#17 riscaldamentoenergia ISSN:2038-2723
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La rivista PER i professionisti DEGLI IMPIANTI HVAC&R
ANNO 3 - novembre/dicembre 2012
POSITION PAPER AICARR SULLA SANITà REFRIGERANTI SINTETICI E NATURALI, PRESTAZIONI A CONFRONTO CLIMATIZZAZIONE SOSTENIBILE, L’IMPORTANZA DEL FREE-COOLING F-GAS, NUOVO REGOLAMENTO DALL’UE CASE STUDY PORTATA VARIABILE AL CIRCUITO PRIMARIO SCAMBIATORI ALETTATI CON BASSA CARICA DI REFRIGERANTE RAFFREDDAMENTO EVAPORATIVO
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POSTE ITALIANE SPA – Posta target magazine - LO/CONV/020/2010.
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SE L’ENERGIA DIVENTA UN PRODOTTO FINANZIARIO…
Inutile illudersi: il costo dell’energia è destinato a salire. Per coloro cui sta a cuore l’ambiente, è un bene: più l’energia costa, meno la si spreca. Sebbene apparentemente paradossale, è un bene anche per le aziende: il risparmio energetico diventa un parametro su cui si può fare la differenza rispetto alla concorrenza. Bisogna avere la mentalità giusta, capire quanto importante sia non sprecare, affidarsi a consulenti competenti e ad installatori che conoscano il mestiere. Di conseguenza è un bene anche per i professionisti capaci. Rimangono i privati cittadini, la gran parte proprietari di case energivore, costruite quando l’energia costava poco: per loro l’aumento del costo dell’energia diventa un problema serio. In uno scenario simile, lo Stato deve essere in grado di predisporre politiche serie ed efficaci. Lo si può fare pensando all’energia come a un prodotto finanziario, un investimento, che deve essere proposto in modo corretto, secondo canoni ben precisi, avvertendo l’investitore dei rischi cui va incontro e delle variabili in gioco(se il clima è più mite o più rigido i tempi di ritorno possono cambiare). Lo strumento delle ESCO va in questa direzione, ma deve essere integrato. Come controparte dovrebbe esserci l’Energy Manager, ma spesso l’importanza di questa figura è sottovalutata e non sempre si dà un’istruzione adeguata a chi assurge al ruolo. Soprattutto le ESCO non sono tenute a dare indicazioni standardizzate e proporre più soluzioni: ne danno spesso solo una, la più conveniente per la ESCO, conveniente anche per il cliente, ma non la migliore in assoluto per lui. Si è in balia della loro serietà: ve ne sono molte di affidabili, soprattutto quelle con una lunga storia di gestione dell’energia alle spalle, ma ne stanno nascendo continuamente di nuove. Se non si regolamenta il mercato, si rischia di rovinare uno strumento molto valido. “Leggere prima il prospetto illustrativo” deve per legge precisare chi propone l’investimento finanziario e il prospetto è controllato dalla Consob. Ci vorrebbe uno strumento simile per l’energia, soprattutto per gli investimenti importanti, per le strutture pubbliche, come gli ospedali. Se si investono 1.000 euro in azioni, si va dal direttore di banca, sperando che non rifili bond argentini. Ma se si gestisce un fondo d’investimento e si muovono miliardi, ci si affida ad analisti di ben altra competenza. Nell’energia non è così e i bond argentini rischiano di divenire merce comune, soprattutto se si crede che i risultati dei modelli semplificati in uso nelle certificazioni siano la realtà. Seguendo questa strada, ci sarebbe bisogno di un responsabile in grado di certificare quanto promesso. Le competenze ci sono: i progettisti validi in Italia non mancano. Responsabilità vuol dire
conseguenze in caso di mancato raggiungimento dei risultati, concezione in contrasto con l’attuale certificazione a basso costo, una vera presa in giro per tutti. ESCO gestite e controllate come società quotate in borsa potrebbero finanziare investimenti energetici sul patrimonio edilizio esistente, soprattutto sul residenziale, fatto di molti condomini dove non è possibile pensare ad interventi seri lasciandoli alla buona volontà dei proprietari, spesso con situazioni economiche completamente diverse tra loro. Anche qui, per attrarre finanziatori è necessario concepire forme di certificazione più complesse, controllabili nel tempo, più simili agli strumenti in uso nel mondo anglosassone più che nel nostro. Una struttura simile permetterebbe di attuare forme di controllo anche nel terziario e nell’industria, in modo di premiare i più virtuosi e punire, con una sorta di Carbon Tax, chi sperpera. Significherebbe quasi contingentare l’energia e potrebbe sembrare un attentato alla libertà imprenditoriale. Qui c’è da capirsi: chi fa impresa ha in teoria tutti i diritti di sprecare l’energia che vuole, perché lo paga in termini di costo del prodotto, quindi in capacità di stare sul mercato. Questo diritto, però, finisce quando, per rientrare nel mercato, taglia personale, scaricando spesso sulla comunità costi dovuti a propria incapacità. Ciò deve essere impedito: prima di accettare soluzioni drastiche di questo tipo, si dovrebbero obbligare le aziende a limitare gli sprechi. Certo, non si può pretendere che le aziende si adeguino immediatamente, con investimenti importanti, soprattutto in momenti così difficili dal punto di vista economico, ma le si potrebbe aiutare a rientrare nei consumi ottimali, con un piano pluriennale, esattamente come si pianifica il rientro di un debito con le banche. L’importante è imporre loro dei parametri ottimali, cui devono tendere: se questo è fatto bene, con professionalità, significa aiutare le aziende a stare sul mercato, non tassarle e basta. Del resto, controlli simili ci sono già dal punto di vista finanziario: per essere quotati in borsa bisogna dare garanzie ben precise. Perché non allargare tali garanzie anche all’efficienza energetica, visto che nel futuro sarà una delle carte vincenti per primeggiare sulla concorrenza? Si potrebbe scrivere un intero trattato sull’argomento, e non è questa la sede. Ho solo voluto sottolineare come per lanciare la cultura del risparmio energetico, perché possa diventare un’opportunità per rilanciare l’economia, sia necessario cambiare la visione attuale, verso forme più complesse, ma anche più efficaci. Auguro un buon Natale e un felice anno nuovo a tutti. Michele Vio, Presidente AiCARR
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Editoriale 2
Novità prodotti 6
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Position Paper AiCARR Il risparmio energetico nelle strutture sanitarie esistenti
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REFRIGERANTI NATURALI E SINTETICI I refrigeranti a basso GWP tra praticità, sicurezza ed economicità
20 24
REFRIGERANTI ED EFFICIENZA Nuove miscele a confronto
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RAFFREscAMENTO L’importanza del free-cooling negli edifici per la climatizzazione sostenibile
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SICUREZZA GAS Normativa europea sulla sicurezza nell’uso dei gas refrigeranti
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NORMATIVA EUROPEA Nuovo regolamento dall’UE per l’uso degli F-Gas
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SISTEMI DI GENERAZIONE Solar heating and cooling abbinato a pannelli radianti e fan coil, prestazioni estive
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AiCARR presenta alcuni suggerimenti per aumentare l’efficienza energetica delle strutture sanitarie, in particolare di quelle ospedaliere, intervenendo sia sugli involucri edilizi che sugli impianti HVAC
Efficienza ed impatto ambientale sono parametri sicuramente di attualità, ma non possono essere trascurati altri fattori come la sicurezza, il costo e la disponibilità di soluzioni alternative. Per quanto sia logico attendersi un aumento nell’utilizzo di refrigeranti naturali, tuttavia le miscele HFO/HFC potranno rivelarsi essenziali in talune applicazioni e dovranno, quindi, essere opzioni disponibili anche in futuro di Antonio Ragni
Nei laboratori di un costruttore americano sono state testate le efficienze dei refrigeranti sostitutivi del R410A a cura della redazione
SISTEMI DI REFRIGERAZIONE La refrigerazione magnetica come alternativa alla compressione di vapore
Progettato e realizzato presso il Laboratorio di Tecnica del Freddo dell’Università degli Studi di Salerno il primo prototipo di refrigeratore magnetico rotante italiano di Ciro Aprea, Gerardo Cardillo, Adriana Greco, Angelo Maiorino e Antongiulio Mauro
Come il free-cooling può risolvere le conseguenze dovute agli eccessi di isolamento termico di Michele Vio
I requisiti ambientali e di sicurezza per gli impianti di refrigerazione e le pompe di calore di Carmine Casale
Entro la fine del 2012 gli F-Gas saranno sottoposti a un “tagliando”. Cosa potrebbe cambiare per il mondo del condizionamento e della refrigerazione? di Carmine Casale
L’utilizzo dell’impianto ha permesso di risparmiare, in termini di energia elettrica necessaria per alimentare un gruppo frigo a compressione, 2.677 kWhel e il sole ha coperto il 66% dell’energia termica necessaria per alimentare il gruppo frigo ad assorbimento di Nicolandrea Calabrese e Sacha Ottone
ESPERIENZA DALLE AZIENDE Impianti idronici con portata d’acqua variabile al circuito primario: valutazioni energetiche Mediante l’utilizzo degli indici ESEER si è dimostrato il risparmio ottenibile nei consumi di energia elettrica sensibili, dell’ordine del 10-15% rispetto ad impianti simili ma a portata costante attraverso il refrigeratore di Francesco Fradiga, Michele Pontarollo e Giancarlo Sormani
Nuovi scambiatori di calore alettati con bassa carica di refrigerante
Una tecnologia progettata grazie ai risultati teorici, ottenuti con analisi CDF, confrontati con gli esiti di una campagna di sperimentazione delle batterie condotta nei tunnel di prova e nelle celle calorimetriche di Stefano Filippini
Apparecchi per il raffreddamento evaporativo Caratteristiche e principi di funzionamento degli umidificatori a pacco bagnato e degli umidificatori ad atomizzazione con acqua pressurizzata di Andrea Piccolo, Raul Simonetti, Michele Martello
Strumenti Software di calcolo gratuiti per i soci AiCARR CERTIFICAZIONE Gas fluorurati ad effetto serra, certificazione degli operatori
Il cosiddetto regolamento sugli F-Gas stabilisce alcuni requisiti specifici che gli impianti devono rispettare e le procedure per il conseguimento della certificazione/attestazione obbligatoria per gli operatori responsabili delle apparecchiature di Luca Alberto Piterà
AiCARR Informa 77 Periodico Organo ufficiale AiCARR Direttore responsabile ed editoriale Marco Zani Direttore scientifico Michele Vio Consulente scientifico Renato Lazzarin Consulente tecnico per il fascicolo Ciro Aprea Consulente editoriale per il fascicolo Carmine Casale Comitato scientifico Paolo Cervio, Sergio Croce, Francesca Romana d’Ambrosio Alfano, Renato Lazzarin, Luca Alberto Piterà, Mara Portoso, Michele Vio, Marco Zani Redazione Alessandro Giraudi, Silvia Martellosio, Marzia Nicolini, Erika Seghetti redazione@aicarrjournal.org Art Director Marco Nigris Grafica e Impaginazione Fuori Orario - MN Hanno collaborato a questo numero Ciro Aprea, Nicolandrea Calabrese, Gerardo Cardillo, Carmine Casale, Stefano Filippini, Francesco Fradiga, Adriana Greco, Angelo Maiorino, Michele Martello, Antongiulio Mauro, Sacha Ottone, Andrea Piccolo, Luca Alberto Piterà, Michele Pontarollo, Antonio Ragni, Raul Simonetti, Giancarlo Sormani, Michele Vio Pubblicità Quine Srl 20122 Milano – Via Santa Tecla, 4 – Italy Tel. +39 02 864105 – Fax +39 02 72016740 Traffico, Abbonamenti, Diffusione Rosaria Maiocchi Editore: Quine srl www.quine.it Presidente Andrea Notarbartolo Amministratore Delegato Marco Zani Direzione, Redazione e Amministrazione 20122 Milano – Via Santa Tecla, 4 – Italy Tel. +39 02 864105 – Fax +39 02 72016740 e-mail: redazione@aicarrjournal.org Servizio abbonamenti Quine srl, 20122 Milano – Via Santa Tecla, 4 – Italy Tel. +39 02 864105 – Fax +39 02 70057190 e-mail: abbonamenti@quine.it Gli abbonamenti decorrono dal primo fascicolo raggiungibile.
Stampa CPZ spa - Costa di Mezzate -BG AiCARR journal è una testata di proprietà di AICARR – Associazione Italiana Condizionamento dell’Aria, Riscaldamento e Refrigerazione Via Melchiorre Gioia 168 – 20125 Milano Tel. +39 02 67479270 – Fax. +39 02 67479262 www.aicarr.org Posta target magazine - LO/CONV/020/2010. Iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione n. 12191 Responsabilità Tutto il materiale pubblicato dalla rivista (articoli e loro traduzioni, nonché immagini e illustrazioni) non può essere riprodotto da terzi senza espressa autorizzazione dell’Editore. Manoscritti, testi, foto e altri materiali inviati alla redazione, anche se non pubblicati, non verranno restituiti. Tutti i marchi sono registrati. INFORMATIVA AI SENSI DEL D.LEGS.196/2003 Si rende noto che i dati in nostro possesso liberamente ottenuti per poter effettuare i servizi relativi a spedizioni, abbonamenti e similari, sono utilizzati secondo quanto previsto dal D.Legs.196/2003. Titolare del trattamento è Quine srl, via Santa Tecla 4, 20122 Milano (info@quine.it). Si comunica inoltre che i dati personali sono contenuti presso la nostra sede in apposita banca dati di cui è responsabile Quine srl e cui è possibile rivolgersi per l’eventuale esercizio dei diritti previsti dal D.Legs 196/2003.
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Aderente
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Tiratura del presente numero: 10.000 copie
Novità Prodotti CALDAIE MURALI CON ACCUMULO INTEGRATO Hermann Saunier Duval presenta la nuova serie di caldaie murali con accumulo integrato Master 3 che, grazie alle dimensioni contenute, è installabile sia per nuova impiantistica che per sostituzione di impianti esistenti. Il nuovo pannello comandi della gamma coniuga estetica e comfort. I tasti e la simbologia utilizzati consentono all’utente una selezione delle funzioni e delle temperature desiderate ed un uso semplice. Il display digitale inoltre permette di visualizzare costantemente la temperatura del circuito di riscaldamento o la pressione dell’impianto e di impostare i principali parametri di funzionamento della caldaia.
Solar Easy Tutti i modelli della gamma Master 3 sono Solar Easy, ovvero garantiscono la compatibilità con tutti i sistemi solari grazie ad una serie di kit solari. La caldaia interviene quando l’irraggiamento solare non è sufficiente a mantenere l’acqua sanitaria alla temperatura desiderata. www.hermann-saunierduval.it
BARRIERE D’ARIA PER SPAZI COMMERCIALI Toshiba presenta la nuova linea Barriere d’aria dedicata al terziario. Il sistema impedisce all’aria esterna, con temperatura e umidità non confortevoli, di “inquinare” le condizioni termoigrometriche interne e di generare lavoro addizionale agli impianti di climatizzazione e riscaldamento, favorendo un elevato risparmio energetico, grazie anche al positivo contributo della pompa di calore. Altro aspetto è quello della riduzione degli spifferi d’aria e, soprattutto nel periodo estivo, quello di limitare l’ingresso indesiderato di mosche e altri insetti, oltre a bloccare particelle inquinanti dei gas di scarico delle automobili nei centri urbani. Le barriere d’aria sono compatibili con tutte le unità condensanti Digital e Super Digital Inverter e sono disponibili nei modelli a cassetta (foto), a soffitto e canalizzabile con potenze e dimensioni differenti adatte per porte di ogni dimensione e sono dotate di ventilatori a tre velocità, per permettere all’utilizzatore di selezionare il corretto flusso d’aria a seconda delle differenti condizioni ambientali. www.toshiba.it
COMPRESSORI SCROLL PERFORMER PER APPLICAZIONI HVAC Danfoss annuncia il lancio della serie di compressori scroll Performer WSH. Ideati per il funzionamento con R410A, ottimizzando le caratteristiche dei chiller raffreddati ad acqua, i compressori sono attualmente disponibili in sei cilindrate. La gamma completa offre capacità di raffreddamento di 7,5-15 TR (28-53 kW) a una temperatura di evaporazione di 7,2˚C, temperatura di condensazione di 54,4 ˚C, superiscaldamento di 11,1 K e sottoraffreddamento di 8,3 K, 60 Hz. Grazie alle caratteristiche e alla tecnologia in dotazione, la serie è particolarmente idonea per applicazioni HVAC in alberghi, abitazioni, ristoranti, uffici, sale d’attesa delle stazioni ferroviarie, fabbriche, ecc. I compressori sono stati progettati con un rapporto di pressione idoneo per le applicazioni raffreddate ad acqua. Questo rapporto, unito alle spirali ottimizzate e al campo di funzionamento più ampio, consente un’efficienza di raffreddamento in tutto l’impianto. La nuova gamma, secondo quanto riportato dall’azienda, offre un aumento del 5% in termini di efficienza rispetto ai tradizionali compressori per il condizionamento dell’aria.
Attacchi rapidi Per i modelli WSH codice 4 è disponibile poi un sistema attacchi rapido che permette di velocizzare l’installazione dell’apparecchio e migliorare la produttività dell’1% rispetto ai compressori standard. Un’altra caratteristica è la morsettiera Poka, che contribuisce a ridurre l’incidenza di errori di cablaggio e migliora in tal modo la sicurezza e l’affidabilità del compressore. www.danfoss.it
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Novità Prodotti ADDOLCITORE CON PORTATA DI 1200 LITRI/H Contrariamente alle sue ridotte dimensioni, l’addolcitore Cillit-Micro Parat BK Data Cyber di Cillichemie ha una portata di 1200 litri/h con punte che possono raggiungere anche i 2000 litri/h, quindi è in grado di alimentare costantemente con acqua addolcita case o ville di grandi dimensioni. Inoltre, secondo quanto riportato da un comunicato aziendale, l’addolcitore consuma il 50% in meno di rigenerante e acqua per la rigenerazione. Il sistema elettronico di gestione decide, infine, autonomamente quando l’addolcitore deve essere rigenerato e quanto rigenerante deve essere utilizzato per la perfetta rigenerazione delle resine. www.cillichemie.com
ENERGY COMBIBOX, UNA SOLUZIONE PER DUE ESIGENZE Progettato e realizzato con l’intento di rispondere alla necessità di una gestione autonoma e controllata degli impianti termici di singole unità abitative, Energy Combibox è il nuovo modulo ad incasso per la contabilizzazione dei consumi termosanitari, con produzione istantanea di acqua calda sanitaria di Emmeti. Il modulo è suddiviso in due parti che vengono fornite pre-assemblate: l’involucro esterno, con i raccordi di collegamento all’impianto, che può essere installato precedentemente e disgiuntamente per evitare l’imbrattamento o il furto dei componenti; ed il modulo interno, che comprende invece tutta la componentistica, agevole da installare anche in un momento successivo, poiché è costituito da agganci rapidi e da maniglia di sollevamento.
Lettura dei consumi
TUBO ANTIVIBRANTE PER PRESSIONI DI ESERCIZIO MEDIO-ALTE Per combattere le vibrazioni negli impianti idrotermosanitari e sopportare una pressione di esercizio medio-alta nel collegamento tra la rete idrica e le pompe, le caldaie e le autoclavi, Parigi Industry ha progettato AVT-I. Si tratta di un tubo antivibrante che, oltre a svolgere le normali funzioni, consente di lavorare a pressioni fino a 30 bar e con acqua a temperatura di 90°C, garantendo pressioni di scoppio fino a 4 volte la pressione di esercizio. Disponibile esclusivamente con treccia in acciaio inox, il tubo-I garantisce resistenza alla corrosione da agenti esterni e permette, negli impianti di condizionamento e riscaldamento, di essere coibentato per evitare la perdita di calore dell’acqua. È disponibile nei diametri dal 1/2» fino al 2», con raccordi femmina e maschio, sia con filettature europee sia con quelle americane.
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Dotato di cassetta con serratura, realizzata in metallo zincato verniciato, Energy Combibox presenta un misuratore di energia termica con uscita M – Bus che consente la lettura diretta dei consumi o la centralizzazione dei dati gestiti localmente attraverso PC, oltre ad un contatore volumetrico di acqua fredda sanitaria lanciaimpulsi. È provvisto poi di uno scambiatore di calore saldobrasato per la produzione immediata di acqua calda sanitaria, di un flussostato di priorità in nylon 66 rinforzato GF al 30%, di una valvola di zona motorizzata DN20 a quattro vie con passaggio di by-pass, di una valvola deviatrice motorizzata DN25 di priorità sanitario, di una valvola automatica di sfiato aria, di una valvola miscelatrice termostatica DN15 per acqua sanitaria e di una valvola by-pass differenziale che realizza le perdite di carico in condizione di valvola a quattro vie aperta, così da consentire una stabilizzazione nelle condizioni di funzionamento dell’impianto centralizzato. www.emmeti.com
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Position Paper AiCARR Tubazioni in vista Interpiano tecnico
Il risparmio energetico nelle strutture sanitarie esistenti AiCARR presenta alcuni suggerimenti per aumentare l’efficienza energetica delle strutture sanitarie, in particolare di quelle ospedaliere, intervenendo sia sugli involucri edilizi che sugli impianti HVAC (Heating Ventilation and Air Conditioning)
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sono ospitate in edifici ormai vecchi: alcune statistiche riferiscono di un’età media pari a circa 50 anni. Recentemente sono state realizzate nuove strutture, ma la tendenza è quella di ristrutturare e/o riqualificare gli edifici esistenti senza che venga effettuata caso per caso un’analisi costi-benefici che supporti tale scelta. Anche se ai fini del risparmio energetico esiste una profonda interazione tra l’involucro e gli impianti HVAC, nel caso delle strutture sanitarie, in particolare degli ospedali, gli impianti HVAC assumono una importanza maggiore rispetto all’involucro. Infatti, questi impianti devono non solo garantire le condizioni di comfort termoigrometrico e di qualità dell’aria per le persone (pazienti, personale, visitatori), ma devono innanzitutto e soprattutto soddisfare le esigenze di processo legate ad attività di tipo medico svolte in specifici ambienti e/o reparti, con particolare riferimento a quelli di diagnosi e cura in cui è necessario e indispensabile garantire condizioni di elevata qualità dell’aria indispensabili e strutture ospedaliere italiane
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per assicurare le adeguate condizioni di asepsi e di igiene: si pensi ad esempio alle sale operatorie, alle terapie intensive, al reparto infettivi. A questo proposito, è necessario ribadire che molte aree dell’ospedale devono essere considerate sede di processi il cui regolare svolgimento dipende in maniera significativa dalle condizioni termoigrometriche e soprattutto di qualità dell’aria interna realizzate dall’impianto HVAC. Indubbiamente i progressi della tecnica e della tecnologia hanno portato a miglioramenti del processo ospedaliero che fino a qualche anno fa sembravano irraggiungibili, ad esempio riducendo le infezioni di origine nosocomiali, permettendo interventi chirurgici in ipotermia, creando condizioni ambientali che hanno migliorato il comfort dei degenti, consentendo agli operatori di lavorare meglio e con maggior efficienza. Purtroppo, realizzando tali miglioramenti, non si è sempre tenuto conto degli aspetti energetici. La vera sfida è oggi quella di ottenere strutture ospedaliere che siano sostenibili energeticamente ed economicamente, soprattutto
intervenendo sugli ospedali esistenti. È ovvio che deve essere evitato il gioco al ribasso, che ci riporterebbe indietro di decenni nei risultati raggiunti sui pazienti e nel progresso tecnologico.
Definizione dei parametri termoigrometrici e di qualità dell’aria interna Negli ambienti confinati presenti nelle strutture ospedaliere, gli impianti HVAC hanno la funzione di controllare uno o più dei seguenti parametri: • temperatura dell’aria (ritenuto a torto il parametro più importante); • umidità assoluta o umidità relativa (il suo valore può variare in un intervallo i cui estremi
dipendono dalla destinazione d’uso dell’ambiente, soprattutto negli ambienti destinati a funzioni mediche, dal processo che in essi si svolge, p.e. sale operatorie o terapie intensive o degenze); • portata minima di aria esterna; • sovrapressione di un ambiente rispetto all’esterno e/o ad ambienti limitrofi (per confinare l’ambiente in questione); • concentrazione dei contaminanti sotto forma di particolato (in fase solida o liquida) e/o aeriforme di natura chimica presenti nell’aria esterna e/o prodotti all’interno degli ambienti; • presenza di virus e batteri nell’aria esterna e/o all’interno degli ambienti. I valori limite di questi parametri sono generalmente previsti da norme e linee guida tecniche, in continua evoluzione. Per alcuni di questi parametri esistono anche riferimenti legislativi, che spesso prescrivono limiti troppo rigidi sia in termini di valore assoluto, inteso come numero, sia come intervallo di variazione accettabile, sia come tolleranze, cioè come oscillazioni intorno al valore atteso. Tutto ciò crea problemi negli impianti HVAC, in quanto si è spesso costretti, per soddisfare tali criteri, ad adottare soluzioni non efficienti dal punto di vista energetico, poco innovative e gestionalmente poco flessibili. AICARR ritiene si possa intervenire per risolvere questi problemi prevedendo gli interventi descritti qui di seguito.
Funzionamento a carichi ridotti Il funzionamento a carichi
ridotti prevede che l’impianto HVAC venga utilizzato in funzione della richiesta. In particolare, l’impianto viene fatto funzionare al 100% delle sue possibilità solo quando è necessario, in modo da risparmiare energia. L’opportunità di adottare un funzionamento del genere è legata essenzialmente al fatto che alcuni ambienti non sono sempre utilizzati (si pensi alle sale operatorie, alle alte diagnosi, agli studi medici, ai laboratori, che funzionano solo in certe ore del giorno). Andrebbe quindi stabilita la possibilità di poter realizzare in queste tipologie di ambienti impianti HVAC che abbiano almeno due regimi di funzionamento, quello in servizio e quello in stand/by a carichi ridotti. In tal modo si potrebbero ottenere consistenti risparmi energetici.
Possibilità di adeguare i parametri termoigrometrici e di qualità dell’aria interna alle reali esigenze dell’ospedale L’ospedale è una macchina complessa, in cui sono presenti ambienti con le destinazioni d’uso più diverse. Limitandosi agli ambienti destinati alle terapie e alle cure, che possono essere più o meno intense e riferite a patologie estremamente differenti, generalmente gli ambienti più critici dal punto di vista termoigrometrico e della IAQ sono quelli dei reparti di diagnosi e cura che costituiscono l’area “high care”, dove le esigenze di processo sono prevalenti e dove i valori dei parametri devono rientrare in campi ben definiti. Le esigenze di benessere diventano prevalenti rispetto a quelle di processo negli ambienti a intensità di cura più bassa, che costituiscono le cosiddette aree “low care” nelle quali i pazienti trascorrono periodi assai più lunghi e che rappresentano la maggioranza delle superfici del nosocomioi; ne sono un esempio le degenze ordinarie e quelle di day hospital. In ogni caso, si deve sempre tener presente che gli impianti HVAC devono assicurare, per quanto di loro pertinenza, la sicurezza e la salute di tutti gli utenti della struttura ospedaliera e di coloro che in essa lavorano. In generale, quindi, i valori della temperatura dell’aria, dell’umidità relativa e delle portate di
aria esterna e di ricircolo devono essere definiti in funzione di esigenze specifiche, basate ad esempio sulla destinazione d’uso dell’ambiente. Tali valori devono essere ottenuti e mantenuti seguendo un approccio PRESTAZIONALE, tenendo conto del risultato che deve essere conseguito più che dei metodi usati per conseguirlo, e non PRESCRITTIVO, limitandosi a verificare il rispetto dei valori limite di alcuni parametri di funzionamento degli impianti. Questa modalità di procedere, seguita in molti Paesi stranieri, consente di tener conto delle sinergie esistenti tra tutti i parametri termoigrometrici e di IAQ e sulle conseguenze di queste sul risultato da ottenere per soddisfare le esigenze di processo e di benessere, ottimizzando i consumi energetici. A conferma di ciò, va sottolineato che gli impianti HVAC nelle strutture sanitarie vengono ormai progettati differenziandoli in funzione delle patologie o dell’intensità di cure, come testimoniato da una copiosa letteratura tecnico-scientifica e dagli standard recentemente pubblicati da ASHRAE (American Society of Heating, Refrigerating and Air-Conditioning Engineers) con ASHE (American Society for Healthcare Engineering of the American Hospital Association) nei quali sono proposti valori attesi dei parametri differenti da reparto a reparto.
Correggere le incongruenze legislative Qui di seguito sono riportati alcuni esempi di incongruenze presenti nei dispositivi legislativi attualmente in vigore: • i valori di umidità relativa sono prescritti in maniera generica intorno al 50% laddove, come previsto anche dallo Standard ANSI/ ASHRAE/ASHE 170:2008, questa condizione può essere ritenuta indispensabile solo nella metà dei casi e addirittura, in alcuni ambienti, rappresenta un requisito non richiesto. Considerato che il controllo dell’umidità relativa comporta elevati investimenti iniziali ed elevatissimi consumi energetici, è opportuno che il valore di questo parametro sia definito in funzione della destinazione d’uso degli ambienti; ad esempio, nei reparti grandi ustionati è importante avere valori pari al 70%, mentre in alcuni ambienti dell’area low care l’umidità relativa può essere non controllata senza ricadute sul comfort; • i valori delle portate di aria esterna sono sempre correlati ai volumi dei locali e non alle richieste dei processi e/o della IAQ: si pensi ai 15 vol/h richiesti dal DPR 14.01.1997 (detto Decreto Bindi) per le sale operatorie, che poteva essere corretto per una sala operatoria di vecchia concezione, con una superficie di 30 m², ma non lo è certamente più per una sala operatoria di nuova concezione, con una superficie di 60÷80 m², dove peraltro i gas anestetici
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volatili sono presenti in concentrazioni minori che nel passato e il contaminante principale è il particolato aerodisperso. Oppure si pensi ai 2 o 3 vol/h genericamente previsti nelle degenze dalla Circolare LLPP 22/11/1974 n. 13011 1974, che invece potrebbero essere maggiori di 4, in base ad esigenze del processo sanitario, o minori di 2, secondo quanto previsto nella proposta di revisione della Norma UNI 10339, i cui lavori sono portati avanti da un GdL del CTI (Comitato Termotecnico Italiano) essenzialmente composto da soci AiCARR. Anche in questo caso, il risparmio energetico che si potrebbe avere utilizzando impianti consapevolmente sostenibili con valori di portata differenziati e compatibili con le esigenze dell’utenza è sicuramente significativo. • il ricircolo dell’aria in locali omologhi, ad esempio in una stessa sala operatoria, pur essendo utilizzato praticamente in tutto il mondo, in Italia è considerato vietato in virtù della sibillina indicazione “aria esterna senza ricircolo” del DPR 14.01.1997, anche se previsto dalle Linee Guida ISPESL e da Leggi regionali di Accreditamento, e anche se è considerato come la migliore tecnica dell’arte dalla recente Norma UNI 11425. I risultati della indicazione del DPR sono costi energetici elevati a fronte dei quali le classi di pulizia degli ambienti non sono adeguate. • i limiti di fabbisogno energetico imposti dal DLgs. 192/05 e s.m.i. non possono essere correttamente applicati all’edilizia ospedaliera, essenzialmente perché tali riferimenti legislativi non prendono in considerazione la reale destinazione d’uso. È quindi necessaria l’emanazione di una normativa che parametrizzi il consumo energetico in funzione della prestazione erogata. AiCARR suggerisce quindi di introdurre l’approccio prestazionale, che presuppone una preventiva analisi dei rischi dal punto di vista clinico per le varie patologie e quindi per i vari reparti. Solo sulla base di un’analisi dei rischi, infatti, si può pensare di ottimizzare gli impianti, evitando inutili e talvolta dannose prescrizioni, che, in mancanza di tale analisi, risultano spesso troppo cautelative.
INTERVENTI DI RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA DEGLI OSPEDALI ESISTENTI Un intervento di riqualificazione energetica di un edificio richiede la conoscenza approfondita del sistema edificio-impianto su cui si deve intervenire, in quanto l’involucro edilizio e l’impianto HVAC contribuiscono in maniera sinergica alla determinazione dei consumi energetici. Basti pensare come un miglioramento della qualità energetica dell’involucro, ottenibile ad esempio con
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un’accurata progettazione dell’isolamento termico, abbia un immediato riflesso sui consumi energetici, soprattutto nel caso di strutture esistenti caratterizzate da basse prestazioni energetiche. Per garantire che la riqualificazione energetica sia effettivamente una ottimizzazione dei consumi, è indispensabile prevedere adeguate diagnosi energetiche, che devono fornire tutti gli elementi riguardanti i consumi energetici e gli eventuali problemi energetici del sistema edificio-impianto in esame, sia per il sistema in generale che per i singoli reparti, in modo da capire quali sono i processi e le situazioni che richiedono i maggiori fabbisogni di energia e se tali fabbisogni sono giustificati. Attualmente, per definire il livello di prestazione energetica di un ospedale vengono utilizzati indicatori di consumo spesso obsoleti, quali le aree di superficie, i volumi e i posti letto, che non evidenziano in maniera corretta il reale scopo della macchina ospedaliera, che è curare il malato e, a parità di servizio reso, spendere il giusto. AiCARR propone di definire indicatori che, tenendo conto dei consumi/costi energetici e della prestazione resa, permetterebbero di valutare le prestazioni energetiche reali di un ospedale e confrontare prestazioni di ospedali molto diversi tra loro, ad esempio per dimensioni, localizzazione e prestazioni mediche fornite. Ovviamente, è indispensabile che la prestazione resa tenga conto del livello di intensità delle prestazioni mediche fornite: non è possibile, infatti, confrontare un ospedale di provincia, dotato solo di alcuni reparti e di apparecchiature medico-sanitarie di vecchia generazione con un ospedale della stessa tipologia e con gli stessi reparti, ma dotato delle più moderne apparecchiature e con un grande ospedale.
Nuovi indicatori di consumo AiCARR ritiene che per raggiungere questo obiettivo sia necessario un lavoro lungo e certamente complesso di raccolta di dati tramite diagnosi energetiche correttamente svolte sugli ospedali esistenti, al fine di ottenere un archivio di dati che portino alla definizione dei dati di benchmarking da cui poi ricavare gli indicatori. Ovviamente, vanno preparati protocolli di diagnosi ad hoc da utilizzare sul territorio nazionale che, sulla base di quanto detto, dovrebbero tener conto almeno: • della complessità del sistema edificio-impianto; • del livello delle prestazioni sanitarie che la struttura eroga; • del livello di benessere termoigrometrico e di IAQ garantiti nella struttura esistente; • dei consumi specifici per i singoli ospedali, per quanto riguarda non solo i fabbisogni di riscaldamento, ma anche quelli per il condizionamento e la ventilazione meccanica.
Particolare attenzione deve essere rivolta all’ottimizzazione dell’efficienza energetica dei componenti aeraulici, quali ventilatori, sistemi filtranti e di regolazione, ad esempio con l’adozione di componenti ad alta efficienza energetica come previsto dalle attuali norme tecniche. Inoltre devono essere valutati i consumi energetici per altri vettori termici, quali l’acqua calda sanitaria e il vapore per la sterilizzazione e il controllo dell’umidità dell’aria ambiente che rappresentano una considerevole parte dei consumi delle strutture ospedaliere.
Partire dall’analisi dei rapporti sui consumi In particolare, considerato che gli ospedali (non necessariamente tutte le strutture sanitarie) hanno un Energy manager che dovrebbe annualmente inviare a ENEA un rapporto sui consumi, si potrebbe partire da queste relazioni per fare una mappatura della situazione e decidere quali ospedali cominciare a prendere in considerazione per effettuare le diagnosi secondo i protocolli unificati di cui si è detto. In AiCARR sono presenti tutte le competenze, professionali, aziendali e accademiche che potrebbero redigere protocolli di questo genere. A margine, AiCARR ritiene che la figura degli Energy Manager, presenti in tutte le strutture importanti, dovrà essere rivalutata dando la possibilità a questi di lavorare come veri e propri manager, affidando loro la responsabilità dell’organizzazione e della gestione dei sistemi di controllo e supervisione degli impianti HVAC. In questo modo, sarebbe possibile avere informazioni utili per migliorare l’efficienza partendo dalla “localizzazione” degli sprechi o malfunzionamenti e quindi poter prontamente intervenire. Una procedura di questo genere potrebbe essere adottata per l’analisi energetica di tutte le strutture sanitarie che non sono direttamente equiparabili alle normali strutture ospedaliere, quali le RSA e i nosocomi per lungo degenti.
Interventi di efficientamento eseguiti nell’ambito dell’ASL di Rimini
Riduzione di spurghi di torri evaporative
INTERVENTI IMMEDIATI In attesa di un protocollo per la diagnosi energetica, che come illustrato richiede inevitabilmente tempi più lunghi, AiCARR suggerisce interventi in grado di produrre risparmi immediati, che si integrano nel ciclo di manutenzione ordinaria e straordinaria di sostituzione delle apparecchiature: • ottimizzazione dei sistemi di regolazione e controllo per il trattamento dell’aria e dei fluidi tecnici, che devono rispondere alle reali esigenze; • sostituzione di generatori di calore, generatori di acqua refrigerata e sistemi di pompaggio molto obsoleti, il che consente anche di ottenere un aumento dell’affidabilità dell’impianto; • sostituzione dei condizionatori split autonomi da pochi kW (tipo uso domestico) spesso presenti in numeri elevati negli ospedali con impianti centralizzati, che hanno valori di efficienza almeno doppi; • realizzazione di interventi di ripristino e/o miglioramento degli isolamenti termici di tubazioni e condotte, specie se posizionati all’esterno o di grande dimensione;
Sostituzione di caldaie a gasolio con nuove a gas naturale
Impianti di cogenerazione in ciascuno dei 4 presidi per un totale di 1700 kWt e 1300 kWe
• utilizzo di impianti con bassi valori della differenza tra la temperatura del fluido e quella dell’ambiente; controllo delle tenute delle condotte dell’aria, almeno nelle parti più facilmente accessibili; • controllo delle tenute degli ambienti e contestuale ritaratura degli impianti di climatizzazione, dando precedenza alle aree con climatizzazione estiva ed invernale; • impiego di filtri ad alta classe energetica; • utilizzo di inverter o regolazione elettronica per la variazione dei valori di portata di aria e acqua; • utilizzo impianti a portata d’aria variabile in funzione dello stato occupazionale; • utilizzo dello stand-by ove possibile per ambienti ad occupazione non continua. In parallelo, si dovrebbe incentivare l’installazione di sistemi di gestione e controllo degli impianti che rendano per quanto possibile automatiche le operazioni volte al contenimento dei consumi, quali attenuazioni e spegnimenti notturni e ottimizzazione del ricircolo aria e dei parametri di funzionamento, considerato che le attuali tecnologie lo consentono con investimenti relativamente bassi e brevi tempi di ritorno.
