IL PAESAGGIO DEL WATERFRONT progetto e valorizzazione

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INDICE

PRESENTAZIONE

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Severino Papaleoni, Franco Bazzoli

1. Progetto ambientale innovativo del waterfront del lago di Roncone

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Pietro Zennaro

2. Perché, come e cosa può fare l’architettura per la comunità civica di Roncone

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Sergio Los

3. Il paesaggio, il territorio, la storia della Valle del Chiese

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Maddalena Pellizzari

4. Strategie urbanistiche e paesaggio: livelli di vincolo e possibilità progettuali

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Mario Giovanelli

5. Il progetto di architettura in Trentino: ambientarsi o ambientare

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Roberto Paoli

6. Il paesaggio del waterfront: progetto e valorizzazione

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Alessandro Premier

7. Il progetto della luce per la valorizzazione ambientale

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Elena Pedrotti

8. Materia e colore per una rigenerazione paesaggistica funzionale Katia Gasparini

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12 STUDENTI E 4 PROGETTI PER IL LAGO DI RONCONE

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Pietro Zennaro

1. Around the lake: una nuova visione del lago di Roncone

Serena Della Torre, Giuseppe Maria Palermo, Basma Saafi

2. Tra suono e materia

Artur Ferreira, Marilena Stevanin, Cristina Treu

3. Un parco per Roncone

4. Designing the waterfront: vedere, percepire, riappropriarsi

Francesco Galvan, Isabella Poloni, Elisa Tramontin

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Beatrice Pellos, Elisa Rech, Federico Sartori

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Il paesaggio del waterfront

IL PAESAGGIO DEL WATERFRONT progetto e valorizzazione Alessandro Premier

Università degli Studi di Udine

Ludovico Quaroni, analizzando i primi passi della progettazione, sosteneva che dopo la fase programmatica e di analisi nella quale il progettista si immedesima nel fruitore degli spazi da progettare, egli può e deve “buttare dentro il lavoro materiali estratti dal magazzino della memoria: «idee» d’organizzazione spaziale o addirittura «oggetti» architettonici” [L. Quaroni, p. 66]. Molti progetti infatti nascono proprio seguendo questo principio. Lo stesso Quaroni cita i casi dei celebri progetti di Le Corbusier per Rio de Janeiro (1929) e per Algeri (1930) le cui “matrici figurative” nacquero dalla sovrapposizione planimetrica di due edifici visti in Italia (il Lingotto di Torino e l’Acquedotto Claudio nella provincia romana). È evidente che le stesse suggestioni possono essere applicate anche ad altri aspetti del progetto: la scelta dei materiali, delle forme, dei colori ecc. Per semplificare questo processo è utile dotarsi di strumenti che chiamiamo “riferimenti culturali” ovvero una più o meno piccola libreria tematica di casi studio, che potrebbero essere classificati secondo dei criteri comuni, facili da reperire ed utilizzare. In un certo modo, come sosteneva Umberto Eco, “l’uomo colto non è colui che sa quando è nato Napoleone, ma quello 79


