Outdoor textile design: manufatti leggeri e materiali innovativi

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Alessandro Premier Alessandro Premier è docente a contratto di tecnologia dell’architettura, Università degli Studi di Udine

OUTDOOR TEXTILE DESIGN: MANUFATTI LEGGERI E MATERIALI INNOVATIVI


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Materiali ad alte prestazioni utilizzati nelle grandi architetture o addirittura progettati inizialmente per altri settori stanno trovando applicazione anche nella realizzazione di manufatti sperimentali per l’outdoor. Si tratta di applicazioni avanzate che rappresentano con buona probabilità soluzioni tecnologiche che troveranno ampio utilizzo in un futuro prossimo. Infatti, come è spesso accaduto nel settore delle costruzioni, soluzioni che prima erano di punta, dopo pochi anni sono risultate economicamente vantaggiose anche per applicazioni e prodotti standard di più ampio consumo (trasferimento tecnologico). Sembra quindi interessante considerare le potenzialità di alcuni “nuovi” materiali anche in vista dello sviluppo di nuovi prodotti. La ricerca sembra volta a coniugare il design dei manufatti

1 – Serpentine Pavilion 2015, vista sud. Render ©SelgasCano

con le recenti tecniche di digital fabrication (fabbricazione digitale) e l’utilizzo di materiali leggeri ma altamente performanti. Se da una parte questo può favorire nuove opportunità professionali per i progettisti che si dotano di software parametrici di ingegnerizzazione e BIM, dall’altra è necessario per questi conoscere le potenzialità di una gamma di materiali e tecnologie sempre più vasta. La sfida però più gravosa sembra essere quella di riuscire a discernere, all’interno di un quadro complesso, quali siano i limiti e i vantaggi di certe soluzioni. In estrema sintesi possiamo affermare che i manufatti per l’outdoor possono essere realizzati secondo le seguenti modalità: – struttura + rivestimento; – tensostruttura; – sistemi pneumatici; – scocca autoportante. Probabilmente oggetto di maggiore ricerca, il sistema struttura + rivestimento (detto anche sistema a telaio) vede l’impiego crescente di elementi strutturali leggeri in FRP al fianco di materiali ampiamente testati come acciaio e alluminio. Gli FRP, Fiber Reinforced Polymers, cioè materiali fibro-rinforzati a matrice polimerica sono utilizzati infatti nella costruzione di profilati per telai leggeri come anche nella realizzazione di scocche autoportanti: padiglioni e manufatti per l’outdoor in fibra di carbonio o fibra di vetro. Un esempio di telaio leggero in FRP costituito da un fascio di tubi flessibili è visibile in Fig. 11. Per quanto riguarda i rivestimenti, oltre ai tessuti tecnici e alle membrane spalmate – utilizzati anche nelle facciate tessili e nelle tensostrutture - trovano applicazione rivestimenti plastici come l’ETFE (Fig. 4) – già usato per involucri di grandi edifici - e nuove tipologie di tessuti realizzati con fibre speciali come il PTFE (Fig. 9), impiegato non più solo come materiale impermeabilizzante. Ognuno di questi materiali risponde a specifiche esigenze, ad esempio: colore, trasparenza, resistenza alla corrosione in alcuni condizioni climatiche, economia nella produzione, riduzione degli scarti e così via. Ciò che sembra accomunare le scelte all’interno dei singoli progetti è la necessità di specifiche prestazioni dettate da esigenze pragmatiche. Sembra quindi utile affrontare l’impiego di tre materiali diversi da rivestimento contestualizzandone la scelta all’interno di tre progetti diversi. Il primo progetto presenta telaio in acciaio e rivestimento in ETFE, il secondo telaio in acciaio-alluminio e rivestimento in PTFE, mentre il terzo telaio in FRP e rivestimento con fibre artificiali miste. Rivestimento in ETFE Il Serpentine Pavilion 2015 celebrava il 15° anniversario del padiglione che ogni anno dal 2000 viene realizzato presso i Kensington Gardens a Londra. In occasione dell’anniversario di cristallo, il padiglione 2015 doveva rendere una sorta di omaggio a tutti i padiglioni precedenti, senza comunque assomigliarvi.


