Riscaldamento urbano n 30 dicembre 2007

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editoriale

Dicembre 2007

Direttore Responsabile Alfredo Ghiroldi Comitato di Redazione Claudio Artioli Mauro Cozzini Aldo Fiamberti Ettore Filippini Alberto Ghidorzi Stefano Piva Redazione Ilaria Bottio (coordinamento) Nunzia Fontana (segreteria) Sede Legale c/o Comune di Brescia P.zza della Loggia, 1 Direzione, Redazione, Amministrazione Piazza Trento, 13 - 20135 Milano Tel. 02 45412118-19 Fax 02 45412120 e-mail: segreteria.generale@airu.it segreteria.tecnica@airu.it sito web: www.airu.it Stampa Fabiano Group srl Reg. San Giovanni, 40 - 14053 Canelli (AT) Tel. 0141 827801 Fax 0141 8278301 Autorizzazione del tribunale di Milano n. 521 del 23/6/89 © Copyright Foglio di Collegamento AIRU Coordinamento Editoriale Pubblicità Italia Energia Fabiano Group Regione San Giovanni, 40 14053 Canelli - AT Tel. 0141 8278205 Fax 0141 8278300 e-mail: italiaenergia@fabianoeditore.it internet: www.energiaitalia.com Direttore Carlo Ricci Segreteria e Servizi Silvia Demichelis, Antonella Ricci Progetto Grafico Marina Mangone La Direzione non è responsabile dei testi redazionali, delle opinioni espresse dagli Autori, né dei messaggi pubblicitari pubblicati in conformità alle richieste dell’inserzionista e declina, pertanto, ogni responsabilità per eventuali omissioni ed errori contenuti in questa edizione. Tutela della privacy: la rivista viene inviata in abbonamento. È fatto salvo il diritto dell’interessato di chiedere gratuitamente la cancellazione o la rettifica dei dati ai sensi della legge 675/96.

DIFFUSIONE • • • • •

Aziende fornitrici di tecnologie del teleriscaldamento Aziende che progettano, realizzano e gestiscono il teleriscaldamento Professionisti e Società di ingegneria Multiutility, Enti Locali Enti, Università, Istituzioni e Organismi nazionali e comunitari COPIA OMAGGIO



Organismi dell’Airu PRESIDENTE Francesco GULLÌ Università Bocconi - Milano

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LUIGI FRANCO BOTTIO Segretario Generale AIRU

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VICE PRESIDENTI Antonio BONOMO - ASM SpA, Brescia Fausto FERRARESI - Gruppo HERA SpA, Bologna Giuseppe TIRANTI - Federutility, Roma CONSIGLIO Fiorenzo BASSI - AEM Gestioni Srl, Cremona Floriano CESCHI - AGSM Verona SpA Andrea CIVARDI - Siemens SpA, Milano Stefano CONSONNI - Politecnico di Milano Marco CORNALI - FIMET SpA, Brescia Aldo FIAMBERTI - AES Torino SpA Paolo GALLIANO - IRIDE Energia SpA, Torino Alberto GHIDORZI - TEA SpA, Mantova Giancarlo GIACHETTI - ENIA SpA, Parma Stefano PIVA - Università di Ferrara Massimo TIBERGA - AEM SpA, Milano REVISORI DEI CONTI Luigi ANDREOLI - Socio individuale Mauro COZZINI - Socio individuale Matteo LICITRA - Socio individuale Alfredo AMMAN - AMGA SpA, Legnano Carlo BOCCACCI - TECHNOSYSTEM SpA

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Termovalorizzazione e teleriscaldamento, un connubio vincente LORENZO ZANIBONI A2A

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Energia dai rifiuti: tecniche di valorizzazione ed utilizzazione ANTONIO BONOMO Direzione Energia A2A

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Impianti di termovalorizzazione Hera. Sala di telecontrollo. EMANUEL ZAMAGNI Responsabile Ufficio Progettazione, Realizzazione e Innovazione - Divisione Ambiente - HERA

Comitato di studio “Sottostazioni d’utenza e misura del calore. Linee guida e qualità” Presidente: Sonia BERTOCCI - AES TORINO SpA Comitato di studio “Produzione del vettore termico nei Sistemi Energetici Integrati” Presidente: Lorenzo ZANIBONI - ASM SpA

Benefici energetici e ambientali della cogenerazione in termovalorizzatori di rifiuti MICHELE GIUGLIANO MARIO GROSSO LUCIA RIGAMONTI Politecnico di Milano D.I.I.A.R. - Sezione Ambientale

PAST PRESIDENTS Cesare TREBESCHI Evandro SACCHI Luciano SILVERI Paolo degli ESPINOSA COMITATI Comitato di studio “Tariffe di vendita dei vettori energetici. Marketing e Sviluppo commerciale” Presidente: Terenzio POETA - ASM SpA

Perchè il recupero da RSU cresce, in Italia, troppo lentamente rispetto alla media europea? LUIGI FRANCO BOTTIO Segretario Generale Airu

PROBIVIRI Lorenzo CASSITTO - Politecnico di Milano Fabio CIVIERI - Socio individuale Nereo GALLO - Socio individuale Giorgio ANELLI - LOGSTOR Italia SpA Barbara SCHOPF - Brandes SpA SEGRETARIO GENERALE Luigi Franco BOTTIO

Editoriale

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News

Comitato di studio “Risorse rinnovabili” Presidente: Mauro COZZINI - Socio individuale Comitato di studio “Distribuzione del vettore termico” Presidente: Giorgio ANELLI - LOGSTOR Italia Srl Comitato di studio “Teleraffreddamento” Presidente: Franco RICCI - AEM SpA

La seconda parte dell’articolo di Tranquillo Magnelli e Domenico Scotti, dal titolo “Il sistema di teleriscaldamento di Crema. Sintesi dei dati tecnici, ambientali ed economici” apparso sul n. 27, sarà pubblicata in uno dei prossimi numeri.



IL RISCALDAMENTO URBANO

LUIGI FRANCO BOTTIO Segretario Generale Airu

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Perché il recupero da RSU cresce, in Italia, troppo lentamente rispetto alla media europea?

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el 2006, nel nostro Paese, sono stati prodotti oltre 32 MTon di RSU, con un incremento abbastanza contenuto rispetto agli anni precedenti (qualche punto percentuale) ma, comunque, superiore alle previsioni a lungo termine che avevano individuato nel 2004-2005 l’inizio dell’inversione di tendenza. Rispetto all’U.E. 15, il confronto dei livelli di produzione è molto favorevole: praticamente un quinto pro-capite della media complessiva. Ben più sconfortante è, invece, la comparazione con i sistemi di smaltimento. Attualmente, il quadro è il seguente, sempre limitando l’esame ai soli RSU. Circa il 20% (al netto degli scarti) vengono recuperati come materiali e circa il 60% (18 milioni di tonnellate!) vengono collocati in discarica. Solo il 10% è destinato al recupero energetico nei termovalorizzatori. Rispetto agli obiettivi europei e nazionali (in particolare, al divieto di collocazione in discarica dei rifiuti biodegradabili e dei rifiuti combustibili) e alla necessità di salvaguardare l’ambiente, tali dati evidenziano la drammatica inadeguatezza del sistema italiano di gestione dei rifiuti urbani, caratterizzato da: – un basso tasso di raccolta differenziata finalizzata al riciclaggio – una grave insufficienza della capacità di termovalorizzazione. Altri Paesi europei sono molto più avanti dell’Italia, sia nel riciclaggio dei materiali, che nel recupero energetico. A quest’ultimo proposito, ad esempio, Danimarca, Svezia, Belgio, Francia e Olanda superano il 30% di termovalorizzazione; inoltre, dal 1° giugno 2005, la Germania ha proibito il conferimento in discarica dei rifiuti urbani, con il risultato che si è evidenziato un deficit di capacità di tratta-

mento di circa 4 Mt/a, cui è conseguito un repentino incremento del prezzo di mercato (da circa 70 ?/t fino a oltre 10 ?/t) per lo smaltimento dei rifiuti. Si tratta di dati ben poco incoraggianti, a fronte del D.lgs. 36/2003 che introduce, dal 1° gennaio 2007, il divieto di smaltimento in discarica di rifiuti combustibili, in osservanza dell’approccio comunitario, fondato su una precisa gerarchia di trattamento dei rifiuti. Questa impone, in primis, l’obbligo di agire a monte della produzione dei rifiuti. A valle, poi, esige di effettuare il massimo recupero di materiale e, quando questo non è possibile, consente di ricorrere al recupero energetico. In ultimo, è infine prevista la possibilità di smaltimento in discarica. Volendo offrire una valutazione della gestione dei rifiuti in Italia in funzione di detta gerarchia, si nota, purtroppo, uno scarso successo delle iniziative italiane intraprese in tal senso, osservando una crescita del volume dei rifiuti decisamente più veloce rispetto alla crescita del PIL (vale a dire che per ogni punto percentuale di PIL, i rifiuti prodotti sono sempre maggiori). Continuando, poi, lungo la gerarchia della gestione dei rifiuti, vanno osservate crescite (seppur limitate) nel recupero di materia (fino 32% nel 2004) e nel recupero energetico (fino all’11% nel 2004). Ancora alta resta, infine, la quota di rifiuti destinata a smaltimento in discarica. Dalla “Staffetta Quotidiana” del 17 novembre 2006 si ricava che l’Italia conta un parco termovalorizzatori (al 2004) di 66 unità di produzione (di cui solo 8 cogenerativi), con una capacità di trattamento complessiva di 5,8 Mt di rifiuti (la maggior parte lavora quasi a regime. Globalmente, infatti, sono stati destinati ad incenerimento circa 4,5 Mt di rifiuti, pari a quasi l’80% della capacità di tratta-

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mento installata). Molti di essi sono abilitati all’incenerimento di più tipologie di rifiuti ed in particolare: 37 impianti sono in grado di incenerire rifiuti urbani, 35 rifiuti sanitari, 21 rifiuti speciali, 16 CDR e 2 pneumatici fuori uso. La capacità dei singoli impianti, tuttavia, è molto variabile, passando da 12 kt a ben 865 kt. Tale variabilità si riflette, di conseguenza, nella quantità dell’energia prodotta nel 2004, che oscilla da 2,4 a 537 GWhe (in media circa 600 kWhe per tonnellata di rifiuti bruciata), per un totale di circa 2 TWhe prodotti dall’intero parco. Va tuttavia sottolineato che la metà degli impianti è concentrata in livelli di produzione limitati: al di sotto dei 35 GWhe. A cosa è imputabile questa nostra situazione anomala, decisamente in controtendenza rispetto a tutti i Paesi sviluppati? Il fenomeno, a guardar bene, non è certo limitato ai rifiuti. Esso infatti si riscontra con importanti analogie nel campo dell’energia e – più in generale – di molti altri settori (dalle centrali elettriche, alle autostrade, al TAV, ecc. fino ad arrivare ai cimiteri). Probabilmente la causa principale va ricercata nella fortissima preoccupazione dell’opinione pubblica che, a fronte dello scempio del territorio (il termine non è esagerato) praticato dal dopoguerra, con pesanti conseguenze sull’inquinamento e sul peggioramento del livello di vita civile, non riesce più ad accettare nuovi insediamenti di cospicue dimensioni vicini alla propria abitazione. È una forma di panico collettivo in cittadini che hanno profonde incertezze sul proprio futuro e che non si fidano assolutamente più delle assicurazioni ufficiali, in passato troppo tranquillamente e platealmente disattese. Rimanendo nel campo dei termovalorizzatori RSU esistono, naturalmente, anche altri motivi specifici. Un po’ di storia, rapidamente. Fino agli anni ’70 del secolo scorso, questa tecnologia era abbastanza diffusa ed accettata dalle popolazioni coinvolte, senza particolari traumi. Poi avvenne il tragico incidente di Severo, con la fuoriuscita di diossina dagli stabilimenti dell’ICMESA. Si diffuse quindi il convincimento (non del tutto immotivato, per la verità) che gli inceneritori (qualcuno oramai inesorabilmente datato) rappresentassero altrettante potenziali fonti di grave inquinamento atmosferico. Questa percezione, fatta propria e diffusa dai mass-media, provocò l’abbandono di ogni nuovo progetto, ancorché avanzato ed intrinsecamente sicuro (bassa temperatura di combustione, ad esempio).