CAMPAGNA DI SENSIBILIZZAZIONE DEGLI UTENTI
Isolamento delle tubazioni
del cittadino e gli utenti delle strutture sanitarie, siano pazienti o lavoratori, devono prendere coscienza in maniera corretta delle problematiche energetiche della struttura in cui si trovano, essere disponibili ad accettare condizioni termoigrometriche che siano compatibili con le condizioni di comfort e che siano contemporaneamente energeticamente efficienti (si pensi all’educazione all’abbigliamento come strumento di regolazione personalizzata). In definitiva, la cosa pubblica dovrebbe essere anche il modello educativo di uno stile di vita. L’utente deve anche prendere coscienza del fatto che gli impianti devono essere flessibili, ma non possono sempre realizzare condizioni che procurino a ciascuno la stessa condizione di benessere. Infine, l’utente, soprattutto quello che negli ospedali lavora e che vive la quotidianità dell’ospedale, deve imparare a effettuare semplici operazioni manuali quali spegnere la luce, abbassare o alzare il termostato, chiudere l’acqua calda sanitaria e non aprire le finestre o lasciare luci e apparecchiature accese quando non è necessario. Infine, può essere opportuno dare degli indicatori, dettagliati anche a livello di reparto, definendo con chiarezza centri di costo e responsabilità connesse. In questo modo si potrebbe certamente far sì che la “cosa comune” diventi sempre più una “cosa propria “. n
Sarebbe opportuno stimolare gli utenti delle strutture sanitarie a considerare queste come una “res publica” e come tale affidata alla responsabilità del singolo cittadino. L’attenzione ai risparmi energetici deve diventare un dovere
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Campagna a cura di:
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Refrigeranti naturali e sintetici
I refrigeranti a basso GWP tra praticitá, sicurezza ed economicitá P
er effetto della recente proposta di revisione del Regolamento Europeo 842-2006 sull’uso dei gas fluorurati ad effetto serra, si profila per l’industria del freddo una nuova sfida che dovrà essere affrontata e risolta con la collaborazione di tutti gli “attori” in campo. È quindi utile fare il punto della situazione, verificare “lo stato dell’arte” delle tecnologie ad oggi disponibili ed individuare le soluzioni possibili per il futuro. Se il “focus” viene oggi posto sull’effetto serra diretto (GWP – Global Warming Potential) dei gas fluorurati è necessario notare che l’approccio dovrà comunque essere più vasto, sia nell’ottica di ottimizzare l’impatto ambientale nel suo complesso (TEWI – Total Equivalent Warming Impact), sia per tenere conto del fatto che le scelte sui futuri refrigeranti non potranno prescindere da aspetti irrinunciabili come la sicurezza (infiammabilità e tossicità, Fig.1), o di impatto non certo trascurabile quali l’economicità delle soluzioni proposte e la disponibilità in quantità industriali dei gas stessi.
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Efficienza ed impatto ambientale sono parametri sicuramente di attualità, ma non possono essere trascurati altri fattori come la sicurezza, il costo e la disponibilità di soluzioni alternative. Per quanto sia logico attendersi un aumento nell’utilizzo di refrigeranti naturali, tuttavia le miscele di HFO/ HFC potranno rivelarsi essenziali in talune applicazioni e dovranno quindi essere opzioni disponibili anche in futuro
di Antonio Ragni refrigerant safety groups higher flammability
A3
B3
lower flammability
A2
B2
difficult to ignite and sustain
A2L
B2L
A1
B1
lower toxicity
higher toxicity
no flame propagation
Figura 1 – CLASSIFICAZIONE DI SICUREZZA proposta da Ashrae Standard 34
new 2L
Figura 2 – Il peso del GWP sull’ambiente
Il peso economico ed energetico del GWP
Figura 3 – CLASSIFICAZIONE DEI REFRIGERANTI basata su GWP proposta da TEAP (Technology and Economic Assessment Panel di UNEP)
Figura 4 – CHILLER a bassissima carica di ammoniaca con evaporatore Shell&Plate
Questi ultimi sono aspetti che vanno valutati attentamente. L’economicità non può essere ridotta al solo costo del refrigerante, ma occorre valutare anche l’effetto eventualmente indotto dalla maggiore complessità degli apparecchi e delle installazioni imposta dai requisiti di sicurezza e/o di efficienza, e dalla necessità di maggiori controlli manutentivi richiesti dalle normative. Inoltre, per gli F-gas, sia il costo del refrigerante che la sua disponibilità sono fortemente condizionati dall’impiego in applicazioni diverse dalla refrigerazione in impianti fissi (settore automobilistico, gas espandenti, ecc.). Occorre precisare che l’incidenza dell’effetto serra diretto prodotto dai fluidi sintetici, misurato dal parametro GWP, ha un peso complessivo pari al 2-5% sul TEWI, mentre l’effetto indiretto, generato dal consumo di energia prodotta con combustibili fossili e conseguente emissione di CO2, pesa per il 95-98% (Fig.2). È evidente l’importanza del ruolo giocato dall’efficienza teorica dei cicli frigoriferi e, nel concreto, dall’efficienza che potrà essere realizzata nelle applicazioni industriali che saranno in futuro proposte. Ma attenzione, se da un lato si evidenzia la minore importanza relativa giocata dal GWP, questo non deve costituire un alibi per ridurre la sensibilità generale rispetto all’effetto serra diretto, ma spingere ancor più l’industria a proporre soluzioni tecnologicamente più efficienti e le istituzioni a favorirne concretamente, con opportuni strumenti quali incentivi o standard minimi di efficienza obbligatori, una migliore ricezione nel mercato. È del tutto evidente che le nuove soluzioni tecnologiche dovranno allo stesso tempo garantire un’efficace riduzione di entrambi i fattori che determinano l’impatto ambientale.
Il giusto compromesso per le macchine fisse
Refrigerants with low GWP between practicality, safety and cost-effectiveness
As a result of the recent proposal for a revision of the EU Regulation 842-2006 on the use of fluorinated greenhouse gases, for the refrigeration industry a new challenge is looming and it must be addressed and resolved with the cooperation of all the “actors“ in the field. It is therefore useful to take stock, review the “state of the art” technologies available to date and identify possible solutions for the future. Keywords: fluorinated greenhouse gases, refrigeration industry, EU Regulation 842-2006
Ciò premesso, quale potrebbe essere un valore di riferimento di GWP tale per cui si possa parlare di refrigerante a basso effetto serra diretto? Una classificazione potenziale è stata proposta a livello internazionale da UNEP-TEAP (Fig.3). Nel settore automobilistico si è stabilito un valore limite GWP<150, e questo parametro è stato adottato in questo specifico settore come criterio di accettazione nell’utilizzo di gas fluorurati. Tuttavia occorre analizzare l’argomento in maniera più complessa e considerare che un conto è il potenziale danno ambientale creato da uno stesso refrigerante impiegato in apparecchiature con ciclo di vita relativamente più breve, senza possibilità di effettuare rigorosi controlli sulle fughe di refrigeranti e con oggettiva difficoltà di recupero della carica a fine vita, altro è l’impatto quando lo stesso fluido è applicato in apparecchi fissi, per i quali già è in atto e potrà essere
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ulteriormente affinata una pratica rigorosa di procedure di manutenzione, di controllo e di recupero a fine vita operativa delle apparecchiature. Se attualmente i refrigeranti sintetici hanno GWP con valori compresi tra 700 e 4000, nelle applicazioni di refrigerazione fisse potrebbero essere prese in debita considerazioni anche soluzioni con GWP compresi tra 150 e 700, laddove questi fossero in condizione di garantire meglio efficienza, sicurezza, economicità delle soluzioni e disponibilità.
L’esperienza con i refrigeranti naturali Grazie alla spinta dei paesi del Nord Europa, che in questo ambito hanno e stanno indubbiamente svolgendo un importante ruolo di pionieri, attualmente sono già disponibili soluzioni a basso GWP ed in particolare modo con i cosiddetti refrigeranti naturali, tradizionali, come l’ammoniaca, o riscoperti, come la CO2 e gli idrocarburi HC. Vi sono applicazioni dove un refrigerante di ottime caratteristiche termodinamiche come l’ammoniaca trova un suo ambito naturale, e ci riferiamo in particolare agli impieghi in applicazione di refrigerazione industriale. Qui la tecnologia si è affinata ed uno sforzo importante è stato fatto dall’industria con l’obiettivo dichiarato di mettere a punto soluzioni con package preassemblati in fabbrica a carica di ammoniaca ridotta (1,2 kg/kW) o ridottissima (0,04 kg/kW), grazie all’impiego di scambiatori di calore innovativi del tipo Shell&Plate (Fig.4). Tali soluzioni hanno trovato impiego anche in applicazioni di climatizzazione di media e grande potenza.
Applicazioni con ammoniaca Un significativo esempio di package di questo tipo viene dal Terminal 5 dell’Aeroporto di Heathrow (Fig.5), nel quale l’orientamento politico sensibile alle tematiche ambientali ha giocato un ruolo essenziale nel favorire una soluzione con refrigerante naturale basato su quattro grandi chillers a vite, preassemblati e testati in fabbrica, in esecuzione speciale a bassa carica di ammoniaca. Interessante notare come la centrale frigorifera del Terminal 5 sia in realtà situata in area decentrata rispetto al cuore del grande aeroporto londinese, riducendo quindi i rischi di sicurezza in caso di incidente. Infatti, nel successivo rifacimento della centrale frigorifera del Terminal 2, la posizione estremamente critica sotto il profilo della sicurezza di questa nuova centrale, ha nuovamente suggerito l’utilizzo di HFC134a. Un interessante esempio di come ogni situazione debba essere valutata in tutti i suoi aspetti e di come possano essere eventualmente utili nel futuro refrigeranti F-gas a livello di GWP moderato (150<GWP<700). Sempre dal Nord Europa vengono anche soluzioni di riscaldamento molto interessanti dal punto di vista
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Figura 5 – HEATHROW TERMINAL 5. Centrale frigorifera dotata di quattro unità package ad ammoniaca, ciascuna con capacità di 6660 kW e carica di 1370 kg
Figura 6 – AARHUS UNIVERSITY HOSPITAL. Centrale frigorifera dotata di nove chillers raffreddati ad aria, ciascuno con capacità di 250 kW, caricati con ca 23 kg di R290 Propano. Nella stesso sito è installata una pompa di calore ad alta temperatura da 450 kW con 40 kg di carica di R606a Isobutano per ciascuno dei due circuiti frigoriferi.
ambientale, pompe di calore monoblocco acqua/acqua a bassa carica di ammoniaca operanti anche ad elevata temperatura, fino a 90°C di progetto, per applicazioni di teleriscaldamento urbano: refrigerante naturale (NH3), utilizzo di energie rinnovabili (Pompe di Calore), riduzione dell’inquinamento nelle aree urbane, ed in taluni casi anche abbinamento ad impianti di solare termico con associato stoccaggio stagionale del calore catturato dal sole. Interessanti anche le applicazioni di cicli in cascata con pompe di calore monoblocco ad alta temperatura (70°C) a carica ridottissima di NH3, che sfruttano i condensatori di impianti di refrigerazione industriale come sorgente di calore, ottenendo un doppio effetto utile, freddo a bassa temperatura e caldo ad alta temperatura per impieghi di processo o di riscaldamento e un’efficienza globale di grandissimo interesse.
Applicazioni con anidride carbonica Sempre in tema di riduzione delle cariche e di contemporaneo significativo incremento delle efficienze di sistema è opportuno citare l’utilizzo di sistemi in cascata di CO2/NH3 in impianti di surgelazione a bassa temperatura: riduzione di un ordine di grandezza delle cariche di NH3, refrigerante classificato come B2L lievemente tossico ed infiammabile, quindi difficilmente utilizzabile per ragioni di sicurezza nelle celle di surgelazione, sostituito in queste da CO2, utilizzata nella parte “a bassa temperatura” del ciclo in cascata; il tutto a fronte dell’impossibilità nel prossimo futuro di impiegare in questa applicazione HFC ad elevatissimo valore di GWP. Sempre la CO2 trova già oggi ampia applicazione nel Nord Europa nella refrigerazione commerciale in cicli transcritici o in cascata con
abbinamento ad HC. Grandi sforzi si stanno compiendo al momento per ottimizzare cicli e mettere a punto componenti tali da rendere applicabile l’utilizzo di CO2 anche nei più caldi climi Mediterranei.
Applicazioni con idrocarburi Sembra promettente al momento l’opportunità di utilizzare HC in chillers e pompe di calore per impiego outdoor. In questo caso sono stati affrontati e risolti con costi accettabili le problematiche di sicurezza, sia di macchina che di impianto, generate da refrigeranti infiammabili classificati come A3. A seguito dell’esito positivo dell’impiego di R290 in installazioni pilota, alcuni costruttori hanno messo a punto una vera e propria gamma di chiller di media potenza che utilizzano R290 (propano). In Italia l’eventuale impiego dovrà “fare i conti” con normative antincendio non sempre chiare, ma nel frattempo alcune esperienze in Danimarca (ad esempio Aarhus University Hospital, nove gruppi da 250 kW. Fig 6) segnalano un ottimo comportamento dal punto di vista prestazionale e funzionale. Del resto, come vedremo meglio più avanti, non esistono soluzioni F-gas a basso GWP (<150) in alternativa agli attuali HFC407c e
calore “aperti” per migliorare ulteriormente l’efficienza del ciclo, che, alla luce delle conoscenze attuali, appare comunque molto allineato rispetto alle migliori soluzioni oggi disponibili con refrigeratori centrifughi a velocità variabile basati su HFC134a.
HFC410A. Grazie alle sue migliori caratteristiche termodinamiche per impiego ad alta temperatura, un altro HC, l’isobutano R606a, è stato testato, sempre nello stesso impianto di Aarhus, in pompe di calore con temperatura di mandata di ca. 90°C.
HFO come soluzione intermedia Pur avendo disponibile una nuova gamma di soluzioni con refrigeranti naturali, restano sempre molto importanti le considerazioni di costo, di sicurezza e in taluni casi anche di efficienza che ne possono limitare in maniera importante la diffusione. Per questa ragione e con l’obiettivo generale di migliorare la sostenibilità delle applicazioni di refrigerazione e condizionamento, ci si è posti l’obiettivo di sviluppare una nuova generazione di F-gas, chiamati idrofluoro-olefine (HFO), caratterizzati da una maggiore instabilità delle molecole e pertanto da valori di GWP100 molto bassi. Tutto ciò a fronte però di un certo intrinseco livello di infiammabilità, sempre dovuto all’elevata instabilità delle molecole. Come vedremo in dettaglio, questi nuovi HFO possono anche essere opportunamente miscelati con HFC, creando sia miscele azeotropiche che zeotriche, in modo tale da avere caratteristiche di elevata efficienza e sicurezza, simili a quelle ad oggi riscontrate con la serie degli HFC, ma con riduzioni significative dei valori di GWP (150<GWP<700) rispetto a questi ultimi. Il loro utilizzo potrebbe essere accettabile, frutto di un
Il futuro è l’acqua? Perfino ciò che sino ad ora sembrava un’utopia, l’utilizzo dell’acqua come refrigerante in cicli a compressione di vapore (ODP zero, GWP zero, assolutamente sicura essendo in classe A1), si avvicina sempre più a diventare realtà, anche se molta strada dovrà essere ancora percorsa per rendere la soluzione accettabile dal punto di vista economico e per garantirne la necessaria flessibilità d’impiego. Nuove tecnologie sono allo studio per affrontare le sfide create dalla bassissima densità e pressione del refrigerante, che richiedono quindi da un lato di manipolare portate volumetriche inusitate e dall’altro di utilizzare apparecchiature ad elevato grado di vuoto. Si prospettano nuove tipologie di compressori e scambiatori di
Figura 7 – HFC134a e le sue alternative HFO/HFC
Figura 8 – HFC134a e le sue alternative con fluidi naturali
buon compromesso tra prestazioni, sicurezza di utilizzo ed impatto ambientale, ancor più a fronte sia di nuove tecnologie che permettano la riduzione delle cariche di refrigerante nei sistemi (evaporatori allagati ad altissima efficienza “falling film”, batterie di scambio ad aria tipo microchannel, ecc.) e la minimizzazione dei rischi di fughe di refrigerante (quantità e tipologie di giunti opportunamente ristudiati), sia di procedure di manutenzione molto attente al controllo delle perdite ed al recupero dei refrigeranti a fine vita operativa delle apparecchiature.
Le performance degli HFO In ambito AHRI è stato lanciato un programma di valutazione delle potenziali alternative ai principali HFC, denominato AREP (Alternative Refrigerants Evaluation Program), che prende in considerazione sia refrigeranti naturali che sintetici. Focalizzandoci sui chiller e sulle pompe di calore reversibili di largo utilizzo nel nostro mercato, ad oggi i refrigeranti più comuni sono R134a per gruppi di medie e grandi capacità frigorifere (tipicamente dotati di compressori a vite o centrifughi), R407c per unità di media capacità (compressori a vite e scroll) ed R410A per unità di potenza medio-piccola (compressori scroll). Senza entrare nel dettaglio di ogni singola alternativa esaminata da AREP, si evidenzia come le alternative sintetiche ad R134a (Fig. 7) possono essere l’HFO1234yf, vicino all’uso industriale nel settore del condizionamento automobilistico, e l’HFO1234ze che troverà probabile impiego come agente espandente. Entrambe queste soluzioni garantiscono un buon potenziale in termini di caratteristiche termodinamiche, tuttavia sono entrambe caratterizzate da un moderato livello di infiammabilità, caratteristica questa che potrebbe precluderne al momento l’utilizzo in chiller per installazione indoor. Purtroppo anche le alternative con miscele di HFO ed HFC con GWP<150 risultano infiammabili. A questo punto l’utilizzo di refrigeranti sintetici in chiller di medie o grandi potenze per installazione in locali chiusi imporrebbe l’elaborazione di nuovi standard di sicurezza, che tengano conto di valori di infiammabilità moderata, con l’obiettivo di coniugare gli aspetti imprescindibili di sicurezza a costi di installazione accettabili.
Nuovi standard di sicurezza Proprio a questo scopo è stata infatti definita la nuova proposta di classificazione ASHRAE 34, con l’aggiunta dell’indice 2L in presenza di livelli di infiammabilità moderati. In alternativa potrebbero essere disponibili potenziali miscele HFC/HFO classificate A1, quindi sicure sia dal punto di vista della tossicità che dell’infiammabilità, ma caratterizzate da valori di GWP moderati (450<GWP<650). Associate a nuove tecnologie per la riduzione della carica di refrigerante ed
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in presenza di procedure di controllo ancor più stringenti rappresenterebbero eventualmente una soluzione di compromesso valida rispetto alla situazione attuale. Come si è visto in precedenza, l’ammoniaca potrebbe essere il refrigerate naturale più credibile per chiller di grandi dimensioni, laddove fosse risolto il problema di infiammabilità con nuovi standard di sicurezza, tenendo conto che ora anch’essa avrà classificazione 2L. La vera limitazione nell’utilizzo di NH sarebbe a questo punto legata al costo delle apparecchiature, nonché alle problematiche di tossicità e di potenziale rischio legato all’effetto panico che la caratterizzano. Per applicazioni in pompe di calore, accanto all’ammoniaca potrebbero essere applicati sia R600a iso-butano, come abbiamo visto in precedenza, che una miscela di questo idrocarburo con propano. In questo caso l’applicazione potrebbe essere veramente limitata alle sole installazioni outdoor, avendo entrambi una classificazione A3 (Fig. 8).
Quali sostituti? Considerando i campi di applicazione con refrigeranti ad alta pressione, attualmente nel settore dei chiller troviamo in Europa principalmente l’HFC407c. Come suoi potenziali sostituiti (Fig. 9), si possono ipotizzare sia l’ammoniaca, per la quale sono anche disponibili gruppi package a bassissima carica di refrigerante, sia l’R290 propano che, come abbiamo visto, è già referenziato. A questi si può aggiungere anche un altro HC, l’R1270 propilene, con caratteristiche simili o migliori rispetto al propano. Sono tuttavia tutti infiammabili, in particolar modo i due idrocarburi, quindi utilizzabili in applicazioni specifiche e con i dovuti sistemi di sicurezza. In alternativa, nel campo dei refrigeranti naturali, si trovano solo miscele di HFO/HFC con valori interessanti di GWP (<350), pur non raggiungendo il target di GWP<150. Affrontando la sostituzione di HFC410A (Fig. 10) si trova una situazione problematica a lungo termine, dato che, con caratteristiche termodinamiche simili, si trovano solo refrigeranti sintetici, nessuno con GWP<150. Il candidato alternativo più accreditato è l’HFC32, peraltro già noto essendo parte della miscela di R410A; ottime prestazioni termodinamiche, ottima soluzione ponte in quanto disponibile nel breve periodo, ma classificato A2L e con GWP pari a 675. Le miscele HFC/HFO non sembrano in questo caso costituire un’alternativa vantaggiosa rispetto ad HFC32. Anche in questo caso si può puntare ad buon compromesso, accettando un GWP moderato a fronte di sforzi ulteriori per la riduzione delle cariche e di controlli accurati dal punto di vista manutentivo. Le nuove regolamentazioni sull’uso degli F-gas dovranno necessariamente tenere conto di considerazioni di costo e di effettiva disponibilità sul mercato di questi nuovi fluidi. n
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Figura 9 – HFC407c e le sue alternative con fluidi naturali e HFO/HFC
Figura 10 – HFC410A e le sue alternative con HFC32 e miscele HFO/HFC
Refrigeranti tra passato e futuro
È interessante dare uno sguardo alla storia dei refrigeranti per capirne l’evoluzione e il senso di una continua sfida al miglioramento. Nati con l’industria del freddo nella seconda metà dell’800, i fluidi erano stati inizialmente selezionati con il solo scopo di essere adatti ad operare in cicli frigoriferi, a prescindere da altre valutazioni, fossero queste di infiammabilità, tossicità od efficienza. Si trattava principalmente di refrigeranti naturali come SO2, eteri, ammoniaca, CO2 ed idrocarburi. Negli anni ’30 del secolo scorso furono introdotti i primi refrigeranti sintetici, i CFC e successivamente anche gli HCFC, che risolvevano brillantemente le istanze di maggiore efficienza e di sicurezza. Ecco quindi un passaggio di grande valore per la diffusione dell’industria del freddo. Ma agli albori degli anni ’90 ecco spuntare una nuova problematica, frutto della naturale tendenza umana alla continua ricerca di nuove e migliori soluzioni e della neonata sensibilità verso le tematiche ambientali. In una prima fase, a causa di dati molto allarmanti rispetto alla problematica creata dalla progressiva e rapida distruzione dello strato di ozono stratosferico da parte del cloro presente nelle molecole dei CFC e degli HCFC, l’accento venne posto proprio sulla necessità di sviluppare nuovi refrigeranti privi di cloro. Ecco nascere quindi una nuova generazione di F-gas, gli HFC che si rivelarono altrettanto efficaci, efficienti e sicuri dei precedenti, ma con caratteristiche ambientali notevolmente migliorate. Risolto ormai il problema dell’ozono altre sfide sono ora all’orizzonte, sfide generate da una generale ed accresciuta sensibilità ambientale. Il riscaldamento globale è ora al centro dell’attenzione ed il futuro vedrà sicuramente un ritorno dei refrigeranti naturali così come lo sviluppo di nuovi F-gas molto più compatibili con l’ambiente rispetto agli attuali HFC. Un ritorno, se vogliamo, alle problematiche iniziali di tossicità ed infiammabilità, che andranno ora risolte con nuove tecnologie e standard di sicurezza. Una sfida per il miglioramento dell’ambiente, ma anche una grande opportunità per l’industria se saprà investire opportunamente in questa direzione.
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Refrigeranti ed efficienza
Figura 1 – UNITÀ DI PROVA IN CAMERA CONTROLLATA. Sensori di pressione sono stati montati lungo il circuito frigorifero. Nella figura si notano gli attacchi dell’acqua allo scambiatore a piastre. Il distributore è completamente isolato
Nuove miscele a confronto Nei laboratori di un costruttore americano sono state testate le efficienze dei refrigeranti sostitutivi del R410A in apparecchiature esistenti a cura della Redazione
L’
Air-Conditioning, Heating and Refrigeration Institute (AHRI) ha recentemente sviluppato tre report riguardanti il Low Global Warming Potential Alternative Refrigerants Evaluation Program (Low-GWP AREP) che contengono i risultati di alcuni test effettuati sui refrigeranti a basso GWP sostitutivi del R410A utilizzati per le pompe di calore residenziali, per i chiller raffreddati ad aria e per le applicazioni commerciali di alcune macchine. Attualmente i test sono ancora in corso, ma il progetto è di completarli nel 2013.
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#17
Di seguito riportiamo i test eseguiti su un piccolo refrigeratore d’acqua chiller/pompa di calore, presso il Trane’s La Crosse, Wisconsin, Laboratory. Per i test di dropin eseguiti sia in
ARM-32a ARM-70a DR-5 HPR1D L-41a L-41b R-32
modalità di raffrescamento che di riscaldamento, sono stati utilizzati i refrigeranti in Tabella, confrontati con R410A
R-32/R-125//R-134a/R-1234yf (25/30/25/20) R-32/R-134a/R-1234yf (50/10/40) R-32/R-1234yf (72.5/27.5) R-32/R-744/R-1234ze(E) (60/6/34) R-32/R-1234yf/R-1234ze(E) (73/15/12) R-32/R-1234ze(E) (73/27) R-32 (100)
Come funziona il test?
cooling: evaporator inlet (check Tsat) heating: condenser outlet (subcooling)
cooling: evaporator inlet heating: condenser outlet
cooling: evaporator outlet heating: condenser inlet
HP
HP
TFi
LP
1
LP
or
&.3 1 .", expansion tank
TFo
"T" "Tsat(P)" LP
HP
12
11
*).,*' + )"'
10
variable control
!&- % ,$" -/+",%" . *).,*' *2
'*1
Flow
/(
cooling: condenser outlet (subcooling) heating: evaporator inlet (check Tsat)
cooling: condenser inlet (superheat) heating: evaporator outlet (superheat)
Tdischarge
6
Twell
2
13
**'( ) %&''", " . /(+ "-. *# '.",) ." "#,&$", ).
)-.,/("). .&*) 0 "#,&$", ). &, /&.
cooling: evaporator outlet (superheat) heating: condenser inlet (superheat)
#&'.",
I test in modalitĂ di raffreddamento sono costituiti da: 1. Scansione della carica refrigerante al valore nominale di esercizio (limite) per le condizioni di: â&#x20AC;˘ temperatura in uscita dellâ&#x20AC;&#x2122;acqua refrigerata = 45°F Âą 0,1°F â&#x20AC;˘ portata dâ&#x20AC;&#x2122;acqua refrigerata = 14,0 gpm Âą 0,1 gpm â&#x20AC;˘ temperatura ambiente = 95°F Âą 0,15°F â&#x20AC;˘ surriscaldamento allâ&#x20AC;&#x2122;aspirazione del compressore ~ 10-12°F (TXV aggiustata secondo necessitĂ ). 2. Variazione della temperatura in uscita dellâ&#x20AC;&#x2122;acqua refrigerata mantenendo la temperatura dellâ&#x20AC;&#x2122;aria pari a 95°F: â&#x20AC;˘ Temperatura dellâ&#x20AC;&#x2122;acqua in uscita dal chiller tra 41°F e 47°F 3. Variazione della temperatura ambiente mantenendo la temperatura dellâ&#x20AC;&#x2122;acqua in uscita fissata a 45°F: â&#x20AC;˘ 75°F â&#x2030;¤ Tair â&#x2030;¤ 115°F (a meno che non sia limitata dal disinserimento dellâ&#x20AC;&#x2122;interruttore di alta pressione impostato a 600 psia) Condizioni di funzionamento Questa matrice di test genera diverse misurazioni in condizioni di esercizio nominale cosĂŹ da verificare la riproducibilitĂ . Il chiller Koolman è stato progettato per il mercato internazionale e risulta classificato alle seguenti condizioni in modalitĂ di raffreddamento: â&#x20AC;˘ temperatura aria esterna = 35°C = 95°F â&#x20AC;˘ temperatura in uscita dellâ&#x20AC;&#x2122;acqua refrigerata = 7°C = 44,6°F â&#x20AC;˘ temperatura ingresso dellâ&#x20AC;&#x2122;acqua refrigerata = 12°C = 53,6°F â&#x2020;&#x2019; variazione della temperatura dellâ&#x20AC;&#x2122;acqua refrigerata = 5°C = 9°F
8
liquid injection for discharge superheat control
-
Measure T's at outlet of each circuit to check for maldistribution?
9
(empty) (cmpr discharge)
5
4
3
Phi
(cmpr discharge)
cut-out switch
Schrader valves
&,
(cmpr suction)
Plo
7
cut-out switch
(compressor power)
(unit power)
(cmpr suction)
Figura 2 â&#x20AC;&#x201C; FUNZIONAMENTO DEL SISTEMA. Lo schema mostra le posizioni dei punti di misurazione
printed 6 Jul, 2012 Drawing1 | Page-1
risultati del test
Figura 3 â&#x20AC;&#x201C; CAP. CapacitĂ (CAP, in qualsiasi unitĂ di misura) ottenute nelle condizioni nominali di funzionamento, riferite a R410A preso come base
Figura 5 â&#x20AC;&#x201C; CHRG. Carica (Chrg) corrispondente al massimo EER ottenuto alle condizioni nominali di funzionamento, riferite a R410A. l test di riferimento del refrigerante R410A hanno utilizzato una carica lbm di 12,0. Per tutti i refrigeranti alternativi era necessaria una carica minore. In particolare, le scansioni di carica sono state effettuate con incrementi di 0,5 lbm, mentre lâ&#x20AC;&#x2122;andamento della curva EER è risultata relativamente larga e, nella maggioranza dei casi, piatta.
Figura 4 â&#x20AC;&#x201C; EER ALLE CONDIZIONI NOMINALI DI FUNZIONAMENTO, RIFERITE A R410A. EERc è quello riferito alla potenza assorbita del solo compressore, EERt è quello riferito allâ&#x20AC;&#x2122;apparecchiatura totale comprendente quindi ventilatori e controlli.
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Figura 6 – SURRISCALDAMENTO DIFFERENZIALE (°Fd). Calcolato all’uscita dell’evaporatore (superheat leaving evaporator) e all’aspirazione del compressore (at compressor suction) alle condizioni nominali di funzionamento. La valvola di espansione termostatica TXV monitora il surriscaldamento di aspirazione del compressore. L’incremento della temperatura tra l’uscita dell’evaporatore e l’aspirazione del compressore è dovuto al trasferimento di calore nel momento in cui il flusso passa attraverso la valvola di commutazione (il flusso va dalla mandata del compressore al condensatore). L’obiettivo di aspirazione del surriscaldamento da parte del compressore era di 10-12°C. Il valore finale riportato per DR-5 risulta leggermente più basso, anche perché è stata utilizzata in fase di prova una precedente descrizione delle proprietà. I dati DR-5 sono stati successivamente rielaborati. Occorre rilevare che la TXV potrebbe non essere settata correttamente (TXV era giunta al termine della sua corsa) nel momento di esecuzione di ARM-32a.
Figura 7 – SOTTORAFFREDDAMENTO DIFFERENZIALE (SUBCOOLING, °FD). Ottenuto nelle condizioni nominali di funzionamento con la carica di refrigerante che massimizza l’EER. Il sottoraffreddamento del condensatore alla carica selezionata varia tra i 10°F (R32) e 15°F. La carica che ha massimizzato l’EER per ARM-32a è disponibile solo a 2-3°C di sottoraffreddamento.
Figura 8 – DIFFERENZE DELLE TEMPERATURE (USCITAENTRATA EVAPORATORE) CALCOLATE PER EVAPORATORE DEL TIPO A PIASTRE BRASATE. Si presume che l’85% della perdita di carico misurata all’evaporatore avviene nel restringimento all’entrata dei canali dell’evaporatore stesso. Tale stima è stata effettuata osservando come essa risulti a ragionevoli differenze tra la temperatura dell’acqua in uscita e la corrispondente temperatura di saturazione del refrigerante che entra nei canali (vedere prima colonna). Le differenze di temperature fra l’acqua di ingresso e il refrigerante in uscita sono indicate nella seconda e terza colonna; la differenza tra queste due colonne è l’uscita del surriscaldamento dell’evaporatore. * Twtr,lvg = temp. dell’acqua refrigerata all’ingresso dell’evap.; Tsat,ent = temp. di saturazione; Tdew,lvg = punto di rugiada (temp. di saturazione) alla pressione del refrigerante. all’uscita dell’evap.
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#17
Figura 9 – TEMPERATURE. Cambiamenti delle temperature dell’acqua e di quella di saturazione del refrigerante (“glide”) attraverso l’evaporatore a piastre. Si nota come le performance dell’evaporatore con R32 e DR-5 siano molto simili alle sue prestazioni con il refrigerante R410A, mentre con DR-5 tende ad un funzionamento leggermente migliore rispetto a R32. Sembra che la fluidità dell’HPR1D potrebbe contribuire in modo significativo alla carenza di prestazioni misurate. * Twi = temp. dell’acqua refrigerata all’ingresso dell’evap. – Two = all’uscita; Tso = temp. di saturazione all’uscita dell’evap. – Tsi = all’entrata
Figura 10 – DIFFERENZE DELLE TEMPERATURE (ENTRATAUSCITA) AL CONDENSATORE. Le temperature entranti di rugiada (un’indicazione della “sovrapressione” necessaria per ottenere l’espulsione del calore del condensatore) di tutti i refrigeranti alternativi risultano leggermente superiori rispetto al caso del refrigerante R410A. * CiDP = punto di rugiada refrigerante all’entrata del Condensatore; CoBP = punto di bolla del refrigerante all’uscita del Condensatore. CiDP e CoDP (delle colonne 1 e 2) rappresentano il “glide” comprendente l’effetto della caduta di pressione (perdita di carico) attraverso il Condensatore. CoBP e TCo (delle colonne 2 e 3) rappresentano, invece, il sottoraffreddamento all’uscita del Condensatore
Figura 11 – PERDITE DI CARICO. Calcolate lungo la linea di aspirazione evaporatore-compressore e quella di mandata compressore-condensatore (Psid = differenziale pressione). Per la maggior parte, le cadute di pressione di linea risultano leggermente inferiori per i refrigeranti alternativi rispetto al refrigerante di riferimento R410A.
Figura 12 – PORTATA DEL REFRIGERANTE (REFRIGERANT FLOW RATE). Calcolata in base al coefficiente di trasmissione lato acqua dell’evaporatore e le proprietà del refrigerante
Figura 13 – EFFICIENZA ADIABATICA DEL COMPRESSORE (ηcompr). Calcolata con le misurazioni all’aspirazione e alla mandata e in base alle proprietà del refrigerante. Appare improbabile che i valori più alti ottenuti per alcune delle miscele siano reali.
Figura 15 – DIFFERENZA DI TEMPERATURA. Calcolata alla mandata del compressore (CDT) per ciascun refrigerante e con confronto a R410A
CONFIGURAZIONE DI PROVA La macchina utilizzata per i test è un chiller raffreddato ad aria e pompa di calore. Tale macchina presenta una capacità di raffreddamento nominale di progetto di 4,4 RT (15,6 kW) ed è stata progettata per fornire acqua refrigerata o calda per appartamenti, uffici o piccoli negozi al dettaglio. In modalità di raffreddamento, l’evaporatore è uno scambiatore di calore a piastre (BPHE), mentre il condensatore è un serpentina RTPF. La macchina può utilizzare come refrigerante sia R22 che R407C. Tuttavia, dato che l’unità in fase di sperimentazione è dotata di un compressore a valvola di espansione, i refrigeranti utilizzati sono stati R410A e R32. In seguito al completamento del test con i refrigeranti alternativi proposti come sostitutivi di R410A, il compressore verrà sostituito con un normale compressore e la sperimentazione continuerà con refrigeranti aventi capacità più vicina a R22.
Figura 14 – TEMPERATURA DEL REFRIGERANTE. Calcolato alla mandata del compressore (cdt) nella marcia alle condizioni di funzionamento nominali
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Sistemi di refrigerazione
La refrigerazione magnetica come alternativa alla compressione di vapore Progettato e realizzato presso il Laboratorio di Tecnica del Freddo dell’Università degli Studi di Salerno il primo prototipo di refrigeratore magnetico rotante italiano di Ciro Aprea1, Gerardo Cardillo1, Adriana Greco2, Angelo Maiorino1 e Antongiulio Mauro1
C
15% del consumo mondiale di energia è dovuto ai sistemi di refrigerazione. Tra le numerose applicazioni, il condizionamento dell’aria è responsabile del maggior consumo di energia elettrica. La refrigerazione moderna è basata quasi esclusivamente sulla compressione di vapore, per cui, considerando le problematiche di tipo ecologico connesse a tali apparecchiature, è ovvio l’interesse a sviluppare nuovi sistemi più efficienti ed eco-compatibili. Una valida alternativa può essere la refrigerazione magnetica, tecnologia emergente basata sull’effetto magnetocalorico (MCE) delle sostanze magnetiche, una proprietà intrinseca di tutti i materiali magnetici a stato solido, dovuto all’accoppiamento della sottostruttura magnetica del materiale con un campo magnetico esterno [1,2]. Lo studio della refrigerazione magnetica iniziò con la scoperta dell’effetto magnetocalorico da parte del fisico tedesco Warburg nel 1881 [3]. irca il
L’effetto magnetocalorico
Questa tecnologia fu poi usata nelle applicazioni a temperature criogeniche a partire dal 1930. La prima macchina per la refrigerazione magnetica a temperatura ambiente fu costruita da Brown nel 1976 al Lewis Research Center dell’American Aeronautics & Space Administration [4]. Rispetto agli impianti a compressione di vapore, la refrigerazione magnetica può essere una tecnologia promettente sia dal punto di vista energetico che dal punto di vista ambientale. Soprattutto sotto quest’ultimo punto di vista bisogna considerare che il refrigerante magnetico è allo stato solido e quindi del tutto innocuo per l’ambiente non avendo nessun potenziale di distruzione dell’ozono (ODP nullo) e non contribuendo in maniera diretta all’effetto serra (GWP nullo).