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2 – Serpentine Pavilion 2015, vista da lontano. Render ©SelgasCano

L’incarico di progettazione del Serpentine Pavilion è affidato annualmente ad un team di progettazione che non abbia completato un edificio in Inghilterra al momento dell’invito. Nel 2015 furono incaricati i SelgasCano, team di architetti spagnoli diretto da José Selgas e Lucía Cano. Il lavoro di SelgasCano è caratterizzato dall’uso di materiali sintetici (di derivazione polimerica) e tecnologie spesso raramente applicate all’architettura. Traendo ispirazione da Luis Barragan e Richard Rogers, gli architetti usano colori e riferimenti alla natura in tutti i loro progetti. Sono anche incaricati di un corso di progettazione su Natura e Climatologia al MIT. La forma del padiglione si ispirava quindi alla natura ed in

3 – Serpentine Pavilion 2015, vista dalla Galleria. Render ©SelgasCano

particolare ad una crisalide. Altro riferimento erano le forme organiche della vegetazione del parco. L’ispirazione non proveniva però solo dal sito, ma dal modo in cui le persone si muovono attraverso la città ed in particolare nella metropolitana con il suo flusso stratificato, caotico ma strutturato (Figg. 1-2). Gli architetti pensarono subito alla trasparenza proponendo un padiglione realizzato interamente in PMMA (plexiglas). La soluzione fu immediatamente scartata a causa degli standard antincendio locali. La scelta quindi cadde su un involucro a doppio strato, realizzato in fogli di materiale plastico opachi e traslucidi (ETFE) in colori diversi e fasce colorate che caratterizzavano solo alcune parti del manufat-


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4 – Serpentine Pavilion 2015, particolari costruttivi. Disegni ©SelgasCano


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5 – Serpentine Pavilion 2015, pianta. Disegno ©SelgasCano

6 – Prototype II, UNStudio, 2017. Diagrammi ©UNStudio


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7 – Prototype II, UNStudio, 2017, vista generale. Foto ©Olaf Becker

to (Fig. 3). La complessa struttura del padiglione era costituita da archi in acciaio collegati fra loro, sui quali il materiale del rivestimento poteva essere fissato e stirato. Il tamponamento era costituito da fogli in ETFE traslucidi in vari colori: blu-verde-viola; giallo-arancio (Fig. 4). La trasparenza del materiale riduceva parzialmente la saturazione dei colori, scelti per realizzare un contrasto fra colori caldi e freddi. Il pavimento era realizzato in resina bianca lucida per riflettere i colori del rivestimento. Era possibile cogliere le qualità spaziali del padiglione solo quando si accedeva alla struttura e si era immersi in essa. Ogni ingresso consentiva uno specifico spostamento nello spazio, caratterizzato da contrasti cromatici, forme leggere e irregolari. I visitatori potevano entrare e uscire dal padiglione da punti diversi, passando attraverso un corridoio tra lo strato esterno e quello interno della struttura. Al centro del padiglione vi era uno spazio più ampio per eventi (Fig. 5). L’ETFE (Etilene Tetrafluoroetilene) è un materiale plastico trasparente con alta resistenza alla corrosione. È più leggero e più resistente del vetro e di altri materiali plastici trasparenti. È inoltre più isolante e più economico del vetro. Per queste ragioni trova impiego in architettura già da molto tempo. Celebri esempi di edifici con involucro in ETFE sono l’Eden Project in Cornovaglia (2001), l’Allianz Arena a Monaco di Baviera (2005) e il Centro Acquatico Nazionale di Pechino (2008).