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IL RISCALDAMENTO URBANO

La stasi durò fino alla seconda metà degli anni ’90, quando vennero installati alcuni impianti di concezione innovativa e con alto grado di sicurezza, tutti dotati di sistemi di produzione elettrica e, molti, di recupero dell’energia termica degradata per alimentazione di reti di teleriscaldamento, o di complessi industriali. Sembrava che la “Sindrome di Seveso” fosse superata e, invece, a partire dal 2004-2005 si innescò un nuovo periodo di opposizione, francamente molto meno giustificata della precedente. Il fenomeno non è stato ancora bene analizzato (anche perché si configura con caratteristiche molto variegate), ma ci sembra possibile formulare un’ipotesi sicuramente semplicistica, data la complessità del fenomeno, ma – forse – centrata nella sua essenza. È in atto, nel nostro Paese, un forte impegno del parlamento, del governo, delle regioni, delle istituzioni in genere ad attuare una politica energetico-ambientale volta al massimo incremento delle fonti rinnovabili, attualmente ancora piuttosto deboli. Questa strategia incontra un positivo riscontro nell’opinione pubblica, a tutti i livelli, anche per il carattere innovativo e per i riflessi comportamentali che essa rappresenta. L’insediamento di un nuovo grosso impianto, anche se oggettivamente giustificato, potrebbe essere letto come un tentativo per aggirare questa tendenza distraendo l’attenzione (ed i finanziamenti) dall’obiettivo principale e prioritario: “piccolo è bello”. Una sorta di profondo fastidio (ci si perdoni questa espressione, assolutamente non polemica) nei confronti di chi sembra contrario (o, per lo meno, distaccato) da questo modello di sviluppo che dovrebbe disegnare, nella volontà dei promotori, uno scenario più sostenibile rispetto al classico ricorso al termico convenzionale, od al nucleare. Non si capiscono, altrimenti, i ricorrenti “processi” – per fare un esempio – al termovalorozzatore di Brescia, sicuramente ad altissimo livello (ha meritato il prestigioso riconoscimento internazionale rilasciato dalla Columbia University di New York quale migliore termovalorizzatore del mondo) e che permette di riscaldare 50mila unità immobiliari, con un risparmio di 150mila ton eq petrolio, in modo più che affidabile e sicuro. Si ricorda, per inciso, che nell’inverno scorso, su tutto il territorio comunale di quella città, il metano ha pesato solo per il 9% (il rimanente è stato coperto, oltre che da recupero energetico dai rifiuti, dall’utilizzo del calore di scarico delle centrali cogenera-

tive tramite teleriscaldamento). A questo proposito sarebbe necessario introdurre un discorso molto importante, ma che ci porterebbe lontano dai limiti della presente nota. Ne accenniamo solamente. Il concetto dei rifiuti non più come scarti inutilizzabili, ma, piuttosto, come materia complessa in gran parte riciclabile, è certamente una conquista culturale degli ultimi decenni, di alto profilo, perché ha indotto una radicale rivoluzione nell’approccio con le problematiche specifiche, in modo irreversibile. Non è affatto detto comunque, a nostro parere, che il miglior riciclo debba sempre coincidere con la raccolta, il trattamento, il riuso delle diverse componenti merceologiche. Laddove esistono condizioni oggettivamente favorevoli alla trasformazione in energia pregiata (elettrica soprattutto, ma non solo), questa va analizzata e perseguita con altrettanto impegno, se non addirittura con priorità, soprattutto nel nostro Paese, pesantemente debitore di fonti primarie dall’estero. Si sa bene che il rischio percepito non coincide spesso con quello reale. Per il caso in esame manca, evidentemente, un’adeguata azione di informazione e di comunicazione atta a ridurre (se non a cancellare) prevenzioni in molta parte irrazionali. E qui ritorna la sfiducia verso i responsabili pubblici e la loro inaffidabilità (sempre nella percezione comune) quando lanciano messaggi rassicuranti. Esiste una sostanziale ignoranza di fondo, messa in evidenza anche da recenti indagini, che esalta la paura dei rischi e minimizza gli innegabili vantaggi che una seria programmazione della termovalorizzazione può apportare al “sistema Italia”, anche nei confronti degli impegni di Kyoto. È in atto una forma di schizofrenia. Una dimostrazione, in un settore diverso da quello qui trattato, è data dalle tristi (e umilianti) vicende della linea ferroviaria Torino-Lione. Si osserva che anche su questo tema la posizione dell’Italia è opposta a quella dei partners europei. Dalle nostre parti la “Waste to Energy Policy”, ossia lo scenario che considera la trasformazione in energia dai rifiuti come “risorsa” fondamentale, non solo non è perseguito, ma neppure conosciuto e dibattuto. Siamo ancora in mezzo al guado. La citata “rivoluzione culturale” innescata dalla raccolta differenziata si è, in Italia, arrestata su una soglia che va rapidamente superata, per non perdere il contatto con il dinamico progresso che caratterizza un po’ tutto il nostro continente.


IL RISCALDAMENTO URBANO

La strategia, pur fondamentale, di prevenzione e di riciclaggio dei rifiuti non può, tuttavia, ragionevolmente costituire, da sola, una soluzione globale al problema rifiuti. Infatti, alcune frazioni non risultano utilmente riciclabili: o perché contaminate, o perché eterogenee, o perché richiederebbero, per il loro processo di recupero, trattamento e riutilizzo, più risorse e maggior impatto ambientale rispetto ad altre alternative. In questa valutazione, per l’individuazione delle soluzioni più appropriate, è anche necessario tenere debitamente conto, di volta in volta, delle specifiche condizioni locali. Come dimostrato dalle esperienze nazionali e internazionali più avanzate, il recupero energetico delle frazioni non utilmente riciclabili rappresenta quindi una componente irrinunciabile nell’ambito di una coerente strategia integrata di gestione dei rifiuti. In alcune sedi si contrappongono al termovalorizzatori RSU altre soluzioni ritenute più convenienti e più facilmente perseguibili. Ricordiamo, in particolare, le celle a combustibile, le pompe di calore ed i gassificatori. E’ evidente che un tale confronto, più che doveroso, deve tenere in debito conto due fattori basilari. In primo luogo, la maturità industriale e

l’immediata capacità di applicazione su larga scale. Non c’è dubbio, al proposito, che la tecnologia oggi a disposizione, le esperienze consolidate, le garanzie – molto vincolanti – delle normative, favoriscono la prima opzione. Le dinamiche, rapidissime, variazioni dello scenario energetico internazionale porteranno sicuramente presto alla ribalta anche le citate alternative (ed altre presenti oggi solo sullo sfondo), ma questo non può significare inerzia in attesa di tempi migliori. Sarebbe un grave errore anche se, per certi versi, comprensibile (incertezza sul futuro e conseguente penalizzante panico collettivo). In secondo luogo, occorre ancora una volta ribadire il concetto dei “Sistemi Energetici Integrati” e della pianificazione locale delle risorse disponibili coordinata in modo ottimale; ricercare le potenziali e stimolanti sinergie, piuttosto che una sterile contrapposizione. Il tema è stato più volte affrontato su “Il Riscaldamento Urbano” e non sembra necessario ribadire ulteriormente in questa sede considerazioni già ampiamente svolte. Ma non si può neppure disattendere, perché costituisce il fulcro di ogni progetto energetico-ambientale moderno. L’unico vero modo per impostare seri-

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amente strategie coerenti (e vincenti!) sta nella pianificazione degli interventi sul territorio e nella loro gestione con ottica globale, a tutto campo. In questa logica (già presente – ricordiamo – in molte città italiane) la termovalorizzazione RSU costituisce (meglio: può costituire) un tassello importante alla pari delle fonti rinnovabili dei cascami termici industriali, della geotermia, delle pompe di calore, delle biomasse e, nel prossimo futuro, probabilmente le celle a combustibile dei gassificatori. Nessuna contrapposizione preconcetta, dunque, ma intelligente integrazione in grado di valorizzare al massimo le risorse, anche di scarso pregio intrinseco, prontamente utilizzabili. Estraggo dalla fondamentale relazione svolta dall’ing. Antonio Bonomo in un Convegno tenutosi a Roma, il 27 novembre 2006, alcune valutazioni. “Nell’ottica della “rinnovabilità” e della sostituzione di combustibili fossili, si può considerare che una tonnellata di RU, in un impianto ad alta efficienza, consente di produrre circa 750 kWh di elettricità, equivalenti a: – 5 m2 di pannelli fotovoltaici – 500 m2 di superficie coltivata per produrre biomassa (assumendo una produzione elevata, pari a 20 t/a di bio-

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masse per ettaro; è più frequente una produzione di 10-15 t/a). Anche limitando a soli 20 Mt/a (sui 33 Mt/a attuali) la quantità di rifiuti assoggettabili a termovalorizzazione, la potenzialità di produzione elettrica da rifiuti in Italia risulta pari a: 20 MtRU/a x 750 kWhe/t = 15 TWhe/a (15 miliardi di chilowattora) Che equivalgono a: – circa 3 Mtep/a (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio all’anno) – circa 3,5 Gm3 GN/a (miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno) – circa il 5% del fabbisogno nazionale di elettricità – 10.000 km2 di superficie coltivata a biomassa per energia (3% del territorio italiano!) – 100 km2 di pannelli fotovoltaici A questo punto di aggiunge la possibilità di recuperare, in cogenerazione, almeno nelle regioni del nord Italia, calore per le reti di teleriscaldamento degli edifici, come avviene diffusamente in molti paesi del centro-nord Europa”. E, più avanti: “La termovalorizzazione esercita un’influenza positiva anche sulla prevenzione dei mutamenti climatici. A titolo comparativo, possiamo riferirci alla forestazione di superfici coltivabili, che consente di assorbire circa 5 t/a x ha di C (carbonio), ovvero 1,8 kg/a x m2 di CO2 (IPCC REPORT – 2000). Il recupero energetico di una tonnellata di RU, in alternativa allo smaltimento in discarica controllata, consente di evitare l’emissione di (almeno) 360 kg di CO2 (DE STEFANIS – ENEA – R.S. 5/2002), corrispondenti a: 360 kgCO2 : 1,8 200 m2 = 0,0002 km2 di superficie riforestata. In Italia, rispetto alla riduzione delle emissioni di gas climalteranti, le potenzialità equivalenti della termovalorizzazione possono valutarsi in: 20 MtRU/a x 360 kgCO2/tRU = 7,2 MtCO2/a di CO2 evitata Che corrispondono a: 20 MtRU/a x 0,0002 km2 x a/t = 4.000 km2 di superficie riforestata In altre parole, il recupero energetico, ad alta efficienza, di 20 milioni di tonnellate all’anno di rifiuti equivale, in termini di contributo alla prevenzione dell’effetto serra, alla forestazione di 4000 km2 di superficie coltivabile. Il suddetto risparmio di CO2 (ovvero 7,2 MtCO2/a, ma ancora superiore se si localizzano gli impianti in modo da poter recuperare anche il calore per teleriscaldamento) può altresì contribuire, da solo, al raggiungimento del 21% dell’obiettivo

