionamento estivo. Ad esempio, un sistema a due compressori con 50 metri di linea frigorifera raggiunge in estate valori di Eer rispettivamente di 5,65 al 50% della potenza richiesta e 5,24 al 25%. In inverno lori di Cop sono 4,55al 50% della potenza richiesta e 3,08 al 25%. Ciò conferma quanto già sottolineato e argomentato nell’articolo [1]: nel funzionamento in pompa di calore l’utilizzo dell’inverter non porta a risultati energetici particolarmente soddisfacenti perché i compressori tendono a lavorare perlopiù in condizioni di basso rendimento; - i sistemi con singolo compressore garantiscono risultati energetici scarsi.

IL PROBLEMA DEL SURDIMENSIONAMENTO DEL SISTEMA Tutti i risultati esaminati fino ad ora si basano sull’ipotesi che il dimensionamento dell’unità motocondensante esterna sia ottimale, nel senso che la massima potenza fornita sia uguale alla massima potenza richiesta, sia nel funzionamento estivo che invernale. L’ipotesi è plausibile nel caso di un sistema che funzioni in solo regime estivo, molto meno per i sistemi in pompa di calore, che debbano funzionare anche in regime invernale. Si dovrebbe verificare un perfetto “bilanciamento” delle potenze richieste in estate e in inverno, condizione raramente riscontrabile. Generalmente una delle due potenze richieste è superiore all’altra. Contribuiscono sicuramente le condizioni climatiche. Nell’Italia settentrionale la potenza termica richiesta in inverno è superiore a quella richiesta in estate. Mentre nei sistemi idronici la pompa di calore viene scelta per la potenza estiva e poi eventualmente integrata in inverno da una caldaia, nel caso di sistemi Vrv – Vrf l’intera potenza termica invernale deve essere fornita dal sistema, che può risultare sovrabbondante in funzionamento estivo. Al contrario, nell’Italia centrale e meridionale più probabilmente la potenza richiesta in estate è superiore a quella richiesta in inverno. Possono poi influire anche le condizioni di funzionamento dell’impianto. Ad esempio, in un albergo in una località di mare è più probabile un maggior utilizzo estivo che invernale. In ogni caso mediamente CDA • n. 10 novembre 2006 • www.reedbusiness.it

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Inverter

- Dispositivi www.webcda.it

10%

Surdimensionamento 40%

Variazione COP

0% -10% -20% -30% -40%

0%

25%

50%

75%

100%

Potenza richiesta 1compressore

2 compressori

è plausibile che il sistema risulti surdimensionato per una delle due stagioni di funzionamento. Un altra causa di surdimensionamento è l’errata scelta della motocondensante esterna, la cui potenza resa, come visto in precedenza, è fortemente influenzata dalla lunghezza e complessità della linea frigorifera. Il surdimensionamento porta ad una riduzione dell’efficienza energetica, perché il compressore deve lavorare a numero di giri ridotto rispetto al caso ottimale, quindi in condizioni di rendimento più basso. Gli effetti sono leggermente diversi a seconda che si tratti di funzionamento in regime estivo o in regime invernale. La figura 9 mostra le variazione di efficienza in caso di regime estivo e surdimensionamento del sistema pari al 40% (ovvero la massima potenza richiesta è di 100 kW a fronte di una potenza fornita dal sistema di 140 kW). Come si può notare, le variazioni sono influenzate anche dalla lunghezza delle tubazioni e sono maggiori quanto più corta e meno complessa è la linea frigorifera. Ciò perché la perdita incide di più, in termini percentuali, su i sistemi più efficienti. Il surdimensionamento è positivo fino ad una certa percentuale della potenza richiesta (maggiore del 80% circa per i sistemi a compressore, maggiore del 70% circa per sistemi a due compressori). Ciò non deve stupire: i compressori riducono prima il numero di giri. Come mostrato in figura 6 e spiegato abbondantemente nell’articolo [1], da 90 Hz a 60 Hz il rendimento del compressore tende a migliorare, per poi scendere nuovamente. La perdita di efficienza aumenta al diminuire della potenza richiesta, perché i compressori devono lavorare con frequenza di alimentazione di 30 Hz e inserimento degli ulteriori sistemi di parzializzazione. Il rendimento di funzionamento del compressore scende ai valori minimi. Nel funzionamento invernale, il surdimensionamento influisce in modo minore. Come mostrato in figura 10, un surdimensionamento del 40% porta ad una perdita di efficienza diversa tra sistemi a 1 o 2 compressori. La lunghezza delle linee frigorifere è ininfluente, grazie alle minori perdite di carico prodotte nel funzionamento invernale. Le perdite sono maggiori per i sistemi a un solo compressore rispetto ai sistemi a due compressori. Sostanzialmente, dal punto di vista energetico, è preferibile surdimensionare il sistema in inverno piuttosto che in estate. Purtroppo queste scelte non competono al progettista, perché la potenza massima richiesta dipende solamente dalle caratteristiche dell’edificio. Piuttosto si può agire sulla gestione dell’impianto, laddove possibile. Per un albergo sarebbe meglio che gestione delle stanze e disegno dei circuiti corrispondessero. Ad esempio, in un albergo di 120 stanze divise su due circuiti frigoriferi, ognuCDA • n. 10 novembre 2006 • www.reedbusiness.it

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Figura 10 - Perdite di efficienza in regime invernale dovute ad un surdimensionamento della potenza del sistema del 40%

no da 60 stanze, in caso di presenze del 50% rispetto alla massima capienza, sarebbe meglio riempire tutte le stanze corrispondenti ad un singolo circuito. In questo modo un circuito sarebbe totalmente fermo, mentre nell’altro tutte le stanze risulterebbero occupate e non si avrebbe surdimensionamento del sistema. Se invece le stanze fossero riempite in modo casuale, ogni circuito avrebbe la metà delle unità interne in funzione. Di fatto si avrebbe un surdimensionamento del 50% del sistema, con le conseguenze sopra descritte.

CONCLUSIONI L’accoppiamento tra inverter e compressori scroll può portare a buoni risultati energetici, purché il controllo della tensione di alimentazione sia effettuata entro limiti contenuti, in modo da mantenere sufficientemente elevato il rendimento di lavoro dei compressori. Nei sistemi Vrv – Vrf ciò non è sempre possibile, specialmente nel caso di un unico compressore. In questi sistemi l’efficienza energetica è fortemente influenzata anche dal progetto e della scelta dei vari componenti, nonché dal dimensionamento e dal disegno della linea frigorifera. Sistemi dotati di un unico compressore (o più compressori tutti regolati da inverter in parallelo) l’efficienza energetica è sufficientemente elevata solamente in particolari condizioni di funzionamento estivo, mentre tende a peggiorare rapidamente nel funzionamento in pompa di calore. Nettamente migliori sono le prestazioni dei sistemi a più compressori regolati in sequenza, sia nel funzionamento estivo che in quello invernale. In ogni caso, influiscono molto sia un eventuale surdimensionamento del sistema dovuto a differenti esigenze nel funzionamento estivo ed invernale, sia eventuali scelte gestionali. I sistemi Vrv – Vrf sono più complessi di quanto si tenda a farli apparire. Per ottimizzare le loro prestazioni energetiche, talora effettivamente elevate, è fondamentale che il progettista ed il gestore dell’impianto abbiano ben presente le dinamiche di funzionamento al variare della potenza richiesta. In caso contrario si rischia di ottenere prestazioni energetiche insufficienti, soprattutto nettamente inferiori a quanto presunto all’atto della scelta del sistema. Michele Vio Thermocold Bari

Nell’articolo di giugno sono state invertite la figura 5 con la figura 8.

BIBLIOGRAFIA [1] Michele Vio,“L’inverter nei gruppi frigoriferi. Quando è vantaggioso”, Cda, giugno 2006, n. 6/06. [2] Michele Vio, “Turbocompressori centrifughi. Quando conviene l’utilizzo degli inverter”, Cda, luglio 2006, n. 7/06.

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Risparmio energetico - Free cooling www.webcda.it

Potenzialità del free cooling Ventilazione a dislocamento e a miscelazione In questo articolo le possibilità di risparmio energetico derivanti dall’impiego della ventilazione a dislocamento in modalità di free cooling sono analizzate e confrontate con la ventilazione a miscelazione, esaminando differenti condizioni climatiche di località italiane

Visa vis

di Stefano Paolo Corgnati, Marco Filippi

L

a ventilazione a dislocamento (DV, displacement ventilation) è una strategia di ventilazione che ha raggiunto una grande popolarità in special modo nei peasi scandinavi e, più in generale nei paesi del nord Europa. Questa strategia di ventilazione non si è ancora diffusa in modo significativo nei paesi mediterranei sebbene proprio in questi paesi si richiedano modalità di raffrescamento e ventilazione sempre più efficienti al fine di contrastare i crescenti carichi termici da rimuovere dall’ambiente. Inoltre si assiste ad un sempre maggiore interesse nell’utilizzo di tecniche che ricorrano ad un uso il più ampio possibile del free cooling al posto del raffrescamento meccanico, ciò in un’ottica di “sostenibilità ambientale”. La ventilazione a dislocamento ha trovato applicazione prima in ambienti industriali in cui dovevano essere rimosse dall’ambiente sorgenti termiche e di contaminante di elevata entità. Attualmente l’applicazione di questa strategia di ventilazione si è estesa agli uffici, alle classi scolastiche, ai ristoranti, gli auditoria, ai teatri, etc. dove, tipicamente, la prima questione da affrontare è la qualità dell’aria oppure in presenza di locali di elevata altezza (sopra i 3 metri). Inoltre, la ventilazione a dislocamento risulta particolarmente efficace quando le sorgenti di contaminanti sono anche sorgenti termiche (sorgenti contaminanti calde). Una delle principali motivazioni che rendono questa tecnica apprezzata è la possibilità di conseguire contemporaneamente elevati valori di efficacia di ventilazione (ventilation effectiveness), indice legato alla distribuzione di contaminante in ambiente, e di efficacia di temperatura (temperature effectiveness), indice legato alla distribuzione di temperatura in ambiente (Nielsen, 1994). I pregi della ventilazione a dislocamento sono infatti sia la possibilità di ottenere un elevato grado di qualità dell’aria sia di adottare una strategia di rimozione dei carichi termici efficiente (Brouhs e Nielsen, 1996). A ciò si aggiunge la possibilità, come già precedentemente introdotto, di immettere l’aria di ventilazione ad una temperatura più elevata rispetto a quella dei tradizionali sistemi a miscelazione (Mv, mixing ventilation). Questo fatto fa sì che la ventilazione a dislocamento venga spesso indicata come adatta ad un utilizzo ampio del free cooling nel corso dell’anno (Skistad et al, 2002; Skistad, 2002). È bene ricordare che in ogni caso con la ventilazione a dislocamento l’aria deve essere immessa più fredda dell’aria ambiente. Conseguentemente, la Dv è inadeguata per scopi di riscaldamento: nel caso in cui si debba riscaldare il locale, la DV deve essere accoppiata con un impianto integrativo come a radiatori o a pavimento radiante (Skistad, 2002).

BASI DELLA VENTILAZIONE A DISLOCAMENTO La ventilazione a dislocamento basa il suo principio di funzionamento sulle differenze di densità dell’aria ambiente, perciò si assiste ad un naturale movimento verso l’alto dell’aria calda. Con i dislocatori tradizionali, l’aria “fresca” a bassa velocità e ad una temperatura leggermente al di sotto di quella dell’aria ambiente è immessa nel locale a livello del pavimento. L’aria “calda e contaminata” viene invece rimossa a livello del soffitto (Filippi e Corgnati, 2003).