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che sa dove andare a cercare l’informazione nell’unico momento della sua vita in cui gli serve, e in due minuti. La Garzantina in tal senso è perfetta” [U. Eco in S. Bartezzaghi, 2003]. Nella progettazione del waterfront, tema dove l’acqua è il carattere principale, molti sono gli elementi che possono costruire un filo conduttore rintracciabile - se non in toto almeno in parte - in diversi interventi realizzati. Alcuni di questi inoltre possono essere particolarmente accentuati rispetto ad altri e costituire l’elemento caratteristico di uno specifico caso studio. Recuperando ancora Quaroni nelle sue otto lezioni di architettura, essi possono essere: la geometria, la forma (e la sua percezione), i materiali, le superfici e i colori [Cfr. L. Quaroni, ibidem], ma anche aspetti indagati maggiormente nella contemporaneità come l’uso delle tecnologie e la sensorialità. Il filo conduttore quindi può essere rappresentato dalle relazioni con l’intorno, o meglio dagli strumenti summenzionati declinati via via in modo diverso per creare relazioni con i luoghi oggetto di intervento. Nella costruzione di un piccolo (e parziale) insieme di riferimenti culturali relativi alla progettazione del waterfront può essere utile una lettura che privilegi questi aspetti di seguito affrontati nello specifico di alcuni interventi ritenuti particolarmente significativi. 1) Geometria: giardino botanico di Barcellona (1999) Il giardino botanico di Barcellona, opera famosissima degli architetti Carlos Ferrater e José Luis Canosa e della paesaggista Bet Figueras, raccoglie la flora che caratterizza zone aventi lo stesso clima del Mediterraneo (omo-climatiche), come aree della California, del Giappone, del Cile, del Sud Africa e in minima parte dell’Australia. È situato sul versante settentrionale del promontorio di Montjuïc. Si estende su una superficie di 15 ettari con un dislivello di 50 metri, formando una grande cavea naturale orientata a sud-ovest. Il progetto del giardino è stato sviluppato secondo un preciso schema geometrico, interpretando il concetto di modulo come “una griglia concettuale per lavorarvi dentro, piuttosto che una specifica dimensione o una maglia rigida” [E.D. Ehrenkrantz, p. 118]. Il progetto deriva infatti dal layout 80


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di una grigia triangolare: tassellazione, “piastrellatura o struttura modulare regolare” [A. Marcolli, p. 58] che si adatta alle diverse forme di vegetazione, dove le specie sono posizionate secondo i diversi ecosistemi di riferimento. La griglia si adatta al terreno, si ferma ai bordi e cresce o decresce in un area specifica secondo la pendenza. L’orientamento della griglia triangolare segue le tre direzioni principali delle linee topografiche, assicurando che due estremità di ogni triangolo siano sempre allo stesso livello, con pendenza zero. Si crea così un ordine geometrico irregolare che varia a seconda della posizione sul sito e permette di ottimizzare i percorsi, razionalizzare l’ordinamento della vegetazione e predisporre eventuali ampliamenti. Il giardino quindi si articola in un complesso sistema di frammenti triangolari: le pareti di contenimento del terreno sono lastre di acciaio cor-ten dal colore rosso-bruno mentre le superfici dei percorsi sono in calcestruzzo. Le forme degli elementi che delimitano gli spazi che raccolgono la vegetazione si presentano con una artificialità in aperto contrasto con l’apparente naturalità del sito: i riferimenti culturali alle arti visive e alla computer grafica (che è servita ad elaborare il progetto) sembrano piuttosto espliciti.

Fig. 1: Giardino Botanico di Barcellona: ingresso. Architetti: Carlos Ferrater & José Luis Canosa. Architetto del paesaggio: Bet Figueras. Foto © Aleix Bagué