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(33,8 Mt/a pari al 6,5% del valore di 519,5 Mt/a di CO2 emesse nel 1990) di riduzione delle emissioni di CO2 che l’Italia deve obbligatoriamente raggiungere, pena pesantissime sanzioni economiche, entro il 2012 in base alla Direttiva Europea di applicazione del Protocollo di Kyoto”. Il 2 ottobre u.s. “Federambiente” ha diramato un ordine del giorno approvato dal Consiglio direttivo sul quale concordo pienamente: In esso si legge: “L’Italia necessita di un sistema moderno e tecnologicamente avanzato di gestione integrata del ciclo dei rifiuti, di cui i termovalorizzatori sono una parte insieme alla riduzione a monte, alla raccolta differenziata, al riciclo, alla produzione di compost, al recupero di materia ed energia, come del resto richiede l’attuazione delle direttive comunitarie, che dissuadono perentoriamente dall’uso delle discariche. E i cittadini, nel cui nome si agitano fantasmi e si propalano ‘notizie’ prive di fondamento, hanno il diritto di essere correttamente informati, in modo da potersi formare un’opinione consapevole, basata su dati di fatto e non sulla disinformazione, e trarne le conseguenze sul piano delle scelte. Nonostante una sempre più vasta letteratura scientifica che attesta come gli impianti di produzione d’energia dai rifiuti sono tra i più sicuri per la salute e per l’ambiente – si legge nel documento -, nonostante numerose ricerche epidemiologiche dimostrino che nelle aree circostanti tali impianti non vi sia alcun incremento dell’incidenza di malattie riconducibili alle loro emissioni, a ogni ipotesi di realizzazione di un termovalorizzatori – ma anche di un gassificatore o d’un impianto di compostaggio – si assiste regolarmente a campagne di demonizzazione che, facendo leva sull’irrazionalità e sulla non conoscenza dei reali termini del problema, suscitano ondate di protesta preconcette e prive del pur minimo supporto scientifico”. “Il Riscaldamento Urbano” è una rivista di carattere tecnico, inteso in senso lato. Il presente articolo sembra muoversi in un terreno diverso: quello della polemica e della presa di posizione politica. Mi è doveroso precisare, quindi, che non è certo nostro intendimento mutare la caratteristica tipica della pubblicazione. Ci è parso, peraltro, utile accennare (ma si sarebbe naturalmente potuto scavare ben più profondamente) ad una situazione che ho già definito schizofrenica e – potrei aggiungere – surreale. Sembra essere ritornati al Medioevo quando, di

fronte all’”Ipse dixit” aristotelico, si chiudevano gli occhi alla realtà e si disdegnavano le analisi oggettive di dati e di sperimentazioni concrete sul campo. Gli operatori del Riscaldamento Urbano non si meritano assolutamente queste accuse, come dimostrano la serietà, la competenza, l’equilibrio, il grande rispetto dell’ambiente delle loro realizzazioni. Credo di poter tranquillamente affermare che il senso di grande responsabilizzazione che da sempre ha caratterizzato la stragrande parte dei gestori di servizi pubblici locali rappresenta una sorta di “forma mentis” inscritta nel DNA da oltre un secolo di interventi sul territorio. Su questo punto reputo difficile smentirmi. Siamo di fronte ad una nuova sfida che, ci si augura, chiuderà un periodo di sterile contrapposizione e si proietterà verso una visione d’insieme delle problematiche in oggetto con la logica – sempre da noi ribadita – del coordinamento delle fonti, delle sinergie fra tecnologie diverse, di progetti tesi intrinsecamente alla razionale coniugazione dell’energia e dell’ambiente. In altre parole, siamo convinti che il futuro del nostro Paese nel campo specifico vada ricercato nel responsabile impegno degli amministratori, che devono riuscire ad immaginare (e gli esempi di riferimento non mancano) e – soprattutto – perseguire obiettivi unitari, dinamicamente flessibili, come già avviene per i Piani Regolatori Edilizi, i presidi sanitari, ecc. Trattasi di un nuovo approccio, che radicalmente innova la consolidata (purtroppo) mentalità del radicalismo ideologico per lasciar posto a collaborazioni vincenti fra tutti gli operatori e tutte le tecnologie. È stato argutamente detto che nell’armadio dell’uomo civile si trova l’abito elegante ed il costume da bagno, ma che non è corretto presentarsi ad una serata di gala in slip, o fare la doccia in smoking. Anche nel settore energetico-ambientale vale, ovviamente, lo stesso criterio. La termovalorizzazione dei RSU non è, certamente, la panacea di tutti i mali e neppure una tecnologia applicabile in ogni situazione concreta. Essa, peraltro, può rappresentare un importantissimo strumento di pianificazione territoriale, purchè, naturalmente, sia applicata nel contesto del suo “habitat” preferenziale. L’importante, al solito, è che faccia parte di un disegno ampio ed intelligente, condotto dai responsabili della gestione del territorio e che sia sviluppato con tutto il bagaglio di conoscenze, di esperienze, di garanzie di cui ogni progettista è oggi dotato.



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IL RISCALDAMENTO URBANO

Benefici energetici ed ambientali della cogenerazione in termovalorizzatori di rifiuti INTRODUZIONE Che nell’ambito di relazioni sempre più strette energia-ambiente, il risparmio, la produzione e l’impiego dell’energia con la massima efficienza si traducano anche in massimi benefici per la qualità dell’ambiente, è acquisizione del tutto condivisibile e costituisce ormai un riferimento sicuro per orientare le scelte in operazioni che comportino la produzione e l’uso dell’energia. E che un impianto di termovalorizzazione dei rifiuti, allineato con la migliore tecnologia ed in assetto cogenerativo, realizzi il recupero energetico con la massima efficienza è cosa anche ampiamente dimostrata. Del resto, è proprio l’efficienza con cui si recupera l’energia contenuta nei rifiuti a proporsi come elemento discriminante tra quella che è la pratica di smaltimento dei rifiuti e quella che è, invece, la produzione energetica con combustibili in parte rinnovabili. In tal senso si muove la proposta di revisione della Commissione Europea per modificare la “Direttiva quadro dei rifiuti “ (Commissione Europea, 2006). Peraltro, i livelli di efficienza, proposti come valori discriminati tra lo smaltimento ed il recupero energetico e calcolati con una procedura che prende in considerazione tutte le forme di energia recuperate, si raggiungono solo con impianti in assetto cogenerativi (Commissione Europea, 2005, FFact 2007). La valutazione dei vantaggi associati alla pratica della cogenerazione, esplicitata in termini di bilancio energetico ed ambientale tradotti nei classici parametri del ciclo di vita della filiera, viene di seguito illustrata per una serie di scenari che mettono in confronto il recupero energetico dai

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rifiuti con pratiche di produzione della stessa quantità di energia con sistemi convenzionali. SCENARI VALUTATI: MATERIALI E METODI Descrizione casi esaminati Il rifiuto residuo della raccolta differenziata (RUR) viene alimentato direttamente ad un combustore a griglia che, mediante un ciclo convenzionale a vapore, genera elettricità ed eventualmente anche calore a bassa temperatura per una rete di teleriscaldamento cittadino. L’impianto è a servizio di un bacino caratterizzato da una produzione di rifiuti a monte della raccolta differenziata pari a 600.000 t a-1 corrispondenti a circa 1.200.000 abitanti equivalenti. Si confrontano (Tab. 1): Filiera A: un termovalorizzatore che produce solo elettricità: tutta la portata di vapore (a meno di quella necessaria per la rigenerazione e gli ausiliari) espande fino al condensatore freddo; Filiera B: un termovalorizzatore in assetto cogenerativo con spillamento medio

Energia elettrica η RUR --> E Calore η RUR --> Q

MICHELE GIUGLIANO MARIO GROSSO LUCIA RIGAMONTI Politecnico di Milano D.I.I.A.R. – Sezione Ambientale

annuo del 30% della portata di vapore all’ammissione della turbina per alimentare una rete di teleriscaldamento urbano. La frazione della portata di vapore spillata per la cogenerazione è motivata dalla necessità di considerare una situazione verosimile per il contesto italiano, ovvero potenza termica e calore cogenerato compatibili con le utenze di calore a bassa temperatura – principalmente civili – che possono essere servite, attraverso una rete di teleriscaldamento, da un termoutilizzatore collocato in prossimità dell’ambito urbano. Per un termoutilizzatore a servizio di un bacino grande, come è quello considerato, la potenza termica massima erogabile è circa 100 MW termici e lo spillamento del 30% della portata di vapore per le 7200 ore equivalenti/anno di funzionamento ipotizzate mette a disposizione circa 215 GWh termici. Tale situazione esemplifica quindi il caso in cui la potenza termica massima erogabile dal termoutilizzatore non è molto inferiore al picco della richiesta della rete di teleriscaldamento, cosicché il termoutilizzatore riesce a soddisfare

Filiera A: solo elettrico

Filiera B: cogenerativo

kWhel/tRUR

807,8

690,5

%

28,77

24,59

kWhth/tRUR

-

538,4

%

-

19,17

Tabella 1. Produzione specifica netta di energia per i due termovalorizzatori confrontati (Fonte: Federambiente, 2005; Consonni et al., 2005). Note: ηRUR --> E = rendimento netto di conversione da RUR a energia elettrica = rapporto tra la produzione elettrica netta ed il potere calorifico del RUR; ηRUR --> Q = rendimento netto di conversione da RUR a calore = rapporto tra la produzione di calore ed il potere calorifico del RUR.


IL RISCALDAMENTO URBANO

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emissioni emissioni reagenti RUR: 1000 kg

elettricità

41kg ceneri leggere

Incenerimento

PCI: 10,11 MJ/kg Umidità: 31,8% Ceneri: 16,6%

63kg

50km

inerti

inertizzazione

discarica

emissioni

187kg materiale per costruzione impianto

reagenti

807,8kWhel

scorie

50km

172kg

metalli recuperati

discarica

15kg

impianto di recupero

Figura 1: Rappresentazione schematica della filiera A (produzione di sola elettricità).

la quasi totalità della richiesta di calore funzionando con spillamento massimo in inverno e spillamento trascurabile (produzione di sola elettricità) in estate. Articolazione della filiera L’articolazione complessiva delle filiere, rappresentata schematicamente nelle figure 1 e 2, comprende, oltre alla sezione di combustione dei rifiuti e di produzione di energia, anche la sezione di trattamento dei fumi e lo smaltimento di tutti i residui. Nello specifico, la sezione di trattamento dei fumi vera e propria inizia con un elettrofiltro che effettua una prima drastica depolverazione, seguito da uno scambiatore per il pre-riscaldo dell’acqua che consente di regolare la temperatura dei fumi al

ammoniaca, sia all’ossidazione dei composti organici clorurati ancora presenti nei fumi. I gas depurati sono infine aspirati dal ventilatore di espulsione e inviati al camino. Le scorie raccolte alla fine della griglia non necessitano di inertizzazione e quindi, dopo essere state demetallizzate, sono smaltite in discarica. Per valutare consumi ed emissioni del trasporto a discarica si assume una percorrenza media di 50 km – un valore ragionevole per la realtà italiana dove discariche per rifiuti speciali non pericolosi sono generalmente disponibili in ogni provincia.

valore ottimale per le successive reazioni chimico-fisiche. Il controllo dei gas acidi (tipicamente HCl, HF, SO2) avviene per assorbimento con bicarbonato di sodio, mentre il controllo dei microinquinanti organici, quali diossine e furani, ed inorganici volatili, quali Hg, Cd e Pb, avviene mediante adsorbimento su carbone attivo. Per la captazione dei prodotti di reazione e delle ceneri volanti residue è previsto un filtro a maniche ad alta efficienza. Tali polveri, unitamente alle ceneri volanti raccolte in caldaia e nell’elettrofiltro, sono conferite a discarica, previa inertizzazione con cemento e additivi. Un reattore catalitico finale a bassa temperatura provvede sia all’efficace riduzione degli ossidi di azoto tramite reazione con

Metodologia Il bilancio ambientale è stato effettuato mediante la tecnica LCA (Consonni et al.,

538,4kWhth emissioni reagenti RUR: 1000 kg

690,5kWhel

calore

emissioni reagenti

elettricità 41kg ceneri leggere

Incenerimento

PCI: 10,11 MJ/kg Umidità: 31,8% Ceneri: 16,6%

63kg

scorie

discarica

emissioni

187kg materiale per costruzione impianto

50km

inerti

inertizzazione

50km

172kg

metalli recuperati

discarica

15kg

impianto di recupero

Figura 2: Rappresentazione schematica della filiera B (produzione di elettricità e calore).

13


IL RISCALDAMENTO URBANO

DICEMBRE 2007

Energia primaria risparmiata kgEP risparmiati / tRUR

250 200 150 100 50 0 Scenario 1

Scenario 2

Scenario 3

Filiera A: solo elettrico Filiera B: Cogenerativo

Figura 3: Energia primaria risparmiata (kg equivalenti di petrolio risparmiati per tonnellata di RUR)

SCENARIO 1

Riscaldamento globale

Tossicità umana

Formazione Acidificazione fotochimica di ozono

kg CO2 eq

kg 1,4-DCB eq

kg C2H4 eq

kg SO2 eq

Filiera A (solo elettrico)

-96,6

-175

-0,202

-3,49

Filiera B (cogenerativo)

-192

-169

-0,335

-3,45

Tabella 2. Indicatori aggregati di impatto nello scenario 1: valori riferiti a 1 t di RUR (i risultati migliori sono evidenziati in grassetto).

