Bergamo nelle impressioni di hermann hesse dalla percezione all'anima

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Bergamo nelle impressioni di Hermann Hesse: dalla percezione all'anima


Al suo terzo appassionato viaggio in Italia, nel marzo del 1913 Hermann Hesse premio Nobel per la Letteratura nel 1946 - approda finalmente alla stazione di Bergamo proveniente da Berna, imprimendo le impressioni nel suo "Bildebuch", il "libro di immagini" dove sono contenute le annotazioni di viaggio d'oltre un ventennio: come molti protagonisti dei romanzi che scriverà di lì a poco, Hesse ha già iniziato a compiere i suoi vagabondaggi rivolgendo lo sguardo verso se stesso, come un pellegrino in marcia sui sentieri dell'interiorità. Anni dopo egli diventerà il riferimento involontario di generazioni travagliate dalla crisi spirituale che attanaglia l'Occidente: con Hesse il viaggio diverrà impulso dell'anima, non solo scoperta e conoscenza dei luoghi, ma anche un viaggio dentro se stessi, capace di colmare quei vuoti e fornire quelle risposte che il mondo occidentale non è in grado di dare. L'esperienza indurrà Hesse, qualche anno più tardi, a chiedersi nel suo "il viandante": "Quale forza ci spinge a viaggiare?". "Per la verità, non sono avventure quelle che viviamo durante i viaggi... No, certo. E oggi che la sete di cultura è soltanto per me un pallido ricordo e non mi faccio scrupolo di aggirarmi per le città d'Italia senza Baedeker e quaderno di appunti e di lasciarmi sfuggire chiese e intere collezioni di bellissime opere d'arte, e benchè goda più intensamente e delicatamente di un tempo quando scopro e contemplo cose di questo genere, oggi che non credo più neppure nell'avventurosità del viaggiare, intraprendo tuttavia viaggi non più raramente e con minore desiderio e stimolo interiore rispetto a quindici, dieci o cinque anni fa. A mio parere, il fatto stesso di trovarci in viaggio sopperisce in ognuno di noi quell'attività del puro istinto estetico, che è ormai scomparso quasi completamente fra i popoli attuali e che invece i greci, i romani e gli italiani dei tempi migliori possedevano (...). Il puro atto del guardare, l'osservare non offuscato dalla ricerca e dalla volontà di conseguire un deteminato scopo, l'esercizio, fine a se stesso, della vista, dell'udito, dell'olfatto e del tatto: questo è un paradiso di cui le persone più fini sentono una profonda nostalgia e proprio durante un viaggio possiamo assecondare tale inclinazione nel modo migliore e più schietto (..). Viaggiando con questa disposizione d'animo, possiamo trascorrere ore serene (...)". Ma il seme dell'appartenenza a quell'"esercizio, fine a se stesso, della vista, dell'udito, dell'olfatto e del tatto", già aveva attecchito nell'animo suo, quand'egli giunse a Bergamo, se a proposito del "Bildebuch" Treves fu indotto ad affermare: "..un libro di contemplazione disinteressata, un'attuazione dell'istinto estetico e di pura percezione. Non è più il viaggiare alla ricerca di cultura, nè in cerca di avventure. E' un impulso verso il bello, smarritosi da secoli presso quasi tutti i popoli occidentali. Da questo pacato e sereno atteggiamento contemplativo deriva il carattere non brillante, ma riposante di queste pagine...'. (Dai "Libri del Giorno", di Treves, nel numero di luglio 1926)


Hesse, che salì in Città Alta verso notte, pieno di curiosità, addentrandosi "inaspettatamente in una grande, magnifica piazza", si lasciò attrarre "da oscurità piene di mistero" e sorprendere "da nobili costruzioni balzanti su all'improvviso" con genuino stupore, lasciando che i suoi sensi, complice la notte, lo trasportassero in un mondo surreale, ingigantito da ombre oscure, che si dissolse e rasserenò con la luce del giorno. Giunto al cospetto della "chiesa grande di S. Maria" si trovò subito "ravvolto da una luce e da un profumo devoti e solenni", respirando "l'ardore e la consapevolezza di un superbo passato" e attirato da un raggio di sole ad “un palazzone che sullo sfondo lasciava giungere dalle finestre spalancate le voci a coro di scolari”... rimase lì incantato...


"...Uscito all'aperto, pieno di curiosità mi trovai d'improvviso nel cuore di una buia città antica.