Il ciclo AMR Per la refrigerazione magnetica esistono diversi cicli di riferimento, ma quello più usato
Magnetizzando un ferromagnete o un paramagnete se ne riduce l’entropia di tipo magnetico. In una trasformazione adiabatica ed internamente reversibile, la sostanza magnetizzata incrementa la sua temperatura; viceversa per una demagnetizzazione si ha una diminuzione della temperatura. La variazione adiabatica di temperatura, il ∆Tad, rappresenta una misura dell’MCE del materiale. Tale fenomeno si presenta con un’intensità che dipende sia dalle proprietà magnetiche della sostanza, sia dalla temperatura di inizio processo. Nei ferromagneti il ∆Tad presenta un comportamento prima crescente e poi decrescente, esibendo un massimo in prossimità della temperatura di Curie (Tc). Tra i materiali
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#17
prende il nome di ciclo Brayton, in analogia con la tecnologia dei cicli a gas. In particolare, questo tipo di ciclo con un rigeneratore attivo, ossia realizzato con materiale magnetico, rappresenta il ciclo così detto AMR (Active Magnetic Regenerator refrigerant cycle). Nell’AMR una matrice porosa realizzata in materiale magnetico, funge sia da refrigerante che da rigeneratore. Un fluido rigenerante viene spinto all’interno del
generalmente usati nella refrigerazione magnetica a temperatura ambiente il più noto è il gadolino, una terra rara appartenente al gruppo dei lantanidi con una temperatura di Curie pari a 294 K e con una transizione di fase del secondo ordine paramagnete – ferromagnete. Caratteristica dell’applicazione che si vuole considerare è il temperature span, ossia la differenza tra la temperatura dell’ambiente esterno e quella del sistema da refrigerare. Per stabilire se una materiale magnetico sia o meno idoneo bisogna effettuare un confronto tra la sua temperatura di Curie e la temperatura media caratteristica dell’applicazione. Infatti nell’intorno della temperatura di Curie l’effetto magnetocalorico è massimo.
rigeneratore per mezzo di un displacer o di una pompa. Il fluido secondario utilizzato può essere un gas (aria, elio) oppure un liquido (acqua, una miscela acqua antigelo, alcool). In tale analisi s’ipotizza che il fluido rigenerante scambi calore in due scambiatori a temperatura costante e pari rispettivamente a Th (temperatura dell’ambiente esterno) e Tc (temperatura del sistema da refrigerare). Un ciclo AMR consta di quattro fasi, rappresentate in Figura 1. Nella figura con la linea tratteggiata è stato indicato il profilo di temperatura del materiale magnetico all’inizio di ogni fase, con la linea continua alla fine. Le quattro fasi sono: 1. demagnetizzazione adiabatica: il campo magnetico viene annullato, in modo tale da ottenere un abbassamento del profilo di temperatura della matrice di una quantità ΔTad variabile rispetto alla lunghezza del rigeneratore. 2. Scambio termico isocampo: mantenendo invariata l’intensità del campo magnetico esterno, la matrice viene attraversata dal fluido rigenerante che, provenendo dallo scambiatore lato freddo, si trova ad una temperatura inferiore a quella dell’estremo freddo del rigeneratore. La matrice si raffredda a spese del fluido, che si riscalda fino ad una temperatura maggiore di quella dell’ambiente esterno. Il fluido secondario in uscita dal rigeneratore viene inviato nello scambiatore lato caldo dove cede l’energia termica Qrej portandosi alla temperatura Th. 3. Magnetizzazione adiabatica: la matrice porosa viene investita da un campo
T
T x
a) Demagnetizzazione
T
x c) Magnetizzazione
T x
b) Riscaldamento iso-campo
x d) Raffreddamento iso-campo
Figura 1 – Ciclo AMR. Le quattro fasi
magnetico, in modo tale da innalzarne il profilo di temperatura di una quantità ΔTad variabile rispetto alla lunghezza del rigeneratore. 4. Scambio termico isocampo: mantenendo nulla l’intensità del campo magnetico esterno, la matrice viene investita dal fluido rigenerante che, provenendo dallo scambiatore lato caldo, si trova ad una temperatura maggiore di quella dell’estremo caldo del rigeneratore. La matrice tende a riscaldarsi a spese del fluido, che, raffreddandosi fino ad una temperatura inferiore a quella dell’ambiente da refrigerare, viene inviato nello scambiatore lato freddo. In questa fase del ciclo il fluido secondario assorbe nello scambiatore di calore lato freddo la potenza refrigerante Qref, realizzando l’effetto utile del ciclo. Requisito fondamentale per il funzionamento di un ciclo basato sulla refrigerazione magnetica è avere a disposizione un campo magnetico statico a cui sottoporre il materiale magnetico per realizzare l’effetto magnetocalorico. Tale campo magnetico può essere ottenuto utilizzando sia i magneti permanenti che gli elettromagneti o magneti superconduttori.
Il primo prototipo di refrigeratore magnetico rotante italiano Presso il Laboratorio di Tecnica del Freddo
dell’Università degli Studi di Salerno è stato progettato e realizzato il primo prototipo di refrigeratore magnetico rotante italiano in grado di produrre acqua fredda da impiegare per ambiti quali la climatizzazione ambientale e la refrigerazione commerciale. Il prototipo, denominato 8-Mag, è composto da un gruppo magnetico, da una serie di rigeneratori attivi, da un circuito idraulico, da un circolatore, da un motore elettrico e da due scambiatori di calore, uno verso la sorgente calda e uno verso quella fredda. Durante le fasi di progettazione è stata posta particolarmente attenzione al gruppo magnetico, volendo perseguire l’obiettivo di massimizzare l’induzione magnetica senza penalizzare lo spazio utile per il posizionamento dei rigeneratori tra le estensioni polari dello stesso gruppo. A valle di un’attenta analisi numerica, devota alla definizione di simulazioni agli elementi finiti su diverse geometrie e materiali, si è pervenuti alla realizzazione di un gruppo magnetico composto da elementi in NdFeB sinterizzato in grado di sviluppare un’induzione magnetica massima disponibile pari a 1,2 T quando il traferro, inteso come lo spazio utile per il posizionamento dei rigeneratori, è uguale a 43 mm (Figura 3).
Figura 3 – Un particolare dell’alloggiamento dei rigeneratori
The magnetic refrigeration as an alternative to vapor compression
The modern refrigeration is based almost exclusively on vapor compression, so, considering the ecological problems related to such equipment, it’s obvious the interest in developing new systems more efficient and ecofriendly. A viable alternative may be the magnetic refrigeration, emerging technology based on magnetocaloric effect of magnetic substances Keywords: magnetic refrigeration, vapor compression, magnetocaloric effect
#17
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Il modello matematico di un ciclo AMR
Ricorrendo ad un bilancio energetico riferito alla coppia rigeneratore-fluido, è stato identificato un modello monodimensionale che, con opportune equazioni al contorno ed iniziali, fosse in grado di descrivere il comportamento di un AMR [5-10]. (1) ∂ Tf
mf c f
∂t
˙ f L cf +m
∂ Ts − ALK ms c s ∂t
∂ Tf ∂x
eff,s
− ALK eff,f
∂ 2 Ts ∂ x2
∂ 2 Tf ∂x
2
( ) ( )( )
˙f ∂p m L ∂ x ρf
= h A SC ( Ts − T f ) +
= h A SC ( Tf − Ts ) – m sTs
∂ ss ∂H
T
∂H ∂t
L’area di scambio effettiva, in base a considerazioni geometriche, è definite come: 6 A V (1− ε) (2) sc = dp
Il coefficiente di scambio termico convettivo solido-fluido è valutato con l’equazione di Wakao et al. [11]: k
h= f ] 2 + 1.1 Pr f Re f [ (3) 1/3
dp
0.6
L’equazione di Ergun [12]è invece usata per valutare le perdite di carico del fluido secondario:
( )
( )
2
È stata effettuata una simulazione in un campo di temperatura tra 275 e 295 K. Il fluido secondario utilizzato è acqua liquida. È stato effettuato un confronto usando come materiale magnetico sia il Gadolino puro che la lega Gdx Tb1-x. In particolare per ottimizzare le prestazioni del ciclo, si è considerato un letto a più strati di lega. In ogni strato una composizione diversa e ottimale in modo da ottimizzare l’effetto magnetocalorico complessivo. Nella tabella 1 sono riportati i parametri con cui è stata effettuata la simulazione. La Figura 2 riporta i valori di COPwpd e COP al variare del numero di strati del letto. Nel grafico il letto a zero strati è fatto di gadolino puro. Nel grafico sono riportati anche il COP relativo ad una macchina di Carnot inversa e il COP di un ciclo a compressione di vapore operante nelle stesse condizioni. Avendo utilizzato l’acqua come fluido secondario il contributo dovuto al lavoro della pompa è trascurabile e quindi i valori di COPwpd e COPpd sono simili. Le prestazioni di un rigeneratore mono-materiale sono sempre inferiori a quelle di un rigeneratore a letto multi-strato. In particolare, il COP aumenta all’aumentare del numero di strati. Il ciclo AMR ha coefficienti di prestazione sempre superiori rispetto a quelli di un impianto a compressione di vapore. In particolare confrontando un ciclo AMR a otto strati di lega con un ciclo a compressione di vapore si ottiene una prestazione energetica maggiore del 63%. Tabella 1 – Parametri del modello
∂p 1− ε ρf 2 1−ε μf (4) winf + 1. 8 w inf = 180 2 ∂x
ε
dp
ε
Characteristics
dp
m ˙ dove winf è valutato come: winf = f ρf A
La conducibilità temica effettiva del solido e del fluido secondario sono valutate come:
] (
K eff,f = ε k f + 0 . 5 Pr f
ρf w f dp μf
)[
kf
(5) K eff,s = (1 − ε) k s
L’equazione di Wakao e Kaguei [13] è stata usata per il termine diffusivo della conducibilità termica effettiva del fluido. L’energia termica ceduta all’ambiente esterna e sottratta al sistema da refrigerare sono valutate come: t
D
dp
600
µm
L
0,2
m
D
0,045
m
Q˙ref
105
W
Bmin
0
T
Bmax
1,5
T
tD = tM
0,2
s
tCF = tHF
2
s
Th
295
K
TC
275
K
CF
Figura 2 – COPwpd e COPpd in funzione del numero di strati per una legaGdxTb1-x
tD
D
+t
CF
+t
M
+t
14
HF
Q cf (Tf (t,L) − TH ) dt m(t) ˙ ∫ (7) rej =
COP
tD + t +t CF M
Q Q rej− Q
MC
COPwpd
12
Usando queste equazioni si può valutare il COP:
COPpd 10
ref (8) COP wpd =
COP
ref
Il lavoro della pompa può essere espresso come:
8
˙ m(t) (ΔpCF + ΔpHF ) (9) (t + t )
6
Tenendo conto di questo contributo il COP può essere valutato come:
4
Q ref (10) COP =
2
Wp =
Dimensions
+t
Q ref = ∫ m ˙ (t) c f (Tc − T f (t,0)) dt (6) t
Values
ηp ρ f
CF
HF
COP pd
Q rej − Q
ref
VC
+ Wp
0 0
26
#17
2
4 Layers
6
8
10
In particolare, la distribuzione del campo magnetico lungo l’estensione dei rigeneratori è risultata particolarmente uniforme garantendo che ciascuna sezione dei rigeneratori fosse sottoposta alla stessa variazione di campo magnetico. I rigeneratori sono realizzati mediante un impacchettamento di sfere di Gd che vanno a costituire un letto poroso in grado di essere attraversato dal fluido rigenerante che nella fattispecie è rappresentato da acqua mista a glicole. Durante il funzionamento del refrigeratore, ciascun rigeneratore sperimenta un proprio ciclo termodinamico in accordo con il ciclo AMR, dove le fasi di magnetizzazione e demagnetizzazione sono garantite dal moto relativo che si instaura tra i rigeneratori stessi e il gruppo magnetico. Per assolvere tale esigenza, il prototipo è costituito da un gruppo magnetico rotante mosso da un motore alimentato in corrente continua e con variazione della velocità per mezzo di un controllore elettronico. Grazie alla possibilità di variare la velocità, è possibile ottenere una variazione della frequenza di rotazione e quindi della frequenza ciclo, dal momento che i tempi
NomenclaturA
Simboli A area di scambio termico, m² B induzione magnetica, T C calore specifico, J/kgK COP coefficiente di prestazione D diametro della sezione del rigeneratore, m dp diametro delle particelle, µm h heat transfer coefficient, W/m²K H intensità del campo magnetico, A/m k conducibilità termica, W/mK Keff conducibilità termica effettiva, W/mK L lunghezza del rigeneratore, m M magnetizazazione, A/m m massa, kg m˙ portata massica, kg/s p pressione, Pa Pr numero di Prandtl Q energia termica, J Re numero di Reynolds S entropia [J/K] s entropia specifica, J/kgK T temperatura, K t tempo, s W lavoro, J w velocità, m/s x variabile spaziale, m x frazione in massa
di attraversamento del rigeneratore da parte del fluido rigenerante e quelli di magnetizzazione e demagnetizzazione sono sincroni con la rotazione del gruppo magnetico. Durante la rotazione del magnete, che avviene con continuità, il fluido rigenerante è mosso da una pompa ad ingranaggi comandata da un inverter in modo tale da poter variare la curva caratteristica ed inseguire diversi livelli di portata massica. Attualmente, è stata effettuata una prima caratterizzazione sperimentale del prototipo volta ad indentificarne le prestazioni termodinamiche. Le misure di temperatura sono state effettuate impiegando delle termocoppie di tipo T calibrate (precisione pari a 0,45 K) e direttamente annegate all’interno delle tubazioni. Il salto termico (ΔTspan) è stato valutato in funzione della temperatura media del fluido di scambio lato caldo e della frequenza di rotazione dei magneti, tutte le altre grandezze, tra cui la portata massica del sistema, sono state mantenute costanti. La temperatura media di scambio al lato caldo è stata fatta variare attraverso un sistema di termostatazione all’interno dei seguenti valori: [19, 22, 25, 28, 31]°C. La frequenza di rotazione dei magneti è stata fatta variare
Simboli greci Δ differenza finita [-] ε porosity [-] η rendimento isoetropico [-] μ viscosità [Pa s] ρ densità [kg/m³] Pedici ad adiabatica campo magnetico costante B c freddo raffreddamento iso-campo CF D fase di demagnetizzazione fluido secondario f h caldo H campo magnetico costante riscaldamento iso-campo HF flusso indisturbato inf fase di magnetizzazione M M.C. Macchina di Carnot inversa particella solida p p pompa ref refrigerante rej rigettato scambio termico effettivo sc s solido T temperature costant
Figura 4 – Variazione del salto termico al variare della frequenza di rotazione all’interno dei seguenti valori: [0,1 0,2 0,4] Hz. I risultati (Figura 4) mostrano che la frequenza di rotazione, rispetto alla temperatura di scambio lato caldo, sia più influente sul valore del salto termico e quindi sulla risposta della macchina. I salti termici massimi rilevati sono dell’ordine di 8-9°C e sono generalmente ottenuti per le frequenze di lavoro più alte, l’andamento del salto termico rispetto alla frequenza infatti, risulta essere tendenzialmente sempre crescente. Gli sviluppi futuri della caratterizzazione sperimentale del prototipo prevedono l’ampliamento dei range di variabilità delle grandezze indagate e l’estensione dell’analisi ad altre grandezze significative, quali ad esempio il COP e la potenza frigorifera erogata. n 1 Ciro Aprea, Gerardo Cardillo, Angelo Maiorino, Antongiulio Mauro – Dipartimento di Ingegneria Industriale, Università degli Studi di Salerno 2 Adriana Greco – DETEC, Università degli Studi di Napoli Federico II
Ringraziamenti
Angelo Maiorino ringrazia il sostegno finanziario PON Ricerca e Competitività 20072013, nell’ambito della convenzione di sovvenzione PON NAFASSY, PONa3_00007.
Bibliografia
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Raffreddamento
CREDIT Tempco
L’importanza del free-cooling negli edifici per la climatizzazione sostenibile Come il free-cooling può risolvere le conseguenze dovute agli eccessi di isolamento termico
di Michele Vio
L
a certificazione energetica in Italia
considera solamente la stagione invernale ed i consumi in regime di riscaldamento. Ciò spinge ad isolare molto la struttura dell’edificio e ad utilizzare recuperi di calore sull’aria molto spinti. Nel mite clima mediterraneo, l’impostazione è sbagliata in assoluto, ma lo è ancora di più in tutti gli edifici dove vi siano carichi endogeni elevati e un forte contributo dell’irraggiamento solare. Se quest’ultimo può e deve essere limitato, ma mai completamente annullato, se non azzerando le superfici vetrate, i carichi endogeni sono per lo più dovuti alla presenza delle persone, e di quanto loro connesso, dai computer, ai tablet, alle luci, ai telefonini, alle stampanti e a quanto altro è necessario per la vita quotidiana. L’articolo spiega quali siano le conseguenze dovute agli eccessi di isolamento termico e come possono essere risolte mediante l’utilizzo del raffreddamento gratuito (free-cooling, nella denominazione anglosassone).
Conseguenze dell’isolamento e del recupero di calore sull’aria
EXTRA SPESSORI
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Se si considerano solamente l’involucro edilizio e il rinnovo dell’aria, la soluzione di aumentare l’isolamento termico e di installare recuperatori di calore sull’aria espulsa con il rendimento più
elevato possibile appare come la più intelligente possibile, oltre che estremamente semplice e banale. Purtroppo, però, la realtà è più complessa e questa soluzione rischia di portare a veri e propri disastri energetici proprio perché trascura alcuni fattori, fondamentali ai fini di un corretto bilancio energetico. Infatti bisogna considerare anche: 1) I carichi endogeni, dovuti alla presenza delle persone e di tutti gli apparati collegati; I carichi per irraggiamento 2) solare; 3) I consumi energetici legati ai recuperatori di calore (cfr. Box 1). I carichi endogeni e quelli per irraggiamento solare vengono normalmente denominati “apporti gratuiti”, perché, se ci si riferisce al solo riscaldamento, contribuiscono a diminuire il fabbisogno energetico. Il termine gratuito è corretto finché le dispersioni termiche sono maggiori dei valori di tali carichi: quando avviene il contrario è
Tabella 1 – CARICO SPECIFICO PER IRRAGGIAMENTO SOLARE [W/m²] in funzione del rapporto tra superfici vetrate, superficie in pianta e dell’efficienza degli schermi SF Irraggiamento solare diretto [W/m²]
Rapporto tra superficie vetrata e superficie in pianta 0,1
0,2
0,3
SF = 0,2
SF = 0,4
SF = 0,6
SF = 0,2
0,4
SF = 0,6
SF = 0,2
SF = 0,4
SF = 0,6
100
2
4
6
4
8
12
6
12
18
200
4
8
12
8
16
24
12
24
36
300
6
12
18
12
24
36
18
36
54
400
8
16
24
16
32
48
24
48
72
500
10
20
30
20
40
60
30
60
90
600
12
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72
36
72
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28
42
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84
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necessario smaltire il calore in eccesso, perché altrimenti la temperatura all’interno dell’ambiente sale in modo incontrollato, creando situazioni di discomfort termico. In queste condizioni l’isolamento termico è uno svantaggio perché riduce le dispersioni di calore che raffredderebbero naturalmente l’ambiente: è allora
necessario attivare i gruppi frigoriferi, con il relativo consumo energetico. Se si prendono ad esempio gli uffici, ASHRAE considera un carico endogeno basso 5,4 W/m² (una postazione di lavoro ogni 16 m² di superficie), medio 10,8 W/m² (una postazione di lavoro ogni 12 m² di superficie). I carichi per irraggiamento solare dipendono anche dal rapporto tra superfici vetrate e superficie in pianta e dall’efficienza degli schermi (indicata da Shading Factor – SF – che dà la
Figura 1 – POTENZA TERMICA RICHIESTA all’interno di un ufficio lungo 6 m, largo 4 m e alto 3 m, con una superficie vetrata di 8 m² e una superficie disperdente verso l’esterno pari a 10 m², apporti gratuiti complessivi di 20 W/m²
Le prime tre curve dall’alto rappresentano la somma della potenza richiesta dall’aria (1 volume/ora di rinnovo) e delle dispersioni della struttura nel caso di isolamento basso (curva rossa: antecedente alla legge 373/96), medio (curva verde: legge 10/91) e alto (curva azzurra: attuale classe A, senza l’utilizzo di un recupero di calore). La quarta curva, quella blu più in basso all’interno dell’area grigia, rappresenta la potenza richiesta nel caso di elevato isolamento, ma con l’inserimento di un recuperatore sull’aria espulsa con rendimento sensibile pari al 90%. Valori di dispersione inferiore allo zero, evidenziati dall’area grigia, indicano la necessità di disperdere calore e quindi rappresentano condizioni di funzionamento estivo.
The importance of free-cooling for air conditioning the buildings in a sustainable way
Energy certification in Italy considers only the winter season and consumption in the heating mode. This leads to isolate the very structure of the building and touse very driven heat recovery on the air. This article explains what are the consequences of the excesses of thermal insulation and how they can be solved through the use of free cooling (free cooling in the Anglo-Saxon name). Keywords: thermal insulation; free cooling; heat recovery
percentuale irraggiamento solare trasmessa all’interno dell’ambiente: l’efficienza dello schermo è tanto maggiore quanto più è basso SF). La tabella 1 riporta il carico endogeno per metro quadro di superficie in pianta. Si può notare come i valori dei carichi endogeni superino facilmente la soglia dei 10 W/m² di superficie in pianta anche con valori dell’irraggiamento solare bassi e superfici vetrate limitate. Pertanto, la somma dei carichi endogeni e dell’irraggiamento solare negli uffici supera facilmente la soglia di 15 W/m² in tutti i periodi dell’anno. Può essere interessante effettuare un esempio su un ufficio lungo 6 m, largo 4 m e alto 3 m, con una superficie vetrata di 8 m² e una superficie disperdente verso l’esterno pari a 10 m². Il rapporto tra superficie vetrata e superficie in pianta è pari a 0,3. Gli “apporti gratuiti” sono considerati mediamente pari a 20 W/m². Osservando la figura 1, la prima considerazione da fare riguarda il recupero di calore sull’aria espulsa: in edifici dove gli “apporti gratuiti” medi sono rilevanti, non ha alcun senso inserire recuperatori con rendimento troppo elevato. Infatti, la curva dei fabbisogni con isolamento elevato e recupero di calore pari al 90% sta tutta nella zona grigia, che denota la necessità di smaltire calore. Pertanto, il recuperatore dovrebbe sempre o modulare la potenza recuperata, limitando il proprio rendimento, o addirittura essere bypassato perché altrimenti vi sarebbe la necessità di attivare il gruppo frigorifero anche in pieno inverno. È consigliabile utilizzare recuperatori con un rendimento non superiore al 60%, anche per quanto detto nel box 1 (vedi più avanti). La seconda considerazione riguarda l’isolamento termico: se i carichi endogeni e i carichi per irraggiamento solare sono mediamente superiori a 10 W/m² di superficie in pianta, è probabilmente inutile isolare eccessivamente l’edificio, mentre diviene fondamentale operare sulle schermature solari, con buona pace della sostenibilità di tutti i grattacieli in vetro che stanno sorgendo un po’ ovunque, affascinanti alla vista quanto energivori.
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Isolamento per tutte le stagioni? La figura 2 mostra il comportamento del locale per uffici visto in precedenza, in funzione del tipo di isolamento, ipotizzando di installare un recuperatore di calore sull’aria espulsa con rendimento pari al 60%, in grado di modulare la potenza recuperata. Le curve possono essere divise in tre diverse condizioni di funzionamento: invernale, nella mezza stagione e estiva. Durante il funzionamento invernale consuma molto meno l’edificio con alto isolamento (la curva blu sta sotto la curva rossa: la potenza richiesta è minore). Addirittura, per un lungo campo di temperature, da -10 fino a 5°C, è possibile annullare completamente i carichi termici dell’ambiente solamente immettendo aria di rinnovo, grazie alla modulazione del recuperatore di calore. Anche nel periodo estivo, quando la temperatura dell’aria esterna è superiore a 26°C, ovvero superiore alla temperatura dell’aria in ambiente, la potenza richiesta dal locale è inferiore nel caso di elevato isolamento termico (la cuva blu sta sopra a quella rossa, per cui richiede minore sottrazione di calore), anche se la riduzione è percentualmente minore di quella ottenuta nel periodo invernale, perché l’isolamento termico è tanto più efficiente quanto maggiore è la differenza tra la temperatura dell’aria esterna è quella dell’aria ambiente. La situazione si inverte nel lungo periodo della mezza stagione, quando la climatizzazione estiva deve essere attivata anche se la temperatura dell’aria esterna è bassa perché la somma dei carichi endogeni e delll’irraggiamento solare supera la somma delle dispersioni attraverso la struttura e della potenza richiesta per il rinnovo dell’aria esterna. In questa situazione consuma meno l’edificio con isolamento più scarso, per il semplice motivo che le dispersioni di calore sono maggiori a parità di differenza tra temperatura ambiente e temperatura dell’aria esterna.
In questo regime di funzionamento, molto frequente nel clima mediterraneo, le dispersioni termiche riducono il consumo energetico, perché tanto più il calore si disperde in modo naturale, tanto minore è l’energia spesa per l’attivazione dei gruppi frigoriferi. Un’analisi energetica effettuata su 365 giorni all’anno mostra come in qualunque città italiana, comprese quelle del nord, non è mai conveniente dotare l’edificio di isolamento termico troppo elevato, quando i cosiddetti “apporti gratuiti” sono mediamente superiori a 20 W/m² (figura 3). Come si può notare, nel caso di isolamento elevato, l’ambiente si comporta come una passive house in quasi tutte le località, perché il consumo in riscaldamento si annulla. Tuttavia i consumi totali aumentano a dismisura a causa delle bassissime dispersioni concesse dall’isolamento nella mezza stagione, che è particolarmente lunga nel clima mediterraneo. La fascia di
temperature tra 5°C e 26°C, quella in cui il consumo è inferiore per un edificio meno isolato, si verifica nel territorio italiano per un tempo variabile dal 70% all’85%. La figura 3 è la dimostrazione di come la lacuna dell’attuale certificazione, che non considera minimamente il funzionamento estivo, possa portare a veri e propri disastri energetici e ottenga il risultato opposto di quello fissato, ovvero minimizzare il consumo di energia. Prima si capirà questo macroscopico errore, da sempre denunciato da AiCARR, prima si comincerà a costruire o restaurare gli edifici con criteri più logici di quelli attuali e finalmente si potrà davvero risparmiare energia.
Figura 2 – POTENZA RICHIESTA dal locale all’impianto, considerando un sistema di recupero di calore modulante
Figura 3 – ENERGIA RICHIESTA ALL’ANNO, in alcune città italiane, nell’ufficio descritto nel testo in funzione dell’isolamento (IM = isolamento medio, IA = isolamento elevato)
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L’importanza del freecooling per ridurre i consumi energetici Osservando la figura 3 si nota una fascia di temperature in cui non vi è bisogno né di riscaldamento, né di climatizzazione. Tale periodo si estende da -10 fino a 5°C dell’aria esterna nel caso di elevato isolamento, da 5 a 10°C nel caso medio isolamento. Come detto in precedenza, la neutralità deriva dall’immissione in ambiente di aria fredda, ottenuta modulando o bypassando il recuperatore di calore. La domanda che ci si deve porre è se questa zona neutra può essere estesa, come mostrato in figura 4. La risposta è sempre positiva: è possibile se si utilizzano dei sistemi impiantistici in grado di sfruttare il free-cooling. Nel caso dell’ufficio esaminato, la portata di aria di rinnovo era limitata a un volume/
ora, tipica degli impianti ad aria primaria: se questa portata venisse aumentata, si potrebbe estendere il campo di funzionamento del freecooling verso temperature dell’aria maggiori.
Free-cooling diretto e indiretto Si definisce diretto il free-cooling ottenuto con l’immissione in ambiente di aria esterna quando questa si trova a condizioni energetiche migliori rispetto all’aria ambiente, ovvero quando l’entalpia dell’aria esterna è inferiore all’entalpia dell’aria ambiente. Lo sfruttamento del freecooling diretto è possibile con degli impianti a tutta aria, sia a portata d’aria variabile che a portata d’aria costante. Il free-cooling si definisce indiretto quando si utilizza una sorgente termica fredda per raffreddare l’acqua da invare nelle batterie di scambio termico delle CTA o dei terminali. La sorgente fredda può essere di nuovo l’aria, utilizzata attraverso raffreddatori evaporativi o a secco, oppure geotermiche in senso lato (acqua di falda, di lago, di mare, o terreno). Una sorgente geotermica ha il vantaggio di trovarsi a temperature basse e generalmente costanti nell’anno. L’acqua di mare, ad esempio, al di
Figura 4 – ESTENSIONE del campo di non funzionamento dell’impianto
sotto dei 10 metri di profondità si trova generalmente ad una temperatura costante di 10 – 12°C. Il terreno, si trova alla temperatura dell’aria media annuale della località, quindi tra i 12 e i16°C in tutta Italia. Temperature simili hanno anche le acque di falde più profonde, mentre le acque superficiali (di lago, di fiume, di laguna) hanno temperature più variabili nel corso dell’anno, più fredde in inverno e più calde d’estate, ma in molti casi ancora vantaggiose per il free-cooling indiretto. I terminali d’impianto più adatti per lo sfruttamento del free-cooling indiretto sono i soffitti radianti, specialmente quelli metallici. La figura 5 mostra le prestazioni dei sistemi radianti a soffitto in funzione della temperatura dell’acqua di ingresso, sia in estate che nella mezza stagione. La potenza fornita da un sistema radiante a soffitto di tipo metallico è molto elevata in piena estate, anche con temperatura d’ingresso di 18°C (è prossima a 80 W/m²), mentre si dimezza nella mezza stagione, perché la temperatura dell’aria in ambiente deve scendere tanto più quanto più si abbassa la temperatura dell’aria esterna. Tuttavia la potenza torna ad essere abbastanza elevata se la temperatura dell’acqua in ingresso scende a 15°C. Soffitti in cartongesso o in MDF hanno prestazioni decisamente più scadenti, a parità di temperatura dell’acqua in ingresso e quindi sono meno adatti per lo sfruttamento del free-cooling.
Sistemi per il free-cooling diretto Può apparire strano che sia possibile ampliare l’area di non funzionamento dell’impianto fino a 24°C dell’aria esterna, come mostrato in figura 4. Invece, non è affatto così, se si sfruttano al meglio le possibilità permesse dal raffreddamento adiabatico sia diretto che indiretto. Le figure 6, 7 e 8 mostrano l’andamento delle temperature per le varie tipologie di free-cooling possibili, partendo da una condizione di aria esterna con temperatura di 24°C e UR = 50%. L’ambiente deve essere mantenuto a 26°C con UR massima Figura 5 – PRESTAZIONI dei sistemi radianti a soffitto in funzione della temperatura dell’acqua di ingresso
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Figura 6 – FREE-COOLING TRADIZIONALE + RAFFREDDAMENTO ADIABATICO DIRETTO (RAD)
*Figura 7 – FREE-COOLING TRADIZIONALE + RAD + RAI
Figura 8 – FREE-COOLING tradizionale + RAD + RAI con ricircolo dell’aria esterna
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= 55%. La figura 6 mostra cosa accade in caso di free-cooling tradizionale e di free-cooling con raffreddamento adiabattico diretto (RAD). In entrambi i casi lo scambiatore di calore deve essere escluso o bypassato. Il guadagno dipende solo dalla più bassa temperatura dell’aria esterna e rispetto all’aria ambiente. Per il sistema tradizionale il risparmio è pari al 20%, perché la batteria fredda, collegata al gruppo frigorifero, deve raffreddare l’aria solamente di 8°C, contro i 10°C richiesti da un impianto senza free-cooling. Sfruttando anche il raffreddamento adiabatico diretto è possibile raffreddare gratuitamente l’aria fino a 20,2°C: la batteria fredda quindi deve fornire una potenza ridotta del 58%, perché la temperatura dell’aria deve essere abbassata dalla batteria fredda solamente di 4,2°C. L’efficienza del raffreddamento adiabatico diretto dipende principalmente dall’umidità relativa dell’aria esterna: se l’UR dell’aria esterna fosse pari al 40%, l’umidificazione riuscirebbe ad abbassare fino a 16,5°C la temperatura dell’aria in ingresso alla batteria fredda, con un risparmio energetico pari al 95%. Se viceversa l’UR dell’aria esterna fosse pari al 55%, la temperatura dell’aria verrebbe abbassata solamente fino a 22,5°C ed il risparmio complessivo scenderebbe al 35%. Per sfruttare il raffreddamento adiabatico diretto non è richiesta una centrale di trattamento dell’aria più complessa di una utilizzata per il freecooling tradizionale: basta spostare la batteria fredda a valle dell’umidificatore; normalmente la batteria è posizionata a monte solo perché può essere installata nello stesso telaio della batteria di preriscaldamento. L’utilizzo del raffreddamento adiabatico indiretto (RAI) porta ad ulteriori vantaggi energetici (figura 7): installando un umidificatore con efficienza pari all’80% e un recuperatore di calore con rendimento pari al 60%, le temperature a monte della batteria fredda si riducono rispettivamente a 18,3°C, nel caso di RAI a singolo stadio, e 17,5°C, nel caso di RAI a doppio stadio. La potenza richiesta per la batteria fredda si riduce rispettivamente del 76% e del 91%, rispetto ad una centrale di trattamento senza free-cooling. Il sistema è più complesso e più costoso rispetto al precedente, perché gli umidificatori diventano due e lo scambiatore di calore sull’aria
Efficienza energetica dei recuperatori di calore sull’aria espulsa
Uno degli errori più frequenti è trascurare il consumo energetico del recupero del di calore sull’aria espulsa, trattandolo come se fosse totalmente gratuito. Un recuperatore di calore richiede una spesa energetica per la movimentazione dell’aria attraverso le sue superfici di scambio tanto più elevata quanto maggiore è il suo rendimento. Infatti, per elevare il rendimento di un recuperatore di calore bisogna necessariamente aumentare la superficie di scambio e quindi, a parità di ogni altra condizione, aumentare le perdite di carico dell’aria. A queste si aggiungono anche le perdite di carico attraverso i filtri che certe tipologie di recuperatori, particolarmente efficienti, richiedono. Il trascurare questa spesa porta spesso a dei danni energetici molto elevati, in particolare nel clima mediterraneo, perché può capitare che i consumi energetici dovuti ai recuperatori di calore siano superiori a quelli dei generatori. A scanso di equivoci, questa critica non significa che il recuperatore di calore non deve essere installato, ma semplicemente che deve essere scelto sulla base di un calcolo ben meditato e basato su parametri concreti, ricordando che ciò che può essere corretto a Bolzano, non necessariamente lo è anche a Messina. Per un’analisi seria è necessario che il recuperatore di calore sia considerato alla pari di un qualunque altro generatore, in grado di fornire una certa potenza termica con un determinato consumo energetico. Pertanto, è possibile inquadrare il recuperatore di calore alla pari di un gruppo frigorifero o di una pompa di calore, introducendo un parametro energetico, il COPREC, del tutto simile al COP dei gruppi frigoriferi e delle pompe di calore: Potenza termica recuperata COPREC = —————————————————————————— Maggiore potenza assorbita dai ventilatori per la presenza del recuperatore L’impostazione è molto utile perché permette di: • individuare l’efficienza energetica dello scambiatore al variare delle condizioni climatiche • confrontare il recuperatore con un generatore di calore per capire quando sia utile o meno utilizzarlo, o eventualmente escluderlo o bypassarlo La figura B1 sintetizza quanto detto per un recuperatore di calore solo sensibile, confrontato con una pompa di calore acqua acqua. Si può notare che: • A parità di rendimento del recuperatore di calore, la sua efficienza energetica (COPREC) è tanto più bassa quanto più la temperatura dell’aria esterna si avvicina alla temperatura dell’aria richiesta in ambiente, come risulta dalla equazione precedente: al ridursi della differenza di temperatura tra ambiente ed esterno si riduce anche la potenza recuperata, mentre rimane pressoché invariata la potenza assorbita dal ventilatore. Pertanto, l’efficienza energetica di un recuperatore di calore sull’aria espulsa è elevata in condizioni di clima estremo, mentre si abbassa di molto nelle condizioni di clima mite tipiche dell’area mediterranea. Addirittura vi è una fascia di temperature, più o meno estesa a seconda della tipologia dell’impianto, in cui l’efficienza va a zero perché il funzionamento del recuperatore deve essere interdetto. Tale fascia può estendersi a temperature esterne molto al di sotto della temperatura dell’aria ambiente, come meglio specificato nell’articolo. • A parità di condizione climatica l’efficienza del recupero di calore è tanto più bassa quanto maggiore è il suo rendimento. Questa affermazione diventa Tabella B1 – CONSEGUENZE ENERGETICHE DELLA MESSA IN SERIE DI DUE RECUPERATORI Rendimento singolo recuperatore
Rendimento totale di due recuperatori in serie
Aumento di rendimento
Variazione dell’efficienza energetica
20%
33%
65%
-18%
40%
57%
43%
-29%
60%
75%
25%
-38%
80%
89%
11%
-44%
90%
95%
6%
-47%
100%
100%
0%
-50%
BOX 1
palese se si pensa ad un utilizzo in serie di due recuperatori: le perdite di carico raddoppiano, ma non raddoppia l’efficienza. Infatti, l’aumento di efficienza è tanto più basso quanto più elevato il rendimento di ogni singolo recuperatore, come è evidenziato nella tabella B1. Di conseguenza l’efficienza energetica si riduce. • Dal punto di vista energetico il recupero di calore conviene quando l’efficienza è superiore a quella del generatore, quindi al di fuori dell’aria grigia della figura B1. L’area si modifica in funzione del tipo di generatore: nel caso della figura si tratta di una pompa di calore ad alta efficienza condensata ad acqua, ma se il generatore fosse diverso, ad esempio una pompa di calore condensata ad aria, l’area grigia sarebbe più piccola. All’interno di quest’area grigia il generatore ha una efficienza migliore di quella del recuperatore, che pertanto dovrebbe essere sempre by-passato, se le perdite di carico del by-pass fossero nulle e il sistema fosse dotato di un ventilatore ad inverter. In caso contrario sarebbe necessario mettere a bilancio anche le perdite di carico dell’eventuale by-pass. L’indice di efficienza COPREC è molto adatto per un’analisi energetica che tenga conto anche della tipologia di generatore utilizzato, ma non è adatto invece per capire come debba essere dimensionato il recuperatore. Infatti, vedendo le curve riportate in figura B1 potrebbe apparire sempre conveniente utilizzare recuperatori a bassa efficienza e altrettanto basse perdite di carico. Tale visione, però, è parziale, perché se è vero che l’efficienza energetica è più elevata con bassi rendimenti del recuperatore, è anche vero che in termini assoluti si abbassa la potenza recuperata: si recupera in modo molto efficiente, ma si recupera meno. Alla fine il bilancio potrebbe risultare negativo. È allora necessario tenere conto di entrambi gli effetti, rendimento e perdite di carico. Per ottimizzarli, bisogna introdurre un nuovo indice energetico, il COP specifico (COPSP): COPSP = rendimento recuperatore · COP recuperatore = η COPREC Questo nuovo indice energetico permette di ottimizzare la scelta del recuperatore: infatti, COPREC diminuisce all’aumentare di η, portando così ad un massimo, che rappresenta l’ottimo energetico, come mostrato in figura B2. Figura B1 – A CONFRONTO. Recuperatore di calore e pompa di calore acqua acqua
Figura B2 – ANDAMENTO DEL COPSP di un recuperatore di calore sull’aria, in funzione del rendimento
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Sfruttamento del raffreddamento adiabatico indiretto per migliorare le prestazioni estive degli scambiatori Per migliorare le prestazioni in regime estivo degli scambiatori solo sensibili, la soluzione più efficiente è quella di abbinarli a un sistema di raffreddamento adiabatico indiretto (RAI), a singolo stadio o a doppio stadio. Nel sistema a singolo stadio, l’aria di espulsione (punto 1), prima di entrare nello scambiatore di recupero sensibile, subisce un raffreddamento adiabatico grazie all’umidificatore, raggiungendo le condizioni del punto 2. Nello scambiatore di recupero sensibile avviene lo scambio tra aria esterna (punto 3), che si raffredda fino al punto 4, e aria di espulsione umidificata (punto 2). Nel sistema a doppio stadio, vi sono due scambiatori provvisti di umidificatori sulla linea di espulsione. L’aria di espulsione (punto 1), prima di entrare nel primo scambiatore di recupero sensibile, subisce un raffreddamento adiabatico grazie all’umidificatore, raggiungendo le condizioni del punto 2. Nello primo scambiatore di recupero sensibile avviene lo scambio tra aria esterna (punto 6), che si raffredda fino al punto 7, e aria di espulsione umidificata (punto 2), che si riscalda fino al punto 3. Qui entra e viene umidificata di nuovo, raffreddandosi fino al punto 5, per poi entrare nello scambiatore sensibile dove raffredda l’aria esterna dal punto 5 fino al punto 6.
espulsa deve essere dimensionato per l’intera portata, non solo per il ricircolo, come accade invece nel cooling tradizionale. Tuttavia il risparmio energetico conseguito è notevole, per cui il maggiore investimento è quasi sempre giustificato. C’è un’ulteriore possibilità di miglioramento: conviene umidificare l’aria esterna, che si trova ad entalpia minore, anziché quella ambiente. Pertanto, come mostrato in figura 8, si preleva direttamente l’aria esterna, la si umidifica, per poi farla scambiare con un l’altro flusso di aria esterna prelevato per essere immesso nell’ambiente. Il sistema è noto come “ricircolo dell’aria esterna” e richiede una maggiore complessità perché bisogna aggiungere nella centrale di trattamento dell’aria un ulteriore ventilatore e un ulteriore gruppo di serrande coniugate (a tal fine si vedano i testi consigliati negli approfondimenti, uno dei quali è anche consultabile direttamente sul sito www.aicarr.org). Nel caso di singolo stadio il ricircolo dell’aria esterna permette di raffreddare l’aria in ingresso alla batteria fredda fino a 17,3°C, per cui il risparmio energetico aumenta fino all’85%. Nel caso di doppio stadio, invece, l’aria viene portata a 16°C già a monte della batteria fredda, che pertanto può essere spenta, e il risparmio energetico raggiunge il 100%. Per capire se sia più vantaggioso utilizzare il singolo o il doppio stadio, bisogna ragionare in termini di
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BOX 2
SINGOLO STADIO
Figura B3 – RECUPERO DI CALORE SENSIBILE associato al raffreddamento adiabatico indiretto DOPPIO STADIO
efficienza energetica, come suggerito nel paragrafo successivo.
