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GLI IMPEGNI OTTENUTI AL FORUM PIÙ VALORE LUNGO LA FILIERA

DALL’ETICHETTA ALL’ACQUA, GLI IMPEGNI OTTENUTI AL FORUM COLDIRETTI

DISTRIBUIRE IN MODO PIÙ EQUO IL VALORE LUNGO LA FILIERA

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Durante il Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione organizzato da Coldiretti la questione agricola è stata affrontata in una visione a 360 gradi senza perdere di vista l’attualità segnata ancora dal Covid e dai rischi di un ennesimo pesante impatto sulle filiere e le imprese. “L’impoverimento della redditualità delle aziende agricole rientra in una pianificazione di indebolimento del settore ma Coldiretti creerà le condizioni per un piano strategico che parte dalle aziende e che ci consentirà di raccogliere le sfide”, ha affermato il Presidente Nazionale Ettore Prandini. Inevitabile il riferimento al Nutriscore che rientra in questo quadro di delegittimazione delle migliore produzioni agroalimentari made in Italy. I cibi sintetici tolgono identità al cibo e puntano all’omologazione: la carne in provetta è solo il primo atto a cui seguiranno carni bianche, formaggi e ortofrutta e vino, la strumentalizzazione è il tema della sostenibilità. “Per questo sosteniamo la necessità di una strategia che metta in condizione di contrastare questa informazione globale per esaltare invece il patrimonio di biodiversità e di cibi legati alla storia agroalimentare e al territorio. E se le eccellenze tradizionali sono raddoppiate dagli anni Duemila a oggi lo si deve al traino esercitato dalla rete dei Farmer’s market di Campagna Amica che è oggi oltre che una primaria piattaforma distributiva anche una piattaforma culturale. Sui mercati contadini, che la Coldiretti ha trasformato in una “coalizione” mondiale”, ha aggiunto Prandini. La multidimensionalità dei farmer’s market si qualificano sempre di più come luoghi dove le attività di vendita di prodotti sani e freschi si intrecciano con funzioni didattiche, di educazione dei cittadini al modello di prossimità. Si tratta di strutture alla base di un nuovo modello possibile di sviluppo della città che gioca le carte dell’inclusione e della socialità. Prioritario rafforzare la posizione di tutte le imprese agricole, dell’allevamento e florovivaistiche, cavalcando con coraggio le nuove tecnologie dalle rinnovabili alla cisgenetica e Nbt fino alla digitalizzazione e l’utilizzo dei droni, dei satelliti e di tutte le attrezzature meccaniche più evolute ricordando che l’industria meccanica nazionale è un riferimento a livello mondiale. “L’agricoltura è pronta a cogliere sfide e opportunità oggi tangibili ma chiede di competere ad armi pari a livello nazionale ed europeo. Una delle emergenze del settore è proprio il mancato riconoscimento della giusta redditualità ai produttori. Le nuove regole sul contrasto alle pratiche sleali commerciali introdotte in Italia aiuteranno a distribuire in modo più equo il valore lungo la filiera”, ha continuato Prandini. Una ripresa che passa da nuovi investimenti. Una tabella serrata con interventi sulle agroenergie che coinvolgono anche il settore agricolo dal fotovoltaico al biometano. Sul digestato, in particolare, è stato ricordato come sia un elemento sostitutivo della chimica, basilare per difendere la biodiversità e puntare a una sempre maggiore sostenibilità. A preoccupare è l’aumento dei costi legati a movimenti speculativi e la strutturalità di quelli che incidono sull’agricoltura e l’industria di trasformazione. Ribadita la necessità di un impegno forte sul fronte delle infrastrutture. A partire dall’acqua perché grazie alla costruzione di una rete di nuovi bacini di accumulo, sarà più facile raggiungere l’autosufficienza produttiva. La progettualità annunciata dal Governo in questo settore è importante perché segna il passaggio ad una visione di lungo periodo.

A preoccupare è l’aumento dei costi legati a movimenti speculativi

Un impegno forte sul fronte delle energie rinnovabili perché biogas e biometano rappresentano delle grandi opportunità. Le rinnovabili sono un ulteriore modello per sviluppare la ricerca e rendere le nostre imprese sempre più competitive oltre che sostenibili. Ma a una condizione che non si consumi suolo agricolo. Quanto alla transizione ecologica le imprese devono essere accompagnate in questo percorso: un’accelerazione senza sostegno le metterebbe in grande difficoltà con un’esplosione dei costi di gestione. Prioritari restano poi i mercati esteri, mai come oggi sono stati creati con la Farnesina confronti per accelerare l’accreditamento dei nostri prodotti sui mercati esteri per conquistare nuovi spazi facendo leva sulla crescita delle nuove generazioni. “Non deve andare sprecato un solo cent del Recovery, spingendo sulle riforme istituzionali esattamente che come è accaduto con Expo 2015”, ha concluso Prandini.

DANNI DA GELO: SERVE PROROGA E SNELLIMENTO PROCEDURE

ACCESSO AL CREDITO PIÙ FACILE CON SIMEC CONSULTING E LA GARANZIA ISMEA

Serve una proroga, almeno al 28 febbraio 2022, rispetto all’attuale termine entro il quale trasmettere la documentazione richiesta alle imprese agricole come anche è necessario uno snellimento delle procedure tenendo conto che le aziende devono già adempiere, stante il periodo, a diverse scadenze amministrative oltre a quelle riconducibili all’apertura di diversi bandi del Programma di Sviluppo Rurale. E’ quanto sostiene Coldiretti rispetto alle integrazioni richieste dalla Regione, collegate alle domande di risarcimento per i danni subiti dalle aziende agricole a causa delle gelate dello scorso 7 e 8 aprile 2021, considerando che rispetto a tale ambito la necessità è quella di accelerare le tempistiche di risposta, nel pieno rispetto delle percentuali di risarcimento previste dalla normativa nazionale. Siamo di fronte alle conseguenze dei cambiamenti climatici che si verificano sempre più spesso con slittamento delle stagioni con la tendenza alla tropicalizzazione e al moltiplicarsi di eventi estremi. Per questo, vista la situazione già difficile che le imprese devono affrontare, appesantire ulteriormente un processo che già non può essere considerato adeguato, attraverso richieste che vanno oltre l’ordinaria procedura, significa gravare notevolmente sul loro lavoro quotidiano, andando a compromettere la rendita produttiva e quindi economica.

Per far fronte all’emergenza Coronavirus sono state adottate numerose misure straordinarie dirette a prevenirne ed arginarne l’espansione e gli effetti sul sistema economico. Attraverso le garanzie Ismea, la Simec Consulting società di mediazione creditizia legata a Coldiretti, ha fatto sì che numerose aziende potessero disporre degli aiuti straordinari transitori dettati dal “Decreto liquidità” in favore delle imprese agricole e della pesca, nonché delle imprese forestali, dell’acquacoltura e dell’itticoltura, dei consorzi di bonifica e dei birrifici artigianali Questi i risultati in definitiva del 2020 sulle garanzie Ismea: 30.107 domande sul prodotto L25 per importi complessivi pari a 583,4 mln di euro; 1.247 richieste di Garanzie sopra 30 mila euro per importi complessivi pari a 272,3 mln di euro (di cui n. 984 per garanzie Covid pari a 224,7 mln e n. 263 per garanzie ordinarie pari a € 47,6 mln). La Simec Consulting ha dato il suo contributo sulle garanzie Ismea riuscendo, durante tutto il corso dell’anno 2020, a rispondere concretamente alle richieste di oltre 2.000 aziende che hanno ricevuto importi finanziati per un totale pari a 90 mln di euro. Dall’inizio dell’emergenza pandemica infatti, all’Ismea sono stati assegnati 100 milioni di euro per l’anno 2020. Il “Decreto Rilancio” ha poi assegnato, sempre all’istituto, ulteriori 250 milioni di euro per il 2020. Il regime di aiuti è stato autorizzato dalla Commissione UE il 21 aprile 2020, nonché la sua proroga dell’11 febbraio 2021 al 31 dicembre 2021. Il “Decreto sostegni-bis” ha assegnato ad Ismea ulteriori 80 milioni di euro per il 2021. Inoltre, si rammenta che il “Decreto agosto” ha stanziato una somma pari a 200 milioni di euro per l’anno 2023, a 165 milioni di euro per il 2024 e a 100 milioni per il 2025, per le attività di garanzia sul credito agrario.