Da "Bergamo una città e il suo fascino" di Renato Ravanelli - Foto Alfonso Modonesi


M'internai per una straduccia deserta, mente i negozi si chiudevano, e dopo non molti passi eccomi arrestato dalla vista di una grossa torre inverosimilmente alta, che balzava su dalla voragine delle case e spaziava nel buio della notte. Mi parve di trovarmi d'un colpo nella Toscana meridionale o in una delle alte cittadine dell'Umbria.

"Bergamo nelle vecchie cartoline" - D.Lucchetti


Quasi subito dopo ecco però la stradetta sfociare inaspettatamente in una grande, magnifica piazza.

"Bergamo nelle vecchie cartoline" - D.Lucchetti

A destra un porticato, dove gli sfaccendati della sera fumavano la pipa; a sinistra, indistinto, un monumento moderno, evidentemente un Garibaldi; e dietro a quello, nello sfondo, un edificio oscuro, a enormi pilastri ed archi dalla bella volta; e nella piazza nulla di vivo, se non le vetrine modestamente illuminate d'un piccolo caffè e d'una drogheria, dove bottiglie verdi e arancione in mostra lucevano come rari gioielli.

"Bergamo nelle vecchie fotografie" - D.Lucchetti


Tirai un respiro profondo: da tanto tempo non ero arrivato cosĂŹ, in una cittadina italiana, attratto da oscuritĂ piene di mistero, sorpreso da nobili costruzioni balzanti su all'improvviso, salutato dall'umido alito di strette viuzze di pietra.

"Bergamo nelle vecchie cartoline" - D.Lucchetti

...Intanto avevo fatto un giro intorno al monumento, ed eccomi davanti a un meraviglioso palazzo il cui pianterreno si presentava come un maestoso atrio a volta, con grossi pilastri esterni a spigoli, e belle colonne piĂš leggere nell'interno.

"Bergamo nelle vecchie cartoline" - D.Lucchetti


Vi passai attraverso..

"Bergamo nelle vecchie fotografie" - D. Lucchetti


vidi a sinistra una gran scala bianca che conduce al Duomo..


e davanti a me una seconda grande chiesa dall'aspetto fantastico; cupole indistinte nel cielo notturno..

"Bergamo nelle vecchie cartoline" - D.Lucchetti


un antichissimo portale presumibilmente gotico con figure in piccole nicchie..

Da "Bergamo una cittĂ e il suo fascino" di Renato Ravanelli - Foto Alfonso Modonesi


di fianco una Cappella con una facciata ricca e sontuosa e il tutto fuso e indistinto nell'oscuritĂ , pieno di promesse e presentimenti di sorprese.

"Bergamo nelle vecchie cartoline" - D.Lucchetti

Andai oltre, commosso nell'attesa del domani, nè avevo alcun desiderio di sciuparmi la tensione e la preziosità di questo viaggio colla lettura di un Baedecker o di un Cicerone.

"Bergamo nelle vecchie cartoline" - D.Lucchetti


La mattina, la prima cosa che feci fu di tornare alla piazza, che ora nella luce diurna mantenne tutte le promesse della notte.

"Bergamo nelle vecchie cartoline" - D.Lucchetti


Solo il Garibaldi ci aveva perduto; era lĂŹ meschino meschino, sul suo piedistallo, e i quattro leoncini mi parvero buffi..

"Bergamo nelle vecchie cartoline" - D.Lucchetti


Il palazzo con l'atrio a volte conteneva la famosa biblioteca di Bergamo, che deve possedere alcune centinaia di incunaboli che avrei ben potuto vedere, se ne avessi avuto voglia. Conduce ad essa un ardito scalone con una tettoia sporgente sorretta da colonne.

"Bergamo nelle vecchie fotografie" - D.Lucchetti


La lasciai da parte e attraversai l'atrio passando davanti ad una statua alquanto barocca che rappresenta il poeta Tasso..

"Bergamo nelle vecchie cartoline" - D.Lucchetti

ed ecco ergersi chiare e ardite nel limpido sole mattutino le due chiese che nella notte mi erano apparse cosĂŹ spettrali.

Duomo e S. Maria Maggiore (da "Bergamo una cittĂ e il suo fascino" di Renato Ravanelli) - Foto Alfonso Modonesi


Davanti al portale della chiesa un piccolo portico molto alto: dei modesti gradini di pietra, un largo arco romanico su due grosse colonne sostenute da leoni, e su di esso alta e ardita una costruzione gotica, una specie di piccolo grazioso tabernacolo con tre nicchie e in ciascuna di esse una vecchia ingenua scultura, quella di mezzo a cavallo; e su tutto questo poi un'altra piccola costruzione a punta, una piccola cameretta con entro tre santi; - l'insieme di una grazia schiva e di una innocenza primitiva, con l'incanto dell'anonimo.