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Gli stessi materiali caratterizzano gli edifici del complesso. L’ingresso al parco manifesta nuovamente le geometrie e le forme dello stesso: superfici triangolari fungono da pareti di contenimento in acciaio cor-ten fra la terra e lo specchio d’acqua e assieme ad una passerella rivestita in legno accompagnano il visitatore fino al portale, anche esso caratterizzato da un incontro di lame in calcestruzzo (Fig. 1). Infine, grandi pannelli in acciaio cor-ten permettono la chiusura del sito. Le scelte cromatiche (contrasto di complementari: rosso/bruno-verde) sembrano orientate alla valorizzazione del sito durante le varie fioriture che colorano in modo diverso l’ambiente soprattutto nel periodo primaverile. 2) Forma: Les Docks de Paris (2012) Negli interventi di architettura contemporanea è sempre più frequente rilevare una ricerca sulla geometria dei volumi che non si limita alle forme semplici e regolari, indici di chiarezza e stabilità [Cfr. L. Quaroni, p. 120], ma ricerca in forme più complesse quella instabilità/fluidità tipica del vivere contemporaneo. Il progetto “Les Docks de Paris” è la ristrutturazione di un vecchio deposito costruito nel 1907. L’edificio è situato lungo la Senna a pochi passi dalla Gare d’Austerlitz. Lo studio parigino Jakob + MacFarlane decise di conservare l’originaria ossatura a telaio in calcestruzzo armato utilizzandola come base per il nuovo intervento. Gli architetti l’hanno definita un’opera di “plug-over”: si tratta di fatto di un intervento di re-cladding dove viene mantenuta la struttura esistente ed applicato un nuovo involucro. La facciata lungo il fiume, la più significativa, presenta poi una struttura in tubi di acciaio rivestita in vetro ispirata al fluire della Senna e delle persone lungo le sue promenades pedonali. La forma del rivestimento è fluida e richiama quel concetto di architettura liquida caro a Marcos Novak e declinato in modi diversi da artisti quali Zaha Hadid e altri. Essa quindi si ricollega idealmente al fiume. Il colore scelto è un verde saturo che accentua l’immediata riconoscibilità dell’edificio (Fig. 2). Come di consueto per Jakob + MacFarlane la facciata principale è stata disegnata in collaborazione con un artista: in questo caso Yann Yer82


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Fig. 2: Les Docks de Paris. Architetti: Jakob + MacFarlane. Elaborazione fotografica Š Alessandro Premier

Fig. 3: Parc Diagonal Mar, Barcellona. Architetti: Miralles Tagliabue EMBT. Foto Š Katia Gasparini

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salé (www.ykersale.com), noto per aver realizzato numerose installazioni per architetti, tra i quali Jean Nouvel al Musée du quai Branly. La nuova facciata fluida ha anche la funzione di sistema distributivo consentendo ai visitatori di spostarsi fra i vari livelli dell’edificio. Le funzioni ospitate nel complesso sono: gallerie espositive, l’Istituto di Moda Francese, negozi, bar, ristoranti e una mediateca. 3) Materiali: Parc Diagonal Mar, Barcellona (2002) Parc Diagonal Mar, inaugurato nel 2002, si inserisce all’interno di un sistema di opere di bonifica delle aree ex-industriali della città avviati in occasione del Forum 2004. È stato costruito sul terreno occupato dalla vecchia fabbrica Macosa nel quartiere di Sant Martí. L’intervento ha dato inizio alla grande trasformazione urbana della costa nord di Barcellona. Il progetto è dello studio Miralles Tagliabue EMBT ed è stato pensato come un’unità energeticamente auto-sufficiente e dal design ottimizzato al fine di ridurre al minimo gli interventi di manutenzione.

Fig. 4: Parc Diagonal Mar, Barcellona. Foto satellitare 2017

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Ciò che definisce l’aspetto esteriore di un manufatto sono i materiali, ma per Gregotti materiale dell’architettura è ogni cosa, materiale e immateriale, che entra nel gioco compositivo [Cfr. V. Gregotti, pp. 14-15]. Il “materiale” principale del parco è l’acqua. L’acqua piovana infatti è conservata in serbatoi sotterranei e pompata per l’irrigazione della vegetazione del parco mediante strutture metalliche tubolari fuori terra (Fig. 3). I tubi di irrigazione si sviluppano lungo tutto il parco e raggiungono i grandi vasi decorati con frammenti di ceramica che a volte sono sospesi (avvolti dalle stesse strutture tubolari) e a volte posati a terra. In alcuni punti l’acqua viene anche nebulizzata e spruzzata per rinfrescare l’ambiente durante la calura estiva. Tutto il sistema si sviluppa lungo il lago, che è al centro dell’intera composizione e in qualche modo ne “costruisce” la sponda stessa. Il tema di fondo è la crescita del bambino. I percorsi si sviluppano lungo due assi incrociati che sfiorano i nuovi edifici circostanti ponendo il parco in netto contrasto con essi (Fig. 4). I due assi raccolgono 7 diverse aree tematiche. • Passeggiata che dal parco conduce al lungomare; • Stagno e parco giochi per bambini; • Strada Taulat: un’arteria che taglia in due il parco e permette una vista sul nuovo quartiere Diagonal Mar; • Ponte a zig-zag sul lago e presenza di un altro laghetto ai piedi di una piccola cascata; • Area giochi con scivoli di forme sinuose e una collina verde dedicata all’età pre-adolescenziale; • Il lago: area con strutture tubolari tortili che spruzzano acqua nebulizzata; • La piazza: punto d’incontro per gli abitanti del luogo e intersezione del parco con la città e la Avenida Diagonal. 4) Superfici: MAAT Museum, Lisbona (2016) Parafrasando ancora il Quaroni, il progettista deve riconoscere le potenzialità dei materiali che sono espresse attraverso colore e superficie (speculare, lucida, liscia, satinata ecc.) e che derivano dalle qualità del ma85


