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Supplemento a SM Italia n.4 luglio e agosto 2010

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> Riservato agli operatori socio-sanitari


PER DONARE IL TUO 5X1000 ALLA FONDAZIONE ITALIANA SCLEROSI MULTIPLA, FIRMA NEL RIQUARDO “FINANZIAMENTO DELLA RICERCA SCIENTIFICA E DELLA UNIVERSITÀ” E INSERISCI IL NOSTRO CODICE FISCALE: 95051730109 NUMERO VERDE: 800 094 464 WWW.AISM.IT


L’editoriale

Supplemento a SM Italia n.4 luglio e agosto 2010

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Nel 2008 l’Associazione Italiana Sclerosi Multipla pubblica il primo numero di SMéquipe, spazio di discussione sui temi della interdisciplinarietà nella sclerosi multipla aperto a tutte le tipologie di operatori sanitari e sociali impegnati nelle équipe per la SM. La rivista infatti nasce come evoluzione del semestrale SM Speciale Medici che era indirizzato ai neurologi e ai fisiatri, per ampliare il confronto nell’ambito della ricerca scientifica e del management dellasclerosi multipla. Il primo numero portava in sommario la trattazione esaustiva di una situazione fra le più frequenti, SM e spasticità, un sintomo da affrontare con l’azione coordinata di professionisti di diverse discipline. La rivista ha poi ospitato in due anni alcune realtà modello italiane di gestione interdisciplinare della SM; gli interventi di professionisti esterni all’équipe per l’inquadramento di situazioni meno consuete, spesso da trattare con un approccio complessivo al problema. È stato il caso del medico vascolare, dell’ortopedico, del colonproctologo e dello pneumologo. A questo si è sempre accompagnata l’illustrazione dei temi della ricerca, nazionale e internazionale, gli esiti dei grandi appuntamenti della comunità scientifica, la diffusione delle notizie sulle nuove frontiere della riabilitazione. Per noi l’informazione verso i professionisti della SM è la chiave che consente alla persona con sclerosi multipla di avere accesso a un’équipe qualificata e per tale motivo vorremmo conoscere meglio i no-

stri lettori, cosa cercano, cosa trovano e cosa si aspettano dalla rivista. Il mio invito è a partecipare compilando il questionario che trovate in queste pagine e indirizzarci così a migliorare la qualità della nostra informazione. In questo numero presentiamo per la prima volta una nostra realtà, il Centro Diurno AISM di Padova, modello socio-assistenziale per la sperimentazione di percorsi verso l’autonomia della persona con SM e della sua integrazione nella vita sociale al di là della rete familiare. Il tema dell’autonomia, della qualità di vita, dell’indipendenza della persona è centrale nell’agire dell’Associazione che promuove ogni approccio teso a raggiungere questo obiettivo. Un altro modo di raggiungere l’obiettivo passa attraverso la valutazione e la riabilitazione dei deficit cognitivi, che colpiscono in maniera grave una percentuale ridotta di persone, ma che si manifestano di frequente in lieve entità con piccoli deficit di memoria, di velocità di processazione delle informazioni, di attenzione. Il foniatra inquadra invece in un articolo i disturbi della comunicazione. Nelle pagine della ricerca, trovate una sessione dedicata alle principali domande che le persone con SM rivolgono su la CCSVI e SM, con un aggiornamento sul programma di ricerca intrapreso dalle Associazioni canadese, statunitense e da AISM per validare i dati preliminari dello studio del professor Zamboni.

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> Riservato agli operatori socio-sanitari

32 pagine dedicate a tutte le professionalità che sono parte attiva nella cura della persona con SM: SMéquipe è l'espressione dell'importanza che l'AISM dà all'équipe interdisciplinare, un modello che si è già dimostrato vincente. Il neurologo, il fisiatra, il fisioterapista, il terapista occupazionale, l'infermiere, il logopedista, lo psicologo e l'assistente sociale, più tanti altri che - all'occorrenza - svelano un ruolo cruciale. Un gruppo variegato messo dall'AISM intorno a un tavolo per riuscire a vedere ogni caso nella giusta ottica: quella che, tenendo la persona al centro, costruisce un mondo senza sclerosi multipla. In copertina: © tipsimagesimages/louis castaneda

L’autunno che ci aspetta sarà denso di eventi, con grandi appuntamenti internazionali e italiani. Vi invitiamo a leggere il programma degli eventi congressuali e formativi che alla ripresa dell’attività riguardano tutti gli operatori impegnati nella SM. Buona lettura Mario Alberto Battaglia Fondazione Italiana Sclerosi Multipla Presidente

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Il colophon

Il sommario

SMéquipe Direttore responsabile Mario Alberto Battaglia Coordinamento editoriale Antonella Moretti (direttore operativo AISM) Maria Laura Lopes (direttore sanitario Centro Riabilitativo Ligure) Redazione Silvia Lombardo (coordinatore) Manuela Capelli (segreteria di redazione) Valentina Questa (segreteria di redazione) Comitato di redazione Antonella Borgese (assistente sociale) Francesca De Spirito (comunicazione sociale) Roberta Litta (psicologo) Michele Messmer Uccelli (servizi socio sanitari) Roberta Motta (segretario SISM) Monica Pagliai (fisiatra) Grazia Rocca (neurologo) Paola Zaratin (ricerca scientifica) Hanno collaborato a questo numero Cristina Bazzan, Alessandro Bernardini Manuela Capelli, Eleonora del Cima Guido Francavilla, Lara Fornaro Maria Grazia Grasso, Roberta Guglielmino Giovanna Konrad, Roberta Litta Silvia Lombardo, Laura Lopes Enrica Marcenaro, Giovanni Martino Manuela Percario, Sara Pirchi Valentina Questa, Grazia Rocca Elio Troisi

Nuovi approcci

Sotto la lente

Per migliorare

© tipsimages/photononstop

Insieme

Progetto grafico Michela Tozzini Progetto editoriale Silvia Lombardo

La ricerca

Pubblicità Redazione AISM Tel 010 27131 - Fax 010 2713205 Numero Verde 800-803028 numeroverde@aism.it

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© tipsimages/luigino visconti


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A Padova la qualità di vita si lega all’autonomia della persona Sono parte attiva del cambiamento gli utenti del Centro Diurno AISM, un modello di eccellenza, d’innovazione e buone prassi per rispondere ai bisogni assistenziali delle persone con SM

Supplemento a SM Italia 4/2010 Direzione e redazione: Sede Nazionale AISM Via Operai 40, 16149 Genova Tel. 010 27131 - Fax 010 2713205 redazione@aism.it Fotocomposizione e stampa: GMT Graphic Media Technology Via Chighizola 34B R, 16147 Genova

Sclerosi multipla e disturbi cognitivi

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I deficit gravi riguardano una bassa percentuale di persone con sclerosi multipla, mentre sono più comuni problemi di lieve entità. Focus sulla valutazione delle funzioni cognitive, che deve tenere conto della specificità della SM, e sulla terapia con la riabilitazione cognitiva

Uno spazio di discussione su interdisciplinarietà, buone prassi, alleanze strategiche: cosa ne pensate?

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© Edizioni AISM ISSN 1129-8642 Associazione Italiana Sclerosi Multipla ONLUS Organizzazione non lucrativa di utilità sociale Ric. Pers. Giur. DPR 897 - 22/9/81 Sede Legale: Piazza Giovine Italia, 7 00195 Roma Presidente Onorario: Rita Levi Montalcini

A due anni di distanza dal primo numero di SMéquipe, la redazione pubblica i risultati di un’indagine preliminare presso gli operatori e diffonde un questionario di gradimento su più vasta scala

Presidente Nazionale: Agostino D’Ercole Chiuso in tipografia luglio 2010

22-25 Il foniatra, specialista nei disturbi della comunicazione umana, della deglutizione e degli apprendimenti L’intervento inquadra disturbi quali la disfagia, la disfonia e la disartia, spesso sottovalutati tanto dalla persona con SM quanto dagli operatori stessi, e individua gli obiettivi della riabilitazione Comunicazione aumentativa alternativa (CAA)

Terapie orali: i risultati degli studi di fase III su cladribina e fingolimod

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Potrebbero ridurre il tasso di ricaduta e rallentare la progressione della malattia

Riabilitazione, la strategia vincente per i disturbi urinari CCSVI e sclerosi multipla, come prepararsi per rispondere alle domande dei pazienti

Copie stampate e interamente diffuse 38.800 Il contenuto degli articoli firmati è di piena responsabilità degli autori. I siti web segnalati sono visionati dalla Redazione prima della stampa. L’AISM declina ogni responsabilità su successivi cambiamenti. Manoscritti, disegni, fotografie anche se non pubblicati, non si restituiscono. Associato all’Unione Italiana Stampa Periodica Si ringrazia tips images per la concessione gratuita delle immagini www.tipsimages.com

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© tipsimages/alberto rossi

Appuntamenti per operatori

Il corso è rivolto a: infermieri

I prossimi appuntamenti 26TH CONGRESS OF THE EUROPEAN COMMITTEE FOR TREATMENT AND RESEARCH IN MULTIPLE SCLEROSIS (ECTRIMS) 15th Annual Conference of Rehabilitation in MS (RIMS) Göteborg, 13-16 ottobre 2010 www.ectrims.eu

6° Convegno SISM Società Infermieri Sclerosi Multipla Milano, StarHotel Rosa Grand, 27 - 28 novembre 2010 Per informazioni e iscrizioni: SM Italia S. Cons. A R.L. Tel 010/2713233-252 - Fax 010/2713269 - manuela.percario@aism.it Consultare il sito AISM www.aism.it nella sezione dedicata agli operatori. Sarà richiesto l’accreditamento ECM per infermieri Nel corso dell’Assemblea dei Soci è prevista l’elezione del Consiglio Direttivo 2010-2013. I Soci in regola con il pagamento della quota d’iscrizione 2010 interessati a presentare la propria candidatura possono inviare entro il 25 settembre la richiesta corredata di qualifica, breve CV e foto a manuela.percario@aism.it, oppure per posta: Società Infermieri Sclerosi Multipla - Via Operai 40 - 16149 Genova Programma preliminare SABATO 27 NOVEMBRE Benvenuto e apertura dei lavori C. Fodaro, Presidente SISM

DOMENICA 28 NOVEMBRE III SESSIONE Aggiornamento sulla ricerca scientifica • I nuovi agenti terapeutici nella SM M. Rovaris (MI) I SESSIONE • Le cellule staminali La professione dell’infermiere A. Uccelli (GE) e gli strumenti di lavoro nella SM • Il ruolo dei fattori ambientali e genetici • Il codice deontologico dell’infermiere nel rischio per la SM: recenti acquisizioni L. Sasso (GE) M. Pugliatti (SS) • Evoluzione degli strumenti infermieristici • L’insufficienza venosa cerebro-spinale P. C. Motta (BS) cronica (CCSVI) nella SM • La cartella infermieristica A. Bertolotto (TO) S. Preto (VE), F. Rossi (VR)

COMUNICAZIONI ORALI II SESSIONE L’équipe interdisciplinare e l’infermiere: come, quando e perché L’infermiere e… • il logopedista – S. Mazzarino (GE) • il terapista occupazionale – R. Verza (PD) • lo psicologo – M. Giuntoli (GE) • il fisioterapista – S. Rinaldi (GE)

IV SESSIONE Aggiornamento sulle attività AISM • M. Messmer Uccelli (GE) • Questionario di verifica dell’apprendimento e conclusioni

ASSEMBLEA GENERALE SISM

Per ulteriori informazioni: aism@aism.it

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XLI CONGRESSO SOCIETÀ ITALIANA DI NEUROLOGIA Catania, 23-27 ottobre 2010 www.neuro.it

Formazione AISM per operatori La gestione dei disturbi della comunicazione nella SM e nella SLA Genova, 1 - 2 ottobre Accreditamento ECM: per medici (neurologi, fisiatri, foniatri), logopedisti La relazione operatore - utente in un servizio riabilitativo Padova, 6 - 7 novembre ECM: per fisioterapisti, infermieri, logopedisti, medici (fisiatri, neurologi), psicologi, terapisti occupazionali La gestione dei disturbi cognitivi e comportamentali nella SM Genova, 20 - 21 novembre e Padova, 11 - 12 dicembre ECM: per fisioterapisti, infermieri, logopedisti, medici (fisiatri, neurologi), psicologi, terapisti occupazionali Idrochinesiterapia Genova, 18 - 19 dicembre ECM: per fisioterapisti

Per informazioni e iscrizioni: SM Italia S. Cons. a r.l. Tel 010/2713411 - Fax 010/2713269 paola.dinale@aism.it consultare www.aism.it nella sezione dedicata agli operatori


Nuovi approcci

Incrementare l’autonomia della persona per migliorare la qualità di vita Al Centro Diurno AISM di Padova, un modello di eccellenza, d’innovazione e buone prassi per rispondere ai bisogni assistenziali delle persone con SM. Qui la persona è sempre parte attiva del cambiamento Cristina Bazzan, Lara Fornaro, Giovanni Martino*

autodeterminazione della persona con SM, ma anche nell’ottica di alleggerire il carico assistenziale in capo alla rete familiare della persona.

© tipsimages/bildagentur

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l Centro Diurno AISM di Padova è una realtà modello, un centro di innovazione e buone prassi, dove convivono e interagiscono tre diverse realtà: un Servizio di Riabilitazione, un Centro Diurno (entrambi accreditati) e la Sezione provinciale di Padova che svolge le attività statutarie dell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla attraverso la forza del volontariato. L’interazione tra queste realtà permette di dare una risposta interessante ai bisogni della persona con sclerosi multipla, grazie all’apporto concomitante della professionalità degli operatori sanitari e socio assistenziali, uniti all’entusiasmo del volontariato. Nel Centro Diurno AISM di Padova la per-

sona con disabilità è presa in carico da un’équipe multi professionale (che è composta da educatori, operatori socio sanitari, dal coordinatore del Centro e dal suo responsabile Qualità); talvolta, se necessario, l’équipe può includere operatori sanitari del Servizio di Riabilitazione: il fisiatra, il foniatra, lo psicologo, il fisioterapista, il logopedista, il terapista occupazionale, l’infermiere e l’assistente sociale. Questo Centro rappresenta per l’Associazione Italiana Sclerosi Multipla un modello organizzativo di riferimento dei propri Centri Diurni ove si sperimentano approcci innovativi sia di presa in carico, sia gestionali, per rispondere non solo ai bisogni di socializzazione, inclusione e

Il sistema qualità e l’elaborazione dei Progetti Individuali In quanto accreditato, il Centro Diurno, è dotato dei parametri e dei documenti di qualità come prescritto dalla normativa italiana in materia. La sua prima caratteristica innovativa è relativa alla filosofia sottostante l’elaborazione del suddetto sistema qualità, che risponde non solo a scopi burocratici o di garanzia, ma che è inteso come strumento utile e fondamentale nella definizione di percorsi metodologici che favoriscano tanto l’implementazione dei Progetti Individuali (PI), tanto l’identificazione delle buone prassi. Tutte le attività del Centro Diurno, dalle più semplici alle più elaborate, sono ideate, pianificate, realizzate e monitorate sulla base del raggiungimento dell’obiettivo finale del Progetto Individuale. La valutazione di efficacia del PI viene effettuata tramite un sistema di indicatori di raggiungimento degli obiettivi, stabiliti al momento della definizione degli obiettivi specifici, regolarmente monitorati. Il numero di obiettivi specifici raggiunti sulla base di ipotesi predeterminate rappresenta un significativo indicatore di efficacia del Progetto Individuale,

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Nuovi approcci L’autonomia personale si realizza anche al di fuori del Centro Diurno, integrandosi con il territorio. Ad esempio con l’organizzazione di mostre l’arte

Per quale ragione educare gli adulti? Quale educazione agli adulti? Sono domande che svelano alcune delle perplessità di chi si affaccia al nostro servizio socio-assistenziale dedicato agli adulti che, meravigliato, scopre la presenza della figura dell’educatore. È palese che tali quesiti celino una nota provocatoria da parte di chi li pone, eppure le medesime domande rappresentano un assioma per noi educatori che operiamo sul campo. Infatti, riflettere su “cosa chiede” la persona e “quali bisogni e volontà” esprime, rappresenta il nocciolo sostanziale ed il punto di partenza per gettare le basi necessarie per una “relazione sana” tra operatore sociale e utente.

per determinare il quale non ci si accontenta del grado di soddisfazione espresso, ma si utilizza un sistema di misurazione di efficacia. Funzionale al raggiungimento dell’obiettivo finale del PI, risulta essere il piano operativo, “il chi fa cosa”, inteso come l’atto finale di un percorso specifico, motivo di confronto con ogni persona o soggetto interessato, e non semplicemente una calendarizzazione di ogni attività giornaliera. L’attenzione all’autodeterminazione delle persone con SM si esprime in modo costante, al fine di assicurare alla persona con sclerosi multipla la piena autonomia decisionale in tutti gli aspetti della vita quotidiana. Tutte le attività svolte nel Centro Diurno sono decise individualmente dagli utenti e non scelte da un elenco preconfezionato dagli operatori. Ciò favorisce il rafforzamento dell’autonomia della persona con SM al fine di renderla il più possibile “regista” della propria vita. Incremento dell’autonomia della persona: l’integrazione con il territorio e la valorizzazione delle abilità Nel Centro Diurno AISM di Padova si svolgono attività funzionali a raggiungere gli obiettivi di miglioramento della qualità della vita di ogni singola persona con SM nel rispetto degli obiettivi del PI. Ed è sempre in una logica di incremento

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dell’autonomia personale – scopo ultimo di ogni intervento socio assistenziale nel Centro Diurno – che le attività “escono” dalle mura del Centro Diurno stesso in un’ottica di integrazione con il territorio, per favorire l’inclusione sociale degli utenti (ad esempio, con l’organizzazione di mostre che comprendono tanto lavori degli utenti quanto opere di altre persone). Un’altra caratteristica del Centro Diurno di Padova è la valorizzazione delle abilità individuali di ciascuna persona; spesso chi arriva al Centro Diurno porta con sé una storia di “svalutazione” delle proprie abilità residue, maturata molte volte nella vita sociale, dove è più facile individuare le “disabilità” piuttosto che registrare le abilità. Nel Centro Diurno si lavora quindi nell’ottica di incrementare la consapevolezza delle proprie abilità, per poi renderle visibili innanzitutto ai familiari e ai caregiver. Ad esempio la persona viene portata ad esprimere le sue particolari abilità nel costruire un oggetto; successivamente, la stessa persona coinvolgerà propri famigliari nel processo: da “diabile” ad abilitato a istruire gli altri. L’esperienza dell’arteterapia Un aspetto innovativo volto anche a favorire l’ascolto del non detto delle persone che frequentano il Centro è l’esperienza dell’arteterapia. Nel Centro Diurno, l’arteterapia, oltre ad


Nuovi approcci L’arteterapia, un canale espressivo e comunicativo alternativo, è anche un momento di osservazione per la gestione dei gruppi di discussione condotti dall’educatore essere un percorso in grado di offrire alle persone coinvolte un canale espressivo e comunicativo alternativo, si configura come un momento di osservazione fondamentale per la gestione dei gruppi di discussione condotti e gestiti dall’educatore. I gruppi di discussione rappresentano il luogo e il momento in cui le persone con SM possono confrontarsi reciprocamente, condividendo idee ed esprimendo il proprio sentire. Lavorare sia con singole persone sia con un gruppo rende possibile l’interscambio tra le due diverse figure professionali (arteterapeuta e educatrice) facendo sì che gli incontri di arteterapia diventino uno strumento in grado di facilitare le persone con SM a esprimere sentimenti, emozioni, paure, risorse inconsce, spesso risultato di difficile espressione verbale o non esplicitate proprio perché non accettate. Il momento del gruppo di discussione diventa poi un’occasione per

condividere il sentire emerso o riscoprirlo. In questo modo può essere interiorizzato e accettato. In conclusione, il Centro Diurno AISM di Padova è il luogo dove fare cose semplici ma significative indirizzate a sollecitare le risorse interiori presenti nelle persone e promuovere contesti nei quali consentire l’esercizio di competenze creative e originali sul piano delle relazioni sociali: in questo modo si favorisce la modulazione di cambiamenti evolutivi, sempre concordati con la persona, orientati all’empowerment personale. é

Una terza domanda coinvolge il ruolo dell’educatore: “Ma cosa fa un educatore?” . Tale figura professionale potrebbe essere definita come “agente di trasformazione”; colui che assieme alla persona trasforma le domande e le richieste d’aiuto in “progetti d’esistenza”, al fine di attuare quel processo di cambiamento necessario alla promozione della Qualità della Vita (QdV) della persona stessa. In quest’ultima definizione appare evidente un principio fondamentale, ovvero, la persona come parte attiva del cambiamento.

