Elenco dei simboli più importanti
Elenco dei simboli più importanti
SIMBOLO = ≠ ≃ < > ≤ ≥ ±
∣a∣
SIGNIFICATO uguale diverso (disuguale) circa uguale minore maggiore minore o uguale maggiore o uguale più o meno
{
2 valore assoluto (modulo) di a: a =∣a∣= a , se a≥0 −a , se a0
Insiemi ∈ ∉ ∃ ∀ Insiemi numerici ℕ ℤ ℚ ℝ
appartiene non appartiene esiste (ovvero ∃ è il quantificatore esistenziale) per ogni (ovvero ∀ è il quantificatore universale) Numeri interi positivi o numeri naturali Numeri interi relativi Numeri razionali Numeri reali
Operazioni insiemistiche ∪
Unione
∩
Intersezione
Relazioni insiemistiche ⊆
È contenuto o è uguale a... (concetto di sottoinsieme)
⊂
È contenuto in ...
⊇
Contiene o è uguale a... (concetto di soprainsieme)
⊃
Contiene...
∅ Logica ∨ ∧ ⇒ oppure ⇔
Insieme vuoto (cioè ∅ è l'insieme che non contiene alcun elemento) o (inclusivo), vel, or (disgiunzione inclusiva) e, et, and (congiunzione) se…allora… oppure: implica (deduzione) se e solo se
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Proprietà delle potenze e alcune formule algebriche più importanti
Proprietà delle potenze e alcune formule algebriche più importanti Proprietà delle potenze Siano a ∈ℝ ed n ∈ℤ. Ricordiamo, anzitutto, le seguenti definizioni: 1) se n > 1, si chiama potenza ennesima (o n-ma) del numero reale a, il prodotto di n fattori uguali ad a, cioè: n a =⏟ a⋅a⋅a⋅. . . . . .⋅a n volte 1
se n=1, si pone: a =a ; 0 se n=0 e a≠0 , si pone: a =1; 1 4) se n0 e a≠0 , si pone: a n = −n . a Dalle definizioni date segue che le proprietà delle potenze a esponente intero dei numeri razionali, valgono anche per le potenze a esponente intero dei numeri reali. Cioè, se a , b∈ℝ ed m , n∈ℤ , risulta: 2) 3)
P1)
a ⋅a =a
P3)
am
m
n
n
mn
;
=a mn ;
n
P2)
a :a =a
P4)
a⋅b n=a n⋅b n ;
m
n
m−n
;
n
a a P5) = n. b b Elenco di alcune formule algebriche più importanti Dati a , b e c ∈ℝ si può provare facilmente che valgono le seguenti identità: FA1) Differenza fra quadrati: a 2−b2= a−b ⋅ ab ; 2 Quadrato di un binomio: a±b =a 2±2 a bb 2 ; FA2) 3 Cubo di un binomio: a±b =a3 ±3 a2 b3 a b2±b3 ; FA3) Somma e differenza fra cubi: a 3±b 3= a±b ⋅ a2∓a bb 2 ; FA4) 2 Quadrato di un trinomio: abc =a 2b2c 22 a b2 a c2 b c . FA5) 2 2 N.B. Nell'insieme dei numeri reali ℝ la somma di quadrati a b non si può scomporre. Tuttavia, esistono delle formule, utili in determinati casi, che consentono una fattorizzazione particolare di un gruppo di polinomi di questo tipo ed esattamente: 2
2
2
1.
a + b = ( a±b ) ∓2 a b
3.
∀n∈ℕ si ha: a 2 n+ b2 n =( a n ±bn ) ∓2 a n b n
2
4 4 2 2 2 2 a + b =( a ±b ) ∓2 a b e, in generale:
2. 2
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I sistemi di equazioni di primo grado
I sistemi di equazioni di primo grado Innanzitutto ricordiamo che la forma normale (o canonica) di un sistema in due equazioni di primo grado è la seguente: y=c {aa 'xb xb' y=c '
dove a, b, c, a', b' e c'∈ ℝ e x e y rappresentano le incognite. Tuttavia, se il sistema assegnato non fosse scritto in forma normale, con le operazioni di m.c.m., somme fra monomi simili, semplificazioni ecc..., è sempre possibile riuscire a riscriverlo nella forma algebrica migliore possibile per applicare uno dei metodi risolutivi illustrati nei paragrafi seguenti. I.
Metodo di sostituzione Dopo aver effettuato tutte le operazioni presenti nel sistema e ridotto i monomi simili, si isola un'incognita da una delle due equazioni, ossia si ricava un’incognita in funzione dell’altra seguendo possibilmente il consiglio di isolare quell'incognita il cui coefficiente numerico è più prossimo ad 1. Poi, se la variabile isolata si trova al membro di sinistra dell'uguaglianza, sostituiamo l'espressione che è al membro di destra, nella restante equazione che, riducendosi ad una sola variabile, si risolve facilmente. Infine il valore dell’incognita così ottenuto lo sostituiamo nell’equazione in cui l’altra incognita era stata isolata. Esempio svolto: 3 x−6 4 y −7 x4 y−3 = − 4 5 10 4 2 x y1 3 x−1 5 y1 − = − 3 2 5 12 calcoliamo il m.c.m: 15 x−6 16 y −7 2 x4 −5 y−3 = 20 20 40 x−30 y1 36 x−1 −5 5 y1 = 60 60 eliminiamo i denominatori: 15 x−9016 y−112=2 x8−5 y15 20 x −30 y−30=36 x−36−25 y−5 isoliamo le incognite dalle costanti: 15 x−2 x 16 y5 y=90158112 40 x−36 x−30 y25 y=−36−530 semplifichiamo e scriviamo il sistema in forma normale: 13 x21 y=225 4 x−5 y =−11 isoliamo x nella seconda equazione: 13 x21 y=225 5 y−11 x= 4 sostituiamo nella prima equazione
{ { {
{ {
{
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I sistemi di equazioni di primo grado
{
13
+ 21 y=225 (5 y−11 4 ) .
5 y−11 4 Osserviamo che nella prima equazione abbiamo una sola incognita: risolviamo allora rispetto ad essa: 1043 y= =7 65 y−14384 y=900 149 y=1043 149 ⇒ 5 y−11 5 y−11 ⇒ x= x= 5 y−11 x= 4 4 4 infine sostituiamo il valore di y così determinato nella seconda equazione per trovare x:
{
x=
{
{
{
y=7 5⋅7−11 24 x= = =6 4 4 e la soluzione, riscritta in forma ordinata, è: x=6 . y=7
{ II.
Metodo di somma o sottrazione o metodo di riduzione Dopo aver effettuato tutte le operazioni presenti nel sistema, ridotto i monomi simili e posto il sistema nella forma canonica, 1. si individua il minimo comune multiplo dei coefficienti di un’incognita 2. si trova il fattore che consente di ottenere tale m.c.m. (e il suo opposto) per l’incognita considerata 3. si sommano algebricamente in colonna le due equazioni: in questo modo scompare un’incognita 4. si risolve l’equazione così ottenuta ad una sola incognita 5. a scelta si può ripetere il procedimento per l’eliminazione dell’altra incognita oppure effettuare il metodo di sostituzione. Esempio svolto (riprendendo l'esempio del numero I): 13 x21 y=225, chiamiamo ( 1 ) la prima equazione 4 x−5 y =−11 , chiamiamo ( 2 ) la seconda equazione Procediamo cercando di eliminare la x: il m.c.m. tra 13 e 4 è 52, perciò moltiplichiamo la prima equazione per 4 e la seconda per 13 (queste moltiplicazioni sono ammesse in virtù del secondo principio di equivalenza per le equazioni) e poi eseguiremo la sottrazione membro a membro. Conveniamo di indicare questa operazione con la seguente notazione: 4 1 −13 2 dove 1 e 2 indicano, rispettivamente come scritto sopra, la prima e la seconda equazione del sistema e conseguentemente: 4 13 x21 y =4⋅225 13 4 x−5 y =13⋅−11 Per eliminare la y è sufficiente eseguire la sottrazione membro a membro ovvero: 52 x84 y=900 ⇒ 52 x84 y=900 ⇒ 149 y=1043⇒ y=7 52 x−65 y=−143 52 x−65 y=−143
{
{ {
{
__________________________________
52 x−52 x84 y65 y=900143
In maniera del tutto equivalente, eseguiamo l'operazione: 5 1 21 2 allo scopo, stavolta di eliminare la y: - 4 di 54 -
I sistemi di equazioni di primo grado
{
y=1125 {6584 x105 x−105 y=−231
5 13 x 21 y =5⋅225 ⇒ 21 4 x−5 y =21⋅−11
⇒ 149 x =894⇒ x=6
__________________________________
65 x84 x105 y−105 y=1125−231
Quindi la soluzione è: III.