Uffici Coldiretti Alessandria a disposizione per consulenza

PSR GIOVANI: BANDI ATTIVI E PROROGHE ANCHE PER LA REGIONE PIEMONTE

Sono state prorogate le scadenze per le domande progetto integrato (insediamento giovani e investimenti) e quelle relative al miglioramento aziendale, per la generalità delle aziende agricole, il cosiddetto “pacchetto giovani”. Le nuove date sono: Progetto Integrato - Operazione 4.1.2 + 6.1.1 il termine di presentazione delle domande di sostegno è stato prorogato al 31 gennaio 2022; Miglioramento Aziendale -Operazione 4.1.1 il termine di presentazione delle domande di sostegno è stato prorogato al 15 febbraio 2022. E’ arrivata la proroga al 31 gennaio 2022 del Bando regionale a sostegno dei giovani agricoltori sulle misure del Programma di Sviluppo Rurale del Piemonte per il biennio di transizione 2021-2022, che integra le operazioni 6.1.1, insediamento dei giovani agricoltori e 4.1.2, miglioramento delle aziende agricole condotte da giovani, del PSR, aperto lo scorso agosto. E’ avviata, infatti, ormai da alcuni mesi la nuova tornata di bandi per l’insediamento dei giovani agricoltori con la misura 6.1 dello sviluppo rurale. La Misura è una delle più importanti perché punta a favorire il ricambio generazionale e lo sviluppo delle aree rurali anche grazie al pacchetto giovani che prevede l’abbinata con varie misure dei Psr, in particolare la misura 4.1 per l’incentivo a fondo perduto degli investimenti. L’aiuto per il primo insediamento dei giovani è concesso in modo forfettario quale sostegno allo start-up e può arrivare sino a 70.000 euro. Proprio per facilitare e promuovere la partecipazione a questa importante misura, Coldiretti Giovani Impresa ha elaborato un elenco con le previsioni di uscita dei bandi per regione e le indicazioni per quelli già attivi suddivisi per regione. Ricordiamo che i soggetti beneficiari sono i giovani imprenditori agricoli che, al momento della presentazione della domanda, presentano un’età compresa tra i 18 anni (compiuti) ed i 41 anni (non compiuti), titolari di un’azienda agricola da non più di 24 mesi. Uffici Coldiretti Alessandria a disposizione, per maggiori informazioni è possibile consultare il sito https://giovanimpresa. coldiretti.it

ALLUVIONI 2019 E 2020: CRITERI PER I CONTRIBUTI, IN SCADENZA AL 19 GENNAIO

BANDO DA 9,2 MILIONI PER RIDUZIONE EMISSIONI DI GAS SERRA ED AMMONIACA

In relazione ai danni alluvionali verificatisi in Piemonte nel biennio 2019/2020, la Regione ha approvato i criteri per l’erogazione dei contributi per il ristoro dei danni ai privati ed alle attività economiche e produttive. Sono interessate tutte le imprese che avevano effettuato segnalazione di danni ai sensi delle Ordinanze n. 615/2019 e n. 710/2020 assunte dal Capo del Dipartimento della Protezione Civile. Tutte le imprese che avevano segnalato di aver subito danni, devono ora completare le domande producendo, entro il 19 gennaio 2022, alcuni documenti comprovanti i danni subiti; tra i documenti da produrre vi è anche una perizia giurata rilasciata da professionista iscritto all’Albo o Collegio professionale. L’istruttoria delle domande sarà effettuata dai comuni, i quali rivestono il ruolo di soggetti gestori dell’intervento, gli stessi erogheranno poi i contributi spettanti una volta concluse le istruttorie. In caso di esito positivo della domanda, il contributo massimo potrà arrivare a € 20.000 e comunque, in misura non superiore al 50% (per determinate casistiche 80% ) del minor valore tra quello indicato nella segnalazione fatta al momento dell’evento e quello risultante dalla specifica perizia giurata; l’eventuale parte eccedente potrà essere eventualmente riconosciuta in una seconda fase, qualora vengano rese disponibili le relative risorse. I contributi saranno erogati dai Comuni, i quali rivestono il ruolo di soggetti gestori dell’intervento agli stessi compete anche la fase d’istruttoria delle domande. Gli interventi che saranno ammessi a contributo, qualora non completati, dovranno essere eseguiti entro il termine perentorio di 12 mesi dall’atto di concessione, tutti i pagamenti relativi alle spese sostenute devono essere effettuati attraverso bonifico bancario.

Aperto il bando 2021 relativo all’operazione 4.1.3 del Programma di sviluppo rurale del Piemonte “Riduzione delle emissioni di gas serra e ammoniaca in atmosfera”, rivolto a migliorare la sostenibilità ambientale delle attività agricole e di allevamento. Il bando può contare su una dotazione finanziaria complessiva di 9,2 milioni di euro per sostenere l’ottimizzazione delle strutture di allevamento degli animali e di stoccaggio degli effluenti zootecnici e dei digestati, la dotazione aziendale di attrezzature, impianti e macchine per una gestione efficiente degli effluenti e digestati medesimi e la loro distribuzione in campo per l’utilizzo agronomico con tecniche a bassa emissività, con l’obiettivo di ridurne le emissioni in atmosfera, in particolare quelle di ammoniaca, un precursore del particolato fine. Possono presentare domanda gli imprenditori agricoli e i giovani agricoltori, singoli o associati. Il bando, che scade il 15 febbraio 2022, è pubblicato sul sito istituzionale della Regione Piemonte.

RICONDIZIONAMENTO POZZI: PRESSING COLDIRETTI, ACCOLTA RICHIESTA PROROGA

BIOLOGICO: NECESSARIO APPROVARE LA NUOVA LEGGE NAZIONALE

Il Consiglio Regionale del Piemonte nell’approvare il nuovo Piano di Tutela delle Acque, ha accolto le richieste di Coldiretti di prorogare i termini previsti per il ricondizionamento dei pozzi che consentono la comunicazione tra la falda freatica e le sottostanti falde profonde. L’attuale scadenza, prevista al 31 dicembre 2021, è stata prorogata al 31 dicembre 2024, termine ultimo entro il quale tali operazioni dovranno concludersi su tutto il territorio regionale. Il Piano chiarisce inoltre che in caso di mancato rispetto del suddetto termine, è previsto un adeguamento del canone di concessione in applicazione al principio del recupero dei costi ambientali. In particolare è previsto che la determinazione della misura dei canoni di concessione sia effettuata in attuazione del principio di un adeguato recupero dei costi ambientali tenuto conto della sostenibilità economica dei diversi settori.

Coldiretti e Legambiente si uniscono nella richiesta di portare a termine celermente l’iter di approvazione della legge sul biologico, approvata dal Senato con un solo voto contrario e ancora ferma alla Camera. Per dare concretezza al Green Deal, dobbiamo agevolare la transizione al biologico di parte delle nostre produzioni. Per farlo, servono norme precise. Oggi le imprese sono in difficoltà a causa di un chiaro vuoto di carattere normativo a cui chiediamo alle istituzioni di porre rimedio senza ulteriori rinvii”. Oltre 300 i produttori bio della provincia di Alessandria, per consumi cresciuti a livello territoriale con un +12% delle vendite al dettaglio grazie ad un’impennata della domanda ininterrotta da oltre un decennio. A livello regionale sono oltre 50 mila gli ettari ad oggi coltivati con metodo biologico e le produzioni riguardano soprattutto colture da foraggio, prati, cereali, frutta e vite. Molto richiesto a livello internazionale è il vino biologico piemontese che, purtroppo, quest’anno ha visto un arresto dell’export a causa del Covid. Sono oltre 3 mila gli operatori certificati biologici tra produttori, trasformatori ed

importatori. Il provvedimento sostiene, tra l’altro, anche l’impiego di piattaforme digitali per garantire una piena informazione circa la provenienza, la qualità e la tracciabilità dei prodotti con una delega al Governo per rivedere la normativa sui controlli e garantire l’autonomia degli enti di certificazione. L’agricoltura biologica rappresenta un tassello sempre più importante non possiamo permetterci di perdere tempo nel sostenere un settore con ampie opportunità di crescita economica ed occupazionale. Siamo alle battute finali per cui ora serve con urgenza l’ultimo passaggio alla Camera.