Criteri di ottimizzazione del free-cooling con raffreddamento adiabatico I sistemi di free-cooling che sfruttano il raffreddamento adiabatico indiretto sono forniti di uno o più scambiatori di calore e pertanto scontano le stesse problematiche descritte nel BOX 1. Anche in questo caso, infatti, bisogna ragionare in termini di efficienza energetica, quindi di COP del sistema. Si è visto che il raffreddamento adiabatico indiretto a doppio stadio è sempre più conveniente di quello a singolo stadio, almeno dal punto di vista termodinamico. Negli esempi precedenti gli scambiatori sono stati considerati sempre con rendimento pari al 60%, senza però considerare la potenza spesa dai ventilatori: nei sistemi a doppio stadio le perdite di carico raddoppiano e il COP sistema diminuisce. L’ipotesi è stata fatta per dimostrare come sia possibile raggiungere il free cooling totale anche con temperatura dell’aria esterna di 24°C, ma un’analisi più corretta va effettuata su tutto il funzionamento annuale, confrontandosi con l’efficienza dei gruppi frigoriferi (box 3). Spesso può essere più conveniente utilizzare un sistema a doppio stadio, ma mettendo in serie fra di loro due scambiatori meno
efficienti con perdite di carico ridotte, ad esempio delle batterie coniugate, particolarmente adatte all’uso in free cooling con raffreddamento adiabatico indiretto. Infatti, questo tipo di recuperatore ha il duplice vantaggio di basse perdite di carico, anche se sconta un rendimento limitato, e di poter essere facilmente escluso (basta spegnere la pompa) o anche bypassato (grazie agli ingombri ridotti rispetto ad uno a flussi incrociati). La figura 9 mostra l’efficienza energetica dei sistemi di free cooling coadiuvati dal solo raffreddamento adiabatico indiretto, con e senza ricircolo dell’aria esterna. Il sistema a singolo stadio è dotato di un recuperatore di calore con un rendimento pari al 60% e perdite di carico complessive per 400 Pa, mentre il sistema a doppio stadio è dotato di due recuperatori di calore con rendimento pari al 43%, ma con perdite di carico complessive sempre pari a 400 Pa. Il rendimento del ventilatore è ipotizzato pari al 70% in entrambi i casi. Come spiegato nel box 1, perché il sistema
La scelta dei gruppi frigoriferi in funzione dell’utilizzo del Free Cooling
BOX 3
L’utilizzo dei sistemi a free cooling tende ad abbassare fino ad annullare la richiesta frigorifera alle basse temperatura dell’aria esterna. Come si è visto, in alcuni casi, i sistemi a free cooling totale possono annullare completamente la richiesta frigorifera fino a 25°C dell’aria esterna, mantenendo nel contempo un’efficienza energetica elevata. La scelta del gruppo frigorifero deve essere fatta di conseguenza, cercando di privilegiare le macchine che hanno un’efficienza maggiore alle alte temperature dell’aria esterna. L’efficienza dei gruppi frigoriferi è legata sia alla condensazione che al tipo di compressori. Trascurando, perché non possono essere generalizzati, parametri molto importanti, come il rendimento in parzializzazione, compressori diversi generano curve di efficienza diverse. Nel caso di figura B4, il compressore tipo 2 ha una curva più piatta di quello tipo 1 e quindi ha una maggiore efficienza alle alte temperature dell’aria esterna, più bassa
a temperature inferiori. Pertanto, con un impianto dotato di free-cooling spinto, nel quale i consumi sono concentrati a temperature dell’aria superiori a 20 – 25°C, conviene utilizzare il primo tipo di compressore. Analogamente, negli impianti con free-cooling conviene installare gruppi frigoriferi condensati ad acqua, che hanno, a parità di compressore, un’efficienza molto maggiore alle alte temperature dell’aria esterna (figura B5), mentre scontano un decadimento alle basse temperature, dovuto alla potenza richiesta per il pompaggio dei fluidi. Poiché alle basse temperature dell’aria esterna il gruppo frigorifero non funziona, conviene utilizzare la condensazionead acqua, al contrario di quanto avviene per gli impianti che non utilizzano il free-cooling. Ciò è ovviamente vero solo se l’efficienza del sistema di free-cooling è più elevata di quella dei gruppi frigoriferi, come spiegato nell’articolo.
Figura B4 – EFFICIENZA DI GRUPPI FRIGORIFERI CONDENSATI AD ARIA
Figura B5 – EFFICIENZA DI GRUPPI FRIGORIFERI CONDENSATI AD ARIA E AD ACQUA (a parità di compressore)
di free-cooling sia conveniente rispetto all’utilizzo dei gruppi frigoriferi, è necessario che la sua efficienza energetica (COP) sia superiore a quella dei gruppi frigoriferi stessi. A parità di utilizzo o meno dell’aria esterna (RAE) il sistema a doppio stadio è sempre più efficiente, anche se i recuperatori di calore hanno un rendimento minore. Tuttavia, l’utilizzo del ricircolo dell’aria esterna (RAE) migliora notevolmente
l’efficienza, tanto più quanto più si abbassa la temperatura dell’aria: pertanto ha un COP migliore un sistema a singolo stadio con RAE rispetto ad uno a doppio stadio senza. Dovendo limitare la complicazione della centrale di trattamento dell’aria è meglio utilizzare un sistema a singolo stadio, ma con ricircolo dell’aria esterna piuttosto che uno a doppio stadio senza ricircolo. Infatti, mentre i sistemi con ricircolo dell’aria esterna hanno un COP sempre superiore a 5 per il singolo stadio, addirittura a 6 per il doppio stadio, quindi superiore o paragonabile a quello di gruppi frigoriferi ad alta
Figura 9 – EFFICIENZA ENERGETICA di sistemi coadiuvati dal solo raffreddamento adiabatico diretto
efficienza in ogni condizione di funzionamento, i sistemi senza RAE hanno un’efficienza che decade rapidamente, tanto da non renderli competitivi neppure con gruppi frigoriferi a minore efficienza quando la temperatura dell’aria è inferiore a 22°C (cfr. box 3). Ciò comporta una netta riduzione del risparmio energetico complessivo.
Necesssità di un’analisi energetica puntuale svolta in tutto il periodo dell’anno Il free-cooling coadiuvato dal raffreddamento adiabatico è sempre conveniente, ma il dimensionamento dei vari componenti non può prescindere da un’attenta analisi energetica effettuata per tutto il periodo di funzionamento. L’analisi deve tener conto di tutti i parametri in grado di influenzare il funzionamento del sistema, dalla temperatura e umidità dell’aria esterna e ambiente, al rendimento dei recuperatori di calore, all’efficienza degli umidificatori, ai cosnumi energetici dovuti ai ventilatori. Il tutto deve essere confrontato con l’efficienza dei gruppi frigoriferi, per capire in quali condizioni il sistema recuperi effettivamente energia. n
Approfondimenti
• Michele Vio: AJ numero 7 sul Free-cooling nei centri commerciali, consultabile direttamente nel sito www.aicarr.org • Michele Vio – “Impianti di climatizzazione: manuale di calcolo”; editoriale Delfino 2009.
#17
35
Sicurezza gas
Normativa europea sulla sicurezza nell’uso dei gas refrigeranti L
378-1:2008+A2, edizione maggio 2012, trasformato in EN 378-1 a luglio 2012, copre le norme di sicurezza per le persone, i beni e l’ambiente relative all’uso dei gas refrigeranti per i sistemi di refrigerazione e le pompe di calore. La norma, in particolare, si applica agli impianti di refrigerazione fissi e mobili di tutte le grandezze (capacità), incluse le pompe di calore; agli impianti secondari di raffreddamento o di riscaldamento e alla collocazione di questi impianti. Quattro le parti che la compongono: requisiti base di sicurezza; componenti, materiali ed accessori direttamente associati; installazione in sito e sicurezza degli operatori; esercizio, manutenzione, riparazione e riutilizzo. La norma, inoltre, elenca anche i principali pericoli nei quali si può incorrere nell’utilizzo degli impianti, quali temperature estreme, pressioni elevatissime, liquido nel compressore, perdita di lubrificante, carica eccessiva, nonché quelli che possono o standard europeo
I requisiti ambientali e di sicurezza per gli impianti di refrigerazione e le pompe di calore di Carmine Casale derivare dalle fughe (o perdite) del refrigerante, quali incendio, esplosione, intossicazione da prodotti di combustione, congelamento della pelle, asfissia, panico, ed infine impoverimento dell’ozono stratosferico ed effetto serra.
Classificazione dei fluidi per tossicità e infiammabilità È la ben nota classifica ASHRAE/ANSI, che basa il grado di tossicità di un fluido sugli effetti negativi che questo può procurare alla persona in presenza di refrigerante libero per una durata di 8 ore al giorno e 40 ore settimanali. Se gli
Refrigeranti soggetti alle regole
IDROCARBURI ALOGENATI • CFC, banditi dal 1994 (che non contempliamo in questo articolo) • HCFC, banditi tra il 2001 e il 2004 (praticamente assenti nell’UE, ma ancora in uso in U.S.A. sia pure con obbligo di dismissione, e pienamente utilizzati in Asia e altre parti del mondo – paesi emergenti) • HFC, sostituti degli HCFC nell’UE, ma con le limitazioni imposte dal Regolamento sui gas fluorurati, F-gas • HFO = HFC con GWP molto basso
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#17
IDROCARBURI SEMPLICI • HC, particolarmente usati nell’UE seppure con limiti quantitativi ORGANICI • Ammoniaca, per la refrigerazione industriale e commerciale, tentativamente anche per il Condizionamento (composto inorganico secondo ASHRAE) INORGANICI • CO2, biossido di Carbonio nel suo ciclo transcritico. • Acqua, Aria: non inclusi nella Norma EN 378-1
effetti si notano con una concentrazione del gas uguale o maggiore di 400 ppm in volume, la tossicità viene definita bassa (tipo A); se viceversa gli effetti si avvertono per concentrazioni inferiori a 440 ppm, la tossicità viene definita alta (tipo B). Per ciascuna di queste categorie, il livello di infiammabilità viene determinato alle condizioni di 60°C e 101,3 kPa di pressione. Se, in queste condizioni, non vi è propagazione di fiamma, il fluido vien considerato non infiammabile (Classe 1), altrimenti, se vi è propagazione di fiamma con limite di infiammabilità inferiore (LII) oppure maggiore o uguale a 3,5% in volume, il fluido viene considerato a bassa infiammabilità (Classe 2). Nel caso in cui la propagazione avviene con LII minore di 3,5% in volume, il fluido viene considerato ad alta infiammabilità (Classe 3). Per quanto riguarda le miscele viene considerato il caso del
Tabella 1 – CLASSIFICAZIONE DI SICUREZZA DEI REFRIGERANTI TOSSICITÀ BASSA – A
ALTA – B
Nessun effetto negativo dopo esposizione per 8 h al giorno lavorativo e settimana completa di 40 h lavorative con concentrazione ≥ 400 ppm in volume
con concentrazione < 400 ppm in volume
INFIAMMABILITÀ Nessuna propagazione di fiamma a 60°C e 101,3 kPa di pressione
CLASSE 1 nessuna propagazione di fiamma
Propagazione a 60°C e 101,3 kPa con Limite Inferiore di Combustione ≥ 3,5% in volume e Calore di combustione < 19 000 kJ/kg
CLASSE 2 – bassa infiammabilità
componente più sfavorevole (cioè la miscela assume la classificazione del suo componente più pericoloso). ASHRAE e United Laboratories (UL) stanno introducendo una nuova classe di infiammabilità denominata A2L che comprende i fluidi non tossici (A) con infiammabilità bassa (Classe 2), purché abbiano un GWP (Global Warming Potential) molto basso o comunque intorno a 150. Questa nuova categoria copre i fluidi cosiddetti HFO, le olefine, che sono in realtà degli HFC, ma che si vogliono salvare dalle limitazioni della normativa vigente per gli F-gas perché molto poco inquinanti anche se leggermente infiammabili. Questa categoria non è ancora compresa nella presente norma.
Limite pratico di concentrazione
Propagazione a 60°C e 101,3 kPa con LIC ≤ 3,5% in volume e Calore di combustione ≥ 19 000 kJ/kg
CLASSE 3 – alta infiammabilità
Tabella 2 – DATI RIASSUNTIVI DI ALCUNI TRA I PIÙ COMUNI REFRIGERANTI SINGOLI REFRIGERANTE
CLASSIFICA SICUREZZA
LIMITE CONCENTRAZIONE PRATICO Kg/m³
LIMITE INFIAMMABILITÀ INFERIORE kg/m³
ODP
GWP
HCFC 22
A1
0,3
n.d.
0,055
1 700
HFC 32
A2 (A2L)
0,061
0,30
0
550
HFC 134a
A1
0,25
n.a.
0
1 300
HFC 143a
A2
0,056
0,282
0
4 300
HC 170 (etano)
A3
0,008
0,038
0
3
HFC 245fa
B1
0,19
n.a.
0
950
HFC 1234yfe (HFO)
A2
0,06
0,299
0
3
HC 600a (isobutano)
A3
0,011
0,038
0
3
HC 601a (isopentano)
A3
0,008
0,038
0
3
R 717 ammoniaca
B2
0,000 35
0,116
0
0
R 744 CO2
A1
0,1
n.a.
0
1
Fattori cogenti nell’utilizzo dei gas
Cinque sono i fattori cogenti che la norma stabilisce di esaminare e tener conto nell’uso dei gas: 1. classificazione di sicurezza che riguarda tossicità e infiammabilità; 2. limite massimo di concentrazione o limite pratico di concentrazione; 3. tipo e affluenza delle persone che possono venire a contatto con i sistemi di refrigerazione con riferimento ai pericoli di un’esposizione casuale ai refrigeranti; 4. localizzazione dei sistemi in relazione all’eventuale presenza di persone; 5. tipo del sistema di refrigerazione se diretto o indiretto. In base a questi cinque fattori la Norma stabilisce la massima carica di refrigerante di cui l’impianto può essere dotato per operare in regime di sicurezza.
European legislation on the safe use of refrigerating gases
The European standard 378-1:2008 + A2, edition of May 2012, transformed in EN 378-1 in July 2012, covers the safety for people, property and the environment related to the use of refrigerating gases for the systems of refrigeration and heat pumps. The rule, in particular, applies to fixed and mobile refrigeration systems of all sizes (capacity), including heat pumps, the secondary equipment cooling or heating and placement of these plants. Keywords: EN 378-1, refrigerating gases, heat pumps
Il limite pratico di concentrazione è senza dubbio il fattore più importante ai fini della scelta del fluido refrigerante. Esso, infatti, definisce il limite di concentrazione di refrigerante oltre il quale, in caso di dispersione in ambiente, si generano fenomeni acuti di fuga. Si basa sul Limite di Concentrazione (RCL) che tiene conto della ATEL (Acute Toxicity Exposure Limit), che può causare morte, anestesia, sensibilizzazione cardiaca, insieme all’ODL (Oxigen Deprivation Limit) che misura l’impoverimento dell’ossigeno nell’aria del locale, e del FCL (Flammability Concentration Limit), il limite di concentrazione per la propagazione della fiamma. Il Limite Pratico di Concentrazione tiene conto di tutti questi fattori ed esprime la concentrazione (diremmo la densità) del gas in kg/m³. La norma elenca tutti i refrigeranti noti, che abbiamo riassunto includendo, per motivi di brevità, solo quelli più comunemente usati (Tabella 2). È importante notare che, quanto più il limite di concentrazione pratico è basso, tanto più il fluido è infiammabile e, allo stesso tempo, il GWP è basso. Il refrigerante R32 (sicurezza A2L), oggi molto usato, ha GWP 550, ma un limite di concentrazione pratico molto basso di 0,061. Mentre il propano (R 290 – A3) e l’isobutano (R 600a – A3) hanno bassissimo GWP uguale a 3, ma limiti di concentrazione pratica di 0,038. Il famoso R 1234yfe – A2L ha GWP 3 ed un limite di concentrazione un po’ più accettabile di 0,06. Ricordiamo, inoltre, che R 134a (A1) ha limite di concentrazione 0,25 anche se ha GWP 1300, mentre l’ammoniaca R 717 (B2) ha GWP nullo, ma limite pratico di concentrazione 0,00035. Le miscele sono quindi tutte messe male, salvo quelle che contengono isobutano come R430A e R431A o la R510A (A3) che ha GWP nullo ma LCP 0,011. Per le miscele si confronti la Tabella 3.
Classificazione qualitativa del pubblico In generale, il pubblico che ha libero accesso o permanenza in locali contenenti sistemi frigoriferi, e si presume non abbia nessuna conoscenza delle norme di sicurezza in caso di emergenza, viene considerato dalla norma come Categoria
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Generale (Classe A). Nel caso invece di affluenza limitata, nella quale è presumibile partecipino delle persone informate sui rischi derivanti dai refrigeranti, cosa che ad esempio si verifica negli uffici e negli ambienti di lavoro, la norma definisce questo pubblico come Pubblico Guidato (Classe B). Per le persone specificamente autorizzate a frequentare locali tecnici che racchiudono impianti di refrigerazione, la norma lo considera Pubblico Autorizzato (Classe C).
Posizionamento (localizzazione) dei sistemi di refrigerazione La Tabella 5 descrive le tre categorie di ambienti nei quali un impianto di refrigerazione può essere posizionato. Se interamente collocato nel locale frequentato dal pubblico, o comunque in un locale nel quale il pubblico ha passaggio obbligato, è definito di Tipo 1; se presenta invece parti soggette a perdite di refrigerante, ma con il sistema ad alta pressione in locale diverso o all’aperto, è considerato di Tipo 2, mentre se è collocato in un locale non accessibile al pubblico non autorizzato, è di Tipo 3.
Classificazione dei sistemi di refrigerazione La classificazione dell’impianto è un po’ più complicata e non deve essere assolutamente confusa con il suo posizionamento. Un impianto viene considerato diretto se gli elementi di diffusione compresi nel suo circuito frigorifero (siano essi evaporatori o condensatori) sono a diretto contatto con le persone o con le materie da raffreddare (riscaldare per le pompe di calore). È il caso dei sistemi split e RAC residenziali o i frigoriferi o freezer domestici. Ugualmente diretto è considerato il sistema che agisce attraverso un circuito con refrigerante secondario. Se invece il sistema frigorifero è posto completamente al di fuori dell’accessibilità delle persone (o delle cose) ed assolve la sua funzione tramite un fluido termovettore sussidiario non a contatto con il refrigerante, esso viene considerato indiretto.
Calcolo della carica massima di refrigerante consentita Il fine ultimo di tutte le considerazioni precedentemente elencate è il calcolo (o la definizione) della carica massima consentita di refrigerante in un impianto. In termini molto semplici, ipotizzato il refrigerante che si vuole utilizzare e tenuto conto della sua categoria di sicurezza (Tab 1) e delle altre caratteristiche essenziali, come il limite pratico di concentrazione, ODP, GWP ecc. (Tab 2, 3), la qualità delle persone (o cose) che possono venire a contatto col fluido suddetto, il posizionamento (collocazione eventuale) dell’impianto stesso e il suo tipo di funzionamento, si potrà stabilire la carica massima di refrigerante consentita nelle condizioni specifiche e quindi la massima potenzialità
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#17
Tabella 3 – DATI RIASSUNTIVI DI ALCUNE TRA LE PIÙ COMUNI MISCELE REFRIGERANTI LIMITE LIMITE CLASSIFICA CONCENTRAZIONE INFIAMMABILITÀ ODP SICUREZZA PRATICO Kg/m³ INFERIORE Kg/m³
SIGLA COMPOSIZIONE MISCELA
GWP
R 401A
22/152a/124
A1
0,3
n.a.
R 401C
22/152a/124
A1
0,24
n.a.
0,03
900
R 404A
125/143a/134a
A1
0,52
n.a.
0
3 780
R 407c
32/125/134a
A1
0,31
n.a.
0
1 650
R 410A
327125
A1
0,44
n.a.
0
1 980
R 417A
125/134a/600
A1
0,15
n.a.
0
1 950
R 430A
152a/600a
A3
0,02
0,084
0
93
A1
0,32
n.a.
0
3 1300
R 434A1 125/152a/143a/600a R 500
12/152A
A1
0,4
n.a.
R 507A
125/143a
A1
0,53
n.a.
R 509A
32/125/134a
A1
0,56
n.a.
R 510A
E170/600a
A3
0,011
0,056
0,0307 1 130
0,024 5 580 0
3 850
0,024 5 580 0
0
Tabella 4 – CLASSIFICAZIONE DEL PUBBLICO CLASSE
CARATTERISTICHE GENERALI
ESEMPI
CLASSE A Generale
Numero di persone incontrollato senza alcuna esperienza di precauzioni per la sicurezza con libero accesso e restrizione nei movimenti in locali dove si può permanere e dormire
Ospedali, tribunali, prigioni, teatri, supermarket, scuole, biblioteche, stazioni, alberghi, abitazioni, ristoranti
CLASSE B Guidato
Numero di persone limitato tra i quali alcuni sono a conoscenza dei possibili pericoli e delle precauzioni in fatto di sicurezza
Uffici in genere, laboratori, fabbriche, ambienti di lavoro
CLASSE C Autorizzato
Accesso limitato al solo personale addetto alle operazioni, a conoscenza delle norme di sicurezza necessarie, come nei processi produttivi, immagazzinaggio, ecc.
Fabbriche di produzione, come prodotti chimici, alimentari, bevande, ghiaccio, gelati, macelli, caseari, magazzini, aree interdette al pubblico nei supermarket
Tabella 5 – TIPI DI POSIZIONAMENTO DEI SISTEMI DI REFRIGERAZIONE TIPO
CARATTERISTICHE DEL POSIZIONAMENTO
1
Sistema interamente nello spazio occupato da persone
2
Sistema che abbia compressore/i, ricevitori di liquido, e condensatori in un locale macchine o all’aria aperta Es: split residenziali
3
Sistema che abbia tutte le sue parti contenenti refrigerante posizionate in un locale macchine non occupato da persone
Tabella 6 – CLASSIFICAZIONE DEI SISTEMI DI REFRIGERAZIONE DIRETTO
Evaporatore/i e/o Condensatore/i in diretto contatto con l’aria o le sostanze da essere raffreddate o riscaldate (es: split residenziale, frigorifero domestico) Refrigerante secondario in diretto contatto con l’aria o le sostanze da essere trattate (es: unità di trattamento aria)
INDIRETTO
L’Evaporatore raffredda o il Condensatore riscalda in circuito chiuso un mezzo di trasmissione del calore dotato di Scambiatori di calore a contatto con la sostanza da essere trattata (es: gruppi refrigeratori di liquido)
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dell’impianto stesso. Nella maggior parte dei casi il percorso può essere effettuato all’inverso; ad ogni modo il risultato non cambierà. La normativa presenta un gran numero di tabelle molto dettagliate contenenti i refrigeranti elencati per ciascuna delle categorie di sicurezza: refrigeranti A1, A2, A3, B1 ecc. Ogni tabella dà la massima carica consentita in relazione al tipo di impianto, alla sua collocazione ed al tipo di persone che possono venire a contatto con il refrigerante. A titolo d’esempio accludiamo le tabelle 7 e 8 che mostrano due elaborati semplificati della normativa.
Climatizzatori e pompe di calore d’ambiente Il calcolo della carica dei climatizzatori d’ambiente (monoblocco o sistemi split) è molto più complicata e (stranamente) la norma fa riferimento solo a quelli caricati con idrocarburi naturali, come il propano, R 290 (ma è lo stesso con le miscele di isobutano comunemente usate nei piccoli trasferibili). Infatti, non vi sono restrizioni per apparecchiature con carica di fluidi A2 e A3 se contenenti cariche inferiori a 150 g. Se la carica è superiore la formula per la massima carica è Cmax = 2,5 x LFL5/4 x ho x A1/2, dove • M = carica di refrigerante • LFL = Limite Inferiore di Infiammabilità riferito a R 290, 0,0338 kg/m³ • A = superficie dell’ambiente da climatizzare • ho = altezza dell’installazione, che è fissata in – 0,6 m per posizionamento a pavimento – 1,8 m per posizionamento a parete – 1,0 m per montaggio a finestra – 2,2 m per posizionamento a soffitto. La norma dà l’esempio che riportiamo in Tabella 9 sul quale basarsi per calcoli ulteriori.
Materiali La Parte 2 della normativa riguarda, tra l’altro, i materiali da utilizzare o da evitare. Sommariamente, a parte l’adeguamento di materiali ferrosi e non, ghise o acciaio inossidabile, alle temperature e pressioni da sopportare, si raccomanda di evitare l’uso di rame e sue leghe in presenza di ossigeno e di non utilizzare il magnesio e sue leghe, stagno e leghe stagno/bronzo, asbesto e plastica (per motivi di infiammabilità). Infine, l’alluminio deve essere puro al 99,5% e mai usato in presenza di R 40; zinco e sue leghe deve essere usato con R 717 ed R40
Conclusioni Le norme restrittive sull’uso dei fluidi refrigeranti diventano quindi sempre più stringenti. Non solo per i famosi “alogenati”, ma anche per gli “idrocarburi semplici” (in questo caso giustamente, per la loro altissima infiammabilità). Il nuovo regolamento dell’Unione Europea sui fluorurati ne esaspera ulteriormente il problema. Le estese
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Tabella 7 – MASSIMA CARICA DI REFRIGERANTE SICUREZZA POSIZIONE
DIRETTO
A2
INDIRETTO
Affollamento: GENERALE – CLASSE A 1e2
MC = PLxRV, ≤ 38 LFL
MC = PLxRV, ≤ 38 LFL
3
MC = PLxRV, ≤ 132 LFL
nessuna restrizione
Affollamento: GUIDATO – CLASSE B 1
MC = 10 kg
MC = 10 kg
2
MC = 25 kg
nessuna restrizione se non vi è collegamento con locali Classe A
3
nessuna restrizione se non vi è collegamento con locali Classe A
nessuna restrizione se non vi è collegamento con locali Classe A
Affollamento: AUTORIZZATO – CLASSE C 1
MC = 10 kg o 50 kg per densità delle persone < 1/10 m²
MC = 10 kg or 50 kg per densità delle persone < 1/10 m²
2
MC = 25 kg o nessuna restrizione per densità delle persone < 1/10 m²
nessuna restrizione
3
nessuna restrizione
nessuna restrizione
Tabella 8 – MASSIMA CARICA DI REFRIGERANTE SICUREZZA POSIZIONE
DIRETTO
A3
INDIRETTO
Affollamento: GENERALE – CLASSE A 1e2
solo sistemi sigillati o ad assorbimento, altrimenti MC = PLxRV non > di 1,5 kg
solo sistemi sigillati o ad assorbimento, altrimenti MC = PLxRV non > di 1,5 kg
3
solo sistemi sigillati o ad assorbimento, altrimenti MC = PLxRV non > di 1 kg se nel sottosuolo o 5 kg fuori terra
solo sistemi sigillati o ad assorbimento, altrimenti MC = PLxRV non > di 1 kg se nel sottosuolo o 5 kg fuori terra
Affollamento: GUIDATO – CLASSE B 1e2
MC = PLxRV non > di 1 kg se nel sottosuolo o 2,5 kg fuori terra
MC = PLxRV non > di 1 kg se nel sottosuolo o 2,5 kg fuori terra
3
MC = PLxRV non > di 1 kg se nel sottosuolo o 10 kg fuori terra
MC = PLxRV non > di 1 kg se nel sottosuolo o 10 kg fuori terra
Affollamento: AUTORIZZATO – CLASSE C 1
MC = 1 kg se nel sottosuolo o 10 kg fuori terra
MC = 1 kg se nel sottosuolo o 10 kg fuori terra
2
MC = 1 kg se nel sottosuolo o 25 kg fuori terra
MC = 1 kg se nel sottosuolo o 25 kg fuori terra
3
MC = 1 kg se nel sottosuolo o nessuna restrizione se fuori terra
MC = 1 kg se nel sottosuolo o nessuna restrizione se fuori terra
Tabella 9 – DIMENSIONI MINIME PER UN AMBIENTE CON CLIMATIZZATORE CON 300 g DI R 290 (PENTANO) POSIZIONAMENTO
ALTEZZA DAL SUOLO, m
SUPERFICIE MINIMO VOLUME DELL’AMBIENTE, m³ DELL’AMBIENTE, m² (calcolato per un’altezza di m 2,2)
Pavimento
0,6
142,1
312,6
Parete
1,8
15,8
34,7
Finestra
1,0
51,2
112,5
Soffitto
2,2
10,6
23,3
Notizie sullo sviluppo di refrigeranti alternativi
per basse temperature (tutti anche accettabili per impianti nuovi). Nel campo del condizionamento dell’aria, i sostitutivi sono per ora ancora tutti HFC come R 123, ottimo per i centrifughi, R 134a molto simile a R22, ma ormai in via di parziale abbandono; ci sono anche R 410A e R 407C, ma entrambi richiedono ridimensionamenti degli impianti ed entrambi debbono fare i conti con il nuovo Regolamento F-gas. Si discute molto su R 32 che ha sicurezza A2L, GWP 650 e PCL 0,061 (purtroppo molto basso). L’R 32 è stato dichiarato il refrigerante del futuro nel campo degli split residenziali, del VRF e della refrigerazione commerciale durante l’ultimo Congresso della Refrigerazione a Pechino (Cina) in aprile 2012. La sua efficienza è molto alta e addirittura migliora nella sua miscela con 1234yfe. Quest’ultimo che apre la categoria delle cosiddette olefine, HFO, è stato adottato dalle maggiori case automobilistiche mondiali per i sistemi di condizionamento dei veicoli, anche se la Daimler (Mercedes Benz) lo ha escluso perchè in prove reali di scontri frontali ha dimostrato infiammabilità. Daimler ha dichiarato che continuerà ad usare R134a. Sono ad ogni modo proprio questi HFO (a bassissimo GWP) sui quali si stanno concentrando enormi sforzi di ricerca e che dovranno, almeno nel prossimo futuro, sostituire gli HFC. Resta comunque la remora che essi contengono comunque fluoro che è considerato dannoso per l’ambiente.
Nella continua ricerca di refrigeranti che possano dare maggiore tranquillità circa la protezione dell’ambiente, l’attenzione principale è rivolta a quei refrigeranti che, pur presentando livelli di infiammabilità medio-bassa, offrano un GWP basso o molto basso. Ovviamente al primo posto come GWP bassissimo, se non addirittura nullo, si pongono gli idrocarburi naturali (cioè non alogenati). Questi ultimi però hanno il grave difetto di una infiammabilità elevatissima o, in certi casi, di una importante tossicità. Citiamo l’isobutano R 600a e sue miscele che hanno GWP 3, ma presentano alta infiammabilità, al punto che il legislatore ha prescritto una carica massima limitata a 150 g nella loro utilizzazione nei refrigeratori e freezer domestici. L’ammoniaca R 717 ha GWP addirittura nullo, ma sicurezza B2 (altamente tossico e infiammabile) con un limite di concentrazione pratico di 0,000 35. Essa infatti è per ora usata solo negli impianti industriali anche si stanno tentando sistemi che ne consentano l’utilizzo in impianti civili. Sono stati compiuti studi ed esperimenti per la sostituzione dei refrigeranti attualmente usati con altri più “friendly” per l’ambiente e nello stesso tempo abbastanza sicuri o accettabili per l’uomo. Nel retrofit a lungo termine, ovvero su apparecchiature che difficilmente possono essere sostituite a breve, si consiglia R 508A negli impianti di refrigerazione a bassissime temperature, R 507 e R 404
ricerche sugli HFO ci daranno una soluzione ancora una volta temporanea, come è avvenuto per tutti gli altri passaggi che si sono susseguiti negli ultimi trenta anni.
Purtroppo gli HFO contengono ancora fluoro, indubbiamente dannoso per l’ambiente. Le strade che nei prossimi anni, a parere di chi scrive, sembrano essere le più praticabili sono due: la ricerca di sempre maggiori efficienze energetiche
per i sistemi, oppure l’adozione generalizzata di ammoniaca e CO2. Ma come? Si dovrebbero considerare anche gli inorganici aria e acqua, ma sembrano materia futuristica. n
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Normativa europea
Nuovo regolamento dall’UE per l’uso degli F-Gas Entro la fine del 2012 gli F-Gas saranno sottoposti a un “tagliando”. Cosa potrebbe cambiare per il mondo del condizionamento e della refrigerazione? di Carmine Casale
E
ntro il 2030 la Commissione europea punta a ridurre di due terzi l’emissione dei gas fluorurati. Ma non solo. L’UE infatti vieterà l’utilizzo degli stessi gas in determinati tipi di apparecchi nuovi, come i frigoriferi domestici, per i quali sono già disponibili soluzioni alternative, più rispettose del clima. Presentato il 7 novembre scorso da Connie Hedegaard, Commissaria Azione Climatica dell’UE, il nuovo regolamento per l’uso degli F-gas mira soprattutto a limitare l’impatto che questi gas hanno sul riscaldamento globale: fino a 23.000 volte maggiore rispetto alla CO2. Ma, cosa è cambiato rispetto al regolamento 842-2006?
CONNIE HEDEGAARD, Commissaria Azione Climatica dell’UE: «Limitando la quantità di gas fluorurati che può essere venduta nell’Unione europea, la nuova legislazione porterà benefici per il clima e creerà enormi opportunità imprenditoriali. Grazie alle norme vigenti siamo già riusciti ad arrestare la tendenza al costante aumento delle emissioni e a promuovere l’innovazione tecnologica».
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#17
Il Regolamento Europeo 842-2006 Il Regolamento Europeo 8422006 sull’uso di alcuni gas fluorurati ad effetto serra, i cosiddetti F-gas (per inciso la dizione “alcuni” è stata eliminata dalla proposta attuale, si tratta quindi ora di tutti i fluidi alogenati che contengono fluoro nella loro molecola), nello specifico tratta degli HFC di qualsiasi natura e classificazione di sicurezza, i PFC e l’SF6. Fin dalla sua nascita, questo regolamento si è posto specificamente per la “protezione dell’ambiente”, lasciando ad altre disposizioni la protezione di persone e cose che possono venire a contatto con questi ed altri gas (Norma UNI EN 381-1:2008). L’articolo 10 (punto 2) del vecchio regolamento richiedeva di effettuare entro settembre 2011 un’indagine per accertare sia gli eventuali effetti che l’adozione del regolamento poteva aver prodotto sul contenimento delle emissioni serra, sia se altri gas o apparecchiature dovevano essere inserite nel Regolamento. Perciò, alla data prevista, la Commissione non ha risparmiato riunioni e discussioni. Si è ricorso non solo ai cosiddetti “stakeholders”, cioè i diretti interessati dal regolamento, ovvero aziende produttrici (chimiche e meccaniche) e loro organizzazioni settoriali, installatrici ed utilizzatrici di codesti gas, inclusi i Ministeri e le Agenzie governative competenti per l’Ambiente, ma anche alle organizzazioni non governative, ONG, che si occupano di ambiente e sua protezione. Per due volte sono stati anche ascoltati alcuni gruppi di “tecnici” (il sottoscritto ne ha fatto parte in rappresentanza di IIF/IIR), che hanno espresso la loro opinione, puramente consultiva, sui problemi appena accennati. Il risultato è stato a dir poco deludente. Cinque Stati Membri, tra i quali l’Italia, non avevano
Tabella 1
Tabella 2 PHASE DOWN DELLA INTRODUZIONE SUL MERCATO DEGLI F-GAS
PROIBIZIONE DELLA MESSA IN COMMERCIO DI PRODOTTI E APPARECCHIATURE
Prodotti e apparecchiature
Data della Proibizione della messa in commercio
ANNO
RIDUZIONE A
Uso di HFC 23 in sistemi di protezione antincendio ed estintori
1º Gennaio 2015
2015
100% della quantità immessa sul mercato nel 2008-11
Refrigeratori e Freezer Domestici con HFC di GWP del valore di 150 o più (N.d.R. praticamente saranno disponibili solo quelli con HC e meno di 150 g di carica)
2016-17
93%
1º Gennaio 2015
2018-20
63%
2021-23
45%
Refrigeratori e Freezer Commerciali (sistemi ermetici sigillati) (N.d.R. quelli non sigillati sono comunque esclusi per quella data)
1º Gennaio 2017 per HFC con GWP di 2500 or più 1º Gennaio 2020 per HFC con GWP di 150 or più
2024-26
31%
2027-29
24%
2030
21% (cioè 1/5 della quantità presente)
Condizionatori d’Ambiente Mobili (ermeticamente sigillati) con HFC con GWP di 150 o più
1º Gennaio 2020
Ricarica di apparecchiature esistenti con carica superiore a 5 tonn. di CO2 equiv. di HFC a GWP molto alto, 2 500
dal 2020 in poi
ancora emesso un decreto che formalizzasse a livello nazionale il Regolamento (a tutti gli effetti cogente), mentre altri non avevano ancora compiuto gli adempimenti per la regolamentazione degli esercizi di qualificazione e certificazione; altri ancora, inoltre, erano inadempienti per aspetti burocratici. Ma soprattutto la riduzione delle emissioni (calcolate come quantitativo equivalente di CO2 immesso in atmosfera) era praticamente irrisoria. In buona sostanza, considerato e ritenuto improbabile che un inasprimento delle misure previste potesse portare ad un cambiamento della tendenza, la Commissione Europea ha ritenuto opportuno stilare un nuovo regolamento, presentato l’8 novembre 2012 come “proposta”. Questo è stato fatto dopo aver sentito: • la maggior parte delle aziende dei vari comparti, che si sono dichiarate (ob torto collo) disposte ad accettare una riduzione scalare dei quantitativi di gas disponibili da utilizzare per i loro sistemi; • le organizzazioni ambientaliste (comprese le aziende produttrici di tecnologie alternative, come fotovoltaico, eolico ecc.), che addirittura avrebbero preferito un bando immediato dei prodotti, salvo pochi casi eccezionali; • gli Stati Membri, che si sono dichiarati neutrali e che avrebbero comunque accettato un phase-down (riduzione scalare) della disponibilità dei gas. I giochi quindi sembrerebbero fatti, anche se non conclusi, in quanto Stati Membri e stakeholders sono stati invitati ad un commento finale in materia entro fine 2012. Ma, vediamo cosa realmente
New EU Regulation for the use of the F-Gas
By 2030, the European Commission aims to reduce by two thirds the fluorinated gas emissions. But not only that. The EU in fact will ban the use of the same gas in certain types of new devices, such as household refrigerators, for which alternative solutions more climate-friendly are already available. Keywords: European Commission, F-Gas, regulation
No F-gas dal 1/1/2020 per la manutenzione di sistemi con carica superiore a 5 tonn. equiv. se caricate con F-gas di GWP > 2500
potrebbe cambiare con la nuova “proposta” di regolamento. Per brevità citeremo solo i punti più importanti e le differenze maggiori rispetto al passato (a parte qualificazione e certificazione).