* gli autori: Cristina Bazzan (Arte-terapista Centro Diurno Socio Assistenziale AISM Padova) Lara Fornaro (Educatrice Centro Diurno Socio Assistenziale AISM Padova) Giovanni Martino (Coordinatore Nazionale Centri Socio-Assistenziali AISM)

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Sotto la lente

Disturbi cognitivi nella SM: valutazione, diagnosi e terapia Memoria, velocità di processazione delle informazioni e apprendimento visivo sono le funzionalità maggiormente compromesse, ma l’intelligenza rimane intatta. E la riabilitazione permette di migliorare il livello di autonomia della persona Maria Grazia Grasso, Elio Troisi*

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disturbi cognitivi sono comuni nella Sclerosi Multipla (SM) e possono spesso influenzare la qualità della vita[1,2]. La stima media della frequenza del disturbo varia dal 30 al 70%; tali deficit possono essere presenti sin dall’inizio, o presentarsi nelle fasi tardive della malattia[3]. Circa nel 20% dei pazienti si riscontrano mediamente gravi deficit cognitivi[4], da cui derivano maggiori difficoltà sia nell’ambito lavorativo, sia nei contatti sociali, sia nella sfera sessuale e nelle attività di vita quotidiana[3]. I disturbi neuropsicologici tipici della SM consistono in deficit dell’attenzione, dell’efficienza e velocità della processazione delle informazioni, così come delle funzioni esecutive e della memoria a lungo termine. La velocità di processazione, l’apprendimento visivo e la memoria sembrano le sfere maggiormente colpite[5]. Meno frequentemente riscontrabili sono invece i disturbi visuo-spaziali e verbali. Dalla maggior parte degli studi emerge che “l’intelligenza” rimane intatta; qualche studio ha comunque evidenziato lievi, ma significative, riduzioni[6]. Gli studi di correlazione tra i deficit cognitivi e le variabili cliniche hanno ad oggi riportato risultati non univoci. Da alcuni studi emerge, anche se in maniera non costante, che i deficit cognitivi percentualmente sono più frequenti nei

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pazienti che presentano forme progressive rispetto a quelli con forme remittenti. Al contrario non sono state mostrate correlazioni con il grado di disabilità e la durata di malattia. Un recente studio longitudinale[7] ha tuttavia evidenziato, dopo un follow-up a 10 anni nella stessa popolazione di pazienti SM, un incremento della presenza di disturbi cognitivi dal 26 al 56%. Nello stesso studio, si evidenziano una stretta correlazione tra la gravità del deficit cognitivo e il grado di disabilità fisica, il decorso progressivo della malattia e l’età più avanzata. Risulta che le limitazioni nel lavoro e nelle attività sociali sono fortemente correlate alla presenza del deficit cognitivo ma in maniera indipendente dal grado di disabilità fisica. Valutazione e diagnosi Data la loro rilevanza, risulta essere importanti e necessarie un’accurata valutazione e una precisa diagnosi dei disturbi cognitivi. Sia nella pratica clinica sia in merito alla ricerca sono stati utilizzati vari test neuropsicologici, volti a identificare i deficit comunemente riscontrati in SM, che hanno incontrato diverse difficoltà sia metodologiche che legate alla patologia stessa. Appare quindi necessario disegnare una batteria che includa test specifici per i singoli domini cognitivi, indipendenti dalle abilità di coordinazione motoria o

da quelle visuo-spaziali, e sensibile alle variazioni cognitive. È evidente che, vista l’estrema variabilità interindividuale delle persone con SM, ogni strumento valutativo neuropsicologico sia validato con dati normativi possibilmente standardizzati. Negli anni sono state raccomandate varie batterie; talvolta hanno privilegiato la brevità e la facilità di somministrazione dei test, a scapito dell’appropriatezza, non riuscendo così a identificare accuratamente i deficit. A tal fine una conferenza internazionale di esperti in SM ha individuato una batteria di test cognitivi per la valutazione minima delle funzioni cognitive, identificando quindi una linea guida raccomandata sia nella pratica clinica che nella ricerca. La batteria è composta da sette test che valutano: fluenza verbale, abilità visuo-spaziale, memoria verbale, velocità di processazione, memoria di lavoro e funzioni esecutive. Si è rilevata sensibile ai profili cognitivi caratteristici delle persone con SM[8]. Nella letteratura è possibile identificare quali sono le prove sinora maggiormente utilizzate nella pratica clinica e in ricerca nella valutazione di specifici deficit cognitivi nei pazienti con SM. Per quanto riguarda alcune componenti dell’attenzione, quali l’allerta per esempio, si scelgono test che valutano la capacità di rispondere velocemente a uno stimolo discreto in assenza di segnali o


Sotto la lente Secondo alcuni studi, anche se in modo non costante, i deficit cognitivi sono più frequenti nei pazienti con forme di SM progressive rispetto a quelli con forme remittenti © tipsimages/imagestate

stimoli distrattori (Tempi di Reazione Semplici). L’attenzione sostenuta (o vigilanza) viene rilevata invece mediante test che indagano la capacità di mantenere un certo livello di prestazione per tempi prolungati anche in attività lunghe e ripetitive. Una batteria computerizzata che comprende la misurazione dell’allerta e della vigilanza è la TEA (Test per l’Esame dell’Attenzione di Zimmermann). Anche l’attenzione selettiva e quella divisa vengono comunemente valutate. L’attenzione selettiva, intesa come capacità di rispondere a stimoli target inibendo le risposte agli stimoli non rilevanti, cioè di rilevare le risposte corrette senza commettere risposte false, è l’aspetto attentivo che ha avuto più importanza da parte della neuropsicologia. I test utilizzati prevedono proprio la cancellazione di stimoli rilevanti in mezzo a stimoli di distrazione dello stesso tipo dei target, o che differiscono dal target per alcune caratteristiche fisiche (Test di Stroop)[9]. L’attenzione divisa è invece quella capacità di prestare attenzione a più stimoli in contemporanea, provenienti da canali sensoriali anche diversi (sia pure non necessariamente diversi). Il PASAT (Paced Auditory Serial Addition Task) è tra i test più comunemente utilizzati per misurare l’attenzione divisa[10]. La memoria è l’altro ambito esplorato

nella valutazione neuropsicologica, componente tra le più comunemente danneggiate nei pazienti con SM. La memoria di lavoro, funzione che permette di mantenere l’informazione attiva per il tempo necessario a compiere una certa attività, si misura tipicamente con gli span di memoria al contrario. Anche la memoria episodica e quella semantica a lungo termine presentano deficit dovuti a una difficoltà nell’accedere alle informazioni. La memoria episodica verbale anterograda viene misurata utilizzando prove quali la ripetizione di racconti, oppure tramite l’apprendimento di coppie di parole associate; sulla memoria retrograda si indaga tramite questionari in cui viene richiesto di rispondere a domande che riguardano eventi pubblici passati, riferiti al periodo di vita del soggetto in esame. La memoria semantica viene rilevata con la richiesta di informazioni relative alle conoscenze enciclopediche e informazionali. Con funzioni esecutive si intendono una serie di processi correlati che riguardano la pianificazione, il problem solving, l’iniziativa, l’inibizione delle risposte, l’automonitoraggio, l’astrazione, la flessibilità cognitiva, la stima; per il loro buon funzionamento, le funzioni esecutive necessitano di una relativa buona conservazione di altre abilità come la memoria e l’attenzione. Le abilità di pianificazione possono essere misurate con prove che ri-

chiedono di progettare preventivamente. Un esempio di prova di pianificazione è il test della Torre di Londra[11]. Le prove tradizionalmente utilizzate per misurare la flessibilità sono il test di Stroop che richiede flessibilità mentale e cognitiva per inibire le risposte automatizzate in favore di quelle non automatiche. Gli studi di neuroimmagine sono diventati elementi chiave per una corretta diagnosi e un precoce riconoscimento prognostico di alcuni marker del deficit cognitivo; la Risonanza Magnetica (RM) convenzionale rappresenta lo strumento più utilizzato tanto nella pratica clinica quanto in ambito di ricerca. Alcuni studi hanno rilevato che i pazienti con maggior carico lesionale alla RM sviluppano maggiori alterazioni cognitive rispetto a quelli con minor carico. È stato inoltre evidenziato che la misura dell’atrofia cerebrale sembra essere l’elemento più sensibile nella correlazione con lo stato cognitivo. In particolare, la grandezza del terzo ventricolo e l’atrofia sottocorticale sono le alterazioni di più stretta correlazione con i deficit cognitivi[12]. In base alla presenza di atrofia della sostanza grigia o della sostanza bianca, sembra che si possano evidenziare deficit cognitivi specifici. Studi di immagine con follow-up a lunga scadenza hanno mostrato che il peggioramento delle funzioni cognitive è direttamente proporzionale all’aumento dell’atrofia

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Sotto la lente Per la valutazione minima delle funzioni cognitive si testano: fluenza verbale, abilità visuo-spaziale, memoria verbale, velocità di processazione, memoria di lavoro e funzioni esecutive cerebrale e che la progressione dell’atrofia cerebrale nelle fasi iniziali della malattia può essere un importante fattore predittivo di deficit cognitivi nei 5 anni successivi[13]. Oltre alla RM morfologica convenzionale, negli ultimi anni si sono sviluppate ricerche che hanno utilizzato la metodica di RM funzionale (fRM) nella valutazione di aspetti cognitivi quali la memoria di lavoro, l’attenzione e le funzioni esecutive. In linea generale, da questi studi emergono due importanti risultati riguardo all’attività cerebrale: nelle fasi iniziali e di media entità dei disturbi, è stato riscontrato un incremento dell’attivazione di aree addizionali strettamente connesse ai processi alterati, che probabilmente indicano una plasticità neuronale ancora in grado di creare meccanismi compensatori; nelle forme più gravi invece, si sono osservati minori fenomeni di attivazione di aree cerebrali supplementari, segno di una maggiore incapacità di attivare tali meccanismi compensatori. Da uno studio su pazienti con SM con deficit medi e gravi delle funzioni attentive, con fMR prima e dopo un training specifico per l’attenzione selettiva, mediante l’uso di un software riabilitativo della durata di 4 settimane, è stato dimostrato un incremento dell’attivazione delle aree addizionali (circuito fronto-

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cingolo-parietale), strettamente connesse ai processi attentivi[14]. Trattamento: l’approccio farmacologico e quello riabilitativo Da un punto di vista farmacologico, nel trattamento dei disturbi cognitivi l’interferone si è mostrato in grado di ridurre la progressione della malattia e lo sviluppo di deficit cognitivo, ma non di migliorare i disturbi già presenti nel paziente. Oltre all’utilizzo delle terapie modificanti il decorso della malattia alcuni studi hanno valutato l’efficacia degli inibitori dell’acetilcolinesterasi (donepezil, rivastigmina, galantamina), nei pazienti SM con deficit cognitivi, evidenziando, seppur con risultati contraddittori, un miglioramento della performance cognitiva. La riabilitazione cognitiva rappresenta quindi, da un punto di vista clinico, una tra le armi più valide a contrastare tali disturbi. L’obiettivo principale della riabilitazione cognitiva è infatti migliorare il livello di autonomia della persona con SM, aiutandola a riconoscere i propri limiti. Il trattamento può mirare a un alle-

namento per migliorare l’efficienza di una funzione (trattamento di tipo restitutivo) oppure a un addestramento utile ad adottare strategie di compenso (trattamento di tipo sostitutivo). Le due tecniche possono anche combinarsi tra loro in base alle caratteristiche dei deficit presenti nella persona. In tabella sono mostrati alcuni esempi di trattamento in base al tipo di deficit da trattare (Figura 1-2). In vari studi effettuati si propongono sostanzialmente tre tipi di esercizi: • esercizi computerizzati; • esercizi carta e matita; • esercizi con indirizzo più ecologico che sanno sfruttare le attività quotidiane del paziente. Queste tipologie di esercizi non si escludono l’un l’altra: anzi, nell’arco della seduta, è sempre opportuno integrare queste attività, permettendo al paziente di monitorare l’andamento delle sue prestazioni. La seduta di terapia prevede, in genere, uno spazio per esercizi computerizzati: l’uso di un PC permette di regolare con esattezza il numero e la velocità di presentazione degli stimoli, graduando co-


Sotto la lente Attenzione sostenuta Richiesta: mettere in ordine alfabetico le seguenti parole

sì il livello di difficoltà del compito. In genere, i programmi disponibili consentono di fornire un feed-back visivo o uditivo degli errori, che permette al paziente di monitorare l’esercizio. Al termine delle sessioni di lavoro poi è possibile elaborare sia i tempi di risposta sia gli errori compiuti dal paziente (omissioni, false risposte, anticipazioni). In particolare per l’allerta, componente intensiva dell’attenzione, sono stati elaborati una serie di programmi computerizzati atti alla sua riabilitazione. Tra i vari strumenti proposti, l’AIXTENT[15] è impostato per allenare specificamente: • attenzione sostenuta: al paziente viene mostrato un nastro trasportatore su cui scorrono vari oggetti fra cui deve saper individuare quelli danneggiati. Il compito è monotono e il soggetto deve mantenere l’attenzione per tempi variabili (da 10 a 25 minuti). • allerta: il soggetto vede un veicolo che percorre una strada su cui vengono posti degli ostacoli; bloccarlo prima dell’impatto. • attenzione selettiva: il paziente deve colpire, premendo il tasto del mouse, dei target che gli vengono presentati con velocità variabile, inseriti all’interno di un numero variabile di distrattori a secondo dei livelli. • attenzione divisa: viene simulata una cabina di pilotaggio di un aereo. Se gli studi condotti sui risultati dei trai-

Bassa difficoltà: dente libro matita giornale orso pettine radio telefono fede arancio vento buca nave cestino dattero elmo finestra imbuto

Alta difficoltà: baco bricco banana benda borsa bidone befana bacio bidello bottino bestia battagli bufera bisonte blu brivido balena buccia

Media difficoltà: cavallo coniglio albero buca mulino notaio radio finestra fede arancio dentista sedia casa cestino dattero elmo semaforo natale

Figura 1 e 2: alcuni esempi di esercizi utilizzati durante la riabilitazione cognitiva Figura 1:

Attenzione selettiva Richiesta: cancellare tutti i numeri 3 (totale 15). La ricerca deve essere effettuata orizzontalmente 7 7 6 4 6 5 0 1 6 1 8 1 5 6 6 4

6 9 9 7 8 8 8 5 8 2 3 7 4 8 8 4

6 3 2 7 2 8 0 7 8 7 7 2 2 9 9 7

0 4 4 6 5 6 0 6 0 8 6 6 7 2 0 7

5 6 7 8 0 0 1 0 2 4 9 8 8 0 7 9

4 6 9 0 0 2 4 2 9 7 0 0 9 1 7 3

8 8 1 2 7 7 0 8 4 2 6 6 2 5 4 0

6 4 0 6 8 0 9 9 1 7 7 7 2 8 1 2

9 2 4 9 6 1 3 4 8 6 8 2 7 6 5 2

7 9 0 7 1 8 8 7 8 9 2 7 0 4 8 8

0 2 8 5 4 0 5 0 9 2 2 3 2 8 8 9

8 1 3 4 2 6 9 1 3 0 0 7 6 7 7 1

4 9 7 2 7 4 7 8 6 1 2 0 1 2 1 5

1 7 1 1 8 2 1 9 2 2 8 6 8 9 4 8

7 5 9 6 2 3 2 0 6 6 8 7 4 6 7 0

1 6 6 3 9 7 0 4 7 8 5 1 8 0 3 9

Figura 2:

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Sotto la lente La riabilitazione cognitiva agisce sul livello di autonomia della persona con SM. Il trattamento può migliorare l’efficienza di una funzione o allenare ad adottare strategie di compenso ning per l’attenzione (come quelli sopra descritti) sono incoraggianti, anche un approccio mirato a rendere il paziente più consapevole delle proprie difficoltà, fornendogli strumenti utili a gestirle, ha dato buoni risultati. Queste metodologie sono state finora proposte a pazienti cerebrolesi, spesso traumatizzati cranici, e in letteratura c’è ben poco a proposito della loro efficacia sui pazienti con sclerosi multipla. Uno di questi metodi può essere il Time Pressure Management (TPM)[16] che suggerisce di abituare i pazienti a riconoscere, all’interno delle varie attività che devono svolgere, tre livelli: operazionale, tattico e strategico. Il livello operazionale è quello in cui si devono prendere sul momento delle decisioni riguardo a come agire, quindi è sicuramente un livello con alta pressione temporale. Nel livello tattico si scompongono le azioni nei passi che permettono di eseguire il compito. Infine, il livello strategico prevede la programmazione preventiva di un piano di azione ed è, di conseguenza, quello con minor pressione temporale. Allenare i pazienti a cercare di organizzare le proprie attività giornaliere in modo da passare il più possibile ai livelli tattico e strategico, diminuisce la pressione temporale e permette loro di gestire meglio le azioni controllando le proprie difficoltà attentive.

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Questo programma è assimilabile al Goal Management Training (GMT)[17], che prevede l’apprendimento, da parte dei pazienti, di cinque domande che li aiutino a monitorare lo svolgimento delle proprie attività: “cosa sto facendo?”, “quale obiettivo sto cercando di raggiungere?”, “quali tappe sono necessarie?”, “ho deciso le tappe da seguire?”, “sto seguendo il programma che avevo prefissato?”. I pazienti si allenano all’utilizzo di questi programmi (TPM, GMT) proponendo loro attività quotidiane, aiutandoli a individuare gli obiettivi, pianificare i passi necessari alla loro concretizzazione, monitorare l’azione e verificarne l’esecuzione. È comunque sempre di assoluta importanza, inserire il trattamento cognitivo all’interno di una riabilitazione interdisciplinare in cui la persona con SM sia presa in carico dall’equipe (fisiatra, neurologo, neuropsicologo, fisioterapista, logopedista, terapista cognitivo, infermiere, assistente sociale). L’équipe, do-

po avere analizzato le comuni attività quotidiane della persona deve suggerire quali siano i comportamenti e le strategie per gestire un problema, ricercando il coinvolgimento dei suoi familiari per creare “situazioni ambientali protette”. Compito dell’équipe sarà inoltre monitorare con test neuropsicologici il deficit della persona e pianificare, di volta in volta, trattamenti personalizzati, con obiettivi a breve termine. Per quanto riguarda l’efficacia di tale trattamento riabilitativo, gli studi sono ancora pochi e in fase iniziale. Al momento non sono presenti in letteratura dati univoci di evidenza sull’efficacia di tale trattamento. L’affidabilità degli studi è limitata oltre che da grossolane differenze metodologiche, anche dalla necessità di effettuare in adeguate popolazioni, trial randomizzati, controllati e con placebo. Negli ultimi tempi, comunque si è andato sempre più delineando l’idea che al di là dell’efficacia dimostrata dai pazienti nei test neuropsicologici, il trattamento cognitivo sia in grado di


Sotto la lente

Gli esercizi di riabilitazione cognitiva proposti sfruttano le attività quotidiane della persona con SM

migliorare alcuni aspetti della vita della persona con SM. Questi dati obbligano i ricercatori a introdurre nella valutazione di efficacia anche altre misure, quali appunto quelle specifiche sulla qualità della vita. Alcuni risultati, ancora poco chiari, ottenuti sul comportamento funzionale del cervello durante il trattamento cognitivo, indicano che un precoce allenamen-

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to può favorire l’innescarsi di precoci meccanismi di compenso. Questi dati sono una ulteriore conferma, anche in presenza di una non anco-

ra ben definita efficacia del trattamento cognitivo, della necessità di trattare la malattia in modo globale il più precocemente possibile. é

* gli autori: Maria Grazia Grasso (Neurologo) Elio Troisi (Neurologo) Fondazione Santa Lucia, Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, Unità Operativa “E” Sezione Sclerosi Multipla, Roma)

Bibliografia 1 Zakzanis KK. Distinct neurocognitive profiles in multiple sclerosis subtypes. Arch Clin Neuropsychol. 2000 Feb;15(2):115-36. 2 Kraus JA, Schütze C, Brokate B, Kröger B, Schwendemann G, Hildebrandt H. Discriminant analysis of the cognitive performance profile of MS patients differentiates their clinical course. J Neurol. 2005 Jul;252(7):808-13. 3 Rao SM, Leo GJ, Bernardin L, Unverzagt F. Cognitive dysfunction in multiple sclerosis. I. Frequency, patterns, and prediction. Neurology. 1991 May;41(5):685-91. 4 Cobble ND, Bontke CF, Brandstater ME, Horn LJ. Rehabilitation in brain disorders. Intervention strategies. Arch Phys Med Rehabil. 1991 Mar;72(4-S):S324-31. Review. 5 Chiaravalloti ND, DeLuca J, Moore NB, Ricker JH. Treating learning impairments improves memory performance in multiple sclerosis: a randomized clinical trial.Mult Scler. 2005 Feb;11(1):58-68.