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teriale, dalle lavorazioni e dai trattamenti successivi [Cfr. L. Quaroni, p. 152]. Le qualità di superficie sono fondamentali per determinare l’aspetto finale di un manufatto e le sue relazioni con il paesaggio. Esempio ne è la facciata del Museo MAAT di Lisbona. Il Museo d’Arte, Architettura e Tecnologia progettato dallo studio britannico AL_A di Amanda Levete (già partner di Future Systems dal 1989 al 2009) ha aperto al pubblico in coincidenza con l’inizio della Triennale di Architettura di Lisbona, il 5 ottobre 2016. Situato sulla riva del fiume Tago nel quartiere di Belém è stato concepito come una prosecuzione della passeggiata lungo il fiume. Il prospetto sul waterfront è contraddistinto da una forma leggermente arcuata, inclinata verso l’acqua, ed è rivestito con 15.000 piastrelle di ceramica smaltata. La forma dell’edificio consente ai visitatori di camminare sopra la copertura che si trasforma in un grande belvedere verso l’acqua (Fig. 5). Il design dell’edificio è strettamente correlato alla sua collocazione sul waterfront. La copertura, con la sua forma arcuata, crea ombreggiamento ma anche una sorta di invito per i visitatori, mentre la superficie della facciata è progettata per riflettere la luce del sole e l’acqua. Le superfici si caricano di riflessi all’esterno e anche all’interno dell’edificio, nella galleria principale. Le piastrelle ceramiche “tridimensionali”, smaltate di bianco, hanno forma trapezoidale e sono progettate per avere un’inclinazione opposta l’una all’altra rispetto al filo della facciata: il pattern così accuratamente progettato consente di sfruttare l’effetto riflettente creando una superficie che vibra assieme al movimento dell’acqua. Una seconda fase del progetto complessivo dell’area prevede l’apertura di un ponte pedonale e l’inaugurazione di un nuovo parco.

Fig. 5: MAAT Museum, Lisbona. Architetti: AL_A. Elaborazione fotografica © Alessandro Premier

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5) Colori: Benidorm West Beach Promenade (2009) La West Beach Promenade (il percorso lungo la spiaggia ovest) di Benidorm in Spagna è stata concepita dai progettisti Carlos Ferrater e Xavier Martí come uno spazio di transizione fra la città e l’ambiente naturale (e antropizzato) di spiaggia e mare. Il lungo percorso ridisegna integralmente il waterfront di questa parte di città ponendosi non come una frontiera ma come uno spazio di transizione permeabile nelle due direzioni (Fig. 6). Gli obiettivi erano la creazione di un percorso che integrasse la passeggiata, lo sguardo verso il mare, la sosta e il relax. Il percorso raccoglie i flussi longitudinali e trasversali provenienti dalle diverse direzioni convogliandoli e consentendo un facile accesso alla spiaggia. Le barriere architettoniche sono state completamente eliminate consentendo un accesso diretto al percorso dai vari parcheggi disponibili. La barriera che risolve il dislivello fra la città e la spiaggia e delimita il percorso è un nesso di linee sinuose e intrecciate. Una sorta di grande facciata.