Cosa cambierà con il nuovo regolamento? Innanzitutto, come premessa generale, il nuovo Regolamento stabilisce che le emissioni, riportate a tonnellate dei CO2 equivalenti, dovranno essere ridotte di 2/3 entro il 2030, mentre l’SF6 dovrà essere completamente bandito. In secondo luogo, nelle misure di “contenimento” delle emissioni (articoli 3 e 4), che stabiliscono gli intervalli di ispezioni degli impianti (per fughe ecc.), non si fa più distinzione per carica di refrigerante (kg), ma, per enfatizzare il concetto di GWP, cioè dell’importanza dell’effetto serra specifico di ciascun gas, si introduce il concetto di tonnellate equivalenti di CO2. Quindi la periodicità delle ispezioni è stata così stabilita: • una volta all’anno per sistemi contenenti F-gas da 5 ≤ 50 tonn. equiv. di CO2; • due volte all’anno per sistemi da 50 ≤ 500 tonn. equiv. CO2; • ogni 3 mesi (o sei se il sistema è sigillato) per impianti con F-gas > 500 ton. equiv. CO2, salvo quelli con sistemi automatici di rilevamento fughe per i quali la frequenza è dimezzata. I limiti del vecchio regolamento erano rispettivamente >3 kg, > 30 kg, > 300 kg. In altri termini, vuol dire che, tanto minore è il GWP dell’F-gas o della miscela utilizzata, tanto maggiore è la carica che si può utilizzare senza incorrere nei limiti temporali più restrittivi delle ispezioni (tonn. equiv. CO2 / GWP = kg di gas). A parte altri articoli praticamente simili al regolamento precedente, l’articolo 12 prevede che, a partire da 3 anni dall’entrata in vigore del nuovo regolamento, fissata al 1° gennaio 2014, non potranno essere più vendute e installate (importate, esportate) apparecchiature precaricate. La carica di F-gas deve essere effettuata in loco da personale
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COMPARISON Regulation (EC) No 842/2006
New Regulation
Regulation (EC) No 842/2006
New Regulation
Article 1 – field of application
-
Article 5(5) – date of enforcememt
Article 8(8)
Article 2 – definitions
Article 1 – very similar with some semplifications
Article 3(1) – operators to adopt best measures
Article 17(1), first subparagraph OK (March 31, 2014)
Article 2(2) – prevention of emissions
Article 6(1) – Reporting, first subparagraph production, import and export to be reported each year (March 31) Article 6(1) – reporting data
Article 17(1) and Annex VII – OK
Article 6(2) – forms to be supplied by the Commission
Article 17(5) – no 17(6) – - – OK
Article 6(3) – privacy
Article 17(7) – - – OK
Article 2(3), second subparagraph Check 1 month after any repairs Article 3(2), first subparagraph Frequency of leakage control for eqip > 3 kg – 1/y(except sealed < 1 kg)
Article 3(1) – checking for leakages GWP ≥ 5-50 tons eq. CO2 – 1/y 50-500 – - – 2/y >500 – 4/y
Article 3(2), second subparagraph >30 kg, every 6 months Article 3(2), third subparagraph >300 kg every 3 months Article 3(3) >300 kg need leak. detecting systems Article 3(1), first subparagraph Exemption for Sealed systems with GWP ≤ 10 tons Article 3(4)where detecting system in place frequency reduced by 1/2
Art. 3(4) Where detecting system in place GWP 50-500 – - – 1/y Article 3(4) – adjustment by the Commission on new technology tha will become available
Article 3(5) OK for ISO 14520 fire protection if same frequency
Article 3(3) ISO 14520 inspection, OK
Article 3(6) >3 kg – record, logbook, of all operations
Article 4 & 5 record keeping for all equipment
Article 3(7) date of enforcement (4 Jul 2007) Art. 6 – precautions for production
Article 6(4) – interstate communication Article 18(2) – - – OK Article 7(1) – labeling first subparagraph, first sentence additional label (to other existing)
Article 18(2) & follwg – - – OK
Article 7(1) – second subparagraph, second and third sentence Label on prooduct, manuals etc.
Article 10(2) and (3) – OK
Article 7(2) – product involved
Article 10(1), first subparagraph – OK
Article 7(3), first sentence Label format Article 10(6) – OK Article 7(3), second sentence Additional requirements on label
Article 10(7) – OK
Article 8(1) – control on use Exemption for SF6 < 850 g
Article 11(1) Exemption only up to 1 Jan 2015
Article 8(2) – prohibition of SF6 for pneu
Article 11(2)
Article 9(1) – Placing on the market Prohibition according to Annex II
Article 9(1) – same
Article 9(2) – exception for previous manufacture
-
Article 9(3) – MSs are free to apply more stringent rules
-
Article 10 – future review
19(3) – report by 31 Dec 2030
Article 4(1) – recovery Mandatory refrig, a/c, HPs, solvents, fire protection, switch boards
Art 7(1) – recovery
Article 11 – exchange of info on advanced tec nologies
-
Article 4(2) Recovery on residual quantities
Art. 7(3)
Article 12 – Committee
Article 21 – same
Article 4(3) Need specialized personnel for recovery except military applications
Article 13(1) – penalties By MSs
Article 22(2), first subparagraph same
Art. 7(4)
Article 4(4) Recovery before equipment dismissal Article 5(1) – qualification and certification Establishing minimum conditions
Article 8(7) – OK
Article 5(2), first sentence Minimum requirements by MSs
Article 8(1) and (4) – same
Article 5(2), second sentence Notification to the Commission
Article 8(6), first sentence – OK
Article 5(2), third sentence Reciprocity of certificates Article 5(3) – general knowlede required for certification
#17
22(2), second Article 13(2) – notification of penalties Article subparagraph same Article 14 – free additional measures by MSs
-
Article 15 – entry in force
Article 24 – Jan 2014
ANNEXES Annex I – Part 1 – F-gases per Art. 2
Annex I – F-gases per Art 1.1 Annex II – Other F-gases subject to reporting per Art. 17 Includes HFO
Article 8(6), second sentence – OK
Annex I — Part 2 – calculation method for GWP
Annex IV – calculation method for GWP
Article 2(5) – OK
Annex II – placing on the market prohibitions per Art. 9
Annex III – placing on the market prohibition per Art. 9.1 - Prohinition Dates – VERY IMPORTANT
Article 5(4) – companies for F-gas handling must have certified personnel Article 2(4) point (d) – OK
44
COMPARISON
Annex V – maximum quantity for placing om the market per Art. 13(1) -% of phase-down – VERY IMPORTANT
autorizzato. (N.d.R. con evidente ulteriore penalizzazione per i piccoli split residenziali). Detto questo, ecco, in Tabella 1, quanto stabilito per le scadenze di proibizione dell’introduzione sul mercato di determinate apparecchiature e dei quantitativi di F-gas che potranno essere prodotti e posti sul mercato (Tabella 2). Quando nel 2021 la disponibilità di F-gas sarà ridotta al 45% è molto probabile, o comunque possibile, che le industrie produttrici dei gas richiesti non saranno più interessate – o non sarà più economicamente conveniente – a mettere in commercio i quantitativi ridotti autorizzati; in tal modo le aziende produttrici di apparecchiature e sistemi che utilizzano F-gas si troverebbero sprovviste del fluido necessario. D’altro canto, se anche le aziende potranno effettivamente disporre di circa il 50% del gas necessario, esse dovranno già aver provveduto alla realizzazione di tecnologie
alternative per far fronte alla richiesta totale del mercato. In sostanza, a parte il legittimo auspicio che le date del phase-down siano prolungate, sarebbe opportuno che la curva di decrescita resti più o meno costante a lungo per poi decrescere rapidamente; ad esempio – a parità di date – sarebbe preferibile disporre del 70% dei gas almeno fino al 2026 per poi portarsi al 21% nel 2030.
Conclusioni A parte ogni disquisizione sull’opportunità delle misure proposte, ci sembra il caso di segnalare a titolo di conclusione quanto emerso nel corso degli ultimi congressi mondiali sulla refrigerazione. Moltissimi commentatori hanno espresso l’opinione che il GWP, che si pone come fattore essenziale nella scelta dei gas (di qualsiasi tipo), non è un marcatore completo, in quanto non tiene conto delle emissioni dovute al completo ciclo di vita dei sistemi che utilizzano il gas preso in esame. L’impatto ambientale totale è costituito invece dal calcolo delle emissioni prodotte durante il ciclo di vita completo del sistema (LCCP), che si deduce dal calcolo del TEWI (Total Equivalent Warming Impact). È quest’ultimo infatti che tiene conto di tutti i fattori che contribuiscono alle emissioni serra. Tra gli altri, forse fattore primario anche rispetto al GWP, troviamo l’efficienza
energetica del sistema. L’EPEE, l’organizzazione europea che se ne occupa, giudica l’efficienza energetica molto più importante, ai fini della protezione ambientale, che non la riduzione della disponibilità degli F-gas. Con parere simile si sono espressi anche ICARHMA, l’associazione mondiale dei costruttori di sistemi di refrigerazione e condizionamento dell’aria, e AHRI, l’associazione statunitense di detti costruttori. In un caso che può essere considerato limite, ma pur sempre sintomatico, un condizionatore unitario con perdita annua di circa 5% del suo gas (altri possono perdere di più), genera un impatto ambientale dovuto solo per il 5% circa al GWP del gas in esso installato (effetto diretto), mentre il 95% dell’effetto serra totale è dovuto al funzionamento dell’apparecchio durante il suo ciclo di vita (effetto indiretto). Sono considerazioni che fanno riflettere e che mostrano quanto sarebbe più equo non lasciarsi trasportare dall’entusiasmo per il rispetto ambientale, pur legittimo e sacrosanto, giungendo a dettare provvedimenti opinabili e che non rispecchiano criteri condivisi ed obiettivi. Senza dire che il resto del mondo, ad eccezione dell’Unione Europea (non tutta l’Europa), non mostra il minimo interesse sulla faccenda F-gas. Quei pochissimi che lo fanno, ad esempio gli USA, lo fanno solo per motivi commerciali. n
Sistemi di generazione
Il sistema è al servizio dell’edificio F-92 del C.R. ENEA-Casaccia (Roma)
Solar heating and cooling abbinato a pannelli radianti e fan coil, prestazioni estive L’utilizzo dell’impianto ha permesso di risparmiare, in termini di energia elettrica necessaria per alimentare un gruppo frigo a compressione, 2.677 kWhel e il sole ha coperto il 66% dell’energia termica necessaria per alimentare il gruppo frigo ad assorbimento di Nicolandrea Calabrese1 e Sacha Ottone2
L’
presente all’interno del Centro Ricerche ENEA di Casaccia è stato realizzato allo scopo di riscaldare durante il periodo invernale e di condizionare durante il periodo estivo l’Edificio F-92 che ospita al suo interno la “Scuola delle Energie”, di superficie complessiva pari a Stot = 230 [m²]. Le prestazioni invernali di tale impianto sono state riassunte nell’articolo “Solar heating and cooling impianto di solar heating and cooling
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#17
abbinato a pannelli radianti e fan coil, prestazioni invernali” pubblicato sull’Aicarr Journal n.16 (Ottobre 2012). Utilizzare l’energia solare ai fini del riscaldamento degli ambienti è qualcosa di innovativo, anche se semplice dal punto di vista intuitivo. Condizionare gli stessi ambienti, sempre mediante l’utilizzo dell’energia solare, è qualcosa di
meno intuitivo anche se molto più affascinante. Se poi si riflette circa la coincidenza della massima disponibilità di energia solare con la massima richiesta di energia frigorifera, allora questa nuova tecnologia (solar cooling) non può che ritenersi vincente (Figura 1).
Figura 1 – Andamento richiesta energia frigorifera e disponibilità irradianza solare
Fonte: “Solar Heating and Cooling of Buildings – Guidelines”, Marco Beccali, Pietro Finocchiaro, Bettina Nocke
Raffrescamento, domanda in crescita Questa tecnologia ha destato l’interesse di molti paesi, tanto da far istituire in ambito IEA (The International Energy Agency) fin dal 2006 una linea di ricerca dedicata (Task 38 “Solar AirConditioning and Refrigeration”). La forte crescita della domanda di raffrescamento e di aria condizionata negli edifici, di cui è previsto un continuo aumento nei prossimi decenni, ha fatto rilevare un elevato consumo di elettricità durante il periodo estivo: infatti fino ad oggi per il raffrescamento estivo si sono prevalentemente utilizzati impianti di condizionamento con macchine frigorifere a compressione il cui compressore è trascinato meccanicamente da un motore che assorbe energia elettrica; questa è la causa principale dell’aumento del picco di
Solar heating and cooling
potenza elettrica richiesto nella stagione estiva che, in numerosi casi, raggiunge la capacità limite delle reti. L’emissione di gas ad effetto serra, che cresce con la produzione di energia da fonti fossili e con l’utilizzo di fluidi refrigeranti climalteranti, aggrava ulteriormente il processo a catena che è la causa dei cambiamenti. Tale situazione è altresì confermata dall’espansione del mercato dei condizionatori: in meno di dieci anni le unità in commercio si sono più che quintuplicate. In tale situazione, diventano interessanti nuovi concetti di edifici che mirano, da una parte, alla riduzione dei carichi di raffrescamento tramite misure passive e innovative e, dall’altra, all’utilizzo di soluzioni alternative per coprire la restante domanda di raffrescamento.
Impianti ad energia solare, funzionamento e vantaggi L’impiego di impianti di condizionamento alternativi a quelli tradizionali è rappresentato, principalmente, dagli impianti ad energia solare che garantiscono ridotti consumi elettrici e che sono in grado di sfruttare l’energia solare ampiamente disponibile proprio nel periodo di
At the F-92 building of the ENEA Casaccia’s Research Centre (in Rome) there’s a solar heating and cooling system dedicated to meet the energy needs of the entire building for the periods of winter heating and summer cooling. The monitoring of the system was conducted from 1st June 2012 to 15 September 2012. The results showed that, during summer operation, the sun covered the 66% of the thermal energy required to power the refrigerator unit absorption; while, in terms of electricity needed to power a compression refrigerator unit, were saved 2677 kWhel. Keywords: solar cooling, summer operations
massima richiesta di condizionamento. L’uso dell’energia solare per produrre il freddo diventa quindi un’opportunità vantaggiosa, come dimostrato dai numerosi progetti pilota realizzati anche in altri paesi europei, soprattutto in Germania e Spagna. I sistemi di climatizzazione ad energia solare possiedono l’indubbio vantaggio di utilizzare fluidi di lavoro innocui, come l’acqua o le soluzioni saline. Sono rispettosi dell’ambiente, rispondono a criteri di efficienza energetica e possono essere usati, da soli o integrati ai sistemi di condizionamento tradizionali, per migliorare la qualità dell’aria all’interno di qualsiasi tipo di edificio. Il loro principale obiettivo è quello di utilizzare tecnologie ad “emissione zero” per ridurre i consumi di energia e le emissioni di CO2. Il principio generale di questi sistemi di climatizzazione è la produzione di freddo a partire da una sorgente di calore. In sintesi si riassume la produzione sono riassunti in tre passaggi: • la sorgente di calore “sole” irraggia energia che viene assorbita dai collettori solari; • la produzione di freddo avviene per mezzo di macchine frigorifere che vengono alimentate con l’acqua calda prodotta dai collettori solari; • il fluido freddo termovettore, acqua o aria a seconda del tipo di macchina, viene impiegato ai fini del condizionamento degli ambienti. I sistemi che convertono un apporto termico in un output frigorifero si possono classificare principalmente in due tipologie: sistemi a ciclo aperto e sistemi a ciclo chiuso. I sistemi basati su un ciclo aperto utilizzano l’acqua in raffreddamento per il trattamento diretto dell’aria; per questo è sempre richiesta una rete di distribuzione del freddo basata su un sistema di ventilazione. I sistemi chiusi, invece, sono costituiti da macchine frigorifere alimentate da vettori termici, acqua calda o vapore, che producono acqua refrigerata; il fluido termovettore può essere impiegato direttamente nelle unità di trattamento degli impianti di condizionamento ad aria (raffreddamento o deumidificazione nelle batterie dell’impianto) o distribuito attraverso una rete di tubazioni ai terminali di condizionamento decentralizzati nei vari locali da climatizzare. Possono essere utilizzati con qualsiasi tecnologia di distribuzione del freddo (sistemi di ventilazione, fancoils, superfici radianti). In questo segmento del mercato esistono due tipologie di macchine frigorifere: • ad assorbimento, le quali coprono circa l’80% del mercato; • ad adsorbimento, con poche centinaia di applicazioni al mondo ma con crescente interesse per le applicazioni alimentate ad energia solare.
#17
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LA FACILITY DI PROVA
Durante il funzionamento estivo, oltre alle apparecchiature previste per il funzionamento invernale (campo solare a tubi evacuati, serbatoio accumulo caldo, dissipatore d’emergenza, caldaia di integrazione, fancoil, pannelli radianti a
pavimento), è necessaria l’introduzione di un gruppo frigo ad assorbimento acqua-bromuro di litio, di una torre evaporativa, di un serbatoio di accumulo per l’acqua refrigerata (capacità 1000 litri) e dei relativi gruppi di circolazione.
GRUPPO FRIGO AD ASSORBIMENTO ACQUA-BROMURO DI LITIO Potenza frigorifera = 18 [kWf]; Potenza termica ingresso = 25 [kWt]; Acqua refrigerata: Tin = 12 [°C], Tout = 7 [°C]; Portata nominale = 0,77 [l/s]; Potenza dissipata = 42 [kW]; Pressione massima di lavoro = 588 [kPa]; Potenza elettrica assorbita = 48 [W].
TORRE EVAPORATIVA Potenzialità = 43 [kW]; (Tbu = 25,6 [°C]; TH O in = 35 [°C]; TH O out = 30 [°C]) Portata aria = 7.500,0 [m3/h]; Portata acqua = 7.400,0 [l/h]; Perdite di carico lato acqua = 30 [kPa]. 2
2
Figura 2 – Caratteristiche delle apparecchiature principali nel funzionamento estivo dell’impianto. L’acqua calda prodotta dai pannelli solari viene stoccata nel serbatoio di accumulo caldo da cui si alimenta in modo opportuno l’assorbitore che garantisce la potenza frigorifera necessaria per climatizzare l’intero edificio Figura 3 – Impianto solar cooling con caldaia d’integrazione e sistemi d’accumulo per acqua calda e acqua refrigerata. Schema idraulico indicativo. L’acqua refrigerata prodotta viene stoccata all’interno di un serbatoio della capacità C = 1.000 litri e, tramite una rete di tubazioni interrate, alimenta la sottocentrale di edificio: a seconda delle condizioni termoigrometriche presenti nei vari ambienti serviti, l’acqua refrigerata viene mandata o al circuito pannelli radianti a pavimento o al circuito fan coil a cassetta, attivando i rispettivi gruppi di pompaggio Fonte: SYSTEMA S.P.A.: Gruppo frigo e torre evaporativa monoblocco
Figura 4 – Schema impianto in modalità solar cooling. Quando l’energia fornita dal campo solare è insufficiente o la temperatura dell’accumulo caldo è inferiore a 80°C viene attivata la caldaia integrativa. In modo analogo al periodo invernale, quando la temperatura dell’acqua all’interno del serbatoio di accumulo caldo supera il valore di setpoint prefissato (TE07 ≥ 95°C), l’energia termica fornita in eccesso dal campo solare viene dissipata attraverso il medesimo dry cooler
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#17
L’impianto analizzato è della tipologia a “ciclo chiuso” ed utilizza una macchina frigorifera ad assorbimento: i risultati presentati si riferiscono alla campagna sperimentale estiva condotta dal 01 Giugno 2012 fino al 15 Settembre 2012.
Gruppo frigo ad assorbimento acqua-bromuro di litio Il gruppo frigo ad assorbimento utilizzato (Yazaki mod. WFC-SC 5) è una macchina a singolo effetto ad azionamento termico che adotta come fluido di lavoro una soluzione di acqua e bromuro di litio. L’acqua opera quale refrigerante mentre il bromuro di litio, un sale stabile con alta affinità con il vapor d’acqua, agisce da assorbente. La modalità di funzionamento del gruppo frigo è riassunta in Figura 5. L’acqua calda prodotta dal campo solare (circa 88°C) alimenta il generatore del gruppo frigo ad assorbimento, portando all’ebollizione la soluzione di acqua e bromuro di litio. L’ebollizione libera vapor d'acqua che fluisce nel condensatore dove, cedendo il calore di condensazione all’acqua del circuito di raffreddamento, torna allo stato liquido (Figura 6).
Figura 5 – Ciclo di funzionamento dell’assorbitore acqua-bromuro di litio Fonte: Documentazione Tecnica Maya – Yazaki WSC – SC 5
Funzionamento dell'assorbitore
Figura 6 – Ciclo di funzionamento assorbitore. Dettaglio GENERATORE-CONDENSATORE Fonte: Documentazione Tecnica Maya – Yazaki WSC – SC 5 Figura 7 – Ciclo di funzionamento assorbitore. Dettaglio EVAPORATORE-ASSORBITORE Fonte: Documentazione Tecnica Maya – Yazaki WSC – SC 5
Figura 8 – Bilancio termico dell’assorbitore acqua-bromuro di litio
Fonte: Documentazione Tecnica Maya – Yazaki WSC – SC 5
L’acqua proveniente dal condensatore, trovando all’interno dell’evaporatore una pressione assai più bassa (8 millibar contro gli 88 millibar del generatore e del condensatore), subisce un cambiamento di stato (vaporizza) assorbendo il calore evaporando sulla superficie dello scambiatore dell’acqua da refrigerare, proveniente dai circuiti di climatizzazione dell’edificio, riducendo così la temperatura dell’acqua da 12°C a 7°C. Il vapor d’acqua viene infine assorbito dalla soluzione concentrata acqua-bromuro di litio presente nell’assorbitore. La soluzione diluita, attraverso una pompa, viene reimmessa nel generatore pronta per poter ripetere il ciclo (Figura 7). Per ridurre l’ammontare del calore da fornire al sistema, all’interno del gruppo frigo è presente uno scambiatore di calore a flussi incrociati che innalza la temperatura della soluzione diluita che entra nel generatore e riduce la temperatura della soluzione concentrata che entra nell’assorbitore, con aumento delle capacità assorbenti. In Figura 8 si riporta il bilancio termico dell’assorbitore installato a servizio dell’impianto di solar cooling.
Funzionamento dell’impianto Quando ci si trova all’interno della fascia oraria di occupazione dell’edificio, viene avviata l’elettropompa P07 e si verifica se la
#17
49
temperatura TE18 (temperatura parte bassa accumulo freddo) è maggiore del set point impostato (Figura 9). In caso affermativo e in assenza di anomalie o di allarmi in relazione al funzionamento delle elettropompe di circolazione e della torre evaporativa, viene avviato il processo di produzione di acqua refrigerata. Se la temperatura dell’accumulo caldo TE07 è maggiore di 80°C, allora la produzione di acqua refrigerata avviene sfruttando l’energia termica accumulata nel serbatoio solare fino a quando la temperatura TE18 raggiunge il set point, variabile in funzione della media aritmetica delle temperature degli ambienti (Tabella 1). Quando la disponibilità di acqua calda da campo solare è insufficiente (TE07<79°C), l’alimentazione dell’assorbitore viene effettuata attraverso la caldaia integrativa a gas metano ed in tal caso la produzione di acqua refrigerata per ragioni di ottimizzazione viene legata anche alla reale necessità di raffrescamento degli ambienti serviti. L’elettropompa P04 entra in funzione quando è richiesto l’intervento della caldaia: a circolatore spento la caldaia non avrà il consenso per passare in "on". Con caldaia in funzione, l’elettrovalvola V06 è chiusa andando a deviare il flusso a valle della P03 all’interno dello scambiatore SC02 anziché al serbatoio di accumulo caldo (Figura 10). L’avviamento delle elettropompe P03 è gestito direttamente dall’assorbitore in funzione dell’effettiva richiesta di potenza termica al generatore. Il termostato TE11A costituisce una sicurezza per il generatore di calore, implementata su doppia soglia: se c’è carico (pompe P03 accese) allora il bruciatore della caldaia integrativa
Figura 9 – Stralcio schema funzionale – Gruppo frigo ad assorbimento – accumulo freddo – termodotto Tabella 1 – Variazione setpoint TE18 Temperatura media ambienti * Valore di setpoint TE18 22°C
16°C
23°C
14°C
24°C
12°C
25°C
10°C
26°C
8°C
27°C
7°C
28°C
7°C
Figura 10 – Stralcio schema funzionale – Caldaia di integrazione a servizio gruppo frigo ad assorbimento
Solar cooling, logica di regolazione
#17
18°C
*Tmed amb= (TA02+TA03+TA04+TA05)/4
Un impianto di solar heating and cooling necessita di due distinte logiche di regolazione, a seconda della modalità di funzionamento (modalità riscaldamento o modalità condizionamento). Oltre alla sezione dedicata alla produzione di energia termica, la logica di regolazione estiva gestisce tutte le apparecchiature in campo relative alla produzione e utilizzazione dell’acqua refrigerata (elettropompe, elettrovalvole, gruppo frigo ad assorbimento, etc.). In particolare, la logica di regolazione inerente la parte d’impianto dedicata alla produzione di acqua calda mediante il campo solare è la stessa del funzionamento invernale in quanto, la produzione e l’immagazzinamento dell’acqua calda prodotta dal campo solare, sono indipendenti dalla richiesta di energia frigorifera
50
21°C
necessaria alla climatizzazione dell’edificio. L’obiettivo è quindi massimizzare la produzione di energia termica da campo solare producendo acqua refrigerata, anche quando l’edificio non lo richieda, solo se l’energia termica è resa disponibile gratuitamente dal sole. L’acqua refrigerata prodotta in tal caso viene stoccata all’interno di un serbatoio di accumulo freddo e resa disponibile al momento del bisogno. Nel caso in cui sia necessario ricorrere alla caldaia integrativa per produrre acqua refrigerata, questo avverrà solo se la temperatura degli ambienti sarà superiore rispetto al valore di set point impostato e, con l’acqua refrigerata accumulata, non si riesce a rientrare nei valori di set.
si spegne quando TE11A > 89°C; in assenza di carico (pompe P03 spente), il bruciatore commuta in off quando TE11A > 79°C. La macchina interrompe il funzionamento quando la TE14 > 96°C per più di cinque secondi. L’avviamento delle elettropompe P05 (circuito torre evaporativa) viene gestito direttamente dal gruppo frigo ad assorbimento, secondo le sue effettive necessità. Il sistema di regolazione attiva o meno il ventilatore della torre evaporativa al fine di massimizzare il COP del gruppo frigo, garantendo una temperatura in ingresso al condensatore (acqua uscita torre evaporativa) prossima a TE11B = 27°C (Figura 11). La macchina interrompe il funzionamento quando la TE11B > 35°C per più di cinque secondi oppure quando la TE11B < 8°C per più di due minuti consecutivi, a pompe P05 accese: la logica di regolazione ha lo scopo di gestire il ventilatore della torre affinché non si verifichino queste condizioni limite (Figura 12). La scelta di quali terminali utilizzare (pannelli a pavimento – fan coil) è funzione della temperatura presente all’interno degli ambienti serviti (Figura 13). La logica di regolazione agisce sulla scelta dei terminali d’impianto da utilizzare, sempre con l’obiettivo del risparmio energetico: quando gli ambienti necessitano di una climatizzazione meno spinta, vengono utilizzati i pannelli radianti a pavimento alimentati con acqua refrigerata a 14°C, semplice da produrre anche in presenza di bassa irradianza solare senza ricorrere all’ausilio della caldaia integrativa. Quando la temperatura degli ambienti è molto più alta rispetto al valore di set point impostato (ovvero in presenza di giornate molto calde con una elevata irradianza solare) vengono utilizzati i fan coil che, alimentati con acqua a 7°C, riescono ad erogare una potenza frigorifera superiore rispetto a quanto emesso dai pannelli radianti a pavimento. Essendo in presenza di elevata irradianza solare, il gruppo frigo ad assorbimento non avrà difficoltà a produrre acqua refrigerata a 7°C poiché il campo solare riesce a garantire gli 88°C in ingresso al generatore.
RISULTATI DEL MONITORAGGIO I dati sperimentali relativi al monitoraggio estivo dell’impianto sono stati acquisiti durante il periodo 01 giugno-15 settembre 2012, per il quale si è deciso di far funzionare l’impianto in modo intermittente (ore 9.00-ore 19.00) per l’intera settimana. Le grandezze indagate riguardano sia la produzione di acqua calda, utilizzata per alimentare il gruppo frigo ad assorbimento, che la produzione di acqua refrigerata. Durante il monitoraggio estivo, oltre ai contatermie analizzati durante il periodo invernale, è stato necessario inserire ulteriori contatermie a servizio del gruppo frigo ad assorbimento (Tabella 2). In Figura 14 è riportato il layout d’impianto con il dettaglio di tutti i contatermie monitorati. I contatermie utilizzati per il monitoraggio dell’impianto hanno consentito la valutazione della percentuale di energia fornita dal campo solare e di quella fornita dalla caldaia integrativa necessarie per
Figura 11 – Curve caratteristiche di prestazione gruppo frigo YAZAKI mod. WFC-SC5 Fonte: Documentazione Tecnica Maya – Yazaki WSC – SC 5 Figura 12 – Stralcio schema funzionale – Gruppo frigoa d assorbimento-torre evaporativa
Figura 13 – Stralcio schema funzionale – Sottocentrale e circuito Fan coil e pannelli a pavimento
Tabella 2 – Codici identificativi contatermie installati per monitoraggio estivo Legenda FE04
Energia termica smaltita da torre evaporativa [kWh]
FE05
Energia termica in ingresso al gruppo frigo [kWh]
FE06
Energia frigorifera prodotta [kWh]
Figura 14 – Schema semplificato impianto in modalità solar cooling situato presso il CR Enea Casaccia (Roma), con dettaglio contatermie
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51
alimentare termicamente il gruppo frigo ad assorbimento (Figura 15). In Figura 16 si riportano i flussi energetici necessari alla valutazione del COP (Coefficient of performance) del gruppo frigo ad assorbimento nelle reali condizioni di funzionamento. Si è constatato un rendimento inferiore (COPmedio = 0,59) rispetto al valore di targa (COP = 0,7), poiché non sempre il gruppo frigo ha lavorato in condizioni di funzionamento nominali (Tacqua calda in = 88°C). Lavorando con temperature dell’acqua in ingresso al generatore inferiori rispetto al valore nominale, il gruppo riduce di molto il COP (vedi Figura 11). Ipotizzando una temperatura media dell’acqua di alimentazione del gruppo frigo pari a Tacqua calda in = 80°C ed ipotizzando una temperatura in ingresso per l’acqua di raffreddamento pari a Tacqua raffr in = 32°C si ha una potenza frigorifera erogata dal gruppo pari a Pf = 10 kW, contro i 17,6 kW che si avrebbero in funzionamento nominale della macchina. Questo esempio serve solo per evidenziare quanto decadano le prestazioni del gruppo frigo se in funzionamento reale ci si discosta dai valori di targa di funzionamento della macchina. Una riduzione del COP è anche legata al funzionamento non a regime della macchina: nei primi quindici giorni di giugno, così come in buona parte del mese di settembre, la macchina era soggetta a ripetuti on/off in quanto il carico frigorifero richiesto dall’utenza era inferiore rispetto a quanto prodotto dalla macchina. È da notare come, a differenza del periodo invernale durante il quale la quota di energia dissipata con il dry cooler era significativa, durante il periodo estivo l’energia termica dissipata è praticamente trascurabile (Figura 17). Questo aspetto è legato al dimensionamento del campo solare, progettato per garantire durante il periodo estivo l’energia termica necessaria al funzionamento del gruppo frigo ad assorbimento e quindi sovradimensionato per effettuare il solo riscaldamento dell’edificio. Il serbatoio d’accumulo riceverà sempre una quantità di energia minore di quella incidente sui collettori solari a causa delle perdite ottiche e termiche sui pannelli, dell’andamento dell’irradianza solare (A), della dissipazione energetica realizzata dal dry cooler (B), della temperatura in uscita dal campo solare inferiore a quella dell’acqua all’interno dell’accumulo (D2a), dell’efficienza dello scambiatore a piastre SC01 (D2b). Nella Figura 18 si riporta l’energia effettivamente fornita dal campo solare per alimentare il gruppo frigo, depurata dalle perdite precedentemente descritte (A+B = D1 e D2a+D2b = D2) e considerando che l’energia termica scambiata tra il circuito primario solare e l’accumulo differisce da quella effettivamente utilizzata (kWh utili solari) a causa della temperatura dell’acqua accumulata, non sempre sufficiente ad alimentare
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#17
Figura 15 – Schema produzione e fornitura energia a partire dai collettori solari (estate) Figura 16 – Valutazione prestazioni reali gruppo frigo ad assorbimento
Figura 17 – Radiazione solare incidente sul piano dei collettori solari termici durante il periodo di monitoraggio estivo Figura 18 – Diagramma del flusso energetico per tutto il periodo di monitoraggio estivo
Figura 19 – Contributi energetici della caldaia integrativa e del campo solare in ingresso al gruppo frigo ad assorbimento
Figura 20 – Frazione solare impianto di solar cooling edificio F-92 C.R. ENEA di Casaccia
il gruppo frigo (Tmin = 80°C) (Calore accumulato ma non utilizzato: D3). In Figura 19 si riporta, per i vari mesi monitorati, il contributo di energia termica al gruppo frigo ad assorbimento fornito dal campo solare e dalla caldaia integrativa. Il riepilogo prestazionale dell’impianto di solar cooling durante l’intero periodo di monitoraggio è rappresentato dalla frazione solare dell’energia fornita in ingresso al gruppo frigo (Figura 20). La frazione solare riportata è stata ottenuta comunque garantendo le condizioni di comfort termoigrometrico all’interno degli ambienti serviti dall’impianto di solar cooling (Figura 21). La logica di regolazione gestisce il mantenimento della temperatura di setpoint ambiente mediante l’impianto a pannelli radianti a pavimento (alimentato con acqua in ingresso a Tin pannelli = 14°C) ed effettua il raggiungimento del setpoint con l’impianto a ventilconvettori (alimentato con acqua in ingresso a Tin fancoil = 7°C): questa soluzione ha consentito di ottimizzare la produzione di acqua refrigerata necessitando di acqua molto fredda solo nelle ore più calde della giornata, quando il contributo dell’energia termica in ingresso al gruppo frigo è fornito quasi interamente dal campo solare.
CONCLUSIONI
Figura 21 – Frazione solare impianto di solar cooling C.R. ENEA di Casaccia. Temperature medie giornaliere negli ambienti monitorati (ore 9.00-19.00)
BIBLIOGRAFIA
1. Documentazione Tecnica Maya – Yazaki WSC – SC 5 2. “Solar Heating and Cooling of Buildings – Guidelines”, Marco Beccali, Pietro Finocchiaro, Bettina Nocke 3. SYSTEMA S.P.A.: Gruppo frigo e torre evaporativa monoblocco 4. “Sistemi solari termici per la climatizzazione”, Mauro Villarini, Domenico Germanò, Francesco Fontana, Maurizio Limiti – Maggioli Editor
L’impianto di solar heating and cooling descritto ha sempre garantito durante il periodo di monitoraggio, sia invernale che estivo, il mantenimento delle condizioni di comfort termoigrometrico in tutti gli ambienti dell’edificio servito. È stato riscontrato un sostanziale risparmio in termini di consumi di energia primaria di natura fossile, grazie allo sfruttamento della radiazione solare: durante il funzionamento invernale il sole ha coperto il 56% dei consumi per il riscaldamento degli ambienti; nel funzionamento estivo c’è stata una copertura da fonte solare del 66% dell’energia termica richiesta dal gruppo frigo ad assorbimento. L’utilizzo di tale impianto per il riscaldamento invernale dell’edificio F-92 ha permesso di risparmiare, in termini di combustibile, 574 Nm³ di gas metano; per la climatizzazione estiva l’impianto ha permesso un risparmio in termini di energia elettrica di 2.677 kWhel. n 1 Nicolandrea Calabrese, ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile). 2 Sacha Ottobre, Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale. www.climatizzazioneconfontirinnovabili.enea.it
#17
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ESPERIENZA DELLE AZIENDE
Impianti idronici con portata d’acqua variabile al circuito primario: valutazioni energetiche
N
elle valutazioni delle efficienze degli impian-
ti idronici si fa riferimento ai valori di EER (Energy Efficiency Ratio) del solo gruppo frigorifero e, da qualche anno in Europa, anche agli indici ESEER (European Energy Efficiency Ratio) che tengono conto del funzionamento dei refrigeratori d’acqua durante tutto l’anno e quindi del funzionamento a carico parziale. Purtroppo questi valori e indici non tengono in considerazione le potenze assorbite dalle pompe dell’acqua che sono indispensabili e incidono sensibilmente nei consumi di energia negli impianti di condizionamento. Grazie all’utilizzo di inverter sulle pompe dell’acqua è possibile dare un contributo significativo alla riduzione dei consumi negli impianti di condizionamento dell’aria di tipo idronico. Ispirandoci a diverse applicazioni presenti in America da alcuni anni, nonché ad una presentazione Aicarr dell’ottobre 2006 [1], abbiamo ritenuto opportuno mettere a punto dei sistemi di regolazione integrati con i refrigeratori d’acqua per consentire l’utilizzo dei nostri chiller in impianti a portata variabile.