APPROVATA LA NUOVA PAC, ORA IMPEGNO PER ATTUARLA A LIVELLO NAZIONALE

PAC: CONDIZIONALITÀ AMBIENTALE RAFFORZATA E DISMISSIONE DEL GREENING

Dal Parlamento viene un importante riconoscimento del ruolo della Politica agricola comune (PAC), che deve garantire reddito agli agricoltori affinché possano continuare ad offrire alimenti sani nelle giuste quantità preservando le risorse naturali e contribuendo alla lotta al cambiamento climatico con più ricerca ed innovazione. E’ quanto afferma Coldiretti nel commentare il voto del Parlamento europeo sui tre regolamenti della futura Politica Agricola Comune (Pac) 2023-2027. Il difficile negoziato di questi ultimi anni ha portato ad un risultato migliorativo rispetto alla proposta iniziale del 2018, in termini di risorse e di strumenti per affrontare le ambiziose sfide poste dal Green Deal europeo, per uno sviluppo del settore che sia sostenibile da un punto di vista economico, ambientale e sociale, come ribadito anche recentemente dal Commissario all’agricoltura, Janusz Woicjechowski, intervenuto al Forum Internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione, organizzato da Coldiretti proprio alla vigilia del voto sulla riforma della Pac. Ma il giudizio ad oggi sulla futura Pac non può che essere parziale perché ora bisogna lavorare a livello nazionale per tradurre in misure semplici ed efficaci gli indirizzi dell’Ue, dall’innovazione alle politiche per favorire il ritorno alla terra delle nuove generazioni. Serve un Piano Strategico Nazionale per la crescita e lo sviluppo con azioni semplici da applicare che garantiscano la giusta sostenibilità economica all’attività agricola.

Lo scorso 23 novembre, il Parlamento europeo ha approvato in via definitiva i tre regolamenti di base della nuova Pac 2023-2027: • Regolamento sul sostegno ai Piani Strategici nell’ambito della Pac • Regolamento modifica del Regolamento Ocm e di altri • Regolamento sul Finanziamento, sulla Gestione e sul Monitoraggio della Pac. Tra le novità che saranno introdotte con la prossima programmazione Pac vi è l’architettura verde, che punta a migliorare le prestazioni ambientali delle aziende agricole. Così come descritto nel Regolamento sui Piani Strategici, l’architettura verde sarà costituita da tre distinte componenti, fra di loro sinergiche e complementari: 1. la condizionalità ambientale rafforzata rispetto a quella attuale; 2. il regime ecologico come componente dei pagamenti diretti, nel primo pilastro; 3. le misure agro-climatico-ambientali nell’ambito secondo pilastro. Focalizzando l’attenzione sulla componente 1 occorre, si ricorda che i criteri di condizionalità si applicano a tutti i beneficiari che ricevono pagamenti diretti e agli interventi di sviluppo rurale per gli impegni agro-clima-ambiente, i vincoli naturali e gli svantaggi territoriali specifici. Il sistema di condizionalità per il 2023-2027 è stato rafforzato per mezzo di un incremento del numero di Buone condizioni agronomiche e ambientali che passano da 7 a 9. Con il nuovo regolamento sono state introdotte: • la gestione delle lavorazioni del terreno per ridurre i rischi di degrado ed erosione del suolo tenendo conto del gradiente di pendenza; • una percentuale minima di superficie agricola destinata a superfici o elementi non produttivi, mantenimento degli elementi caratteristici del paesaggio e il divieto di potare le siepi e gli alberi nella stagione della riproduzione e della nidificazione degli uccelli. Oltre ad un aumento dei parametri di condizionalità, alcune Buone condizioni agronomiche e ambientali andranno ad assorbire gli impegni “verdi” che erano previste dal greening nella vecchia struttura dei pagamenti diretti. È il caso sul Mantenimento dei prati permanenti: si basa sulla percentuale di prati permanenti in relazione alla superficie agricola, a cui è stata aggiunta la specifica di attuare una diminuzione massima del 5% rispetto all’anno di riferimento. La Rotazione delle colture che prevede che su una determinata particella agraria non insista la stessa coltivazione per un certo numero continuativo di anni, assorbirà ed integrerà il vecchio impegno della diversificazione colturale previsto dal greening.

PAC 2023-2027: COSA CAMBIERÀ SUL PRIMO PILASTRO DEI PAGAMENTI DIRETTI

Il 31 dicembre 2021 l’Italia dovrà presentare alla Commissione il piano strategico nazionale tendo anche conto delle esigenze emerse dal confronto fra Mipaaf/Rete rurale nazionale, Regioni/Province Autonome e Partenariato. Ad oggi non vi sono informazioni dettagliate sulle caratteristiche del piano, è però possibile esprimere alcune considerazioni in merito al primo pilastro. Si ricorda che, la dotazione annua per i pagamenti diretti è di 3,6 miliardi di euro da suddividere tra 41-65% al sostegno di base al reddito per la sostenibilità, 2025% eco-schemi, 10% sostegno redistributivo, 1315% sostegno accoppiato e 3% sostegno ai giovani agricoltori. L’Italia, godendo di un margine di discrezionalità, dovrà affrontare scelte strategiche per i suoi agricoltori, in particolare: • la quota di dotazione per gli eco-schemi per il 2023 e 2024 e dunque se nel corso dei primi due anni, impiegare solo il 20% della dotazione, e destinare la differenza (5%) nei pagamenti diretti disaccoppiati; • come utilizzare il 10% della dotazione per il sostegno redistributivo da destinare alle piccole o medie oppure esentarsi da tale obbligo se si dimostra di aver adempiuto alla redistribuzione del sostegno al reddito mediante altri interventi/ strumenti del I° pilastro che perseguono lo stesso obiettivo; • aumentare del 2% la dotazione per il sostegno accoppiato; • in che modo utilizzare il 3% dei loro pagamenti diretti ai giovani agricoltori; come impiegare gli strumenti di gestione del rischio ed assegnare la relativa dotazione, fino ad un massino del 3%; • in che modo continuare il processo di convergenza interna dei pagamenti diretti in modo che tutti gli agricoltori possano avere titoli pari all’85% del valore medio nazionale entro il 2026 (oggi al 60%). Volendo provare ad ipotizzare il budget totale dei pagamenti diretti al netto delle numerose scelte strategiche che ancora devono essere compiute, è possibile elaborare tre ipotesi che prevedano rispettivamente un assegnazione al pagamento pari a: • 41% pari a circa 1 miliardo e 480mila euro, denominato Scenario 1; • 44% ovvero 1miliardo e 590mila euro, denominato Scenario 2; • 50% delle risorse pari a 1 miliardo e 800mila euro, chiamato Scenario 3. Data una superficie di circa 10milioni di ettari ed i tre differenti plafond, è possibile calcolare il valore medio del titolo per ciascuno scenario, che varia dai 148 euro nel caso dello scenario 1 (41%) ai 181euro per lo scenario 3 (50%). Tali valori medi dovranno essere poi ridotti del 15% per il processo di convergenza, per arrivare all’85% del valore medio non oltre il 2026. La simulazione prosegue attraverso la stima del fabbisogno annuo di risorse necessarie delle tre ipotesi di plafond. Sommando alla spesa per l’erogazione dei pagamenti di base a quella per sostenere la convergenza si riscontra che il budget previsto in ciascuno scenario non è sufficiente. Anche imponendo il tetto a 1.000 euro al valore dei titoli, possibilità contemplata per finanziare la convergenza, in nessuno dei tre scenari proposti i fondi sarebbero sufficienti. La simulazione, seppur con i propri limiti, vuole porre l’attenzione sull’impatto economico che avrà la convergenza sugli agricoltori. L’Italia è chiamata a compire scelte importanti per l’allocazione delle risorse in ambito di primo pilastro in modo che il processo sia il meno impattante possibile sui propri imprenditori.