SCENARIO 2

Riscaldamento globale

Tossicità umana

Formazione Acidificazione fotochimica di ozono

kg CO2 eq

kg 1,4-DCB eq

kg C2H4 eq

Filiera A (solo elettrico)

143

-16,5

-0,083

0,037

Filiera B (cogenerativo)

58,4

-29,8

-0,107

-0,075

kg SO2 eq

Tabella 3. Indicatori aggregati di impatto nello scenario 2: valori riferiti a 1 t di RUR (i risultati migliori sono evidenziati in grassetto).

SCENARIO 3

Riscaldamento globale

Tossicità umana

Formazione Acidificazione fotochimica di ozono

kg CO2 eq

kg 1,4-DCB eq

kg C2H4 eq

kg SO2 eq

Filiera A (solo elettrico)

-389

-85,8

-0,040

-1,63

Filiera B (cogenerativo)

-442

-92,8

-0,196

-1,86

Tabella 4. Indicatori aggregati di impatto nello scenario 3: valori riferiti a 1 t di RUR (i risultati migliori sono evidenziati in grassetto).

14

2005b; Pennington et al., 2004; Rebitzer et al., 2004). In quest’ottica, si riportano di seguito i sottoprocessi che bisogna considerare in quanto responsabili di emissioni di sostanze inquinanti prodotte (assunte con segno positivo) o evitate (assunte con segno negativo). Nello specifico, i processi che si considerano per la determinazione delle emissioni evitate sono: la produzione di elettricità e di calore; la produzione di acciaio e di alluminio a partire dai rottami recuperati dalle scorie, mentre quelli che si considerano per la determinazione delle emissioni aggiunte sono: il processo di combustione; la produzione dei reagenti utilizzati nella linea fumi; la produzione degli additivi utilizzati nell’inertizzazione delle ceneri; la produzione dei materiali utilizzati nella costruzione dell’impianto; il trasporto dei residui al luogo di trattamento finale. Per la stima delle emissioni atmosferiche generate dalla combustione dei rifiuti nel termovalorizzatore si è fatto riferimento ad una linea di trattamento dei fumi, descritta in precedenza, che adotta le tecnologie più efficienti utilizzate negli impianti di ultima generazione presenti in Italia (Brescia, Bergamo, Dalmine). Per quanto riguarda le emissioni evitate, in questo studio si sono considerate tre diverse tipologie di centrali che verrebbero spente qualora si rendesse disponibile l’energia elettrica prodotta dal termovalorizzatore: Scenario 1: impianto con ciclo a vapore con rendimento elettrico netto del 39%, alimentato per il 50% della potenza di combustione con olio combustibile a medio tenore di zolfo (? 1,5%) e per il 50% della potenza di combustione con gas naturale; Scenario 2: impianto a ciclo combinato alimentato a gas naturale con rendimento del 55%; Scenario 3: impianto con ciclo a vapore con rendimento elettrico netto del 36,63%, alimentato a carbone e attrezzato con trattamento opportuno delle emissioni. Nel caso cogenerativo (filiera B), bisogna considerare anche le emissioni evitate dalle utenze civili per le quali si rende disponibile l’energia termica prodotta dal termovalorizzatore. Tali emissioni evitate sono state calcolate con riferimento a due


IL RISCALDAMENTO URBANO

diverse situazioni: Scenario 1 e 3: le caldaie domestiche “spente” grazie alla produzione di calore del termovalorizzatore sono alimentate a gasolio (rendimento = 85%); Scenario 2: le caldaie domestiche “spente” grazie alla produzione di calore del termovalorizzatore sono alimentate a gas naturale (rendimento = 87%). Per quanto riguarda i fattori di emissione relativi alle centrali termoelettriche, sono stati utilizzati sia dati di tipo diretto (Consonni et al., 2002; ARPAV, 2003), derivanti cioè da misure sperimentali effettuate su di un impianto reale, sia dati reperiti in letteratura dalla banca dati dell’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (ANPA, 2000). Per la stima delle emissioni evitate dalle caldaie sono stati utilizzati i valori del PRQA (Regione Lombardia, 1999), integrati con i valori della banca dati dell’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (ANPA, 2000). Si precisa che, alla definizione del complesso delle emissioni “evitate” partecipa, oltre alla componente principale rappresentata dal gas di combustione, una serie di componenti secondarie associate al ciclo di vita del combustibile fossile, comprendente l’estrazione, la raffinazione, i trasporti e la distribuzione alle utenze. Bilancio energetico: energia primaria risparmiata

Le due filiere esaminate sono comparabili in termini di energia primaria risparmiata per unità di RUR, che può essere espressa in Tonnellate Equivalenti di Petrolio (TEP) per tonnellata di RUR. L'energia primaria risparmiata è data da:

EPrisp = EPEE + EPQ - EPtrasp

[ ] TEPrisp tRUR

dove i singoli termini, tutti espressi in [TEP/tRUR], hanno il seguente significato: EPrisp = energia primaria totale rispar-

miata; EPEE = energia primaria altrimenti necessaria per generare l'energia elettrica netta prodotta dai rifiuti; EPQ = energia primaria altrimenti necessaria per generare l'energia termica resa all’utenza del teleriscaldamento; EPtrasp = energia primaria necessaria per trasportare i residui della combustione del RUR. Il termine EPQ è presente solo nel caso in cui il termovalorizzatore funziona in asset-

to cogenerativo (filiera B), mentre il termine EPtrasp risulta avere lo stesso valore per entrambe le filiere analizzate, avendo assunto le stesse ipotesi. L’energia primaria risparmiata calcolata per le due filiere è riportata in figura 3, in termini di kg equivalenti di petrolio risparmiati per tonnellata di RUR. Concludendo, il calcolo dell’energia primaria risparmiata (Fig. 3) mostra risultati più favorevoli per l’impianto funzionante in assetto cogenerativo (filiera B). Bilancio ambientale: indicatori d’impatto

Nell’analisi LCA, nella fase di valutazione degli impatti, i risultati dell’inventario vengono espressi come contributi a rilevanti categorie di impatto ambientale. Ciò permette di rappresentare i risultati della valutazione del ciclo di vita in modo più schematico, rendendoli immediatamente comprensibili anche ai non addetti ai lavori. Sulla base delle finalità del presente studio e dell’ipotesi di considerare solamente le emissioni in atmosfera, sono state selezionate la categorie di impatto più rilevanti dal punto di vista ambientale. In questa operazione si sono seguite principalmente le indicazioni fornite dal metodo “CML 2001” e, in particolare, della guida all’analisi del ciclo di vita pubblicata dalla Leiden University (CML et al., 2001). Le categorie di impatto, quindi, scelte e calcolate sono: Riscaldamento globale (lo studio considera le sole emissioni di metano e di CO2 fossile); Tossicità umana; Formazione fotochimica di ozono; Acidificazione. Gli indicatori di impatto sono riportati nelle tabelle 2, 3 e 4, rispettivamente per lo scenario 1, per lo scenario 2 e per lo scenario 3. Tutti i valori sono riferiti a 1000 kg di rifiuti a valle della raccolta differenziata e cioè a 1 t di RUR. Dall’analisi ambientale di tutti e tre gli scenari si conclude che: nella maggior parte dei casi esaminati, gli indicatori di impatto registrano valori negativi, cioè l’utilizzo dei rifiuti a fini energetici consente di ottenere un beneficio ambientale netto grazie alla sostituzione di una certa quantità di combustibile fossile; l’impianto in funzionamento cogenerativo (filiera B) risulta essere migliore dal punto di vista ambientale, con rare eccezioni, dell’impianto in assetto solo elettrico (filiera A).

DICEMBRE 2007

Bibliografia 1. ANPA (2000). Database I-LCA, Banca dati italiana a supporto della valutazione del ciclo di vita: manuale. 2. ARPAV (2003). Attività di monitoraggio e audit della sperimentazione per l’utilizzo di CDR nella centrale di produzione dell’energia elettrica dell’Enel di Fusina (Venezia), rapporto conclusivo, art. 30 L.R. n. 03/2000. 3. CML, BUREAU B&G, SCHOOL OF SYSTEM ENGINEERING, POLICY ANALYSIS AND MANAGEMENT – DELFT UNIVERSITY OF TECHNOLOGY (2001). Life cycle assessment: an operational guide to the ISO standards. 4. COMMISSIONE EUROPEA (2005), Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa ai rifiuti (presentata dalla Commissione), COM 2005/667 5. COMMISSIONE EUROPEA (2006). Reference Document on the Best Available Techniques for Waste Incineration, disponibile in http://eippcb.jrc.es 6. CONSONNI S., GIUGLIANO M., GROSSO M. (2002). Strategie per il recupero di energia da RSU. Quaderni di Ingegneria Ambientale Inquinamento e Depurazione. N.o 36, Dec. 2002, CIPA Publisher, Milano, Italy. 7. CONSONNI S., GIUGLIANO M., GROSSO M. (2005A). Alternative strategies for energy recovery from municipal solid waste. Part A: mass and energy balances. Waste Management, 25, 123-135. 8. CONSONNI S., GIUGLIANO M., GROSSO M. (2005B). Alternative strategies for energy recovery from municipal solid waste. Part B: emission and cost estimates. Waste Management, 25, 137-148. 9. FFACT (2007). Waste-to-Energy and the revision of the Waste Framework Directive – Opportunities to reduce climate change by using energy from waste, Delft, January 2007 10.FEDERAMBIENTE (2005). Bilancio ambientale, energetico ed economico del recupero di energia da rifiuti urbani mediante produzione di CDR e co-combustione in impianti non dedicati. Relazione finale Volume I: Co-combustione in impianti non dedicati; Volume II: Bilancio energetico ed ambientale della filiera “Brescia”. A cura di Consonni S., Giugliano M., Grosso M., Rigamonti L. 11.ISO (2000). ISO 14042: Environmental management - life cycle assessment - life cycle impact assessment. 12.PENNINGTON D.W., POTTING J., FINNVEDEN G., LINDEIJER E., JOLLIET O., RYDBERG T., REBITZER G. (2004). Life cycle assessment Part 2: Current impact assessment practice. Environment International, 30, 721-739. 13.REBITZER G., EKVALL T., FRISCHKNECHT R., HUNKELER D., NORRIS G., RYDBERG T., SCHMIDT W.P., SUH S., WEIDEMA B.P., PENNINGTON D.W. (2004). Life cycle assessment Part 1: Framework, goal and scope definition, inventory analysis, and applications. Environmental International, 30, 701-720. 14.REGIONE LOMBARDIA (1999). Piano di Risanamento della Qualità dell’Aria.