Rivestimento in Teflon (PTFE) Prototype II è stato progettato da UNStudio (progettisti: Ben van Berkel e collaboratori) e realizzato da MDT-tex, un’azienda che si occupa di progettazione, costruzione e fornitura di sistemi di protezione solare innovativi e manufatti tessili per l’outdoor. Prototype II è stato realizzato per la mostra “Living in Space” (vivere nello spazio) all’interno dell’esposizione Techtextil 2017 presso la Fiera di Francoforte. Obiettivo della mostra era quello di rappresentare l’ampia gamma di applicazioni dei tessuti tecnici nell’ambito dell’industria aerospaziale. La mostra è stata realizzata in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e il Centro Aerospaziale Tedesco (DLR). Nello specifico, Prototype II rappresenta un prototipo di rifugio modulare che fornisce una rappresentazione di come un giorno potremmo vivere sulla Luna o su Marte (Figg. 6-7). All’interno del suo spazio i visitatori potevano inoltre sperimentare un viaggio su Marte in realtà virtuale. Alla base del progetto vi era l’obiettivo di una costruzione pieghevole, modulare, leggera e facile da trasportare (Fig. 8). Prototype II è costituito da un telaio pieghevole in alluminio e acciaio, frutto di progettazione parametrica, ed è rivestito con una membrana in PTFE (Fig. 9). Nell’installazione del 2016 copriva un’area di 25 mq con una superficie rivestita di 51 mq. La scelta del PTFE come rivestimento è stata dettata dalle prestazioni fornite dal materiale: alta resistenza ma anche traslucidità, leggerezza e soprattutto


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8 – Prototype II, UNStudio, 2017, dettaglio. Foto ©Olaf Becker

9 – Prototype II, UNStudio, 2017, dettaglio. Foto ©Olaf Becker


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10 – Prototype II, UNStudio, 2017, dettaglio. Foto ©Olaf Becker

flessibilità. Il colore scelto è il bianco ma erano possibili altre colorazioni e soluzioni tessili ad intreccio aperto (Fig. 10). Prototype II (e il precedente prototipo denominato Eye_Beacon) rientrano all’interno del progetto “Cirrus” sviluppato congiuntamente da UNStudio e MDT-tex. Un progetto in corso di svolgimento che prevede la realizzazione di prototipi di strutture polifunzionali a membrana. Sistemi che saranno ulteriormente sviluppati e ottimizzati per realizzare facciate, schermature solari per sistemi a doppia pelle o rifugi temporanei. Il tessuto in PTFE utilizzato è stato sviluppato appositamente da MDT-tex e si differenzia dalle membrane in fibra di vetro, aramidica o poliestere spalmate in PVC o PTFE, in quanto costituito da multifilamenti in PTFE formati da una pluralità di fibre continue attorcigliate. Il PTFE (Teflon) è un materiale utilizzato già da molto tempo nell’ambito delle missioni aerospaziali NASA per varie applicazioni: isolante per cavi, lastre di protezione dal calore, strato protettivo per tute spaziali, rivestimento dei contenitori per rocce lunari. Nella tabella 1 sono riportate le principali caratteristiche del materiale utilizzato.

Trasmissione luminosa

Fino al 40%

Capacità autopulente e antiadesiva

Elevata

Estensibilità

Bassa

Resistenza alle variazioni di temperatura

da -200° C a + 327° C

Tensione superficiale (polarità)

Molto bassa

Resistenza agli agenti chimici

Molto elevata

Resistenza agli agenti atmosferici

Molto elevata

Resistenza alle radiazioni UV

Molto elevata

Infiammabilità

classificazione B1

Capacità autoestinguente

classificazione B1

Conduttività elettrica

Molto bassa

Tab. 1 Caratteristiche della membrana in PTFE utilizzata in Prototype II (dati forniti da UNStudio).


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11 – PolyThread Textile Pavilion, Jenny Sabin, 2016, vista generale. Foto ©Bill Staffeld

Rivestimento in fibre artificiali miste Applicazioni innovative sperimentano l’uso di tessuti non spalmati con caratteristiche tecnologiche particolari, realizzati con combinazioni di fibre diverse per aggiungere qualità specifiche richieste dal progetto. Un’applicazione innovativa di questo tipo è rappresentata dal PolyThread Textile Pavilion. Si tratta di un padiglione sperimentale realizzato per la quinta edizione della triennale dedicata al design (Beauty-Cooper Hewitt Design Triennial 2016) del Cooper Hewitt Smithsonian Design Museum di New York. Il tema di fondo dell’esposizione era la “bellezza” con un focus sull’innovazione “estetica”. Il padiglione fu esposto dal 12 febbraio al 21 agosto 2016 nell’ambito di progetti realizzati mediante tecnologie digitali per generare forme inaspettate attraverso progettazione parametrica e fabbricazione digitale. Polythread Knitted Textile Pavilion (padiglione in tessuto lavorato a maglia) è stato progettato dallo studio Jenny Sabin. L’architettura del padiglione si ispira sia alla natura (strutture cellulari) che alla matematica. È super-leggero e trasportabile e può essere utilizzato all’aperto per assorbire la luce del sole di giorno e rilasciarla di notte grazie ai materiali utilizzati per il rivestimento.