FAUNA SELVATICA: SERVONO CONTROLLI SANITARI E FISCALI STRINGENTI

DALLA REGIONE 21 MILIONI DI EURO SUL BANDO 2021 DEL PSR A FAVORE DELLE IMPRESE AGROINDUSTRIALI

In Piemonte nella stagione venatoria 2020-2021 sono stati abbattuti solo 19 mila cinghiali con la caccia programmata e poco più di 1000 con quella di selezione che generano sul mercato un giro d’affari incontrollato di oltre 700 mila kg di carne. “Purtroppo continuano ad esserci novità pericolose come quella dell’ultimo caso di Peste suina Africana rilevato in un allevamento di maiali da ingrasso, nello Stato federale tedesco di Meclemburgo-Pomerania Occidentale, a sud di Rostock e a 185 km a nord-ovest di Berlino, che fanno emergere ancor più la necessità di controlli serrati su tutte le carni, non solo a campione, ma su tutti i capi abbattuti. Per questo è fondamentale il tavolo tecnico permanente che stiamo avviando con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte Liguria e Valle d’Aosta che ha dimostrato la sua disponibilità nell’affrontare le problematiche relative ai rischi sanitari che il proliferare, appunto, dei selvatici genera sul tessuto produttivo, a livello sociale ed ambientale”. E’ quanto affermano il Presidente e il Direttore Coldiretti Alessandria Mauro Bianco e Roberto Rampazzo nel commentare la situazione arrivata bel oltre la saturazione rispetto alla fauna selvatica. “Ringraziamo la Regione per aver fornito i dati chiesti da Coldiretti Piemonte da cui, però, si evince che gli abbattimenti, nella stagione venatoria 2020-2021, dei cinghiali tramite la caccia programmata siano pari a soli 19 mila capi e poco più di 1000 con quella di selezione. Numero ben al di sotto degli 80-100 mila che si contano in Piemonte per cui chiediamo agli enti preposti ed agli istituti venatori il perché non ne vengano abbattuti maggiormente. Oltre al fatto che, se si moltiplicano i capi per la quantità di carne, si arriva a calcolare oltre 700 mila kg di carne di cinghiale che va a finire sulle tavole e sul mercato senza, nella stragrande maggioranza dei casi, nessun tipo di controllo. Questo genera due grandi problemi: uno di ordine sanitario ed uno fiscale, per cui è opportuno metterci mano con urgenza”, hanno concluso Bianco e Rampazzo.

La Giunta regionale del Piemonte ha assegnato una dotazione finanziaria di 21 milioni di euro sull’operazione 4.2.1 del Programma di sviluppo rurale 2021-2022 del Piemonte “Trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli”. Il provvedimento permette l’apertura del bando regionale 2021 del Psr che prevede aiuti alle imprese agroindustriali attive nel settore della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, che possono richiedere contributi per la realizzazione di opere edili, acquisto di macchinari, impianti e attrezzature. La spesa massima ammissibile per domanda è di 2 milioni di euro e la spesa minima di 300 mila euro. Il bando avrà scadenza il 15 febbraio 2022. Un bando molto atteso dal comparto per promuovere investimenti in nuovi processi produttivi e in tecnologie innovative.

UNO SGUARDO GENERALE

SETTORE CEREALICOLO

L’annata agraria 2021 per il comparto agricolo è stata caratterizzata principalmente da tre fattori. Il primo, sicuramente, è stato “l’onda lunga” dalla pandemia da Covid-19 ma, grazie alle progressive riaperture, si è osservato un graduale ritorno, quasi per tutti i comparti, alla normalità. Il secondo fattore è stato l’andamento climatico, che ha causato la compromissione della produzione di alcuni settori, prima con le gelate d’inizio aprile, poi con le grandinate di luglio e agosto, cui si è aggiunta una siccità che ha caratterizzato l’intero periodo estivo, soprattutto in alcune aree del Piemonte. Sia per le temperature minime raggiunte nelle aree più fredde (-6/-7°C.), sia per il danno produttivo che ha provocato, la gelata del 7-8 aprile sarà sicuramente ricordata tra quelle più dannose di sempre. L’utilizzo dei sistemi di difesa attiva dall’altra, ha permesso in molti casi di proteggere le coltivazioni dai danni del freddo, fornendo anche interessanti indicazioni, per il loro futuro utilizzo. Il terzo e ultimo fattore che ha caratterizzato l’annata agraria è stato l’impennata dei prezzi, che ha contraddistinto il mercato delle materie prime per tutta la filiera agricola, dai cereali ma non solo. A questo importante aumento, generalmente, non è corrisposto un innalzamento del valore dei prodotti, lasciando così gli agricoltori in notevole difficoltà. Di seguito si riporta un’analisi dettagliata dei singoli settori.

Con la chiusura dell’annata agraria 2021, per quanto riguarda il settore cerealicolo, si sono riscontrati esiti differenti per quanto concerne qualità e quantità delle colture raccolte. Iniziando dalle colture a ciclo autunno-vernino, rappresentate da frumento tenero e orzo, i risultati ottenuti, in linea generale, sono stati ottimi. La semina si è svolta su terreni perfettamente in tempera, garantendo una germinabilità eccellente delle plantule. Il prosieguo dell’inverno, con alternanza di giorni caratterizzati da temperature basse e minime precipitazioni, ha permesso alle piante un ottimale accestimento, evitando stress vegetativi. Nella primavera, specificatamente nei mesi di marzo e aprile, la quasi assenza di pioggia ha rallentato la fase di levata dei suddetti cereali, generando la necessità nelle zone con terreno più sciolto, di un intervento irriguo di soccorso. L’assenza di precipitazioni durante l’epoca di fioritura della coltura ha consentito di raggiungere ottimi valori sia come quantità sia come qualità non solo della granella ma anche della paglia. Le produzioni mediamente si sono attestate per l’orzo su 80 q.li/ettaro, mentre per il frumento la resa è salita a 92 q.li/ettaro. Riscontri molto positivi sono stati rilevati dalla miscela “GranPiemonte”, che ha mantenuto, in tutti gli areali, produzioni sensibilmente più elevate rispetto alle varietà in purezza sia sulla granella raccolta sia sulla paglia. Per i cereali primaverili-estivi, rappresentati per eccellenza dal mais, la stagione non è stata ottimale. Le semine iniziate dall’ultima decade di marzo con terreni in tempera, hanno incrociato escursioni termiche e gelate con picchi di freddo tra il 7 e l’8 aprile. Altra problematica si è dimostrata nella competizione da parte delle erbe infestanti dovuta, sia a condizioni di rallentamento vegetativo della coltura, sia a minor efficacia dell’attività delle molecole nell’esecuzione dei diserbi di pre-emergenza, conseguenza dovuta alla scarsa umidità dei suoli e all’assenza di precipitazioni. Per quanto riguarda i mesi estivi, le piogge di luglio, ove cadute, hanno garantito un’ottima fioritura con conseguente allegazione, mentre dalla seconda decade di luglio fino all’autunno inoltrato, la scarsità di precipitazioni ha reso necessari numerosi interventi irrigui che, specialmente per le colture di secondo raccolto, si sono protratti fino a metà settembre. La sanità della produzione in parte è stata poi compromessa a causa della forte presenza di lepidotteri quali piralide, che ha causato rosure sulle spighe con conseguente formazione di muffe a seguito delle condizioni umide dei mesi autunnali. Alcune grandinate di fine luglio, infine, hanno interessato alcuni areali, comportando anche dei cali fino al 50% della produzione, con problematiche anche sulla sanità dei raccolti. Per il settore cerealicolo i prezziari delle Borse merci hanno rilevato una crescita già da inizio anno, mantenendosi su livelli ampiamente superiori rispetto alla scorsa annata.