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DICEMBRE 2007

IL RISCALDAMENTO URBANO

Termovalorizzazione e teleriscaldamento: un connubio vincente INTRODUZIONE Se chiedete ad un passante di Corso Garibaldi cosa gli evocano le parole “teleriscaldamento” e “termovalorizzazione”, con molta probabilità vi risponderà: “ Un romanzo di fantascienza”. Se fate la stessa domanda ad un passante di Frederiksgade, con altrettanta probabilità, vi sentirete rispondere: “Un saggio di storia”. Badate bene, nel secondo caso non siamo su Marte, ma semplicemente a Frederiksberg: una cittadina danese collocata, come una sorta di enclave, all’interno del territorio di Copenaghen. Qui, nel lontano 1903, entrò in funzione il primo “termovalorizzatore” danese che, oltre a produrre energia elettrica, generava anche calore per il riscaldamento dell’adiacente ospedale. Ebbe così avvio la lunga storia del teleriscaldamento danese, grazie al quale, oggi, quasi 2 danesi su 3 riscaldano gli ambienti in cui vivono, con un sistema tra i più evoluti al mondo in termini di risparmio energetico, protezione dell’ambiente e livello di comfort. Una parte sostanziale (ben il 18% nel 2004) del calore fornito dai sistemi di teleriscaldamento danesi viene prodotta da impianti di termovalorizazione, o incenerimento che dir si voglia, di rifiuti. È facile pensare che chi fece quella scelta più di cento anni fa fosse guidato più dall’intuito e dal buon senso, che non da profondi ragionamenti scientifici. Oggi possiamo affermare che la scelta allora di “buon senso” fu ( come spesso accade) una scelta lungimirante, come confermano le esperienze a ruota intraprese da diversi altri Paesi del nord Europa (Germania, Olanda, Svezia, Belgio) che, come il popolo danese, particolarmente sensibili alle problematiche ambientali, hanno adottato la termovalorizazione, unitamente al riciclaggio dei materiali, come strumenti fondamentali per la gestione del complesso problema dei rifiuti, rele-

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gando la discarica ad un ruolo marginale (meno del 10% sul totale dei rifiuti prodotti). La situazione italiana, che vede il ricorso alla discarica ancora preponderante (oltre il 50%) rispetto al riciclaggio ( 25%) e al recupero energetico ( 11 %), è ancora ben lontana dagli esempi virtuosi sopra citati. Con un po’ di fantasia e buona volontà, possiamo pensare che il punto ora di svantaggio da cui partiamo può trasformarsi in un’opportunità, potendo noi disporre, in un terreno quasi vergine, di numerosi esempi e di moderne e sofisticate tecnologie per dotarci di un parco di termovalorizzatori, per quanto possibile collegati a reti di teleriscaldamento, all’avanguardia quanto a prestazioni energetiche ed ambientali. LA SITUAZIONE EUROPEA In Europa, gli impianti di incenerimento dei rifiuti con recupero energetico in funzione sono 322 (dato del 2005); la tabella 1 mostra il numero di termovalorizzatori presenti in ogni Paese e la quantità di rifiuti trattata. Esprimendo i dati assoluti sopra riportati in termini relativi rispetto al numero di abitanti, si ottiene una rappresentazione più significativa circa la rilevanza della termovalorizzazione nei diversi Paesi. A livello europeo, la maggior parte dei termovalorizzatori è collegata a reti di teleriscaldamento, come testimonia il grafico seguente dove è riportata la produzione procapite di elettricità e calore prodotti dal recupero energetico di rifiuti. LA SITUAZIONE ITALIANA Pur essendo l’Italia tra i Paesi con il minor utilizzo della termovalorizzazione, è da rilevare che negli ultimi anni tale attività si è sensibilmente sviluppata. La quantità di energia recuperata, infatti, è progressivamente aumentata, raggiungendo nel 2005 un recupero di energia elettrica pari a

LORENZO ZANIBONI A2A

2.636.956 MWhe e un recupero di energia termica pari a 705.919 MWht (figura 3). Nell’anno 2005, gli impianti di termovalorizzazione presenti sul territorio nazionale sono 47, fra i quali 8 sono impianti di cogenerazione che immettono calore in reti di teleriscaldamento (dati APAT). L’energia prodotta da tali impianti è pari a 1.129.825 MWhe e 691.405 MWht (tabella 1) che corrispondono, rispettivamente, al 21,2% dell’energia elettrica e all’11% dell’energia termica prodotta da centrali cogenerative e che immettono calore in reti di teleriscaldamento.

Paese

Numero impianti

Rifiuti trattati [Mt]

Austria

8

1,5

Belgio

18**

1,6*

Czech Republic

3

0,4

Denmark

34

3,5

Finland

1

0,05

France

128

13,6

Germany

65

16

Hungary

1

0,3

Italy

47

3,2

Luxembourg

1

0,1*

Netherlands

11

5,5

Norway

19

0,6

Poland

1

0,04

Portugal

3

1,1

Spain

10

1,7

Sweden

29

2,2

Switzerland

29

3,3

United Kingdom

14

3*

* valore stimato in base ai dati Eurostat: comprende anche i cement klins ** valore stimato in base al rapporto ISWA 2006

Tabella 1. Termovalorizzatori in Europa e rifiuti trattati. Fonte dati: Confederation of European Waste-to-Energy Plants.


IL RISCALDAMENTO URBANO

800 RSU Termovalorizzazione

700

kg/abitante

600 500 400 300 200

a Sve zia Por toga llo Finl and ia Belg io Gre cia

Itali

Spa gna Pae si B ass i Fra ncia

0

Irlan da Dan i ma rca Lus sem burg o Ger man ia Aus tria Reg no U nito

100

Energy Recovery from Waste

Figura 1: Dati pro capite di RSU prodotti e termovalorizzati nell’EU - anno 2003

UK Switzerland Sweden Spain Portugal Norway Netherlands Italy Germany France Finland Denmark Belgium Austria

Electricity Heat

kWh 0

200

400

600

800

1000

1200

Figura 2: Amount of energy recovered per head of population in one year Fonte: European Incineration Profile - prepared by Juniper, Oct. 2000

3.000.000 2.500.000 2.000.000 1.500.000 1.000.000 500.000 0 2000

MWelettrici MWtermici

809.434 470.135

2001

2002

2003

2004

2005

1.229.508 1.418.457 1.884.588 2.376.360 2.636.956 505.166 413.937 491.735 575.213 705.919

Figura 3: Recupero energetico elettrico e termico in impianti di incenerimento di rifiuti urbani e CDR Fonte: APAT

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L’EFFICIENZA ENERGETICA QUALE STRUMENTO DI SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE Quando si parla di termovalorizzatori, il primo pensiero o preoccupazione del sentire comune va senza dubbio al tema delle emissioni viste da tutti, nel poco o nel tanto che siano, come elemento di maggior carico (leggi inquinamento) ambientale. A pochi corre il pensiero che tali impianti, proprio in virtù e nella misura in cui sono in grado di produrre energia, evitano in primis l’utilizzo dei combustibili fossili tanto preziosi e, di conseguenza, anche le emissioni inevitabilmente generate da tali combustibili. È proprio qui che si fonda l’importanza di ottenere un’elevata efficienza energetica dell’impianto, poiché maggiore è, a parità di rifiuto trattato, l’energia utile prodotta, maggiori sonno i benefici ambientali ottenuti in termini di combustibile fossile risparmiato e di emissioni evitate. Uno degli strumenti più efficaci per massimizzare l’efficienza energetica di un termovalorizzatore è senza dubbio quello di abbinare alla produzione di elettricità, in un processo di cogenerazione, quella di calore utilizzato per il riscaldamento degli edifici tramite una rete di teleriscaldamento. Per dare un’idea dei numeri in gioco facciamo due conti. Dalla combustione di 1.000 chilogrammi di rifiuto urbano (più o meno la produzione annua di una famiglia al netto della quota di riciclaggio), in un termovalorizzatore che produce solo energia elettrica, cioè non collegato al teleriscaldamento, si possono ottenere circa 750 kWh di energia elettrica (corrispondente circa al 20% del consumo annuo dell’appartamento dove vive la famiglia di cui sopra). Per produrre lo stesso quantitativo di energia elettrica in una moderna centrale termoelettrica in ciclo combinato si dovrebbero utilizzare circa 150 m3 di metano. In altre parole, recuperando in un termovalorizzatore i rifiuti, non utilmente riciclabili, prodotti in un anno da una famiglia, si risparmiano 150 m3 di metano. Se invece il termovalorizzatore è collegato ad una rete di teleriscaldamento che consente di distribuire calore agli edifici di un centro urbano, allora dalla combustione di 1000 chilogrammi di rifiuto urbano si possono produrre 590 kWh di elettricità e fino a 1650 kWh di calore. I dati sopra riportati si riferiscono al caso in cui il recupero dell’energia termica residuale sia attuato in modo completo per 24 ore al giorno e 365 giorni l’anno. Ciò, in realtà, è raramente possibile in un sistema di teleriscaldamento, data la stagionalità del fabbisogno termico. Assumendo che, mediamente, il recupero

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DICEMBRE 2007

termico su base annuale si possa attuare in ragione del 50% di quello complessivamente disponibile, si ottiene che, dalla combustione di 1000 kg di rifiuti, si possono ottenere 670 kWh di elettricità e 825 kWh di calore. Per produrre gli stessi quantitativi di elettricità e di calore, usando rispettivamente una centrale termoelettrica e una caldaia di edificio a metano, si dovrebbero utilizzare 227 m3 di metano. In altre parole, recuperando in un termovalorizzatore i rifiuti, non utilmente riciclabili, prodotti in un anno da una famiglia, si risparmiano fino a 227 m3 di metano, ovvero circa il 50% in più di un termovalorizzatore che produce solo energia elettrica. Quando si parla di teleriscaldamento e cogenerazione viene oggi da più parti invocata la possibilità di implementare la cosiddetta “trigenerazione”, facendo ricorso a sistemi ad assorbimento per la produzione di energia frigorifera nel periodo estivo, con l’obiettivo dichiarato di incrementare nettamente il risparmio energetico del sistema. Tale opzione deve tuttavia essere valutata con molta attenzione, soprattutto nel caso in cui la cogenerazione sia effettuata con turbine a vapore a condensazione e spillamento, come nel caso dei termovalorizzatori. Il conto è presto fatto. In un tipico termovalorizzatore, la produzione estiva di 1 kWh di calore, sottratto agli ultimi stadi della turbina ad una temperatura intorno ai 100 °C, dà luogo ad una perdita di energia elettrica dell’ordine di 0,1 – 0,15 kWh. In un impianto ad assorbimento, con 1kWh di energia termica a 100 °C si producono circa 0,6 kWh di energia frigorifera. In alternativa, utilizzando un impianto centralizzato per la produzione di freddo con compressori centrifughi azionati da inverter (che facilmente raggiungono un COP dell’ordine di 6), la produzione di 0,6 kWh di freddo richiede esattamente l’impiego di 0,1 kWh di elettricità, pareggiando quindi il conto con la maggior elettricità prodotta dal termovalorizzatore per la mancata estrazione di calore. Il bilancio energetico di una siffatta operazione è quindi quanto meno molto dubbio, senza considerare tutte le ulteriori problematiche legate all’utilizzo degli assorbitori. NECESSITÀ DI PROMOZIONE E SOSTEGNO ALLA TERMOVALORIZZAZIONE La termovalorizzazione richiede investimenti molto elevati e comporta costi di gestione mediamente molto superiori a

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IL RISCALDAMENTO URBANO

Localizzazione impianto

Rifiuti Urbani

Cremona

51.961

Como

73.013

Milano

428.000

Brescia

411.000

Bolzano

76.809

Ferrara (Canal Bianco)

33.311

Reggio Emilia

20.619

Granarolo dell'Emilia

157.345

Tonnellate Rifiuti altri sanitari speciali 513

2.517

Totale

Rifiuti totali

MWh energia elettrica energia al generatore termica

9.110

61.584

16.634

51.915

659

73.672

24.994

14.366

428.000

374.103

45.146

346.000

757.000

575.000

491.000

1.278

78.087

23.564

28.357

2.569

35.880

10.253

6.014 20.610

137

20.756

1.374

28.215

188.077

103.903

33.997

1.643.056

1.129.825

691.405

Tabella 2. Dati di gestione degli impianti di teleriscaldamento operativi nell’anno 2005. Fonte dati: “Rapporto Rifiuti “2006”, APAT.

energia elettrica [Gwhe]

energia termica [Gwht]

Centrali per teleriscaldamento

5.331

6.262

Termovalorizzatori che immettono calore in reti di teleriscaldamento

1.130

691

Tabella 3. Energia prodotta da centrali al servizio di reti di teleriscaldamento, anno 2005 Fonte dati: APAT, AIRU.