6 Amato MP, Ponziani G, Pracucci G, Bracco L, Siracusa G, Amaducci L. Cognitive impairment in early-onset multiple sclerosis. Pattern, predictors, and impact on everyday life in a 4year follow-up. Arch Neurol. 1995 Feb;52(2):168-72. 7 Amato MP, Ponziani G, Amaducci L. Cognitive impairment in multiple sclerosis: a longitudinal study. Electroencephalogr Clin Neurophysiol Suppl 1999; 50: 465-8 8 Benedict RH, Cookfair D, Gavett R, Gunther M, Munschauer F, Garg N, Weinstock-Guttman B. Validity of the minimal assessment of cognitive function in multiple sclerosis (MACFIMS). J Int Neuropsychol Soc. 2006 Jul;12(4):549-58. 9 Barbarotto R, Laiacona M, Frosio R, Vecchio M, Farinato A, Capitani E. A normative study on visual reaction times and two Stroop colour-word tests. Ital J Neurol Sci. 1998 Jun;19(3):161-70. 10 Gronwall D, Wrightson P. Memory and

information processing capacity after closed head injury. J Neurol Neurosurg Psychiatry. 1981 Oct;44(10):889-95. 11 Owen AM, Downes JJ, Sahakian BJ, Polkey CE, Robbins TW. Planning and spatial working memory following frontal lobe lesions in man. Neuropsychologia. 1990;28(10):1021-34. 12 Tiemann L, Penner IK, Haupts M, Schlegel U, Calabrese P.Cognitive decline in multiple sclerosis: impact of topographic lesion distribution on differential cognitive deficit patterns. Mult Scler. 2009 Oct;15(10):1164-74. 13 Summers M, Swanton J, Fernando K, Dalton C, Miller DH, Cipolotti L, Ron MA. Cognitive impairment in multiple sclerosis can be predicted by imaging early in the disease. J Neurol Neurosurg Psychiatry. 2008 Aug;79(8):955-8. Epub 2008 Mar 13. 14 Penner IK, Kappos L, Rausch M, Opwis K, Radü EW. Therapy-induced plasticity of cognitive functions in MS patients:

insights from fMRI. J Physiol Paris. 2006 Jun;99(4-6):455-62. Epub 2006 May 19. Review. 15 Sturm W, Longoni F, Weis S, Specht K, Herzog H, Vohn R, Thimm M, Willmes K. Functional reorganisation in patients with right hemisphere stroke after training of alertness: a longitudinal PET and fMRI study in eight cases. Neuropsychologia. 2004;42(4):434-50. 16 Winkens I, Van Heugten CM, Wade DT, Fasotti L. Training patients in Time Pressure Management, a cognitive strategy for mental slowness. Clin Rehabil. 2009 Jan;23(1):79-90. 17 Levine B, Robertson IH, Clare L, Carter G, Hong J, Wilson BA, Duncan J, Stuss DT. Rehabilitation of executive functioning: an experimental-clinical validation of goal management training. J Int Neuropsychol Soc. 2000 Mar;6(3):299-312.

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Per migliorare

Obiettivo: qualità dell’informazione per gli operatori SMéquipe pubblica un questionario per conoscere il gradimento della rivista presso i propri lettori e rende noti i risultati di un’indagine svolta nel 2009 su un campione rappresentativo dell’équipe interdisciplinare

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L

’Associazione Italiana Sclerosi Multipla, l’unica organizzazione che interviene a 360 gradi sulla SM nel nostro Paese, ha tra i propri obiettivi quello di divulgare un’informazione indipendente e completa presso gli operatori sanitari e sociali e stimolare il confronto fra specialisti di diverse discipline impegnati nella gestione della SM, nell’interesse delle persone con sclerosi multipla ad avere accesso a personale qualificato. Interdisciplinarietà, diffusione del sapere, buone prassi, alleanze strategiche – fra operatori e con le persone con SM – sono i concetti ripresi e sviluppati in questo spazio di discussione che è la rivista SMéquipe nella quale, a due anni di distanza dal primo numero, hanno trovato spazio gli interventi di professionisti di diverse discipline di questo settore, parte integrante dell’Associazione, siano essi personale interno ai propri Centri riabilitativi, sia professionisti che operano in

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rete con i servizi AISM. La rivista si rivolge, infatti, agli operatori sanitari e sociali che operano nelle équipe per la sclerosi multipla, neurologi, fisiatri, infermieri, psicologi, assistenti sociali, terapisti della riabilitazione, ma anche ai direttori sanitari delle ASL, per raggiungere un indirizzario di oltre 16.000 nominativi. Ad ogni uscita, ogni categoria di operatori può trovare l’analisi di aspetti sociali oltre che sanitari della SM (rubrica “Nuovi approcci”), un focus su uno specifico tema sotto il punto di vista di diverse professionalità (“Sotto la lente”), aggiornamenti sulla ricerca scientifica e riabilitativa e sui progetti dell’Associazione, e un confronto allargato ad altre figure professionali che possono entrare a far parte dell’équipe per la valutazione clinica di casi specifici (“Insieme”). Nel 2009 la redazione invia con lettera personalizzata un questionario a un campione

rappresentativo della tipologia di lettori, per conoscere il livello di gradimento della rivista e raccogliere opinioni e suggerimenti. All’indagine rispondono neurologi e ricercatori FISM (23%), fisioterapisti (23%), fisiatri (15%), psicologi (15%) e terapisti occupazionali, infermieri e assistenti sociali (ogni tipologia rappresenta l’8%). Il 62% degli intervistati ritiene che la suddivisione delle rubriche esprima bene l’approccio al lavoro di équipe e il 38% pensa che l’apporto di ogni categoria di operatori sia ben equilibrato (per nessun viene posta troppa enfasi a singole figure professionali a scapito dell’équipe). In merito all’utilità della rivista per la propria professione, il campione si divide esattamente a metà tra chi ritiene che gli argomenti siano tutti utili per il proprio lavoro in équipe e chi li ritiene mediamente utili. L’85% valuta SMéquipe come uno strumento interessante di informazione sui temi delle sclerosi multipla e un 15% intravede margini di miglioramento. C’è unanimità nel ritenere il linguaggio della rivista adeguato e l’impostazione grafica gradevole e leggibile. Con il questionario veicolato in questo numero (alle pagine che seguono) la redazione vuole approfondire e allargare l’indagine a tutti i lettori di SMéquipe, per monitorare come si sta raggiungendo l’obiettivo di un’informazione efficace e conoscere meglio il proprio pubblico. é

a cura di: Valentina Questa (redazione AISM)


Per migliorare

Questionario per i lettori: Cosa vogliamo dalla nostra rivista? SMéquipe nasce nel 2008 con l’obiettivo di diffondere e affermare l’interdisciplinarietà presso le équipe per la sclerosi multipla e creare alleanze strategiche fra gli operatori sanitari e sociali. Oggi vorremmo conoscere le opinioni e le aspettative dei nostri lettori. Basteranno pochi minuti del suo tempo per compilare il questionario in forma anonima e aiutarci a migliorare la qualità della nostra informazione.

Riceve regolarmente SMéquipe? [ ] SÌ

[ ] NO

Legge la rivista? [ ] SÌ, INTERAMENTE

[ ] SÌ, SOLO ALCUNI ARTICOLI

[ ] RARAMENTE

[ ] MAI

Nel caso non legga mai o raramente la rivista, potrebbe indicarne i motivi [ ] PERCHÉ NON UTILE AI FINI DELLA MIA PROFESSIONE [ ] PER MANCANZA DI TEMPO [ ] ALTRO: –––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– Quali rubriche di SMéquipe trova di maggiore interesse? [ ] L’EDITORIALE [ ] NUOVI APPROCCI, ASPETTI SOCIALI OLTRE CHE SANITARI DELLA SCLEROSI MULTIPLA [ ] SOTTO LA LENTE, FOCUS SU UNO SPECIFICO TEMA AFFRONTATO DALLE DIVERSE PROFESSIONALITÀ DELL’ÉQUIPE [ ] PER MIGLIORARE, I PROGETTI DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA SCLEROSI MULTIPLA PER GLI OPERATORI [ ] INSIEME, L’INTERVENTO DI UNA PROFESSIONALITÀ ESTERNA ALL’ÉQUIPE [ ] LA RICERCA, IN AMBITO CLINICO E RIABILITATIVO Argomenti e temi di cui la rivista SMéquipe dovrebbe maggiormente occuparsi [ ] APPROFONDIMENTI SU RICERCA SCIENTIFICA [ ] BEST PRACTICE SU APPROCCIO INTERDISCIPLINARE, ESPERIENZE DI CENTRI CLINICI SM [ ] RIFERIMENTI EDITORIALI (ON LINE E OFF LINE) IN TEMA DI SCLEROSI MULTIPLA [ ] APPROFONDIMENTI LEGISLATIVI [ ] ALTRO: –––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– Esprima un giudizio rispetto alle seguenti caratteristiche dell’informazione della rivista (1 = per nulla soddisfatto; 4= completamente soddisfatto): 1

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CHIAREZZA ESPOSITIVA

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INTERDISCIPLINARIETÀ

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Ritagliare o fotocopiare e compilare. Potrà spedire il questionario in busta chiusa a Redazione SMéquipe, via Operai 40 - 16149 Genova, o trasmetterlo via fax al numero 010 2713205. Il questionario è compilabile anche on line su www.aism.it, nella sezione dedicata agli operatori.

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Per migliorare

La lettura di SMéquipe è utile per la sua professione (1 = per nulla; 4= completamente soddisfatto)? 1

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Quali sono le sue usuali fonti di informazione sulla SM (ricerca scientifica, approccio terapeutico, terapie)? [ ] RIVISTE SCIENTIFICHE (INDICARE QUALI) ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– [ ] INTERNET ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– [ ] ALTRO ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– Quanti anni ha? [ ] 18-24

[ ] 25-44

[ ] 45-60

[ ] OLTRE 60

SESSO: [ F ] [ M ]

CITTÀ: ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––

PROFESSIONE: ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– TITOLO DI STUDIO: –––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– Rispetto alla sua settimana lavorativa, quanto tempo dedica a pazienti con SM? ORE: –––––––––––– Svolge la sua attività in una struttura: [ ] PUBBLICA [ ] ACCREDITATA/CONVENZIONATA [ ] PRIVATA In regime di: [ ] LIBERO PROFESSIONISTA [ ] DIPENDENTE DELLA STRUTTURA

Grazie per la sua cortese collaborazione!

SMéquipe è spedita gratuitamente in abbonamento postale. Se desidera ricevere la rivista invii i suoi dati a: redazione@aism.it.

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Non è un lettore mp3, però è tutta un’altra musica RebiSmart™ è molto più di quello che sembra

Depositato presso AIFA in data 25 maggio 2010

Smart Thinking

RebiSmart™ è l’autoiniettore per Rebif® cartucce multidose, da 22 e 44 mcg per il trattamento della Sclerosi Multipla. Rebismart, grazie al menu interattivo, guida il paziente nell’esecuzione dell’iniezione, dandogli maggior autonomia. RebiSmart™ permette di personalizzare i parametri di iniezione e di impostare lo schema posologico per il primo mese di terapia, per una miglior tachifilassi. RebiSmart™ registra data e dose di interferone beta-1a somministrato, aiutando a monitorare l’aderenza alla terapia e permettendo di effettuare il download dello storico delle iniezioni sul PC, favorendo un maggior dialogo con il paziente.

RebiSmart™ è molto più di quello che sembra. Per saperne di più chiama il numero verde 800 44.44.22 o vai su www.rebinfo.it


1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE Rebif 44 microgrammi/0,5 ml soluzione iniettabile in cartuccia 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA Ogni cartuccia pre-riempita contiene 132 microgrammi (36 MUI*) di interferone beta-1a** in 1,5 ml di soluzione, corrispondenti a 88 microgrammi/ml. * Milioni di Unità Internazionali, misurati con saggio biologico dell’effetto citopatico (CPE) contro uno standard interno di IFN beta-1a, a sua volta calibrato contro il vigente standard internazionale NIH (GB-23-902-531). ** prodotto tramite cellule ovariche di criceto cinese (CHO-K1) con la tecnica del DNA ricombinante. Eccipiente: 7,5 mg di alcool benzilico. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA Soluzione iniettabile in cartuccia. Soluzione da limpida ad opalescente, con pH da 3,7 a 4,1 e osmolalità da 250 a 450 mOsm/l. 4. INFORMAZIONI CLINICHE 4.1 Indicazioni terapeutiche Rebif è indicato nel trattamento della sclerosi multipla con recidive. Negli studi clinici, ciò veniva caratterizzato da due o più esacerbazioni nei due anni precedenti (vedere paragrafo 5.1). Non è stata dimostrata l’efficacia nei pazienti con sclerosi multipla secondaria progressiva in assenza di esacerbazioni (vedere paragrafo 5.1). 4.2 Posologia e modo di somministrazione Il trattamento dovrà essere iniziato sotto la supervisione di un medico esperto nel trattamento della malattia. La posologia consigliata di Rebif è di 44 microgrammi tre volte a settimana per iniezione sottocutanea. Una dose inferiore, di 22 microgrammi, sempre tre volte a settimana per iniezione sottocutanea, è consigliabile per i pazienti che non tollerano il dosaggio più elevato, secondo il parere del medico. Quando si inizia per la prima volta il trattamento con Rebif, la dose va aumentata gradualmente, per permettere lo sviluppo della tachifilassi e quindi una riduzione delle reazioni avverse. La confezione iniziale di Rebif corrisponde alla dose necessaria al paziente per il primo mese di trattamento. Modo di somministrazione Rebif soluzione iniettabile in cartuccia multidose è indicato per l’uso multidose e va usato solo con il dispositivo autoiniettore RebiSmart, dopo aver fornito istruzioni adeguate al paziente e/o a chi lo assiste. Per la somministrazione, si devono seguire le istruzioni fornite nel foglio illustrativo e nel manuale d’istruzioni fornito assieme al dispositivo autoiniettore RebiSmart. Prima di effettuare l’iniezione e 24 ore dopo ogni iniezione si consiglia di somministrare un analgesico antipiretico per attenuare i sintomi simil-influenzali associati alla somministrazione di Rebif. Al momento non è noto per quanto tempo i pazienti devono essere trattati. La sicurezza e l’efficacia di Rebif non sono state dimostrate oltre 4 anni di trattamento. Si raccomanda di monitorare i pazienti almeno ogni 2 anni nei primi 4 anni di trattamento con Rebif, e la decisione di proseguire con una terapia a lungo termine sarà presa dal medico in base alla situazione di ogni singolo paziente. Uso pediatrico Non sono stati condotti studi clinici o di farmacocinetica su bambini o adolescenti. Tuttavia i pochi dati pubblicati suggeriscono che il profilo di sicurezza del medicinale in adolescenti fra 12 e 16 anni di età che ricevono Rebif 22 microgrammi tre volte alla settimana per iniezione sottocutanea, è simile a quello osservato in pazienti adulti. Le informazioni sull’uso di Rebif in bambini al di sotto dei 12 anni di età sono molto limitate e perciò Rebif non deve essere usato in questa popolazione. 4.3 Controindicazioni Inizio del trattamento in gravidanza (vedere paragrafo 4.6). Ipersensibilità all’interferone beta naturale o ricombinante, o ad uno qualsiasi degli eccipienti. Depressione grave e/o ideazioni suicide (vedere paragrafi 4.4 e 4.8). 4.4 Avvertenze speciali e precauzioni d’impiego I pazienti devono essere informati sulle più frequenti reazioni avverse associate alla somministrazione di interferone beta, inclusi i sintomi della sindrome simil-influenzale (vedere paragrafo 4.8). Questi sintomi sono più evidenti all’inizio della terapia e diminuiscono in frequenza e gravità con il proseguire del trattamento. Rebif deve essere somministrato con cautela ai pazienti con disturbi depressivi pregressi o in corso ed in particolare a quelli con precedenti ideazioni suicide (vedere paragrafo 4.3). E’ noto che depressione e ideazioni suicide sono presenti con maggior frequenza nella popolazione dei malati di sclerosi multipla ed in associazione con l’uso dell’interferone. I pazienti in trattamento con Rebif devono essere avvisati di riferire immediatamente al loro medico l’eventuale comparsa di sintomi depressivi o ideazioni suicide. I pazienti affetti da depressione devono essere tenuti sotto stretto controllo medico durante la terapia con Rebif e trattati in modo appropriato. La sospensione della terapia con Rebif deve essere presa in considerazione (vedere paragrafi 4.3 e 4.8). Rebif deve essere somministrato con cautela ai pazienti con una storia di epilessia, a quelli in trattamento con farmaci anti-epilettici ed in particolare se la loro epilessia non è adeguatamente controllata dagli anti-epilettici (vedere paragrafi 4.5 e 4.8). I pazienti con malattia cardiaca, quale angina, scompenso cardiaco congestizio o aritmie, devono essere tenuti sotto stretto controllo per osservare eventuali peggioramenti delle loro condizioni cliniche durante l’inizio della terapia con interferone beta-1a. I sintomi della sindrome simil-influenzale associati alla terapia con interferone beta-1a possono essere fonte di stress nei pazienti con problemi cardiaci. Sono stati descritti casi di necrosi sul sito di iniezione (NSI) in pazienti in terapia con Rebif (vedere paragrafo 4.8). Per ridurre al minimo il rischio di necrosi sul sito di iniezione i pazienti devono essere informati: di usare tecniche di iniezione asettiche, di variare il sito di iniezione ad ogni dose. Le procedure per l’auto-somministrazione devono essere periodicamente riesaminate soprattutto se si sono verificate reazioni nel sito di iniezione. Se il paziente presenta un qualsiasi tipo di lesione cutanea, accompagnata da edema o essudazione dal sito di iniezione, il paziente deve essere avvisato di consultare il proprio medico prima di continuare le iniezioni di Rebif. Se i pazienti presentano lesioni multiple, Rebif deve essere interrotto fino alla completa cicatrizzazione delle lesioni. I pazienti con lesioni singole possono continuare la terapia se la necrosi non è troppo estesa. In studi clinici con Rebif aumenti asintomatici dei livelli delle transaminasi epatiche (in particolare alanina-aminotransferasi (ALT)) sono stati frequenti e una percentuale pari al 1-3% dei pazienti ha sviluppato incrementi delle transaminasi epatiche alti più di 5 volte il limite superiore della norma. In assenza di sintomi clinici, i livelli sierici di ALT devono essere monitorati prima dell’inizio della terapia e a 1, 3 e 6 mesi dall’inizio della terapia, e in seguito, controllati periodicamente. Una riduzione della dose di Rebif deve essere presa in considerazione nel caso i livelli di ALT siano alti più di 5 volte il limite superiore della norma e la dose deve essere gradualmente riaumentata quando i livelli enzimatici si normalizzano. Rebif deve essere somministrato con cautela nei pazienti con anamnesi di patologie epatiche significative o evidenza clinica di patologia epatica in forma attiva o abuso di alcool o incremento dei livelli di ALT (>2,5 volte i limiti superiori della norma). Il trattamento con Rebif deve essere interrotto in caso di comparsa