SETTORE VITIVINICOLO

La raccolta ha confermato le previsioni, evidenziando un leggero ritardo rispetto l’anno scorso, che via via si è assottigliato, eccetto per le varietà più tardive, che hanno beneficiato di condizioni climatiche ideali da metà settembre in avanti. Dopo le uve da spumante, raccolte appena dopo il ferragosto, si è passati alla prima settimana di settembre al moscato e allo chardonnay. Dopo la prima decade di settembre sono stati raccolti gli arneis e a seguire i dolcetti. Dopo la metà di settembre è stata la volta delle barbere, sovrapponendosi con i primi nebbioli. La vendemmia è perciò terminata al 20 ottobre. Minimo comune denominatore il clima imprevedibile, ma una qualità eccellente per tutte le varietà, con vigneti sempre più verdi e fioriti, grazie a metodi di produzione sempre improntati alla sostenibilità e con una quantità equilibrata. L’inizio della maturazione, a luglio, è stato caratterizzato da un clima alquanto bizzarro, con brevi rovesci temporaleschi quasi quotidiani, ma lo stato d’integrità dei grappoli (a parte limitate aree colpite da grandinate) lasciava presagire che si sarebbe potuta avere una buona vendemmia. Analizzando l’andamento della campagna, la ripresa vegetativa primaverile è stato generalmente più lenta, causa le gelate piuttosto diffuse di inizio aprile. Le basse temperature hanno anche comportato la lessatura di alcuni giovani germogli. Tale situazione ha, di conseguenza, posticipato il ciclo vegetativo e il periodo della vendemmia di circa una settimana rispetto l’anno precedente. Nel cuore dell’estate le viti si presentavano meno vigorose causa la siccità, con soglie di stress idrico, tuttavia scongiurato dalle provvidenziali piogge di fine luglio, che hanno favorito il processo di maturazione fino alla raccolta delle uve precoci dai pinot per l’Alta Langa spumante, al Moscato per l’Asti e ai restanti bianchi fino all’Arneis. Delle altre misurate precipitazioni, a metà vendemmia, ne hanno potuto beneficiare le varietà a bacca rossa ancora rimaste e in particolare Barbera e Nebbiolo. I grappoli, che iniziavano a dare segni di sofferenza da appassimento, hanno così completato la maturazione in condizioni ottimali di umidità e temperatura. In cantina tutto ciò si è tradotto in vini dai profumi complessi, dotati di robusta ma elegante struttura e di giusta freschezza. Presupposti per prodotti di grande qualità e di soddisfazione del palato, sia per i vini di immediato consumo che per quelli che richiedono un sapiente affinamento. L’annata 2021 si colloca tra l’ottimo e l’eccellente e, rispetto alla quantità, la produzione è giusta, equilibrata, con una riduzione rispetto l’anno scorso di pochi punti percentuali. Registriamo, in ogni caso, ancora una campagna caratterizzata fortemente dal cambiamento climatico. Il “Global warming” sta comportando effetti tangibili sulla coltura della vite delle nostre colline; molti in positivo, ma non senza una giusta analisi critica e una conseguente cresciuta attenzione all’ambiente. Per questo la viticoltura sta adattandosi, rivedendo le scelte del recente passato. Spostando l’analisi al mercato e allargando la visione al livello nazionale ed europeo, il 2021 si annuncia quantitativamente piuttosto avaro. Tale situazione ha stimolato una vivace ricerca di partite di uva durante la vendemmia appena conclusa. Mantenere l’equilibrio tra i prezzi delle uve e del vino – quindi della bottiglia - è importante per rafforzare la crescita e consolidarla nel tempo. E la sempre più diffusa consuetudine di non attendere i prezzi statistici di fine campagna per i pagamenti, ma di preferire la libera contrattazione ante consegna tra viticoltore e acquirente, è la garanzia che si raggiunga, insieme al suddetto equilibrio, anche una maggior stabilità, avvantaggiando l’intera filiera e il consumatore. Le vendite anche nel settore Ho.Re. Ca., specie dal secondo trimestre, stanno invertendo la decrescita avuta a causa del Covid nel 2020 e dall’export; se l’ultimo trimestre seguirà la tendenza che corre a +15%, ci aspettiamo un nuovo record a oltre 7 miliardi di euro. Forte ripresa negli USA, che si confermano punta dell’export italiano, dove cade lo spauracchio dei dazi (+19%); balzo della Cina (+67%), pur tuttavia con volumi complessivi ancora bassi; recupero in Russia (+39%); leggero aumento anche in Germania (+5%) primo mercato estero per volumi e +17% in Francia. Segna il passo, invece, il Regno Unito dopo la Brexit. L’aspetto più evidente è il consumo domestico cresciuto a doppia cifra. Nel complesso il vino tricolore raggiunge un fatturato di 12 miliardi di euro. La pandemia Covid, dall’altra, ha accelerato lo sviluppo di nuove modalità di vendita al consumatore privato: l’e-commerce, che già prima del Covid era in crescita, ora galoppa (+150%), ma per il vino rappresenta solo il 2% delle vendite con un fatturato di appena 200 milioni, a causa delle formalità fiscali e doganali che rappresentano una zavorra pesante e costosa. Coldiretti sta organizzando servizi (ECOLOG www.progettoecolog.it) che affianchino le imprese e consentano di superare gli ostacoli alle vendite intracomunitarie e alle esportazioni, riducendo anche l’impatto, ambientale ed economico, dei trasporti. Infine, è fondamentale diversificare i canali di vendita, considerando attentamente il fenomeno enoturismo, la vendita diretta in cantina o a distanza. Vale a dire mantenere e incentivare i contatti con gli operatori professionali, ma sempre più attenzione verso il consumatore finale e l’ambiente.

SETTORE CORILICOLO

SETTORE APISTICO

L’annata 2021 è stata pesantemente influenzata da fattori climatici, dalla gelata di aprile e dalla siccità cui si sono aggiunte le grandinate estive. In queste condizioni le piante hanno faticato a conservare i frutti differenziati e, soprattutto, ad avere un’adeguata fecondazione e allegagione. Infatti, il problema principale che si è registrato è stato una forte cascola dei frutti. Questa situazione ha condizionato fortemente la produzione che, se non in rarissimi casi, si è attestata con contrazioni anche superiori al 50% rispetto alla scorsa campagna. La raccolta è poi avvenuta regolare e in ambiente molto asciutto, circostanza importante per avere un prodotto sano, senza il rischio di criticità nella gestione del post raccolta. Mediamente gli standard qualitativi sono rimasti nella norma, con criticità limitate legate all’avariato. Durante l’annata è stata rilevata una presenza non uniforme di cimice sul territorio, sia di quella asiatica sia di quella “nostrana”. In alcuni casi, la loro presenza ha comportato una percentuale importante di cimiciato, anche in virtù di una produzione complessiva inferiore. Coldiretti, attraverso l’attività di consulenza, ha proseguito i lavori sul territorio a fianco delle imprese agricole, con l’installazione di trappole per il monitoraggio di cimice asiatica e con il metodo del frappage per valutare, alle prime ore della mattina, la reale presenza di cimici nei corileti. Parallelamente, è continuato il lavoro di contenimento “sostenibile” della cimice asiatica, attraverso i rilasci di Anastatus bifasciatus e tramite la lotta simbionticida. Anche per il 2021 sono continuati i rilasci in natura della cosiddetta “Vespa Samurai” da parte della Regione Piemonte in 100 siti. Tutti questi metodi, sempre più sostenibili, aiuteranno a gestire in modo efficace la problematica della cimice.

La stagiona apistica 2021 si chiude negativamente, confermando il drammatico calo delle produzioni di miele che interessa da ormai quasi un decennio, l’intero settore apistico. La primavera è stata caratterizzata da avversità meteorologiche, in particolare da un’importante gelata di aprile, che ha determinato il sostanziale azzeramento o la forte riduzione delle rese dei principali mieli del periodo. Le basse temperature, che hanno raggiunto anche i -6/-7°C, oltre a danneggiare le fioriture di ciliegio e tarassaco hanno anche compromesso le piante di acacia già in fase di germogliamento in quel periodo. Di fatto vengono a mancare tutti mieli primaverili, compresa l’acacia, uno dei più richiesti dal consumatore italiano diventando quasi introvabile sul mercato. Purtroppo, ad aggravare un bilancio aziendale già pesantemente compromesso, si aggiunge l’abbondante ricorso alla nutrizione di emergenza, resasi necessaria durante tutta la stagione primaverile per salvare gli alveari da morte per fame. Nonostante gli interventi con l’alimentazione di soccorso, spesso lo stress che le colonie di api hanno subito, ha debilitato gli alveari pregiudicando i successivi raccolti. Con il proseguimento della stagione la situazione migliora, ma in modo parziale e non sufficientemente per salvare l’annata: si registrano, infatti, produzioni di miele di castagno e millefiori di alta montagna modeste, che si attestano sui 10-15 kg per alveare. Anche il tiglio, altra classica fioritura estiva, non va oltre i 10-15 kg per colonia, mentre il rododendro raramente fa registrare delle produzioni soddisfacenti. La melata di bosco, classica produzione di piena estate, è praticamente scomparsa in quasi tutto il territorio piemontese; viene meno una delle produzioni più importanti della nostra apicoltura e una considerevole fonte di reddito per l’apicoltore. Compare, invece, in areali a forte presenza di noccioleti la melata di nocciolo, una novità tra i mieli del Piemonte, con produzioni che si attestano sui 10 kg per alveare. Tuttavia, pochi sono gli apicoltori che possono beneficiare di questo nuovo miele primaverile: le aree di produzione sono ristrette, caratterizzate da quote altimetriche ridotte e condizioni di umidità particolari. Solo la fioritura dell’edera, caratteristica di fine agosto e settembre, dallo scarso interesse commerciale, ha offerto una produzione di nettare e polline ottimale ma solo in quelle zone che non hanno risentito della siccità estiva.