54
#17
Mediante l’utilizzo degli indici ESEER si è dimostrato il risparmio ottenibile nei consumi di energia elettrica sensibili, dell’ordine del 10-15% rispetto ad impianti simili ma a portata costante attraverso il refrigeratore di Francesco Fradiga1, Michele Pontarollo2 e Giancarlo Sormani3
Analisi energetica di tre tipologie di impianto idronico mediante l’utilizzo di indici di valutazione energetica derivati dagli indici Eseer I tre diversi impianti che analizziamo sono: 2.1. Impianto con portata fissa al primario e portata fissa al secondario 2.2. Impianto con portata fissa al primario e portata variabile al secondario 2.2. Impianto con portata variabile al primario con secondario in serie, VPF (Variable Primary Flow)
Impianto con portata fissa al primario e portata fissa al secondario In Figura 1 è riportato uno schema semplificato di un impianto composto da:
ESPERIENZA DELLE AZIENDE
• un refrigeratore d’acqua condensato ad aria modello FOCS-CA/B3602 da 849 kW nominali • una pompa a portata fissa sul circuito primario (più una seconda di riserva) • due reti di circuitazione idraulica identiche sul circuito secondario, ciascuna rappresentata per semplificazione con due utenze identiche (centrali di trattamento aria, ma potrebbero anche essere n fan coil od n condizionatori d’aria con valvole a tre vie) e ciascuna rete con una pompa a portata fissa (più una seconda di riserva) • un ramo con funzione di disaccoppiatore chiamato anche disgiuntore
In Tabella I riportiamo i dati di efficienza EER a carico totale e parziale nelle condizioni di riferimento per il calcolo dell’indice ESEER e il valore di ESSER del refrigeratore preso in esame. Il refrigeratore sarà sempre lo stesso in tutti e tre gli impianti che stiamo analizzando, così come le potenze in gioco. Per EER s’intende il risultato numerico del rapporto tra potenza frigorifera e potenza assorbita dal refrigeratore (compressori e ventilatori). L’indice ESEER [2] è dato dal risultato matematico della media pesata dei valori di EER nelle condizioni dai carico 100%, 75%. 50%, 25%, con dei pesi attribuiti in ambito europeo che tengono conto del funzionamento percentuale in quattro diversi carichi nell’arco dell’anno. ESEER = EER(100%,35°C) ∙ 0,03 + EER(75%,30°C) ∙ 0,33 + + EER(50%,25°C) ∙ 0,41 + EER(25%,20°C) ∙ 0,23 Acqua in uscita dal chiller 7°C. Portata acqua sempre uguale a quella del 100% di carico. In Tabella II riportiamo i dati più significativi ai fini energetici relativi alla pompa sul primario ed alle due pompe sul secondario. Denominiamo con una nuova terminologia EER+P l’efficienza totale del circuito idronico comprensiva delle potenze elettriche assorbite dalle pompe, sia al 100% che in condizioni di carico parziale.
Figura 1 – Impianto con portata fissa al primario e portata fissa al secondario
Potenza frigorifera EER + P = Potenza assorbita dal refrigeratore + Potenza assorbita dalle pompe dei circuiti
Tabella I – Efficienza energetica del chiller FOCS-CA/B 3602 in condizioni operative ESEER
UNITÀ
% Carico
u.m. 100% 75%
50%
25%
Potenza frigo
[kW]
849
637
425
212
Portata
[m³/h]
146
146
146
146
Potenza assorbita
[kW]
272
166
100
46,3
EER
-
3,13
3,84
4,24
4,58
ESEER REFRIGERATORE
-
4,15
Tabella II – Impianto a portata fissa al primario e portata fissa al secondario
Primario a portata fissa
% Carico
u.m. 100% 75%
50%
25%
Portata costante
[m³/h]
146
146
Tipo pompa
146
146
FHE80-160/110
Prevalenza pompa
[kPa]
210
Prevalenza utile chiller
[kPa]
117
Potenza pompa
[kW]
12,1
12,1
12,1
12,1
Portata costante pompa 1 e 2 [m³/h] 73,0
73,0
73,0
73,0
Tipo pompe Secondario portata Prevalenza pompe fissa Potenza pompa 1 e 2
FHE65-125/40
[kPa]
141
[kW]
4,47
4,47
4,47
4,47
[kW]
8,94
8,94
8,94
8,94
EER+P
-
2,90
3,41
3,50
3,15
ESEER+P
-
Potenza tot. pompe secondario
Attribuendo gli stessi pesi e condizioni dell’indice ESEER e facendo una media pesata di questi valori EER+P, definiamo un nuovo indice energetico che chiamiamo ESEER+P: ESEER + P = EER + P(100%,35°C) ∙ 0,03 + + EER + P(75%,30°C) ∙ 0,33 + + EER + P(50%,25°C) ∙ 0,41 + + EER + P(25%,20°C) ∙ 0,23 Acqua in uscita dal chiller 7°C. Portata chiller pari alle condizioni di riferimento.
Impianto con portata fissa al primario e portata variabile al secondario In Figura 2 è riportato uno schema derivato da quello precedente dove manteniamo la portata fissa al primario ed inseriamo delle pompe a portata variabile nei due rami del circuito secondario. Le valvole sulle utenze ora sono a due vie per fare in modo che quando è richiesto meno carico la valvola chiuda, alimentando con meno acqua la batteria di scambio termico e consentendo una diminuzione di portata d’acqua nel circuito secondario. Nelle valutazioni energetiche seguenti si è assunto di mantenere sempre
3,37
#17
55
ESPERIENZA DELLE AZIENDE
un ∆p minimo all’utenza di 50 kPa e una portata minima pari alla metà di quella nominale. In Tabella III riportiamo i dati più significativi ai fini energetici.
Impianto con portata variabile al primario con secondario in serie, VPF (Variable Primary Flow) In Figura 3 è riportato uno schema derivato da quelli precedenti dove eliminiamo le pompe del secondario ed affidiamo tutta la circolazione alle pompe a portata variabile del primario ponendovi il secondario in serie; tale impianto viene comunemente chiamato in America e da ASHRAE “VPF”, acronimo di “Variable Primary Flow”. Nel ramo che nel circuito precedente faceva da disaccoppiatore è stata inserita una valvola di bypass per assicurare una portata minima del 50% attraverso il refrigeratore in ogni situazione di carico alle utenze. In Tabella IV riportiamo, analogamente alle Tabelle precedenti, i dati più significativi ai fini energetici relativi a questa soluzione impiantistica. Dalle analisi condotte emerge che l’impianto VPF permette un incremento dell’indice ESEER+P rispettivamente pari al +18,9% rispetto ad impianto con portata fissa al primario e secondario e al +12,3% rispetto ad impianto con portata fissa al primario e variabile al secondario. Per quantificare economicamente questi miglioramenti percentuali ricorriamo alla stessa metodologia già adottata in precedenti relazioni [2]. Ipotizzando che la distribuzione del carico richiesto da un chiller durante un anno di funzionamento sia ripartita nelle stesse percentuali di peso del carico e per le stesse temperature dell’aria ambiente considerate nella formula ESEER ed ESEER+P, si può risalire al consumo elettrico (kWh) in N ore di funzionamento del chiller con una semplice formula, utilizzando il valore di ESEER+P, la potenza frigorifera nominale (Q100%) ed il numero d’ore totali di funzionamento (N). kWh in N ore di freddo estratto = = 0,03 ∙ 100% ∙ N ∙ Q100% + 0,33 ∙ 75% ∙ N ∙ Q100% + + 0,41 ∙ 50% ∙ N ∙ Q100% + 0,23 ∙ 25% ∙ N ∙ Q100% = = N ∙ Q100% ∙ (0,03 ∙ 1 + 0,33 ∙ 0,75 + 0,41 ∙ 0,50 + 0,23 ∙ 0,25) = = N ∙ Q100% ∙ 0,54 L’indice ESEER+P è adimensionale e può essere visto come rapporto (kW frigoriferi)/(kW elettrici assorbiti dal chiller più le potenze assorbite dalle pompe installate nel circuito), ovverosia come kWh frigoriferi / kWh elettrici assorbiti totali. Per ottenere i kWh elettrici assorbiti in N ore basta quindi dividere i kWh in N ore di freddo estratto per ESEER+P: kWh in N ore di freddo estratto kWh elettrici in N ore = = ESEER + P N · Q100% · 0,54 = = ESEER +P Considerando un impianto di condizionamento in un complesso di edifici ad uso residenziale, in funzione dalle 10 alle 24, per 4 mesi, da metà maggio a metà settembre, avremmo in totale N = 14 ∙ 30 ∙ 4 = 1680 ore/anno. I consumi e costi annuali (assumendo un prezzo di 0,15 €/kWh), dei tre
56
#17
Figura 2 – Impianto con portata fissa al primario e portata variabile al secondario
Tabella III – Impianto a portata fissa al primario e portata variabile al secondario
Primario a portata fissa
% Carico
u.m. 100% 75%
50%
25%
Portata costante
[m³/h]
146
146
Tipo pompa
146
146
FHE80-160/110
Prevalenza pompa
[kPa]
210
Prevalenza utile chiller
[kPa]
117
Potenza pompa
[kW]
12,1
12,1
12,1
12,1
Portata costante pompa 1 e 2 [m³/h] 73,0
36,5
36,5
36,5
Tipo pompe Secondario portata Prevalenza pompe fissa Potenza pompa 1 e 2
FHE65-125/40
[kPa]
141
[kW]
4,66
1,24
1,24
1,24
[kW]
9,32
2,48
2,48
2,48
EER+P
-
2,89
3,53
3,70
3,48
ESEER+P
-
3,57
ESEER+P rispetto 2.1
-
5,9%
Potenza tot. pompe secondario
impianti sopra analizzati, con riferimento ai soli chiller e pompe diventano rispettivamente: Impianto 2.1 con portata fissa al primario e portata fissa al secondario: ESEER + P = 3,37 kWh/anno = 1680 ∙ 849 ∙ 0,54/3,37 ≈ 228500 €/anno = 228500 ∙ 0,15 ≈ 34300 Impianto 2.2 con portata fissa al primario e variabile al secondario: ESEER + P = 3,57 kWh/anno = 1680 ∙ 849 ∙ 0,54/3,57 ≈ 215700 €/anno = 215700 ∙ 0,15 ≈ 32300 Impianto 2.3 con portata variabile VPF: ESEER + P = 4,01 kWh/anno = 1680 ∙ 849 ∙ 0,54/4,01 ≈ 192000 €/anno = 192000 ∙ 0,15 ≈ 28800 I risparmi nei consumi annuali ottenibili da un impianto VPF sono evidenti.
Cenni relativi alle regolazioni adottate
Tabella IV – Impianto VPF con portata variabile al primario e secondario in serie
Primario variabile
% Carico
u.m. 100% 75%
50%
25%
Primario variabile
[m³/h]
73,0
73,0
Tipo pompa
146
73,0
FHE80-160/110
Prevalenza pompa
[kPa]
255
Prevalenza utile chiller
[kPa]
162
Potenza pompa
[kW]
14,7
2,99
2,99
2,99
EER+P
-
2,96
3,77
4,12
4,30
ESEER+P
-
4,01
ESEER+P rispetto 2.1
-
18,9%
ESEER+P rispetto 2.2
-
12,3%
Carico 2
Bypass
Pompa primaria a portata variabile
Carico 1 Refrigeratore
Evaporatore
Figura 4 – Impianto con un unico circuito a portata variabile VPF
ΔP impianto
ESPERIENZA DELLE AZIENDE
Figura 3 – Impianto con un unico circuito a portata variabile VPF
In Figura 4 è riportato uno schema di principio dell’impianto con un unico circuito a portata variabile VPF; la pompa del refrigeratore è utilizzata per far circolare l’acqua attraverso l’intero impianto. Il refrigeratore d’acqua deve essere progettato per: • garantire efficienza ottimale anche con portata all’evaporatore ridotta; • regolare con precisione la temperatura dell’acqua in uscita variando contemporaneamente la portata d’acqua attraverso l’impianto. Si tratta di refrigeratori d’acqua con condensazione ad acqua o ad aria, evaporatore idoneo a fascio tubiero e compressori frigoriferi a vite. La regolazione della potenza frigorifera dei compressori è a modulazione continua in funzione della temperatura di mandata all’impianto. Le singole utenze dell’impianto sono dotate di valvole a due vie che modulano l’apertura in funzione della richiesta di carico: al diminuire della richiesta le valvole chiudono facendo passare meno acqua con conseguente aumento della perdita di carico attraverso batteria e valvola. Al diminuire del carico la velocità della pompa viene ridotta in modo da ridurne la potenza assorbita e fornire alle utenze solo l’acqua che esse richiedono; mediante un trasduttore differenziale viene misurata e mantenuta costante la caduta di pressione (∆p) in un punto significativo dell’impianto in modo da garantire sempre il flusso d’acqua adeguato nel percorso più critico o significativo dell’impianto. Nel controllore elettronico installato a bordo macchina sono state inserite molte logiche di controllo. La velocità di variazione della portata d’acqua, tipicamente espressa come variazione percentuale della portata nominale del refrigeratore al minuto, deve essere tale da non creare instabilità nella regolazione della temperatura di uscita dell’acqua. Abbiamo adottato variazioni della portata d’acqua variabili tra il 2% e 6% rispetto alla portata nominale, che portano nel caso peggiore a richiedere meno di 30 minuti per ridurre la portata dal massimo al minimo. La pompa installata a bordo macchina è controllata da un convertitore di frequenza o “inverter” che, variando la frequenza di alimentazione del motore della pompa, varia la velocità di rotazione e quindi la portata. Per evitare pendolazioni dovute alle interferenze fra regolatori, sono stati inseriti sofisticati algoritmi software che consentono al controllore di “pesare” il contributo dei singoli regolatori e garantire la stabilità in tutte le condizioni di lavoro. La messa a punto di questi algoritmi è stata fatta mediante severi test in laboratorio e verifiche su impianti
Ulteriori vantaggi dell’impianto a portata variabile VPF
I consumi di energia elettrica sono inferiori rispetto ad altri circuiti non solo per le motivazioni analizzate fino ad ora ma anche perché negli impianti, molto spesso, si abbonda nel dimensionare le pompe dell’acqua. Questo viene fatto per avere la sicurezza che nel caso di perdite di carico valutate erroneamente le pompe garantiscano comunque le portate d’acqua necessarie per mantenere il tradizionale T di 5°C attraverso il chiller al 100% del carico. L’utilizzo di inverter sulla pompa a bordo del chiller consente di tarare la portata nominale che permette di ottenere il ∆T di 5°C a carico pieno fissando la frequenza massima senza ricorrere ad inefficienti strozzature che comportano elevati sprechi di energia per il pompaggio. La
possibilità di fissare la frequenza massima, può consentire inoltre, anche ad impianto realizzato, di portare agevolmente il ∆T attraverso il chiller al 100% di carico anche a valori superiori a 5°C, con ulteriori risparmi nei consumi. Queste soluzioni impiantistiche permettono considerevoli risparmi d’installazione grazie all’eliminazione della stazione di pompaggio ed al ricupero dello spazio che esse occuperebbero. Le pompe con alte portate ed alte prevalenza presentano infine efficienza tendenzialmente maggiore delle pompe più piccole impiegate nei classici impianti disaccoppiati.
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pilota tramite continui monitoraggi delle condizioni operative. Le variazioni di portata calcolate dal controllore della macchina sono inviate al convertitore di frequenza con tempistiche che variano dinamicamente in funzione della richiesta di carico dell’impianto e tengono conto del volume d’acqua dell’impianto e della potenzialità del refrigeratore d’acqua. Per assicurare che in tutte le condizioni di lavoro dell’impianto la portata d’acqua del refrigeratore d’acqua non scenda sotto la soglia minima, il controllore elettronico è dotato di opportune sonde che consentono di stabilire quando la portata è troppo bassa e di inviare un segnale all’impianto per il comando della valvola del ramo di by-pass. Non abbiamo voluto appesantire questa relazione con altri esempi d’impianti con più refrigeratori d’acqua installati; anche per queste installazioni abbiamo sviluppato dei software per il controllo a portata variabile VPF che gestiscono gli inserimenti e le disinserzioni dei refrigeratori in modo da garantire comunque, con particolari accorgimenti, un buon controllo della temperatura dell’acqua inviata all’impianto.
Nel passaggio di ritorno, quando parte del liquido è diventato gas, dando un maggior numero di tubi alla sezione di ritorno, si consente una velocità del gas comunque alta contenendo le perdite di carico. Rappresentiamo nella Figura 6 l’andamento delle temperature in gioco nel caso di funzionamento al 100% del carico frigorifero con acqua entrante nell’evaporatore a 12°C ed uscente a 7°C. Da notare in questa e nelle successive Figure la parte dedicata al surriscaldamento del gas, necessario per assicurare che all’aspirazione del compressore non ritorni liquido perché, essendo incomprimibile, provocherebbe pericolose sollecitazioni ai compressori. Questa parte dei tubi scambiatori comporta poco scambio termico rispetto a quello di natura latente dovuto
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Evaporatore SIMMETRICO
Evaporatore ASIMMETRICO
Figura 5 – Differenza tra evaporatore avente distribuzione dei tubi di tipo simmetrica e asimmetrica
IN ACQUA
OUT ACQUA
OUT GAS IN liquido
Comportamento degli evaporatori con portate d’acqua ridotte Non tutti gli evaporatori si prestano a venire impiegati in impianti a portata d’acqua variabile che li attraversano perché, al diminuire delle portate d’acqua, non deve diminuire l’efficienza globale di scambio termico, altrimenti si avrebbe il risultato di vedere diminuire la temperatura di evaporazione con conseguente abbassamento non solo della potenza frigorifera ma anche dell’efficienza del refrigeratore. Gli evaporatori installati nei nostri chiller sono progettati e costruiti con criteri tali da mantenere pressoché inalterata la temperatura di evaporazione a parità di temperatura dell’acqua in uscita dall’evaporatore ed a diversi regimi di portata d’acqua fino ed anche inferiore al 50% della portata d’acqua nominale. Per spiegare il comportamento ci aiutiamo con degli andamenti schematici qualitativi dei profili di temperature dell’acqua tra ingresso ed uscita del mantello e del refrigerante (R134a), all’interno dei nostri evaporatori. L’evaporatore è generosamente dimensionato e adotta una distribuzione di tubi scambiatori asimmetrica, cioè con un numero inferiore nella parte bassa del primo passaggio rispetto a un numero superiore nella parte alta di ritorno refrigerante verso la stessa estremità d’ingresso (Figura 5). In questo modo si sfrutta l’alta densità del refrigerante nel primo passaggio che da prevalentemente liquido va via via evaporando trasformandosi in gas, consentendo alte velocità di passaggio con elevato coefficiente di scambio e basse perdite di carico.
al cambiamento di stato da liquido a gas nella parte prevalente dell’evaporatore. Nella Figura 7 riportiamo l’andamento delle temperature nello stesso evaporatore con portata
12 11 10 9 8 7 °C 6 5 4 3 2 1 0
12 °C
Carico frigorifero 100%
7 °C Surriscaldamento 5°C
Area impiegata per surriscaldare LUNGHEZZA EVAPORATORE
PORTATA ACQUA FISSA
12 – 7 °C
EVAPORAZIONE
SURRISCALDAMENTO
Figura 6 – Andamento temperature acqua e R134a per impianto a pieno carico e portata acqua 100% Figura 7– Andamento temperature acqua e R134a per impianto a metà carico e portata costante pari a quella al 100% di carico
12 11 10 9 8 7 °C 6 5 4 3 2 1 0
Carico frigorifero 50% 9.5 °C 7 °C Surriscaldamento 5°C
4°C Area impiegata per surriscaldare LUNGHEZZA EVAPORATORE
PORTATA ACQUA FISSA EVAPORAZIONE
9.5 – 7 °C SURRISCALDAMENTO
12 °C
Carico frigorifero 50%
7 °C Surriscaldamento 5°C
Area impiegata per surriscaldare LUNGHEZZA EVAPORATORE
PORTATA ACQUA 50%
12 – 7 °C
EVAPORAZIONE
SURRISCALDAMENTO
Figura 8 – Andamento temperature acqua e R134a per impianto al 50% del carico e portata variabile = 50%
Figura 9 – Andamento della portata al variare della potenza frigorifera FUNZIONAMENTO BATTERIA 100%
Portata
75%
50%
25%
0% 0%
25%
50%
75%
100%
Potenza Frigorifera LINEARE
FAN COIL
Figura 10 – Andamento della potenza e della prevalenza a diverse frequenze
160%
160%
140%
140%
Prevalenza H
120%
120%
50 Hz
100%
100%
80%
80%
60%
60%
40%
40%
30 Hz
20%
20%
0% 0%
20%
40%
60%
80%
Potenza assorbita Pa
Curve POMPA
0% 100%
Portata acqua
H 50Hz
H 30Hz
Pa 50Hz
Pa 30Hz
d’acqua identica a quella nominale, in condizioni di lavoro pari al 50% della resa nominale e quindi con salto termico dimezzato a soli 2,5°C, con acqua entrante a 9,5°C ed uscente a 7°C. La temperatura di evaporazione si mantiene pari a quella del 100% di carico, con una zona dedicata al surriscaldamento del gas notevolmente estesa in quanto, per assicurare lo stesso surriscaldamento di 5°C, essendo la temperatura dell’acqua entrante a 9,5°C il ∆TML nella fase dedicata al surriscaldamento si abbassa e, per avere sempre un pari surriscaldamento del gas, è necessaria una maggior superficie di scambio dedicata alla fase di surriscaldamento, che toglie superficie a quella parte di evaporatore più efficace nel trasmettere calore al liquido evaporante (calore latente). QSURR = K · S · ∆TMLsurr In modo intuitivo è evidente che con acqua entrante a 9,5°C anziché 12°C è più difficile avere un gas che si surriscalda. Nella Figura 8 viene riportato l’andamento delle temperature nello stesso evaporatore ma con portata d’acqua ridotta al 50% rispetto a quella nominale, in condizioni di lavoro pari al 50% della resa nominale, con salto termico invariato a 5°C e quindi con acqua entrante sempre a 12°C. Facciamo notare la riduzione di superficie dedicata allo scambio termico per il surriscaldamento del gas grazie al maggior ∆TML del caso precedente. La superficie dedicata quindi alla pura evaporazione del refrigerante è superiore rispetto a quella di Figura 7, compensando la diminuzione del coefficiente di scambio lato acqua dovuta alla diminuita portata d’acqua e quindi velocità dell’acqua. Il calore QSURR deve essere, a parità di portata refrigerante e gradi di surriscaldamento, sempre lo stesso del caso precedente; il coefficiente di scambio totale K diminuisce in seguito alla diminuzione del coefficiente di scambio lato acqua per diminuita velocità dell’acqua. Il ∆TMLsurr. si mantiene a livelli simili a quelli di Figura 6, grazie all’alta temperatura di ingresso acqua pari a 12°C.
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12 11 10 9 8 7 °C 6 5 4 3 2 1 0
Comportamento degli utilizzatori dell’acqua refrigerata negli impianti di condizionamento al variare della potenza frigorifera Nelle batterie di scambio termico impiegate nelle utenze, fancoil, condizionatori d’aria, centrali di trattamento aria ecc. verrebbe da pensare che passando dal carico termico del 100% a condizioni di lavoro a carico parziale, la diminuzione di portata d’acqua da quella nominale al 100% a quella corrispondente ad una certa percentuale di carico parziale diminuisca della stessa percentuale. Questo non avviene per motivi termodinamici (essenzialmente dovuto al variare del
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coefficiente di scambio termico interno alla batteria alettata in funzione della velocità dell’acqua con esponente inferiore a uno e non lineare). Chiunque, utilizzando programmi di calcolo di scambio termico per batterie alettate o di fan coil o di centrali di trattamento aria tracciasse l’andamento della portata d’acqua al variare del calore scambiato a parità di temperature d’ingresso di acqua e di aria, otterrebbe andamenti simili a quelli di Figura 9. Noi l’abbiamo fatto con diversi programmi di calcolo sia di macchine di condizionamento, sia di solo calcolo di batterie alettate di fornitori qualificati ed il risultato medio che abbiamo ottenuto è quello di Figura 9, dove evidenziamo che già ad un carico termico del 75% la portata d’acqua diminuisce più del 50%.
Variazione della potenza assorbita da una pompa al diminuire della portata d’acqua Dalle leggi derivanti dalla similitudine meccanica per una pompa, estraiamo le seguenti relazioni in funzione della velocità di rotazione della pompa n: Portata = f (n) Prevalenza = f (n2) Potenza = f (n3) Importante notare la variazione della potenza assorbita da una pompa con la variazione al
cubo del numero di giri della pompa. In Figura 10 riportiamo delle curve portata-prevalenza e portata-potenza assorbita per la pompa utilizzata nell’esempio precedente di impianto VPF. Analizzando le curve a 50 ed a 30 Hz si nota che al 50% di portata acqua, con pompa a 30 Hz, si ha una potenza assorbita pari a circa il 20% di quella a portata 100%.
CONCLUSIONI L’utilizzo di impianti a portata variabile nel circuito primario VPF può dare, in molte applicazioni, un valido contributo al contenimento dei consumi energetici con evidenti benefici all’utente finale. Purtroppo ci vorrà del tempo per sensibilizzare il nostro settore sull’importanza della riduzione delle potenze assorbite dalle pompe. Riteniamo che la certificazione energetica degli edifici contribuirà a questa sensibilizzazione. Con gli esempi presentati abbiamo voluto semplificare le analisi energetiche riducendole a poche operazioni matematiche, senza ricorrere a sofisticati programmi software di calcolo, con l’ipotesi che il carico dei refrigeratori vari nell’arco dell’anno nelle stesse modalità assunte per la definizione dell’indice ESEER. Riferendosi ad altre distribuzioni di carico, altre temperature aria esterna, con distribuzione per frequenza oraria di temperature esterne, è possibile condurre
delle analisi più personalizzate ma l’ordine di grandezza dei risultati comparativi tra i diversi impianti non si scostano da quelli riportati in questa relazione. n 1 Francesco Fadiga, Responsabile ufficio tecnico Belluno – Climaveneta S.p.A. Bassano del Grappa (Vi) 2 Michele Pontarollo, Direzione Elettronica ed Automazione – Climaveneta S.p.A. Bassano del Grappa (Vi) 3 Giancarlo Sormani, Direzione Tecnica – Climaveneta S.p.A. Bassano del Grappa (Vi)
BIBLIOGRAFIA
[1] Boeche A., Cavallini A., Zecchin R., 2006. I contenuti progettuali in relazione alla vita del sistema edificio impianto – convegno Aicarr Bologna 26 ottobre 2006. [2] Sormani G., 2006. Prove e prestazioni a carichi parziali dei chiller: certificazione Eurovent ed analisi energetiche – 45° Aicarr International Conference 2006, Milano 1-2 marzo 2006.
ESPERIENZA DELLE AZIENDE
Nuovi scambiatori di calore alettati con bassa carica di refrigerante Una tecnologia progettata grazie ai risultati teorici, ottenuti con analisi CDF, confrontati con gli esiti di una campagna di sperimentazione delle batterie condotta nei tunnel di prova e nelle celle calorimetriche di Stefano Filippini*
N
nei settori della refrigerazione e del condizionamento ci sono state molte discussioni riguardanti la sostenibilità ambientale. In un primo momento l’attenzione si è concentrata sui refrigeranti che danneggiano lo strato di ozono, in secondo luogo l’attenzione si è focalizzata sulla riduzione dell’effetto serra, seguendo l’approccio TEWI (cioè combinando le emissioni dirette e indirette). Inoltre, in alcuni paesi sono state introdotte tasse e una limitazione alle cariche di refrigerante. Era quindi necessaria una risposta a egli ultimi anni
queste tendenze e lo sviluppo del condensatore Microchannel può essere considerato un primo tentativo. LU-VE ha condotto negli ultimi anni un’attività di ricerca ampia in direzioni diverse, cercando di analizzare tutte le possibili alternative e infine è stata sviluppata una nuova geometria di batteria basata sulla tecnologia rame alluminio. Diversi sono i vantaggi di tale soluzione rispetto al microchannel con uno scenario produttivo da 1 a 50 pezzi per lotto. Altre conclusioni possono essere ottenute in caso di lotti di produzione
molto più grandi, ma questa non è la condizione tipica della refrigerazione e del condizionamento dell’aria, nel campo dei condensatori ventilati.
Nuova geometria della batteria Al fine di soddisfare la richiesta di scambio termico ad alta efficienza e bassa carica di refrigerante è stata sviluppata la nuova
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ESPERIENZA DELLE AZIENDE
geometria Minichannel, come mostrato nella Figura 1. È molto compatta e raggiunge un’elevata densità di potenza su superficie alettata. Le alette hanno speciali turbolenziatori che, combinati a tubi rigati internamente con aumento della superficie interna >1,8, danno prestazioni molto elevate. I collettori della batteria possono essere scelti in base al flusso di refrigerante, senza limitazioni meccaniche particolari e di conseguenza è possibile abbassarne il volume.
Matrici dello scambiatore di calore Il grafico di Figura 2 rappresenta un interessante confronto prestazionale (coefficiente di scambio termico e perdite di carico lato aria) di tre configurazioni geometriche differenti: a) 25x21,65 mm con tubo da 9,52 mm, b) 20x17,3 mm con tubo da 5,00 mm e c) soluzione a micro-canali (tubo 30 mm). Confrontando le prestazioni delle geometrie sopra citate, relativamente ad un valore di velocità dell’aria di 2,0 m/s, si può affermare che la geometria con tubo da 5,0 mm possiede un coefficiente di scambio leggermente inferiore alle altre due (in particolare alle alte velocità), ma in contrapposizione perdite di carico
sensibilmente inferiori; i risultati rendono molto interessante la geometria con tubo da 5 mm. Questo confronto è stato eseguito con lo stesso passo tra le alette: 1,3 mm.
Figura 1 – Nuova geometria Minichannel
Utilizzo di software CDF L’approccio tradizionale seguito dai progettisti di scambiatori di calore era consuetudinariamente focalizzato sulla selezione delle caratteristiche globali della batteria: diametro e lunghezza del tubo, passo alette e loro geometria, numero di ranghi, nel tentativo di ottenere il miglior compromesso tra prestazioni di trasferimento del calore, costi industriali e caratteristiche del ventilatore. In passato, le principali scelte e le soluzioni adottate si basavano principalmente sulle esperienze e sulle correlazioni empiriche derivate da prove sperimentali [1,2]. Meno attenzione è stata data al vero nucleo dello scambiatore di calore e al comportamento del flusso termico che attraversa la batteria. Questo approccio empirico è appropriato quando viene utilizzato per batterie di geometria semplice, come quelle con i tubi e alette lisci, ma non è giustificato quando applicato alla progettazione delle batterie allo stato dell’arte, che adottano tubi rigati e alette con forme sofisticate. Un software CFD è di grande aiuto in materia di scambio di calore [3]. Oggi i grandi progressi delle tecniche informatiche e la disponibilità di modelli numerici sempre più accurati e flessibili, unita alla crescita di competenze e knowhow dei ricercatori e degli ingegneri nel campo della CFD, rendono fattibile e conveniente l’implementazione di nuove strategie per la
HTC - Air side
HTC MC 30x2 HTC 5 mm HTC 9,52 mm Dpa MC 30x2 Dpa 5 mm Dpa 9,52 mm
Effective fin spacing = 1,3 mm
Air face velocity
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Pressure drop - Air side
Figura 2 – Confronto prestazionale (coefficiente di scambio termico e perdite di carico lato aria) di tre configurazioni geometriche differenti: a) 25x21,65 mm con tubo da 9,52 mm, b) 20x17,3 mm con tubo da 5,00 mm e c) soluzione a micro-canali (tubo 30 mm)
progettazione avanzata di scambiatori di calore [4]. L’approccio utilizzato in LU-VE e descritto in questo documento si basa su un uso massiccio di simulazioni numeriche con l’obiettivo di scoprire i dettagli del moto dei fluidi per ottenere una comprensione maggiore (ossia basati sui principi di dinamica dei fluidi) delle loro performance di calore e delle perdite di pressione. L’utilizzo della CFD è combinato con un approccio sperimentale globale. In questo contesto ciascuno dei due approcci dà un contributo fondamentale: il primo è in grado di supportare gli ingegneri fornendo una veloce e attenta analisi del campo di flusso per la scelta della migliore forma dell’aletta, la seconda è di rilevanza fondamentale per la misurazione delle performance complessive della batteria, così come per la convalida dei calcoli numerici. Sono state esaminate oltre 30 differenti configurazioni di aletta. Una serie di calcoli in 2D, abbinata agli esperimenti con tunnel di prova è stata effettuata a diverse velocità dell’aria e vari passi aletta, al fine di confrontare per ogni configurazione le tendenze numeriche e sperimentali. Questa intensa attività ha dato preziosi suggerimenti per la taratura degli strumenti di calcolo e l’influenza della forma dell’aletta sulle performance di trasferimento del calore. I risultati delle attività di ricerca dimostrano la nuova frontiera aperta dal processo di ottimizzazione per la forma dell’aletta e dimostrano come questa caratteristica sia importante per migliorare le prestazioni complessive della batteria, confermando così che la CFD è in grado di sostenere efficacemente il progetto avanzato degli scambiatori di calore.
Sperimentazione e calibrazione del software Le prove di potenza termica hanno richiesto una notevole attività sperimentale, in quanto sono state eseguite molte prove in camera calorimetria per definire le prestazioni alle più svariate condizioni di funzionamento (es. a diverse velocità dell’aria frontale, velocità di massa del
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fluido interno, temperature di condensazione e dell’aria in ingresso alla batteria di scambio). Tutte queste prove sono servite per calibrare il codice di calcolo, onde poter in futuro stimare con piccole incertezze le prestazioni di ogni tipo di aero-condensatore avente la geometria Minichannel alle più svariate condizioni operative. Scambiatori con tubo reperito dal mercato
Una prima soluzione di aero-condensatori utilizzava un tipo di tubo reperito dal mercato, non certamente ottimizzato per il particolare nostro utilizzo. Esso aveva caratteristiche tipiche di un tubo per aero-evaporatori, cioè angolo di elica delle micro-alette prossimo a 18°. Il grafico di Figura 5 riporta il confronto tra i dati sperimentali di potenza termica e quelli determinati con il codice di calcolo; come si può notare, lo scostamento è molto piccolo, nell’ordine di qualche percento. Questo conferma l’attendibilità dei calcoli in diverse condizioni operative. Anche il grafico di Figura 6 indica il confronto tra i dati sperimentali e quelli di calcolo, relativi alle perdite di carico lato refrigerante (interno tubi) in funzione della portata in massa. Le tolleranze normalmente accettate sono dell’ordine del ±20%; in questi casi sperimentali, l’errore è ampiamente interno a tale intervallo (±8%). Scambiatori con tubo ottimizzato
di Reynolds e Prandtl. Tali caratteristiche sono state implementate nel codice di calcolo, il quale, assieme a tutte le informazioni relative allo scambio termico esterno, la portata d’aria, le dimensioni dello scambiatore e le temperature operative, ci ha permesso di definire la potenza termica scambiata nelle condizioni di prova. Gli errori tra il dato sperimentale e il dato di calcolo sono riportati nel grafico di Figura 7. Come si evince, la differenze sono veramente molto piccole, inferiori al 3%. Lo stesso confronto è stato fatto relativamente alle perdite di carico lato interno (fluido refrigerante di prova R407A), dove il grafico di Figura 8 definisce gli errori tra il dato sperimentale e il dato di calcolo.
30000
30000
25000
25000
Theoretical capacity kW
Theoretical capacity kW
La collaborazione sempre molto stretta con i produttori di tubi micro-alettati, ci ha portato a definire una tipologia di tubo altamente performante per aero-condensatori. Le prove prestazionali del solo tubo sono state eseguite direttamente dal fornitore, il quale ci ha fornito tutte le informazioni di scambio termico e di perdite di carico a diversi valori del numero
Figura 3 – Analisi CDF. Una serie di calcoli in 2D, abbinata agli esperimenti con tunnel di prova è stata effettuata a diverse velocità dell’aria e vari passi aletta, al fine di confrontare per ogni configurazione le tendenze numeriche e sperimentali
20000 15000 10000 5000 0
0
5000
10000 15000 20000 Experimental capacity kW
25000
20000 15000 10000 5000 0
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0
5000
10000 15000 20000 Experimental capacity kW
25000
30000
Figura 6– Errori tra il dato sperimentale e quello di calcolo (potenza termica scambiata nelle condizioni di prova)
Figura 5 – Confronto tra i dati sperimentali e quelli di calcolo, relativi alle perdite di carico lato refrigerante (interno tubi) in funzione della portata in massa
Figura 7 – Errori tra il dato sperimentale e quello di calcolo inerenti (perdite di carico lato interno)
1,2
1,2
1,15
1,15
DP sperimentali / DP calcolo
DP sperimentali / DP calcolo
Figura 4 – Confronto tra i dati sperimentali di potenza termica e quelli determinati con il codice di calcolo
1,1 1,05 1 0,95 0,9 0,85 0,8 0,00
0,05
0,10 0,15 0,20 portata in massa di refrigerante Kg/s
0,25
1,1 1,05 1 0,95 0,9 0,85 0,8 0,00 0,02
0,04 0,06 0,08 0,10 0,12 0,14 0,16 portata in massa di refrigerante Kg/s
0,18
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0,20
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Model SHVN 19/0 Special 5mm tubes Special multichannel Capacity [kW] 19,6 20,2 19,5 Tube diameter [mm] 9,52 5,0 multichannel 30 x 2 Tubes volume [dm3] 5,15 2,04 1,90 Header volume [dm3] 0,36 0,36 0,91 Total coil internal volume [dm3] 5,51 2,41 2,81 Header diameter [mm] 22 22 38 Internal volume difference 100% 43,6% 50,9% Internal volume difference 100% 116,7% Tabella 1 – Confronto tra condensatori ad aria con batterie differenti. Nella prima colonna ci sono i dati del condensatore SHVN 19 / 0 della gamma LU-VE, Figura 8 – Microchannel con geometria 25x21,65 mm e diametro tubo 9,52 mm. Nella seconda colonna con configurazione vi è la soluzione con il nuovo Minichannel geometria 20 x 17,32 mmi e tubo da a flusso parallelo 5 mm, nella terza colonna una soluzione con la configurazione Microchannel
Il valore delle perdite di carico è comprensivo dei collettori di entrata e di uscita, in modo da calibrare anche tali componenti, fondamentali per la definizione della macchina stessa. Anche in questo caso, si hanno scostamenti ampiamente inferiori al ±20%. La grande mole di dati sperimentali ha consentito di calibrare al meglio il codice di calcolo; questo prezioso strumento, utilizzato in progettazione e in area commerciale rappresenta il cuore strategico dell’azienda, in quanto raccoglie tutta l’esperienza termodinamica del gruppo Lu-Ve. Stimare le prestazioni delle nostre macchine entro valori del ±3% (potenza termica), ci consente di offrire alla clientela prestazioni estremamente precise ed ottimizzate per il loro impiego, nonché aiutare la progettazione a studiare e migliorare sempre di più i prodotti
CONFRONTO TRA SCAMBIATORI DI CALORE Microchannel con configurazione a flusso parallelo
A causa della sua costruzione meccanica il Mircochannel con configurazione a flusso parallelo deve avere i collettori piuttosto grandi, almeno abbastanza grandi per consentire al profilo di alluminio di entrare nel collettore stesso. Dalla nostra attività di ricerca il profilo di alluminio di 30 mm in profondità sembrerebbe essere un buon compromesso per ottenere da un condensatore una corretta performance; è quindi necessario un collettore con un diametro minimo di 38 mm. Questo è uno dei motivi principali per cui la tecnologia Microchannel ha ancora un volume interno più grande del necessario e la carica di refrigerante principale si trova nei collettori. La Figura 8 mostra la configurazione del Microchannel dove la definizione del passo alette è piuttosto diversa da quella normalmente utilizzata per una batteria alettata. Infatti la definizione geometrica porta a considerare il passo alette come la distanza tra due elementi ripetitivi, nel nostro esempio le 2 onde (ex. passo alette = 2,6 mm); in realtà la distanza effettiva tra le
2 alette è la metà (1,3 mm nella foto), un valore molto più basso rispetto a quello che attualmente il mercato sta utilizzando per un condensatore ventilato (cioè tra 2,0 e 2,5 mm). Confronto del volume interno
La Tabella 1 mostra un confronto fra tre possibili condensatori ad aria, con capacità simili, stesse aree frontali e stessi ventilatori (2 x Ø 350 mm 4 poli). Per meglio evidenziare l’andamento del volume interno per le tre diverse configurazioni, viene indicato separatamente il volume interno dei tubi (o profili estrusi per il microchannel) e dei collettori. Il risultato del confronto mostra chiaramente che, utilizzando la tecnologia più moderna, è possibile ridurre fortemente la carica di refrigerante; inoltre grazie al diametro dei collettori più piccolo si ha un vantaggio per la nuova geometria Minichannel rispetto al Microchannel (16,7% di ulteriore riduzione). Altri termini di confronto
Per fare una seria valutazione delle differenti tecnologie sono stati confrontati dei punti aggiuntivi, come indicato nella Tabella 2.