Fig. 6: Benidorm West Beach Promenade: vista generale nelle due direzioni. Architetti: Carlos Ferrater & Xavier Martí. Foto © Aleix Bagué

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Fig. 7: Benidorm West Beach Promenade: pavimentazioni. Architetti: Carlos Ferrater & Xavier Martí. Foto © Aleix Bagué

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Essa imposta gli spazi seguendo forme naturali e organiche che richiamano la struttura frattale di una scogliera, così come il movimento delle onde e delle maree. Secondo l’autore il percorso si struttura su più layer: il primo layer è la barriera in calcestruzzo bianco che crea la linea perimetrale sinuosa della “promenade” e che risolve il dislivello fra spiaggia e città (Fig. 8); il secondo layer è la pavimentazione colorata del percorso (Fig. 7); il terzo layer è costituito dall’arredo urbano, dalla vegetazione e dall’acqua [Cfr. OAB]. L’intervento di riqualificazione ridona alla spiaggia alcune zone precedentemente occupate dall’ex spianata, aumentando la superficie di sabbia e riducendo quella di asfalto. Dal punto di vista progettuale due sono gli aspetti dominanti: le forme e i colori. Le forme organiche sono ottenute mediante il disegno geometrico della pianta, elaborata per moduli in modo da trasferire la stessa fluidità anche nel prospetto. I colori sono il secondo strumento di mediazione con l’ambiente: il bianco della parete è mediato dalla pavimentazione in doghe di legno dell’attacco a terra, mentre i colori del percorso superiore sembrano derivare dai colori delle facciate degli edifici sul lungomare ed in particolare dalle tende di schermatura solare. Si creano quindi due elementi di mediazione con l’ambiente: la parete si interfaccia con la spiaggia mentre

Fig. 8: Benidorm West Beach Promenade: parete in calcestruzzo. Architetti: Carlos Ferrater & Xavier Martí. Foto © Aleix Bagué

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la pavimentazione del percorso si interfaccia con la città. In particolare la pavimentazione in dischi di ceramica presenta una modulazione cromatica che ne accentua la fluidità del disegno: i colori variano per zone dal verde al giallo, al rosso, fino al blu. Tali “zone” sembrano corrispondere per contrasto alle facciate degli edifici antistanti: verde vs grigio, giallo vs rosso, rosso vs blu, rosa vs giallo e così via. La vegetazione si integra perfettamente con il percorso stesso grazie alla forma “ad incastro” delle aiole. 6) Tecnologia: Jay Pritzker Pavilion, Millennium Park, Chicago (2004) Le tecnologie contemporanee possono essere sfruttate in vari modi per ottimizzare le caratteristiche di un dato ambiente. Ad esempio, negli spazi aperti in cui si svolgono manifestazioni culturali che richiedono una certa qualità del suono (concerti, ma anche manifestazioni teatrali, cineforum e fiere) esistono soluzioni in grado di migliorare notevolmente l’esperienza sensoriale dei fruitori.