. {x=6 y=7
Metodo del confronto È un'applicazione della proprietà transitiva dell'uguaglianza che afferma che se A=B e B=C allora A=C. Infatti, se il sistema è ridotto alla forma normale, isoliamo la stessa incognita in entrambe le equazioni e, poi (in virtù della proprietà transitiva dell'uguaglianza), uguagliamo le espressioni situate ai membri di destra. Si ottiene così un’equazione in una sola incognita (per es. x), facilmente risolvibile. Allo scopo di individuare il valore dell'altra incognita (la y), sostituiamo il valore ottenuto (di x) in una delle due equazioni di partenza e così riusciamo ad ottenere la soluzione completa. Esempio svolto (riprendendo ancora l'esempio del numero I): 13 x21 y=225 4 x−5 y =−11 isoliamo x da entrambe le equazioni: 225−21 y x= 13 5 y−11 x= 4 uguagliamo i due membri di destra: 225−21 y 5 y−11 900−84 y 65 y−143 = ⇒ = 13 4 52 52 eliminiamo i due denominatori e risolviamo rispetto ad y: −1043 −65 y −84 y=−900−143 ⇒−149 y=−1043 ⇒ y= =7 −149 Adesso, isoliamo y da entrambe le equazioni ed uguagliamo ancora i due membri di destra: 225−13 x y= 225−13 x 114 x 21 ⇒ = 21 5 114 x y= 5 calcoliamo il m.c.m (=110), eliminiamo i due denominatori e risolviamo rispetto ad x : −894 1125−65 x =23184 x ⇒−65 x−84 x=231−1125⇒−149 x =−894 ⇒ x= ⇒ x=6 −149 x=6 . Quindi la soluzione è: y=7 Metodo di Cramer o delle matrici a xb y=c Consideriamo ancora un sistema ridotto alla forma normale: . a ' xb' y=c ' Siano delta, delta x, delta y, rispettivamente, le seguenti espressioni: b = a⋅b '−a '⋅b , = c b =c⋅b '−c '⋅b e = a c = a⋅c '−a '⋅c = a . x y a' b' c ' b' a' c ' Se ≠0 le soluzioni si trovano calcolando: x= x e y= y Esempio svolto (riprendendo un'ultima volta l'esempio del numero I):
{
{ { IV.
{
{
∣
∣
∣
∣
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∣
∣
I sistemi di equazioni di primo grado
x21 y=225 {134 x−5 y =−11
∣ ∣ ∣
∣
{
21 =13⋅ −5 −4⋅21=−65−84=−149 , = 13 −894 4 −5 x= x = =6 −149 225 21 x= =225⋅−5 11⋅21=−1125231=−894 e ⇒ −11 −5 −1043 y= y = =7 13 225 −149 y= =13⋅ −11 −4⋅225=−143−900=−1043 4 −11
∣ ∣
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Definizione e proprietà dei radicali
Definizione e proprietà dei radicali
Definizione: dati tre elementi a ∈ℝ + e m , n∈ℕ si definisce radicale di indice m e radicando a n la n
potenza a m ed esattamente: a
n m
an . DEF. m
=
Quindi per poter svolgere agevolmente qualunque operazione con i radicali sarà necessario applicare correttamente le proprietà delle potenze. Intanto ricordiamo che: Se n è numero intero pari Se n è numero intero dispari n n n a=b significa a=b a=b significa a=b n se a, b sono numeri reali positivi o nulli se a, b sono numeri reali positivi, negativi o nulli 3 3 Esempi: 9=3 ; mentre −9 non esiste; 27=3 e −27= -3 . Operazioni: n 4 Semplificazione: a n =a ; ad esempio 5 4 =5 . n⋅p m⋅p n m 15 = . a = a ; esempio: 14 a 30=7 a15 ; poiché si semplifica la frazione: 30 14 7 n n n Somma di radicali: si esegue solo se i radicali sono simili: a xb x= ab x ; Esempio: 2 25 2=7 2 ; mentre non si può calcolare: 2 35 2 . n m n p n m p Prodotto di radicali: si esegue solo se gli indici delle radici sono uguali: x ⋅ y = x y .
p
Esempio 1: a x⋅ b y = a n
m
Esempio 2: 2 ⋅ 3 = 3
5 4
5
b ; dove con p si è indicato il m.c.m.(n, m); x⋅
p n
y⋅
p n
2 ⋅ 3 = 2
3⋅4
4⋅ 3 5 4
5 3
12
20
⋅315 .
Quoziente di radicali: si esegue solo se gli indici delle radici sono uguali: x m : y p = x m : y p . Esempio 1: n a x : m b y =
p
n
n
n
a : b = a ; dove con p si è indicato il m.c.m.(n, m) b x⋅
p n
25
y⋅
p n
x⋅
p n
y⋅
p n
p
35 =12
2 20 . 315 n m n m n 3 4 3 4 3 Trasporto di fattori sotto il segno di radice: a b = b ⋅a ; es.: 3⋅ 5 = 5 ⋅ 3 ;
Esempio 2: 2 5 : 35= 3
4
3⋅4
4 4⋅ 3
:
3
m n m Trasporto di fattori fuori dal segno di radice: b ⋅a =a b ; es.:
a 6⋅b3= a 6⋅b21=a3⋅b⋅ b . 3 4 4 Esempio: 3 = 3 3 .
n
Potenza di radicali:
n
n a = n a m ; m
m n
m⋅n
4 6
4⋅ 6
Radice di radice: a= a ; Esempio: 7= 7= 7 . Razionalizzazione del denominatore. Esaminiamo tre casi: a a b a b a a b− c a b− c = ⋅ = ; 1. 2. = ⋅ = ; b b b b b−c b c b c b− c
3.
bn−m a⋅ b n−m a⋅ b n−m a⋅ b n−m = ⋅ = = = . n m b b n b m n bn−m n bm n−m n b n a
a
n
n
n
n
Radicali doppi: vale la seguente identità (utile se la quantità (a2 - b) è un quadrato):
a± b= Esempio:
a a 2 −b a− a 2 −b ± . 2 2
2 3=
2 22 −3 2− 2 2−3 21 2−1 3 1 = = . 2 2 2 2 2 2
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Formula risolutiva dell'equazione algebrica di secondo grado e fattorizzazione del trinomio di 2°
Formula risolutiva dell'equazione algebrica di secondo grado e fattorizzazione trinomio di 2°
del
Un’equazione algebrica di secondo grado (=2°) è un oggetto algebrico che, scritto nella forma completa, si può rappresentare così: ax 2bxc=0 dove a , b e c∈ℝ e a≠0 . Possiamo facilmente provare che le soluzioni possono essere scritte nella seguente forma: −b± b 2 −4 a c x= 2a Adesso conveniamo di chiamare il radicando del radicale che compare nella formula risolutiva discriminante dell’equazione di 2° ponendolo, per comodità, uguale a (si legge: delta) e cioè: Δ=b 2 −4 a c . Per classificare le due soluzioni dobbiamo considerare tre casi (in base alle variazioni del segno di ): 1) 0. Allora la è un numero reale e abbiamo due soluzioni x 1 , x 2 reali e distinte x1 ≠x 2 2) 3)
=0. Allora la è uguale a 0 e abbiamo due soluzioni x 1 , x 2 reali ma coincidenti x1 =x 2