DICEMBRE 2007

quelli della discarica. D’altra parte, sono altrettanto rilevanti i vantaggi che ne derivano, sulla protezione dell’ambiente, sul risparmio di combustibili, sull’autonomia e sicurezza di approvvigionamento energetico, sull’occupazione di qualità (necessita un livello di qualificazione molto elevato del personale e vi è un rilevante “indotto” per le attività non solo di costruzione, ma anche di manutenzione, controlli, servizi). Se si intende sviluppare concretamente la termovalorizzazione, è pertanto indispensabile disporre di adeguate forme di incentivazione (certificati verdi e, naturalmente, esenzione da tassazione) rispetto alla discarica. Al riguardo, la soluzione adottata in Italia dei “certificati verdi” per l’energia prodotta dalla frazione “biodegradabile” (biomassa, pari al 50-60% del totale) dei rifiuti nei primi 12 anni (più 4 anni in misura ridotta al 60% in base al Decreto 24.10.2005) di effettivo esercizio dell’impianto, anziché di una soluzione che preveda contributi in conto capitale (e quindi non in funzione degli effettivi risultati conseguiti nella gestione dell’impianto), appare sostanzialmente adeguata e coerente. È inoltre da osservare che anche la parte non biodegradabile assoggettata a recupero energetico, quali i residui di plastiche non utilmente riciclabili contenuti nei rifiuti, è costituita da materiali altrimenti destinati allo spreco in discarica. Semmai, non si tratta tanto di discutere dell’opportunità o meno di incentivazione, opportunità che appare fuori discussione, quanto delle relative modalità applicative, che devono essere costantemente orientate a promuovere le soluzioni più coerenti ed efficienti sia sul piano ambientale, sia sul piano economico. A tale riguardo è da rilevare come gli attuali meccanismi di incentivazione, essendo attribuiti in modo direttamente proporzionale alla sola energia elettrica prodotta, senza tenere in alcun conto l’energia termica eventualmente cogenerata, di fatto costituiscono un “disintentivo” al collegamento dei termovalorizzatori alle reti di teleriscaldamento. Facendo riferimento all’esempio numerico prima richiamato, un termovalorizzatore abbinato al teleriscaldamento, a fronte di un risparmio energetico fino al 50% superiore rispetto allo stesso impianto non collegato al teleriscaldamento, si trova a ricevere un incentivo inferiore rispetto al secondo. Ciò risulta in contrasto con il principio, richiamato anche dalla recente direttiva sulla cogenerazione (2004/8/CE), secondo cui gli incentivi dovrebbero essere basati sull’effettivo risparmio energetico conseguito.


DICEMBRE 2007

IL RISCALDAMENTO URBANO

Energia dai rifiuti: tecniche di valorizzazione ed utilizzazione

I

n Italia si producono attualmente 31,5 milioni di tonnellate all’anno di rifiuti urbani (RU). Di questi, circa il 20% (al netto degli scarti) sono recuperati come materiali e circa il 60% (18 milioni di tonnellate!) collocati in discarica. Solo il 10% è destinato al recupero energetico nei termovalorizzatori. Se confrontati con gli obiettivi europei e nazionali (in particolare con il divieto di collocazione in discarica dei rifiuti biodegradabili e dei rifiuti combustibili) e con la necessità di salvaguardare l’ambiente, tali dati evidenziano la drammatica inadeguatezza del sistema italiano di gestione dei rifiuti urbani, caratterizzato da: un basso tasso di raccolta differenziata finalizzata al riciclaggio una grave insufficienza della capacità di termovalorizzazione. Altri paesi europei sono molto più avanti dell’Italia, sia nel riciclaggio dei materiali sia nel recupero energetico (v. allegato A). A questo proposito, ad esempio, Danimarca, Svezia, Belgio, Francia e Olanda superano il 30% di termovalorizzazione; inoltre, dal 1 giugno 2005, la Germania ha proibito il conferimento in discarica dei rifiuti urbani, con il risultato che si è evidenziato un deficit di capacità di trattamento di circa 4 Mt/a, cui è conseguito un repentino incremento del prezzo di mercato (da circa 70 €/t fino a oltre 100 €/t) per lo smaltimento dei rifiuti. Se intendiamo perseguire una finalità di “sviluppo sostenibile”, è quindi evidente la necessità impellente di intervenire con una nuova progettualità e con iniziative concrete ed efficaci, considerando come costante riferimento i tre aspetti della sostenibilità: risparmio di risorse non rinnovabili (energia, metalli, …) salvaguardia dell’ambiente (aria, acqua, suolo) prevenzione dei mutamenti climatici

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(protocollo di Kyoto) La discarica di rifiuti (cui attualmente in Italia sono destinate circa 18 Mt/a di rifiuti urbani e altre 15 Mt/a di rifiuti speciali, parte dei quali ex rifiuti urbani, per un totale di oltre 33 Mt/a) rappresenta l’alternativa più antitetica, sotto ogni aspetto (spreco di risorse, impatti su suolo, aria e acqua, emissioni di gas climalteranti quali metano e CO2), rispetto ai suddetti obiettivi. È pertanto indispensabile concentrare gli sforzi su: prevenzione e riduzione riciclaggio recupero energetico della frazione non utilmente riciclabile. La scelta sull’opzione da adottare tra riciclaggio e recupero energetico, negli eventuali casi dubbi, dovrà essere basata sulla metodologia dell’LCA (Life Cicle Analysis Analisi del ciclo di vita), come peraltro evidenziato anche nei documenti preparatori della nuova Direttiva quadro europea sui rifiuti, che dovrà aggiornare la Direttiva n. 75/442. In ogni caso, la discarica, sia in osservanza delle direttive europee, sia per non essere una inaccettabile eredità lasciata alle future generazioni, potrà essere una soluzione ammissibile, esclusivamente, per i residui resi innocui con precedenti trattamenti. La strategia, pur fondamentale, di prevenzione e di riciclaggio dei rifiuti non può, tuttavia, ragionevolmente costituire, da sola, una soluzione globale al problema rifiuti. Infatti, alcune frazioni non risultano utilmente (rispetto all’obiettivo di sostenibilità sopra richiamato) riciclabili: perché contaminate o perché eterogenee o, ancora, richiederebbero per il loro processo di recupero, trattamento e riutilizzo, più risorse e impatti ambientali rispetto ad altre alternative. In questa valutazione, per l’individuazione delle soluzioni più appropriate, è anche necessario tenere debitamente conto, di volta in volta, delle specifiche

ANTONIO BONOMO Direzione Energia A2A

condizioni locali. Come dimostrato dalle esperienze nazionali e internazionali più avanzate, il recupero energetico delle frazioni non utilmente riciclabili rappresenta quindi una componente irrinunciabile nell’ambito di una coerente strategia integrata di gestione dei rifiuti. IL RUOLO DEL RECUPERO ENERGETICO NELLA STRATEGIA DI SOSTENIBILITÀ La termovalorizzazione, ovvero l’utilizzo come combustibile dei rifiuti residuali dopo la Raccolta Differenziata, non può costituire “la soluzione” tecnologica al problema dello smaltimento dei rifiuti, ma deve essere concepita come strumento al servizio di una strategia per la sostenibilità, nei 3 aspetti sopra richiamati. Risparmio di risorse Nell’ottica della “rinnovabilità” e della sostituzione di combustibili fossili, si può considerare che una tonnellata di RU, in un impianto ad alta efficienza, consente di produrre circa 750 kWh di elettricità, equivalenti a: 5 m2 di pannelli fotovoltaici 500 m2 di superficie coltivata per produrre biomassa (assumendo una produzione elevata, pari a 20 t/a di biomasse per ettaro; è più frequente una produzione di 10-15 t/a). Anche limitando a soli 20 Mt/a (sui 33 Mt/a attuali) la quantità di rifiuti assoggettabili a termovalorizzazione, la potenzialità di produzione elettrica da rifiuti in Italia risulta pari a: 20 MtRU/a x 750 kWhe/t = 15 TWhe/a (15 miliardi di chilowattora) Che equivalgono a: circa 3 Mtep/a (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio all’anno)


IL RISCALDAMENTO URBANO

circa 3,5 Gm3 GN/a (miliardi di metri

cubi di gas naturale all’anno) circa il 5% del fabbisogno nazionale di elettricità 10.000 km2 di superficie coltivata a biomassa per energia (3% del territorio italiano!) 100 km2 di pannelli fotovoltaici A questo si aggiunge la possibilità di recuperare, in cogenerazione, almeno nelle regioni del nord Italia, calore per le reti di teleriscaldamento degli edifici, come avviene diffusamente in molti paesi del centronord Europa. Sotto il profilo economico, potremmo affermare che il conseguente risparmio sulla “bolletta petrolifera”, o di energia primaria in generale, viene convertito, di fatto, in occupazione e lavoro. Protezione dell’ambiente Sotto il profilo della tutela dell’ambiente, il trattamento termico associato alla termovalorizzazione agisce come un “depuratore” dei rifiuti, in quanto: i componenti organici vengono eliminati dalla combustione alla temperatura di oltre 900°C i composti inorganici pericolosi (i metalli pesanti) vengono concentrati nelle polveri residue dell’impianto di depurazione fumi che, date la loro omogeneità e le loro caratteristiche, possono essere sottoposte a “inertizzazione” prima della collocazione finale.

Per quanto riguarda gli effetti dell’impianto sulle emissioni in atmosfera e sulla qualità dell’aria, questi possono ritenersi, di fatto, un problema risolto; se le soluzioni tecniche sono adeguate, le emissioni risultano infatti bassissime e ininfluenti se non, spesso, inferiori alle emissioni prodotte, a parità di energia netta generata, dalle centrali termoelettriche alimentate a combustibili fossili. Questa affermazione può apparire molto forte, ma essa è razionalmente documentabile sulla base di consolidate esperienze. Semmai, a questo riguardo, l’accento va portato sulla: qualità delle tecnologie impiegate professionalità della gestione necessità di controlli autorevoli e indipendenti sul funzionamento. Le soluzioni esistono: si tratta di adottarle con coerenza, nell’ambito di un dibattito aperto, trasparente, non ideologico. Prevenzione dei mutamenti climatici La termovalorizzazione esercita un’influenza positiva anche sulla prevenzione dei mutamenti climatici. A titolo comparativo, possiamo riferirci alla forestazione di superfici coltivabili, che consente di assorbire circa 5 t/a x ha di C (carbonio), ovvero 1,8 kg/a x m2 di CO2 (IPCC report – 2000). Il recupero energetico di una tonnellata di RU, in alternativa allo smaltimento in dis-

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carica controllata, consente di evitare l’emissione di (almeno) 360 kg di CO2 (De Stefanis - ENEA - R.S. 5/2002), corrispondenti a: 360 kgCO2: 1,8 = 200 m2 = 0,0002 Km2 di superficie riforestata. In Italia, rispetto alla riduzione delle emissioni di gas climalteranti, le potenzialità equivalenti della termovalorizzazione possono valutarsi in: 20 MtRU/a x 360 kgCO2/tRU = 7,2 MtCO2/a di CO2 evitata che corrispondono a: 20 MtRU/a x 0.0002 km2 x a/t = 4.000 km2 di superficie riforestata In altre parole, il recupero energetico, ad alta efficienza, di 20 milioni di tonnellate all’anno di rifiuti equivale, in termini di contributo alla prevenzione dell’effetto serra, alla forestazione di 4000 km2 di superficie coltivabile. Il suddetto risparmio di CO2 (ovvero 7,2 Mtco2/a, ma ancora superiore se si localizzano gli impianti in modo da poter recuperare anche il calore per teleriscaldamento) può altresì contribuire, da solo, al raggiungimento del 21% dell’obiettivo (33.8 Mt/a pari al 6,5% del valore di 519,5 Mt/a di CO2 emesse nel 1990) di riduzione delle

COME LA TERMOVALORIZZAZIONE RISPARMIA LA CO2 L’energia che ogni giorno viene utilizzata per le attività dell’uomo è prodotta prevalentemente con l’impiego di combustibili fossili: metano, petrolio e carbone, la cui combustione rilascia in atmosfera anidride carbonica (CO2). Il consistente, e sempre crescente, utilizzo dei combustibili fossili, oltre a ridurne a ritmi sempre maggiori le riserve per il futuro, è una delle cause principali del progressivo aumento della concentrazione di CO2 nell’atmosfera, a sua volta causa, attraverso il cosiddetto “effetto serra”, del riscaldamento globale del nostro pianeta e dei conseguenti cambiamenti climatici. Nasce da qui la sollecitazione degli organismi internazionali (protocollo di Kyoto), comunitari e nazionali ad attuare ogni possibile sforzo per ridurre le emissioni di CO2. Tra le misure più rilevanti per attuare tale riduzione è stato individuato l’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili (sole, vento, moto dell’acqua, biomasse intese come materia biodegradabile) le quali, a differenza dei combustibili fossili, non solo appartengono ad un ciclo della natura che le rende continuamente disponibili, ma consentono di produrre energia senza aumentare il contenuto di CO2 nell’atmosfera. In particolare, per quanto riguarda le biomasse, siamo di fronte al mantenimento di un sostanziale equilibrio della CO2 in quanto la loro combustione, anche in impianti industriali, emette la stessa quantità di carbonio che era stata precedentemente sottratta dall’atmosfera e immagazzinata nella materia vegetale attraverso il processo della fotosintesi; tale quantità sarebbe stata comunque riemessa per decomposizione naturale delle stesse biomasse al termine del loro ciclo di vita. Pertanto, utilizzando come combustible i rifuti non utilmente riciclabili (che sono per buona parte costituiti da biomassa) altrimenti destinati alla discarica, la Termovalorizzazione non solo consente di risparmiare prezioso combustibile fossile, ma evita di produrre emissioni aggiuntive di gas ad effetto serra. Inoltre si evitano anche le emissioni di metano (un gas con un potenziale di effetto serra molto più alto, oltre 20 volte, della CO2) che deriverebbero dai processi di degradazione del rifiuto smaltito in discariche.. Se abbinata al teleriscaldamento, la termovalorizzazione, inoltre, consente di ridurre ulteriormente le emissioni di CO2 in virtù dell’ulteriore risparmio di combustibile fossile ottenuto grazie alla cogenerazione che recupera, a fini del riscaldamento degli edifici, l’energia termica altrimenti dissipata nell’ambiente quando si produce solo energia elettrica.