SETTORE RISICOLO

SETTORE FRUTTICOLO

Le operazioni di raccolta sono iniziate con un ritardo di quindici giorni, a causa dell’andamento climatico della primavera e del mese di luglio, caratterizzato da grandi sbalzi di temperatura. Dalle prime proiezioni, si stima un raccolto 2021 con un calo produttivo di circa del 10%. Il mese di luglio freddo, accompagnato da eventi grandinigeni, ha contribuito a sviluppare alcune fitopatie funginee; sempre a causa degli sbalzi climatici, per alcune varietà si riscontrano problemi di fessurazione, fenomeno causato dal caldo troppo intenso che colpisce la cariosside, con la conseguente perdita della resa e della qualità. L’annata si può definire, nel suo complesso, abbastanza difficoltosa. La coltura del riso ha dovuto convivere con un’abbondate presenza di erbe infestanti resistenti, soprattutto di giavoni, ciperacee e alismatacee, sfuggite ai trattamenti specifici. Si tratta di un fenomeno che si è accentuato ulteriormente rispetto allo scorso anno, a causa delle resistenze sviluppatesi nel tempo e per i pochi diserbanti ad oggi ammessi. Questo problema sta diventando molto grave sino a costringere, in alcuni territori, a dover per forza impostare una sorta di rotazione colturale, pena la perdita grave di produzione. I dati attuali stimano la superficie coltivata a riso, in Italia, 226.800 ettari. In generale risulta un calo di circa 500 ettari (-0,2%) rispetto l’anno scorso, con diminuzione di 9.354 ettari per i Tondi (-13,9%) e di 2.093 ettari per i medi (-25,2%) e un incremento di 7.625 ettari per i Lunghi B (+ 18,1%) e di 3304 ettari per i lunghi A (+3%). Il Piemonte si conferma la prima regione, con una superficie complessiva di oltre 115 mila ettari, in leggero aumento (+0,2%) rispetto al 2020. Per quanto riguarda il riso biologico, nel 2021, la superficie certificata rimane pressoché stazionario rispetto all’annata agraria 2020. Il mercato, al momento, è ancora alle prime battute, visto che la campagna scorsa si è conclusa con scorte praticamente azzerate e con la ripresa della domanda da parte della ristorazione, la prospettiva è di una partenza dei mercati buona. Infine, il settore risicolo è in allerta per due temi che andranno a delinearsi prossimamente, quali l’attuazione della futura PAC e la scadenza, a gennaio 2022, della clausola di salvaguardia, applicata dall’Unione europea e che ha bloccato le importazioni a dazio zero da parte dei Paesi del Sud-Est Asiatico.

L’andamento stagionale ha registrato un ritardo di circa dieci giorni, rispetto all’annata precedente, per tutte le specie frutticole. L’evento che ha inciso maggiormente è stato la gelata tardiva del 7-8 aprile, falcidiando letteralmente gli impianti che, in quel momento e con le dovute differenze tra le aree territoriali e le diverse specie, si trovavano nella fase della fioritura o dell’allegagione. Lo stesso fenomeno ha interessato tutta l’Italia settentrionale, provocando, soprattutto per la frutta estiva, un corposo ridimensionamento produttivo. La conseguente minore offerta di frutta sul mercato ha favorito il rialzo delle quotazioni, infatti, sia per il prodotto destinato al mercato del fresco, sia per quello destinato alla trasformazione industriale, le quotazioni sono state superiori a quelle della campagna precedente. Soprattutto per la frutta estiva, la mancanza è stata così elevata da non permettere di rifornire tutti i canali distributivi serviti nelle passate stagioni, andando senz’altro a favorire i principali competitors esteri. Andiamo ora ad analizzare nel dettaglio le singole produzioni. La produzione di ciliegie, pur avendo avuto negli ultimi anni una crescita costante degli ettari coltivati, ha subìto un notevole ridimensionamento produttivo, di circa il 50%, rispetto alla stagione precedente, dovuto soprattutto agli effetti della gelata primaverile. Il mercato è stato caratterizzato da una minore richiesta nelle primissime fasi, dovuta alla forte produzione in Puglia, con prezzi in rialzo nelle fasi successive, soprattutto per il prodotto caratterizzato da buona pezzatura dei frutti. Va rimarcata, infatti, l’ottima remunerazione delle pezzature più

grandi, che premia le aziende più attente al raggiungimento di standard qualitativi elevati. La produzione di albicocche è stata inferiore a quella del 2020 (-40% circa), soprattutto a causa della gelata primaverile negli appezzamenti collocati nelle zone meno protette. La qualità dei frutti è stata buona e il mercato ha registrato un buon livello di domanda, con quotazioni interessanti. Per quanto riguarda le susine delle varietà a maturazione estiva, nonostante la notevole riduzione della produzione di circa il 70% rispetto alla stagione precedente, la qualità è stata ovunque buona e il mercato ha risposto alle attese, con quotazioni interessanti. Per quanto riguarda le susine a maturazione autunnale, nonostante l’aumento delle superfici, la produzione è stata notevolmente inferiore a quella della stagione precedente, con perdite di circa il 75% rispetto al 2020. La commercializzazione terminerà

sPECialE annata agraria solo nel mese di dicembre, con quotazioni che si stanno attestando su livelli superiori a quelli del 2020. Per pesche e nettarine si continua a registrare una progressiva contrazione degli ettari coltivati, complice un ritorno economico sempre più insoddisfacente per i produttori. La maggior parte degli appezzamenti è stata interessata dalla gelata di aprile, con conseguente calo della produzione (-70%) rispetto all’annata precedente. Di conseguenza le quotazioni di mercato sono sempre state interessanti e questo dovrebbe tradursi anche in una buona remunerazione per i frutticoltori. Conti che, tuttavia, si potranno fare solamente a dicembre, periodo in cui si concentra la maggior parte delle liquidazioni delle partite ai produttori. Discorso a parte il prodotto commercializzato sui mercati locali, che continua a essere apprezzato dai consumatori, con buoni riscontri per le aziende. Per le pere si registra una disastrosa riduzione della produzione (-80%), nonostante il graduale aumento delle superfici coltivate negli ultimi anni. La varietà maggiormente prodotta continua a essere la “William”, destinata prevalentemente alla trasformazione industriale. La qualità della produzione, nei pochi appezzamenti che sono stati risparmiati dal gelo o salvati dai sistemi di difesa attiva, è stata buona e le quotazioni delle partite contrattate in campo sono state sempre elevate. La raccolta delle mele, con le dovute differenze tra le diverse zone e le differenti varietà, ha fatto registrare un calo produttivo del 20% rispetto all’annata precedente a causa del gelo, ma con una qualità mercantile mediamente buona. La ridotta presenza di frutta estiva sul mercato e la penuria di prodotto dell’annata precedente ha favorito gli scambi sin dalle primissime fasi commerciali.