0. Allora la non è un numero reale e l’equazione completa ax 2bxc=0 non ha soluzioni reali.
Esempio: risolviamo l’equazione: 2 x 2−9 x−5=0 . a=2 Innanzitutto si ha: b=−9 . Applichiamo la formula e otteniamo: c=−5 2 −b± b −4 a c 9± 81−4 2 −5 9± 121 9±11 x= = == = . 2a 4 4 4 911 20 9−11 2 1 Allora: x 1 = = =5 e x 2== =− =− . 4 4 4 4 2
{
Troviamo un'applicazione di questa formula nella fattorizzazione a coefficienti reali del trinomio di 2 secondo grado a x b xc . A questo proposito è facile dimostrare che vale la seguente identità: (1) a x 2b xc = a x− x 1 x−x 2 ≥0
dove x 1 e x 2 sono le soluzioni reali dell'equazione algebrica associata al trinomio e cioè le soluzioni dell'equazione: ax 2bxc=0 . Esempio:
1 Consideriamo il trinomio: − x 2 −3 x2 .Troviamo le soluzioni dell'equazione algebrica asso2 1 2 3± 94 =−3± 13 . Applicando la formula (1) possiamo quindi ciata: − x −3 x2=0 ⇒ x = 2 −1 fattorizzare il trinomio e esattamente: 1 1 − x 2−3 x2=− x − 3− 13 ⋅ x− 3 13 . 2 2
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Formule più importanti di trigonometria
Formule più importanti di trigonometria
È assegnato un triangolo rettangolo ABC disegnato in fig. 1: B
c
a C
x
A
b
fig. 1 Le funzioni trigonometriche dell'angolo x sono definite così: a cateto opposto 1. sen x= = c ipotenusa b cateto adiacente 2. cos x= = c ipotenusa sen x a cateto opposto = = 3. tanx= cos x b cateto adiacente cos x b cateto adiacente = = 4. cotan x= sen x a cateto opposto 1 c ipotenusa = = 5. sec x= cos x b cateto adiacente 1 c ipotenusa = = 6. cosec x= sen x a cateto opposto Relazione fondamentale: 7. ∀ x∈ℝ si può dimostrare che vale la seguente identità: sen 2 xcos 2 x=1 da cui: sen x=± 1−cos 2 x e cos x=± 1−sen 2 x Formule di addizione e sottrazione: 8. Qualunque siano i due numeri α e β∈ℝ valgono le seguenti identità: sen α±β =sen α⋅cos β±sen β⋅cos α cos α±β =cos α⋅cos β∓sen α⋅sen β tanα±tanβ tan α±β = 1∓tan α⋅tanβ Formule di bisezione: 9. Qualunque sia α∈ℝ valgono le seguenti identità:
α 1−cos α α 1cos α sen =± , cos =± 2 2 2 2 Relazioni tra gli elementi di un triangolo qualsiasi I due seguenti teoremi si utilizzano quando di un triangolo qualsiasi dobbiamo determinare lati e angoli. Per i due teoremi che seguono facciamo riferimento alla fig. 2 A
α
c
β B
b a
γ C
fig. 2 Teorema dei seni (o di Eulero) Enunciato: in un triangolo qualsiasi le misure dei lati sono proporzionali ai seni degli angoli opposti e cioè,facendo riferimento alla fig. 2, si ha: - 9 di 54 -
Formule più importanti di trigonometria
a b c = = sen α sen β sen γ Esempi di applicazione del teorema dei seni: sen 30 ° sen 45 ° 2 1 α=30 ° , β=45 ° , a=16 u. ⇒ = ⇒ b=16u.⋅ ⋅ ≈22.62u. ; 1) 16 u . b 2 2 sen 40 ° sen β α=40 ° , b=15u. , a=25u. ⇒ = ⇒ sen β≈0.38 . 2) 25 u. 15u. Teorema del coseno (o di Carnot) Enunciato: in un triangolo qualsiasi, il quadrato della misura di ogni lato è uguale alla somma dei quadrati delle misure degli altri due lati, diminuita del doppio prodotto delle misure di questi due lati per il coseno dell’angolo fra essi compreso e cioè, facendo ancora riferimento alla fig. 2, si ha: 2 2 2 1. a =b c −2 b⋅c⋅cos α 2 2 2 2. b =a c −2 a⋅c⋅cos β 2 2 2 3. c =a b −2 a⋅b⋅cos γ Esempio di applicazione del teorema del coseno 1 γ=60°, a=5u., b=8u.⇒c 2=a2b 2−2abcos 60°=25u.264u.2−2⋅5u.⋅8u.⋅ =49u.2; 2 per cui:
c =7u. , a=5u. , b=6 u.⇒ dal teorema precedente si ha: a c sen α sen γ a⋅sen γ = ⇒ = ⇒ sen α= ⇒ a c c sen α sen γ 3 5 u.⋅ 2 5 sen α= = 3≃0 .61 ⇒α≃37° ,59 . 7 u. 14
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Formule riguardanti la retta e alcune coniche in un piano cartesiano
Formule riguardanti la retta e alcune coniche in un piano cartesiano Nel seguito useremo queste notazioni: P 0≡ x 0 , y 0 , P1 ≡ x 1 , y 1 e P2≡ x 2 , y 2 per indicare i punti P 0 , P1 e P2 1. Formula della distanza fra due punti: P 1 P 2= 2. 3.
4. 5. 6. 7.
x −x y − y 2
2
1
2
1
2
x 1 x 2 y 1 y 2 , 2 2 x−x 1 y− y 1 Equazione della retta r passante per due punti distinti: r : = x 2 −x 1 y 2 − y 1 3a) se x1= x 2 ⇒ la retta è parallela all'asse y e ha equazione: x=cost. 3b) se y 1= y 2 ⇒ la retta è parallela all'asse x e ha equazione: y=cost. y2 − y1 3c) il coefficiente angolare si indica con m e si pone: m= =tanα e x 2−x 1 α=arctan ( m ) ( =tan−1 ( m ) ) Oss: La dimostrazione è a questa pagina. Equazione della retta r in forma esplicita: r : y=mx p Equazione della retta r in forma implicita: r : axbyc=0 Equazione del fascio di rette passanti per il punto P 0 : y− y 0 =m x− x0 Per disegnare il grafico di una retta è necessario determinare esattamente due punti appartenenti alla retta stessa: se la retta è scritta in forma esplicita y=mx p allora conviene determinare le coordinate di questi punti assegnando prima il valore 0 alla x, calcolare il corrispondente valore di y e poi il valore 1 e poi calcolare il corrispondente valore di y come descritto nella seguente tabella: x y Punto medio M del segmento di estremi i punti P 1 e P 2 : M≡
0
p
1
m+p
Se la retta è assegnata in forma implicita, e cioè: axbyc=0 allora, per determinare i due punti, è sufficiente assegnare prima alla x il valore 0, calcolare il corrispondente valore di y e poi il valore 0 ad y e poi calcolare il corrispondente valore di x come descritto nella seguente tabella: x
y
0
−
c b
c 0 a Qualora nell'equazione implicita il termine noto fosse 0 ad es. r : y=x , allora basterà eseguire una variazione nei valori scelti come illustrato dalla seguente tabella: −
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Formule riguardanti la retta e alcune coniche in un piano cartesiano
x
y
0
−
c b
ca b Nel seguito faremo riferimento alle rette r e s di equazioni: r : y=mr x p r e s : y=m s x p s 8. Condizione di parallelismo fra rette: due rette, r e s, sono parallele e si scriverà r // s se i loro coefficienti angolari sono uguali ovvero se: mr =ms 9. Condizione di perpendicolarità fra rette: due rette, r e s, sono perpendicolari e si scriverà 1
−
r ┴ s se il prodotto dei loro coefficienti angolari è −1 ovvero se: m r⋅m s=−1 10. Il punto d'intersezione P fra due rette non parallele r e s : P=r ∩s= y=mr x pr y=ms x ps 11. Formula della distanza fra un punto P 0 e una retta di equazione implicita r : ax byc=0 ∣a x0 b y 0c∣ d= a 2b 2 Oss. La dimostrazione è a questa pagina. 12. Angolo formato fra due rette: Consideriamo le rette r e s che si intersecano nel punto P e i due angoli β opposti al rs . Il grafico disegnato vertice P: β è l'angolo formato dalle due rette r e s e si scriverà β=̂ nel riquadro illustra la situazione geometrica. È facile dimostrare che vale la seguente uguaglianza: y α s=α r + β ovvero: β=α s −α r β e, quindi: tan β =tan α s−α r P=r∩s e dalla formula di sottrazione della tangente si ha: tan α s−tan αr β tan β =tan α s−α r = . αr αs 1tanα s⋅tanα r Ricordando che tan α s =m s e tan α r =m r , sostiO r x s tuendo si ottiene la formula che calcola la tangente dell'angolo formato fra le due rette ed esattamente: ms−mr tan ( β )= e, applicando tan−1 ad entrambi i membri, si ottiene l'angolo: 1+ ms⋅mr ms −mr β=tan−1 . 1+ m s⋅mr Formule riguardanti le coniche – CIRCONFERENZA Definizione: una circonferenza è costituita da un insieme di punti di un piano equidistanti da un punto fisso, C, chiamato centro. La distanza di un punto qualunque della circonferenza dal centro si chiama raggio.
{
(
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)
Formule riguardanti la retta e alcune coniche in un piano cartesiano
Equazione cartesiana di una circonferenza:
Γ : x 2 y 2axbyc=0
Centro di una circonferenza:
a b C≡ − , − 2 2
Raggio di una circonferenza:
r=
a2 b2 −c 4 4
Equazione cartesiana di una circonferenza con il Γ : x 2 y 2−r 2=0 ovvero: Γ : x 2 y 2=r 2 centro nell'origine e raggio r: Equazione cartesiana di una circonferenza con il 2 2 centro sull'asse x e cioè nel punto C≡ − a , 0 : Γ : x y axc=0 2
Equazione cartesiana di una circonferenza con il 2 2 centro sull'asse y e cioè nel punto C≡ 0 , − b : Γ : x y byc=0 2
–
PARABOLA Definizione: una parabola è costituita da un insieme di punti di un piano equidistanti da un punto fisso, F, chiamato fuoco e da una retta, d, chiamata direttrice. Equazione cartesiana di una parabola che ha l'asse P: y =a x 2 b xc di simmetria // all'asse y: Coordinate del Vertice:
b b 2−4 a c b ,− ≡− ,− 2a 4a 2a 4a
b 1− , 2a 4a
V≡ −
2
ricordando che: =b −4 ac
Coordinate del Fuoco:
F≡ −
Equazione cartesiana della retta direttrice:
d : y=−
Equazione cartesiana dell'asse di simmetria:
x=−
1 4a
b 2a
Equazione cartesiana di una parabola che ha l'asse 2 P: x=a y b yc di simmetria // all'asse x: –
Mutue posizioni di una circonferenza (o parabola) ed una retta: Una retta ed una circonferenza (o parabola) possono essere: 1) secanti e, in questo caso, esistono due punti di intersezione, S1 e S2, fra la circonferenza (o parabola) e la retta s 2) tangenti e, in questo caso, esiste un punto di intersezione, T, fra la circonferenza (o parabola) e la retta t 3) esterne e, in questo caso, NON esistono punti di intersezione fra la circonferenza (o parabola) e la retta e. Tutto ciò è riassunto graficamente nelle figg. 1 e 2.