50

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Free cooling

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La distribuzione dell’aria in ambiente è veicolata dalle sorgenti termiche presenti nel locale che, generando intorno ad esse delle correnti convettive ascensionali, richiamano l’aria ambiente circostante e la trasportano nella parte alta del locale. Quando le sorgenti termiche sono anche sorgenti di contaminanti, le correnti ascensionali (pennacchi termici) trascinano con sé nella parte alta del locale anche i contaminanti (Kofoed e Nilesen, 1990; Mundt 1992). I numerosi studi condotti sulla Dv hanno evidenziato come nel locale si possano individuare due zone ben definite: nella parte alta del locale una zona con aria calda e contaminata (con aria miscelata) e nella parte bassa del locale una zona con aria fresca e pulita (con aria termicamente stratificata). Questa seconda zona deve comprendere la zona occupata dalle persone che quindi si trovano a respirare aria fresca e pulita (Corgnati et al. 2003). L’altezza di separazione delle due zone è detta altezza del piano neutro (neutral height): essa è un parametro fondamentale nel progetto dei sistemi a displacement ventilation (Xing e Awbi, 2000). In figura 1 è illustrato qualitativamente il moto dell’aria e la distribuzione di contaminante e di temperatura in un locale con ventilazione a dislocamento.

regione con aria miscelata aria

pareti regione con aria stratificata

Figura 1 – Distribuzione dell’aria e profilo verticale della concentrazione di contaminante e della temperatura dell’aria e delle pareti in un locale con displacement ventilation

temperatura dell’aria a soffitto

PARAMETRI DI FUNZIONAMENTO PER IL FREE COOLING Nella ventilazione a dislocamento l’aria è immessa in ambiente ad una temperatura superiore rispetto a quella del caso di ventilazione a miscelazione. Il livello di temperatura di immissione dell’aria diventa confrontabile tra i due sistemi solo quando si adottano dislocatori ad “alta induzione” di nuova generazione (Skistad et al, 2002), per i quali è possibile operare con differenze di temperatura dell’aria tra estrazione e immissione fino a 8°C; questa tipologia di dislocatori non verrà considerata nei successivi confronti. In tabella 1, sono rappresentati i tipici livelli di temperatura di immissione della portata d’aria assumendo come riferimento una temperatura dell’aria nella zona occupata di 23°C. Come mostrato in tabella 1, con Mv l’aria è immessa ad una temperatura di 8°C più bassa di quella nella zona occupata e all’estrazione (in quanto in un ambiente perfettamente miscelato i valori di temperatura nella zona occupata e all’estrazione coincidono). Con Dv, adottando dislocatori tradizionali, l’aria è invece immessa ad una temperatura di 3°C più bassa di quella nella zona occupata e subisce un incremento di temperatura di 4°C all’estrazione, come risulta applicando la regola del 50% per la stima del profilo di temperatura in un locale con ventilazione a dislocamento. Infatti, come rappresentato in figura 2, sulla base del modello proposto da Skistad (1994), la relazione tra i valori di temperatura dell’aria in ambiente può essere formalizzata attraverso la relazione analitica: (1)

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temperatura di mandata dell’aria temperatura dell’aria a pavimento

Figura 2 – Gradiente verticale di temperatura: “regola del 50%”

Frequenza

Cumulativa

250

100% 90%

200

80% 70%

150

60% 50%

100

40% 30%

50

20% 10%

0

0% Temperatura esterna, (°C)

Figura 3 - Distribuzione in frequenza e frequenza cumulata dei valori orari annui di temperatura esterna per la città di Venezia

51

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Risparmio energetico -

Free cooling

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Tabella 1 - Livelli di temperatura dell’aria con Dv e Mv (temperatura della zona occupata di riferimento pari a 23°C)

Temperatura

°C

Note

Tout,dv

24

T aria estratta con Dv

Tocc,rif

23

T zona occupata di riferimento (pari a T aria estratta conMv)

Tin,max,dv = Tin,max,mv

23

T teorica massima aria immessa con Dv e Mv

Tin,min,dv (trad)

20

T minima aria immessa con Dv (dislocatori tradizionali)

Tin,min,mv

15

T minima aria immessa con Mv

Tabella 2 - Portata d’aria per persona con ventilazione a dislocamento e miscelazione (ambiente ufficio) Strategia di ventilazione

portata d’aria minima (litri/s per persona)

Note

Dv

22

per alimentare pennacchio termico (persona seduta)

Mv

11

per garantire la qualità dell’aria

Tabella 3 - Dati climatici dei siti esaminati Località

Latitudine (est Greenwich) Altezza(slm) nord

Testerna (°C) Testerna Testerna annua (°C) max annua (°C) media annua

Venezia

45°30’

12°13’

5

-5,8

33,6

13,1

Milano

45°26’

9°46’

103

-9,4

33,6

12,4

Genova

44°25’

8°51’

3

-0,6

33,2

15,2

Bologna

44°31’

11°18’

49

-9,9

34,6

10,7

Roma

41°30’

12°36’

2

-4

35,1

15,3

Cagliari

39°15’

09°03’

18

-1,2

36

16,4

Crotone

39°00’

17°15’

158

-2,2

26,4

16,3

che indica come la temperatura del pavimento Tf assuma tipicamente un valore intermedio tra la temperatura di immissione Tin e quella di estrazione Tout e che la variazione di temperatura tra soffitto e pavimento sia di tipo lineare. Questa regola è appunto detta regola del 50%: applicando l’equazione (1) e considerando come altezza di riferimento per la zona occupata un’altezza di 1,5 m da pavimento, si verifica che per una tipica altezza del locale di 3 m, il gradiente di temperatura dell’aria tra immissione e zona occupata è proprio pari a 3°C nel caso di utilizzo di dislocatori di tipo tradizionale. Sulla base di quanto esposto relativamente alle condizioni di immissione dell’aria in ambiente, risulta interessante verificare le potenzialità di free cooling con sistemi a dislocamento tradizionali e confrontarli con quelli a miscelazione. A questo proposito è importante ricordare le portate d’aria di ventilazione che è necessario movimentare con queste due dif-

(1) Con sottotemperatura (under-temperature) si intende una temperatura inferiore a quella scelta come valore di riferimento.

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ferenti strategie di ventilazione. Si prenderà in particolare come riferimento la portata d’aria necessaria per ogni persona presente nel locale (tab. 2). Nel caso di ventilazione a miscelazione la portata d’aria minima è legata alla quantità d’aria necessaria ad ottenere un adeguato livello di qualità dell’aria (per un ufficio 11 litri /s pers). Nel caso di ventilazione a dislocamento la portata d’aria minima è invece superiore: pari a 22 litri/s pers, nel caso di persona seduta e altezza del piano neutro di 1,5 m (Nielsen, 1996), essendo in questo caso stabilita non da esigenze di qualità dell’aria ma dalla necessità di alimentare adeguatamente il pennacchio termico generato dalla persona. È evidente quindi che nel caso di Dv l’impianto di ventilazione deve essere dimensionato per movimentare una portata d’aria doppia rispetto al caso di Mv (tab. 2), ma opererà con un gradiente termico tra immissione ed estrazione di progetto pari alla metà di quello con Mv (tab. 1). Il confronto tra i due sistemi di ventilazione è quindi condotto a parità di potenzialità raffrescante di progetto. In questa condizione, però, la qualità dell’aria ottenuta con Dv è decisamente superiore: infatti, la cosiddetta “regola del 30%” (Filippi e Corgnati, 2003) stabilisce che la concentrazione di contaminante nella zona occupata nel caso Dv è pari al 30% di quella nel caso Mv a parità di portata d’aria di rinnovo. Al fine di evidenziare le potenzialità e i limiti del free cooling con Dv e Mv in una specifica località, si sono rielaborati in termini di distribuzione in frequenza e frequenza cumulata i valori orari di temperatura esterna per la località in esame. Attraverso l’esame di questi diagrammi, si è potuto evidenziare il numero di ore nel quale è possibile impiegare il free cooling. In particolare sono state definite le seguenti grandezze: • Dms, Disponibilità Massima di Sottotemperatura1, definita come il numero di ore all’anno in cui la temperatura dell’aria esterna è minore o uguale alla massima temperatura dell’aria in immissione ritenuta accettabile (Testena ≤ Tin,max); • DmS, Disponibilità minima di Sottotemperatura, definita come il numero di ore all’anno in cui la temperatura dell’aria esterna è minore o uguale alla minima temperatura dell’aria in immissione ritenuta accettabile (Testena ≤ Tin,min); • DMSocc, Disponibilità Massima di Sottotemperatura durante le ore di occupazione del locale, definita come il numero di ore all’anno in cui la temperatura dell’aria esterna è minore o uguale alla massima temperatura dell’aria in immissione ritenuta accettabile (Testena ≤Tin,max nel periodo di occupazione dei locali); • DmSocc, Disponibilità minima di Sottotemperatura durante le ore di occupazione del locale, definita come il numero di ore all’anno in cui la temperatura dell’aria esterna è minore o uguale alla massima temperatura dell’aria in immissione ritenuta accettabile (Testena ≤ Tin,min nel periodo di occupazione dei locali); • DOT, Disponibilità Operativa di Temperatura per free cooling, definita come il numero di ore all’anno in cui la temperatura dell’aria esterna è compresa tra la massima e la minima temperatura dell’aria in immissione ritenuta accettabile (Tin,min ≤ Testena ≤ Tin,max) • DOTocc, Disponibilità Operativa di Temperatura per free cooling durante le ore di occupazione del locale, definita come il numero di ore all’anno in cui è compresa tra la massima e la miCDA • n. 10 novembre 2006 • www.reedbusiness.it

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Free cooling

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DMS

nima temperatura dell’aria in immissione ritenuta accettabile nel periodo di occupazione dei locali (Tin,min ≤ Testena ≤ Tin,max nel periodo di occupazione dei locali). Si è poi definita la: • Energia Raffrescante Operativa (Ero), definita come energia raffrescante annua per free cooling durante le ore di occupazione del locale (riferita ad ogni occupante a cui è associata la portata d’aria di tab. 2) ottenuta quando la temperatura dell’aria esterna è compresa tra la massima e la minima temperatura dell’aria in immissione ritenuta accettabile (Tin,min ≤ Testena ≤ Tin,max) per la specifica strategia di ventilazione (Dv e Mv). Queste grandezze sono state valutate per le località italiane scelte come oggetto di analisi.