di ittero o altri sintomi clinici di disfunzione epatica (vedere paragrafo 4.8). Rebif, come altri interferoni beta, può causare danni epatici gravi (vedere paragrafo 4.8), tra cui l’insufficienza epatica acuta. Non è noto il meccanismo d’azione dei rari casi di disfunzione epatica sintomatica. Non sono stati identificati specifici fattori di rischio. All’impiego di interferoni sono associate alterazioni degli esami di laboratorio. L’incidenza globale di queste alterazioni è leggermente più alta con Rebif 44 microgrammi che con Rebif 22 microgrammi. Pertanto, oltre ai test di laboratorio normalmente richiesti per monitorare i pazienti con la sclerosi multipla, si raccomanda di eseguire il monitoraggio degli enzimi epatici, e la conta leucocitaria con formula e la conta delle piastrine ad intervalli regolari (1,3 e 6 mesi) dopo l’inizio della terapia con Rebif e in seguito periodicamente anche in assenza di sintomi clinici. Questi controlli devono essere più frequenti quando si inizia la terapia con Rebif 44 microgrammi. I pazienti in trattamento con Rebif, possono occasionalmente sviluppare alterazioni alla tiroide o peggioramento di alterazioni preesistenti. Un test di funzionalità tiroidea deve essere effettuato al basale e, se alterato, ripetuto ogni 6-12 mesi dall’inizio del trattamento. Se i valori sono normali al basale, non è necessario un esame di controllo che deve invece essere effettuato qualora si manifesti una sintomatologia clinica di disfunzione tiroidea (vedere paragrafo 4.8). Cautela e stretta sorveglianza devono essere adottate nella somministrazione dell’interferone beta-1a a pazienti con grave insufficienza renale ed epatica e a pazienti con grave mielosoppressione. Possono svilupparsi anticorpi neutralizzanti anti-interferone beta-1a. L’esatta incidenza di tali anticorpi non è ancora definita. I dati clinici suggeriscono che tra i 24 e 48 mesi di trattamento con Rebif 44 microgrammi, circa il 13 – 14% dei pazienti sviluppa anticorpi sierici persistenti contro l’interferone beta-1a. E’ stato dimostrato che la presenza di anticorpi attenua la risposta farmacodinamica all’interferone beta1a (Beta-2 microglobulina e neopterina). Sebbene l’importanza clinica della comparsa degli anticorpi non sia stata completamente chiarita, lo sviluppo di anticorpi neutralizzanti si associa ad una riduzione dell’efficacia su parametri clinici e di risonanza magnetica. Qualora un paziente dimostri una scarsa risposta alla terapia con Rebif ed abbia sviluppato anticorpi neutralizzanti, il medico rivaluterà il rapporto beneficio/rischio per proseguire o meno il trattamento con Rebif. L’uso di vari metodi per la determinazione degli anticorpi sierici e le diverse definizioni di positività degli anticorpi limitano la possibilità di confrontare l’antigenicità tra prodotti differenti. Solo scarsi dati di sicurezza ed efficacia sono disponibili nei pazienti, non in grado di deambulare, affetti da sclerosi multipla. Rebif non è stato sperimentato su pazienti con sclerosi multipla progressiva primaria e non deve essere usato su questi pazienti. Questo medicinale contiene 2,5 mg di alcool benzilico per ogni dose di 0,5 ml. Non deve essere somministrato a prematuri o neonati. Può causare reazioni tossiche e anafilattoidi nei lattanti e nei bambini di età inferiore a 3 anni. 4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme d’interazione Non sono stati effettuati studi di interazione con interferone beta-1a nell’uomo. È noto che gli interferoni riducono l’attività degli enzimi dipendenti dal citocromo epatico P450 nell’uomo e negli animali. Occorre prestare attenzione quando si somministra Rebif in associazione ad altri farmaci con stretto indice terapeutico e in larga misura dipendenti per la loro eliminazione dal sistema epatico del citocromo P450, quali antiepilettici ed alcune classi di antidepressivi. Non è stata studiata in maniera sistematica l’interazione di Rebif con corticosteroidi o con l’ormone adrenocorticotropico (ACTH). Studi clinici indicano che i pazienti con sclerosi multipla possono essere trattati con Rebif e corticosteroidi o ACTH durante le riacutizzazioni. 4.6 Gravidanza e allattamento Sull’uso di Rebif in gravidanza, sono disponibili informazioni limitate. I dati disponibili indicano che si potrebbe verificare un aumento del rischio di aborto spontaneo. Pertanto l’inizio del trattamento in gravidanza è controindicato (vedere paragrafo 4.3). Le donne in età fertile devono adottare opportune misure contraccettive. Le pazienti in trattamento con Rebif che iniziano una gravidanza o che hanno desiderio di avere figli devono essere informate sui rischi potenziali e sulla possibilità di interrompere il trattamento (vedere paragrafo 5.3). Nelle pazienti che, prima dell’inizio del trattamento, presentano un elevato tasso di ricadute, deve essere valutata, in caso di gravidanza, la decisione di interrompere il trattamento con Rebif, rischiando una grave ricaduta o di proseguire il trattamento con Rebif, aumentando il rischio di aborto spontaneo. Non è noto se Rebif venga escreto nel latte materno. Tenuto conto del potenziale rischio di gravi effetti collaterali nei lattanti, è necessario decidere se interrompere l’allattamento o la terapia con Rebif. 4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari Eventi avversi a livello del sistema nervoso centrale associati all’uso dell’interferone beta (per esempio capogiri), possono alterare la capacità del paziente di guidare veicoli o di usare macchinari (vedere paragrafo 4.8). 4.8 Effetti indesiderati La più alta incidenza di reazioni avverse associate al trattamento con Rebif è correlata alla sindrome simil-influenzale. I sintomi simil-influenzali tendono ad essere maggiori all’inizio del trattamento e a diminuire di frequenza con il proseguimento del trattamento. Durante i primi 6 mesi di trattamento con Rebif il 70% circa dei pazienti potrebbe manifestare i sintomi della sindrome simil-influenzale caratteristica dell’interferone. Nel 30% circa dei pazienti si osservano anche reazioni nel sito di iniezione, quali lievi infiammazioni o eritema. Sono frequenti aumenti asintomatici dei parametri di funzionalità epatica e riduzioni della conta leucocitaria (WBC). La maggior parte delle reazioni avverse osservate durante il trattamento con l’interferone beta-1a sono lievi e reversibili, e rispondono bene a riduzioni del dosaggio. Nel caso di effetti indesiderati gravi o persistenti, a discrezione del medico, la dose di Rebif può essere temporaneamente ridotta o sospesa. Le reazioni avverse riportate di seguito sono classificate in base alla loro frequenza:

All’interno di ciascuna classe di frequenza, gli effetti indesiderati sono riportati in ordine decrescente di gravità. I dati sono stati estrapolati dai diversi studi clinici nella sclerosi multipla (placebo = 824 pazienti; Rebif 22 microgrammi tre volte alla settimana = 398 pazienti; Rebif 44 microgrammi tre volte alla settimana = 727 pazienti) e mostrano la frequenza delle reazioni avverse osservate a 6 mesi (in eccesso rispetto al gruppo trattato con placebo). Le reazioni avverse sono elencate di seguito in base alla loro frequenza e al sistema di classificazione organi medDRA


Classificazione per sistemi e organi Infezioni e infestazioni

Molto comuni

Patologie del sistema emolinfopoietico

Neutropenia, linfopenia, leucopenia, trombocitopenia, anemia

Comuni

Non comuni Ascesso al sito di iniezione

Patologie endocrine

Disfunzione tiroidea che si manifesta più frequentemente come ipotiroidismo o ipertiroidismo

Disturbi psichiatrici Patologie del sistema nervoso

Depressione, insonnia

Tentativo di suicidio

Cefalea

Epilessia, sintomi neurologici transitori (ad esempio ipoestesia, spasmo muscolare, parestesia, difficoltà nel camminare, rigidità muscoloschetrica) che possono mimare una esacerbazione da sclerosi multipla Disordini vascolari retinici (ad esempio retinopatia, macchia a fiocco di cotone e ostruzione dell’arteria o vena retinica)

Patologie dell’occhio

Patologie gastrointestinali Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo

Diarrea, vomito, nausea Prurito, rash, rash eritematoso, rash maculo-papulare

Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione

Mialgia, ,artralgia

Esami diagnostici

Non nota* Infezioni al sito di iniezione, inclusa la comparsa di cellulite Purpura trombotica trombocitopenica/ Sindrome emolitica uremica

Infiammazione al sito di iniezione, reazione al sito di iniezione, sindrome simil-influenzale Aumento asintomatico delle transaminasi

Dolore al sito di iniezione, astenia, brividi, febbre

Angioedema, orticaria, eritema multiforme, reazioni cutanee simil-eritema multiforme, sindrome di Stevens Johnson, alopecia

Necrosi al sito di iniezione, nodulo al sito di iniezione

Rialzo delle transaminasi di grado severo

Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche Disturbi del sistema immunitario Patologie vascolari Patologie epatobiliari

Dispnea Reazioni anafilattiche Eventi tromboembolici Epatiti con o senza ittero

* Reazioni avverse rilevate durante la fase post-marketing (frequenza non nota)

L’interferone beta può causare danni epatici gravi. Non è noto il meccanismo d’azione dei rari casi di disfunzione epatica sintomatica. La maggior parte dei casi di danno epatico grave si manifesta durante i primi sei mesi di trattamento. Non sono stati identificati specifici fattori di rischio. Il trattamento con Rebif deve essere interrotto in caso di comparsa di ittero o di altri sintomi clinici di disfunzione epatica (vedere paragrafo 4.4). La somministrazione di interferoni è stata associata alla comparsa di anoressia, vertigini, ansia, aritmie, vasodilatazione, palpitazioni, menorragia e metrorragia. Un’aumentata produzione di autoanticorpi può svilupparsi durante il trattamento con interferone beta. 4.9 Sovradosaggio In caso di sovradosaggio i pazienti devono essere ricoverati in ospedale in osservazione e deve essere adottata una opportuna terapia di supporto. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE 5.1 Proprietà farmacodinamiche Categoria farmacoterapeutica: immunostimolanti, interferoni, codice ATC: L03AB07. Gli interferoni (IFNs) sono un gruppo di glicoproteine endogene dotate di proprietà immunomodulatorie, antivirali e antiproliferative. Rebif (interferone beta-1a) condivide la stessa sequenza aminoacidica dell’interferone beta umano endogeno. Viene prodotto in cellule di mammifero (cellule ovariche di criceto cinese) ed è quindi glicosilato come la proteina naturale. L’esatto meccanismo di azione del Rebif nella sclerosi multipla è ancora oggetto di studio. La sicurezza e l’efficacia di Rebif sono state valutate in pazienti con sclerosi multipla di tipo recidivante-remittente a dosaggi compresi fra 11 e 44 microgrammi (3-12 milioni UI), somministrati per via sottocutanea 3 volte a settimana. Ai dosaggi autorizzati, è stato dimostrato che Rebif 44 microgrammi riduce l’incidenza (circa il 30% in 2 anni) e la gravità delle esacerbazioni nei pazienti con almeno 2 ricadute nei 2 anni precedenti e con un punteggio EDSS tra 0-5,0 all’ingresso nello studio. La percentuale dei pazienti con progressione della disabilità, definita come incremento di almeno un punto della scala EDSS confermato dopo tre mesi, è stata ridotta dal 39% (placebo) al 27% (Rebif 44 microgrammi). Nel corso di 4 anni, la riduzione del livello di esacerbazioni si è ridotto in media del 22% in pazienti trattati con Rebif 22 microgrammi e del 29% nei pazienti trattati con Rebif 44 microgrammi rispetto ad un gruppo di pazienti trattati con placebo per 2 anni e successivamente con Rebif 22 o 44 microgrammi per 2 anni. In uno studio della durata di 3 anni in pazienti con sclerosi multipla secondaria progressiva (EDSS 3-6,5) con evidenza di progressione clinica nei due anni precedenti e che non hanno manifestato ricadute nelle 8 settimane precedenti, Rebif non ha mostrato effetti significativi sulla progressione della disabilità, ma ha ridotto la frequenza di esacerbazioni di circa il 30%. Se la popolazione dei pazienti viene divisa in 2 sottogruppi (quelli con e quelli senza esacerbazioni nei 2 anni precedenti all’arruolamento nello studio) nel gruppo di pazienti senza esacerbazioni non si osserva alcun effetto sulla disabilità mentre nel gruppo di pazienti con esacerbazioni, la percentuale di quelli che hanno mostrato una progressione della disabilità alla fine dello studio è risultata ridotta dal 70% (placebo) al 57% (Rebif 22 microgrammi e Rebif 44 microgrammi). Questi risultati, ottenuti in un sottogruppo di pazienti in un’analisi a posteriori, devono essere interpretati con cautela. Rebif non è stato ancora studiato in pazienti con sclerosi multipla primaria progressiva, quindi non deve essere utilizzato in questo gruppo di pazienti. 5.2 Proprietà farmacocinetiche Nei volontari sani, dopo somministrazione endovena, l’interferone beta-1a presenta un declino multi-esponenziale rapido, con livelli sierici proporzionali alla dose somministrata. L’emivita iniziale è dell’ordine di minuti e quella terminale è di molte ore, per la possibile presenza di un comparto profondo. Quando somministrato per via sottocutanea o intramuscolare, i livelli sierici di interferone beta rimangono bassi, ma sono ancora misurabili fino a 12 24 ore dopo la somministrazione. Ai fini dell’esposizione dell’organismo all’interferone beta le vie di somministrazione sottocutanea e intramuscolare di Rebif sono equivalenti. Dopo una singola dose di 60 microgrammi, la massima concentrazione plasmatica, misurata con saggio immunologico, è compresa tra 6 e 10 UI/ml, raggiunta in un tempo medio di circa 3 ore dopo la

somministrazione. Dopo la somministrazione sottocutanea di dosi uguali ripetute ogni 48 ore per 4 volte, si osserva un modesto fenomeno di accumulo (circa 2,5 x AUC). Indipendentemente dalla via di somministrazione, evidenti modificazioni della farmacodinamica sono associate alla somministrazione di Rebif. Dopo una dose singola, l’attività intracellulare e sierica della 2-5A sintetasi e le concentrazioni sieriche di beta2-microglobulina e neopterina aumentano entro 24 ore, e iniziano a diminuire entro i 2 giorni successivi. Le somministrazioni intramuscolare e sottocutanea producono risposte del tutto sovrapponibili. Dopo somministrazioni sottocutanee ripetute ogni 48 ore per 4 volte, queste risposte biologiche rimangono elevate senza alcun segno di sviluppo di fenomeni di tolleranza. L’interferone beta-1a viene prevalentemente metabolizzato ed escreto dal fegato e dai reni. 5.3 Dati preclinici di sicurezza I dati non-clinici non rilevano schi particolari per l’uomo sulla base di studi convenzionali di safety pharmacology, tossicità a dosi ripetute e genotossicità. Non sono stati effettuati studi di cancerogenesi con Rebif. È stato condotto uno studio di tossicità embrio-fetale nelle scimmie che ha mostrato l’assenza di effetti sulla riproduzione. Sulla base di osservazioni con altri interferoni alfa e beta non si può escludere un aumentato rischio di aborto. Non sono attualmente disponibili informazioni sugli effetti dell’interferone beta-1a sulla fertilità maschile. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE 6.1 Elenco degli eccipienti Mannitolo, Polossamero 188, L-metionina, Alcool benzilico, Sodio acetato , Acido acetico per regolazione del pH, Sodio idrossido per regolazione del pH, Acqua per preparazioni iniettabili 6.2 Incompatibilità Non pertinente. 6.3 Periodo di validità 18 mesi. Usare entro 28 giorni dalla prima iniezione. 6.4 Precauzioni particolari per la conservazione Conservare in frigorifero (2°C - 8°C) lontano dalla griglia refrigerante. Non congelare. Conservare la cartuccia nella confezione originale per proteggere il medicinale dalla luce. Il dispositivo autoiniettore RebiSmart contenente una cartuccia preriempita di Rebif va conservato nella propria custodia in frigorifero (2°C-8°C). Il paziente può conservare la confezione di Rebif in uso fuori dal frigorifero ad una temperatura non superiore ai 25°C per una sola volta per un periodo della durata massima di 14 giorni. Successivamente Rebif deve essere riposto nuovamente nel frigorifero ed utilizzato prima della data di scadenza. 6.5 Natura e contenuto del contenitore Cartucce (di vetro tipo 1), con tappo stantuffo (di gomma) e una capsula di chiusura ghierata (in alluminio e gomma alobutilica), contenenti 1,5 ml di soluzione iniettabile. Confezione da 4 cartucce. 6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione La soluzione iniettabile in cartuccia pre-riempita è pronta per l’uso con il dispositivo autoiniettore RebiSmart. Per la conservazione del dispositivo autoiniettore con la cartuccia, vedere paragrafo 6.4. Per uso multidose. Usare unicamente una soluzione da limpida ad opalescente che non contenga particelle e segni visibili di deterioramento. Il medicinale non utilizzato ed i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente. 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO Merck Serono Europe Limited - 56, Marsh Wall - Londra E14 9TP - Gran Bretagna 8. NUMERI DELLE AUTORIZZAZIONI ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO EU/1/98/063/009 9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/ RINNOVO DELL’ AUTORIZZAZIONE Data della prima autorizzazione: 4 Maggio 1998. Data del primo rinnovo: 4 Maggio 2003. Data dell’ultimo rinnovo: 4 Maggio 2008. 10.DATA DI REVISIONE DEL TESTO Ottobre 2009

CLASSE A RR Nota 65 Prezzo 1.696,21 Euro Prezzo ex factory 1.027,75 Euro I prezzi indicati non comprendono le riduzioni temporanee (determinazioni Aifa 2006-2007)


Insieme

Il ruolo del foniatra nei disturbi della deglutizione e della comunicazione Focus sui problemi della deglutizione (disfagia) e della comunicazione (disfonia e disartria): come riconoscere segni e sintomi durante il decorso della sclerosi multipla e individuare gli obiettivi della riabilitazione Alessandro Bernardini

Alessandro Bernardini U.O. Semplice Dipartimentale di Foniatria (Responsabile Direzione Beatrice Travalca Cupillo) alexberna1972@libero.it Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino Largo R. Benzi 10 16132 Genova Foniatra Servizio Riabilitazione AISM Liguria

I

l foniatra è il medico specialista che si occupa della fisiologia e della patologia della comunicazione umana (più comunemente della voce, della parola, del linguaggio, dell’udito, della comunicazione non verbale) nonché della deglutizione e degli apprendimenti (definizione dell’Unione Foniatri Europei 1990). L’intervento foniatrico prevede una valutazione diagnostica e prognostica, una progettazione dell’intervento sulle disabilità riguardanti la comunicazione e la deglutizione causate dalla patologia. I di-

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sturbi che possono insorgere durante il decorso della SM che interessano lo specialista in foniatria sono la disfagia, la disfonia, la disartria, le disfunzioni cognitive e le disfunzioni respiratorie. Nell’ambito di questa trattazione parleremo dei problemi che riguardano la deglutizione (disfagia) e la comunicazione (disfonia e disartria) che sono spesso sottovalutati sia dal paziente che dagli operatori stessi in quanto i segni e sintomi spesso si presentano in modo sfumato durante il decorso della malattia. La gestione di questi disturbi prevede la riabilitazione che dovrà essere diversificata e personalizzata nel tempo per ogni singolo paziente, in base all’evoluzione della malattia. Gli interventi dovranno essere mirati a obiettivi ben definiti e il loro raggiungimento dovrà sempre essere valutato nelle visite di follow up del foniatra. Il foniatra con il logopedista definiscono le strategie di intervento riabilitativo che dovranno essere sempre condivise con il paziente e i suoi familiari. Disfagia La disfagia è definita come una difficoltà a deglutire a causa di una patologia che interferisce con il transito del cibo dalla bocca allo stomaco per alterazione anatomo-funzionale di una delle strutture coinvolte nel processo deglutitorio (Deglutologia 2001 Omega Edizioni). La disfagia, quindi, non è una malattia ma un sintomo

se viene avvertita dal paziente e un segno se ravvisata dal clinico. La prevalenza della disfagia nella sclerosi multipla è del 43% (Thomas e Miles 1999; Calcagno et al, 2002), è presente in una percentuale dell’80% nelle fasi intermedie e avanzate della malattia (Chiò e De Vito 2001); è di tipo misto e coinvolge le prime fasi della deglutizione. L’ipostenia, l’atassia e la spasticità determinano una riduzione della peristalsi faringea, un ritardo del riflesso deglutitorio, una riduzione della funzionalità linguale e una riduzione dell’adduzione laringea provocando il disturbo deglutitorio. Le conseguenze della disfagia sono la malnutrizione, la disidratazione e la polmonite ab ingestis che si verifica a causa dell’aspirazione degli ingesti nelle vie respiratorie in assenza di una totale riespulsione di essi dall’albero tracheo-bronchiale. Durante il percorso diagnostico è importante l’individuazione del sintomo o del segno clinico disfagia attraverso l’utilizzo di protocolli di screening poco costosi e di rapido e semplice impiego. Il paziente al quale viene individuato il sintomo deve essere inviato allo specialista in deglutologia che ha il compito di eseguire un’accurata anamnesi generale e specifica, e una valutazione diretta, non strumentale delle strutture oro-faringo-laringee coinvolte nella deglutizione e successivamente una valutazione strumentale utilizzando un videorinofaringolaringoscopio a fibre ottiche flessibili.


Insieme Comunicazione aumentativa alternativa

Valutazione non strumentale: durante la valutazione non strumentale si esegue un’osservazione del paziente, valutando lo stato di vigilanza, la responsività e la collaborazione, il livello cognitivo, la postura, eventuali deficit comunicativi e la respirazione. Inoltre, è importante riscontrare la presenza di scialorrea, della tosse sia spontanea che riflessa, di movimenti involontari, di riflessi patologici, di deglutizioni spontanee e della dentatura. In seguito si esegue un esame morfologico e funzionale delle strutture oro-faringo-laringee e una valutazione della sensibilità e si evocano alcuni riflessi: della tosse, della deglutizione, il gag-reflex e riflessi apneici. Successivamente si effettua la valutazione durante il pasto, considerando la durata di esso, le modifiche della consistenza del cibo introdotto, il volume del bolo, la masticazione, l’utilizzo di eventuali strategie impiegate dal paziente, la postura durante il pasto, segni di false vie, la quantità totale di cibo introdotta, l’innalzamento laringeo durante l’atto deglutitorio e il tempo di innesco del riflesso della deglutizione. Valutazione strumentale: durante questa valutazione si devono valutare eventuali alterazioni strutturali o funzionali degli organi coinvolti, le abilità deglutitorie del paziente, un’adeguata protezione delle vie aeree, una corretta coordinazione tra l’atto deglutitorio e quello respiratorio, la

presenza di possibili disturbi motori esofagei o reflussi gastrici, gli effetti della modificazione della consistenza del bolo sulla deglutizione, la valenza terapeutica di manovre protettive e di posture facilitanti durante la deglutizione (Langmore 1997). La valutazione strumentale è possibile attraverso l’utilizzo di un endoscopio a fibre ottiche flessibili che permette una valutazione statica, dinamica eseguibile durante il pasto e della sensibilità del piano glottico laringeo. Le prove di deglutizione eseguite durante l’endoscopia permettono una valutazione del cibo a consistenza liquida, semi-liquida, semi-solida e solida. Lo scopo è quello di stabilire se un paziente può alimentarsi per bocca, quali modalità di alimentazione e quali consistenze sono permesse, l’efficacia di determinate posture facilitanti e se il percorso riabilitativo intrapreso sia efficace. La gestione della disfagia: a seguito della valutazione foniatrica, il paziente e i famigliari vengono istruiti circa la modalità e caratteristiche della nutrizione, la posizione adeguata da assumere durante il pasto, l’igiene orale, l’adozione di ausili, modalità di assunzione dei farmaci, gli alimenti da evitare e quelli consentiti, le consistenze del cibo da somministrare ed eventuali necessità di uso di addensanti o lubrificanti, le modalità di preparazione e di somministrazione del cibo, eventuali precauzioni comportamentali e ambien-

La comunicazione aumentativa alternativa (CAA) consiste nell’introduzione di ausili compensativi quando la parola non sia più intellegibile. All’interno di questo ambito esistono mezzi compensativi semplici ed economici e altri ad altissima tecnologia con costi elevati. Infatti, questi strumenti possono includere la semplice penna e un taccuino, una tavola trasparente con indicate lettere, le tavole di comunicazione simbolica, tastiere con display visivo ed eventuale sintetizzatore vocale, i tablet PC accessoriati con programmi a scansione e sensori speciali, i comunicatori oculari.