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Formule riguardanti la retta e alcune coniche in un piano cartesiano
y
y
t T
P
s
S1
e
t
S1
S2
Γ S2
O
T e
s
x
O
x
fig. 1 fig. 2 Per determinare analiticamente la posizione di una circonferenza rispetto ad una retta r qualunque, occorre risolvere un sistema di 2° costituito dall'equazione della circonferenza e l'equazione della retta e poi studiare il discriminante dell'equazione risolvente il sistema e cioè:
{ { m x 2 m p x p a xb m xb pc=0 ⇒ 1m x 2 m pb ma x p b pc=0 {xy=m { y=m x p x p x 2 y 2a xb yc=0 ⇒ x 2 m x p a xb m x p c=0 ⇒ y=m x p y=m x p 2
2
2
2
2
2
2
2
L'equazione: 1m2 x 2 2 m pb ma x p2b pc=0 è chiamata equazione risolvente il sistema e, come scritto sopra, ne dobbiamo studiare il discriminante. Ponendo: α= 1m2 , β= 2 m pb ma e γ= p 2b pc , l'equazione si trasforma ed assume la seguente semplice (e nota) forma: α x 2β x γ=0 il cui discriminante è: =β2−4 α⋅γ . Possono capitare tre casi (a seconda del segno di ) ed esattamente: – ∆ > 0. Allora esistono due intersezioni x 1 , x 2 distinte x1 ≠x 2 e la retta è secante e i punti di intersezione sono: S1≡ x1 , m x1 p e S2≡ x 2 , m x 2 p – ∆ = 0. Allora esistono due intersezioni x 1 , x 2 coincidenti x1 = x 2 e la retta è tangente e il punto di tangenza è: T≡ x 1 , m x 1 p – ∆ < 0. Allora NON esistono intersezioni reali e la retta è esterna. Nel caso della parabola si procede in maniera del tutto analoga.
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Dimostrazione della formula della distanza punto-retta
Dimostrazione della formula della distanza punto-retta Siano assegnati una retta r:ax byc=0 ed un punto P 0 esterno ad r cioè P0≡ x 0 , y 0 ∉r. Facendo riferimento alla fig. 1, ricordiamo che la distanza fra un punto ed una retta è rappresentata dal segmento di minima lunghezza che possiamo tracciare per congiungere il punto e la retta in questione. In base a ciò, il segmento, che ha origine in P0 dovrà essere ortogonale alla retta r. Sia H il piede della perpendicolare tracciata da P0 .
y P 0≡ x 0 , y 0
d H
O
r
x
fig. 1 Detto ciò, vogliamo dimostrare che la distanza d=HP 0 è definita dalla seguente formula: ∣ax by c∣ d= 0 2 0 2 a b Dim. Sapendo che la retta r è assegnata in forma implicita (qualora fosse assegnata in forma esplicita sappiamo che è sempre possibile esprimerla in forma implicita con semplici passaggi algebrici), possiamo determinarne il coefficiente angolare: a mr=− b HP ⊥ e, dovendo essere r possiamo calcolare il coefficiente angolare della retta HP0 e cioè: 0 b mr = . a b Scriviamo l'equazione della retta HP0 che ha per coefficiente angolare : a b HP0 : y− y 0 = x−x 0 a e, calcolando il m.c.m. ed eliminando il denominatore se a≠0 , si ha: HP0 : a y− y 0 =b x− x 0 . Adesso, allo scopo di determinare le coordinate del punto d'intersezione H fra la retta HP0 e la retta r, impostiamo e risolviamo il sistema: byc x=− byc x=− axbyc=0 a ⇒ ⇒ ⇒ a a y − y 0 =b x−x 0 byc a y − y 0 =b x− x0 b − −x 0 −a y − y 0 =0 a ⊥
{
{
{
{
{
{
byc byc by c x =− x=− ⇒ ⇒ ⇒ a a a 2 2 2 2 2 2 2 2 2 −b y−bc−abx 0−a y a y 0=0 − y a b =bcabx 0 −a y 0 y a b =a y 0−abx 0 −bc x=−
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Dimostrazione della formula della distanza punto-retta
{
a 2 y0 −abx 0−bc by+ c a 2 y 0−abx 0−bc x=− b +c 2 2 a ax+ b + c=0 a +b 2 2 x=− 2 a + b ⇒ ⇒ a y 0−abx 0−bc ⇒ a y H= a 2 y0 −abx 0−bc 2 2 2 a y 0 −abx 0−bc a +b yH = ⏟ yH= a2 + b2 2 2 y è l'ordinata di H a+b
{
{ {
H
{
{
a 3 xa b2 xa 2 b y 0−a b2 x 0−b2 ca 2 cb2 c=0 a 3 xa b2 xa2 b y 0−a b2 x 0a2 c=0 ⇒ ⇒ a2 y 0 −abx 0−bc a2 y 0−abx 0 −bc y H= y = H a2 b2 a 2b 2
{
b 2 x 0 −a b y 0 −a c
xH = 2 2 a 2 x+ b 2 x+ a b y 0 −b2 x 0+ a c=0 ⏟ a +b 2 ⇒ x è l'ascissa di H ⇒ a y 0−abx0 −bc yH = 2 a y 0 −abx 0−bc a 2+ b 2 yH= a2+ b2 H
b2 x 0−a b y 0 −a c a 2 y 0 −abx 0−bc H≡ , . a 2+ b 2 a 2+ b 2 Adesso, utilizzando la formula della distanza fra due punti, troviamo d=HP 0 .
(
d =HP0 = = = = = =
√(
√( √( √( √(
√(
x0−
a 2 +b2
a 2 +b2
1 2 a +b 2
2
) (( (a +b ) x −b 2
2
2
0
2
2
b 2 x 0−a b y 0 −a c
( a 2 +b2 ) x 0 −b 2 x 0 + a b y 0 +a c 1 2 a +b 2
)
)( ( )(
+ y 0−
2
+
2
a 2 y 0−abx 0 −bc
)
a 2 +b 2
=
a 2 +b2 ) y 0−a 2 y 0 +abx 0 +bc a 2 +b 2
2
)
=
2
2
)
x 0 +a b y 0 +a c ) + ( ( a 2 +b 2 ) y 0−a 2 y 0 +abx 0 +bc ) =
) (( a x +b x −b x +a b y +a c ) +( a y +b y −a y +abx +bc ) ) = 1 ( ( a x +a b y +a c ) + (b y +abx +bc ) ) = a +b ) 1 ( a x + a b y +a c +2 a b x y +2a c x +2 a b c y +b y +a b x +b c + a +b ) 2
2
2
2
2
0
0
0
4
2
2
2
2
2
2
2
0
0
0
2
0
2 0
2
0
2
0
2 0
2
0
2
2
2
2
2
2
0
0
3
3
0
2
0
0
4
0
2 0
2
2
2 0
2
2
+2 a b3 x 0 y 0 +2b 3 c y 0 +2a b 2 c x 0 ) =
√(
1 2 a +b 2
2
) ( a x ( a +b )+b y (a +b )+2 a b x y (a +b )+2 a c x ( a +b )+2b c y ( a +b )+ +c ( a +b ) ) = (√ a +b1 ) (a +b ) ( a x +b y +2 a b x y +2a c x +2b c y +c ) = =
2
2
2
2 0
2
√(
1 a 2 + b2 2
2 2 1
( a +b )
2
2
2
2
=
2
2 0
2
2
2
0
2
2
2
2
2 0
2
2
2 0
(a
2 0
2
2 0
0
x +b y +c +2 a b x 0 y 0 +2 a c x 0 +2b c y 0 ) = Questa espressione è il quadrato di: a x 0 +b y 0 +c
∣a x0 +b y 0 +c∣
√ a 2 +b 2
2
2
0
2
0
2
=
2
0
)⏟ √ 2
2
0
c.v.d.