La struttura è realizzata con fasci di tubi in FRP e costituisce la forma base che permette al padiglione di reggere se stesso e il tessuto (Fig. 11). La forma complessiva del padiglione è quella di una cupola increspata. La struttura è alta circa due metri nel punto più basso e tre metri in quello più alto. Il rivestimento è realizzato con un tessuto a struttura esagonale a nido d’ape. Ogni esagono è costituito da una maglia forata. La copertura è costituta da due membrane sovrapposte collegate alla struttura portante mediante cinghie regolabili. Elementi “a collo” collegano le due membrane. Il tessuto di rivestimento è integrato da filati con pigmenti fotoluminescenti che si attivano con la luce e sono in grado di assorbire, conservare e trasmettere luce. I filati fotoluminescenti corrono lungo la trama a nido d’ape evidenziandone il pattern (Fig. 12). Durante la mostra era simulato il passaggio dal giorno alla notte mediante l’ausilio di tre proiettori con 12 LED ciascuno. Gli apparecchi, collegati in serie e controllati da un regolatore di riproduzione luminosa, permettevano una variazione cromatica della luce dal blu al rosa pallido che sottolineava il passaggio fra giorno e notte. Il padiglione è stato con-


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12 – PolyThread Textile Pavilion, Jenny Sabin, 2016, dettaglio. Foto ©Bill Staffeld

cepito come una potenziale soluzione per portare l’illuminazione artificiale in alcune parti del mondo dove la fornitura di energia elettrica è scarsa o nulla. Il progetto architettonico è frutto di una ricerca scientifica condotta presso il Sabin Design Lab della Cornell University, College of Architecture, Art, and Planning. Fra le caratteristiche innovative del progetto vi è l’uso per il rivestimento del tessuto da maglieria WholeGarment, realizzato già completo in un unico pezzo, tridimensionale, direttamente su macchina rettilinea. Si tratta di un tessuto in polipropilene che non necessita di confezionamento in post-produzione. Essendo senza cuciture, consente di avere un pattern privo di interruzioni lungo tutto il pezzo riproducendo esattamente il disegno previsto dal progettista. L’assenza di cuciture consente maggiore elasticità e mobilità della maglia. La conformazione in un pezzo unico senza cuciture permette inoltre agli sforzi di distribuirsi in modo uniforme, prevenendo pressioni localizzate in punti specifici. Nella catena di produzione viene eliminata la parte di taglio e cucito, eliminando anche gli scarti e ottimizzando l’uso della risorsa primaria. Questo metodo di fabbricazione consente di calcolare al me-

glio i tempi, perfezionando la produzione a richiesta, anche perché i pezzi sono realizzati basandosi su dati programmati mantenendo una qualità costante anche su lotti diversi. Conclusioni Nell’ambito dell’outdoor l’applicazione di materiali innovativi leggeri assolve prima di tutto ad esigenze espressive che devono coniugarsi con specifici requisiti progettuali dettati dal contesto, dal budget e dagli obiettivi generali. Gli operatori nel settore della consulenza devono fornire ai progettisti e alle aziende la possibilità di individuare i materiali e le tecnologie più idonei al programma definito. Di sicuro interesse sono le applicazioni di frontiera, frutto di collaborazioni fra imprese e centri di ricerca. Ad esempio le sperimentazioni per colonizzazioni spaziali e luoghi impervi dove le condizioni estreme consentono la sperimentazione di materiali e tecnologie che, in un futuro immediato, possono trovare impieghi economicamente vantaggiosi anche in applicazioni a basso budget presso le nostre latitudini. Special thanks to SelgasCano, UNStudio and Jenny Sabin.


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