CASI STUDIO La potenzialità di impiego del free cooling con Dv e Mv è stata investigata attraverso l’analisi delle condizioni climatiche (Test Reference Year, Try) di differenti località italiane (tab. 3). Attraverso l’elaborazione in termini di distribuzione in frequenza e frequenza cumulata dei valori orari di temperatura esterna per la località di tabella 3, sono stati determinati i valori dei parametri definiti al paragrafo precedente. Come ore di occupazione, sono state scelte quelle tipiche di un edificio ad uso ufficio (occupazione tra le ore 8 alle ore 19). In figura 3 è presentato, a titolo di esempio per la città di Venezia, la distribuzione in frequenza e la frequenza cumulata dei valori orari annui di temperatura esterna. In figura 4, 5, 6 e 7 sono presentate rispettivamente le grandezze DMS e DmS, DMSocc e DmSocc, DOT e DOTocc nel caso di sistemi DV e MV. Infine in figura 8 è presentata l’Energia Raffrescante Operativa Ero nel caso di sistemi Dv e Mv. Come si osserva in figura 4 e figura 5, la DMS assume lo stesso valore per tutti e due i sistemi investigati in quanto per questi si è fissata la stessa temperatura massima accettabile limite, pari alla temperatura della zona occupata (Tin,max, limite = Tocc, si veda tab. 1). È interessante notare che il numero di ore annuali in cui la temperatura dell’aria esterna è inferiore a questa temperatura limite è estremamente elevato per tutte le località, sempre superiore a circa 7200 ore/anno, corrispondente a circa 80% del tempo (restringendo l’esame alle ore di occupazione, il valore è sempre superiore a circa 3100 ore/anno, cioè circa 70% delle ore di occupazione). La DmS è massima nel caso Dv in quanto è con questo sistema che si lavora con la Tin,min più elevata. Si osserva che la DmS con Dv comprende almeno circa 70% delle ore annuali (questa percentuale si abbassa a 60% esaminando le sole ore di occupazione in fig. 5), mentre nel caso Mv la DmS comprende almeno circa 45% delle ore/anno (circa 40% considerando le sole ore di occupazione). Questi risultati testimoniano l’ampia possibilità di adozione di strategie di free cooling in tutte le località italiane esaminate, peraltro rappresentative di differenti situazioni climatiche dell’area mediterranea. È evidente poi che nel caso di Dv, caratterizzato da una temperatura di immissione dell’aria sensibilmente più elevata rispetto al caso Mv, si dispone di un “potenziale di aria fredda prelevata dall’esterno” estremamente ampio, come dimostra il valore elevato assunto dalla grandezza DmS. CDA • n. 10 novembre 2006 • www.reedbusiness.it

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DmS (DV)

DmS (MV)

DmS

DmS(DV)

DmS(MV

9000

100%

8000

90% 80%

7000

70%

6000

60% 5000 50% 4000 40% 3000

30%

2000

20%

1000

10%

0

0% Venezia

Milano

Genova

Bologna

Roma

Cagliari

Crotone

Figura 4 - Disponibilità Massima (DMS) e Disponibilità minime di Sotto-temperatura (DmS) con DV e MV - Numero totale di ore: 8760

DMSocc

DmSocc

DmSocc (MV)

DmSocc

DmSocc(DV)

DmSocc(MV

4500

100%

4000

90%

3500

80% 70%

3000

60% 2500 50% 2000

40%

1500

30%

1000

20%

500

10% 0%

0 Venezia

Milano

Genova

Bologna

Roma

Cagliari

Crotone

Figura 5 - Disponibilità Massima (DMSocc) e Disponibilità minime di Sotto-temperatura (DmSocc) con Dv e Mv durante le ore di occupazione del locale - Numero totale di ore: 4380

Passando poi ad esaminare i diagrammi in figura 6 e in figura 7 relativi alla DOT (e la DOTocc) emerge chiaramente come il periodo di tempo in cui la temperatura esterna si trova all’interno dell’intervallo di temperatura tipico per l’immissione dell’aria in ambiente (Tin,min ≤ Testena ≤ Tin,max) si mantiene tra 25% e 40% delle ore/anno nel caso di MV (tra 30% e 35% considerando le sole ore di occupazione). Con la Dv i valori si riducono sensibilmente e si attestano intorno a 10% (la stessa percentuale si osserva considerando le sole ore di occupazione). Questi risultati sono congruenti con il fatto che con la Mv l’intervallo di temperatura sfruttato è di ampiezza maggiore (doppia) rispetto a quello con la Dv. Questi risultati evidenziano come comunque esistano dei periodi di tempo non trascurabili in cui la temperatura dell’aria esterna si trova a temperature “potenzialmente” adatte ad una immissione diretta in ambiente. In figura 8, infine, è presentato il digramma dell’Energia Raffrescante Operativa per tutte le località in esame. Emerge chiaramente

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Free cooling

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DOT (DV)

DOT (MV)

DOT (DV)

DOT (MV)

9000

100%

8000

90%

7000

80% 70%

6000

60% 5000 50% 4000

40%

3000

30%

2000

20%

10000

10% 0%

0 Venezia

Milano

Genova

Bologna

Roma

Cagliari

Crotone

Figura 6 - Disponibilità Operative di Temperatura (DOT) con Dv e Mv - Numero totale di ore: 8760

DOT (DV)

DOT (MV)

DOT (DV)

DOT (MV)

9000

100%

8000

90%

7000

80% 70%

6000

60% 5000 50% 4000

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3000

30%

2000

20%

10000

10% 0%

0 Venezia

Milano

Genova

Bologna

Roma

Cagliari

che la Ero è sempre maggiore nel caso Mv. Nel caso Dv, la sensibile riduzione dell’intervallo di temperature d’immissione accettabili rispetto al caso Mv è infatti soltanto parzialmente compensato dall’incremento di portata: la Ero con Dv tradizionale risulta mediamente pari a 0,75 volte quella del corrispondente caso Mv. È evidente quindi che, a differenza di quanto spesso indicato nella letteratura tecnica, la Mv presenta una “predisposizione” al free cooling maggiore rispetto alla Dv, sia in termini di ore/anno compatibili con l’adozione di una strategia di free cooling sia in termini di capacità di rimozione del carico termico. Affinché la Dv divenga una soluzione migliore della Dv nella sua “predisposizione” al free cooling è necessario adottare dislocatori “ad elevata induzione” di nuova generazione che, oltre a movimentare elevate portate d’aria, sono in grado di operare con temperature di immissione del tutto confrontabili con quelle della Mv (nelle località in esame con tali sistemi la Ero risulterebbe mediamente 2,5 volte più elevata del caso Mv). È opportuno infine precisare che mentre la portata d’aria minima nel caso Mv è definita sulla base del numero di persone per ragioni di qualità dell’aria, nel caso Dv questo è solo uno dei parametri da considerare per la quantificazione della portata da immettere: infatti ogni sorgente termica presente nel locale richiede una portata d’aria da immetere in ambiente attraverso il dislocatore, al fine di alimentare il proprio pennacchio termico. A titolo di esempio, considerando una tipica configurazione di ufficio singolo con una persona seduta, un personal computer e una lampada da tavolo, con una altezza del piano neutro di 1,3 m, la portata d’aria da immettere risulterebbe pari a 43 litri /s (Filippi e Corgnati, 2003): applicando questa portata ai casi in esame la Ero con Dv tradizionale risulterebbe pari a 1,5 volte quella con Mv.

Crotone

CONCLUSIONI Figura 7 - Disponibilità Operative di Temperatura (DOTocc) durante le ore di occupazione del locale con Dv e Mv - Numero totale di ore: 4380

DV

MV

70 60 50 40 30 20 10 0

Venezia

Milano

Genova

Bologna

Roma

Cagliari

Crotone

. . Figura 8 - Energie Raffrescanti Operative (Ero) con Dv e Mv – Tocc,rif = 23°C; VDV = 20 litri/s, VMV = 11 litri/s

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La ventilazione a dislocamento è, come sancito dal proprio nome, una tecnica di ventilazione: questo quindi è il suo scopo primario, sebbene ad essa possono essere demandati anche compiti di raffrescamento, ma non compiti di riscaldamento. Il principio di funzionamento della ventilazione a dislocamento si basa infatti sull’immissione di aria, a livello del pavimento, a temperatura inferiore a quella ambiente. Lo studio condotto ha quindi riguardato l’esame delle “disponibilità” di aria esterna per il raffrescamento degli ambienti in diverse località italiane rappresentative dell’area mediterranea. L’analisi effettuata ha permesso di evidenziare una apprezzabile disponibilità di aria esterna a temperature adatte all’adozione di strategie di free cooling, sia con sistemi di ventilazione a dislocamento che a miscelazione. A differenza di quanto spesso indicato nella letteratura tecnica, lo studio condotto ha verificato che il free cooling è applicabile in modo più efficiente con la ventilazione a miscelazione, in termini sia di ore/anno disponibili per il free cooling sia di energia raffrescante, ciò grazie al più ampio intervallo di temperature di immissione dell’aria considerate accettabili, sia pur a fronte di una portata d’aria movimentata minore. Affinché la ventilazione a dislocamento divenga vincente in termini di possibilità d’impiego del free cooling rispetto alla ventilazione a miscelazione, così coCDA • n. 10 novembre 2006 • www.reedbusiness.it

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Free cooling

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In anticipo sul futuro

me alcuni autori sostengono, è evidente la necessità di adottare dislocatori “ad alta induzione” che movimentano grandi portate d’aria con temperature di immissione paragonabili a quella dei sistemi a miscelazione. A margine del confronto effettuato, i risultati ottenuti evidenziano come nel clima mediterraneo strategie di raffrescamento ibrido (free cooling integrato con raffrescamento meccanico quando necessario) possono essere adottate con successo in tutte le località esaminate, garantendo quindi una significativa riduzione del numero di ore di funzionamento all’anno dei gruppi frigoriferi e conseguentemente risparmi energetici.

Nuova Classe Compact testo 625

Misura dell’umidità nel lungo periodo Nuovo termoigrometro compatto

Stefano Paolo Corgnati, Marco Filippi Dipartimento di Energetica, Politecnico di Torino Articolo tratto dagli Atti del 45° Convegno Aicarr, Milano. I contenuti del presente lavoro sono stati anche oggetto di una precedente memoria dal titolo “Displacement ventilation in mediterranean countries: possibilities and limitations of free cooling” presentata dagli stessi autori al Convegno Climamed 2005 (Madrid, Spagna, 23-25 febbraio 2005).

BIBLIOGRAFIA - Brouhs H., Nielsen, P. V., Personal Exposure in Displacement Ventilated Rooms, Indoor Air, 1996. - Corgnati, S. P., Filippi, M., Fracastoro, G. V., Aria di Qualità – Ridurre gli effetti dei contaminanti con i sistemi di ventilazione a dislocamento, Rivista Cda, marzo 2003. - Filippi, M., Corgnati, S. P., Forze Naturali “Motrici” – Principi di funzionamento e progetto della Displacement Ventilation, Rivista Cda, febbraio 2003. - Kofoed, P., Nielsen, P. V., Thermal Plumes in Ventilated Rooms, Proc. of International Conference of Engineering Aero and Thermodynamics of Ventilated Rooms, Roomvent ’90, Oslo, 1990. - Mundt, P., Convection Flows in Rooms with Temperature Gradients - Theory and Measurements, Proc. of Third International Conference on Air Distribution in Rooms, Roomvent ’92, Copenhagen, 1992. - Nielsen, P. V., Displacement Ventilation – Theory and Design, Issn 0902-8002 U9306, Aalborg University, 1994 - Nielsen, P. V., Temperature Distribution in a Displacement Roomvent’96, Vol. 3, Yokohama, 1996 - Skistad, H., Displacement Ventilation, Research Studies Press Ldt., Somerset, 1994 - Skistad, H., Ventilazione a dislocamento in paesi a clima temperato, Cda, giugno, 2002 - Skistad, H., Mundt, E., Nielsen, P. V., Hagström, K., Railio, J., Displacement Ventilation in Non Industrial Premises, Rehva - Federation of European Heating and Air-conditioning Associations, 2002. - Xing, H. J., Awbi, H. B., The Neutral Height in a Room with Displacement Ventilation, Roomvent 2000, Vol. 2, Reading (UK), 2000.

testo 625 - Estrema versatilità grazie alla trasmissione dei dati via radio • Visualizzazione di temperatura e umidità relativa/ temperatura del bulbo umido/ punto di rugiada • Tasto Hold per bloccare e visualizzare la misura in corso • Visualizzazione dei valori min/max • Display retroilluminato • Funzione di autospegnimento • Sensore igrometrico brevettato • Stabilità nel lungo periodo garantita per 2 anni • Custodia di protezione TopSafe, contro urti e sporco • Novità Testo: sonde radio per misure senza cavi