Tabella 2 – Confronto tra la nuova geometria batteria Minichannel e Microchannel new newgeometry geometry Minichannel TURBOFIN 5
Microchannel a Micro channel flusso parallelo
+
-
Lifetime
+
??
Flexibility
+
-
MC has very rigid production, difficult to provide special circuiting or enlarged coil. 5mm is very flexible as actual Cu/Al tecnology shows
Weight
~
~
Very similar values
Recicling
-
+
MC has advantage of mono-material construction
Dirt accumulation
+
-
MC has in reality 1,3mm fin spacing, dirt accumulation is much quicker
Cleaning
-
+
MC is stronger, cleaning is quicker and easier without damage risk
Installation Cost
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Comment Installer has to solder copper pipes as usual in both cases but MC has a joint Cu-AL rather fragile that can be damaged and repairing is difficult Very much influenced by production lot, however till 50 pieces batch 5mm is surely competitive No real experience on MC is available, tests on car can be used???
Figura 10 – Deposito di polveri in funzione della velocità dell’aria (o portata volumetrica che fluisce nello scambiatore)
SPORCAMENTO Alette intagliate con diverso passo
Recenti studi internazionali dimostrano come sia abbastanza indipendente il deposito di polveri (dimensioni da 0,01 a 100 μm) in funzione del passo alette, mentre un peso maggiore lo ricopre la velocità dell’aria (Bulk Air Velocity). In particolare, si riporta il grafico di Figura 1, dove si evidenzia come, al variare della taglia delle particelle di polvere immesse nel flusso dell’aria che investe lo scambiatore di calore alla velocità di 2 m/s, non si hanno particolari differenze di deposito al variare del passo alette (passi analizzati: circa 1,6, 2,1, 3,2 mm). Le tre curve sono pressoché coincidenti (entro valori del ±5%) [10]. Invece, il grafico di Figura 10, mostra una sensibile variazione del deposito di polveri al variare della velocità dell’aria (o portata volumetrica che fluisce nello scambiatore); in particolare, maggiore è la velocità, maggiore è il deposito di particelle (specialmente quelle con taglia da 1 a 50 μm). Questa analisi è stata condotta su uno scambiatore avente un passo tra le alette di circa 2,1 mm.
ESPERIENZA DELLE AZIENDE
Figura 9 – Deposito di polveri in funzione del passo alette a una velocità dell’aria di 2 m/s
CONCLUSIONI Il grafico di Figura 9 ha dimostrato che il deposito di particelle di polvere è quasi indipendente dal passo alette [10], ma l’influenza di tale deposito sulle prestazioni termiche non è chiaramente lo stesso. Infatti, per passi più ristretti, lo strato di polveri depositato (di altezza inferiore, in quanto più distribuito su una maggiore superficie di alette) implica un maggiore aumento delle perdite di carico lato aria e di conseguenza, un maggiore decadimento della portata d’aria (e quindi di potenza). Altri studi eseguiti con metodi sperimentali e analitici sofisticati [11], utilizzando polveri standard ASHRAE, dimostrano che lo sporcamento di uno scambiatore a micro-canali a passo 1,3 mm con 135 g di polveri, presenta lo stesso decadimento di prestazioni in termini di coefficiente di scambio termico e perdite di carico, rispetto ad uno scambiatore tradizionale a passo 2,0 mm con 400 g di polveri. La soluzione con micro-canali comporta quindi un decadimento delle prestazioni molto più importante e di conseguenza un aumento degli interventi di manutenzione di circa 3 volte (400/135).
Il recente sviluppo della nuova geometria basata sulla tecnologia di rame alluminio è stato presentato e confrontato con la soluzione Microchannel in alluminio. Diversi sono i vantaggi della nuova proposta; in particolare appare il modo migliore per abbassare il volume interno e di conseguenza la carica di refrigerante, un tema che è sempre più richiesto al fine di garantire la sostenibilità ambientale di tutti i prodotti. n * Stefano Filippini, LU-VE Group
NOMENCLATURA
TEWI Total Equivalent global Warming Impact MC Microchannel Re Numero di Reynolds FPI Fin per inch (passo alette)
BIBLIOGRAFIA
[1] Wang CC, Recent progress on the air-side performance of Fin-tube Heat Exchangers, International Journal of Heat Exchanger1524-5608/vol1 (2000), pp 49-76. [2] Lozza G., Merlo U. An experimental investigation of heat transfer and friction losses of interrupted and wavy fins for fin-and-tube heat exchangers. International Journal of Refrigeration 24 (2001) pp. 409-416 [3] Patankar S.V. Numerical heat transfer and fluid flow, Mc Graw-Hill, New York, 1980. [4] Sunden B., Brebbia C.A., Advanced computational methods in heat transfer VII, Proceeding of the Seventh International conference on advanced computational methods in heat transfer, Halkidiki, Greece, April 22-24, 2002. [5] Kreith, F. (1975), Principi di trasmissione del calore, Liguori Editore. [6] Incropera, DeWitt (1996), Fundamentals of Heat & Mass Transfer, John Wiley & Sons. [7] Bejan A. (1980), Heat transfer, Wiley. [8] Ashrae Handbook (2008), HVAC Systems and equipment. [9] Colombo E., Macchi E., Merlo U., Strategy for innovation in heat exchanger design: computational approach combined with experimental tests leads to performance improvement. Summer Heat Transfer Conference – Westin St. Francis, San Francisco, CA, USA (2005) [10] J. Siegel, V. P. Carey: Fouling of HVAC fin and tube heat exchangers. [11] Ian H. Bell, Eckhard A. Groll: Air-side particulate fouling of microchannel heat exchangers: experimental comparison of air-side pressure drop and heat transfer with plate-fin heat exchanger.
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ESPERIENZA DELLE AZIENDE
Schema di un umidificatore modulare a pacco evaporante a ricircolo d’acqua installato in centrale di trattamento d’aria
Apparecchi per raffreddamento evaporativo Caratteristiche e principi di funzionamento degli umidificatori a pacco bagnato e degli umidificatori ad atomizzazione con acqua pressurizzata di Andrea Piccolo, Raul Simonetti e Michele Martello*
P
di raffreddamento evaporativo, occorre verificare come si possono soddisfare nel modo più efficiente le specifiche richieste. Esistono molti apparecchi in commercio, ognuno con i propri vantaggi e svantaggi: • lavatore adiabatico; • umidificatore a pacco bagnato; • umidificatore a ultrasuoni; • umidificatore ad atomizzazione con acqua pressurizzata; • umidificatore ad atomizzazione con aria compressa. rima di progettare un sistema
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Fondamentalmente la funzione e la continuità di esercizio di ogni apparecchio è influenzata dalla qualità dell’acqua, dalla qualità dell’aria e dalla frequenza della manutenzione periodica. La scelta del sistema di raffreddamento evaporativo segue le indicazioni dello studio tecnico responsabile del progetto in accordo con il committente e con il produttore dell’apparecchio. I criteri di scelta dipendono da:
• richieste dal punto di vista dell’igiene; • condizioni ambientali; • percentuale di aria esterna e totale; • potenza di raffreddamento; • luogo di installazione; • tipo di acqua disponibile; • quantità di energia disponibile; • spazi disponibili; • normative locali; • precisione della regolazione; • limiti acustici; • costi di investimento; • costi di esercizio (manutenzione, energia).
Umidificatore a pacco bagnato Principio di funzionamento: il flusso d’aria attraversa una grande superficie composta da un “letto” o “pacco” di materiale alveolare o da fogli ondulati e accostati, in modo da venire in contatto con l’acqua da essi assorbita. Contrariamente ai lavatori adiabatici e agli umidificatori a disco rotante, non avviene nessun passaggio di calcare
nell’aria. La velocità media dell’aria va dai 0,5 ai 3 m/s e oltre. Accanto all’effetto di umidificazione, si ha anche un effetto di lavaggio dell’aria, dato che la superficie bagnata dal pacco agisce da filtro. Lo stesso pacco, se asciutto, ha le proprietà di filtraggio di un filtro di classe inferiore. Impiego in unità di trattamento aria
Come mostra la Figura in apertura di articolo, in caso di umidificatore a pacco bagnato con ricircolo d’acqua per impiego in una unità di trattamento aria, il rapporto di assorbimento ε è compreso tra il 3 e il 10% e l’acqua non evaporata viene fatta ricircolare. L’acqua di ricircolo è prelevata dalla vasca di raccolta tramite la pompa e inviata al collettore di distribuzione fino alle elettrovalvole di parzializzazione, se presenti, che la distribuiscono sul pacco. L’efficienza di saturazione è fissa e compresa tra il 60% e il 95%. Questo porta a un tipo di regolazione con oscillazioni dell’umidità e a complicazioni nella
Fig. 1 – Ugello con getto a vortice
Fig. 2 – Ugello con spillo ad impatto
regolazione dei dispositivi posti a valle della sezione di umidificazione dell’unità di trattamento aria (es. batterie calde). L’umidificatore a pacco bagnato può avere un pacco in fibra di vetro: igroscopico, resistente alla corrosione e non infiammabile secondo DIN 4102. Secondo le indicazioni del produttore sono raggiungibili efficienze di saturazione fino al 95%. Prerequisiti sono un perfetto funzionamento dell’intera superficie, una velocità dell’aria da 2,0 a 2,5 m/s e un ricircolo da 5 a 10 volte la potenza di umidificazione calcolata. In questi apparecchi vi sono pacchi che possiedono una superficie di evaporazione di circa 660 m²/m³ di volume. Assumendo uno spessore di 30 cm e le misure standard di altezza e larghezza, questa superficie di evaporazione corrisponde a circa 3,4 m² di pacco. Un m³ di questo materiale pesa circa 60 kg e può assorbire fino a 100 litri d’acqua. Per evitare la formazione di fanghi e la proliferazione batterica, occorre monitorare la concentrazione di sali nell’acqua. Essa deve essere scaricata regolarmente, come succede per i lavatori adiabatici. Il pacco deve essere regolarmente esaminato per evidenziare l’addensamento di residui e di incrostazioni. Per limitare la formazione di incrostazioni, occorre pretrattare l’acqua per l’umidificazione. Anche in questi umidificatori è ragionevole una prevenzione della formazione di germi tramite una lampada UV. L’umidificatore può essere acceso/spento tramite la pompa. Gli investimenti iniziali sono bassi e i costi di esercizio sono elevati e sono principalmente i costi di trattamento dell’acqua, se previsto, di manutenzione, di cambio periodico del pacco e di pulizia. Per evitare gli inconvenienti dovuti alla vasca di raccolta dell’acqua, può essere adoperato il modello di umidificatore ad alimentazione diretta ed acqua a perdere, con conseguente aumento rilevante del consumo di acqua.
ESPERIENZA DELLE AZIENDE
Già in fase di progettazione occorre stabilire se è da prevedere un raffreddamento in condotta o in ambiente. In questo articolo prendiamo in considerazione gli umidificatori a pacco bagnato e gli umidificatori ad atomizzazione con acqua pressurizzata.
Umidificatore con acqua pressurizzata Principio di funzionamento: questi apparecchi dispongono di ugelli che producono una atomizzazione fine sfruttando l’energia potenziale impartita all’acqua da una speciale pompa volumetrica sotto forma di elevata pressione (compresa tra 20 e max. 140 bar). Impartendo al flusso un particolare moto vorticoso oppure provocando la collisione del getto ad alta velocità con uno spillo ad impatto di forma particolare, il getto d’acqua è frantumato in minuscole goccioline con un diametro Sauter dell’ordine di 10÷20 μm. Si ottengono una efficienza di assorbimento elevata fino al 98% e una efficienza di saturazione che raggiunge il 100%, senza vasca di raccolta acqua e ricircolo, prerequisito per massimizzare l’igienicità del sistema. La portata
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Fig. 4 – Separatore di gocce in acciaio inox
ESPERIENZA DELLE AZIENDE
Fig. 3 – Telaio di distribuzione
mai interamente, nel caso di applicazione in condotta è necessario eliminare dal flusso d’aria le particelle residue al termine della “camera di umidificazione”, ovvero del tratto destinato all’evaporazione delle gocce; per questo deve essere adoperato un setto separatore in grado di arrestare goccioline del diametro di pochi μm. La distanza tra la bancata di ugelli e il setto di separazione è denominato “percorso libero”, ed ha una lunghezza normalmente compresa tra 0,7 e 1,2…1,5 m; tuttavia, per effetto della modulazione fine della portata consentita da questo dispositivo, esso può essere contenuto al minimo praticando l’intero riscaldamento dell’aria a monte della sezione di umidificazione. Il rapporto di assorbimento ε è favorito da numerosi fattori fra cui:
di ogni singolo ugello alla pressione nominale di lavoro è compresa normalmente tra i 2,5 e i 15 kg/h e il foro di efflusso si aggira tra 0,1 e 0,4 mm. Sostanzialmente il sistema di umidificazione è costituito da: • stazione di pompaggio/pressurizzazione; • batteria di ugelli nebulizzatori; • separatore di gocce (nel caso di umidificazione in condotta); • sistema di controllo e regolazione. Per l’applicazione in canalizzazioni o in centrali di trattamento dell’aria risulta assai comoda una soluzione costruttiva composta da telai modulari componibili in cui sono disposti ad intervalli regolari collettori paralleli in modo tale da formare una maglia geometrica regolare di attacchi filettati, a ciascuno dei quali può essere applicato un ugello oppure un tappo: ciò consente di configurare un ottimale sistema di atomizzazione dell’acqua. Tutti i collettori sono singolarmente intercettabili, ossia possono essere alimentati o esclusi mediante elettrovalvole di estremità che consentono, oltre al controllo di portata con inverter, un’ulteriore possibilità di regolazione della portata globale di acqua nebulizzata. I telai modulari e i loro accessori sono generalmente realizzati in acciaio inossidabile, sia per prevenire fenomeni di corrosione sia perché è un materiale batteriostatico. Poiché anche con questi apparecchi l’acqua nebulizzata non evapora quasi
• la differenza di umidità relativa ΔUR% tra l’aria in ingresso e l’aria in uscita; • il diametro e la distribuzione statistica della dispersione delle gocce; • il tempo di permanenza delle gocce nell’aria, proporzionale al percorso libero nella camera di umidificazione ed inversamente proporzionale alla velocità media dell’aria; • l’ampiezza dell’angolo di apertura del cono di nebulizzazione del getto degli ugelli; • l’assenza di ostacoli sulla traiettoria del getto o di interferenze con le pareti interne del canale; • uniformità di distribuzione degli ugelli nella sezione.
regolata semplicemente in modalità discontinua, avviando la pompa quando è necessaria l’umidificazione e alimentando gli ugelli direttamente oppure tramite elettrovalvole di intercettazione. In questo caso la pompa funziona a velocità costante e quindi, essendo tipicamente volumetrica, anche con portata sostanzialmente costante. La quantità di acqua nebulizzata è invece proporzionale al numero di ugelli i quali vengono alimentati per mezzo di elettrovalvole nel numero e nella disposizione desiderati, ottenendo un controllo semplice ed economico. Per l’umidificazione in condotta e/o con minimo dispendio di energia e acqua è spesso necessario che la portata d’acqua sia strettamente correlata al fabbisogno senza soluzione di continuità: ciò è possibile ricorrendo a collettori con differente numero di ugelli comandabili con microprocessore (modulazione a gradini). Per ottenere una regolazione di portata più fine, strettamente proporzionale al fabbisogno, e contemporaneamente il minor consumo energetico, è possibile l’utilizzo di un inverter per la variazione della velocità della pompa. n * Andrea Piccolo, Raul Simonetti, Michele Martello, Carel Industries S.p.A.
Testo tratto da: “Il Raffreddamento Evaporativo” (Andrea Piccolo, Raul Simonetti, Michele Martello) 2012, © Carel Industries S.p.A., pp. 132, edizione fuori commercio, distribuito gratuitamente a progettisti e studi tecnici in occasione di meeting Carel. Per informazioni, inviare i propri dati a: bu_humidification@carel.com
La portata di acqua nebulizzata può essere
APPARECCHI AD ATOMIZZAZIONE PER CONDOTTA/UTA Campo normale Assorbimento Diametro Efficienza di Rapporto di assorbimento Trattamento dell’acqua (trattamento di potenzialità elettrico W/(kg/h) Sauter gocce saturazione η ε dell’acqua aggiuntivo consigliato) Ad acqua pressurizzata
< 3 ÷ 5000 kg/h
<4÷ 72
10 ÷ 20 µm
fino a 100%
65% ÷ 95%
Demineralizzazione
APPARECCHI AD EVAPORAZIONE A pacco bagnato con ricircolo
10 ÷ > 1000 kg/h
A pacco bagnato senza ricircolo 10 ÷ > 1000 kg/h
0,5 ÷ 1
n.a.
60% ÷ 95%
3% ÷ 10%
Limitazione della concentrazione con scarico
≈0
n.a.
60% ÷ 95%
15% ÷ 30%
Demineralizzazione consigliata
1 dato specifico riferito alla produzione nominale nell’unità – 2 dato riferito alla produzione attuale dell’unità (proporzionale alla portata di acqua atomizzata)
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SOFTWARE DI CALCOLO GRATUITI PER I SOCI AiCARR di Michele Vio
A partire da gennaio tutti i soci AiCARR iscritti nel 2013 troveranno nel sito dell’Associazione una serie di software gratuiti a loro disposizione. Si tratta del germe di un progetto ambizioso. L’idea è quella di creare un luogo dove i soci possano scambiare e condividere tra loro dei software nati dalle loro conoscenze ed esperienze specifiche. Molti tra noi usano dei programmi di calcolo “fatti in casa” e proprio per questo particolarmente utili, perché creati da progettisti con le logiche dei progettisti, e affidabili perché frutto dell’esperienza di anni. Proprio per questi motivi riteniamo che in futuro i software dovranno avere un valore commerciale, se l’autore lo vorrà. Per adesso sul sito ci sono solo programmi gratuiti e, per la maggior parte, creati da me. Non è delirio di onnipotenza, anzi: credo molto in questo progetto e mi sembrava giusto dare l’esempio creando e mettendo a disposizione dei soci una serie di software di utilizzo quotidiano. La Commissione Editoria, da cui dipende il sito, sta mettendo a punto la procedura per permettere a qualunque socio di imitare il mio esempio. Riporto di seguito una breve descrizione dei software disponibili. In ogni caso, i manuali di funzionamento o gli esempi di calcolo sono visibili per tutti, in modo che chiunque possa farsi un’idea delle loro funzioni.
Dati climatici Il CTI ha recentemente pubblicato i dati climatici dei capoluoghi di provincia italiani dell’anno climatico
tipo, secondo la norma UNI EN ISO 15927-4. I dati sono forniti per i 365 giorni dell’anno, per tutte le 24 ore e riguardano: temperatura e umidità dell’aria, velocità del vento e irraggiamento solare. Poiché le norme UNI 13100 prevedono un calcolo secondo il Bin Method, ho ritenuto interessante creare un software in grado di trasformare i dati dell’anno climatico tipo in frequenze di temperatura, suddivisi sia mensilmente, sia tra giorno e notte, come del resto già suggerito da AiCARR nella sua posizione sul DL 28/11. Per adesso il software riguarda solamente la temperatura e l’umidità dell’aria (Figura 1), i parametri più importanti per le UNI 10300, ma a breve sarà disponibile anche un software in grado di calcolare l’irraggiamento solare per singola esposizione, sempre secondo il criterio del Bin Method.
Calcolo potenza generatori e volume accumulo per la produzione di acqua calda sanitaria Il software propone un calcolo dinamico, perché permette la verifica delle prestazioni del sistema con profili di consumo diversi. Da questo punto di vista è apparentemente diverso dal calcolo proposto dalla norma UNI 9182, ma i risultati sono assolutamente confrontabili, a parità di profilo di utilizzo, ma più affidabili, proprio per la capacità di verifica automatica del software in condizioni diverse da quelle previste. Ciò è molto importante, perché per il calcolo di un sistema di produzione dell’acqua calda sanitaria
influiscono non solo i consumi dei singoli apparecchi e la loro contemporaneità, ma anche il periodo in cui i consumi avvengono e la durata del picco della massima portata d’acqua richiesta. Il software prevede il controllo di tutti questi parametri (Figura 2) ed è in grado di valutarli sia per impianti con accumulo sul primario, sia per quelli con accumulo direttamente sull’acqua sanitaria.
Confronto economico, energetico e di impatto ambientale tra diverse tipologie di generatori Il software permette un confronto rapido tra diverse tipologie di generatori, sia dal punto di vista economico, considerando i costi del combustibile, sia energetico, considerando l’energia primaria utilizzata, che di impatto ambientale, considerando le emissioni di CO2. Il software prevede due tipologie di confronto. La prima riguarda il funzionamento invernale e quello estivo e considera, per le due soluzioni a confronto, la scelta di un generatore per ogni stagione. Per ciascuno è possibile scegliere l’efficienza media stagionale, oltre al fabbisogno richiesto dall’impianto. La seconda è più specifica per il periodo invernale e per la produzione di acqua calda sanitaria, perché, per ognuna delle due soluzioni a confronto, il software permette di scegliere due generatori, uno principale e uno di integrazione (ad esempio, una pompa di calore integrata da una caldaia a metano, piuttosto che da resistenze elettriche), oltre ad una quota di solare termico, liberamente imputabile.
Figura 1: Videata del software sui dati climatici
Figura 2: Videata del software di calcolo di sistemi di produzione ACS
Impianti di cogenerazione Il software calcola la rispondenza dell’impianto di cogenerazione ai requisiti per la qualifica di CAR, con calcolo dell’indice PES e della quantità di certificati bianchi concessa come incentivo, ai sensi dei Decreti 4/8/11 e 5/9/11.
Calcoli Finanziari Il software permette il calcolo del ritorno di un investimento secondo il metodo del VAN (Valore Attuale Netto), noto anche come DCF (Discount Cash Flow). È possibile la scelta tra tre tipologie di calcolo. La prima è quella più semplice e tradizionale: impostato il costo dell’investimento e i parametri finanziari di riferimento, si calcola il VAN per tutti gli anni a seguire e il tempo di pay back. La seconda permette lo stesso calcolo nel caso in cui l’investimento avvenga per fasi diverse, in anni successivi. Può essere molto utile quando un intervento di miglioramento dell’efficienza energetica viene fatto non in un solo intervento, ad esempio prima operando sull’involucro e poi sulla sostituzione del generatore. La terza permette di costruire delle curve
di sensibilità, al variare del costo dei combustibili. È utile quando l’intervento riguarda l’utilizzo di generatori che utilizzano combustibili diversi, perché permette di capire come cambia il ritorno dell’investimento se i rapporti di costo dovessero mutare nel tempo.
Calcolo della potenza dei radiatori Erroneamente i radiatori vengono considerati dei terminali ad alta temperatura, in grado di funzionare solamente se la temperatura dell’acqua in ingresso è molto elevata, superiore ai 60°C. La realtà è diversa, perché i radiatori sono in grado di funzionare con qualunque temperatura dell’acqua, ovviamente riducendo la potenza fornita. Molto spesso la temperatura di funzionamento è compatibile con quella delle pompe di calore già a partire da temperature dell’aria esterna basse, in funzione della curva climatica impostata. Il software permette di calcolare, per qualunque tipologia di radiatore, le prestazioni al variare di temperatura dell’acqua in ingresso e di portata d’acqua.
Oscillazioni di temperatura in un circuito idraulico Il software permette di valutare le oscillazioni di temperatura e la loro durata temporale in un circuito idraulico in funzione della potenza del generatore, del contenuto d’acqua del circuito stesso e dei parametri di regolazione. Il calcolo può essere fatto per tre diverse categorie di regolazione dei generatori: on-off, a gradini e modulante. Per ciascuno di queste tipologie, il software calcola la velocità di variazione della temperatura e il numero di oscillazioni in un’ora. Si può pertanto ipotizzare anche la perdita di rendimento complessivo, conoscendo il valore di penalizzazione dovuto ad ogni oscillazione, cosa di solito nota per tipologie di generatore (ad esempio, per una caldaia a tiraggio forzato si può considerare una penalizzazione tra il 2% e il 3% ad ogni avviamento).
Altri software in gestazione Durante l’anno verranno pubblicati altri software, il cui utilizzo verrà permesso a tutti i soci AiCARR in regola con la quota 2013.
Figura 3: Videata del software di confronto delle varie tipologie di generatori
Certificazione
Gas fluorurati ad effetto serra, certificazione degli operatori Il cosiddetto regolamento sugli F-gas stabilisce alcuni requisiti specifici che gli impianti devono rispettare e le procedure per il conseguimento della certificazione/ attestazione obbligatoria per gli operatori responsabili delle apparecchiature
di Luca Alberto Piterà*
N
Kyoto l’Unione europea si è impegnata a ridurre le proprie emissioni di gas ad effetto serra nel periodo 2008-2012 dell’8% rispetto ai livelli del 1990, preso come anno di riferimento. Il protocollo di Kyoto cita a riguardo i principali gas ad effetto serra presi in considerazione, che sono: biossido di carbonio (CO2), metano (CH4), protossido di azoto (N2O) e tre gruppi di gas fluorurati (i cosiddetti F-gas): idrofluorocarburi (HFC), perfluorocarburi (PFC) ed esafluoruro di zolfo (SF6). Per ridurre le emissioni di tali gas fluorurati, allo scopo di conseguire gli obiettivi dell’UE in materia di cambiamenti climatici e adempiere agli obblighi derivanti dal protocollo di Kyoto, il 17 maggio 2006 il Parlamento europeo e il el quadro del protocollo di
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Consiglio hanno adottato il regolamento (CE) n. 842/2006 su taluni gas fluorurati ad effetto serra (di seguito semplicemente regolamento sugli F-gas). Il documento, in vigore dal 4 luglio 20071, stabilisce alcuni requisiti specifici per le varie fasi dell’intero ciclo di vita dei gas fluorurati, dalla produzione sino a fine vita e interessa, quindi, vari soggetti coinvolti nel ciclo di vita dei gas fluorurati, tra cui produttori, importatori ed esportatori di tali gas, nonché fabbricanti e importatori di taluni prodotti e apparecchiature contenenti F-gas e operatori delle apparecchiature. Sebbene il regolamento sia integrato da ulteriori 10 regolamenti della Commissione (atti di esecuzione) che definiscono gli aspetti tecnici di alcune delle sue disposizioni, all’interno del
presente articolo ci concentreremo solo sul regolamento CE n.303 del 20082. Un articolo destinato agli operatori di apparecchiature fisse di refrigerazione, condizionamento d’aria e pompe di calore in cui i gas fluorurati sono utilizzati come refrigeranti, con esclusione degli impianti di refrigerazione di condizionamento d’aria usati in tutte le modalità di trasporto3.
Quadro Generale L’obiettivo generale del regolamento sugli F-gas è quello di ridurre le emissioni di tali gas attraverso
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Importazione di gas fluorurati
Esportazione di gas fluorurati
Operatore di apparecchiature/sistemi contenenti gas fluorurati
Prevenzione di perdite da talune apparecchiature. Riparazione quanto prima possibile delle perdite rilevate (art. 3, par. 1) Installazione di sistemi di rilevamento delle perdite in talune applicazioni (articolo 3, paragrafo 3)
CHI Eʼ INTERESSATO?
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Usi specifici vietati (art. 8)
Divieto di immissione in commercio di specifici prodotti ed apparecchiature (art. 9)
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Etichettatura di prodotti ed apparecchiature prima dell'immissione in commercio (art. 7)
Personale tecnico e di impresa Installazione, manutenzione o riparazione, compresa la riparazione di perdite in taluni sistemi ed apparecchiature da parte di personale e imprese certificati (art. 5)
Recupero di gas fluorurati durante le operazioni di manutenzione o riparazione e prima dello smaltimento definitivo dei prodotti e delle apparecchiature (art. 4)
Talune apparecchiature sottoposte a controlli regolari da parte di personale certificato per verificare l'eventuale presenza di perdite (articolo 3, paragrafo 2)
Tenuta di un registro per talune apparecchiature (articolo 3, paragrafo 6)
Figura 1 – Quadro generale dei principali soggetti interessanti dal regolamento sugli F-Gas e dai relativi requisiti una serie di misure o azioni adottate in ogni fase del loro ciclo di vita (la Figura 1 sintetizza questo concetto). I requisiti del regolamento sugli F-gas riguardano:
• produttori, importatori ed esportatori di gas fluorurati; • fabbricanti e importatori che immettono in commercio nell’UE taluni prodotti e apparecchiature contenenti gas fluorurati; • utilizzatori di SF6 nella pressofusione del magnesio e per il riempimento degli pneumatici; • operatori di talune apparecchiature e sistemi contenenti gas fluorurati; • personale tecnico e imprese coinvolti in determinate attività collegate ad apparecchiature contenenti gas fluorurati.
Certification of operators of fluorinated greenhouse gases equipment
To reduce emissions of fluorinated gases in order to achieve the EU’s objectives on climate change and meet its obligations under the Kyoto Protocol, on 17 May 2006 the European Parliament and the Council adopted Regulation (EC) n. 842/2006 on certain fluorinated greenhouse gases (hereafter simply the F-gas). The document, in force since 4 July 20071, sets out detailed requirements for the various stages of the life cycle of fluorinated gases from production to end of life. And regards all the parts involved in the life cycle of fluorinated gases including producers, importers and exporters of these gases, as well as manufacturers and importers of certain products and equipment containing F-gases and equipment operators. Although the regulation is supplemented by further 10 Commission Regulations (implementing acts) that define the technical aspects of some of its provisions, in this article we will focus only on EC Regulation 303 of 2008. An article dedicated to operators of stationary refrigeration, air conditioning and heat pumps in which the gases are used as refrigerants, with the exception of refrigeration air conditioning used in all modes of transport. Keywords: f-gas, certification
Come già menzionato, i gas fluorurati sono impiegati in vari settori di applicazione. Nel regolamento sugli F-gas sono definiti obblighi specifici per gli operatori dei seguenti tipi di apparecchiature: • impianti fissi di refrigerazione, di condizionamento d’aria e pompe di calore; • impianti fissi di protezione antincendio ed estintori; • quadri e apparecchi di manovra (commutatori) di alta tensione; • apparecchiature contenenti solventi. Rientrano nel regolamento sugli F-gas anche altri prodotti e apparecchiature, comprese le apparecchiature mobili, contenenti gas fluorurati.
Chi è l’operatore dell’apparecchiatura Il regolamento sugli F-gas indica che l’operatore dell’apparecchiatura (che non necessariamente è il proprietario dell’impianto), definito come “una persona fisica o giuridica che eserciti un effettivo controllo sul funzionamento tecnico delle apparecchiature e degli impianti”, è il diretto responsabile del rispetto degli obblighi normativi.
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L’“effettivo controllo sul funzionamento tecnico” di un’apparecchiatura o di un impianto comprende, in linea di principio, i seguenti elementi:
Sebbene la proprietà non sia un criterio per individuare “l’operatore”, lo Stato membro può designare il proprietario come il responsabile degli obblighi dell’operatore in specifiche situazioni definite, anche se il proprietario non ha il controllo effettivo sul funzionamento tecnico delle apparecchiature e degli impianti. Vanno pertanto tenute in considerazione le specifiche condizioni degli Stati membri in materia di attuazione.
• libero accesso all’impianto, che comporta la possibilità di sorvegliarne i componenti e il loro funzionamento, e la possibilità di concedere l’accesso a terzi; • controllo sul funzionamento e la gestione ordinari (ad esempio, prendere la decisione di accensione e spegnimento); • potere (compreso il potere finanziario) di decidere in merito a modifiche tecniche (ad esempio, la sostituzione di un componente, l’installazione di un sistema di rilevamento permanente delle perdite), alla modifica delle quantità di gas fluorurati nell’apparecchiatura o nell’impianto, e all’esecuzione di controlli (ad esempio, controlli delle perdite) o riparazioni.
Figura 2 – Schema decisionale per individuare le attività da svolgere Carica contenuta nellʼapparecchiatura/sistema
CATEGORIA di carica di F-Gas
CLASSE E Carica < 3 kg
CLASSE D Carica 3 ≤ D < 6 kg
Di solito l’operatore di apparecchiature per uso domestico o di piccole apparecchiature commerciali è un individuo, in genere il proprietario dell’apparecchiatura, mentre nelle applicazioni commerciali e industriali l’operatore è nella maggior parte dei casi una persona giuridica (di norma una società) che ha il compito di impartire istruzioni ai dipendenti riguardo al funzionamento tecnico ordinario dell’apparecchiatura. In alcuni casi, in particolare dove sono presenti grandi installazioni, si ricorre a contratti con imprese di assistenza per l’esecuzione delle operazioni di manutenzione o di riparazione, e la determinazione dell’operatore dipende, quindi, dagli accordi contrattuali e pratici tra le parti.
CLASSE C Carica 6 ≤ C < 30 kg
CLASSE B Carica 30 ≤ B < 300 kg
Obblighi dell’operatore A seconda della quantità di gas contenuta nell’apparecchiatura/sistema, sono previsti
CLASSE A Carica ≥ 300 kg
Tabella 1 – Quadro generale degli obblighi per l’operatore a seconda della quantità di gas fluorurati dell’applicazione CLASSE D CLASSE C Classi quantitative di F-gas —> CLASSE A CLASSE E CLASSE B (ermeticamente (≥3 kg e <30 kg; ermeticamente (≥300 kg) (≥30 kg e <300 kg) sigillati ≥3 kg e <6 kg) (<3 kg) sigillati ≥6 kg e <30 kg) Obblighi per l’operatore Installazione1, manutenzione o riparazione del sistema da parte di personale e imprese certificati, articolo 5, paragrafo 32
•
•
•
•
•
Prevenzione delle perdite e riparazione delle perdite rilevate non appena possibile, articolo 3, paragrafo 12
•
•
•
•
•
Regolari controlli delle perdite da parte di personale certificato, articolo 3, paragrafo 22
•
•
•
Installazione di un sistema di rilevamento delle perdite che deve essere controllato come minimo ogni 12 mesi, articolo 3, paragrafo 32
•
Tenuta di un registro, articolo 3, paragrafo 62
•
•
•
•
Recupero dei gas fluorurati prima della distruzione definitiva e, se del caso, durante la riparazione e manutenzione da parte di personale certificato, articolo 4, paragrafi 1 e 42
•
•
•
•
1 Ove applicabile, per esempio non pertinente per sistemi collegati a presa di corrente. 2 Regolamento (CE) n. 842/2006.
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•
obblighi specifici da rispettare. Lo schema decisionale riportato in Figura 2 raggruppa gli impianti nelle categorie4 A-E e la Tabella 1 sintetizza gli obblighi attinenti a ciascuna categoria.
Certificazione del personale tecnico e dell’impresa Le attività riportate all’interno della Tabella 2, se non effettuate nei luoghi di produzione durante la fabbricazione o la riparazione, possono essere eseguite soltanto da personale e imprese in possesso di un certificato, rilasciato da un organo di certificazione designato da uno Stato membro. L’operatore deve garantire che il personale sia munito di un certificato valido per l’attività prevista. La Figura 3 mostra il livello di recepimento del regolamento sugli F-gas a luglio 2011 (scadenza prevista).