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0
0
( a x 0 +b y 0 +c ) a 2 +b 2
2
√ ( a x +b y +c ) = 0
0
√ a 2 +b2
2
=
Dimostrazione dell'equazione cartesiana di una retta
Dimostrazione dell'equazione cartesiana di una retta Siano assegnati due punti distinti P 1≡ x 1 , y 1 e P2≡ x 2 , y 2 con il segmento P 1 P2 non parallelo né all'asse x né all'asse y. Per un postulato di geometria elementare sappiamo che, per due punti distinti, passa una e una sola retta P1 P2. Basandoci su questo postulato, vogliamo determinare l'equazione cartesiana della retta r che, in piano cartesiano ortogonale e monometrico Oxy, passa per i due punti distinti P1 e P 2 .
y K
P
K2 K1
P2
C
P1 A
B
r O H1 H2
H
x
fig. 1 Dim. Consideriamo la fig. 1. Supponiamo, senza perdere nulla in generalità, che anche P∈r. P è un qualunque altro punto appartenente alla retta r e quindi le sue coordinate saranno generiche e incognite: P≡ x , y . Partendo dai punti P1≡ x 1 , y 1 , P2≡ x 2 , y 2 e P≡ x , y tracciamo le proiezioni ortogonali P1 H1 , P2 H 2 , P H (rispetto all'asse x ) e P1 K1 , P2 K2 , P K (rispetto all'asse y ). Per la perpendicolarità, conosciamo le misure dei seguenti segmenti: HH1 = x−x 1 , H2 H1 = x 2− x1 , KK 1 = y− y 1 , K2 K 1 = y 2− y 1 . (*) Inoltre, i due trapezi rettangoli H1 H2 P2 P1 e H 1 H P P1 sono simili tra loro poiché hanno lo stesso numero di lati e gli angoli corrispondenti congruenti e quindi vale questa relazione: HH1 PP = 1 , (1) H 2 H 1 P 2 P1 e, per lo stesso motivo, i due trapezi rettangoli K1 P1 P K e K 1 P1 P2 K 2 sono simili tra loro cosicché vale questa relazione: KK 1 PP 1 = . (2) K2 K 1 P2 P1 Confrontando la (1) con la (2) si ha: HH 1 KK 1 = H2 H1 K2 K 1
(3)
e, sostituendo le misure definite dalle uguaglianze (*), si ottiene: (4)
r:
x− x 1 y− y 1 = . x 2− x 1 y 2− y 1
Quest'ultima uguaglianza si chiama: equazione cartesiana di una retta r passante per due punti distinti P 1 P 2 . Oss. Se x 1 = x 2 , allora la retta P1 P2 è verticale. In questo caso, l'equazione (4) perde di A) significato poiché un suo denominatore vale 0. È tuttavia naturale, in questo caso, utilizzare l'equazione: - 17 di 54 -
Dimostrazione dell'equazione cartesiana di una retta
B)
C) (5)
(6)
x = costante o, più sinteticamente: x=cost o, meglio ancora: r: x=k. Se y 1 = y 2 , allora la retta P 1 P2 è orizzontale. Come prima, l'equazione (4) perde di significato poiché un suo denominatore vale 0. È tuttavia naturale, in questo caso, utilizzare l'equazione: y = costante o, più sinteticamente: y=cost o, meglio ancora: r: y=k. Se x 1≠x 2 e y 1≠ y 2 allora, con semplici passaggi algebrici, possiamo riscrivere l'equazione (4) nella forma implicita e cioè: r:ax byc=0 e, ancora, isolando la variabile y, possiamo riscrivere l'equazione (4) nella forma esplicita e cioè: r: y=mx p
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Esponenziali e logaritmi
Esponenziali e logaritmi 1.
Potenza con esponente intero di un numero reale Sia a∈ℝ ed n∈ℤ. Ricordiamo, anzitutto, le seguenti definizioni: 1) se n > 1, si chiama potenza ennesima (che, da ora in poi, si scriverà n-ma) del numero reale a, il prodotto di n fattori uguali ad a, cioè: n a =a⋅a⋅a⋅. . . . . .⋅a ⏟ n volte 1
2)
se n = 1, si pone: a =a ;
3)
se n=0 e a≠0 , si pone: a =1;
0
1 . a−n Dalle definizioni date segue che le proprietà delle potenze a esponente intero dei numeri razionali, valgono anche per le potenze a esponente intero dei numeri reali. Cioè: se a, b∈ℝ ed m, n∈ℤ, risulta : m n m n a) a ⋅a =a ; m n m−n b) a :a =a ; n c) a m =am⋅n ; n d) a⋅b =a n⋅b n ; n n a a e) = n. b b Si potrebbero dimostrare le seguenti proprietà: se a e b sono due numeri reali positivi ed n un numero intero positivo, allora: α) da: a = b segue: a n=b n . Viceversa: β) da: a n=b n segue: a = b. γ) da: a > b, segue a nb n , da: a < b, segue a nb n e viceversa. 4)
se n< 0 e a≠0 , si pone: a n=
2.
Potenza con esponente razionale Abbiamo definito la potenza di un numero reale qualunque a nel caso dell'esponente intero positivo, e, per a≠0, anche nel caso dell'esponente nullo o intero negativo. Estendiamo, ora, il concetto di potenza, considerando il caso di un esponente razionale qualunque e di una base positiva (o nulla se l'esponente è positivo). Diamo ora una definizione che permette di estendere alle nuove potenze le ordinarie regole del calcolo delle potenze ad esponente intero. Si definiscono, così, le seguenti proprietà: m n m a) se 0 e a ≥0 si pone: a n DEF. = am ; n m − m 1 1 b) se 0 e a0 si pone: a n = m = n m . n a an Osservazione: non si definiscono le potenze con esponente razionale dei numeri negativi e le potenze dello zero con esponente razionale negativo o nullo. Infatti se si cercasse di estendere le definizioni date al caso delle basi negative, si andrebbe incontro a delle ambiguità. Ad esempio si ha: 3
mentre:
−32768 5 = −32768 =−512 ; 5
- 19 di 54 -
3
Esponenziali e logaritmi 6 10
−32768 = −32768 =512. 10
3
6
6
3 6 Dunque, pur essendo = , è (−32768 ) 5 ≠(−32768 ) 10 . 5 10 Non è difficile provare che le potenze a esponente razionale conservano le proprietà delle potenze a m p esponente intero. Cioè, se a e b sono numeri reali positivi e , numeri razionali, risulta, come è n q noto: α)
m n
p q
m n
p q
a ⋅a =a
β)
a :a =a p m q n
m p + n q
;
m − p n q
, a≠0 ;
mp
γ)
(a )
δ)
ab n = a n b n ;
ε)
a b
=a nq ;
m
m
m n
a n
m
m
=
b
m n
, b≠0 .
Anche per le potenze a esponente razionale vale la proprietà di monotònia e cioè: se a > 1 e h, k sono numeri razionali: da hk segue: a ha k , e viceversa; se 0 < a < 1 e h, k sono numeri razionali: h k da hk segue: a a , e viceversa. Riassumendo:
x
La potenza a risulta definita: 1. se a> 0 , per ogni x ∈ℝ; 2. se a=0 , per tutti e soli gli x ∈ℝ+ ; 3. se a< 0 ,
per tutti e soli gli x ∈ℤ .
Queste potenze sono definite: 2 5
5 (−√ 5 ) =(−√ 5 )⋅(−√ 5 ) ; 10 = √ 10 2 ; 11−√ 2 = 1√ 2 . 2
Le seguenti, invece, non sono definite: −3
11
3
e 0−5 . In particolare 00 non ha significato.
Complementi. 3 Cerchiamo di dare un significato al simbolo: 5 . Definiamo gli insiemi H, H1 e K, K 1 in questo modo: H = {h∈ℚ | h2 3 } e H1 = { h' ∈ ℚ | h'23 };1 K = {k∈ℚ | k 25 } e K 1 = { k' ∈ ℚ | k' 25 }. È chiaro che gli insiemi H, H1 e K, K 1 non hanno alcun elemento in comune e, per questo, si dice che formano una coppia di classi contigue di numeri razionali. Ciascuna di queste coppie definisce un numero reale, detto anche elemento separatore delle due classi. Per esempio, un modo particolarmente semplice di definire il numero reale è quello di considerare le classi K e K 1 formate rispettivamente dalle sue approssimazioni per difetto e per eccesso a meno di 10 -1, 10-2, 103 , 10-4 , .... Così possiamo definire le due classi: 1
Con il simbolo ℚ si indica l'insieme dei numeri razionali.