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Antincendio www.webcda.it

Dislocazione e criteri installativi dei rivelatori di Antonio De Marco

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opo un primo articolo dedicato alla configurazione impiantistica e le caratteristiche dei componenti centrale, rivelatori, pulsanti, dispositivi di allarme ecc.) pubblicato sul numero di luglio, si analizzano la dislocazione ed i criteri di installazione dei componenti, in particolare dei rivelatori in relazione con gli impianti aeraulici. Prima di scegliere il tipo di rivelatore occorre prendere in considerazione diversi fattori: I) condizioni dell’ambiente di installazione, quali moti naturali e/o forzati, umidità, temperatura, vibrazioni, presenza di sostanze corrosive, presenza di vapori, nebbie o gas con rischio di esplosione ecc. II) Configurazione geometrica dell’ambiente ove i devono installare i rivelatori tenendo presente che in base al tipo di rivelatore bisogna rispettare alcune distanze. III) Funzioni particolari che vengono richieste al sistema (azionamento automatico della erogazione di impianti di estinzione incendio a gas, azionamento di porte e serrande tagliafuoco, diffusione sonora di messaggi di emergenza ecc.). Il numero di rivelatori e la loro posizione devono invece essere individuati in base al tipo di rivelatore, alla superficie ed altezza del locale, alle condizioni di aerazione e ventilazione del locale. I rivelatori di incendio attualmente più impiegati e qui presi in considerazione sono: - rivelatori puntiformi di calore; - rivelatori puntiformi di fumo. Le aree da proteggere devono essere suddivise in zone in modo che sia possibile localizzare rapidamente e senza incertezze il principio o il focolaio di incendio; Negli edifici multipiano ciascuna zona, comunque di superficie non superiore di 1600 mq, non può comprendere più di un piano; fanno eccezione i vani scala ed i vani di ascensori e montacarichi che, per edifici di piccole dimensioni a più piani, ciascuno può costituire zona unica e distinta. Più locali possono appartenere alla stessa zona solo se contemporaneamente si soddisfano le seguenti situazioni: 1) sono contigui e: - il loro numero è non è maggiore di 10;

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- la superficie complessiva non è maggiore di 600 mq; - gli accesi danno su medesimo disimpegno. Oppure sono contigui e: - il loro numero non è maggiore di 20; - la superficie complessiva non è maggiore di 1000 mq; - in prossimità degli accessi sono installati, in posizione ben visibili, segnalatori ottici di allarme che consentono la immediata individuazione del locale da cui proviene l’allarme. Nell’ambito delle aree sorvegliate devono essere previsti rivelatori anche nei seguenti ambienti: - locali tecnici e vano corsa di elevatori, ascensori, montacarichi; - cunicoli, cavedi, passerelle per cavi elettrici, condotti aeraulici di condizionamento, aerazione, ventilazione ecc.; - spazi di controsoffitto e sottopavimento. Per quanto riguarda questi ultimi possono non essere direttamente sorvegliati gli spazi sopra i controsoffitti o sotto i pavimenti sopraelevati che: - abbiano altezza minore di 80 cm; - abbiano superficie minore di 100 m2; - abbiano dimensioni lineari minori di 25 m; - siano totalmente rivestiti all’interno con materiale incombustibile (classe 0); - non contengano cavi che abbiano a che fare con sistemi di emergenza. I rivelatori sottopavimento o a controsoffitto, o nei cunicoli o canalette o passerelle portacavi o condotte aerauliche, devono appartenere a zone distinte. Per la scelta del tipo di rivelatore, occorre prendere in considerazione tutte le condizioni ambientali, quali: movimento dell’aria (il moto dell’aria in ambiente è generalmente turbolento e la velocità è un vettore che varia in direzione soprattutto in intensità in modo caotico anche nel caso in cui le condizioni

Tabella 1 - Altezze massime di utilizzo dei rivelatori Rivelatori di calore

h ≤ 8m

Rivelatori di fumo

h ≤ 12m

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Ap max = 60 mq

Sp max <= 80 mq Sp max > 80 mq

Ap max = 80 mq Figura 1 - Altezza del locale h ≤ 6 m, superficie a pavimento sorvegliata Sp< 80 m2 e inclinazione della falda α qualsiasi

Figura 2 - Altezza del locale h ≤ 6 m, superficie a pavimento sorvegliata Sp > 80 m2 e inclinazione della falda α qualsiasi

Ap max = 80 mq

Ap max = 60 mq

Sp qualsiasi

Sp qualsiasi

Figura 3 - Altezza del locale > 6 m, superficie a pavimento sorvegliata Sp qualsiasi e inclinazione della falda 0°< α ≤20°

farebbero pensare ad una situazione di regime permanente), umidità, temperatura, vibrazioni, presenza di vapori corrosivi o infiammabili che possono determinare miscela tonante/esplosiva, sviluppo iniziale dell’incendio, configurazione geometrica dell’ambiente ecc. Il numero di rivelatori e la loro posizione devono invece essere individuati in base al tipo di rivelatore, alla superficie ed altezza del locale, alle condizioni di aerazione e ventilazione del locale.

Tabella 2 - Distribuzione dei rivelatori di fumo in funzione dell’altezza e dell’inclinazione del soffitto e della superficie in pianta Locale sorvegliato Altezza h Superficie Sp del soffitto in pianta o copertura (m) (m2) h≤6

h>6

Inclinazione α del soffitto o copertura

Sp≤ 80

Qualsiasi

80

Sp> 80

Qualsiasi

60

Qualsiasi

0°<α≤20°

80

20°<α≤45°

100

α>45°

120

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Area a pavimento massima sorvegliata da ogni rivelatore Ap max (m2)

Figura 4 - Altezza del locale > 6 m, superficie a pavimento sorvegliata Sp qualsiasi e inclinazione della falda 20° < α ≤ 45°

Installazione di rivelatori puntiformi di calore (RC) La posizione dei rivelatori deve essere scelta in modo che la temperatura nelle loro immediate vicinanze non possa raggiungere, in condizioni normali, valori tali da dare origine a falsi allarmi. Pertanto devono essere prese in considerazione tutte le installazioni presenti che, anche transitoriamente, possono essere fonti di irraggiamento termico, di aria calda, di vapore ecc. Distribuzione dei rivelatori puntiformi di fumo ( RF ) Incidenza dell’altezza del locale: effetto fungo I rivelatori di fumo sono sensibili a nebbie, gas, vapori, aerosol. Qualora nell’ambiente di installazione siano presenti aerosol, nebbie, vapori, gas, prodotti da un ciclo di lavorazione interno al locale stesso, occorre, al fine di evitare falsi allarmi, fare molta attenzione ed eventualmente installare rivelatori di tipo diverso. Particolare attenzione deve essere posta nelle zone ove: - la velocità dell’aria è normalmente maggiore di 1 m/s; - la velocità dell’aria è occasionalmente maggiore di 5 m/s. Il numero dei rivelatori deve essere determinato in modo che non siano superati i valori di Ap max dell’area massima sorvegliata a pavimento, in funzione dell’altezza h del soffitto (o copertura), della superficie in pianta S e dell’inclinazione α del soffitto (o copertura), proprio come indicato nella tabella 2. Le figure 1, 2, 3, 4 riproducono quanto indicato in tabella. In nero è rappresentata la superficie in pianta del locale da sorvegliare e l’inclinazione della falda α, mentre in rosso sono rappresentati il volume e la corrispondente area a pavimento massima sorve-

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Falda

Figura 5 - Indicando con P un generico punto del soffitto, la distanza tra il rivelatore ed ogni punto del soffitto (o della copertura) è quella illustrata

D

Figura 6 - Traslando il piano orizzontale (fittizio) fino al pavimento, la distanza tra il rivelatore ed ogni punto del soffitto (o della copertura) può essere misurata sul pavimento stesso

Figura 7 - Nei locali con soffitto (o copertura) inclinato (a spiovente o doppio spiovente) formante un angolo > 20° con l’orizzontale si deve installare, in ogni campata, una fila di rivelatori nel piano verticale passante per la linea di colmo nella parte più alta del locale

Figura 8 - Tra i rivelatori e la superficie laterale di correnti, travi e di elementi sospesi (condotti di ventilazione, cortine) che distano meno di 15 cm dal soffitto, deve esserci una distanza di almeno 0,5 m

gliati da ogni rivelatore di fumo RF. Nell’ambito dell’area sorvegliata da ciascun rivelatore, la distanza tra questo ed ogni punto del soffitto (o della copertura) non deve essere maggiore dei valori limite specificati nella tabella 4. Detta distanza deve essere misurata in orizzontale, cioè proiettando su un piano orizzontale passante per il centro del rivela-

Tabella 3 - Distanze dei rivelatori puntiformi di fumo Superficie Sp Altezza h in pianta del locale del locale sorvegliato (m) sorvegliato (m2)

Distanza massima orizzontale del rivelatore dai punti del soffitto (m) Inclinazione α del soffitto(o copertura) rispetto all’orizzontale

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α ≤20°

20°<α≤45°

α<45°

Sp≤ 80 m2

h ≤12

6,5

7

8

Sp> 80 m2

h ≤6

6

7

9

6 < h ≤ 12

7

8

10

tore il punto del soffitto (o della copertura) considerato. Per cui indicando con P un generico punto del soffitto, la distanza di cui trattasi sarà proprio quella illustrata in figura 5. Traslando il piano orizzontale (fittizio) fino al pavimento, detta distanza può essere misurata sul pavimento stesso (fig. 6). Per i locali a soffitto (o copertura) inclinati valgono le seguenti prescrizioni: a) nei locali con soffitto (o copertura) inclinato (a spiovente o doppio spiovente) formante un angolo > 20° con l’orizzontale si deve installare, in ogni campata, una fila di rivelatori nel piano verticale passante per la linea di colmo nella parte più alta del locale (fig. 7). Tra i rivelatori e la superficie laterale di correnti, travi e di elementi sospesi (condotti di ventilazione, cortine) che distano meno di 15 cm dal soffitto, deve esserci una distanza di almeno 0,5 m (fig. 8). Tra i rivelatori di fumo ed il soffitto o copertura devono essere osservate distanze minime e massime. Tali distanze dipendono dalla forma e dall’altezza de locale sorvegliato come riportato nella tabella 4. Se, ad esempio, dovessimo installare un rivelatore di fumo in un locale alto 8,5 m il cui soffitto formi un angolo di 20° con il piano CDA • n. 10 novembre 2006 • www.reedbusiness.it

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Figura 10 - L’altezza dei rivelatori di fumo rispetto al pavimento non deve essere maggiore di 12 m Figura 9 - In un locale alto 8,5 m il cui soffitto formi un angolo di 20° con il piano orizzontale, le distanze verticali minime e massime del rivelatore dal soffitto sono rispettivamente di 30 e 50 cm

Figura 12 - Nei locali con soffitto (o copertura) a correnti o a travi in vista, i rivelatori devono essere installati all’interno dei riquadri delimitati da detti elementi, oppure sulla faccia inferiore di questi ultimi

Figura 11 - Nessuna parte di macchinario e/o impianto e l’eventuale materiale in deposito deve trovarsi a meno di 0,5 m a fianco e al disotto di ogni rivelatore

orizzontale, le distanze verticali minime e massime del rivelatore dal soffitto sono rispettivamente di 30 e 50 cm, proprio come rappresentato nella figura 9. L’altezza dei rivelatori di fumo rispetto al pavimento non deve essere maggiore di 12 m. Nei locali di altezza maggiore, adibiti a magazzino, con scaffalatura, si possono tuttavia utilizzare detti rivelatori purchè siano installati, oltre che a soffitto, anche ad altezze intermedie (fig. 10). Nessuna parte di macchinario e/o impianto e l’eventuale materiale in deposito deve trovarsi a meno di 0,5 m a fianco e al disotto di ogni rivelatore (fig. 11). Nei locali con soffitto (o copertura) a correnti o a travi in vista, i rivelatori devono essere installati all’interno dei riquadri delimitati da detti elementi, oppure sulla faccia inferiore di questi ultimi, come rappresentato in figura 12. Come già espresso per i rivelatori di calore, un soffitto è considerato piano (quindi non soggetto alle disposizioni di questo paragrafo) quando, anche in presenza di elementi o strutture sporgenti, lo spazio libero tra il soffitto e gli elementi sporgenti stessi è superiore a 15 cm (fig. 13). Installazione dei rivelatori all’interno dei riquadri: a) se i riquadri hanno superficie maggiore o uguale a 0,6 Ap max CDA • n. 10 novembre 2006 • www.reedbusiness.it