SETTORE ORTICOLO E PICCOLI FRUTTI

Per la fragola, nonostante la gelata di aprile durante la fase di fioritura, in quasi tutte le aree la produzione è stata buona e soddisfacente. Il prezzo delle unifere si è attestato, in linea con la media degli ultimi anni, tra i 3-4 €/kg, per poi aumentare leggermente a fine campagna. Per il mirtillo le produzioni sono state buone dal punto di vista delle rese. I prezzi sono stati lievemente inferiori rispetto alle attese, attestandosi attorno ai 4 €/kg. La stagione di raccolta, particolarmente calda e asciutta, ha permesso di avere un prodotto con buone caratteristiche di conservabilità e minori problematiche nel post raccolta rispetto al 2020. La presenza di Drosophila suzukii, anche quest’anno, non ha causato perdite sulle cultivar precoci come la Duke, ma ha influito negativamente sui raccolti delle cultivar tardive, da inizio agosto in poi, su alcuni areali. Per il pomodoro da mensa i prezzi sono stati inferiori a inizio campagna estiva, complici anche le difficoltà climatiche da eccesso di caldo, che hanno condizionato la qualità del prodotto. Nel periodo fine estate-inizio autunno si è verificato un aumento della domanda e dei prezzi, superando la cifra di 1,5 €/kg, calando poi a inizio ottobre. Il peperone della tipologia ibrida ha avuto prezzi stabili, in media o in alcuni casi superiori agli anni passati, anche maggiori a 1,5 €/kg. Per lo zucchino, i prezzi sono stati molto altalenanti, con valori molto bassi nel periodo di luglio, per poi risollevarsi e stabilizzarsi verso la fine dell’estate, con produzioni buone.

SETTORE COLTURE INDUSTRIALI

La campagna di trasformazione 2021 del pomodoro da industria è terminata con la fine di settembre nel Nord Italia. Sulla base dei contratti depositati entro il 30 giugno scorso presso l’Organizzazione Interprofessionale Pomodoro da industria del Nord Italia, sono stati coltivati 38.621 ettari, di cui 4.022 ettari a produzione biologica e 34.599 ettari a produzione integrata. Il biologico conferma il trend crescente, in risposta alle richieste di mercato, raggiungendo il 10,40% delle superfici totali. La campagna di raccolta è entrata nel vivo a inizio del mese di agosto in tutta l’Italia settentrionale. Il pomodoro è stato consegnato alle imprese di trasformazione in modo continuo e fluente, senza subire interruzioni a causa delle piogge, assenti nel mese di agosto. Le consegne di agosto sono state da record, con quantitativi di conferimento all’industria mai registrati prima e di circa 400.000 tonnellate a settimana. L’attenta programmazione dei trapianti in primavera, scaglionata su un lungo periodo, ha consentito di evitare il problema della sovra maturazione nelle settimane centrali di agosto. In generale la qualità è stata eccellente con gradi brix elevati, con rese più elevate del valore medio storico. Alle buone rese in campo si aggiunge un indice di pagamento prossimo al 100 (92 euro a tonnellata parametrato a un grado brix di 4,85) da parte dell’industria agli agricoltori, risultato della buona qualità e del poco scarto del pomodoro consegnato. Da quest’anno, inoltre, è stata introdotta una premialità più elevata per il prodotto tardivo, che può arrivare fino a un massimo di 15 euro a tonnellata. In Piemonte la campagna di raccolta è iniziata nell’Alessandrino a fine luglio, dove si concentrano la maggior parte delle superfici regionali e in provincia di Cuneo ai primi di agosto. Quest’anno sono stati coltivati a pomodoro da industria anche alcuni areali della provincia di Torino. L’andamento regionale ha confermando il trend avuto nel distretto del Nord Italia, con una produzione abbondante e buona dal punto di vista qualitativo, con rese che sono oscillate tra gli 850 e i 950 q.li/ettaro e che dovrebbe portare ad un buon riscontro anche nella remunerazione del prodotto. L’andamento climatico del periodo estivo ha agevolato le operazioni, mentre dall’altra si sono resi necessari maggiori interventi di irrigazione. L’attività delle industrie di trasformazione è stata a pieno regime e non si sono evidenziate criticità nei ritiri. Le superfici destinate a patate da consumo sono state tendenzialmente in calo (-4%) rispetto al 2020, dunque in forte riduzione se raffrontate con le annate precedenti. L’andamento climatico stagionale, con l’assenza di precipitazioni, non ha condizionato la produzione, con una pezzatura dei tuberi che è risultata media. Ad eccezione di alcuni areali dove si sono verificati maggiori problemi per fitopatie (elateridi in primis), con conseguenti maggiori scarti, nel complesso si è avuta una buona produzione, seppur in lieve contrazione rispetto alla media, ma con un’elevata omogeneità ed un’ottima qualità. Stante anche il calo produttivo dei principali Paesi europei e una offerta di prodotto inferiore, il mercato ha fornito riscontri positivi per i produttori. L’annata agraria 2021 registra, per il comparto delle patate da industria, investimenti leggermente superiori in termini di superficie, con sviluppi importanti nelle zone di pianura di Alessandria e nella Bassa Valle Scrivia, diventati ormai i poli principali di tale produzione. Gli sviluppi climatici poco favorevoli del mese di aprile, in corrispondenza della gelata verificatasi a cavallo tra il 7 e l’8 aprile, hanno fortemente influenzato lo sviluppo vegetativo della coltura che, peraltro, era stata seminata in condizioni di terreno e temperature ottimali, con un’uniformità di nascita pari al 95%. La stabilizzazione delle temperature, unite alle pratiche agricole attuate dalle aziende - concimazioni anticipate, irrigazione programmate con estrema precisione - ha portato la coltura ad un buon sviluppo fogliare ed un discreto numero di tuberi per pianta (8/10). La raccolta, verificatasi dalla seconda decade di luglio e protrattasi fino alla metà di settembre, non ha registrato particolari problemi, né dal punto di vista produttivo né dalla trasformazione industriale, con produzioni medie attestatesi su valori di circa 380-450 q.li/ettaro per le varietà di fascia A (chips), con un prezzo medio concordato con le principali industrie di trasformazione di 17 €/q.le, mentre per il prodotto di fascia B (surgelato), a fronte di rese decisamente maggiori stimate tra i 400 e i 450 q.li/ettaro, il prezzo di vendita non ha superato i 15-15,50 €/q.le. Ottimi riscontri si sono avuti dai valori della sostanza secca (da 20 a 24 punti) e dalle ridottissime percentuali di prodotto non commerciabile (3-4%).

SETTORE BOVINO DA CARNE

SETTORE SUINICOLO

In Piemonte l’allevamento bovino da carne ha vissuto un’altra annata difficile, sia per quanto riguarda i vitelli da ristallo importati dalla Francia, sia per i bovini di razza Piemontese. Secondo i dati dell’anagrafe zootecnia, in Piemonte sono più di 520 mila i capi bovini nelle aziende specializzate in allevamenti da carne, di cui oltre 300 mila della pregiata razza Piemontese. Sempre secondo dati dell’anagrafe zootecnia, ogni anno in Piemonte sono macellati circa 400 mila capi bovini, di cui l’85% proveniente da allevamenti regionali. L’annata agraria è stata contraddistinta da due principali criticità: la scarsa domanda del mercato e l’aumento dei costi di produzione. La domanda contenuta di carne bovina, dovute anche a una minore richiesta della ristorazione a causa delle restrizioni Covid, ha portato ad una stagnazione generale del mercato e dei prezzi degli animali, sia da vita che da macello. In questo periodo si è verificata una maggiore difficoltà a collocare i vitelloni maschi, non solo di Piemontese ma anche delle altre razze francesi (Garonnese, Charolaise e Limousine), mentre, al contrario, il mercato delle femmine di razza Piemontese ha continuato a essere positivo. Tale contesto si è protratto sino ad agosto, quando il mercato ha iniziato a dare i primi segnali di ripresa, con un rialzo, seppur contenuto, dei listini. Con l’arrivo del periodo autunnale, che tradizionalmente vede una ripresa dei consumi di carne, il trend è ulteriormente proseguito anche nei mesi di settembre e ottobre. Come per gli altri comparti zootecnici, l’annata agraria è stata ulteriormente complicata dall’aumento dei costi di produzione, con listini in aumento, sia del mais che della soia, che stanno generando molte difficoltà agli allevamenti per quanto riguarda l’alimentazione degli animali. A fronte di queste difficoltà, Coldiretti ha chiesto alla Regione, a fine settembre, la convocazione di un apposito tavolo di confronto sul comparto carne bovina, illustrando le priorità da mettere in cantiere. Nel corso del 2021 sono stati ammessi i primi 100 allevamenti a certificare l’IGP Vitelloni Piemontesi della Coscia, che potranno così fregiare i propri capi dell’importante riconoscimento della denominazione d’origine.