Fig. 9: Millennium Park, Chicago. Foto satellitare 2017

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A Chicago, nei pressi dal Lago Michigan, all’altezza del Monroe Harbor, ad est del Grant Park, si estende il Millennium Park (Fig. 9). Una delle maggiori attrazioni del parco è il Jay Pritzker Pavilion progettato da Frank Gehry. Si tratta di un padiglione progettato per ospitare eventi musicali. Le performance vanno dalla musica sinfonica e lirica, ai concerti pop e rock, ma sono ospitate anche manifestazioni di tipo sportivo come fitness o yoga. La particolarità del progetto, oltre alla grande scultura disegnata da Gehry che ospita la cavea per l’orchestra (bandshell) e un’ampia area con posti a sedere fissi, è il grande prato (Great Lawn), aperto al pubblico e caratterizzato da una sorta di grande rete costituita da tralicci incrociati che fungono da supporto per il sistema audio, l’elemento tecnologico più rilevante. Il sistema audio è stato progettato per riprodurre l’esperienza sonora di una sala da concerti indoor. Il Pritzker Pavilion infatti è la prima installazione esterna permanente negli Stati Uniti del sistema audio LARES. Si tratta di un sistema elettronico di potenziamento del suono che utilizza microprocessori per controllare più altoparlanti e microfoni posti attorno ad un determinato spazio con lo scopo di fornire un intrattenimento acustico attivo. Il sistema di tralicci ha funzioni sia acustiche che architettoniche: consente la precisa collocazione degli altoparlanti per l’ottimizzazione del suono, elimina gli ostacoli visivi come colonne o altri elementi strutturali e contribuisce a delimitare lo spazio dedicato alla musica. Il sistema acustico nel suo complesso permette ai musicisti sul palco di sentirsi chiaramente a vicenda in modo da facilitare l’esecuzione corale. Il suono, oltre ad essere potenziato dal sistema audio, è riflesso verso l’esterno dalle superfici metalliche disegnate da Gehry. Gli altoparlanti collocati sui tralicci invece diffondono il suono in modo che sembri arrivare direttamente dal palco, con adeguati livelli di volume e chiarezza. Gli altoparlanti distribuiti consentono inoltre volumi sonori più bassi di quanto sarebbe necessario con altoparlanti centralizzati, limitando al minimo il disturbo che si verrebbe a creare per i residenti.

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7) Sensorialità: l’Organo Marino di Zara e il Blackpool High Tide Organ Il waterfront marino è da sempre caratterizzato dalla presenza di due elementi fisici come il vento e il moto ondoso. Da queste due caratteristiche artisti e architetti hanno tratto ispirazione per creare opere e installazioni in grado di creare una relazione con l’ambiente e i suoi fruitori attraverso l’esperienza sensoriale del suono. Una delle più note installazioni è l’Organo Marino di Zara, in croato Morske Orgulje (2005). Si tratta di un’opera d’arte architettonica e musicale situata sul waterfront della cittadina croata: più precisamente è collocata sull’angolo nord-occidentale della banchina che circonda il centro storico (lunghezza: 70 metri). Progettato dall’architetto Nikola Bašić, si tratta di un organo, dalla conformazione simile ad una scala in pietra digradante verso il mare, formato da 35 canne interne di diversa inclinazione, forma e lunghezza. Grazie al moto ondoso dell’acqua marina che entra attraverso le feritoie del rivestimento in pietra le canne producono suoni continuamente diversi modulati secondo sette accordi su cinque tonalità diverse [Cfr. C. Herreira]. Nel Regno Unito sono presenti altre installazioni di questo genere. Una di queste è l’High Tide Organ. Si tratta di un organo marino alto 15 metri realizzato nel 2002 nell’ambito del Grande Promenade Show, una serie di sculture situate sul lungomare di Blackpool. La scultura è stata progettata dagli artisti Liam Curtin e John Gooding ed è costruita in calcestruzzo, acciaio, zinco e lamiera di rame. Quando si alza la marea l’acqua del mare entra nell’organo attraverso un sistema di 8 tubi collegati alla banchina. I tubi a loro volta sono collegati sotto la “promenade” a 18 canne d’organo posizionate all’interno della scultura. Le onde dell’alta marea spingono l’aria dentro i tubi facendo suonare le canne. Il momento migliore per ascoltare l’organo è due/tre ore prima o dopo l’alta marea [Cfr. L. Sandhana]. L’organo marino è uno dei pochi strumenti musicali in grado di funzionare senza l’intervento umano. Altri sono l’arpa eolica e il carillon eolico. Se l’organo marino necessita di un moto ondoso e di maree difficilmente riscontrabili in specchi d’acqua montani relativamente contenuti, gli strumenti eolici potrebbero invece rappresentare una soluzione praticabile. 93