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Figura 13 - Un soffitto è considerato piano quando, anche in presenza di elementi o strutture sporgenti, lo spazio libero tra il soffitto e gli elementi sporgenti stessi è superiore a 15 cm

si deve installare almeno un rivelatore all’interno di ciascun riquadro. b) se i riquadri hanno superficie minore di 0,6 Ap max, i rivelatori devono essere installati come in tabella 5. Nei locali in cui il fumo può in certe condizioni stratificarsi a di-

Tabella 4 - Distanze minime e massime tra i rivelatori di fumo e il soffitto o copertura Altezza del locale (m)

Distanza verticale dell’elemento sensibile al fumo dal soffitto (o copertura) in funzione della sua inclinazione rispetto all’orizzontale α ≤ 15° min max cm cm

15° < α ≤ 30° min max cm cm

α > 30° min max cm cm

h≤6

3

20

20

30

30

50

6<h≤8

7

25

25

40

40

60

8<h≤10

10

30

30

50

50

70

10<h≤12

15

35

35

60

60

80

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RF

RF

Figura 14 - Nei locali in cui il fumo può in certe condizioni stratificarsi a distanza dall’intradosso del soffitto (o copertura), i rivelatori devono essere posti alternati su 2 livelli: metà a soffitto (o copertura) e metà a distanza di 1 m da quest’ultimo

Figura 15 - Se il prodotto della distanza media dei rivelatori dal pavimento per il numero di ricambi d’aria/h è maggiore di 40, è necessario installare rivelatori supplementari a diretta sorveglianza dei macchinari, limitando l’incremento dei rivelatori a soffitto a 2 volte quelli necessari in condizioni normali

Figura 16 - Qualora l’aria sia immessa nel locale attraverso soffitti a pannelli forati, devono essere chiusi tutti i fori nell’intorno di 1 m dal rivelatore

Figura 18 - Se la ripresa d’aria è fatta tramite bocchette poste nella parte alta delle pareti in vicinanza del soffitto, i rivelatori devono esser posti in modo che uno di essi si trovi in corrispondenza di ogni bocchetta di ripresa Figura 17 - I rivelatori devono essere posti il più lontano possibile dalla bocchette di mandata e di ripresa

stanza dall’intradosso del soffitto (o copertura), i rivelatori devono essere posti alternati su 2 livelli: metà a soffitto (o copertura) e metà a distanza di 1 m da quest’ultimo. Supponiamo, ad esempio, di avere un capannone alto 6-7 m con copertura leggera, in cui a causa dell’irraggiamento solare, di giorno si forma uno strato d’aria calda sotto la copertura stessa, che allontana

Tabella 5 - Installazione dei rivelatori all’interno dei riquadri con superficie minore di 0,6 Ap max

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Superficie del riquadro A

Distribuzione dei rivelatori puntiformi di calore

0,4 Ap max ≤ A < 0,6 Ap max

1 ogni 2 riquadri

0,3 Ap max ≤ A < 0,4 Ap max

1 ogni 3 riquadri

0,2 Ap max ≤ A < 0,3 Ap max

1 ogni 4 riquadri

A < 0,2 Ap max

1 ogni 5 riquadri

l’eventuale fumo dai rivelatori. È necessario pertanto che metà dei rivelatori da installare siano posizionati a distanza di 1 m dal soffitto (o copertura) stesso. Poiché, però, di notte tale stratificazione non si verifica, è necessario che l’altra metà dei rivelatori siano installati direttamente a soffitto (fig. 14).

INSTALLAZIONE DEI RIVELATORI PUNTIFORMI DI FUMO Nei locali dotati di impianti di condizionamento e di ventilazione forzata, il numero dei rivelatori di fumo installati a soffitto e/o sotto eventuali controsoffitti, deve essere opportunamente aumentato per compensare la diluizione del fumo stesso. Il numero dei rivelatori supplementari, deve essere determinato moltiplicando il numero derivante dalle caratteristiche del locale sorvegliato (altezza, inclinazione, area a pavimento, distanza tra i rivelatori ecc.) per il coefficiente indicato nella tabella 6. Supponiamo ad esempio di volere sorvegliare, tramite rivelatori puntiformi di fumo, un capannone, dotato di impianto di venCDA • n. 10 novembre 2006 • www.reedbusiness.it

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Tabella 6 - Numero dei rivelatori supplementari nei locali dotati di impianti di condizionamento e di ventilazione forzata Prodotto della distanza media dei rivelatori di fumo dal pavimento per il numero di ricambi d’aria all’ora

Coefficiente maggiorativo

< 40

3

≥ 40

2(*)

*Se il prodotto della distanza media dei rivelatori dal pavimento per il numero di ricambi d’aria/h è maggiore di 40, è necessario installare rivelatori supplementari a diretta sorveglianza dei macchinari, limitando l’intervento dei rivelatori a soffitto a due volte quelli necessari in condizioni normali.

Tabella 7 - Numero di rivelatori da installare negli spazi nascosti Spazio nascosto h≤1m

Coefficiente maggiorativo

Senza condizionamento

2

Con condizionamento

3

tilazione forzata alto 8 m con una superficie in pianta di 600 m2 (40 m x 15 m) la cui inclinazione α della copertura sia di 5°. Dalla tabella 5 risulta che Ap max = 80 m2. Pertanto al fine di sorvegliare il nostro capannone saranno necessari (600 m2 /80 m2) 8 rivelatori. Tale numero deve essere aumentato del coefficiente maggiorativo che dobbiamo adesso determinare per mezzo della tabella 6. Se il prodotto della distanza media dei rivelatori dal pavimento per il numero di ricambi d’aria/h è maggiore di 40, è necessario installare rivelatori supplementari a diretta sorveglianza dei macchinari, limitando l’incremento dei rivelatori a soffitto a 2 volte quelli necessari in condizioni normali (fig. 15). La distanza media dei rivelatori di fumo dal pavimento in questo caso sarà:

Tale valore dovrà essere moltiplicato per il numero di ricambi orari, che supponiamo sia pari a 3.

A questo punto, dalla tabella 6, è possibile ricavare il coefficiente maggiorativi cercato, che nel nostro caso è pari a 3. Il numero di rivelatori da installare nel capannone sarà pertanto, 8 x 3 =24. Qualora l’aria sia immessa nel locale attraverso soffitti a pannelli forati, devono essere chiusi tutti i fori nell’intorno di 1 m dal rivelatore (fig. 16). I rivelatori, inoltre devono essere posti il più lontano possibile dalla bocchette di mandata e di ripresa (fig. 17). Se la ripresa d’aria è fatta tramite bocchette poste nella parte CDA • n. 10 novembre 2006 • www.reedbusiness.it

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alta delle pareti in vicinanza del soffitto, i rivelatori devono esser posti in modo che uno di essi si trovi in corrispondenza di ogni bocchetta di ripresa (fig. 18). Nei locali che presentano elevate velocità dell’aria, come ad esempio: - locali Ced; - locali quadri elettrici energia e Td; - cabine elettriche; - locali Ups. gli spazi nascosti sopra i controsoffitti e sotto i pavimenti sopraelevati, se contengono cavi elettrici e/o presentano rischio di incendio, devono essere direttamente sorvegliati, qualunque sia la loro altezza e dimensione. In particolare: • se l’altezza di detti spazi è > 1 m, il numero di rivelatori necessari deve essere calcolato utilizzando i coefficienti maggiorativi della tabella 6, cioè come se si trattasse di un locale. • se l’altezza di detti spazi è < 1 m, il numero di rivelatori da installare deve essere calcolato utilizzando i coefficienti maggiorativi della tabella 7. I rivelatori puntiformi di fumo, devono anche essere posti all’interno dei canali di mandata e ripresa dell’aria, subito a ridosso dei ventilatori e cioè nelle zone ove si ha maggiore turbolenza. Se i rivelatori non sono direttamente visibili, ad esempio quando vengono installati sopra il controsoffitto o all’interno dei canali di condizionamento ecc., si deve prevedere una segnalazione luminosa in posizione visibile e in modo che possa immediatamente essere individuato il punto da cui proviene l’eventuale allarme. Antonio De Marco

BIBLIOGRAFIA - Norma Uni 9795/2005, Sistemi fissi automatici di rivelazione, di segnalazione manuale e di allarme incendio – Sistemi dotati di rivelatori puntiformi di fumo e di calore, rivelatori ottici lineari di fumo e punti di segnalazione manuali. - Norma Uni En 54-1/1998, Sistemi di rivelazione e di segnalazione di incendio – Introduzione. - Norma Uni En 54-2/1999, Sistemi di rivelazione e di segnalazione di incendio: Centrale di controllo e segnalazione. - Norma Uni En 54-3/2003, Sistemi di rivelazione e di segnalazione di incendio: Dispositivi sonori di allarme incendio. - Norma Uni En 54-4/2003, Sistemi di rivelazione e di segnalazione di incendio: Apparecchiatura di alimentazione. - Norma Uni En 54-5/2003, Sistemi di rivelazione e di segnalazione di incendio: Rivelatori di calore rivelatori puntiformi. - Norma Uni En 54-7/2003, Sistemi di rivelazione e di segnalazione di incendio: Rivelatori di fumo – Rivelatori puntiformi funzionanti secondo il principio della diffusione della luce, della trasmissione della luce o della ionizzazione. - Norma Uni En 54-10/2003, Sistemi di rivelazione e di segnalazione di incendio: Rivelatori di fiamma Rivelatori puntiformi. - Norma Uni En 54-11/2003, Sistemi di rivelazione e di segnalazione di incendio: Punti di allarme manuale.