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La prescrizione di un ausilio per la CAA richiede il coinvolgimento di un team interdisciplinare costituita da fisiatra, foniatra, logopedista, psicologo, terapista occupazionale e avviene quando si esclude la possibilità per il paziente di recupero della comunicazione orale.La prescrizione di tali ausili richiede una valutazione funzionale

continua>

SMéquipe 1/2010

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Insieme

Figura 1:

tali e l’individuazione della presenza di campanelli di allarme che possono far sospettare la possibile aspirazione di cibo nell’albero tracheo-bronchiale. La riabilitazione logopedica ha l’obiettivo di garantire al paziente un’adeguata alimentazione per bocca il più a lungo possibile, che sia sufficiente dal punto di vista nutrizionale, che sia efficace e che non abbia fattori di rischio inalatori, che sia accessibile per il paziente e che non richieda uno sforzo eccessivo: quindi garantire il raggiungimento di una deglutizione funzionale. Il percorso riabilitativo comprende interventi volti a migliorare la debolezza/controllo muscolare del distretto bucco-linguo-facciale e del tratto faringo-laringeo, l’adozione di posture di compenso durante il pasto, suggerire strategie comportamentali, partecipare alle decisioni riguardanti l’utilizzo di vie alimentari integrative alternative. Disfonia La disfonia è un’alterazione qualitativa e quantitativa della voce per alterazione del sistema pneumo-fono-articolatorio (Ricci Maccarini 2002). Nella SM il paziente può presentare una voce non “pulita” (rauca, soffiata…), o con intensità ridotta, una risonanza alterata definita rinolalia, una respirazione affannosa durante l’eloquio. La respirazione è coordinata con la fonazione, con l’articolazione, con la deglutizione e con la tosse. Una disfunzione re-

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Figura 2:

spiratoria può portare a un’incoordinazione pneumofonica e a un’incoordinazione pneumoarticolatoria. La valutazione foniatrica ha lo scopo di esaminare e valutare i sintomi percettivi, esaminare la dinamica respiratoria ed eseguire degli esami strumentali per lo studio dell’apparato laringeo attraverso il videorinofaringolaringoscopio o il videolaringostroboscopio. Videorinofaringolaringoscopio: questo esame richiede per l’esecuzione un videorinofarinfo-laringofibroscopio flessibile con o senza canale operativo e di aspirazione [Figura 1] che può raggiungere una lunghezza inseribile fino a 30 centimetri circa, con un calibro da 2,4 a 4,5 millimetri, e una fonte di luce alogena o allo xenon. Se possibile è meglio non utilizzare anestetici da contatto prima di inserire il fibroscopio in modo da non mandare gocce di anestetico in faringe e quindi di inficiare il test. Il paziente deve essere seduto con il capo in posizione primaria. Lo strumento flessibile viene introdotto in fossa nasale compiendo rilevazioni statiche, dinamiche e di sensibilità posizionando l’endoscopio in tre posizioni: naso-rinofaringea alta e bassa. Questo esame permette di valutare: la morfologia della zona, la percezione sensoriale dello strumento ed eventuali differenze di percezione in tutta l’area, la presenza di eventuali movimenti muscolari patologici, eventuali asimmetrie o deviazioni durante la produ-

zione di fonemi privi di risonanza nasale, eventuali alterazioni dell’attività muscolare e la presenza di secrezioni a ristagno, segni di patologia da reflusso gastroesofageo, l’attività fonatoria laringea, la chiusura glottica, la motilità cordale, l’eventuale latero-deviazione della commissura, l’attività sfinteriale della laringe che si valuta durante la tosse e la manovra di Valsalva, alterazioni nelle attività riflesse. Videolaringostroboscopio: i laringostroboscopi [Figura 2] sono caratterizzati dalla possibilità potere sincronizzare lo strumento con la frequenza fondamentale della voce del soggetto in esame; quest’ultima viene prelevata mediante un microfono a contatto con la laringe o montato sul laringoscopio. Gli stroboscopi di ultima generazione permettono la registrazione diretta su computer dell’intero esame endoscopico e forniscono elementi di notevole importanza circa le caratteristiche acustiche della voce quali: la frequenza fondamentale in Hz e il livello di intensità sonora in dB. La laringostroboscopia permette di analizzare nei dettagli le caratteristiche fisiologiche e patologiche della vibrazione glottica. I parametri da valutare durante la laringostroboscopia sono: • simmetria della vibrazione cordale • periodicità della vibrazione glottica • chiusura glottica • ampiezza della vibrazione glottica


Insieme > Comunicazione aumentativa alternativa

• onda mucosa (indicativo dell’elasticità della corda vocale). La gestione della disfonia: la riabilitazione prevede interventi sulla coordinazione pneumofonica e pneumodeglutitoria, esercizi fonatori ed esercizi respiratori. Le disfunzioni respiratorie che possono causare un disturbo di comunicazione nella sclerosi multipla sono determinate dall’ipostenia dei muscoli coinvolti nella respirazione, da deformità del rachide e dall’ipomobilità. L’obiettivo foniatrico e logopedico, in questo ambito sarà quello di incrementare la funzione ventilatoria e incrementare la fase espiratoria. A questo scopo si possono proporre, in collaborazione con il fisiatra e il fisioterapista, esercizi di chinesiterapia toracica associati a esercizi di inspirazione ed espirazione profonda per cercare di mantenere la motilità del complesso toraco-pleurico e l’elasticità della gabbia toracica. Disartria La prevalenza della disartria nella SM è del 40% (Merson et al 1998). Questo è un disturbo dell’espressione articolatoria dovuto ad alterazioni del sistema neuromuscolare. In base alla causa possiamo avere 3 variabili di disartria: spastica, atassica e flaccida. Nel paziente con SM si manifesta con dei rallentamenti o dei “blocchi” durante la comunicazione oppure con una riduzione della prosodia,

imprecisioni articolatorie producendo un eloquio poco comprensibile o completamente inintelleggibile. La valutazione foniatrica comprende un’osservazione della respirazione, della fonazione, della prosodia e dell’intelleggibilità della parola. Il trattamento riabilitativo logopedico sarà quello di impostare e allenare la respirazione diaframmatica, una mobilitazione sia attiva che passiva delle strutture coinvolte nell’articolazione, eseguire esercizi articolatori, utilizzare eventuali posture di compenso. Quando la comunicazione verbale diventa impossibile (per anartria o grave disfonia) si deve pensare all’utilizzo di una comunicazione alternativa aumentativa. é

Bibliografia • Calcagno P, Ruoppolo G, Grasso MG, De Vincentiis M, Paolucci S. Dysphagia in multiple sclerosis – prevalence and prognostic factors. Acta Neurol Scand. 2002 Jan;105(1):40-3 • Chiò A, Herrero Hernandez E, Discalzi G, Ghiglione P, Di Vito N, Calvo A, Vercellino M, Plano F, Mutani R. Amyotroph Lateral Scler Other Motor Neuron Disord. 2001 Sep;2(3):165-6 • Langmore SE, McCulloch TM. Examination of the pharynx and larynx and endoscopic examination of pharyngeal swallowing, in Deglutition and Its Disorders, Singular Publishing Group Inc., San Diego – London, 1997 • Merson RM, Rolnick MI. Speech-language pathology and dysphagia in multiple sclerosis.” - Phys Med Rehabil Clin N Am. 1998 Aug;9(3):631-41. • Ricci Maccarini A, Lucchini E. La valutazione soggettiva ed oggettiva della disfonia. Il protocollo SIFEL in “Relazione Ufficiale al XXIV Congresso Nazionale della Società Italiana di Foniatria e Logopedia”, Acta Phon. Lat., vol. XXVI, 1-2, 2002, 13-42 • Schindler O, Ruoppolo G, Schindler A. Deglutologia. Omega Ed., 2001

e prognostica delle funzioni residue del soggetto e dunque di quale sia il movimento più adeguato da sfruttare per utilizzare il comunicatore. Viene valutata la capacità manipolativa, il controllo del capo, del tronco, la capacità motoria degli arti inferiori, il movimento oculare, la presenza di movimenti involontari assiali o segmentali. L’utilizzo dell’ausilio per la comunicazione può essere inficiato dai deficit cognitivi che devono essere ugualmente valutati. Vengono valutate, infine, sia le abilità linguistiche di espressione e di scrittura che la motivazione personale e familiare all’utilizzo dell’ausilio con un’analisi attenta delle modalità comunicative e delle aspettative sull’ausilio stesso. Una volta raccolte le esigenze del paziente insieme alle sue potenzialità (capacità motorie, cognitive, linguistiche, competenze informatiche, motivazione, ecc) deve essere posta in essere la prova dell’ausilio individuato e l’eventuale personalizzazione. In alcuni casi può essere necessario effettuare un percorso riabilitativo per il miglioramento del gesto motorio che consente la gestione del comunicatore o l’introduzione di ausili per facilitare l’uso del comunicatore (es. sistemi di postura, tutori, ecc). Dopo la prescrizione, il paziente viene supportato effettuando il training all’uso dello strumento. a cura di Servizio Riabilitazione AISM Liguria

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La ricerca

Effetti collaterali

Cladribina: la linfocitopenia si è verificata nel 21,6% dei casi, con somministrazioni a basso dosaggio e nel 31,5% con quello più alto. Una maggiore frequenza di infezioni da Herpes zoster, si è verificata in 20 persone (2,3%) trattate con cladribina e in nessuna delle persone con placebo. Basandosi su quelli che sono i meccanismi di azione del farmaco, è probabile che quando tale terapia verrà approvata, un periodico monitoraggio dei globuli bianchi diventi una prassi. Si sono verificati 4 decessi durante lo studio. Le cause di morte sono state: infarto cardiaco, carcinoma pancreatico metastatico, un suicidio e un ictus emorragico. Fingolimod: in entrambi gli studi pubblicati, il dosaggio del fingolimod più basso è stato quello meglio tollerato. Tra gli effetti collaterali più comuni la bradicardia transitoria e il blocco atrioventricolare. Sono state segnalate una maggiore frequenza di infezioni, per esempio a carico dell’apparato urinario e respiratorio. In tutti e due gli studi sono stati segnalati casi di edema maculare e la comparsa di neoplasie cutanee trattate chirurgicamente con successo. Durante lo studio FREEDOMS si sono verificati 3 casi di morte: uno per embolia polmonare, uno per traumi in incidente automobilistico e suicidio; mentre durante lo studio TRANFORMS si sono verificati due decessi: entrambe le persone assumevano fingolimod ad alto dosaggio; una delle morti si è verificata per l’insorgenza di una infezione da varicella, la seconda morte invece si è verificata per la comparsa di un’encefalite da herpes simplex.

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Risultati degli studi di fase III su cladribina e fingolimod I farmaci orali possono ridurre il tasso di ricaduta e potrebbero rallentare la progressione della malattia Roberta Guglielmino, Grazia Rocca*

S

i chiamano CLARITY, TRASFORMS e FREEDOMS. Sono stati pubblicati sul numero di febbraio di The New England Journal of Medicine. Eccone una sintesi.

CLARITY: trial di fase III della durata di due anni, ha coinvolto 1326 persone con sclerosi multipla recidivante-remittente (SMRR). I partecipanti allo studio sono stati randomizzati in tre gruppi di trattamento, due trattati con cladribina a diverso dosaggio, e l’altro con il placebo; in particolare durante il primo anno, le compresse di cladribina sono state somministrate in due (3,5 mg/kg dosaggio totale) o quattro (5,25 mg/kg dosaggio totale) cicli di trattamento. Nel secondo anno, sono stati somministrati due cicli di trattamento a tutti i gruppi; ogni ciclo prevedeva una somministrazione quotidiana per quattro o cinque giorni consecutivi. Il tasso di ricadute si è ridotto in modo significativo rispetto al placebo; in entrambi i gruppi di trattamento, si è ridimensionato del 57,6% nel gruppo a basso dosaggio e dal 54,5% nel gruppo ad alto dosaggio. La percentuale di persone rimaste libere da ricadute per oltre l96 settimane è stata del 79,7% nel gruppo a basso dosaggio e del 78,9% nel gruppo ad alto dosaggio; era del 60,9% nel gruppo trattato con placebo. Il rischio di un cambiamento sostenuto a 3 mesi nella scala EDSS si è ridotto del 33% nelle persone trattate con la dose bassa di cladribina e

del 32% con il dosaggio più alto. È emerso che la cladribina ha ulteriormente ridotto l'attività della malattia intesa come formazione di nuove lesioni attive evidenziate dalla risonanza magnetica (RM). FREEDOMS: trial clinico di fase III randomizzato della durata di 2 anni, che ha coinvolto 1272 persone con SMRR. I ricercatori hanno analizzato il tasso di ricadute e la progressione della malattia somministrando il fingolimod orale a due diverse dosi giornaliere di 0.5 mg e 1.25 mg confrontate con il placebo. Il tasso di ricadute è risultato ridotto del 54% per la dose minore e del 60% per la dose più alta rispetto al placebo. La progressione della disabilità, misurata con le scale cliniche tra cui la EDSS e la MSCF (Multiple Sclerosis Functional Composite), dopo 24 mesi di trattamento, è risultata rallentata con entrambi i dosaggi confrontati con il placebo. Anche misure secondarie dell’attività e della progressione di malattia, che comprendono immagini di RM, per rilevare le lesioni dei tessuti e fenomeni di atrofia cerebrale, sono a favore del FTY720 con entrambi i dosaggi. TRANSFORMS: trial clinico di fase III della durata di un anno, che ha confrontato due dosi differenti di fingolimod (0.5 mg o 1.25 mg) con interferone beta-1a (Avonex®); ha coinvolto 1292 persone con SMRR. Entrambe le dosi del fingoli-


La ricerca

La riabilitazione è la strategia vincente per i disturbi urinari Il riconoscimento è arrivato negli USA dal meeting annuale CMSC per uno studio intramurale AISM sull’efficacia delle terapie riabilitative per il miglioramento delle disfunzioni urinarie in pazienti con SM Guido Francavilla* © tipsimages/jtb photo

mod sono state in grado di ridurre, dopo un anno, l’attività di malattia evidenziata tramite RM. Il fingolimod è risultato più efficace dell’interferone beta-1a nel ridurre il tasso di ricadute, ma non sono state segnalate differenze tra i due trattamenti nel tempo di conferma della progressione della malattia. é

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* l’autore: Roberta Guglielmino (Progetti FISM) Grazia Rocca (Neurologo AISM)

Bibliografia • Kappos L, Radue EW, O'Connor P, Polman C, Hohlfeld R, Calabresi P, Selmaj K, Agoropoulou C, Leyk M, ZhangAuberson L, Burtin P; the FREEDOMS Study Group. A Placebo-Controlled Trial of Oral Fingolimod in Relapsing Multiple Sclerosis. N Engl J Med. 2010 February, 362 (5) • Cohen JA, Barkhof F, Comi G, Hartung HP, Khatri BO, Montalban X, Pelletier J, Capra R, Gallo P, Izquierdo G, Tiel-Wilck K, de Vera A, Jin J, Stites T, Wu S, Aradhye S, Kappos L; the TRANSFORMS Study Group. Oral Fingolimod or Intramuscular Interferon for Relapsing Multiple Sclerosis. N Engl J Med. 2010 February, 362 (5) • Gavin Giovannoni, M.B., B.Ch., Ph.D., Giancarlo Comi, M.D., Stuart Cook, M.D., Kottil Rammohan, M.D., Peter Rieckmann, M.D.,Per Soelberg Sørensen, M.D., D.M.Sc., Patrick Vermersch, M.D., Ph.D., Peter Chang, Ph.D., Anthony Hamlett, Ph.D., Bruno Musch, M.D., Ph.D. ,and Steven J. Greenberg, M.D., for the CLARITY Study Group A PlaceboControlled Trial of Oral Cladribine for Relapsing Multiple Sclerosis N Engl J Med. 2010 February, 362 (5)

San Antonio in Texas (Stati Uniti) in occasione della 24esima conferenza annuale “Multiple Sclerosis: Sustaining Care, Seeking a Cure” organizzata in collaborazione con Consortium of Multiple Sclerosis Centers (CMSC) e Americas Committee on Treatment and Research in Multiple Sclerosis (ACTRIMS), sono stati presentati quattro lavori scientifici di tipo riabilitativo - tre poster e una comunicazione orale - condotti presso i Centri di Riabilitazione AISM a Genova e a Padova. Alla comunicazione orale presentata da Laura Lopes De Carvalho, direttore sanitario del Servizio di Riabilitazione AISM Liguria, riguardante l’efficacia della riabilitazione dei disturbi urinari nella SM (Effectiveness of urinary disorders rehabilitation in MS patients) è stato conferito il Research Award of Best Platform presentation. Condotto presso il Servizio di Riabilitazione AISM Liguria, si tratta del primo studio sui benefici della riabilitazio-

ne nelle disfunzioni vescicali di tipo ritentivo e di correlazione tra l’efficacia della riabilitazione e il livello di disabilità del paziente con SM. Per questo studio sono stati arruolati 82 pazienti con disturbi urinari sintomatici (incontinenza, urgenza, aumentata frequenza, nicturia e sintomi ritentivi) valutati prima e dopo il trattamento riabilitativo tramite diario minzionale, misurazione del residuo post-minzionale con bladder scan, valutazione dei muscoli del pavimento pelvico, VAS sulla percezione della gravità del disturbo, Wagner Test. Il protocollo riabilitativo adottato, personalizzato e definito secondo la valutazione, prevedeva la terapia comportamentale, la PTNS, il cateterismo intermittente, la chinesiterapia, l’elettrostimolazione funzionale ed il biofeedback; la durata complessiva dei trattamenti è stata di 20 sedute con frequenza di 2 volte alla settimana (sedute di 1 ora) senza modifiche della terapia far-

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La ricerca

A Laura Lopes De Carvalho conferito il Research Award of Best Platform presentation alla 24esima conferenza annuale CMSC

macologia in corso. La conclusione del lavoro ha dimostrato che la riabilitazione è efficace nel trattamento dei disturbi urinari tanto di tipo ritentivo che nell’incontinenza, sia nell’urgenza e sia nella nicturia. Riesce inoltre a migliorare il quadro funzionale del pavimento pelvico (forza, resistenza, endurance e coordinazione), efficace indipendentemente dal grado di disabilità, dall’età o dalla durata della malattia nel soggetto. Sempre a proposito delle disfunzioni urinarie, è stato presentato il poster Post Void Residual (PVR) evaluation in Multiple Sclerosis. Condotto nei Servizi di Riabilitazione AISM di Genova e Padova e presentato dalla dottoressa Lopes, si tratta di uno studio di screening sui sintomi e sul residuo post-minzionale valutato tramite bladder scan, eseguito presso il domicilio dei pazienti. Lo studio ha coinvolto 509 pazienti con SM: lo scopo era identificare i pazienti con quadro di ritenzione urinaria e valutare la correlazione tra i sintomi e il residuo post-minzionale. I risultati di tale studio hanno mostrato che circa il 90% della popolazione studiata presenta disturbi urinari in accordo con la letteratura al riguardo; il 51,5 % dei pazienti ha ritenzione urinaria (residuo post-minzionale superiore a 100 ml). Questa alta prevalenza non è però riportata in letteratura; la statistica non

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ha evidenziato alcuna correlazione significativa tra il residuo post-minzionale ed i parametri considerati nello studio quali la durata della malattia, il decorso, EDSS ed ogni sintomo urinario. L’assenza di correlazione tra i sintomi urinari e il residuo post-minzionale, uniti all’alta prevalenza di questi disturbi raccomanda l’uso del bladder scan in tutti i soggetti con SM, sintomatici e non, potendo così identificare i pazienti ritentivi in quanto la ritenzione risulta infatti un fattore di rischio per infezioni urinarie e danni secondari a carico dell’apparato urinario. Sempre in tale occasione, è stato presentato un lavoro su un’altra tematica relativa alla riabilitazione della SM e riguardante l’utilità della console Wii di Nintendo nel miglioramento dell’equilibrio. Lo studio (Effectiveness of balance disorders rehabilitation treatments in multiple sclerosis subjects: a pilot randomized control trial assessing the wii balance board gaming system) – presentato dal fisiatra Giampaolo Brichetto – è stato condotto nel Centro di Genova su 36 pazienti, metà trattati con la fisioterapia tradizionale, metà con la Wii balance-board con uno specifico protocollo di trattamento, e ha evidenziato un significativo miglioramento dei parametri riferiti all’equilibrio (valutato sia con la scala Berg che con stabilometria su pedana) e alla fatica