I certificati devono contenere le seguenti informazioni5: • nome dell’organismo di certificazione, nome completo del titolare, numero del certificato e, ove previsto, data di scadenza; • categoria di certificazione del personale; • attività che il titolare del certificato è autorizzato a svolgere; • data di rilascio e firma di chi rilascia il certificato. Era previsto un periodo transitorio, stabilito entro il 4 luglio 2011, in cui in alcuni Stati membri potevano essere applicati sistemi di certificazione provvisoria. Gli Stati membri potevano decidere in merito al contenuto della certificazione, alla categoria di certificazione del personale e alla data di scadenza. La Tabella 3 fornisce una panoramica delle categorie di certificazione del personale e delle corrispondenti attività che possono essere svolte sulla base dei requisiti UE6. I certificati rilasciati alle imprese corrispondono ad attività (non categorie) di installazione o manutenzione/riparazione o entrambe e, con esclusione di quelli provvisori, sono validi in tutti gli Stati membri, anche se questi ultimi possono richiedere una traduzione del certificato. I requisiti di certificazione per il personale e le imprese sono contenuti nel regolamento (CE) n. 303/2008 della Commissione. n * Ing. Luca Alberto Piterà, Segretario Tecnico AiCARR
Figura 3 – Recepimento europeo del regolamento 842 a luglio 2011 Tabella 2 – Attività eseguite da personale e imprese certificate Attività
Personale certificato * Imprese certificate
Installazione
•
•
Manutenzione o riparazione
•
•
Controllo delle perdite di applicazioni contenenti ≥3 kg di gas fluorurati (≥6 kg se ermeticamente sigillate ed etichettate come tali)
•
Recupero di gas fluorurati
•
* Alcune esenzioni sono elencate all’interno dell’art. 4, del regolamento (CE) n.303/2008 della Commissione UE Tabella 3 – Categorie di certificazione del personale Classi quantitative D, E
Classi quantitative A, B, C
Certificato
R
I
M
L1
L2
R
I
M
Categoria I
•
•
•
•
•
•
•
•
Categoria II
•
•
•
Categoria III
•
Categoria IV LEGENDA L1 = Controllo delle perdite con intervento sul circuito di refrigerazione L2 = Controllo delle perdite senza intervento sul circuito di refrigerazione R = Recupero – I = Installazione – M = Manutenzione o riparazione
• •
Note
1 L’articolo 9 e l’allegato II del regolamento sono entrati in vigore il 4 luglio 2006. 2 REGOLAMENTO (CE) N. 303/2008 DELLA COMMISSIONE del 2 aprile 2008, che stabilisce, in conformità al regolamento (CE) n. 842/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, i requisiti minimi e le condizioni per il riconoscimento reciproco della certificazione delle imprese e del personale per quanto concerne le apparecchiature fisse di refrigerazione, condizionamento d’aria e pompe di calore contenenti taluni gas fluorurati ad effetto serra (Testo rilevante ai fini del SEE). 3 Tali applicazioni sono disciplinate dal regolamento REGOLAMENTO (CE) N. 307/2008 DELLA COMMISSIONE del 2 aprile 2008, che stabilisce, in conformità al regolamento (CE) n. 842/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, i requisiti minimi per i programmi di formazione e le condizioni per il riconoscimento reciproco degli attestati di formazione del personale per quanto concerne gli impianti di condizionamento d’aria in determinati veicoli a motore contenenti taluni gas fluorurati ad effetto serra 4 Le categorie quantitative di gas fluorurati sono utilizzate nel presente opuscolo per semplicità. Non sono definite in quanto tali nel regolamento. 5 Articolo 5, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 303/2008 della Commissione. 6 Articolo 4, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 303/2008 della Commissione.
L’attività AiCARR
Sempre pronta a rispondere alle esigenze di chi opera nel settore, AiCARR, qualificata come Organismo di Valutazione di ICMQ (Istituto di Certificazione e Marchio Qualità per prodotti e servizi per le costruzioni) organizza in varie città d’Italia, a partire da fine gennaio, una serie di sessioni di esami di certificazione. In regime provvisorio, ossia fino alla pubblicazione dei registri, ICMQ rilascerà agli installatori che supereranno l’esame un certificato provvisorio. In seguito all’istituzione dei registri, ogni operatore certificato sarà tenuto ad iscriversi e dovrà comunicare il numero di iscrizione a ICMQ, che rilascerà un certificato definitivo e valido a tutti gli effetti di legge. Il corso di preparazione all’esame Anche chi lavora quotidianamente nel settore e conosce i dettagli pratici del recupero degli F-Gas può avere dubbi e incertezze che riguardano la complessa normativa in materia e altri aspetti teorici dell’argomento, oggetto di esame come previsto dal Regolamento n. 303/2008. Al fine di accompagnare con un’adeguata preparazione gli operatori che si accingono a sostenere l’esame, AiCARR consiglia, sempre a partire da inizio 2013, un corso di formazione tecnica, snello e mirato ad approfondire i contenuti della prova. I laboratori AiCARR sta selezionando in tutta Italia laboratori di aziende che possiedano i requisiti necessari per poter ospitare gli esami di certificazione. Le aziende interessate a collaborare sono invitate a rivolgersi alla Segreteria scrivendo a nicolettabancale@aicarr.org
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DPR n. 43 del 2012
Il 20 aprile 2012 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.P.R. n.43/2012 recante attuazione del Regolamento CE n. 842/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 maggio 2006 su taluni gas fluorurati ad effetto serra (G.U. n. 93 del 20 aprile 2012). Il D.P.R. n. 43/2012, entrato in vigore il 5 maggio 2012, disciplinando le procedure per la designazione degli organismi di certificazione/attestazione e per il conseguimento della certificazione/attestazione prevista dal Regolamento stesso e dai successivi Regolamenti n.303/2008, n.304/2008, n.305/2008, n.306/2008 e n.307/2008. Il D.P.R. prevede un sistema di certificazione delle persone e delle imprese basato su Organismi di certificazione accreditati dall’organismo nazionale italiano di accreditamento “ACCREDIA” sulla base di schemi di accreditamento (definiti Regolamenti Tecnici) approvati dal Ministero dell’ambiente (articolo 6, comma 2). Il 29 maggio 2012 il Ministero dell’ambiente ha approvato i seguenti schemi di accreditamento: 1) Regolamento Tecnico RT-28 “Prescrizioni per l’accreditamento di Organismi operanti le certificazioni delle persone addette alle attività̀ di cui ai Regolamenti CE n.303/2008, n.304/2008, n.305/2008 e n.306/2008”; 2) Regolamento Tecnico RT-29 “Prescrizioni per l’accreditamento di Organismi operanti le certificazioni dei servizi di: • installazione, manutenzione o riparazione di apparecchiature fisse di refrigerazione, condizionamento d’aria e pompe di calore contenenti taluni gas fluorurati a effetto serra, in base alle disposizioni del Regolamento CE n. 303/2008; • installazione, manutenzione o riparazione di impianti fissi di protezione antincendio e di estintori contenenti taluni gas fluorurati a effetto serra, in base alle disposizioni del Regolamento CE n. 304/2008”. Ai fini della designazione degli Organismi di certificazione da parte del Ministero dell’ambiente, è necessario il possesso del pertinente certificato di accreditamento rilasciato da ACCREDIA e l’approvazione da parte del Ministero dell’ambiente del tariffario che si intende applicare per il rilascio dei certificati. Per quanto riguarda il Regolamento (CE) n. 307/2008, il rilascio delle attestazioni alle persone che effettuano il recupero di F-gas dagli impianti di condizionamento d’aria degli autoveicoli viene effettuato dagli organismi di attestazione delle persone, al completamento di un corso di formazione. Tali organismi sono certificati da organismi di valutazione della conformità accreditati ai sensi del Regolamento Tecnico RT30 “Prescrizioni per l’accreditamento di Organismi operanti le certificazioni del servizio di erogazione di corsi di formazione per personale addetto al recupero di determinati gas fluorurati ad effetto serra dagli impianti di condizionamento d’aria dei veicoli a motore in conformità al Regolamento (CE) 307/2008”. In questo caso non è prevista la designazione da parte del Ministero dell’ambiente dell’organismo accreditato. La persona che intende certificarsi invierà una DOMANDA a un Organismo di Certificazione accreditato e riconosciuto dal Ministero dell’Ambiente. Tale domanda deve contenere informazioni preliminari ad esempio: nome, cognome, indirizzo e altre informazioni. I candidati dovranno fornire a supporto della domanda: • copia di un documento di identificazione valido;
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• due foto tessera; • copia del bonifico bancario • e altre informazioni. Nella domanda si dovrà indicare la categoria (I – II – III – IV), i contenuti sia teorici sia pratici definiti per categoria sono contenuti all’interno dell’Allegato A1 del regolamento CE 303/2008 per la quale si richiede di sostenere l’esame di certificazione. L’Organismo di Certificazione valuterà la domanda di esame e confermerà all’Organismo di Valutazione preposto l’idoneità del candidato che potrà presentarsi al Centro d’Esame. Esame L’esame è condotto dall’Organismo di Valutazione (OdV) presso un Centro d’Esame qualificato dall’organismo di certificazione, alla presenza di una commissione composta da un Esaminatore ed un Assistente, con le modalità di seguito descritte. a) Prova teorica. Tale prova consiste in domande a risposta multipla. Le domande sono scelte all’interno di un database costruito dall’OdV conforme ai contenuti dall’allegato A1 del Regolamento CE 303/2008. A seconda della categoria scelta il numero massimo di domande della prova teorica variano da un massimo di 30 domande per Cat. I, 20 domande per Cat. II, ad un minimo di 10 domande per le categorie III e IV. Il superamento della prova teorica permette l’accesso alla prova pratica. b) Prova pratica. Su suggerimento dell’esaminatore aiutato dall’assistente il candidato esegue le operazioni sulle apparecchiature, avendo a disposizione il materiale, le apparecchiature e gli strumenti e i DPI (Dispositivi di protezione individuale), necessari allo svolgimento della prova pratica. L’esame pratico si svilupperà su ciascun gruppo di competenze e conoscenze indicato in funzione della categoria scelta contenute all'interno dell'Allegato A1 (Regolamento CE 303/2008), e in particolare su: CATEGORIA II • Prova pressione e vuoto dell’impianto (parte 3); • Controllo delle perdite Reg.to CE 1516/2007 metodo indiretto e diretto (parte 4); • Recupero e inserimento di gas fluorurato su impianti in esercizio (parte 5); • Prove di brasatura (parte 10). CATEGORIA I Oltre alle precedenti prove, i candidati alla categoria I eseguono una prova pratica su almeno uno dei gruppi di competenze e conoscenze parte 6 (compressore); parte 7 (un condensatore); parte 8 (evaporatore); parte 9 (valvole e altri componenti dell’impianto). Il candidato non è a conoscenza, prima dell’esame, su quale dei suddetti quattro gruppi sarà valutato. Valutazione degli esami di qualificazione L’esaminatore deve essere responsabile della valutazione degli esami in base al confronto con risposte modello. La prova teorica per essere superata deve ottenere il 60% di risposte giuste in funzione della categoria e per la prova pratica il 75%. Il candidato, per essere considerato idoneo e conseguire la certificazione, deve conseguire un punteggio minimo pari a 70 punti, calcolato secondo l’equazione: N = 0,30 nt + 0,70 np dove: nt è la valutazione della prova teorica; np è la valutazione della prova pratica;
Categoria I, esempio di valutazione dell’esame Ponendo il caso che nella prova teorica il candidato, su 30 domande, risponde correttamente a 20 e ne sbaglia 10 (punteggio 66%) e nella prova pratica ottiene il punteggio di 72, i punteggi raggiunti saranno: Punteggio prova teorica 66 x 0,3 = 19,8 Punteggio prova pratica 72 x 07 = 50,4 Il candidato ha totalizzato 19,8 + 50,4 = 70,2% per cui ha superato l’esame. Il candidato che nella prima prova teorica non raggiunge il 60% non può accedere alla prova pratica. Pertanto il candidato deve ripetere l’esame (non ci sono limiti di tempo di attesa). Regime transitorio In attesa dell’istituzione dei registri nazionali da parte del Ministero, gli enti di certificazione possono rilasciare a valle dell’esame un documento provvisorio che verrà trasformato nel certificato conforme ai sensi di legge, a valle dell’iscrizione del candidato al registro, e comunicazione del numero di iscrizione all’organismo di certificazione. Sorveglianza Ogni anno le persone certificate, direttamente o tramite il proprio datore di lavoro, devono inoltrare una dichiarazione con cui attestano ai sensi del DPR 445/2000: • di aver svolto almeno un intervento su un impianto durante l’anno; • di non aver subito reclami da parte di clienti sulla corretta esecuzione dell’incarico svolto. Al termine degli accertamenti l’Organismo di Certificazione rilascerà una dichiarazione di sussistenza della competenza che costituisce parte integrante del certificato e inserirà̀ le variazioni nella sezione apposita del Registro telematico l’esito degli accertamenti (sussistenza o meno della certificazione). Rinnovo In base allo schema approvato da ACCREDIA del 27/03/2012, la certificazione della Persona ha una durata di dieci anni e il rinnovo avviene previa esecuzione di un nuovo esame. Al termine del nuovo esame, l’OdC deve deliberare il rilascio della nuova certificazione. Sospensione L’OdC deve sospendere e/o revocare la certificazione alla persona al verificarsi di una o più delle seguenti condizioni: a) non osservanza delle prescrizioni previste dai documenti contrattuali; b) fondato reclamo scritto per inadempienze verso terzi; c) mancato rispetto dei requisiti per il mantenimento e il rinnovo della certificazione; d) mancato pagamento delle quote di iscrizione/ mantenimento; e) ogni carenza che derivi dal mancato rispetto di quanto formalmente accettato dal Candidato all’atto della certificazione. In tali carenze ricadono anche eventuali azioni che possono influenzare in maniera negativa e/o ledere l’immagine dell’OdC e delle parti coinvolte; f) formale richiesta da parte della persona certificata. Le revoche e le sospensioni delle certificazioni devono essere comunicate ad ACCREDIA ed inserite per via telematica nella sezione apposita del Registro di cui al DPR entro 10 giorni dalle suddette decisioni.
AiCARR informa
a cura di Lucia Kern
Livio de Santoli è il Presidente eletto AiCARR per il triennio 2014-2016 Sarà Livio de Santoli il presidente che, prendendo il testimone da Michele Vio, guiderà l’associazione per il triennio 2014-2016. Breve cv del neoeletto. Livio de Santoli è Professore ordinario di Impianti Tecnici, Responsabile dell’Energia (Energy Manager) e coordinatore del Servizio Ateneo per l’Energia (SAE) presso l’Università di Roma La Sapienza. All’interno di AiCARR, de Santoli ha ricoperto le seguenti cariche: membro della Giunta dal 1996 al 2007 (presidenti: Cavallini, Merati, Taddia, Ioppolo); responsabile attività internazionali (dal 1999 al 2004); presidente della Commissione tecnico e normativa (presidenza Taddia); delegato REHVA (dal 1996 al 2007) REHVA Science Award, 2009 e REHVA Fellow, 2012; Presidente del SottoComitato 5 (Condizionamento dell’Aria) dell’UNI-CTI. Il programma. Questo il programma 2014-16 proposto in dieci punti: 1. Puntare sul ruolo di riferimento culturale dell’Associazione in ambito tecnico-scientifico a supporto dei dispositivi legislativi e normativi e della diffusione della cultura energetico – ambientale verso l’opinione pubblica. 2. Coinvolgere il mondo della politica sui temi strategici di competenza dell’Associazione (efficienza energetica degli edifici, pianificazione energetica territoriale, smart cities, fonti rinnovabili, formulazione del prezzo dell’energia, impianti negli edifici storici, ecc.). 3. Potenziare le attività territoriali, con maggiore decentralizzazione decisionale a carico dei delegati. Ricercare nuovi soci anche in settori limitrofi (ad es. gli architetti che si occupano del settore energetico). 4. Potenziare il rapporto con le altre Associazioni nel segno della specificità AiCARR, non solo con quelle di comunanza “storica” (ANIMA, COAER, ASSISTAL, ATI), ma soprattutto con quelle con cui cercare nuove sinergie (ordini Professionali degli ingegneri e architetti, AGESI, ANCE, ATER) con l’individuazione di progetti (LineeGuida) comuni interdisciplinari. Verificare l’opzione della partecipazione a programmi di ricerca e disseminazione con RSE. 5. Proseguire, in continuità con le precedenti Presidenze, nei rapporti internazionali basati marcatamente su programmi operativi comuni (per esempio EPBD, nZEB) con REHVA e ASHRAE. Verificare l’opzione della partecipazione a
In ricordo dell’Ing. Daniele Farina
È scomparso lo scorso 20 ottobre a Monza l’Ing. Daniele Farina, tecnico esperto e insostituibile punto di riferimento per il settore condizionamento dell’aria e refrigerazione. Socio AiCARR dal lontano 1972, l’Ing. Farina era laureato al Politecnico di Milano e, nel corso della sua lunga e articolata carriera di progettista di macchine, ha sempre creduto nell’importanza fondamentale di un costante aggiornamento tecnico-culturale, suo personale e di coloro che hanno avuto l’opportunità di lavorare con lui, contribuendo così alla crescita professionale di molti giovani del settore. Dal 1957 al 1988 ha ricoperto il ruolo di Direttore di Progettazione di Delchi (in seguito Delchi-Carrier) e dal 1988 al 1998 è stato Direttore tecnico presso le Officine di Seveso.
programmi comunitari di ricerca e sviluppo. 6. Sviluppare ulteriormente il ruolo delle aziende della Consulta Industriale, sia territorialmente che centralmente, rendendo l’industria (costruttori e installatori) sempre più parte attiva della gestione dell’Associazione. 7. Proseguire, in continuità con le attività attuali dei Comitati Tecnici, con la pubblicazione di Guide AiCARR a servizio della pratica professionale dei Soci. Verificare l’opportunità della redazione di Guide per l’efficienza energetica nell’industria. 8. Incrementare, in continuità con l’esperienza della attuale Presidenza, la diffusione della cultura AiCARR attraverso la Scuola (che deve essere proposta anche ai dipendenti pubblici di Enti Locali e che deve sempre più interagire con le aziende, proponendo e progettando corsi personalizzati), i convegni gratuiti, la rivista, la collana dei testi AiCARR, gli incontri tecnici locali, la newsletter (da inviare alle Commissioni parlamentari interessate e a quelle Consiliari delle principali città). 9. Incrementare la partecipazione dei Soci che operano nell’Italia centrale e meridionale, con coinvolgimenti diretti anche in relazione ai rapporti locali con le istituzioni pubbliche. 10. Coinvolgere maggiormente e direttamente i giovani nelle attività dell’Associazione (AiCARR giovani con forum su temi caldi, concorsi di idee, job placement).
Moltissime sono le innovazioni tecniche e le realizzazioni di prestigio che portano l’impronta del suo prezioso contributo: prima, tra tutte, il progetto iniziale dell’impianto di climatizzazione della Cappella Sistina in Vaticano. In qualità di Socio AiCARR, è stato per moltissimi anni membro del Comitato Tecnico Refrigerazione e ha collaborato attivamente ai lavori della Norma UNI 10339. La sua profonda cultura tecnico-scientifica ha dato vita agli articoli scritti per la rivista Condizionamento dell’Aria, di cui ha curato, anche in collaborazione con il Segretario tecnico AiCARR Ing. Piterà, la rubrica normativa. Coloro che lo hanno conosciuto ricordano l’Ing. Farina come una persona discreta e preparatissima, sempre pronta ad apprendere e a condividere generosamente il proprio sapere.
Programmate i vostri “Fondamenti” per il 2013
Venti corsi dedicati a tematiche fondamentali per chi intende operare con successo nel settore climatizzazione e caratterizzati da prezzi contenuti, su misura per i più giovani: dopo l’ottima accoglienza ricevuta dalla prima edizione, riprendono il 5 febbraio alla Scuola di Climatizzazione di Milano i moduli del Percorso Fondamenti. Progettati attentamente da AiCARR Formazione pensando alle esigenze sia di chi si affaccia alla professione e necessita di un percorso di base per avviarsi alla progettazione di impianti, sia di quanti, pur non direttamente coinvolti nella progettazione, sentono l’esigenza di approfondire aspetti collegati al loro lavoro, i moduli Fondamenti prevedono lezioni sia teoriche sia pratiche, anche con esercitazioni in aula. Al termine dell’intero percorso, il partecipante è in grado di “leggere” un progetto e ha acquisito le nozioni
essenziali per cominciare a muoversi con sicurezza nel settore. Gli argomenti affrontati vanno dalla psicrometria, al dimensionamento di impianti idronici, ad aria o misti, alla progettazione di centrali termofrigorifere, alle procedure burocratiche necessarie a realizzare un progetto formalmente ineccepibile. Le giornate del Percorso Fondamenti saranno seguite dai moduli del Percorso Approfondimenti, in programma entro l’estate 2013 (il calendario sarà pubblicato a breve sul sito). Gli Approfondimenti sono dedicati a chi ha seguito il Percorso Fondamenti e desidera entrare dettagliatamente nel merito di alcune tematiche di interesse oppure per chi, già esperto, sceglie di mantenersi costantemente aggiornato per incrementare la propria competitività e professionalità. Fra gli argomenti dell’edizione 2012 del Percorso Approfondimenti, ricordiamo il grande successo dei corsi sulle UNI TS 11300, che vengono riproposti in tutta Italia dalla Scuola in Pillole.
AiCARR informa Il calendario del Percorso Fondamenti Martedì 5 febbraio
Psicrometria: Fondamenti e trasformazioni psicometriche. Si introducono le proprietà e i diagrammi di stato dell’aria umida. Si trattano le principali trasformazioni termodinamiche dell’aria necessarie per la climatizzazione ambientale, acquisendo le competenze necessarie per la definizione delle condizioni di immissione dell’aria e il relativo calcolo delle portate e potenze necessarie.
PS1F
Mercoledì 6 febbraio
Il comfort termoigrometrico. Si analizzano gli scambi energetici tra corpo umano e ambiente, introducendo il concetto di benessere termo-igrometrico (“comfort”) e i suoi indici (definizione e misura), e di “discomfort” e relative cause, secondo gli approcci normativi sia prescrittivi che prestazionali.
PS2F
Giovedì 7 febbraio
La qualità dell’aria interna. Si affronta il tema della salute delle persone riguardo all’inquinamento dell’aria negli ambienti interni, tramite l’analisi dei contaminanti e delle sorgenti di contaminazione e la diluizione degli inquinanti tramite ventilazione, secondo gli approcci normativi sia prescrittivi che prestazionali.
PS3F
Martedì Caratteristiche termofisiche dell’involucro edilizio. Si definiscono i componenti e i materiali costituenti l’involucro edilizio e le loro proprietà termoigrometriche. Si introduce il calcolo dei 12 febbraio parametri prestazionali termici, sia per i componenti sia per l’involucro. Vengono definite e applicate le verifiche di legge previste.
CA1F
Mercoledì Calcolo dei carici termici estivi. Si affronta il calcolo dei carichi termici in regime estivo, secondo modelli dettagliati e semplificati finalizzati dimensionamento dell’impianto di raffrescamento. 13 febbraio Vengono analizzate, tramite applicazioni, le maggiori criticità sul carico estivo determinate dalle prestazioni termiche dei componenti dell’involucro edilizio e dai carichi interni.
CA2F
Giovedì Calcolo dei carichi termici invernali. Si affronta il calcolo del carico termico di progetto invernale per il riscaldamento ambientale, secondo la norma UNI 12831. Si approfondiscono, tramite 14 febbraio applicazioni, le tematiche relative alle trasmittanze termiche, i ponti termici, i limiti di legge e si analizzano i conseguenti effetti sul dimensionamento dell’impianto.
CA3F
Martedì Impianti di climatizzazione: tipologie e criteri di scelta progettuale. Si introduce il concetto di sistema edificio-impianto, evidenziando i compiti di un impianto di climatizzazione, 19 febbraio presentando le principali tipologie impiantistiche e definendo i criteri di scelta delle soluzioni adottabili, con riferimenti a esempi applicativi
PR1F
Mercoledì Progettazione di impianti di climatizzazione a tutt’aria: fondamenti. Si forniscono le competenze necessarie per scegliere e dimensionare l’impianto ad aria più adeguato al caso 20 febbraio trattato, implementando la logica di regolazione ottimale e sfruttando i sistemi più adatti per il risparmio energetico (recupero di calore e raffreddamento gratuito diretto e indiretto) tramite adeguati software di progettazione.
PR3F
Giovedì Progettazione di impianti di climatizzazione a tutt’aria: dimensionamento. Si scelgono e dimensionano il sistema di trattamento aria, le reti aerauliche, i terminali ad aria, le 21 febbraio modalità di regolazione che garantiscono i migliori risultati nelle differenti varianti applicative. Si evidenziano inoltre le specificità delle applicazioni degli impianti di climatizzazione a tutt’aria in ambito ospedaliero.
PR7F
Martedì Progettazione di impianti di riscaldamento ad acqua: fondamenti. Si analizzano le caratteristiche dei differenti componenti degli impianti di riscaldamento (caldaie, bruciatori, 26 febbraio terminali…), dei principali sistemi di distribuzione del fluido termovettore e della strumentazione di controllo e sicurezza. Si introduce la metodologia per il dimensionamento dell’impianto tramite esempi.
PR2F
Mercoledì Progettazione di impianti di climatizzazione misti aria/acqua: fondamenti. Si forniscono le competenze fondamentali relative alle caratteristiche, peculiarità e campi di applicazione PR4F 27 febbraio degli impianti misti aria-acqua, le caratteristiche e trasformazioni dell’aria primaria e dell’aria secondaria e le caratteristiche, temperature di funzionamento e criteri di scelta dei terminali ambiente. Giovedì Progettazione di impianti di climatizzazione misti aria/acqua: dimensionamento. Si determinano i compiti della parte aria e della parte acqua. Si prosegue con la scelta e il PR8F 28 febbraio dimensionamento del sistema di trattamento aria e delle reti aerauliche, dei terminali ambiente e delle reti idroniche, determinando infine le modalità di regolazione che garantiscono i migliori risultati nelle differenti varianti applicative. Mercoledì 6 marzo
Diffusione dell’aria in ambiente interno. Si presentano i più importanti parametri relativi alla diffusione dell’aria negli ambienti, definendo le principali caratteristiche e peculiarità dei vari tipi PR5F di apparecchi di diffusione.
Giovedì 7 marzo
Unità di trattamento aria. Si illustrano gli aspetti funzionali, dimensionali e costruttivi dei componenti dei una unità di trattamento aria, descrivendo i trattamenti subiti dall’aria umida al suo interno, chiarendo le logiche di regolazione ed evidenziandone le specificità in relazione ai diversi sistemi impiantistici in cui è collocata.
PR6F
Martedì 12 marzo
Centrali termiche. Si affrontano i fondamenti della combustione e vengono analizzati i componenti di centrale (bruciatori, generatori di calore, ecc., compresi camini e canne fumarie collettive). Vengono esposte le norme di sicurezza e prevenzione incendi per le centrali, per i recipienti in pressione e per impianti a combustibile gassoso.
CE1F
Mercoledì 13 marzo
Centrali e impianti idrici – trattamento acqua. Si affronta il tema della definizione delle prestazioni e del dimensionamento degli impianti idrico-sanitari, di pressurizzazione, stoccaggio, preparazione, distribuzione e scarico dell’acqua. Vengono inoltre analizzati gli impianti di trattamento dell’acqua per sistemi di raffreddamento, gli impianti termici, e quelli preparatori di acqua calda.
CE2F
Martedì 19 marzo
Macchine frigorifere e pompe di calore: fondamenti. Vengono illustrati i principi fisici, i componenti della macchina e la loro influenza sul suo funzionamento, e come calcolare le prestazioni termodinamiche con il diagramma di stato del fluido operativo. Viene spiegato come eseguire valutazioni sulle prestazioni stagionali delle macchine che utilizzano come sorgente o pozzo l’aria esterna.
CE3F
Mercoledì 20 marzo
Centrali frigorifere. Si affronta il tema della progettazione delle centrali frigorifere, con particolare attenzione alle logiche di regolazione, al contenuto d’acqua dell’impianto (accumuli), ai problemi CE4F di installazione (spazi di rispetto) e ai problemi acustici, descrivendo le circuitazioni idrauliche più adatte anche nel caso di più macchine installate in parallelo.
Giovedì 21 marzo
Regolazione automatica: fondamenti e applicazioni. Si introducono i fondamenti della regolazione automatica degli impianti di climatizzazione, con particolare attenzione al dimensionamento delle valvole di regolazione. Si analizzano applicazioni tipiche delle regolazione automatica di tali impianti, evidenziando il risparmio energetico ottenibile.
RE1F
Martedì 26 marzo
Il progetto: procedure, documenti e legislazione. Si forniscono le basi per una metodica di progettazione che consenta un percorso virtuoso finalizzato, nel rispetto delle esigenze del committente e con una precisa definizione dell’appalto e nei tempi e con i costi previsti, alla soddisfazione comune degli attori: committente, team di progettazione e appaltatore.
NO1F
Il calendario potrebbe subire variazioni. Per le date aggiornate, raccomandiamo di consultare sempre la Sezione Scuola/Prossimi corsi del sito www.aicarr.org.
Proseguono i corsi “in pillole” sulla Norma UNI/TS 11300-4
Nel 2013, nuovi appuntamenti in tutta Italia con il corso sulla Norma UNI/TS 11300 Parte 4 “Utilizzo di energie rinnovabili e di altri metodi di generazione per la climatizzazione invernale e per la produzione di acqua calda sanitaria”. Per il calendario aggiornato, vi invitiamo a consultare il sito.
A gennaio, due corsi specialistici per il professionista
Accanto ai moduli del Percorso Fondamenti, proseguono a gennaio le giornate del Percorso Specializzazione, dedicato all’aggiornamento di chi già opera nel mondo della climatizzazione. In programma, i due moduli dedicati al controllo del rumore negli impianti e il corso di due giornate sulle analisi economiche del sistema edificio-impianto. • Il controllo del rumore negli impianti tecnologici (21 e 22 gennaio) L’acustica tecnica riveste sempre maggior importanza non solo per la minore tolleranza delle persone al rumore, ma anche per i crescenti obblighi di legge a cui devono rispondere progettisti e costruttori. I diversi decreti pongono limiti spesso molto stringenti alla rumorosità di macchine ed impianti, sia all’interno degli edifici che per quanto riguarda le emissioni verso l’esterno. Ne risultano coinvolti tutti gli impianti tecnologici e le realizzazioni edilizie, con una crescita esponenziale di controversie che si concludono spesso in tribunale con la condanna al pagamento di danni per il costruttore che non ha rispettato i requisiti di legge. Questo impone una conoscenza accurata delle nozioni di acustica tecnica, non solo per capire quali siano i vincoli normativi, ma
anche per risolvere direttamente o tramite adeguate competenze le problematiche di rumore, magari anticipandone la soluzione con realizzazioni progettuali adatte. I due moduli della Scuola di Climatizzazione forniscono tutte le nozioni indispensabili per capire quali siano le problematiche che si devono affrontare, presupponendo che i partecipanti abbiano solo conoscenze elementari di matematica e di fisica e nessuna conoscenza di acustica tecnica. • Analisi economiche del sistema edificio-impianto (23 e 24 gennaio) L’analisi economica – naturalmente applicata al sistema edificio-impianto – è al centro di questi corso di due giornate, in programma il 23 e il 24 gennaio. Si parte con la giornata introduttiva, destinata a fornire in modo sintetico ma rigoroso le informazioni base, necessarie per addentrarsi, con il modulo successivo, nel cuore dell’argomento: le analisi economiche nel confronto di sistemi edificio-impianto. Il corso è strutturato per offrire ai professionisti le competenze per valutare e interpretare correttamente le implicazioni economiche di un progetto, scegliere la tecnica di analisi di investimento più adatta e svolgere in maniera completa l’analisi, traendone le conclusioni.
Certificazione F-Gas: da fine gennaio corsi ed esami
Il settore F-Gas è in grande fermento e un impegnativo appuntamento aspetta le aziende e i professionisti addetti all’installazione, manutenzione o riparazione delle apparecchiature contenenti gas fluorurati: in base al D.P.R. n. 43 del 27/01/2012, questi operatori devono obbligatoriamente essere in possesso del cosiddetto “patentino” di frigorista per poter continuare a lavorare nell’ambito delle attività indicate dallo stesso D.P.R. A partire dalla pubblicazione dei registri delle Camere di Commercio, prevista a breve, i frigoristi avranno appena 60 giorni di tempo per iscriversi ai suddetti registri e quindi obbligatoriamente sostenere l’esame entro 6 mesi. È quindi importante per chi lavora con gli F-Gas muoversi per tempo, al fine di non rischiare sanzioni o interruzioni della propria attività. Sempre pronta a rispondere alle esigenze di chi opera nel settore, AiCARR, qualificata come Organismo di Valutazione di ICMQ (Istituto di Certificazione e Marchio Qualità per prodotti e servizi per le costruzioni) organizza in varie città d’Italia, a partire da fine gennaio, una serie di sessioni di esami di certificazione. L’esame ha la durata di una giornata ed è costituito da una prova teorica e da una prova pratica, così come richiesto dal Regolamento n. 303/2008 della Commissione delle Comunità Europee che individua, anche, i requisiti minimi relativi alle competenze e conoscenze che devono essere esaminate. In regime provvisorio, ossia fino alla pubblicazione dei registri, ICMQ rilascerà agli installatori che supereranno l’esame un certificato provvisorio. In seguito
all’istituzione dei registri, ogni operatore certificato sarà tenuto ad iscriversi e dovrà comunicare il numero di iscrizione a ICMQ, che rilascerà un certificato definitivo e valido a tutti gli effetti di legge. Il corso di preparazione all’esame Anche chi lavora quotidianamente nel settore e conosce i dettagli pratici del recupero degli F-Gas può avere dubbi e incertezze che riguardano la complessa normativa in materia e altri aspetti teorici dell’argomento, oggetto di esame come previsto dal Regolamento n. 303/2008. Al fine di accompagnare con un’adeguata preparazione gli operatori che si accingono a sostenere l’esame, AiCARR consiglia, sempre a partire da inizio 2013, un corso di formazione tecnica, snello e mirato ad approfondire i contenuti della prova. Il corso, di prossima pubblicazione, è pensato per offrire il meglio in termini di preparazione senza sottrarre tempo prezioso a chi lavora e si articolerà su due giornate, con il seguente programma didattico: 1a giornata (8 ore): Legislazione e normativa vigente ai sensi del Regolamento CE 842 e Regolamento CE 303. Termodinamica dei cicli frigoriferi. 2a giornata (8 ore): Componenti di circuiti frigoriferi e strumentazione di misura da utilizzare ai fini dei controlli. Installazione e messa in funzione di impianti. Controlli e procedure da effettuarsi prima di mettere in funzione l’impianto, dopo un arresto prolungato, in manutenzione ordinaria, straordinaria e durante il normale funzionamento.
Successo per il corso di specializzazione e qualifica “Igiene, ispezione e manutenzione degli impianti di climatizzazione”: in primavera una nuova edizione
Ottima affluenza di partecipanti per la prima parte del corso di specializzazione e qualifica “Igiene, ispezione e manutenzione degli impianti di climatizzazione”, che si è tenuta a Milano fra novembre e dicembre. La nuova proposta di AiCARR Formazione, inedita nel panorama di settore, offre ai tecnici addetti alla manutenzione degli impianti di climatizzazione e al personale di ASL e altre istituzioni con compiti di vigilanza e controllo tutte le competenze necessarie all’esercizio della loro attività, ai sensi di quanto previsto dalle Linee Guida del Ministero della Sanità per la definizione dei protocolli tecnici di manutenzione predittiva sugli impianti di climatizzazione. Il percorso formativo per i Responsabili dell’igiene (Cat. A) si sviluppa su 56 ore
complessive, distribuite nei due moduli MA01 e MA02 per un totale di 8 giornate di corso comprensive di test finali di verifica. Il percorso formativo per Personale operativo (Cat. B) prevede la frequenza del solo modulo MA01 per un totale di 36 ore complessive distribuite in 5 giornate di corso comprensive di test finale di verifica. Dato il grande interesse riscosso da questa nuova proposta didattica, AiCARR ha già pianificato una seconda edizione del corso, che si terrà nella primavera 2013. Ricordiamo che il corso si avvale dell’esperienza di AiCARR, che ha collaborato alla stesura delle Linee Guida del Ministero della Salute, e della presenza in qualità di docenti di esperti INAIL.
Le soluzioni di oggi per i progetti di domani…
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Fascicolo
DOSSIER MONOGRAFICO
FOCUS TECNOLOGICO
#17
Centrali frigorifere
Freecooling
#18 Riqualificazione degli impianti
nelle strutture alberghiere
Norma UNI 10339
#19
Le gare di appalto nel settore impiantistico
Ventilazione
#20
Il progetto degli impianti e il Sistemi passivi comfort
Decreto attuativo della Direttiva #21 2010/31: quali obblighi per il progettista
#13
#23
L’integrazione delle fonti rinnovabili negli edifici
Manutenzione
Pompe di calore
ambiente
Organo Ufficiale AiCARR
Organo Ufficiale AiCARR
POMPE DI CALORE
refrigerazione
CASE STUDIES
La rivista PEr i ProfEssionisti DEGLi iMPianti HvaC&r
ANNO 3 - OTTObre 2012
POMPE DI CALORE, COME DIMENSIONARLE ACCUMULO AD IDROGENO, QUALI VANTAGGI? CLIMATIZZAZIONE SATELLITARE E PRESTAZIONI ENERGETICHE RADIANTE NEI CAPANNONI CASE STUDY RISCALDAMENTO CON RECUPERO DEL CALORE DI CONDENSAZIONE BARRIERE D’ARIA, QUANDO NON FUNZIONANO?
DOSSIER COMMISSIONING
STRUMENTI DA USARE MONITORAGGIO MESSA A PUNTO DEL SISTEMA TARATURA DEGLI IMPIANTI AD ARIA PROTEZIONE ANTISISMICA DEGLI IMPIANTI VETRI ED EFFICIENZA ENERGETICA OTTIMIZZAZIONE DEI SISTEMI FRIGORIFERI POSTE ITALIANE SPA – POSTA TArgET mAgAzINE - LO/CONV/020/2010.
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IMPIANTI DI RISCALDAMENTO RECUPERO DI CALORE
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EUrO15
La rivista PEr i ProfEssionisti DEGLi iMPianti HvaC&r
POMPA DI CALORE ARIA-ACQUA DI PICCOLA TAGLIA MONITORAGGIO DI IMPIANTI PILOTA IN CENTRI COMMERCIALI POMPA DI CALORE AD R744 POLIVALENTE SORGENTI TERMICHE TERRA O ARIA? RETROFIT CON POMPA DI CALORE GEOTERMIA, PRESTAZIONI E COSTI VENTILARE CON UTA A RECUPERO TERMODINAMICO CLIMATIZZAZIONE CENTRALIZZATA IN CONDOMINIO
PrEsTAZIONI dEGLI IMPIANTI dI VENTILAZIONE sIsTEMI VAV E sIsTEMI ON dEMANd MANuTENZIONE E rIquALIfIcAZIONE ENErGETIcA EVAcuAZIONE dI fuMO E cALOrE sMOkE MANAGEMENT, EsEMPI APPLIcATIVI sTrATEGIE PEr LA rEGOLAZIONE
ambiente
refrigerazione
ANNO 3 - settembre 2012
EUrO15
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MISURE DIAgNOSI COLLAUDI
condizionamento
ambiente
refrigerazione
ANNO 3 - GIuGno 2012
La rivista PEr i ProfEssionisti DEGLi iMPianti HvaC&r
riscaldamentoenergia ISSN:2038-2723
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refrigerazione
#16
riscaldamentoenergia ISSN:2038-2723
condizionamento
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condizionamento
ANNO 3 - marzO-aPrILE 2012
Impianti di riscaldamento
#15
riscaldamentoenergia ISSN:2038-2723
condizionamento
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condizionamento
Organo Ufficiale AiCARR
Pompe di calore
#14
riscaldamentoenergia ISSN:2038-2723
condizionamento
VENTILAZIONE E SmOKE MANAGEMENT
Freddo e caldo nell’industria
Misure, diagnosi e collaudi
ambienterefrigerazione ener tegia riscaldamentoambien condizionamento ambiente uomo energia riscaldamento La rivista PEr i ProfEssionisti DEGLi iMPianti HvaC&r
#22
Organo Ufficiale AiCARR
Ventilazione e smoke management
Filtrazione
IL MONDO DELL’ENERGIA È CAMBIATO. VIENI A SCOPRIRE COME.