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Aggiornamenti Uni, Cen, Iso di Daniele Farina

• Decreto Legge DLgs 192 e direttiva europea 2002/91 Epbd (Energy Performances of Buildings). Il 6 ottobre u.s. il governo italiano ha approvato il riscritto DLgs 192 (recepimento della Epbd) con importanti novità fra cui la gradualità dell’obbligo alla certificazione degli edifici esistenti e l’obbligo del solare termico e fotovoltaico in specifici casi (vedi anche nota alla fine in “legislazione”). L’autunno è stato un periodo di “silenzio” del Cen, ma di fervido lavoro, in quanto si sono svolte tutte le fasi di lavoro burocratico, ma essenziale all’interno delle segreterie del Cen per la messa a punto editoriale dei testi e per la traduzione nelle tre lingue ufficiali (inglese, tedesco, francese). In questi giorni si stanno susseguendo i lanci dei Voti Formali di tutte le 40 norme prescritte dal mandato CE M343 preparate dai Cen Technical Commitees: - TC 89: Prestazioni termiche degli edifici e dei componenti edilizi; - TC 156: Impianti di ventilazione e condizionamento dell’aria per edifici; - TC 169: Luce e illuminazione; - TC 228: Impianti di riscaldamento negli edifici; - TC 247: Regolazioni per le installazione meccaniche negli edifici. Come noto le inchieste dei Voti Formali durano due mesi e quindi all’inizio dell’anno prossimo tutte le nuove norme dovrebbero essere approvate definitivamente e quindi la loro pubblicazione come norme En dovrebbe regolarmente avvenire durante il 2007. Seguirà poi in Italia la conseguente pubblicazione come norma Uni-Cen con lo stesso numero. Una sintetica “fotografia” dei contenuti di queste norme, preparata dall’arch. Martino del Cti, può essere letta su “Cti Informa” disponibile liberamente sul sito www.CTI2000.it cliccando su “Notiziario Cti”. Come già comunicato in questa rubrica nei numeri precedenti di Cda la CE ha aperto un sito internet che riporta e aggiorna sullo svolgersi della direttiva CE 02/91 Epbd in sede Istituzionale europea. Il sito a cui è possibile registrarsi gratuitamente è www. buildingsplatform.org. • PrEn 378 rev.- 4 parti: Refrigeration systems. Safety and environmental requirements. Si stanno purtroppo evidenziando grossi ritardi nel voto formale di queste norme a causa di rilievi ora evidenziati dai consulenti del Cen

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nel verificare la coerenza con le direttive CE: Ped - pressare equipment directive, MD -machine directive-, e sulle esistenti norme sui rumori. • En 15218: Air conditioning and liquid chilling packages with evaporatively cooled condenser - Terms, definitions, test conditions, test methods and requirements. La norma è stata definitivamente approvata e sarà pubblicata come norma En e poi come Uni-En 15218. Con questa norma si completa ulteriormente il panorama della normativa Cen sulle macchine e componenti degli impianti di condizionamento d’aria. Come noto la normativa al riguardo copre attualmente praticamente tutte le macchine e i componenti. Con questa norma anche le macchine frigorifere dotate di condensatore evaporativi hanno il loro riferimento. Ricordiamo che questa norma è stata proposta dall’Italia (Uni-Cti) e il gruppo di lavoro Cen è stato coordinato dall’ing. Andriani (DeLonghi); a lui va rivolto un grazie come a tutti quelli che in Italia hanno collaborato con lui. • En 14779 : Air filters for general cleaning - Terminology La norma è stata definivamente approvata e sarà pubblicata come norma En e poi in Italia come Uni En 14799. Questa norma è importante perchè mette ordine e dà un unico riferimento sui simboli, le definizioni e classificazioni per giungere ad un linguaggio unico e intellegibile nel campo della filtrazione. Viene confermata la decisione del Cen TC 113 “Unità di condizionamento dell’aria e pompe di calore” di riattivare il WG7 per la completa riscrittura della vigente norma sperimentale a validità triennale Technical Specification TS14825:2003 “Part load capacity heat pumps and air conditioners” sulle prove a potenza ridotta delle macchine frigorifere per il condizionamento dell’aria. Si ricorda che la nuova norma verrà rivista anche alla luce delle necessità imposte dalla Epbd in riferimento in particolare alla “certificazione degli edifici”. Per il calcolo dell’efficienza energetica stagionale o annuale infatti si ha bisogno di avere dati sull’efficienza delle macchine non solo a piena potenza, come ora pubblicano i costruttori, ma anche alle potenze ridotte che si registrano durante tutto il periodo di funzionamento al cambiare delle condizioni climatiche. • PrEn 13313 - Competence of personnel Come già riportato in questa rubrica di Cda sul numero di ottobre CDA • n. 10 novembre 2006 • www.reedbusiness.it

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si conferma la decisione del Cen TC 182 “Impianti di refrigerazione. Requisiti di sicurezza e ambientali” di revisionare la vigente norma. È una norma importante che va in favore della sempre maggiore necessità di definire i requisiti che il personale coinvolto nella manutenzione e nelle ispezioni degli impianti deve possedere ai fini del migliore uso degli impianti per conseguire la massima efficienza energetica. Ricordiamo infine, come sempre, che normalmente in questa rubrica di Cda non si riferisce nel continuo in merito alla evoluzione della preparazione delle norme a meno di particolari situazioni importanti o punti controversi per i quali gli esperti dei GC del Cti ritengano utile una più ampia conoscenza da parte del settore interessato. Infine rammentiamo ancora che la rubrica è aperta principalmente al Cti SC5: “Condizionamento dell’aria e Refrigerazione”, ma sono benvenuti anche i contributi dei SC1: “Trasmissione del calore e fluidodinamica” e SC6:”Riscaldamento e Ventilazione”, cosicché anche i presidenti o i responsabili di questi SC, GC e GdL hanno la possibilità di comunicare ai tecnici del settore le notizie che ritengono utile far conoscere. In ogni caso chiarimenti potranno essere sempre chiesti a: - Aicarr, Via M. Gioia, 168, 20125 Milano, tel. 0267479270, Ing. Luca Piterà - Cti, Via Scarlatti 29, 20124 Milano, tel. 02 2662651, Arch. Anna Martino per il SC5 e i Gruppi Consultivi GC1 e 2, Dott. Martino Dalverme per i Gruppi Consultivi GC 3, 4 e 5. Ricordiamo ancora che dal 1° luglio 2006 la sede del Cti si è trasferita da via Pacini 11 a Via Scarlatti 29, angolo via Mauro Macchi, 20124 Milano. I numeri del telefono e fax sono rimasti invariati.

PROPOSTE DI NUOVE NORME O GRUPPI DI LAVORO (New Work Item Proposal - NWIP) Uni-Cti Cti SC1 GC02 GdL 24 - Cti 010224004 - Prestazioni energetiche degli edifici - Metodi per la certificazione energetica degli edifici (in preparazione con i contributi dei Cti SC5 e SC6). In riferimento al Dlgs 192 e alla Epbd. Cen TC 113 - Unità di condizionamento dell’aria e pompe di calore - TS 14825:2003 - “Air conditioners, liquid chiller packages and heat pumps with electrically driven compressors for space heating and cooling -Test and rating at part load conditions “. (convenor Bernard Hough (UK). È richiesta la nomina di esperti nazionali per WG Cen. Il Cti SC5 GC3 (coordinatore Ercole Gervasoni) ha formato il gruppo di lavoro italiano che seguirà la preparazione della nuova norma. Ne fanno parte al momento : E. Gervasoni (Coaer), D. Farina (Coaer), G. Sormani (Climaveneta), A. Aloisi e A. Andriani (DeLonghi), F. Magni(Carrier) che con il supporto dell’Associazione Coaer seguiranno i lavori. La partecipazione rimarrà comunque sempre aperta e gli interessati italiani possono partecipare fornendo in loro nome al sig. Gervasoni, responsabile del Gruppo Consultivo GC3 “Unità di condizionamento aria, Pompe di calore, scambiatori di calore, prestazioni compressori” del Cti oppure direttamente al dott. Dalverme del Cti. CDA • n. 10 novembre 2006 • www.reedbusiness.it

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È inutile ricordare quanto questa norma sia importante. È auspicabile la partecipazione attiva degli esponenti dei maggiori costruttori Italiani - es: Clivet, Aermec, Thermocold ecc. almeno tramite Coaer, ma anche di progettisti di impianti e degli accademici, tramite Aicarr e Cti, per elaborare una norma sulla Potenza Ridotta che, condivisa e sostenuta in campo europeo sia anche a difesa del settore del condizionamento dell’aria in Italia e renda possibile il calcolo stagionale dell’efficienza degli edifici al fine ultimo di ottenere una valida e applicata “Certificazione degli edifici”. La partecipazione può avvenire sia facendo parte “fisica” del GC3 sia collaborando “on line”. Sarà cura del coordinatore tenere sempre al corrente dell’evoluzione del progetto tutti coloro che hanno aderito. TC 182 - Impianti di refrigerazione. Requisiti di sicurezza e ambientali - PrEn 13313 rev.: “Competence of personnel “ Richiesta di esperti nazionali entro 31 ottobre 2006 Iso TC 86 - Refrigerazione e Condizionamento dell’aria Fluocarbon refrigerants - Specification for contaminant levels and test Methods. Si richiedono esperti per la costituzione del Gruppo di Lavoro Iso. - Test and performances of air conditioning units at part load conditions Il Giappone propone la messa allo studio di una norma Iso sulle prestazioni a Potenza Ridotta conseguente alle Iso/Fdis 5151, 13263 e 15042 ora di imminenza al voto formale. - Uncertainity of measurements in cooling and heating performance tests Il Giappone propone la messa allo studio di una linea guida Iso su come stabilire le incertezze e tolleranze di misura delle prove che ora le Iso/Fdis 5151, 13263 e 15042 ora fissano nel 5%.

INCHIESTE PUBBLICHE (Public enquiry - p.E.) Uni-Cti Nessuna proposta Cen TC 156 - Impianti di condizionamento dell’aria e refrigerazione - PrEn 13141 - Performance testing of components/products for residential ventilation: part 9 - Humidity controlled air inlet; part 10 - Hygrometric air outlet. 29 dicembre 2006 TC 182 - Impianti di refrigerazione. Requisiti di sicurezza e ambientali - PrEn 12693 - Positive displacement refrigeration compressors. Safety and environmental requirements. 30 settembre 2006

Su www.webcda.it è disponibile il programma dei lavori normativi del Cen TC156 “Impianti di condizionamento dell’aria e ventilazione” aggiornato, e l’elenco di tutte le norme En finora pubblicate dal TC 156 afferenti appunto gli impianti di condizionamento e componenti aeraulici (canali, bocchette, CDZ ecc.)

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Iso TC 86 - Refrigerazione e Condizionamento dell’aria - Iso 5149 rev. 4 parts - Mechanical refrigerating systems used for cooling and heating - Safety requirements. Inchiesta interna (I.E) 3 agosto 2006 L’Italia ha dato voto positivo al lancio dell’ Inchiesta Pubblica Cen Iso - Iso 817 rev. - Refrigerants - Designation and safety classification Inchiesta interna ( I.E.) 3 agosto 2006 L’Italia ha dato voto positivo al lancio dell’Inchiesta Pubblica Cen Iso TC 142 - Apparecchiature pulizia dell’aria e altri gas - Iso/CD 21220 “Particulate air filters for general ventilation - Determination of the filtration performance”. Inchiesta interna (I.E.)28 settembre 2006 Questa è una norma importantissima per tendere al raggiungimento dell’auspicato principio: “one world, one standard” (un solo mondo, una sola norma). Infatti ricalca la norma europea vigente En779:2003 ).

VOTO FORMALE (Formal Vote - FV) Cen TC 113 Unità di condizionamento dell’aria e pompe di calore - PrEn 15218 - Air conditioning and liquid chilling packages with evaporatively cooled condenser - Terms, definitions, test conditions, test methods and requirements Il Voto Formale ha dato esito positivo alla pubblicazione come norma En, che poi sarà pubblicata anche come Uni-En15218. TC 156 - Impianti di Condizionamento dell’aria e Refrigerazione Norme afferenti il mandato CE 343 della direttiva 2002/91 “Energy Performances of Buildings” Epbd (la sigla Mxx si riferisce al numero del mandato). Ricordiamo che i testi aggiornati delle bozze di norma sono disponibili sul sito www.cti2000.it voce “Certificazione energetica degli edifici”. - M06 - PrEn 15240 - Guidelines for inspection of air conditioning systems 31 dicembre 2006 - M12 - PrEn 15243 - Calculation of room temperature and of load and energy for buildings with room conditioning systems 31 dicembre 2006 - M19 - PrEn 14292 - Calculation methods for the determination of air flow rates in buildings including infiltration 31 dicembre 2006 - M20+M21 - PrEn 15241 - Calculation methods for energy losses due 31 dicembre 2006 to ventilation and infiltration in buildings - M25 - PrEn 13779rev - Performance requirements for ventilation 31 dicembre 2006 and room conditioning systems - M30 - PrEn 15239 - Guidelines for inspection of ventilation systems 31 dicembre 2006 - M31 - PrEn 15251 - Criteria for the indoor environment including 31 dicembre 2006 thermal, indoor air quality, light and noise TC 182 - Impianti di refrigerazione.Requisiti di sicurezza e ambientali - PrEn 14276 - part 1 - Pressure equipment for refrigerating systems and heat pumps - Vessels : general requirements.