(valutata con MFIS). Inoltre si è trattato del primo studio pilota sull’utilizzo di un prodotto di largo consumo utile a trattare i disturbi dell’equilibrio ad alto coinvolgimento del paziente e con relativa indipendenza del paziente stesso rispetto al personale sanitario, con la possibilità di trasferire a domicilio l’esperienza acquisita in ambulatorio. L’ultimo poster (Manual wheelchair propulsion pattern used by people with multiple sclerosis) riguarda invece il pattern di spinta manuale della carrozzina usato in pazienti con SM. Questo studio condotto nel Servizio Riabilitazione di Padova e presentato da Riccardo Verza, terapista occupazionale, ha evidenziato che i pazienti utilizzano un pattern che è biomeccanicamente il meno efficiente caratterizzato da piccole spinte con frequenza elevata. Questo pattern è però quello a maggior risparmio energetico per i brevi percorsi per i pazienti ma non è una buona soluzione per i lunghi tragitti dove sarebbe più indicata la carrozzina elettronica. é

l’autore: * Guido Francavilla (Fisiatra - Servizio di Riabilitazione AISM Liguria)


La ricerca

CCSVI: il ruolo delle Associazioni SM nella ricerca e nell’informazione Dai più recenti studi in corso, alla posizione della Federazione Internazionale SM, Ecco come rispondere alle domande dei pazienti

I

risultati di recenti studi preliminari hanno suggerito che il fenomeno noto come Insufficienza Cerebrospinale Venosa Cronica (CCSVI), che riporta anomalie nel drenaggio del sangue dal cervello e dalla spina dorsale, potrebbe contribuire ai danni del sistema nervoso centrale nella SM. Ciò ha sollevato non solo il comprensibile interesse all’interno della comunità scientifica, ma aspettative (e speranze) tra le persone con SM. L’ipotesi della correlazione tra CCSVI e sclerosi multipla è stata formulata da Paolo Zamboni dell’Università di Ferrara e da Fabrizio Salvi dell’Università di Bologna. Sulla base dei suoi risultati iniziali, pubblicati nel 2009, derivati da uno studio condotto su circa 65 persone, Zamboni e colleghi ritengono che questo studio pilota giustifichi studi più ampi e meglio controllati per valutare definitivamente il possibile impatto della CCSVI sui processi di sviluppo della malattia della SM. Tuttavia i rischi e i benefici delle procedure per i trattamenti della CCSVI non sono stati ancora stabiliti attraverso appropriati trial clinici controllati. Per tale motivo fino a che non verranno prodotte prove forti e di supporto, e fino a che i rischi del trattamento non saranno completamente valutati, non sono raccomandate procedure al di fuori di trial clinici. Questa è la posizione ufficiale al riguardo della Multiple Sclerosis International Federation (MSIF), l’organismo internazionale instituito nel 1967 per coordinare le

attività delle Associazioni SM nazionali nel mondo e che oggi conta 43 associazioni aderenti, il cui ruolo è facilitare lo scambio di informazioni aperto tra i suoi membri in relazione agli studi in corso. Nel frattempo, nel mondo, molte Associazioni SM stanno promuovendo con urgenza nuove ricerche sulla CCSVI per validare i dati preliminari che hanno portato a formulare l’ipotesi di un legame con la SM e valutare gli eventuali benefici e rischi del trattamento a breve e a lungo termine per le persone con SM. In Italia, AISM e FISM hanno avviato a giugno il più ampio studio epidemiologico multicentrico esistente, con la fase di formazione di medici esperti in ecodoppler venoso, cui seguirà in ottobre il reclutamento, attraverso almeno 15 centri clinici neurologici, di 1500 persone da coinvolgere nello studio. L’impegno dell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla e della sua Fondazione è parte del più ampio programma di ricerca e finanziamenti condiviso al livello internazionale con le Associazioni SM canadese e statunitense. Alcune delle domande più frequenti delle persone con SM (da www.msif.org) Che cos’è la CCSVI? L’insufficienza cerebrospinale venosa cronica è un’anomalia causata dal restringimento delle vene che drenano il sangue privo di ossigeno dal cervello e dalla spina dorsale. È stato teorizzato che il drenaggio rallenta-

to del sangue potrebbe causare un reflusso contrario nel cervello e nella spina dorsale, portando a una carenza di ossigeno nel cervello e a un deposito di ferro nei tessuti. Qual è la connessione tra CCSVI e SM? Uno studio recente di Zamboni e colleghi condotto su 65 persone con diversi tipi di SM (pubblicato su J Neurology Neurosurgery Psychiatry. 2009 Apr; 80 (4): 392-9. Epub. 2008 Dec 5.), comparate con 235 persone sane o con altre malattie neurologiche, ha riportato un’anomalia del flusso venoso nel 100% dei casi con SM e in nessuna persona senza SM. Il drenaggio venoso dal cervello e dalla spina dorsale è stato esaminato utilizzando una tecnica ad ultrasuoni (Doppler). I ricercatori hanno anche rilevato che il modello di ostruzione venosa cambia tra le persone a diversi stadi e decorsi di SM anche se non è risultata una chiara relazione tra gravità della SM ed estensione del restringimento venoso. Lo stato del trattamento delle persone con SM non sembra influenzare il manifestarsi della CCSVI. Uno studio ulteriore dello stesso gruppo di ricercatori italiani (Journal of Vascular Surgery, 2009 Dec 50:1348-58) ha analizzato gli effetti del miglioramento del flusso venoso sulla SM attraverso una tecnica chiamata dilatazione tramite palloncino. Questo studio aperto (non in cieco né controllato, vedi la domanda successiva) ha valutato la sicurezza e gli esiti primari della chirurgia vascolare in 65 persone con SM con precedente diagnosi di CCSVI (35 individui con SM recidi-

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La ricerca La “cecità” dei partecipanti e dei ricercatori come anche l’utilizzo di un gruppo di controllo, sono considerati essenziali per assicurare le speranze e le attese dei partecipanti e dei ricercatori © tipsimages/peter arnold inc

va remittente, 20 con SM secondariamente progressiva e 10 con SM prima rimanete progressiva). È stato riportato un impatto positivo che comprende una riduzione di nuove lesioni cerebrali visualizzate con scansioni RMI e una riduzione del numero di ricadute in alcuni partecipanti al trial. Tuttavia, i risultati sono stati confusi da un certo numero di fattori compresa la restenosi nel 47% di casi (che significa che le vene giugulari interne sono tornate ad avere la restrizione del flusso sanguigno dopo l’intervento), dalla discordanza nel tempo e nella tipologia delle scansioni RMI eseguite e dal fatto che i partecipanti hanno mantenuto i farmaci che modificano il decorso della malattia durante lo studio. Questi sono i principali fattori da considerare quando vengono interpretati i risultati dello studio. Gli stessi ricercatori che hanno condotto lo studio hanno riportato che sono necessari ulteriori trial per misurare i benefici e rischi della dilatazione tramite palloncino nelle persone con SM. Perché gli studi controllati condotti in cieco sono così importanti? Negli studi controllati, la “cecità” dei partecipanti e dei ricercatori come anche l’utilizzo di un gruppo di controllo, sono considerati essenziali per assicurare che le speranze e le attese dei partecipanti e dei ricercatori non influenzino la valutazione degli esiti dello studio o l’interpretazione dei risultati. Al momento, nessuna delle procedure condotte per correggere la CCSVI sono state fatte all’interno di studi controllati.

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Cosa dimostrano le ultime ricerche sulla CCSVI? A febbraio 2010 sono stati pubblicati i risultati preliminari di un grande studio in corso del Centro Medico dell’Università di Buffalo sulla valutazione doppler combinata delle vene transcraniche ed extracraniche. I risultati delle scansioni Doppler si sono basate su 5 criteri specifici che riguardano il flusso di sangue venoso. Le persone che rispondevano ad almeno due dei requisiti sono state considerate avere la CCSVI. 289 su 500 persone arruolate nello studio avevano la SM. Di queste almeno il 56% del gruppo con SM è risultato possedere i criteri per la CCSVI. Lo stesso era vero per almeno il 22% di controlli sani e il 42% di persone con altre malattie neurologiche. I risultati sono sostanzialmente diversi da quelli presentati dal professor Zamboni e suggeriscono che la compromissione del flusso venoso non è specifica per la SM. I ricercatori concludono che ulteriori studi condotti in cieco sono necessari per determinare la prevalenza e l’importanza della CCSVI nella SM. Una seconda fase dello studio coinvolgerà lo screening di ulteriori 500 partecipanti utilizzando metodologie di screening più avanzate. La CCSVI causa la SM? Allo stato attuale si può affermare che non ci sono sufficienti prove sperimentali per arrivare a una conclusione su CCSVI e SM. Sulla base di quello che è stato pubblicato

fino a oggi possiamo solo affermare che in alcune persone la SM potrebbe verificarsi in associazione a un’anomalia del flusso venoso del sistema nervoso centrale. Comunque questo fenomeno è stato anche osservato in persone che non hanno la SM. Non ci sono prove sufficienti a determinare se l’ostruzione delle vene causa la SM, o se è provocata dalla SM, o determinare quando questa ostruzione avvenga nel corso della malattia. Come può essere trattata la CCSVI? Gli interventi chirurgici per la CCSVI nella SM hanno utilizzato palloncini da dilatazione per aprire il restringimento delle vene oppure sono stati inseriti stent nelle vene per aiutare a mantenerle aperte (chirurgia vascolare). Queste procedure sono state eseguite fino ad ora solo su un piccolo numero di persone con SM. Quali nuove ricerche sulla CCSVI saranno intraprese? Le Associazioni SM che finanziano la ricerca sulla SM sono interessate a seguire tutte le strade. A dicembre 2009 le Associazioni del Canada e America hanno pubblicato una Bando internazionale dedicato alle proposte di progetti sulla CCSVI e la SM. Le richieste sono state ricevute da sette Paesi e la decisione finale è stata annunciata il 14 giugno (vedi dossier CCSVI su www.aism.it). Un gruppo internazionale di esperti sulla SM e vascolari è stato convocato, in collaborazione con queste Associazioni SM, per assicurare una risposta ve-


La ricerca

loce e coordinata. Molte Associazioni SM, comprese quelle in Canada, Italia, Olanda, Inghilterra e USA stanno considerando di finanziare progetti sulla CCSVI attraverso il loro normale processo di finanziamento. L’Associazione Italiana Sclerosi Multipla, oltre aver avviato lo studio epidemiologico multicentrico citato nell’articolo, attraverso il Comitato Scientifico della sua Fondazione (FISM) valuterà le richieste di finanziamento sulla CCSVI pervenute attraverso il Bando annuale chiuso a Marzo 2010. Anche l’Associazione SM canadese ha richiesto al suo governo ulteriori finanziamenti per velocizzare le ricerche sulla CCSVI. Cosa si conosce sui rischi collegati a questo trattamento? Ad oggi non ci sono studi sulla sicurezza e l’efficacia dei trattamenti per la CCSVI che hanno riportato risultati sicuri e dettagliati. Le procedure che utilizzano stent o palloncini da dilatazione delle vene giugulari e Azygos per il trattamento della CCSVI non hanno una sicurezza riconosciuta. É noto, comunque, che gli interventi endovascolari, come qualsiasi altro intervento, comportano dei rischi. L’angioplastica con palloncini o l’utilizzo di stent portano entrambi a piccoli rischi di richiusura elastica, rotture delle vene e formazione di coaguli. Anche le percentuali di restenosi (ri-restringimento) sono elevate. La procedura di inserimento dello stent porta ulteriori rischi perché richiede che le persone assumano farmaci anticoagulanti che potrebbero por-

tare a sanguinamenti e anche perché c’è la possibilità che lo stent possa perdersi e migrare verso il cuore. Questo non significa che queste procedure non debbano essere considerate come potenziali trattamenti in futuro se le ulteriori ricerche proveranno che sono sicure ed efficaci per i trattamenti della SM. Al momento i trattamenti per la CCSVI rimangono non provati ed è prudente che qualsiasi intervento sia eseguito come parte di trial clinico controllato e regolato, specialmente sulla base degli eventi negativi riportati fino ad oggi. I dati sugli interventi chirurgici per la CCSVI, che prevedono l’utilizzo di stent e che hanno portato a complicanze nelle persone, comprendono un caso di morte. Secondo la rivista Annals of Neurology, la persona è morta in seguito a un’emorragia cerebrale mentre assumeva un anticoagulante per rendere più fluido il sangue, che è comunemente prescritto quando uno stent viene inserito nei vasi sanguigni. In un altro individuo, lo stent si è dislocato e si è spostato verso il cuore, richiedendo un’operazione chirurgica d’urgenza a cuore aperto per rimuovere il dispositivo. La chirurgia endovascolare è stata bloccata alla Stanford University dopo che sono capitate queste due complicanze. Il trattamento della CCSVI sarà utile per le varie forme di SM? Dato che la ricerca, per quanto riguarda questa domanda, è a uno stadio iniziale, non è al momento noto se questo tratta-

mento sarà utile in qualunque forma di SM. Molte ricerche stanno valutando il possibile legame tra CCSVI e SM, e/o il suo effetto sui sintomi della SM, e sono necessari studi clinici sugli effetti dei trattamenti della CCSVI sulla SM prima che si possa considerare l’approvazione come trattamento per le persone con SM. Il professor Zamboni ha suggerito che se ulteriori dimostrazioni supporteranno il legame tra SM e CCSVI, il suo trattamento potrebbe essere aggiunto definitivamente alle altre terapie disponibili per la SM. Ha enfatizzato il bisogno di ampliare le ricerche sulla sua ipotesi, e ha sottolineato che non è stato ancora dimostrato se la CCSVI è una causa della SM o è collegata alla SM in qualche altro modo. Il professor Zamboni ha anche osservato che le persone con SM dovrebbero mantenere le loro terapie immunomodulanti. Posso sottopormi al trattamento? I rischi e i benefici degli interventi per trattare la CCSVI non sono ancora stati stabiliti tramite appositi trial controllati. Tranne e fino a che non saranno prodotte forti evidenze sperimentali di supporto, e fino a che i rischi del trattamento non saranno completamente definiti, nessuna procedura che corregge meccanicamente il problema stabilito, al di fuori di trial clinici controllati, è raccomandata. a cura di: Valentina Questa (Redazione AISM) Roberta Guglielmino (Progetti FISM)

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RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO 1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE. Betaferon 250 microgrammi/ml, polvere e solvente per soluzione iniettabile. 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA. Interferone beta-1b* ricombinante 250 microgrammi (8,0 milioni di UI) per ml di soluzione ricostituita. Betaferon contiene 300 microgrammi (9,6 milioni di UI) di interferone beta-1b ricombinante per flaconcino. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA. Polvere e solvente per soluzione iniettabile. Polvere sterile di colore da bianco a biancastro. 4. INFORMAZIONI CLINICHE. 4.1 Indicazioni terapeutiche. Betaferon è indicato per il trattamento di • pazienti che abbiano manifestato un singolo evento demielinizzante con un processo infiammatorio attivo abbastanza grave da giustificare il trattamento con corticosteroidi per via endovenosa, per i quali siano state escluse altre diagnosi, e che siano considerati ad alto rischio per lo sviluppo di una sclerosi multipla clinicamente definita (vedere paragrafo 5.1). • pazienti con sclerosi multipla recidivante-remittente caratterizzata da due o più recidive nell’arco degli ultimi due anni. • pazienti con sclerosi multipla secondaria progressiva con malattia in fase attiva, evidenziata da recidive. 4.2 Posologia e modo di somministrazione. La terapia con Betaferon va iniziata sotto la supervisione di un medico esperto nel trattamento della malattia. Adulti: La dose raccomandata di Betaferon è di 250 microgrammi (8,0 milioni di UI), contenuti in 1 ml di soluzione ricostituita (vedere paragrafo 6.6), da iniettare sottocute a giorni alterni. Bambini e adolescenti: Non sono stati condotti studi clinici specifici o studi di farmacocinetica su bambini e adolescenti. Tuttavia, i limitati dati pubblicati suggeriscono che il profilo di sicurezza negli adolescenti dai 12 ai 16 anni d’età che hanno assunto Betaferon alla dose di 8,0 milioni di UI per via sottocutanea a giorni alterni sia simile a quello osservato negli adulti. Non ci sono informazioni sull’uso di Betaferon nei bambini al di sotto di 12 anni d’età, pertanto Betaferon non deve essere utilizzato in questa tipologia di pazienti. In generale si raccomanda la titolazione della dose all’inizio del trattamento. Si consiglia di cominciare con 62,5 microgrammi (0,25 ml) per via sottocutanea a giorni alterni e di aumentare lentamente la dose fino a raggiungere 250 microgrammi (1,0 ml) a giorni alterni (vedere Tabella A). Il periodo di titolazione può essere modificato in caso di comparsa di una qualsiasi reazione avversa significativa. Per ottenere una buona efficacia è opportuno arrivare ad una dose di 250 microgrammi (1,0 ml) a giorni alterni. Per il periodo di titolazione e la fase iniziale di trattamento del paziente con Betaferon è disponibile una confezione per titolazione composta di quattro confezioni triple, contenente il necessario per le prime 12 iniezioni. Le confezioni triple sono distinguibili grazie a colori differenti (vedere paragrafo 6.5). Tabella A: Schema di titolazione* giorno di trattamento

dose

volume

1, 3, 5 7, 9, 11 13, 15, 17 19, 21, 23 e seguenti

62,5 microgrammi 125 microgrammi 187,5 microgrammi 250 microgrammi

0,25 ml 0,5 ml 0,75 ml 1,0 ml

* Il periodo di titolazione può essere modificato in caso di comparsa di una qualsiasi reazione avversa significativa. La dose ottimale non è stata chiaramente definita. Attualmente non è noto per quanto tempo il paziente debba essere trattato. Sono disponibili dati di follow-up raccolti nell’ambito di studi clinici controllati fino a 5 anni per pazienti affetti da sclerosi multipla recidivante-remittente e fino a 3 anni per pazienti affetti da sclerosi multipla secondaria progressiva. Nella sclerosi multipla recidivante-remittente è stata dimostrata l’efficacia del trattamento per i primi due anni. I dati disponibili per i restanti tre anni supportano l’efficacia del trattamento con Betaferon per l’intero periodo. Nei pazienti che abbiano manifestato un singolo evento clinico indicativo di sclerosi multipla, la progressione alla sclerosi multipla clinicamente definita è stata ritardata in misura significativa per un periodo di cinque anni. Il trattamento non è consigliato nei pazienti affetti da sclerosi multipla recidivante-remittente che abbiano avuto meno di due recidive nei 2 anni precedenti o nei pazienti con sclerosi multipla secondaria progressiva che non hanno presentato una forma attiva della malattia nei 2 anni precedenti. Se il paziente non risponde, per esempio si riscontri una progressione costante nella EDSS per 6 mesi, o sia necessaria la somministrazione per almeno 3 cicli di ACTH o di corticosteroidi nel corso di un anno malgrado la terapia con Betaferon, il trattamento con Betaferon deve essere interrotto. 4.3 Controindicazioni. - Inizio del trattamento in gravidanza (vedere paragrafo 4.6 Gravidanza e allattamento). - Pazienti con pregressa storia di ipersensibilità all’interferone beta naturale o ricombinante, all’albumina umana o ad uno qualsiasi degli eccipienti. - Pazienti che presentano una grave depressione e/o ideazione suicida (vedere paragrafo 4.4 Avvertenze speciali e precauzioni d’impiego, e paragrafo 4.8 Effetti indesiderati). - Pazienti con scompenso epatico (vedere paragrafi 4.4, 4.5 e 4.8). 4.4 Avvertenze speciali e precauzioni di impiego. Alterazioni del sistema immunitario - La somministrazione di citochine a pazienti con preesistente gammopatia monoclonale è stata associata con lo sviluppo della sindrome da alterata permeabilità capillare sistemica, con sintomatologia shock-simile ed esito fatale. Alterazioni dell’apparato gastrointestinale - In rari casi è stata osservata pancreatite durante l’uso di Betaferon, spesso associata a ipertrigliceridemia. Alterazioni del sistema nervoso - Betaferon deve essere somministrato con prudenza nei pazienti che presentano o che hanno presentato disturbi depressivi, in particolare in quelli con precedenti di ideazione suicida (vedere paragrafo 4.3). E’ noto che la depressione e l’ideazione suicida si manifestano più frequentemente nei pazienti affetti da sclerosi multipla e in associazione all’uso di interferone. I pazienti in trattamento con Betaferon devono segnalare immediatamente qualsiasi sintomo di depressione e/o ideazione suicida al medico. I pazienti che manifestino depressione devono essere strettamente monitorati durante la terapia con Betaferon e trattati adeguatamente. Deve essere considerata la sospensione del trattamento con Betaferon (vedere anche paragrafi 4.3 e 4.8). Betaferon deve essere somministrato con cautela nei pazienti con pregressa storia di convulsioni e in quelli trattati con antiepilettici, in modo particolare se l’epilessia non è adeguatamente controllata con anti-epilettici (vedere paragrafi 4.5 e 4.8). Poiché questo prodotto contiene albumina umana può comportare un rischio potenziale di trasmissione di malattie virali. Il rischio di trasmissione della malattia di Creutzfeld-Jacob (CJD) non può essere escluso. Test di laboratorio - Nei pazienti con pregressa storia di disfunzione tiroidea sono raccomandati test di funzionalità tiroidea o secondo indicazione clinica. Prima di iniziare il trattamento con Betaferon e ad intervalli regolari in corso di terapia, oltre ai test di laboratorio normalmente richiesti per il monitoraggio di pazienti con sclerosi multipla devono essere effettuati una conta completa delle cellule ematiche ed una conta leucocitaria differenziale, una conta delle piastrine ed esami chimici del sangue, tra * Prodotto per ingegneria genetica da un ceppo di Escherichia coli.