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Esponenziali e logaritmi
K = {2; 2,2; 2,23; 2,236; ....} e K 1 = {3; 2,3; 2,24; 2,237; ...}. In modo analogo possiamo procedere per 3 e potremo scrivere : 5 = (K, K 1 ) e 3 = (H, H1 ) per indicare quali sono i numeri reali definiti dalle due coppie di classi di numeri razionali. A questo punto si calcolano tutte le potenze di base 5 (si tratterà, ovviamente, di prendere valori approssimati del numero in questione) e di esponente uguale ai numeri razionali contenuti nell'insieme H, e tutti questi numeri, assieme a quelli minori di essi, si mettono in una nuova classe F; gli altri numeri si mettono in una nuova classe F1 . Allora il numero 5 3 indica il numero reale che è l'elemento di separazione delle due classi F e F1 e si scriverà:
5 3 = F, F1 .
3.
Equazioni esponenziali Si chiama equazione esponenziale ogni equazione in cui l'incognita compare all'esponente di una o più potenze. Il caso più semplice di equazione esponenziale è l'equazione: (1) a x =b detta equazione esponenziale elementare. Si osserva, prima di tutto, che nell'insieme dei numeri reali la (1) può avere soluzioni solo se a > 0 e b > 0; infatti: a) il primo membro della (1), che è una potenza a esponente reale, ha significato solo se a è positivo; x b) inoltre, la potenza a risulta sempre positiva, per ogni valore della x; pertanto l'equazione (1) può avere soluzione solo quando anche b è positivo. Nell'ipotesi a > 0, b > 0, esaminiamo alcuni casi particolari: 1) se è: a = 1, b = 1 l'equazione (1) diventa: x 1 =1 che è un'identità; 2) se è: a = 1, b≠1, si ha l'equazione: 1 x =b ≠1 , che è impossibile; 3) se è: a≠1 , b = 1, si ha l'equazione a x =1, che ammette la soluzione x = 0, poiché è: a 0=1 . Per gli altri casi, in cui a e b sono entrambi (positivi e) diversi da 1, sussiste il seguente teorema di cui viene omessa la dimostrazione: Teorema 3.1: dati due numeri reali positivi a e b con a≠1 , l'equazione esponenziale: x a =b ammette una e una sola soluzione. Tale soluzione è positiva se a e b sono entrambi maggiori di 1, o entrambi minori di 1; è negativa se dei due numeri a e b uno è maggiore di 1 e l'altro minore di 1; è uguale a 0 se è b = 1 e a > 0. ESEMPI. L'equazione: 3 x =9 ha per soluzione: x = 2. 1 x L'equazione: 3 = ha per soluzione: x=−2 . 9 x L'equazione: 3 =1 ha per soluzione: x = 0. x 1 L'equazione: =1 ha per soluzione: x = 0. 3 x L'equazione: 3 =−9 NON ha soluzione. L'equazione: 62− x⋅3 x1=864 2−x per le note proprietà sulle potenze si può scrivere sotto la forma: x x 62 x 3 1 2 ⋅3 ⋅3=864 , ossia ⋅6 ⋅3=864 , e semplificando: =8 . Di qui si ricava: x=−3 che è 6 2 6x l'unica soluzione dell'equazione data.
ESERCIZI: Trovare la soluzione delle seguenti equazioni esponenziali:
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Esponenziali e logaritmi
1)
5
x 2 −5 x 7
=125 ;
x 1 , 2=1,4 ;
2)
3 x2 3x1 x−2⋅9 =81x2 ; x 1 , 2=2,−3 ;
3)
9⋅3 −82⋅3 x 9=0. Suggeriemnto: porre 3 x = y .
4.
2x
x 1 ,2=2,−2 .
Funzioni esponenziali x
Se a > 0, per ogni numero reale x, la potenza a è definita. Possiamo quindi definire la funzione f da ℝ in ℝ ponendo, per ogni x ∈ℝ : (1) f x =a x . Se a = 1, f è costante: x f x =1 =1 , per ogni x reale. Se a > 0 ed a≠1 la funzione (1) si dice funzione esponenziale di base a. La più importante proprietà della funzione esponenziale è data dal seguente teorema, che è un altro modo di enunciare il teorema 3.1: x Teorema 4.1: se a è positivo, diverso da 1, allora la funzione esponenziale: y=a assume, uno alla volta, come valore, qualsiasi numero positivo b. Da questo teorema segue che: a) la funzione esponenziale è biiettiva; b) la funzione esponenziale è monotòna b1) crescente, se a > 1; b2) decrescente, se 0 < a < 1. Da qui si conclude che la funzione esponenziale è invertibile in ℝ . 5.
Grafico della funzione esponenziale Distinguiamo 3 casi: a > 1 (ved. fig. 1); 0 < a < 1 (ved. fig. 2) e a = 1. In quest'ultimo caso la funzione, per ogni x, assume sempre il valore 1. Quindi il grafico è rappresentato dalla retta di equazione y = 1.
fig.1
fig.2
x
Il grafico della funzione y=a , con a maggiore di 0 e diverso da 1, si chiama curva esponenziale. 6.
Logaritmi x Il teorema 4.1 ci assicura che, dati due numeri positivi a e b, con a≠1 , l'equazione a =b
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Esponenziali e logaritmi
ammette una e una sola soluzione. Tale soluzione si chiama logaritmo di b in base a e si indica con la scrittura: log a b ; si pone, cioè, la seguente definizione: dati due numeri positivi a e b, con a≠1 , si chiama logaritmo in base a del numero b, l'unica x soluzione dell'equazione a =b , cioè quell'unico numero reale α, che dato come esponente della base a, rende la potenza aα uguale a b. Pertanto le scritture: log a b=α e a α=b , sono equivalenti. Il numero b si chiama argomento del logaritmo, e, per quanto detto, deve essere un numero reale positivo. Osservazione 1: la definizione di logaritmo permette di affermare che: ogni numero reale b si può scrivere, in modo unico, come potenza di un altro qualsiasi numero a positivo, diverso da 1. Infatti vale la seguente uguaglianza: b=a log b . In altre parole, ogni numero b > 0 si può pensare come potenza di base prefissata, qualsiasi, positiva e diversa da 1. a
ESEMPI: 2 1) log 3 9=2, perché è: 3 =9 ;
3
2)
1 1 1 log 1 =3 , perché è: = ; 2 8 2 8
3)
log 10 0,1=−1, perché è: 10−1=
1 ; 10
log 5 1=0, perché è: 50 =1; 1 log 9 9=1 , perché è: 9 =9 ; 3 3 6) log a a 3= , perché è: a 2 = a3 . 2 Dal teorema prima ricordato e dalla definizione di logaritmo, si hanno le seguenti proprietà: il log a b è positivo se: P1) 4) 5)
P2)
{a1 b1
e
; {0a1 0b1
il log a b è negativo se:
{a1 0b1
e
; {0a1 b1 1
log a a=1 , perché a =a ; 0 log a 1=0, perché a =1; se due numeri sono uguali, anche i loro logaritmi (rispetto alla stessa base) sono uguali; e viceversa; P6) se la base è maggiore di 1, al crescere del numero b, cresce anche il logaritmo di questo; P7) se la base è minore di 1, al crescere del numero b, il logaritmo decresce. Osservazione 2: non si può parlare di logaritmo di un numero rispetto alla base 1 (perché x l'equazione 1 =b è impossibile (se b≠1 ), o indeterminata (se b = 1)), o rispetto a una base negativa x x o nulla (perché la potenza a è definita per a > 0; l'equazione: 0 =b è impossibile o indeterminata. x x Infatti, se a = 0, allora 0 =0 per ogni x > 0. In tal caso l'equazione 0 =b è impossibile se b≠0 ed indeterminata se b = 0). Quindi: NON ESISTE il logaritmo di un numero negativo. P3) P4) P5)
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Esponenziali e logaritmi
L'insieme dei logaritmi di tutti i numeri positivi, rispetto ad una data base a, si chiama sistema dei logaritmi con base a. Esistono, naturalmente, infiniti sistemi di logaritmi, perché infinite sono le possibili basi (cioè tutti i numeri reali positivi e diversi da 1). Tra questi infiniti sistemi di logaritmi, due sono quelli che più comunemente si considerano, e precisamente: −5 a) quello in base e, dove e è un numero irrazionale che vale a meno di 10 : e≃2,7182818 . Il logaritmo in base e di un numero positivo N si chiama anche logaritmo naturale e lo si indica con questa notazione: ln N, al posto di: loge N; b) quello a base 10, detto sistema dei logaritmi decimali, o di Briggs. Il logaritmo decimale di un numero positivo N, viene indicato con la seguente notazione: log N, invece di: log 10 N; omettendo cioè l'indicazione della base 10. 7.
Proprietà dei logaritmi Il calcolo dei logaritmi si fonda su alcune importanti proprietà valide qualunque sia la base a positiva e diversa da 1. Allora, per ogni base a positiva, diversa da 1, si ha: 1°) Il logaritmo del prodotto di due (o più) numeri positivi b e c è uguale alla somma dei logaritmi dei singoli fattori, cioè: log a b⋅c =log a bloga c . (1) 2°) Il logaritmo del quoziente di due numeri positivi b e c è uguale alla differenza fra i logaritmi del dividendo e del divisore, cioè: b log a =log a b−log a c . (2) c
3°)
Il logaritmo di una potenza ad esponente reale e base positiva, è uguale al prodotto dell'esponente della potenza per il logaritmo della base della potenza, cioè:
(3)
log a bc =c⋅log a b .