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Il Voto Formale è stato positivo per la pubblicazione come En, che sarà poi pubblicata come Uni-En 14276-1. Questa norma si mantiene in elenco pur essendo passata la data di scadenza per completezza e riferimento alla parte 2 (qui sotto). - PrEn 14276 - part 2 - Pressure equipment for refrigerating systems and heat pumps - Piping: general requirements 30 settembre 2006 - PrEn 378rev- part1 - Refrigeration systems. Safety and environmental requirements : Basic requirements, definition, clarification and selection criteria 30 novembre 2006 - PrEn 378rev- part 2 - Refrigeration systems. Safety and environmental requirements: design, construction, testing, marking and documentation 30 novembre 2006 - PrEn 378rev- part 3 - Refrigeration systems. Safety and environmental requirements: Installation site and personal protection 30 novembre 2006 - PrEn 378rev- part4 - Refrigeration systems. Safety and environmental requirements: Operation, maintenance repair and recovery 30 novembre 2006 Queste sopraccitate 6 norme, specifiche per gli impianti frigoriferi, sono le due “colonne portanti” tanto attese e necessarie per dare piena attuazione alla direttiva europea 97/23CE Pressure Equipment Directive - Ped. Possiamo ora finalmente dire che dopo 8 anni di lavori, all’inizio del 2007 saranno disponibili le norme applicative necessarie alle aziende costruttrici ed agli enti certificatori (Ispesl, Tuv, BdM ecc.) per avere chiari supporti per la progettazione e le verifiche delle macchine e degli impianti frigoriferi . TC 169 - Light and lighting requirements - PrEn 15193 - Lighting requirements for energy performance of buildings 31 ottobre 2006 Questo Technical Committee e l’argomento di questa norma non rientrano nelle competenze del Cti, ma di una specifica commissione Uni. La bozza rientra però in quelle del mandato 343 dell’Epdb quindi si ritiene utile elencarla qui per completezza di informazione. TC 228 - Impianti di riscaldamento negli edifici - M05 - PrEn 15378 Inspection of boilers and heating systems 31 dicembre 2006 Questo progetto non rientra nelle competenze del Cti SC05, ma del SC1 Impianti di Riscaldamento . Pur tuttavia viene qui riportato per completezza e in riferimento agli omologhi M06 e M30 del Cen TC 156 (vedi sopra) Iso TC 86- Refrigerazione e Condizionamento dell’aria - ISO/FDIS 8960 rev. -Testing and rating of household refrigeration appliance 30 settembre 2006 - Iso/Fdis 5151rev. - Non ducted air conditioners and heat pumps Testing and rating for performances Imminente il lancio del Voto Formale - Iso/Fdis 13253rev.- Ducted air conditioners and heat pumps Testing and rating for performances Imminente il lancio del Voto Formale - Iso/Fdis 15042 - Multisplit system air conditioners and air to air heat pumps -testing and rating for performances Imminente il lancio del Voto Formale CDA • n. 10 novembre 2006 • www.reedbusiness.it

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BASTANO POCHI CENTIMETRI Queste ultime tre norme sono importantissime perché ricalcano le vigenti norme En14511:2004. In questo modo si può intravedere quel lungo cammino che dovrebbe in futuro portare sempre tutta la normativa all’auspicato principio: “one world, one standard” (un solo mondo, una sola norma).

PROCEDURA UNICA DI ACCETTAZIONE (UNIQUE ACCEPTANCE PROCEDURE - U.A.P.) - Nessun progetto Cen o Iso all’Uap

LEGISLAZIONE Italia - DLsg 192/05: Attuazione della direttiva 02/91/CE “Energy Performance of Buildings” - Epbd. Dopo un certo rallentamento dovuto al cambio di Governo continuano al ministero per lo Sviluppo Economico (Mse) gli incontri del gruppo di lavoro per la preparazione dei decreti attuativi dell’articolo 4 del DLsg 192 in merito all’” Adozione di criteri generali, di una metodologia di calcolo e requisiti della prestazione energetica”. Il Cti partecipa attivamente ai lavori con sue proposte che vengono di volta in volta discusse. Il Gruppo ha rivisto e concordato su 10 dei 16 articoli in cui è composta la bozza ministeriale.- Il ministero mantiene l’obiettivo di definire la bozza del decreto entro fine 2006. Sul sito www.cti2000.it alla voce “Decreti attuativi Dlsg n. 192 19 agosto 2005” sono disponibili i contributi Cti al gruppo di lavoro ministeriale nonché un aggiornamento periodico dello stato di avanzamento dei lavori stessi. Il 6 ottobre 2006 il Governo ha approvato la riscrittura del noto DLgs 192 - 19 agosto 2005. La revisione si è resa evidente in base all’esperienza maturata “sul campo” e agli eccessivi “allontanamenti” dalla Epbd. Molte sono le novità fra le quali in particolare: - Introduzione graduale della certificazione degli edifici esistenti : - 1 luglio 2007 : edifici con superficie superiore a 1000 mq. - 1 luglio 2008 : edifici con meno di 1000 mq. - 1 luglio 2009 : tutti gli edifici. - Obbligo di utilizzo del solare in specifici casi per coprire : - fino al 40% del riscaldamento acqua sanitaria. - fino al 30% dell’energia elettrica col fotovoltaico negli edifici fino a 6 unità immobiliari. Europa (CEE) - Nessuna novità afferente il nostro settore

IL NUOVO SISTEMA RADIANTE A SECCO DI GIACOMINI TI REGALA TUTTO IL COMFORT DEI NOSTRI SISTEMI RADIANTI IN POCO SPAZIO In meno di 5 cm di spessore, Giacomini offre una soluzione che garantisce una distribuzione ottimale del calore, benessere climatico, risparmio energetico e libertà d’arredo. Il pavimento radiante a secco per riscaldamento e raffrescamento di Giacomini è la soluzione semplice e rapida quando i tempi di realizzazione sono brevi e gli ingombri ridotti. La soluzione messa a punto da Giacomini, evitando di gettare il massetto cementizio, permette di lavorare anche in presenza di spessori ridotti e senza attendere i tempi di asciugatura. Queste caratteristiche rendono il pavimento a secco la soluzione vincente in caso di ristrutturazioni o di messa in posa su pavimenti già esistenti. Il sistema radiante a secco di Giacomini prevede l’utilizzo di un pannello presagomato in polistirolo, di coppelle che fungono da diffusori termici e di un tubo in pex o multistrato. Sopra questa struttura viene posizionata una lamina in acciaio zincato, con il compito di ripartire i carichi consolidati. Sistema radiante senza gettata di massetto cementizio e senza attesa di maturazione. Garanzia di alte prestazioni con ingombri ridotti. Ideale per uso residenziale. Grazie all’ingombro ridotto lo posso posare su un pavimento già esistente.

Daniele Farina, Sottocomitato 5 Uni-Cti Il sistema viene progettato secondo norma UNI EN1264

Per le note esplicative delle sigle delle fasi di sviluppo vedi box Cda n.9 ottobre pag. 67 Per una più completa informazione sull’attività attuale del Cti SC5 nella preparazione della normativa Uni, Cen, Iso si può consultare il sito della rivista www.webcda.it. In esso si possono trovare i relativi TC, SC, WG, in riferimento ai Gruppi Consultivi (GC) e Gruppi di Lavoro (GdL) del Cti e i nomi dei corrispondenti responsabili. CDA • n. 10 novembre 2006 • www.reedbusiness.it

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GIACOMINI SPA • Via per Alzo, 39 28017 San Maurizio d’Opaglio (NO) ITALY tel. 0322 923111 • fax 0322 96256 • info@giacomini.com • www.giacomini.com

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Biodiesel, biomasse

- Hvac Surfer www.webcda.it

Figura 2 - Home page del sito del Cti sui biocombustibili liquidi

Figura 1 - Esempio di caldaia a legna a fiamma inversa

riferite separatamente agli oli vegetali ed al biodiesel. Per questi sono riportate numerose pagine di descrizione delle caratteristiche chimico-fisiche, delle colture da cui derivano, dei processi produttivi e dei relativi sottoprodotti. Estremamente interessante è poi la sezione dedicata all’utilizzazione energetica degli oli e del biodiesel, con una descrizione delle caratteristiche principali inerenti l’utilizzo nelle caldaie da riscaldamento e nei motori alternativi a c.i.. Opportuna appare poi la sezione dedicata allo stato della normativa tecnica e della legislazione in Italia ed in Europa, come pure quella sugli aspetti energetico-ambientali, con l’analisi dei consumi energetici e delle emissioni inquinanti dei diversi processi che intervengono lungo tutta la filiera produttiva e di utilizzazione dei biocombustibili liquidi. Uno dei risultati riportati evidenzia, ad esempio, come da un’analisi Lca (Life Cycle Assessment) della filiera produttiva del biodiesel da olio di girasole in Italia, il consumo di energia di origine fossile per la produzione di un’unità di energia di combustibile è decisamente a favore del biodiesel rispetto al gasolio (0,28 MJ e 1,26 MJ rispettivamente). A proposito di legislazione: vale la pena ricordare che la legge 11/3/2006, n. 81 stabilisce che “dal 1º luglio 2006 i produttori di carburanti diesel e di benzina sono obbligati ad immettere al consumo biocarburanti di origine agricola oggetto di un’intesa di filiera, o di un contratto quadro, o di un contratto di programma agroenergetico, stipulati ai sensi del presente articolo, in misura pari all’1 per cento dei carburanti diesel e della benzina immessi al consumo nell’anno precedente. Tale percentuale, espressa in potere calorifico inferiore, è incrementata di un punto per ogni anno, fino al 2010.”. Sempre sul sito del Cti vi è poi una sezione dedicata ai biocombustibili solidi (www.cti2000.it/virt/cti2000/solidi.htm): in questo caso sono disponibili link a schede tecniche (che riassumono le procedure burocratiche e autorizzative relative alla realizzazione e alla gestione di un impianto termico alimentato con biomasse CDA • 10 novembre 2006 • www.reedbusiness.it

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Figura 3 - Foglio di lavoro del software Biomitre scaricabile dal sito del task 38 della Iea

combustibili), alle raccomandazioni Cti R03/1 (Biocombustibili: specifiche e classificazione) e Cti R04/5 (Biocombustibili solidi: Caratterizzazione del pellet a fini energetici) ed infine alle relazioni presentate ad alcuni interessanti convegni svolti recentemente sull’argomento. Passando ai siti in inglese ovviamente la scelta si amplia. Dei buoni punti di partenza sono senz’altro il sito dell’Eere (Energy Efficiency and Renewable Energy) del dipartimento dell’energia americano (www1.eere.energy.gov/biomass) e quello del Nrel (National Renewable Energy Laboratory, www.nrel.gov/biomass). Ricchissimi di informazioni sulle diverse tipologie di biomasse, e sui processi produttivi per ottenere i biocombustibili, si presentano entrambi soprattutto come ampi database da cui attingere per scaricare gratuitamente documenti, studi e rapporti. Anche il sito dell’agenzia internazionale dell’energia (IEA) ha una propria sezione dedicata alle biomasse (www.ieabioenergy. com). L’attività dell’agenzia è suddivisa attraverso numerosi task: in particolare, il task 38 (Greenhouse Gas Balances of Biomass and Bioenergy Systems) mette a disposizione sul proprio sito (www.joanneum.at/iea-bioenergy-task38) una metodologia ed un software (gratuitamente scaricabile previa registrazione) per l’analisi dei bilanci di emissione di gas ad effetto serra (CO2, CH4, ecc.) e del costo delle emissioni evitate di diverse tecnologie utilizzanti le biomasse (fig. 3). Marco Noro Dipartimento di Tecnica e Gestione dei sistemi industriali Università di Padova, sede di Vicenza