cui i test di funzionalità epatica (ad es. AST (SGOT), ALT (SGPT) e γ-GT), da ripetere poi periodicamente in assenza di sintomi clinici. I pazienti con anemia, trombocitopenia o leucopenia (da sole o in qualsiasi combinazione) possono richiedere un monitoraggio più accurato della conta completa delle cellule ematiche, associata a conta differenziale e piastrinica. I soggetti che vanno incontro a neutropenia dovranno essere accuratamente monitorati per la possibile insorgenza di febbre o di infezioni. Si sono avute segnalazioni di trombocitopenia con notevole diminuzione della conta piastrinica. Alterazioni del sistema epatobiliare - Aumenti asintomatici delle transaminasi sieriche, nella maggior parte dei casi leggere e transitorie, si sono verificati comunemente in pazienti trattati con Betaferon durante gli studi clinici. Come per gli altri interferoni beta, lesioni epatiche gravi, inclusi i casi di insufficienza epatica, sono stati riportati raramente nei pazienti che assumono Betaferon. Gli eventi più gravi si sono presentati spesso in pazienti esposti ad altri farmaci o sostanze note per essere associate con epatotossicità o in presenza di condizione medica di comorbidità (per esempio malattia maligna metastatica, infezione grave e sepsi, abuso di alcol). I pazienti devono essere controllati per i sintomi della lesione epatica. Il riscontro di un innalzamento delle transaminasi sieriche richiede attenta sorveglianza ed analisi. Si raccomanda di prendere in considerazione la sospensione del trattamento con Betaferon in caso di incremento significativo dei livelli o di presenza contemporanea di sintomi clinici, come ad esempio l’ittero. In assenza di evidenza clinica di un danno epatico e dopo normalizzazione dei livelli degli enzimi epatici, si può considerare di riprendere il trattamento effettuando un appropriato monitoraggio delle funzioni epatiche. Alterazioni renali e delle vie urinarie - Si raccomanda di usare cautela e di monitorare attentamente i pazienti con grave insufficienza renale qualora venga loro somministrato interferone beta. Alterazioni cardiache - Betaferon deve essere somministrato con cautela nei pazienti affetti da preesistenti alterazioni cardiache. I pazienti con significativi disturbi cardiaci preesistenti, ad esempio insufficienza cardiaca congestizia, malattia coronarica o aritmia, devono essere monitorati per il possibile peggioramento delle condizioni cardiache, in particolare all’inizio del trattamento con Betaferon. Mentre Betaferon non presenta nessuna tossicità cardiaca nota ad azione diretta, i sintomi della sindrome simil-influenzale associati agli interferoni beta possono rivelarsi stressanti per pazienti affetti da significativa malattia cardiaca preesistente. Durante il periodo successivo all’immissione in commercio molto raramente è stato riferito un peggioramento delle condizioni cardiache in soggetti con significativa malattia cardiaca preesistente, temporaneamente associato all’inizio della terapia con Betaferon. Sono stati riferiti rari casi di cardiomiopatia. Se ciò dovesse verificarsi e fosse sospettata una correlazione con Betaferon, il trattamento deve essere interrotto. Disordini generali e alterazioni del sito di somministrazione - Si possono riscontrare reazioni serie di ipersensibilità (rare reazioni acute gravi come broncospasmo, anafilassi e orticaria). In presenza di reazioni gravi, Betaferon deve essere sospeso e va istituito un intervento medico appropriato. Nei pazienti in trattamento con Betaferon (vedere paragrafo 4.8), è stata riferita la comparsa di necrosi nella sede di iniezione. Questa può essere estesa e può interessare lo strato muscolare così come lo strato adiposo causando quindi la formazione di cicatrici. Occasionalmente è necessario lo sbrigliamento e, meno frequentemente, un innesto cutaneo e la guarigione può richiedere fino a 6 mesi. Si debbono avvertire i pazienti di consultare il proprio medico prima di continuare il trattamento con Betaferon qualora notino fissurazioni cutanee che possono essere associate con gonfiore o fuoriuscita di liquido dalla sede di iniezione. Nei pazienti con lesioni multiple Betaferon deve essere interrotto fino a guarigione avvenuta. I pazienti con lesioni singole possono continuare il trattamento con Betaferon a condizione che la necrosi non sia troppo estesa, poiché alcuni pazienti hanno riscontrato la guarigione delle lesioni cutanee necrotiche mentre erano ancora in trattamento con Betaferon. Per ridurre al minimo il rischio di necrosi nella sede di iniezione è necessario informare il paziente di: • adottare tecniche di iniezione in asepsi • alternare le sedi di iniezione ad ogni somministrazione. L’incidenza delle reazioni nella sede d’iniezione può essere ridotta con un autoiniettore. Nello studio pilota con pazienti che abbiano manifestato un singolo evento clinico indicativo di sclerosi multipla, è stato usato un autoiniettore nella maggior parte dei casi. Le reazioni e le necrosi nel sito d’iniezione sono state osservate con minore frequenza in questo studio che negli altri studi pilota. Le procedure di autoiniezione devono essere riverificate periodicamente specialmente nel caso in cui si siano verificate reazioni nella sede d’iniezione. Immunogenicità - Come per tutte le proteine per uso terapeutico, è presente un potenziale di immunogenicità. In studi clinici controllati, sono stati raccolti campioni di siero ogni tre mesi per monitorare lo sviluppo di anticorpi al Betaferon. Nei differenti studi clinici controllati riguardanti la sclerosi multipla recidivante-remittente e la sclerosi multipla secondaria progressiva, il 23% - 41% dei pazienti ha sviluppato un’attività sierica neutralizzante per l’interferone beta-1b confermata da almeno due titolazioni positive consecutive; di tali pazienti il 43% - 55% è passato a uno stato negativo stabile degli anticorpi (basato su due titolazioni negative consecutive) durante il successivo periodo di osservazione del rispettivo studio. In questi studi lo sviluppo di attività neutralizzante è associato ad una riduzione dell’efficacia clinica solo per quanto riguarda l’insorgenza di recidive. Alcune analisi suggeriscono che questa riduzione di efficacia possa essere maggiore nei pazienti con alti livelli di attività neutralizzante. Nello studio condotto con pazienti che abbiano manifestato un singolo evento clinico indicativo di una sclerosi multipla, l’attività neutralizzante misurata ogni 6 mesi è stata osservata almeno una volta nel 32% (89) dei pazienti trattati immediatamente con Betaferon; di questi, il 60% (53) è risultato negativo entro 5 anni anni in base all’ultima valutazione disponibile. Nel corso di questi anni, lo sviluppo di un’attività neutralizzante era associato ad un significativo aumento di nuove lesioni attive e del volume delle lesioni T2 alla risonanza magnetica. Tuttavia questo non sembrava essere associata alla riduzione dell’efficacia clinica (riguardo al tempo di sviluppo di sclerosi multipla clinicamente definita (CDMS) e di progressione confermata sulla scala EDSS ed del grado di recidive). Nuovi eventi avversi non sono stati associati allo sviluppo dell’attività neutralizzante. E’ stato dimostrato in vitro che Betaferon ha una reazione crociata con l’interferone beta naturale. Tuttavia, ciò non è stato indagato in vivo e il suo significato clinico è incerto. Ci sono pochi e incoerenti dati su pazienti che hanno sviluppato attività neutralizzante e che hanno completato il trattamento con Betaferon. La decisione se proseguire o meno il trattamento deve essere basata su tutti gli aspetti correlati alla malattia piuttosto che sulla sola positività agli anticorpi neutralizzanti. 4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione. Non sono stati effettuati studi di interazione. L’effetto della somministrazione a giorni alterni di 250 microgrammi (8,0 milioni di UI) di Betaferon sul metabolismo di farmaci in pazienti con sclerosi multipla non è noto. La somministrazione, per periodi fino a 28 giorni, di corticosteroidi o di ACTH per la terapia delle recidive è risultata ben tollerata dai soggetti in trattamento con Betaferon. Data la mancanza di esperienza clinica, nei pazienti con sclerosi multipla l’uso concomitante di Betaferon e di immunomodulatori diversi dai corticosteroidi o dall’ACTH è sconsigliato. E’ stato segnalato che gli interferoni riducono l’attività degli enzimi epatici dipendenti dal citocromo P450 nell’uomo e negli animali. E’ necessario essere prudenti nei casi in cui Betaferon venga somministrato in associazione a farmaci che presentano un ristretto indice terapeutico e la cui clearance è largamente dipendente dal sistema del citocromo P450 epatico, ad esempio gli antiepilettici. Ulteriore cautela deve essere adottata in caso di associazione con farmaci che abbiano effetti sul sistema ematopoietico. Non sono stati condotti studi d’interazione con antiepilettici. 4.6 Gravidanza e allattamento. • Gravidanza Le informazioni relative all’uso di Betaferon in gravidanza sono limitate. I dati disponibili indicano che può esserci un rischio maggiore di aborto spontaneo. L’inizio del trattamento


durante la gravidanza è controindicato (vedere paragrafo 4.3). • Donne in età fertile Le donne in età fertile devono adottare adeguati metodi contraccettivi. Se la paziente rimane incinta o programma di avviare una gravidanza nel periodo in cui sta utilizzando Betaferon, deve essere informata sui rischi potenziali e deve essere considerata la sospensione della terapia (vedere paragrafo 5.3). In pazienti con un alto grado di recidive prima dell’inizio del trattamento, deve essere valutato il rischio di una recidiva grave in seguito alla sospensione di Betaferon in caso di gravidanza rispetto al possibile maggior rischio di aborto spontaneo. • Allattamento Non è noto se l’interferone beta-1b venga escreto nel latte materno. A causa del rischio potenziale di reazioni avverse gravi nel lattante, occorre decidere se sospendere l’allattamento o sospendere il trattamento con Betaferon. 4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari. Non sono stati effettuati studi sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari. Eventi avversi a livello del sistema nervoso centrale associati all’uso di Betaferon potrebbero influenzare, in pazienti sensibili, la capacità di guidare veicoli e di usare macchinari. 4.8 Effetti indesiderati. a) All’inizio del trattamento le reazioni avverse sono comuni, ma generalmente queste diminuiscono con la prosecuzione del trattamento. Le reazioni avverse osservate con maggiore frequenza comprendono un complesso sintomatolo-

gico simil-influenzale (febbre, brividi, artralgia, malessere generale, sudorazione, cefalea o mialgia) e reazioni a livello della sede d’iniezione, principalmente dovuti agli effetti farmacologici del medicinale. Dopo somministrazione di Betaferon si sono verificate frequentemente reazioni nella sede di iniezione. Eritema, gonfiore, alterazioni del colorito della cute, infiammazione, dolore, ipersensibilità, necrosi e reazioni aspecifiche sono state associate significativamente al trattamento con 250 microgrammi (8 milioni di UI) di Betaferon. In linea generale, si raccomanda una titolazione della dose all’inizio del trattamento al fine di aumentare la tollerabilità del Betaferon (vedere paragrafo 4.2). I sintomi simil-influenzali possono essere ridotti anche con la somministrazione di farmaci antinfiammatori non steroidei. L’incidenza delle reazioni nel sito d’iniezione può essere ridotta con l’uso di un autoiniettore. b) Il seguente elenco di eventi avversi si basa sui risultati degli studi clinici (tabella 1, eventi avversi e anomalie degli esami di laboratorio) e sull’osservazione postmarketing (tabella 2, valori basati sulle segnalazioni spontanee di reazioni avverse classificate come molto comuni >_ 1/10, comuni >_ 1/100 - < 1/10, non comuni >_ 1 /1.000 - < 1/100, rare >_ 1/10.000 - < 1/1.000, molto rare < 1/10.000) dell’uso di Betaferon. L’esperienza con Betaferon in pazienti con SM è limitata, quindi gli eventi avversi che si verificano molto raramente possono non essere stati ancora osservati.

Tabella 1 (eventi avversi e anomalie degli esami di laboratorio con valori di frequenza _> 10% e le rispettive percentuali inferiori al placebo; effetti indesiderati associati in maniera significativa < 10%) Viene usato il termine MedDRA più adatto per descrivere una determinata reazione, i suoi sinonimi e le patologie correlate. Classificazione per sistemi e organi Evento avverso e anomalie degli esami di laboratorio

Singolo evento indicativo di sclerosi multipla (BENEFIT) # Betaferon 250 microgrammi (Placebo) n=292 (n=176)

Infezioni e infestazioni Infezione 6% (3%) Ascesso 0% (1%) Patologie del sistema emolinfopoietico Diminuzione conta linfocitaria (<1500/mm3)x^° 79% (45%) 11% (2%) Diminuzione conta assoluta neutrofili (<1500/mm3)x^*° Diminuzione conta leucocitaria (<3000/mm3)x^*° 11% (2%) Linfoadenopatia 1% (1%) Disturbi del metabolismo e della nutrizione x Glicemia ridotta (< 55 mg/dl) 3% (5%) Disturbi psichiatrici Depressione 10% (11%) Ansia 3% (5%) Patologie del sistema nervoso Cefalea^ 27% (17%) Vertigini 3% (4%) Insonnia 8% (4%) Emicrania 2% (2%) Parestesia 16% (17%) Patologie dell’occhio Congiuntivite 1% (1%) Anomalie della visione^ 3% (1%) Patologie dell’orecchio e del labirinto Otalgia 0% (1%) Patologie cardiache Palpitazioni* 1% (1%) Patologie vascolari Vasodilatazione 0% (0%) Ipertensione° 2% (0%) Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche Infezione delle vie respiratorie superiori 18% (19%) Sinusite 4% (6%) Aumento della tosse 2% (2%) Dispnea* 0% (0%) Patologie gastrointestinali Diarrea 4% (2%) Costipazione 1% (1%) Nausea 3% (4%) Vomito^ 5% (1%) Dolore addominale° 5% (3%) Patologie epatobiliari Aumento dell’alanina aminotransferasi 18% (5%) (SGPT > 5 volte il basale)x^*° Aumento dell’aspartato aminotransferasi 6% (1%) (SGOT > 5 volte il basale)x^*° Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Disturbi della pelle 1% (0%) Rash^° 11% (3%) Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo Ipertonia° 2% (1%) Mialgia*° 8% (8%) Miastenia 2% (2%) Dolore alla schiena 10% (7%) Dolori alle estremità 6% (3%) Patologie renali e urinarie Ritenzione urinaria 1% (1%) Presenza di proteine nelle urine (> 1+)x 25% (26%) Frequenza della minzione 1% (1%) Incontinenza urinaria 1% (1%) Urgenza di minzione 1% (1%) Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella Dismenorrea 2% (0%) Disturbi mestruali* 1% (2%) Metrorragie 2% (0%) Impotenza 1% (0%) Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione Reazione nella sede d’iniezione (di vario tipo)^*°§ 52% (11%) Necrosi nella sede d’iniezione° 1% (0%) Sintomi simil-influenzali&^*° 44% (18%) Febbre^*° 13% (5%) Dolore 4% (4%) Dolore toracico° 1% (0%) Edema periferico 0% (0%) Astenia* 22% (17%) Brividi^*° 5% (1%) Sudorazione* 2% (1%) Malessere* 0% (1%)

Sclerosi Multipla Progressiva Secondaria (Studio Europeo) Betaferon 250 microgrammi (Placebo) n=360 (n=358)

Sclerosi Multipla Progressiva Secondaria (Studio Nord Americano) Betaferon 250 microgrammi (Placebo) n=317(n=308)

Betaferon 250 microgrammi (Placebo) n=124 (n=123)

13% (11%) 4% (2 %)

11% (10%) 4% (5%)

14% (13%) 1% (6%)

53% (28%) 18% (5%) 13% (4%) 3% (1 %)

88% (68%) 4% (10%) 13% (4%) 11% (5%)

82% (67%) 18% (5%) 16% (4%) 14% (11%)

27% (27%)

5% (3%)

15 % (13%)

24% (31%) 6% (5%)

44% (41%) 10% (11%)

25% (24%) 15% (13%)

47% (41%) 14% (14%) 12% (8%) 4% (3%) 35% (39%)

55% 28% 26% 5% 40%

(46%) (26%) (25%) (4%) (43%)

84% (77%) 35% (28%) 31% (33%) 12% (7%) 19% (21%)

2% (3%) 11% (15%)

6% (6%) 11% (11%)

12% (10%) 7% (4%)

<1% (1%)

6% (8%)

16% (15%)

2% (3%)

5% (2%)

8% (2%)

6% (4%) 4% (2%)

13% (8%) 9% (8%)

18% (17%) 7% (2%)

3% (2%) 6% (6%) 5% (10%) 3% (2%)

16% (18%) 11% (15%) 8% (6%)

36% (26%) 31% (23%) 8% (2%)

21% 22% 32% 10% 18%

35% 24% 48% 21% 32%

7% (10%) 12% (12%) 13% (13%) 4% (6%) 11% (6%)

(19%) (24%) (30%) (12%) (16%)

Sclerosi Multipla RecidivanteRemittente

(29%) (18%) (49%) (19%) (24%)

14% (5%)

4% (2%)

19% (6%)

4% (1%)

2% (1%)

4% (0%)

4% (4%) 20% (12%)

19% (17%) 26% (20%)

6% (8%) 27% (32%)

41% (31%) 23% (9%) 39% (40%) 26% (24%) 14% (12%)

57% 19% 57% 31%

(57%) (29%) (60%) (32%)

26% 44% 13% 36% 0%

4% (6%) 14% (11%) 6% (5%) 8% (15%) 8% (7%)

15% 5% 12% 20% 21%

(13%) (5%) (11%) (19%) (17%)

<1% (<1%) 9% (13%) 12% (6%) 7% (4%)

6% (5%) 10% (8%) 10% (10%) 10% (11%)

18% (11%) 17% (8%) 15% (8%) 2% (1%)

78% (20%) 5% (0%) 61% (40%) 40% (13%) 31% (25%) 5% (4%) 7% (7%) 63% (58%) 23% (7%) 6% (6%) 8% (5%)

89% (37%) 6% (0%) 43% (33%) 29% (24%) 59% (59%) 15% (8%) 21% (18%) 64% (58%) 22% (12%) 10% (10%) 6% (2%)

85% (37%) 5% (0%) 52% (48%) 59% (41%) 52% (48%) 15% (15%) 7% (8%) 49% (35%) 46% (19%) 23% (11%) 15% (3%)

5% 3% 2% 4%

(24%) (28%) (10%) (37%) (0 %) (3%) (5%) (1%) (2%)


Anomalia esame di laboratorio ^ Associato in misura significativa al trattamento con Betaferon in pazienti che abbiano manifestato un primo evento indicativo di SM, p < 0,05 * Associato in misura significativa al trattamento con Betaferon per RRMS, p < 0.05 ° Associato in misura significativa al trattamento con Betaferon per SPMS, p < 0.05 § Le reazioni del sito d’iniezione (diverse varianti) comprendono tutte le reazioni avverse a livello del sito d’iniezione, vale a dire: emorragie nel sito d’iniezione, ipersensibilità nel sito d’iniezione, infiammazione nel sito d’iniezione, ascesso a livello del sito d’iniezione, necrosi nel sito d’iniezione, dolore nel sito d’iniezione, reazioni nel sito d’iniezione, edema nel sito d’iniezione e atrofia nel sito d’iniezione & Il complesso di sintomi similinfluenzali comprende una sindrome influenzale e/o una combinazione di almeno due reazioni avverse tra le seguenti: febbre, brividi, mialgia, malessere, sudorazione # Durante il terzo anno dello studio BENEFIT follow-up non sono state osservate variazioni del profilo di rischio noto per Betaferon. x

Viene usato il termine MedDRA più adatto per descrivere una determinata reazione, i suoi sinonimi e le patologie correlate.