4°)
Il logaritmo di un radicale è uguale al quoziente del logaritmo del radicando per l'indice del radicale, cioè: 1 log a n b= ⋅log a b . (4) n A commento di queste proprietà, è bene ripetere che per poter applicare la 1°) e la 2°), i singoli numeri b e c devono essere positivi. Inoltre, per non commettere gravi errori, sia noto che non esistono proprietà simili a quelle elencate sopra, che permettono di trasformare espressioni del tipo: log a b log a bc , log a b−c , log a b ⋅ log a c , . log a c 8.
Passaggio da un sistema di logaritmi a un altro Siccome esistono infiniti sistemi di logaritmi, è naturale chiedersi come sia possibile passare da un sistema di logaritmi a un altro. In altre parole, supposto di conoscere il logaritmo di un numero positivo N, rispetto ad una base a, si vuol determinare il logaritmo dello stesso numero, rispetto a un'altra base b. A tale scopo, posto: - 24 di 54 -
Esponenziali e logaritmi x
x=log b N, cioè: b = N; calcolando il logaritmo della base a di entrambi i membri di quest'ultima uguaglianza, si ha: x log a b =log a N, cioè: x⋅log a b=log a N , da cui, tenendo presente che x=log b N, si ottiene: log a N log b N= . log a b 9.
Funzione logaritmica e relativo grafico Nel paragrafo 6 si è notato che se a è positivo e diverso da 1, ad ogni numero reale positivo b corrisponde il numero reale log a b . Possiamo dare quindi la seguente definizione: se a > 0 e a≠1 , la funzione f :ℝ ℝ : f x =log a x si chiama funzione logaritmica di base a. Essa gode di alcune proprietà di cui le più importanti sono: a) la funzione è biiettiva, cioè è una corrispondenza biunivoca fra ℝ e ℝ ; b) la funzione logaritmica è monotòna: b1) crescente per a > 1; b2) decrescente per 0 < a < 1, quindi: c) la funzione logaritmica è invertibile su tutta la retta reale; d) l'inversa della funzione esponenziale di base a è la funzione logaritmica di base a. Nelle due figure riportate qui sotto ci sono disegnati i grafici di due funzioni logaritmiche. In fig. 3 è tracciato il grafico della funzione: ln x y=log 1 x = , 1 2 ln 2 mentre in fig. 4 è riportato il grafico della funzione: ln x y=log 2 x= . ln 2
fig. 3
fig. 4
10.
Equazioni logaritmiche Un'equazione si dice logaritmica quando in essa compare il logaritmo dell'incognita, o di qualche espressione contenente l'incognita. Per risolvere un'equazione logaritmica si cerca, con l'aiuto delle proprietà inverse di quelle descritte al paragrafo n° 7, di trasformare l'equazione sotto la forma : - 25 di 54 -
Esponenziali e logaritmi
log a A x =log a B x
(1)
dove A(x) e B(x) sono espressioni algebriche contenenti l'incognita x. Da qui segue che i valori della x che soddisfano la (1), devono soddisfare l'equazione: (2) A(x) = B(x). Ora però bisogna notare che non vale la proprietà inversa , cioè una soluzione della (2) può non soddisfare la (1) e ciò capita quando tale soluzione fa perdere di significato ad almeno un logaritmo della (1). Perciò, dopo aver risolto la (2), bisogna verificare se le soluzioni trovate soddisfano, o no, l'equazione data. ESEMPIO. Si debba risolvere l'equazione logaritmica: log x1 log x−1 −log x−2 =log 8. Prima di tutto, bisogna osservare che i logaritmi contenuti nell'equazione data avranno significato solo se alla x si attribuiscono valori che rendono positivi, simultaneamente, i tre polinomi: x1 , x−1 , x−2 , cioè tale da aversi: x10 , x−10, x −20 . Fatta questa premessa, l'equazione data può essere messa nella forma più conveniente: x−1 x1 log =log8 ; x −2 da cui, passando dai logaritmi all'algebra: x−1 x1 =8; x−2 cioè: x 2−8 x 15=0 , le cui soluzioni sono x 1=5 e x 2=3 , che sono entrambe accettabili, come è facile verificare. ESERCIZI. Risolvi le seguenti equazioni logaritmiche: 1 1 1) log x log 3 x5 =1 ; solo una soluzione: x =5 . 2 2 9 − log x5 2 2 1 2) − log x 5 =− ; x 1=10 e x 2=10 2 = 4 . log x2 5 5 10 10 3) 2 log x−1 =1−log 5 . 4) log x 23 x36 =1log x3 ; x 1=1 e x 2=6 . 5) 2 log x−7 −log x1 =1.
Determina l'insieme di esistenza delle seguenti funzioni: 1) y=log 3 x−1 2 log x1 ; 2) y=log log x2 ; 3) y=log sen x ; 1 4) y =log 2 . x −1 Cerca, infine, di risolvere graficamente l'equazione non elementare: 2 x −3 x2−ln x=0. ESERCIZI VARI. Risolvi, nell'insieme dei numeri reali, le seguenti equazioni esponenziali: x x1 x2 1) 3 3 3 =39, x=1 ; x x1 x2 x3 x 4 2) 2 2 2 2 2 =31, x =0; x −1 x−2 x−3 3) 2 2 −2 =10, x =4; - 26 di 54 -
Esponenziali e logaritmi
4) 5) 6) 7) 8) 9) 10)
x −2
x
2
x−3
x−1
x−4
x−4
2 3 2 =3 3 −2 x x−2 2x 2 x −1 3 −3 =2 −2 , x=2 ; x2 1− x 3 3 =28 , x=1 , x=−2 ; 4−x x 1 2 2 =33 , x =4 , x =−1 ; 2 x1 2 x2 3 =5 , x = −2 ; 3 x3 4− x=18 , x=4; 2 6 x2− x =16 , S =∅ ; x
,
x =4 ;
1 2
3 2 x −1 log 3 =2 ; x= ; x 1 log 9−log5 5 2 x −1⋅4 x1 1−x log 9 12) =6 ; x= . 3 log 48 Risolvi, nell'insieme dei numeri reali, le seguenti equazioni logaritmiche: log x2 1 1 − = 1) log x4 log x 2 2log x−1 1 2 1 3 − =0; x 1= e x 2=10 10 ; 2) 2 log x log x2 10 log x2 11)
9
3) 4)
log 3 x 2 +3 x -3 −log 3 x −2 =1log 3 x 2 ,
5) 6)
2log x -1 log x 3 =log x −1 , 3
x=3 ;
x=4 ;
log 2 [ 2−1 x x − 2 ] =1log 2 4 2 ; x 1=−2 e x 2= 23 ; 1 1 3 log 2 xlog 1 x =4−log 2 ; x= ; x 16 2 2
7)
log 3 x3 log 1 x 2 x −2 =log 1 x2 log 3 2; x =5;
8)
2 x 1 log2=log 12 x ; x =0 ;
9)
log 4 1− x2 −log2=log 2 2 x 1 −3 ; x=
10) 11)
12)
2
3
3
log 1 2 ; log4 log33-log52 log 2 x −13 x 2 =log3log 3 x−2 4 x1 ; x= ; log3-log2 32 log 2 x−2=log 2 y ; x y=4
{
{
log 2 2 x− y=0 x
y
2 2 =12
.
--- 12 settembre 2012
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Relazioni e funzioni
Relazioni e funzioni 1.
Prodotto cartesiano fra insiemi
Siano assegnati due insiemi qualunque A e B. Definiamo prodotto cartesiano di A per B un nuovo insieme costituito da tutte le possibili coppie ordinate che possiamo formare a partire dagli elementi dei due insiemi e cioè: AxB= { ( a , b )∣a ∈A e b∈B } . Il concetto di ordine è riferito alla posizione che ogni elemento occupa all'interno della coppia a cui appartiene. Inoltre non vale la proprietà commutativa in quanto, in generale, si ha che ( a , b )≠( b , a ) . Ad esempio, poniamo A=B=ℝ . Allora: AxB=ℝ x ℝ=ℝ2 in modo tale che, in questo caso, AxB coincide con il piano cartesiano che già conosciamo. Se adesso abbiamo tre insiemi A, B e C tali che: A=B=C=ℝ si ha che: 3 AxBxC=ℝ x ℝ x ℝ=ℝ che corrisponde allo spazio cartesiano dove un punto qualunque è individuato da una terna ordinata di numeri reali e cioè P≡( x , y , z ). Inoltre, consideriamo i due insiemi: A= {1,2 } e B= {1,2 } . Essi determinano il seguente prodotto cartesiano: AxB= { (1,1 ) , ( 1,2 ) , ( 2,1 ) , ( 2,2 ) } . In questo modo, in un piano cartesiano, AxB definisce la posizione di quattro punti C, D, E e F come si può osservare nel seguente grafico:
È immediato verificare che D≡( 1,2 )≠E≡( 2,1 ), confermando la non validità della proprietà commutativa.