Prima di entrar nella chiesa, il mio sguardo restò preso dalla straricca facciata della Cappella Colleoni. Il disegno originale dev'esser stato bello e semplice, ripetizione piena di buon gusto dell'antica disposizione tradizionale: portale e due finestre laterali, sul portale un grande rosone; e al sommo dell'edifizio, una leggera galleria di graziose piccole colonnine.

Le impressioni di Hesse sulla nostra città, furono riprodotte integralmente dalla "Rivista di Bergamo" (febbraio 1927), "senza nulla discutere, nemmeno ciò che scrive il poeta germanico della Cappella Colleoni, chè il pregio delle sue pagine è appunto la sincerità delle sue impressioni d'artista e di poeta" (la fotografia è tratta da "Bergamo nelle vecchie cartoline" - D.Lucchetti)


Ma qui c'è qualcosa che non va; il complesso non dà un senso di purezza e di perfezione; fra la parete e la cupola resta un che di vuoto e di sconnesso; e inoltre tutta la facciata sembra essere stata in seguito rappezzata con centinia di frammenti e frammentini di pierte presi forse dall'interno della chiesa, dove per un nuovo ordinamento erano divenuti superflui. Ed eccola piena di colonne e colonnette, di bassorilievi e di materiali di ogni sorta, di medaglioni e di putti; e il marmo a due colori del fondo presenta, come certi disgraziati pavimenti moderni, file di dadi che saltano all'occhio per il loro disordine e la nessuna ragione di essere. Oh! sì talvolta mi fa proprio bene cogliere anche gli italiani in qualche mancanza di buon gusto e in peccato di eccesso! Poichè essi, che spesso peccano di esteriore e baldanzoso virtuosismo, non si lasciano però sfuggire che ben di rado quelle goffaggini di architettura e di decorazione, che sono quasi la regola da noi!...

Cappella Colleoni (Bergamo, Taramelli, 1890 ca.). Stampa all'albumina


Nonostante questa impressione della facciata, entrai nella Cappella, dove è sepolto il generale veneziano Colleoni, insieme con la figlia, e dove ancor oggi vengono celebrate ogni giorno messe in suo suffragio, avendo per ciò lasciato parecchi milioni quel pio condottiero. Il generale, tutto dorato su un cavallo dorato, cavalca sulla propria tomba dentro a una nicchia profonda nella parete, bello, con una dignità e grandezza un po' rigide..

"Bergamo nelle vecchie cartoline" - D.Lucchetti


..mentre nella parete vicina giace, piccola e fine con una grazia languida, la sua giovane figliola, la quale dorme, eternata dall'artista ignoto, in una commovente bellezza, partecipando alla stessa durevole fama del suo grande padre.

Bartolomeo Colleoni visita la tomba della figlia Medea che l'Amadeo ha compiuto (di Giovanni Beri, post 1867. Il dipinto è giunto alle collezioni museali dalla Civica Scuola di Pittura)


Passando poscia, tra i due leoni rossicci che reggon le colonne del portale, nella chiesa grande di S. Maria mi trovai subito ravvolto da una luce e da un profumo devoti e solenni; mezza luce dorata su oscure pale d'altare e pallidi affreschi e intagli e sculture di ogni sorta in nicchie e alle pareti; grande sfoggio di pompa e ricchezza. Ci si passa in mezzo; si respira l'ardore e la consapevolezza di un superbo passato; si saluta, riconoscendolo alla sfuggita, un volto di pietra, un paesaggio dipinto e ricamato, un ornamento aureo, si va innanzi e nell'andare si dimentica quel che si è appena visto; rimane solo un eco di pomposità e di semi oscurità solenne.