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Conclusioni I casi studio descritti si riferiscono a contesti molto diversi fra loro accomunati dalla presenza dell’acqua: laghi, fiumi, mare. In tutti gli interventi la relazione con l’acqua, sia essa fisica (organo marino), sia essa puramente visiva (MAAT Museum, Lisbona), costituisce un elemento cardine della progettazione. Nonostante la differenza sostanziale fra la natura dei luoghi e le funzioni stabilite è possibile delineare una traccia comune per gli interventi seguendo, ad esempio, la sequenza di strumenti citata all’inizio di questo contributo: studio della geometria, della forma, dei materiali, delle superfici, dei colori, delle tecnologie. Infatti, “il genius loci non può essere necessariamente determinato dalla fissità delle situazioni urbane, ma continua a variare sull’onda del comportamento degli abitanti e delle opere che lasciano sul terreno” [P. Zennaro, p. 56]. Pertanto anche in luoghi particolarmente “sensibili” come il waterfront è possibile intervenire adattandosi alle rinnovate esigenze del vivere contemporaneo. Una delle possibili soluzioni è quella di trarre ispirazione da modelli consolidati, declinando le scelte secondo le specificità dell’utenza e le caratteristiche ambientali (e la scala) del luogo oggetto di intervento. La geometria pertanto può essere uno strumento generatore che segue l’andamento della morfologia del sito e determina la struttura complessiva dell’intervento come nel Giardino Botanico di Barcellona, mentre le forme possono essere legate ad essa, alla tradizione del luogo o alle sue caratteristiche antropiche. Materiali, superfici e colori determinano l’aspetto dei manufatti e le loro relazioni con l’intorno: relazioni impostate per contrasto cromatico o per affinità (Benidorm); uso delle superfici per creare effetti di luce, giochi e riflessi (MAAT Museum). Le tecnologie infine possono essere sfruttate al fine di ottimizzare l’esperienza sensoriale (Pritzker Pavilion e organo marino) e di fruizione, creando ambienti più idonei alle esigenze dell’utenza. Ringraziamenti Si ringrazia lo studio OAB (Carlos Ferrater & Partners) per la gentile concessione delle immagini del Giardino Botanico di Barcellona e della Benidorm West Beach Promenade. 94


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Riferimenti bibliografici S. Bartezzaghi, “Se tutta la conoscenza è un viaggio giocoso. A colloquio con Umberto Eco”, La Repubblica, 1 settembre 2003. V. Gregotti, Il territorio dell’architettura, Feltrinelli, Milano, ed. 1972. C. Herreria, “This Croatian ‘Sea Organ’ Uses Wind And Waves To Create Enchanting Harmonies” in www.huffingtonpost.com, 30 marzo 2015 (ultimo accesso 24/04/2017). E.D. Ehrenkrantz, “Modular materials and design flexibility” in G. Kepes, editor, Module, Symmetry, Proportion, Studio Vista, Londra, 1966, pp. 118-127. A. Marcolli, Teoria del campo 2: corso di metodologia della visione, Sansoni, Firenze, 1978. J. Maris, “First photographs revealed of Amanda Levete’s MAAT museum in Lisbon” in www.dezeen.com, 29 settembre 2016 (ultimo accesso 13/02/2017). OAB (Office of Architecture in Barcelona), http://ferrater.com/?oab_proyecto=benidorm&idioma=_en# (ultimo accesso 12/02/2017). L. Quaroni, Progettare un edificio. Otto lezioni di architettura, Gangemi, Roma, Ed. 1993. L. Sandhana, “The musical stylings of High Tide” in www.wired.com, 7 gennaio 2002 (ultimo accesso 13/02/2017). P. Zennaro, Architettura Senza. Micro esegesi della riduzione negli edifici contemporanei, Franco Angeli, Milano, 2009.

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