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Hvac Surfer - Biodiesel, biomasse www.webcda.it

Un’alternativa al petrolio Riscaldare con fonti rinnovabili: biodiesel e biomasse In rete esistono numerosissimi siti inerenti il biodiesel e in generale i combustibili derivanti da biomasse (biocombustibili), alcuni non del tutto “scientifici” per il vero. L’utilizzo del biodiesel nelle caldaie per il riscaldamento degli ambienti è noto ormai da parecchi anni, e quasi tutti i costruttori di bruciatori hanno a catalogo una versione a biodiesel dei loro prodotti. Anche le caldaie a biomasse solide, in particolare a legna, sono ormai una tecnologia ben sviluppata e facilmente disponibile presso numerosi costruttori.

di Marco Noro

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I

n un periodo (quello in cui si scrivono queste righe) in cui il prezzo del petrolio ha ormai raggiunto e superato i 70 dollari al barile appare opportuno occuparsi in questa sede di una fra le possibili alternative attualmente disponibili: il biodiesel e le biomasse solide. Beninteso: “alternativa” non in senso esclusivo, ma di diversificazione. Del resto, il discorso accomuna un po’ tutte le fonti rinnovabili: l’aggettivo che spesso le accompagna (fonti “alternative” appunto) va letto secondo me nel senso di integrazione delle fonti “tradizionali” (fossili ed idrocarburi) piuttosto che di sostituzione delle stesse, quantomeno nel medio (ordine delle decine d’anni) e sicuramente nel breve (ordine degli anni) periodo. Alcune considerazioni introduttive sono forse opportune. Contrariamente a quanto si crede comunemente, il biodiesel non è un olio vegetale puro e semplice (prodotto tipicamente da colture oleaginose come semi di girasole, colza, mais e soia), bensì il risultato di un processo di transesterificazione di questo con alcol metilico. L’utilizzo del biodiesel nelle caldaie per il riscaldamento degli ambienti è noto ormai da parecchi anni; quasi tutti i costruttori di bruciatori hanno a catalogo una versione a biodiesel dei loro prodotti. Nella maggior parte dei casi si tratta di sostituire gli ugelli di nebulizzazione per modificare la portata di combustibile (a parità di potenza termica del bruciatore) per tener conto del diverso potere calorifico rispetto al gasolio. Esistono poi alcune peculiarità: il tipo di gomma da utilizzare negli organi di tenuta o negli O-ring delle pompe e delle tubazioni (che deve essere a base di elastomero fluorurato come Viton e Teflon) o l’accortezza di effettuare una profonda pulizia dei serbatoi di stoccaggio del combustibile a causa del maggiore effetto solvente del biodiesel rispetto al gasolio (che può provocare il distacco di depositi accumulati nei serbatoi o nei tubi che erano dedicati al gasolio stesso). Anche le caldaie a biomasse solide, in particolare a legna, sono ormai una tecnologia ben sviluppata e facilmente disponibile presso numerosi costruttori. Si va dalla caldaie a legna (tipicamente a fiamma rovescia, fig. 1) a quelle a cippato e pellet, fino a quelle policombustibile, solitamente dotate di sonda lambda per la regolazione ottimale dell’eccesso d’aria ed altri accorgimenti per ottimizzare l’efficienza e le emissioni inquinanti. In rete esistono numerosissimi siti inerenti il biodiesel ed in generale i combustibili derivanti da biomasse (biocombustibili), alcuni non del tutto “scientifici” per il vero. Chiaramente qui citiamo solo i più importanti e/o interessanti, rimandando il lettore più desideroso di notizie ai numerosi link riportati sui siti stessi. In Italia esiste una sezione apposita del sito del Comitato Termotecnico Italiano (Cti) dedicato all’argomento: www.cti2000.it/biodiesel.htm (fig. 2). Il sito, nato dalla collaborazione fra Cti e Regione Lombardia nell’ambito del programma nazionale biocombustibili (Probio), si presenta con un menù sulla sinistra che rimanda direttamente ai vari argomenti, tutti trattati in maniera adeguatamente approfondita ma non troppo prolissa. Oltre alle informazioni generali sul sito, sui link (non moltissimi per il vero) ed un opportuno glossario sulla terminologia tecnica, le informazioni sono poi CDA • n. 10 novembre 2006 • www.reedbusiness.it

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Climatizzazione ambientale e risparmio energetico: che cosa c’è di nuovo

Ernesto Bettanini ha moderato gli interventi del Convegno

Un pubblico di oltre 200 persone ha partecipato al Convegno Aicarr di Padova

Massimo comfort ambientale con l’impiego sostenibile di energia, nel pieno rispetto dell’ambiente: un obiettivo ambizioso, reso possibile delle più attuali tecnologie applicate alla climatizzazione ambientale. Se ne è discusso, anche con il supporto di case-studies ritenuti particolarmente significativi, al Convegno “Innovazione tecnologica per il risparmio energetico nella climatizzazione ambientale”, organizzato lo scorso 22 giugno a Sarmeola di Rubano, Padova, da Aicarr in collaborazione con Assistal. Il tema, che interessa le varie fasi della vita dell’impianto progettazione, realizzazione e gestione - e coinvolge quindi diverse figure professionali, ha richiamato una pubblico di oltre 200 persone presso la Sala Convegni del centro servizi della Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo per una giornata di approfondimento e dibattito, condotta da relatori provenienti dal mondo universitario e della progettazione. Dai componenti, alle macchine, agli I sostenitori del Convegno impianti, per arrivare fino ai terminali di impianto, il Convegno ha consentito di analizzare lo stato dell’arte nel settore della climatizzazione ambientale, con particolare attenzione alla pompa di calore che, grazie alle interessanti possibilità offerte in termini di risparmio economico ed energetico, a fronte di una bassa emissione di gas inquinanti, sta conoscendo oggi una maggiore diffusione anche nel nostro paese. L’evoluzione della pompa di calore nel tempo, le varie tipologie di impianti realizzabili, le diverse sorgenti energetiche – in particolare l’acqua di superficie, la geotermia e il recupero nei sistemi di ventilazione – utilizzabili proficuamente

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per l’alimentazione della pompa di calore sono alcuni dei temi approfonditi nel corso delle relazioni, accanto ad argomenti quali la microgenerazione, la cogenerazione, i refrigeratori d’acqua, i filtri d’aria. I casi presentati hanno consentito soprattutto di esemplificare concretamente gli aspetti innovativi di componenti ormai tradizionali nell’ambito della climatizzazione. La versione integrale dei contributi al Convegno è come sempre proposta nel Volume degli Atti, edito da Aicarr. Anche quest’anno, il Convegno ha ospitato la cerimonia di premiazione di quattro tesi di laurea selezionate da Aicarr per l’assegnazione di altrettante borse di studio annuali. Questi i lavori ritenuti più interessanti e premiati dalla Giuria dell’Associazione: “Analisi teorica e sperimentale del processo di evaporazione di anidride carbonica in scambiatori alettati”, di Manuel Chiarello, “Utilizzo dell’anidride carbonica come fluido di lavoro in un condizionatore per applicazione ferroviaria: realizzazione di un prototipo e prove sperimentali”, realizzato da Matteo Fedeli, “Misure

Il presidente dell’Aicarr Cesare M. Joppolo e il Professor Roberto Zecchin premiano quattro tesi di laurea selezionate da Aicarr per l’assegnazione di altrettante borse di studio annuali

di capacità di accumulo di idrogeno su idruri mediante tecnica termogravimetrica e model-building del processo”, tesi di Marco Filippo Galluccio, e infine “Efficienza energetica e certificazione degli edifici: situazione del recepimento della direttiva europea”, di Luca Zandoli. Di innovazione tecnologica per il risparmio energetico nella climatizzazione ambientale si parlerà di nuovo il 6 ottobre presso il Politecnico di Bari e il 25 ottobre presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Catania, dove viene riproposto il Convegno Aicarr. CDA • n. 10 novembre 2006 • www.reedbusiness.it

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Un Convegno per il Mediterraneo Appuntamento ai Magazzini del Cotone di Genova per la quarta edizione di Climamed 5-7 settembre 2007 Approda in Italia, dal 5 al 7 settembre 2007, Climamed, il Convegno internazionale dedicato alla climatizzazione nei Paesi del Mediterraneo, organizzato da: Aicarr (Associazione Italiana Condizionamento dell’Aria, Riscaldamento, Refrigerazione), Aicvf (Association des Ingénieurs Climatique, Ventilation et Froid), Apirac (Associacao Portuguesa de Industria de Refrigeracao e Ar condicionado), Atecyr (Associacion Tecnica Espanola de Climatizacion y Refrigeracion), sotto l’egida di Rehva (Federation of European Heating and Air Conditioning Association). Dopo Lisbona, Madrid e Lione, la sede scelta per la nuova edizione di Climamed è Genova, città ubicata in posizione da sempre strategicamente interessante e connotata da una storia che la lega fortemente alle altre città dell’area Mediterranea. Il Convegno intende focalizzare l’attenzione sui principi di ecocompatibilità e sostenibilità applicabili alla climatizzazione degli edifici nei Paesi del bacino mediterraneo. Un argomento reso di grande attualità dalla crescente richiesta di energia da parte del settore “building”, a fronte di una sempre maggiore attenzione allo sfruttamento delle fonti energetiche disponibili, ai costi di gestione e all’impatto della climatizzazione indoor sull’ambiente. Nel contempo, Climamed 2007 si propone come luogo di discussione e condivisione di esigenze, know-how tecnologico e possibili soluzioni applicative fra i Paesi organizzatori (Italia, Francia, Spagna e Portogallo), le altri nazioni dell’Europa mediterranea e i Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente. E’ infatti auspicabile che queste aree geografiche - che condividono aspetti culturali, storici e tecnologici e sono caratterizzate da condizioni climatiche che impongono il raffrescamento dell’aria

per il raggiungimento di condizioni ideali di comfort ambientale - possano trovare un punto di incontro e confronto che permetta loro lo sviluppo di una linea d’azione comune, in parte differente da quella condivisa dai Paesi a clima freddo. In quest’ottica, Climamed 2007 - nei tre giorni di lavori che alterneranno key-note speech a relazioni libere e poster session - intende analizzare il settore Hvac nei suoi aspetti teorici e pratici, con particolare attenzione alle innovazioni tecnologiche in grado di soddisfare le attuali e future esigenze di comfort ambientale e sostenibilità.

Ashrae Standards Presso l’Aicarr sono disponibili gli standard approvati dall’Ashrae Standards Commitee relativi a: “Calorimeter test methods for mass flow measurements of volatile refrigerants”, “Methods of testing for rating drinking-water, Coolers with self-contained mechanical Regrigeration”, “Weather data for building design standards”, “Refrigeration oil description”. I fascicoli sono in vendita o possono essere consultati presso la biblioteca dell’Associazione.

Prossimi appuntamenti Il ciclo di vita degli impianti nell’ambito del processo edilizio Torino, 24 novembre - Napoli, 9 marzo 2007 Scuola di Climatizzazione di Milano Dal 9 novembre al 23 marzo 2007 Iscrizioni: 30 giorni prima dell’inizio di ogni modulo Iaqvec 2007 Giappone - Sendai, dal 28 al 31 ottobre 2007 Sesta Conferenza internazionale sull’Iaq, ventilazione e conservazione dell’energia negli edifici. Per i dettagli sull’organizzazione dell’evento, dei temi e del programma: www.iaqvec2007.org

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