Ad inizio annata agraria c’era notevole preoccupazione per l’andamento del mercato, soprattutto temendo quelli che sarebbero potuti essere gli effetti negativi dei primi focolai di Peste Suina Africana (PSA) in Germania. Il blocco delle esportazioni tedesche avrebbe potuto generare un surplus di carne sul mercato interno dell’UE, con conseguente crollo delle quotazioni. Pericolo poi evitato grazie all’aumento delle esportazioni, proprio in Cina, da parte della Spagna, la quale ha scippato alla stessa Germania il primato europeo della produzione di carne suina. Scongiurata una crisi che avrebbe potuto avere pesanti ripercussioni sulla filiera nazionale, senza dimenticare l’introduzione dell’obbligo di indicare in etichetta il luogo di provenienza delle carni suine trasformate, il mercato ha iniziato a dare segnali positivi, con una ripresa progressiva delle quotazioni. Quotazioni che, a fatica, sono state possibili avere dalla CUN dei suini da macello di Mantova, prima per l’assenza dei rappresentanti dei macelli e successivamente per le loro dimissioni. Solo nell’estate, grazie anche all’iniziativa di Coldiretti, è stato possibile ripristinarne i normali lavori della Commissione. Prezzi che ora, a partire dal periodo autunnale stanno avendo un progressivo calo, situazione che sta ulteriormente mettendo in difficoltà gli allevatori di suini, anch’essi alle prese con i notevoli rincari delle materie prime, mais e soia in particolare. Sul settore, infine, occorre porre la massima attenzione sui potenziali rischi legati alla Peste Suina Africana (PSA), anche se ad oggi questa malattia non è ancora arrivata in Italia: su questa problematica è necessario mettere in atto, sin d’ora, tutte le strategie necessarie di prevenzione e, qualora dovesse arrivare in Italia al suo contenimento. Una prima iniziativa, rivolta agli allevatori, riguarda la compilazione della check-list biosicurezza, ad oggi volontaria. Questa della check-list può contribuire a fornire una prima analisi e un quadro generale sulla biosicurezza degli allevamenti suinicoli, in particolare su alcuni aspetti prioritari per il monitoraggio della PSA.

SETTORE BIOLOGICO

SETTORE AVICUNICOLO

Il settore biologico continua la sua corsa, spinta anche dalle politiche agricole europee, quali la strategia “Farm to fork” e il “Green Deal”, che mirano al raggiungimento del 25% della Superficie Agricola Utilizzata (SAU) europea gestita con metodo biologico. In tale scenario l’Italia si conferma tra i leader a livello di produzione e diversificazione, ma anche per sicurezza della filiera certificata. Le modifiche e l’attenzione anche alla dieta delle famiglie europee e italiane hanno influenzato questo trend di crescita, che malgrado le difficoltà, ha “tenuto” anche durante il lockdown Covid. Il 2021, inoltre, ha rappresentato anche l’anno della transizione tra i regolamenti vigenti al nuovo Regolamento UE 2018/848, posticipato già di dodici mesi per via dell’emergenza sanitaria, che porterà alcune novità per le aziende certificate biologiche. Analizzando i numeri a livello nazionale dall’ultima stima ISMEA, in un anno gli ettari certificati o in conversione sono aumentati di circa 35 mila ettari (portando la SAU Bio a circa il 16%) e gli operatori ammontano a circa 81.000 (+2%). Le superfici maggiormente certificate in Italia rimangono le colture foraggere, i cereali ed i cereali, ma in forte crescita anche il comparto frutticolo trainato da olio e vino. La situazione piemontese, essendo già parecchio importante, è abbastanza stabile con crescite inferiori rispetto ad altre regioni, ma si attesta a circa 51.000 ettari certificati o in conversione e circa 3.100 operatori. A differenza delle regioni dell’Italia meridionale, le colture maggiormente coltivate restano i cereali. Tra questi sicuramente troviamo il frumento tenero, complice anche la richiesta di farine certificate, i cereali minori quali il farro, la segale e i cosiddetti “falsi cereali” come il grano saraceno. I cereali diventano poi fondamentali, a fianco delle essenze erbacee, per la dieta degli allevamenti (frumento, orzo, mais e soia) certificati biologici. È in crescita il settore frutticolo, soprattutto per pomacee (pero e melo) e per la vite da vino. Per quanto riguarda le colture in pieno campo, visto l’obbligo della rotazione colturale, possono verificarsi aumenti o diminuzioni rispetto all’anno precedente; tra le colture orticole, anch’esse in crescita, oltre agli ortaggi da vendita diretta tra i più coltivati permane il fagiolo. Settore invece fortemente influenzato positivamente dalla certificazione biologica rimane quello delle essenze e delle erbe officinali, utilizzate per scopi alimentari per infusi e condimenti ma anche per la cosmesi e la cura della casa.

Per il comparto avicolo da carne l’andamento dei prezzi, rilevati sulle principali Borse merci, hanno indicato una lieve ripresa del mercato. Nella fattispecie, i primi mesi dell’annata agraria hanno mostrato un calo del prezzo medio (euro/kg), anche se più contenuto rispetto al 2020, per poi proseguire con una ripresa costante dei listini nel periodo aprile-giugno 2021, con valori massimi nel mese di giugno 2021 pari a 1,19 €/kg. Valore che non era stato raggiunto nell’annata agraria 2020, in cui il listino si era fermato a un massimo di 1,13 €/kg nel mese di marzo. La ripresa dei listini porta la media generale a 1,10 €/kg, con livelli superiori rispetto al 2020 (0,97 €/kg) e all’annata agraria 2019 (1,08 €/kg). Per quanto riguarda la produzione di uova, l’annata agraria è stata particolarmente difficile. A differenza di altri comparti in cui siamo fortemente deficitari, il comparto avicolo – da carne e da uova, avendo un tasso di autoapprovvigionamento superiore al 100%, ha continuato a soffrire le pesanti restrizioni dovute alla pandemia, sia in termini di export ma soprattutto con una domanda in calo, a causa anche dei minori flussi di persone dall’estero. E il confronto con i prezzi della scorsa annata ne conferma le difficoltà per il settore delle uova. Il settore cunicolo ha confermato le problematiche dello scorso anno, con un mercato fortemente condizionato dagli effetti della pandemia e da una generale contrazione dei consumi. Le quotazioni, pur essendo leggermente superiori al 2020, continuano a essere poco remunerative. Vista anche la scarsa offerta di prodotto, si auspica che i listini possano ulteriormente crescere nelle prossime settimane, in modo da riequilibrare le perdite dei mesi precedenti. Novità importante per il comparto è stata l’introduzione obbligatoria, dal 17 aprile scorso, delle registrazioni nella Banca Dati Nazionale di tutte le movimentazioni da e verso allevamenti o verso stabilimenti di macellazione. Nella BDN sono registrate tutte le movimentazioni in entrata e in uscita. In seguito, dal 1°luglio, è diventata obbligatoria la compilazione del Modello 4 informatizzato, compilazione che consente la registrazione automatica in BDN delle movimentazioni. In generale, anche sul comparto avicunicolo continuano a gravare fortemente gli aumenti dei prezzi delle materie prime per l’alimentazione zootecnica. Altra questione che andrà attentamente monitorata è la prossima riforma dell’Unione europea su tutta la normativa riguardante il benessere animale, che dovrà avvenire entro il 2023. E per il settore avicunicolo si aggiunge il tema delle gabbie, vista la risoluzione non legislativa del Parlamento europeo, approvata lo scorso giugno, in cui è chiesto alla Commissione europea di arrivare a vietare, gradualmente, l’allevamento in gabbia in UE dal 2027, come risposta alla richiesta dei cittadini europei promotori del movimento “End the Cage Age” (Basta animali in gabbia). Su questi temi Coldiretti è al lavoro, già dai mesi scorsi, per individuare la migliore strategia.

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