Interno di S. Maria Maggiore (da "Bergamo nelle vecchie fotografie" - D.Lucchetti)


Ma una cosa non si dimentica: i seggi del coro di questa chiesa singolare. Tutti i i dorsali di questi seggi (sono parecchie dozzine), sono di legno intarsiato, figura accanto a figura, su disegni di Lorenzo Lotto e di altri, intarsiati da artefici bergamaschi; vi han lavorato nonni, figli e nipoti; come campi lavorati da parecchie generazioni d'indefessi coltivatori. E non fu fatica e tempo sprecato. Non si può anzi immaginare nulla di piÚ accurato e di meglio riuscito, di quest'arte fedele, fine e riservata. I legni nei loro colori marrone, giallo, verde, biancastro o color rosa, o rosso cupo, sono armonicamente disposti e sfumati, e quasi direbbesi che serbano ancora il profumo e la stessa vernice del tempo; nella discreta luminosità dei toni caldi e pieni, sono un bagno tiepido e benefico per gli occhi...

Le tarsie del Lotto (da "La Rivista di Bergamo")

Qui Abramo scaccia Agar e Salomone tiene il suo giudizio; Davide suona l'Arpa al cospetto di Saul ed uccide il gigante; Giuditta compare sulla soglia della tenda di Oloferne; re e patriarchi dominano sotto la tenda o nel loro tempio o sullo sfondo di bei paesaggi boscosi e di montagne brulle e rocciose.

Le tarsie del Lotto (da "La Rivista di Bergamo")


Qua e là un riquadro di particolare splendore, una raffinata idea nel disegno risalta sulle altre; ma di solito tutti questi molteplici quadri, a cui si è lavorato per un secolo e mezzo, han tutti la stessa grazia che rivela il lungo amore, la stessa paziente precisione ottenuta con garbo delicato. Solo nelle miniature di monaci medievali mi rammento di aver trovato questa medesima semplicità, e solo davanti ad esse mi venne questo medesimo pensiero; che debbono essere stati individui tranquilli, fini, pazienti, gli artefici di questi intarsi, vissuti come segregati dal loro tempo, compiacendosi nel dedicarsi alle loro graziose rappresentazioni, assorbiti e felici nella gioia della propria abilità! E' la stessa impressione da me ricevuta da certi intagli e disegni giapponesi e da certi ricami cinesi. Volli entrare ancora un momento nel Duomo; bianco e oro; è uno sfarzo stranamente accoppiato con la sobrietà. Poi seguii la lusinga di un raggio di sole su di una piazzetta a sghembo e in declivio, dove fra i sassi del selciato cresceva una erbetta sottile, acuta, di un verde vivo; un palazzone sullo sfondo lasciava giungere dalle finestre spalancate le voci a coro di scolari.


Andai innanzi fino a un angolino recondito che portava grandiosamente il nome di piazza Terzi. Un lato della piazzetta era costituito da un gran muro, e questo muro rozzo e greve era interrotto in un modo graziosissimo da una grande nicchia, in cui, in grandezza pi첫 che naturale, c'era una bella figura di donna con una grazia molle : forse una Cerere; e su questo, a compimento, un piccolo cornicione, e ai due lati due putti con cornucopia e mazzi di spighe.

Palazzo Terzi (da "La Rivista di Bergamo")


Rimasi lì incantato; era un lembo dell'Italia più bella, una delle molte piccole sorprese di godimento per cui vale la pena di viaggiare. E quando mi voltai, scorsi di fronte alla statua un portale di palazzo e sotto una pura ed alta arcata si vedeva un cortile con piante ed una lampada appesa, e nello sfondo, come in un sogno, una elegante balaustrata e due grandi statue con contorni nitidi sul cielo; e in quel cantuccio stretto fra muri esse facevano intuire nella remota lontananza tutto l'ampio luminoso cielo della fertile e operosa grande vallata del Po".

Note • Questo stralcio, tratto da "Bildebuch" (libro di immagini), di Hermann Hesse, uscito nel 1926 presso l'editore Ficher di Berlino, fu pubblicato integralmente da "La Rivista di Bergamo" nel febbraio del 1927 con il titolo "Una visita a Bergamo nel 1913" ("La Rivista di Bergamo" anno VI n. 2 - Febbraio 1927). In "Bildebuch" sono contenute le annotazioni di viaggio di H. H. d'oltre un ventennio. Gli sfondi ch'egli scelse in Italia furono spesso quelli meno sfruttati dai viaggiatori celebri, quali, per esempio, Cremona, Como, Bergamo.. • Fra i testi dedicati all tema del viaggio, considerevoli sono in particolare quelli curati dalla germanista Eva Banchelli che insegna all'Università di Bergamo. • Alcune immagini sono tratte dalla suddetta pubblicazione, altre sono scelte liberamente dall'autrice e in parte rielaborate in versione "notturna".

Alessandra Facchinetti alessandrafacchinetti@outlook.it


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