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IL RISCALDAMENTO URBANO

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ALLEGATO A Nazione

Raccolta differenziata

Austria

Termovalorizzazione

%

%

60

10

Paesi Bassi

45

33

Germania

42

22

Svezia

39

38

Belgio

35

34

Danimarca

32

60

Francia

25

32

Finlandia

24

11

Spagna

21

6

Italia

17

9

Lussemburgo

15

44

Portogallo

13

19

Irlanda

12

0

Regno Unito

12

7

Grecia

9

0

Situazione della raccolta differenziata e della termovalorizzazione in Europa (EU 15 – anno 2001).

Europa - dati nazionali (gestione rifiuti - anno 2001) RD Termovalorizzazione

70% 60% 50% 40% 30% 20%

cia

da

llo

nito

Gre

no U

Reg

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Ger

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Aus tr

0%

ia

10%

* Fonte: Eurostat, Energy, Transport and Enviranment Indicators, European Communities, 2004

emissioni di CO2 che l’Italia deve obbligatoriamente raggiungere, pena pesantissime sanzioni economiche, entro il 2012 in base alla Direttiva Europea di applicazione del Protocollo do Kjoto. Importanza dell’efficienza energetica del processo di termovalorizzazione Va considerato che l’efficienza energetica costituisce anche un importante fattore di protezione ambientale, sia perché consente il risparmio di risorse energetiche non

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rinnovabili (combustibili fossili), sia perché permette di evitare emissioni dagli impianti alimentati con altri combustibili per produrre la stessa quantità di energia netta. A questo riguardo, é necessario considerare correttamente l’ intero processo, includendo quindi eventuali pretrattamenti, trasporti di materiali, trattamento dei residui, ecc. e applicando le citate regole dell’LCA. In proposito, in coerenza con l’obiettivo di “sostenibilità”, una riflessione si impone anche sulla scelta di quando attuare o

meno la produzione di Combustibile Derivato dai Rifiuti (CDR). Infatti, in talune realtà, non solo il processo di recupero energetico basato sulla produzione di CDR può risultare meno efficiente a causa degli autoconsumi di energia e della perdita di alcune frazioni nella fase di selezione e produzione del CDR stesso, ma ne possono risultare materiali residui (es. il “sottovaglio” o il “sovvallo”), non adeguatamente trattati, da smaltire in discarica, con i conseguenti impatti ambientali, soprattutto a lungo termine. Va anche considerato che il “focus”, nel CDR, risulta la produzione di un “buon combustibile”, anziché l’ottimizzazione, a monte, del riciclaggio di materiali e la contestuale adozione di una soluzione impiantistica di recupero energetico che sia idonea a trattare, con la massima sicurezza ambientale ed efficienza, i rifiuti residuali non utilmente riciclabili, quale che sia la loro composizione. In altre parole, se la tecnologia di termovalorizzazione possiede un ampio margine di tolleranza (es. su potere calorifico e umidità) rispetto alla qualità e composizione dei rifiuti trattati, non risulterà posto alcun vincolo al perseguimento della migliore politica di RD e riciclaggio, non essendovi il rischio, spingendo al massimo il recupero di ogni frazione utile, di “impoverire” troppo i rifiuti residuali da assoggettare a combustione. Raccolta differenziata e termovalorizzazione: alleate o in competizione? Non raramente viene sollevata l’obiezione che la termovalorizzazione costituirebbe un ostacolo o un disincentivo alla raccolta differenziata e al riciclaggio. I dati reali, in Italia e in Europa, mostrano il contrario: dove più elevata è la termovalorizzazione, è mediamente più elevata anche la percentuale di RD (v. allegato B). Ma non è un caso; credo che il motivo risieda nel fatto che la termovalorizzazione ad alta tecnologia richiede un approccio evoluto e sofisticato al problema dei rifiuti, approccio che, naturalmente, comporta l’adozione di un Sistema Integrato, del quale il riciclaggio di materia è componente essenziale. Condizioni per la coerenza con la sostenibilità In sintesi, affinché il recupero energetico possa costituire uno strumento per la sostenibilità deve soddisfare le seguenti condizioni: eliminare la pericolosità dei rifiuti rispettare la priorità di prevenzione e riciclaggio i rifiuti non devono essere un combustibile indispensabile per l’impianto di pro-



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ALLEGATO B Area geografica Italia

Raccolta differenziata %

Termovalorizzazione %

NORD

33,5

20,5

CENTRO

17,1

6,8

SUD

7,7

2,6

Situazione della raccolta differenziata e della termovalorizzazione nelle aree geografiche italiane (anno 2003).

Italia - dati per macro aree 35%

Raccolta differenziata Termovalorizzazione

30% 25% 20% 15% 10% 0% NORD

CENTRO

SUD

*Fonte: Rapporto rifiuti APAT e ONR - anno 2004

duzione di energia, ma potenzialmente “di transizione” così che, al successo delle strategie prioritarie di prevenzione e riciclaggio utile, essi possano essere sostituibili con altri combustibili rinnovabili (biomasse), anche coltivate ad hoc. è fondamentale adottare strategie, processi e impianti ad alta efficienza energetica netta globale e quindi sono necessari una riflessione e approfondimenti, ad esempio, su: pretrattamenti,

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CDR, dimensione impianti, trasporti, tecnologie. NECESSITÀ DI PROMOZIONE E SOSTEGNO ALLA TERMOVALORIZZAZIONE La termovalorizzazione richiede investimenti molto elevati e comporta costi di gestione mediamente molto superiori a quelli della discarica.

D’altra parte, sono altrettanto rilevanti i vantaggi che ne derivano, sulla protezione dell’ambiente, sul risparmio di combustibili, sull’autonomia e sicurezza di approvvigionamento energetico, sull’occupazione di qualità (necessita un livello di qualificazione molto elevato del personale e vi è un rilevante “indotto” per le attività non solo di costruzione, ma anche di manutenzione, controlli, servizi). Se si intende sviluppare concretamente la termovalorizzazione, è pertanto indispensabile disporre di adeguate forme di incentivazione (certificati verdi e, naturalmente, esenzione da tassazione) rispetto alla discarica. Al riguardo, la soluzione adottata in Italia dei “certificati verdi” per l’energia prodotta dalla frazione “biodegradabile” (biomassa, pari al 50-60% del totale) dei rifiuti, nei primi 8 anni (più 4 anni in misura ridotta al 60% in base al Decreto 24.10.2005) di effettivo esercizio dell’impianto, anziché di una soluzione che preveda contributi in conto capitale (e quindi non in funzione degli effettivi risultati conseguiti nella gestione dell’impianto), appare sostanzialmente adeguata e coerente. È inoltre da osservare che anche la parte non biodegradabile assoggettata a recupero energetico, quali i residui di plastiche non utilmente riciclabili contenuti nei rifiuti, è costituita da materiali altrimenti destinati allo spreco in discarica. Semmai, ritengo, non si tratta tanto di discutere dell’opportunità o meno di incentivazione, opportunità che appare fuori discussione, quanto delle relative modalità applicative, che devono essere costantemente orientate a promuovere le soluzioni più coerenti ed efficienti, sia sul piano ambientale, sia sul piano economico (ad esempio andrebbe considerata l’energia recuperata al netto di tutti gli autoconsumi, ivi compresi quelli dei pretrattamenti).



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HERA: impianti di termovalorizzazione. Sala di telecontrollo.

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Impianti WTE

Capacità autorizzata (000/ton)

SVILUPPO FUTURO

Bologna (FEA)

STATO ATTUALE

I

l Gruppo HERA - Divisione Ambiente gestisce oltre 70 impianti di trattamento rifiuti con una capacità produttiva che nel 2007 supererà i 4,5 milioni di tonnellate/anno. HERA è oggi il maggior operatore italiano per quanto riguarda il numero di impianti di termovalorizzazione gestiti, con un totale di 7 termovalorizzatori di cui 6 per rifiuti non pericolosi e uno dedicato ai rifiuti speciali pericolosi. Attualmente la capacità complessiva di trattamento è di 663mila t/anno con una potenza elettrica installata di 58 MW ed una produzione annua di energia elettrica da fonti rinnovabili di circa 277GWh/anno. HERA ha in atto un piano di ampliamento e ammodernamento del proprio parco impiantistico che porterà, entro il 2009, la capacità di trattamento a quasi un milione di t/anno, e ad un incremento più che proporzionale sia della potenza installata che della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili che raggiungerà i 592 GWh/anno grazie all’utilizzo di sistemi ad elevato rendimento energetico. Fin dalla sua costituzione Hera, che nasce alla fine del 2002 dall’aggregazione delle diverse società territoriali, ha operato per efficientare la propria dotazione impiantistica attraverso la standardizzazione della componentistica e ricambistica e la codificazione e omogeneizzazione delle procedure operative e manutentive, al fine di ridurre i costi operativi e aumentare il recupero energetico dei propri impianti. Nello stesso tempo HERA ha operato un piano di certificazione ambientale secondo la norma ISO 14000 e di registrazione EMAS dei medesimi impianti al fine di assicurare un elevato standard prestazionale nella protezione dell’ambiente e la massima trasparenza nella divulgazione dei dati di processo e ambientali, arrivando a pubblicare su internet le concentrazioni degli inquinanti emessi ai camini. In questa ottica si inserisce la decisione aziendale di

Rimini Forlì

EMANUEL ZAMAGNI Responsabile Ufficio Progettazione, Realizzazione e Innovazione Divisione Ambiente - HERA

Potenza installata (MW)

Elect. Prod. Schema Regime (GWh) tariff.

Messa a Regime

210

22

140

CIP6/11

Operating

120+55

11+10

74+18

Green Cert.

2009

120

11

74

Green Cert.

2008

Modena

180+60

25

150

Green Cert.

2008

Ferrara

142+ris.

13+3

73+10

Green Cert.

2008

Ravenna

56

6

32

CIP6/09

Operating

Ravenna (Ev.Amb.)

40

4.2

21

CIP6/09

Operating

Totale impianti futuri

996

105

592

Bologna (FEA)

210

22

140

CIP6/11

Operating

Rimini

127

10

35

CIP6/09

Operating

Forlì

60

6

12

CIP6/09

Operating

Modena

120

7

30

-

Operating

Ferrara

50.

3

10

CIP6/09

Operating

Ravenna

56

6

32

CIP6/09

Operating

Ravenna (Ev.Amb.)