Tabella 2 (valori (molto comuni >_ 1/10, comuni >_ 1/100 - < 1/10, non comuni >_ 1/1.000 - < 1/100, rari >_ 1/10.000 - < 1/1.000, molto rari < 1/10.000) sulla base sulla segnalazione spontanea di eventi avversi da parte del farmaco). Classificazione per sistemi e organi

Molto comuni _ > 1/10

Comuni da > _ 1/100 a < 1/10

Patologie del sistema emolinfopoietico Disturbi del sistema immunitario Patologie endocrine

Non comuni da _ > 1/1.000 a < 1/100

Rari da _ > 1/10.000 a < 1/1.000

Anemia, Trombocitopenia, Leucopenia

Linfadenopatia Reazioni anafilattiche

Disturbi del metabolismo e della nutrizione Disturbi psichiatrici

Depressione (vedere anche paragrafo 4.4)

Patologie del sistema nervoso Patologie cardiache Patologie vascolari Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche Patologie gastrointestinali Patologie epatobiliari

Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione

Ipertiroidismo, Ipotiroidismo, Disturbi della tiroide Aumento dei trigliceridi nel sangue, Anoressia Confusione, Ansia, Instabilità emotiva, Tentativo di suicidio (vedere anche paragrafo 4.4) Convulsioni Cardiomiopatia, Tachicardia, Palpitazioni

Ipertensione Bronco-spasmo, Dispnea Vomito, Nausea Aumento dell’alanina amino-transferasi, Aumento dell’aspartato amino-transferasi Orticaria, Rash, Prurito, Alopecia Mialgia, Ipertonia

Pancreatite Aumento della bilirubinemia, Aumento della gammaglutamil-transferasi, Epatite Alterazione del colorito cutaneo

Disturbi mestruali Sintomi similinfluenzali*, Brividi*, Febbre*, Reazioni nella sede d’iniezione*, Infiammazione nella sede d’iniezione* , Dolore nella sede d’iniezione

Indagini diagnostiche * frequenze basate sugli studi clinici

Necrosi nella sede d’iniezione*

Dolore toracico, Malessere, Sudorazione

Perdita di peso

Viene usato il termine MedDRA più adatto per descrivere una determinata reazione, i suoi sinonimi e le patologie correlate. All’interno di ciascuna classe di frequenza, gli effetti indesiderati sono riportati in ordine decrescente di gravità. 4.9 Sovradosaggio. L’interferone beta-1b è stato somministrato senza eventi avversi gravi che compro- CI 95% (0,55, 0,86), p= 0,0010 corrispondente ad una diminuzione del rischio pari al 31% attribuibile a mettano le funzioni vitali a pazienti adulti portatori di neoplasia maligna a dosi individuali fino a 5.500 Betaferon) e nel tempo necessario a divenire dipendenti dalla sedia a rotelle (Hazard Ratio = 0,61, CI 95% (0,44, 0,85), p= 0,0036 corrispondente ad una diminuzione del rischio pari al 39% attribuibile a microgrammi (176 milioni di UI) per via endovenosa tre volte alla settimana. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE. 5.1 Proprietà farmacodinamiche. Categoria farmacotera- Betaferon). Tale effetto è continuato durante il periodo di osservazione fino a 33 mesi. L’effetto del trattapeutica: Citochine, Interferoni, Codice ATC: L03 AB 08. Gli interferoni appartengono alla famiglia delle cito- mento è stato riscontrato nei pazienti a tutti i livelli di disabilità monitorati e indipendentemente dall’attichine, che sono proteine di origine naturale. Gli interferoni hanno un peso molecolare compreso tra 15.000 vità delle recidive. Nel secondo studio con Betaferon in pazienti con sclerosi multipla secondaria progrese 21.000 Dalton. Sono state identificate tre classi principali di interferoni: alfa, beta e gamma. L’interferone siva non è stato osservato alcun ritardo nel tempo di progressione della disabilità. Esiste prova che i alfa, l’interferone beta e l’interferone gamma possiedono attività biologiche sovrapponibili, ma distinte. Le pazienti compresi in tale studio presentavano una malattia complessivamente meno attiva rispetto ai attività dell’interferone beta-1b sono specie-specifiche e, di conseguenza, le informazioni farmacologiche pazienti dell’altro studio sulla sclerosi multipla secondaria progressiva. In meta-analisi retrospettive che più pertinenti sull’interferone beta-1b derivano da studi su cellule umane in coltura o da studi in vivo nel- comprendevano i dati di entrambi gli studi, è stato osservato un effetto complessivo del trattamento che l’uomo. E’ stato dimostrato che l’interferone beta-1b possiede proprietà sia antivirali sia immunomodulan- era statisticamente significativo (p=0,0076; 8 milioni di UI di Betaferon contro tutti i pazienti trattati con ti. I meccanismi mediante i quali l’interferone beta-1b esercita i suoi effetti nella sclerosi multipla non sono placebo). Delle analisi retrospettive per sottogruppi hanno evidenziato che un effetto del trattamento sulla ancora chiaramente definiti. Comunque, è noto che le proprietà dell’interferone beta-1b di modificare la progressione della disabilità è più probabile nei soggetti che presentano la malattia in forma attiva prima risposta biologica sono mediate dalla sua interazione con recettori cellulari specifici localizzati sulla super- di intraprendere il trattamento (Hazard Ratio 0,72, CI 95% (0,59, 0,88), p=0,0011 corrispondente ad una ficie delle cellule umane. Il legame dell’interferone beta-1b con questi recettori induce l’espressione di una riduzione del rischio pari al 28% attribuibile a Betaferon nei pazienti con recidive o con una progressioserie di prodotti genici, che si ritiene siano i mediatori delle attività biologiche dell’interferone beta-1b. Un ne EDSS pronunciata, 8 milioni di UI di Betaferon contro tutti i pazienti trattati con placebo). Da tali anacerto numero di questi prodotti è stato determinato nelle frazioni sierica e cellulare del sangue prelevato da lisi retrospettive per sottogruppi non è risultata alcuna evidenza che suggerisse che le recidive, così come pazienti trattati con l’interferone beta-1b. L’interferone beta-1b da un lato riduce l’affinità di legame, dall’al- una progressione EDSS pronunciata (EDSS >1 punto o > 0,5 punto per EDSS >=6 nei due anni precetro incrementa l’internalizzazione e la degradazione dei recettori per l’interferone gamma. L’interferone beta- denti) possano aiutare ad identificare i pazienti con la malattia in forma attiva. In entrambi gli studi, i 1b inoltre potenzia l’attività soppressiva delle cellule mononucleate del sangue periferico. Non sono stati pazienti affetti da sclerosi multipla secondaria progressiva trattati con Betaferon hanno presentato una effettuati studi specifici riguardo all’influenza di Betaferon sui sistemi cardiovascolare e respiratorio e sulla riduzione della frequenza (30%) delle recidive cliniche. Non vi è prova di un possibile effetto di Betaferon funzionalità degli organi endocrini. Studi clinici: Sclerosi multipla recidivante remittente: E’ stato condotto sulla durata delle esacerbazioni. Singolo evento demielinizzante indicativo di sclerosi multipla: Uno stuuno studio clinico controllato sull’uso di Betaferon in pazienti con sclerosi multipla recidivante remittente dio clinico controllato è stato condotto con Betaferon in pazienti che avessero manifestato un singolo e autonomia deambulatoria (EDSS basale da 0 a 5,5). I pazienti trattati con Betaferon hanno presentato una evento clinico con referto RM indicativo di sclerosi multipla (almeno due lesioni clinicamente silenti nella riduzione della frequenza (30%) e della gravità delle recidive cliniche nonché del numero di ricoveri lega- RM pesata in T2). Sono stati inclusi pazienti con inizio della malattia monofocale o multifocale (vale a dire ti alla malattia. Inoltre vi era un prolungamento dell’intervallo libero da recidive. Non vi è alcuna prova di pazienti con evidenza clinica di una lesione singola o almeno di due lesioni, rispettivamente, del sistema un effetto del Betaferon sulla durata delle esacerbazioni o sui sintomi presenti nell’intervallo tra le esacer- nervoso centrale). È stato necessario escludere eventuali altre patologie, diverse dalla sclerosi multipla, bazioni e non è stato osservato alcun effetto sulla progressione della malattia nella sclerosi multipla recidi- che potessero spiegare meglio i segni e i sintomi del paziente. Questo studio è stato suddiviso in due fasi: vante-remittente. Sclerosi multipla secondaria progressiva: Sono stati condotti due studi clinici controllati una fase controllata con placebo, seguita da una fase programmata di follow-up. La fase controllata con con Betaferon su 1657 pazienti con sclerosi multipla secondaria progressiva (EDSS basale da 3 a 6,5, placebo è durata 2 anni, o fino a che il paziente ha sviluppato una sclerosi multipla clinicamente definita ovvero pazienti con autonomia deambulatoria). I pazienti con una forma leggera della malattia e pazienti (CDMS), a seconda dell’evento verificatosi per primo. Dopo la fase controllata con placebo, i pazienti incapaci di camminare non sono stati esaminati. I due studi hanno dimostrato risultati incoerenti per quan- hanno iniziato una fase programmata di follow-up con Betaferon per valutare gli effetti dell'inizio immeto riguarda il tempo finale intercorrente ad una progressione confermata, a rappresentazione di un ritardo diato del trattamento con Betaferon rispetto all'inizio ritardato, mettendo a confronto pazienti inizialmente della progressione della disabilità. Uno di questi due studi ha dimostrato per i pazienti trattati con Betaferon randomizzati per Betaferon ("gruppo trattamento immediato") o per placebo ("gruppo trattamento ritardaun ritardo statisticamente significativo nel tempo della progressione della disabilità (Hazard Ratio = 0,69, to"). I pazienti e i medici sperimentatori non erano a conoscenza dell'assegnazione iniziale a un tipo di


trattamento. Nella fase controllata con placebo, con Betaferon è stato osservato un ritardo statisticamente significativo e clinicamente imponente della progressione dal primo evento clinico alla CDMS. L’effetto Tabella 3 Risultati di efficacia primaria degli studi BENEFIT e BENEFIT follow-up. Risultati anno 2 Fase controllata con placebo Placebo Betaferon 250 mcg

Numero di pazienti che hanno completato la fase di studio Variabili di efficacia primaria Tempo di sviluppo della CDMS Stime di Kaplan-Meier Riduzione del rischio

n=292 271 (93%)

n=176 166 (94%)

28% 45% 47% versus placebo

Rapporto di rischio con intervallo di confidenza del 95% log-rank test

HR = 0,53 [0,39; 0,73] p < 0,0001 Betaferon ha aumentato di 363 giorni il tempo di sviluppo della CDMS, dai 255 giorni del gruppo placebo ai 618 giorni del gruppo Betaferon (basato sul 25° percentile) Tempo di sviluppo della SM secondo McDonald Stime di Kaplan-Meier 69% 85% Riduzione del rischio 43% versus placebo Rapporto di rischio con intervallo HR = 0,57 [0,46; 0,71] di confidenza del 95% p < 0,00001 log-rank test Tempo di sviluppo della progressione confermata sulla scala EDSS Stime di Kaplan-Meier Nessun endpoint primario Riduzione del rischio Rapporto di rischio con intervallo di confidenza del 95% log-rank test

L’analisi dei sottogruppi secondo i fattori basali ha dimostrato un’efficacia sostanziale sulla progressione verso la CDMS in tutti i sottogruppi studiati. Il rischio di progressione verso la CDMS entro 2 anni è stato maggiore nei pazienti con manifestazioni monofocali e almeno 9 lesioni T2 o intensificazione con Gd alla RM cerebrale basale. Nei pazienti con manifestazioni multifocali, il rischio di CDMS era indipendente dai referti della RM basale, indicanti un alto rischio di CDMS a causa della disseminazione della malattia sulla base di dati clinici. Non esiste una definizione universalmente accettata per un paziente ad alto rischio, anche se un approccio più cauto è di accettare almeno 9 lesioni T2 iperintense alla scansione iniziale e almeno una nuova lesione T2 o una nuova lesione con intensificazione con gadolinio (Gd) nella scansione di follow-up almeno 1 mese dopo la scansione iniziale. In ogni caso, il trattamento va considerato solo per i pazienti classificati ad alto rischio. La terapia con Betaferon è stata ben accettata, come dimostrato dall’alta percentuale di completamento dello studio ( 93% nel gruppo trattato con Betaferon). Per aumentare la tollerabilità del Betaferon, la dose è stata titolata e all’inizio del trattamento sono stati somministrati farmaci antinfiammatori non steroidei. Inoltre, la maggior parte dei pazienti ha usato un autoiniettore per tutta la durata dello studio. Nella fase di follow-up in aperto, l’effetto del trattamento sulla CDMS è stato ancora evidente dopo 3 e 5 anni (Tabella 3), anche se la maggior parte dei pazienti del gruppo placebo è stata trattata con Betaferon almeno a iniziare dal secondo anno. La progressione sulla scala EDSS (aumento confermato di almeno un punto sulla scala EDSS in confronto al basale) è stata meno marcata nel gruppo di trattamento immediato (Tabella 3, effetto significativo dopo 3 anni, nessun effetto significativo dopo 5 anni). La maggior parte dei pazienti in entrambi i gruppi di trattamento non ha manifestato alcuna progressione della disabilità nel periodo di 5 anni. Per il trattamento “immediato” non sono state rilevate evidenze sicure di benefici per questo parametro di esito. Non è stato evidenziato beneficio, attribuibile al trattamento immediato con Betaferon, nella qualità della vita (misurato da FAMS – Functional Assessment of MS: Treatment Outcomes Index). Sclerosi multipla recidivante remittente, sclerosi multipla secondaria progressiva e singolo evento demielinizzante indicativo di sclerosi multipla: In tutti gli studi sulla sclerosi multipla, Betaferon è risultato efficace nel ridurre l’attività della malattia (infiammazione acuta a livello del sistema nervoso centrale e alterazioni permanenti dei tessuti) secondo quanto osservato da imaging con risonanza magnetica. Il rapporto fra l’attività della malattia nella sclerosi multipla misurata da imaging con risonanza magnetica e l’esito clinico non è ancora del tutto chiaro. 5.2 Proprietà farmacocinetiche. I livelli sierici di Betaferon sono stati rilevati in pazienti e volontari per mezzo di un saggio biologico non completamente specifico. Tra 1 e 8 ore dopo iniezione sottocutanea di 500 microgrammi (16,0 milioni di UI) di interferone beta-1b sono stati osservati livelli sierici massimi di circa 40 UI/ml. Da vari studi è stato possibile stimare che le velocità medie di “clearance” e le emivite delle fasi di eliminazione dal siero erano al massimo 30 ml·min-1·kg-1 e 5 ore, rispettivamente. L’iniezione del farmaco somministrato a giorni alterni non determina un incremento dei livelli sierici e la farmacocinetica non sembra variare durante la terapia. La biodisponibilità assoluta dell’interferone beta-1b somministrato sottocute era approssimativamente del 50%. 5.3 Dati preclinici di sicurezza. Non sono stati condotti studi di tossicità acuta. Poiché i roditori non reagiscono all’interferone beta umano, studi con dosi ripetute sono stati effettuati su scimmie Rhesus. Sono stati osservati ipertermia transitoria, un innalzamento significativo dei linfociti ed un decremento significativo delle piastrine e dei neutrofili segmentati. Non sono stati condotti studi a lungo termine. Studi sulla riproduzione nelle scimmie Rhesus hanno evidenziato tossicità materna e un aumento delle percentuale di aborti, che danno luogo a mortalità prenatale. Non si sono riscontrate malformazioni negli animali sopravvissuti. Non sono state condotte sperimentazioni sulla fertilità. Non si è osservata alcuna influenza sul ciclo dell’estro nella scimmia. L’esperienza con altri interferoni indica un potenziale di compromissione della fertilità maschile e femminile. In uno studio singolo di genotossicità (test di Ames) non è stato osservato alcun effetto mutageno. Studi di carcinogenesi non sono stati condotti. Un test di trasformazione cellulare in vitro non ha fornito indicazione di potenziale tumorigeno. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE. 6.1 Elenco degli eccipienti - Flaconcino (con polvere per soluzione iniettabile): Albumina umana, Mannitolo - Solvente (soluzione di cloruro di sodio 5,4 mg/ml (0,54% p/v)): Cloruro di sodio, Acqua per preparazioni iniettabili. 6.2 Incompatibilità. Questo medicinale non deve essere miscelato con altri prodotti ad eccezione del solvente fornito menzionato nel paragrafo 6.6. 6.3 Periodo

imponente del trattamento è stato dimostrato anche dal ritardo della progressione verso la sclerosi multipla secondo i criteri di McDonald (Tabella 3). Risultati anno 3 Follow-up in aperto Trattamento Trattamento immediato ritardato Betaferon Betaferon 250 mcg 250 mcg n=292 n=176 249 (85%) 143 (81%)

Risultati anno 5 Follow-up in aperto Trattamento Trattamento immediato ritardato Betaferon Betaferon 250 mcg 250 mcg n=292 n=176 235 (80%) 123 (70%)

37% 51% 41% versus trattamento ritardato con Betaferon HR = 0,59 [0,42; 0,83] p = 0,0011

46% 57% 37% versus trattamento ritardato con Betaferon HR = 0,63 [0,48; 0,83] p = 0,0027

Nessun endpoint primario

Nessun endpoint primario

16% 24% 40% versus trattamento ritardato con Betaferon HR = 0,60 [0,39; 0,92] p = 0,022

25% 29% 24% versus trattamento ritardato con Betaferon HR = 0,76 [0,52; 1,11] p=0,177

di validità. 2 anni. Si raccomanda che il prodotto venga utilizzato immediatamente dopo la ricostituzione. Tuttavia, è stata dimostrata la stabilità del prodotto pronto per l’uso per un tempo massimo di 3 ore, alla temperatura di 2- 8°C. 6.4 Precauzioni particolari per la conservazione. Non conservare a temperatura superiore ai 25°C. Non congelare. Per le condizioni di conservazione del medicinale ricostituito, vedere paragrafo 6.3. 6.5 Natura e contenuto del contenitore. Flaconcino (con polvere per soluzione iniettabile): flaconcino trasparente da 3 ml (vetro tipo I) con tappo in gomma butilica (tipo I) e sigillo in alluminio e Solvente (con soluzione di cloruro di sodio 5,4 mg/ml (0,54% p/v)): siringa preriempita da 2,25 ml (vetro tipo I) contenente 1,2 ml di solvente. Confezioni: - confezione da 5 confezioni singole, ciascuna contenente 1 flaconcino con polvere, 1 siringa preriempita con solvente, 1 adattatore per flaconcino con ago, 2 batuffoli imbevuti d’alcol, oppure - confezione da 15 confezioni singole, ciascuna contenente 1 flaconcino con polvere, 1 siringa preriempita con solvente, 1 adattatore per flaconcino con ago, 2 batuffoli imbevuti d’alcol, oppure - confezione da 14 confezioni singole, ciascuna contenente 1 flaconcino con polvere, 1 siringa preriempita con solvente, 1 adattatore per flaconcino con ago, 2 batuffoli imbevuti d’alcol, oppure - confezione trimestrale da 3x15 confezioni singole, ciascuna contenente 1 flaconcino con polvere, 1 siringa preriempita con solvente, 1 adattatore per flaconcino con ago, 2 batuffoli imbevuti d’alcol oppure - confezione trimestrale da 3x14 confezioni singole, ciascuna contenente 1 flaconcino con polvere, 1 siringa preriempita con solvente, 1 adattatore per flaconcino con ago, 2 batuffoli imbevuti d’alcol, oppure confezione per la titolazione della dose contenente 4 confezioni triple numerate e diversamente colorate: confezione gialla, numero “1” (giorni di trattamento 1, 3 e 5; segno sulla siringa: 0,25 ml), - confezione rossa, numero “2” (giorni di trattamento 7, 9 e 11; segno sulla siringa: 0,5 ml) - confezione verde, numero “3” (giorni di trattamento 13, 15 e 17; segno sulla siringa: 0,75 ml) - confezione blu, numero “4” (giorni di trattamento 19, 21 e 23; segni sulla siringa: 0,25, 0,5, 0,75 e 1 ml). Ogni confezione tripla contiene 3 flaconcini con polvere, 3 siringhe preriempite con solvente, 3 adattatori per flaconcino con ago preinserito e 6 batuffoli imbevuti d’alcol per la pulizia della pelle e del flaconcino. E’ possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate. 6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione. • Ricostituzione: Per ricostituire il liofilizzato di interferone beta-1b per l’iniezione, collegare l’adattatore per flaconcino con ago incorporato sul flaconcino. Collegare la siringa preriempita di solvente all’adattatore per flaconcino e iniettare 1,2 ml del solvente (cloruro di sodio in soluzione 5,4 mg/ml (0,54% p/v)) nel flaconcino di Betaferon. Disciogliere la polvere completamente senza agitare. Dopo la ricostituzione, aspirare 1,0 ml dal flaconcino nella siringa per la somministrazione di 250 microgrammi di Betaferon. Per la titolazione della dose all’inizio del trattamento, aspirare il volume corrispondente come descritto nel paragrafo 4.2 Posologia e modo si somministrazione. Prima dell’iniezione rimuovere il flaconcino con l’adattatore per flaconcino dalla siringa preriempita. Betaferon può anche essere somministrato con un autoiniettore idoneo. • Ispezione prima dell’uso: Controllare visivamente il prodotto ricostituito prima dell’uso. Il prodotto ricostituito è incolore fino a colore giallo chiaro e da leggermente opalescente a opalescente. Scartare il prodotto se contiene particelle in sospensione o se è di colore alterato. • Smaltimento: Il medicinale non utilizzato ed i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente. 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO. Bayer Schering Pharma AG - D-13342 Berlino - Germania. 8. NUMERI DELLE AUTORIZZAZIONI ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO. EU/1/95/003/005 - EU/1/95/003/006 - EU/1/95/003/007 EU/1/95/003/008 - EU/1/95/003/009 - EU/1/95/003/010. 9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE. Data della prima autorizzazione: 30 novembre 1995. Data dell’ultimo rinnovo: 31 gennaio 2006. 10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO. 25 Gennaio 2010. Classificazione ai fini della rimborsabilità e prezzo: CLASSE A - Nota 65 Prezzo al pubblico Euro 1412,79 - Prezzo ex-factory Euro 856,01 Il prezzo indicato non comprende le riduzioni temporanee (determinazioni AIFA 2006-2007)


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