40

4.2

18

CIP6/09

Operating

Totale impianti attuali

663

58

277

Tabella 1.

procedere alla realizzazione di un sistema di monitoraggio e controllo centralizzato del proprio parco impiantistico. STORIA E FASI DEL PROGETTO Nel 2006 è stato eseguito uno studio di fattibilità a partire da una analisi dei sistemi di telecontrollo, già disponibili sul mercato, per arrivare alla realizzazione di un vero e proprio progetto che ha visto lo start-up agli inizi del 2007. Il progetto prevedeva sostanzialmente tre fasi fondamentali: Fase 1: monitoraggio centralizzato degli impianti; Fase 2: teleassistenza alla conduzione degli impianti; Fase 3: ottimizzazione diretta del processo con controllo remoto. La prima fase prevedeva la parte più

onerosa, in quanto comprendeva la realizzazione delle opere civili a servizio della sala di telecontrollo, la predisposizione di hardware e software per la gestione dei dati da campo, la messa in linea delle periferiche compresa la configurazione del sistema, l’installazione di Firewall di sicurezza e software di comunicazione (Server OPC) e l’installazione del Web Server per la pubblicazioni di dati on-line. Poiché alcuni impianti erano in fase di revamping, si decise di collegare per primi gli impianti non soggetti a operazioni di ampliamento o adeguamento e successivamente quelli interessati da interventi che prevedano l’adeguamento dei sistemi DCS e di controllo in generale. Nella figura 1 è riportata la planimetria con indicazione degli impianti del gruppo e la tempistica di collegamento che si concluderà entro il 2009. In questa prima fase l’o-


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biettivo da raggiungere (e in larga parte, ad oggi, raggiunto) è quello di arrivare ad un sistema stabile nella trasmissione ed elaborazione dei dati con rappresentazione mediante pagine grafiche del funzionamento degli impianti, creazione di un database organizzato dei dati di processo, esecuzione automatica di trend e report per i parametri chiave di conduzione, implementazione di un sistema di interrogazione del database centralizzato da parte di utenti selezionati (personale sala telecontrollo e capi impianto) tramite un portale intranet. In questo modo, si vuole rendere disponibile in un unico punto (sala telecontrollo) tutti i dati di processo in maniera tale da ottenere un monitoraggio completo di tutti gli impianti da personale terzo rispetto ai conduttori con l’obiettivo di individuare le migliori tecniche gestionali e codificarle in procedure ed istruzioni operative. La seconda fase (a partire dal 2008) prevede la formazione di una squadra composta da personale proveniente principalmente dalla conduzione che operi 24 ore su 24 in sala telecontrollo e fornisca teleassistenza ai conduttori dei diversi impianti, sia in fase di normale esercizio sia in casi di emergenza. Va sottolineato che, comunque, la conduzione e le decisioni sull’operatività rimangono in capo al responsabile di conduzione di ciascun impianto. La terza fase, da attuare in un futuro prossimo, prevede che, acquisita e consolidata la conoscenza dei processi, si operi un controllo remoto diretto sulle variabili manipolabili del sistema, riducendo il numero di personale di conduzione sull’impianto e limitando le funzioni degli stessi a supervisione locale e interventi di piccola manutenzione.

Figura 1.

SALA DI TELECONTROLLO E ARCHITETTURA DEL SISTEMA La sala di telecontrollo è stata realizzata presso l’impianto sito in Coriano (RN) secondo lo standard stabilito dal gruppo per tutte le sale di controllo dei diversi sistemi ed impianti. L’architettura del sistema è schematizzata nella figura 2. Il sistema è relativamente semplice, in quanto si basa sull’acquisizione dal campo dei segnali I/O sia digitali che analogici, opera la loro “traduzione” in linguaggio omogeneo (non va dimenticato che gli impianti esistenti sono stati realizzati con diversi componenti e non sempre parlano la stesso linguaggio) e trasmissione mediante protocolli di comunicazione industriale su rete intranet Hera. I segnali omogeneizzati confluiscono in un sistema di supervisione Scada. Gli operatori mediante un’interfaccia HMI (Human Machine Interface) possono interagire con il sistema e seguirne la sua evoluzione. In sinergia con l’acquisizione dei dati è stato sviluppato un modulo di indicizzazione e archiviazione dei dati con esposizione sia via web su apposito portale intranet dei flussi di energia e di materia con funzionalità reportistica per il management Hera, sia tramite tools con GUI (Graphic User interface) dedicate al controllo per i supervisori d’impianto. Nella figura 3 è riportato un esempio di una pagina principale dello Scada. IL MODULO SIMDET Il sistema è poi dotato di un modulo ulteriore, denominato SIMDET (Sistema Integrato di Modellistica Dispersione Emissioni da Termovalorizzatori), sviluppato direttamente da Hera, che rappresenta una assoluta novità in quanto permette di eseguire la valutazione dell’impatto atmosferico e delle ricadute al suolo degli

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inquinanti emessi dagli impianti di termovalorizzazione in tempo reale. In linea con la mission del Gruppo, che fa dello sviluppo sostenibile un punto fondante, HERA ha ritenuto fondamentale dedicare una funzione specifica della sala di telecontrollo alla valutazione degli effettivi impatti ambientali sul territorio, generati dalla gestione degli impianti di termovalorizzazione di proprietà. SIMDET permetterà di valutare in tempo reale l’impatto ambientale dei termovalorizzatori del gruppo HERA sul territorio circostante. Il sistema di Telecontrollo acquisisce i dati di emissione misurati in continuo dagli analizzatori presenti sui camini degli impianti di termovalorizzazione e, tramite un protocollo di comunicazione, li mette a disposizione di SIMDET. Contemporaneamente il modulo acquisisce in maniera indipendente i dati meteorologici in tempo reale dal Servizio Idrometeorologico regionale di ARPA (elaborati con modello predittivo) secondo uno schema e un formato predefinito; quindi elabora ad intervalli prestabiliti, mediante modelli matematici di diffusione inquinanti in atmosfera riconosciuti a livello internazionale (ISC3 e Calpuff), la dispersione degli inquinanti in real-time (anche in maniera predittiva) e genera mappe di isoconcentrazone degli inquinanti al suolo sovrapposte a cartografie e foto satellitari georeferenziate, consentendo di valutare in tempo reale (e anche previsionale) l’effettivo impatto delle emissioni degli impianti sul territorio. L’architettura del sistema del modulo SIMDET è rappresentata nella figura 4. Il sistema permette di rappresentare come output la previsione della dispersione degli inquinanti al suolo per l’ora successiva per i diversi impianti di termovalorizzazione. Questo è possibile in quanto il servizio meteo fornisce alle ore 24 di ogni giorno i dati meteorologici ora per ora delle ventiquattro ore successive sulla base del proprio modello meteorologico (CALMET). Poiché, oltre all’acquisizione ed elaborazione dei dati orari SIMDET genera anche automaticamente un database, è possibile interrogare il sistema facendo simulare l’impatto per un determinato inquinante, per un dato impianto in un periodo discreto (da un’ora fino a più anni) a seconda della richiesta dell’utente. Per quanto riguarda i modelli matematici utilizzati per la simulazione della dispersione degli inquinanti, prioritariamente è stato implementato il codice ISC3 ST, in quanto permette una rapida esecuzione e, comunque, garantisce un risultato assolutamente attendibile. In un secondo momento sarà implementato anche CALPUFF, in quanto ISC3 ST non è in grado di operare simulazioni quando la velocità del vento scende al di sotto di un determinato valore (tipicamente 0,5 – 1 m/s). Un esempio di

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IL RISCALDAMENTO URBANO

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WTE RN

WTE RA

WTE N-simo CLIENTE SEDE HERA 1

DATABASE IMPIANTI DISTRIBUITI SUL TERRITORIO

CLIENTE SEDE HERA N-simo

ACCESSO AI DATI DA RETE INTERNA HERA

RFTF HERA IN FIBRA OTTICA

Rete Pubblica (Accesso Internet)

CLIENTE SU RETE INTERNET

DB HERA Sala Telecontrollo

SALA CENTRALIZZATA TELECONTROLLO C/O WTERN Rete Locale Centro Supervisione

Monitor HD a parete Monitor HD a parete 12/50” 12/50”

DB Sistema SIMDET

Routine di interrogazione DB

Videoproiettore

CLIENTE SALA TLG

Web Server Google Earth/Map

SUITE Modelli simulazione ISC3-CALPUFF

Figura 2. DB ARPA SMR Meteo

SIMDET User Interface Browser

Output TIFF MAP

Figura 4.

Figura 3.

Figura 5.

output di SIMDET (in opzione real-time previsionale per l’ora in corso) è riportata nella figura 5. SVILUPPI NEL BREVE E MEDIO PERIODO Ad oggi, il progetto sta seguendo il suo programma prestabilito senza ritardi, la sala telecontrollo è pienamente operativa compreso il modulo SIMDET.

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Nel breve periodo saranno eseguiti i collegamenti con gli impianti nuovi o in revamping previsti in partenza nel 2008 e, contemporaneamente, si opererà per formalizzare istruzioni operative che consentiranno di ottenere saving economici e maggiore efficienza energetica. Su quest’ultimo punto sono già stati individuati alcuni punti di possibile miglioramento soprattutto nella riduzione dei tempi

di indisponibilità dei sistemi di generazione, ma anche nell’ottimizzazione della produzione combinata di energia elettrica e termica per quegli impianti asserviti a reti di teleriscaldamento. Nel medio periodo si procederà alla formazione di una squadra che si occuperà di teleassistenza e del monitoraggio e consuntivazione dei vantaggi economici generati dell’utilizzo delle migliori pratiche gestionali individuate.



DICEMBRE 2007

IL RISCALDAMENTO URBANO

AIRU, che cos’è L’Associazione, senza scopi di lucro, ha le finalità di promuovere e divulgare l’applicazione e l’innovazione dell’impiantistica energetica territoriale, nel settore dei sistemi di riscaldamento urbano e derivati. Le suddette finalità sono parte di un impegno complessivo per fornire il massimo contributo del settore alla qualità ambientale ed energetica del sistema Italia e dei suoi centri urbani. In particolare l’Associazione è impegnata, attraverso accordi nazionali, regionali e locali con le istituzioni e gli operatori interessati, a fornire il massimo contributo agli impegni italiani sottoscritti nei trattati internazionali relativi ai settori di interesse, tra cui il Protocollo di Kyoto per la riduzione dei gas serra. L’AIRU, nata per la cogenerazione ed il teleriscaldamento (con particolare attenzione a quello alimentato da fonti rinnovabili ed assimilate), estende ora il proprio interesse ad altri settori, quali il teleraffrescamento, ed in generale a tutti i vettori energetici, secondo un disegno interdisciplinare.

AIRU, che cosa fa Stabilisce rapporti di collaborazione fra gli operatori dell’impiantistica energetica territoriale italiani e si tiene in collegamento con le analoghe associazioni estere. Promuove ed organizza studi e ricerche ponendo a confronto le diverse esperienze, in collaborazione con organismi di interessi convergenti. Fa conoscere i risultati scientifici e tecnici conseguiti in Italia e all’estero nel campo dell’impiantistica energetica territoriale per il riscaldamento urbano. Istituisce la formazione di commissioni ad hoc operanti in segmenti operativi di proprio interesse, per l’approfondimento di problemi specifici nonché l’organizzazione e la promozione di iniziative proprie di quel segmento operativo.

AIRU, chi sono i soci I soci di AIRU sono gestori di sistemi di teleriscaldamento, industriali che hanno fatto investimenti specifici nelle tecnologie proprie dei sistemi di Riscaldamento Urbano, associazioni, università, Comuni, persone fisiche. L’AIRU è associata ad Euroheat & Power.

AIRU, chi si può iscrivere Possono essere soci collettivi gli enti, le associazioni, le società, gli istituti universitari, le imprese, ecc. sia italiane che estere, che abbiano interesse a perseguire gli obiettivi statutari dell’Associazione. Possono essere soci individuali coloro che, in Italia o all’estero, si interessino di impiantistica energetica territoriale e abbiano superato i 18 anni di età, di cittadinanza sia italiana che straniera.

Nota per i lettori Al fine di instaurare un rapporto di sempre maggiore e concreta collaborazione, Vi invitiamo cortesemente a compilare, in stampatello, il seguente questionario e di inviarlo via fax (02 45412120) alla Segreteria AIRU: Cognome e Nome ......................................................................... Qualifica ........................................................................................................ Società (Ragione Sociale)...................................................................................................................................................................................... Indirizzo ................................................................................... CAP...................... CITTÀ .................................................................................... Tel. .................................... Fax ............................... E-mail .................................................... Internet ................................................................ Desidero ricevere informazioni per l’abbonamento a “IL RISCALDAMENTO URBANO” Desidero ricevere informazioni per l’eventuale pubblicazione nei prossimi numeri di articoli originali o comunicati stampa Desidero rivecere informazioni per eventuali inserimenti pubblicitari Desidero rivecere informazioni per l’iscrizione come Associato AIRU Suggerimenti: .......................................................................................................................................................................................................... ................................................................................................................................................................................................................................. ................................................................................................................................................................................................................................. I dati forniti verranno trattati in modo lecito, secondo correttezza e in conformità alla Legge 675/96 sulla tutela della privacy; saranno inoltre registrati, organizzati e conservati in archivi e utilizzati per l’invio di proposte commerciali e promozionali e potranno essere rettificati o cancellati su richiesta degli interessati.

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