2.
Relazioni binarie tra due insiemi
Siano assegnati due qualunque insiemi A e B. Si definisce relazione binaria tra due insiemi A e B ogni corrispondenza che associa ad un elemento a ∈ A un elemento b∈ B se e solo se a e b rendono vera la proprietà caratteristica della relazione stessa. Il sottoinsieme R del prodotto cartesiano AxB costituito da tutte e sole le coppie che rendono vera tale proprietà si chiama relazione che va dall'insieme A all'insieme B o grafico della relazione. Quindi: R={ ( a , b )∣a∈A e b∈B e a R b } . L'insieme degli elementi di A che possiedono almeno un corrispondente in B costituisce il Dominio di R, mentre il Codominio di R è costituito dagli elementi di B che sono immagini di almeno un elemento del dominio. Adesso, rappresentiamo graficamente una relazione R definita fra A e B utilizzando i diagrammi di Eulero-Venn. - 28 di 54 -
Relazioni e funzioni
a1 ⋅
⋅ b1
R
a2 ⋅ a3 ⋅
⋅ b2 ⋅ b3
a4 ⋅
⋅ b4
a5 ⋅
A
a6 ⋅
⋅ b5 ⋅ b6 ⋅ b7 ⋅ b8
B
Possiamo notare che: 1. il dominio di R e il codominio di R hanno diversa cardinalità. dominio ( R )={ a1 , a 2 , a 4 , a6 } e codominio ( R )={ b 1 , b2 , b4 ,b 6 , b8 } 2. da alcuni elementi di A partono frecce che congiungono alcuni elementi di B.
Infatti:
Vediamo ora un esempio più specifico. Consideriamo il seguente diagrammi di Eulero-Venn:
A
⋅ ⋅ ⋅ −5 ⋅ −4 ⋅ −3 ⋅ −2 ⋅ −1 ⋅ 0⋅ 1⋅ 2⋅ 3⋅ 4⋅ 5⋅ ⋅ ⋅ ⋅
R
⋅ 0 ⋅ 1 ⋅ 4 ⋅ 9 ⋅ 16 ⋅ 25 ⋅ ⋅ ⋅
B
Come si può facilmente capire, questa relazione associa ad ogni numero intero relativo il suo quadrato e potrebbe essere indicata da una di queste notazioni: 1a. R : z → z 2 , ∀z ∈ ℤ 1b. R ( z )= z 2 , ∀z ∈ℤ .
3.
Le proprietà di una relazione R
Vediamo ora alcune delle più importanti proprietà a cui può soddisfare una relazione R definita fra gli elementi di un insieme A e se stesso. Siano a, b e c tre elementi di A. La relazione R è: 1e. Riflessiva, se vale a R a 2e. Simmetrica, se vale a R b allora è anche b R a 3e. Transitiva, se vale a R b e se è anche b R c allora a R c Se valgono contemporaneamente queste tre proprietà si dirà che R è una relazione di equivalenza. - 29 di 54 -
Relazioni e funzioni
Ad esempio, consideriamo l'insieme delle rette di un piano. Valgono le seguenti proprietà: ogni retta r è parallela a se stessa; se una retta r è parallela ad un'altra retta s allora anche la retta s è parallela alla retta r; se una retta r è parallela ad un'altra retta s e s è parallela ad una terza retta t allora la retta r è parallela rispetto alla retta t. Valendo la proprietà riflessiva, simmetrica e transitiva, si deduce che la relazione R di parallelismo fra rette è una relazione di equivalenza. Vediamo adesso un altro caso di una proprietà che definisce una relazione di diverso tipo. Siano ancora a, b e c tre elementi di A. La relazione R è: 1o. Riflessiva, se vale a R a 2o. Antisimmetrica, se vale a R b ed è anche b R a allora si ha che a=b 3o. Transitiva, se vale a R b e se è anche b R c allora a R c Se valgono contemporaneamente queste tre proprietà si dirà che R è una relazione di ordine. Ad esempio, consideriamo nell'insieme dei numeri naturali la relazione "è minore od uguale a". Valgono le seguenti proprietà: vale la proprietà riflessiva poiché è vero che, per ogni numero naturale n, n≤n; vale la proprietà antisimmetrica poiché è vero che, per ogni coppia di numeri naturali n e m, se n≤m e m≤n allora m=n ; vale la proprietà transitiva poiché è vero che, per ogni terna di numeri naturali n, m e p, se n≤m e m≤ p allora m≤ p ; Valendo la proprietà riflessiva, antisimmetrica e transitiva, si deduce che la relazione R definita dalla frase "è minore od uguale a" fra numeri naturali è una relazione di ordine. 4. Le funzioni Sappiamo che una relazione R è una corrispondenza definita fra gli elementi di due insiemi A e B tale che a “qualche” elemento di A (dominio di R) associa “qualche” elemento di B (codominio di R). Adesso esaminiamo un caso particolare di relazione f definita fra gli elementi di due insiemi A e B. Se f associa ad ogni elemento di A (dominio di f) uno ed un solo elemento di B (codominio di f) allora f si chiamerà funzione biunivoca o semplicemente funzione da A in B e si indicherà con questa notazione: f : A → B. Da qui segue immediatamente che: ∣A∣=∣B∣. Adesso, utilizzando i diagrammi di Eulero-Venn, vediamo un esempio di una funzione f definita fra A e B.
A
a1 ⋅
⋅ b1
a2 ⋅
⋅ b2
a3 ⋅
⋅ b3
a4 ⋅
⋅ b4
a5 ⋅
⋅ b5
a6 ⋅
f
⋅ b6
B
Si notano due proprietà: 1. da ogni elemento del dominio A di f “parte” un cammino orientato (una freccia) che lo collega ad uno ed un solo elemento di B 2. ∣A∣=∣B∣=6 . Inoltre, è chiaro che potremo percorrere il cammino con verso opposto a quello iniziale ripartendo - 30 di 54 -
Relazioni e funzioni
da ciascun elemento di B per ritornare all'elemento corrispondente di A e cioè:
A
a1 ⋅
⋅ b1
a2 ⋅
⋅ b2
a3 ⋅
⋅ b3
a4 ⋅
⋅ b4
a5 ⋅
⋅ b5
a6 ⋅
f
−1
⋅ b6
B
avendo indicato con il simbolo f −1 : B → A la funzione che ha per dominio gli elementi dell'insieme B e per codominio gli elementi dell'insieme A.
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Funzioni invertibili
Funzioni invertibili Sia f una corrispondenza biunivoca di A B. Sappiamo che ogni elemento di B è immagine di un solo elemento di A. In questo caso la f definisce una funzione g : B A ottenuta, se è: y= f x ponendo: x= g y . −1 La funzione g si chiama inversa della f, e si indica con il simbolo f ; in tal caso si dice anche che f è invertibile. Evidentemente, si ha: −1 f [ f x ]=x , per ogni x∈ A, f [ f −1 y ]= y , per ogni y ∈B. Definizione: Data la funzione f : A B, si chiama funzione inversa della f, la funzione −1 f : B A tale che: −1 f [ f x ]=x , per ogni x∈ A, f [ f −1 y ]= y , per ogni y ∈B. È evidente che una funzione è invertibile se e solo se essa è biettiva. Sussiste il seguente teorema: se f è monotòna crescente, o decrescente, allora essa è invertibile, e la sua inversa è anche monotòna. Esempi: f : ℝ ℝ con f x =2 x1 . La f è crescente in ℝ. Con un po’ di algebra, si riesce a determinare la funzione inversa della f che è: y−1 f −1 : ℝ ℝ con f −1 y = . 2 Verificare che: −1 f [ f x ]=x , e che: f [ f −1 y ]= y . 2) f : ℝ ℝ , con f x =x 2 . f: ℝ+ ℝ+, con f(x) = x2. Poiché in ℝ , da x 2= y segue x= y , si ha: f −1 :ℝ ℝ , con f −1 y = y . 1)
È utile notare che se la funzione y= f x ha come inversa la funzione x= g y , allora i grafici di queste due funzioni sono, evidentemente, identici. Però se indichiamo ancora con x la variabile indipendente della funzione inversa e con y il valore della funzione e tracciamo il grafico della funzione y= f x e quello della sua inversa x= g y , relativamente ad uno stesso sistema di coordinate, noi otterremo due grafici differenti. Poiché il passaggio da (x, y) a (y, x) equivale ad una simmetria (ortogonale) rispetto alla bisettrice del 1° e 3° quadrante, ne segue che i grafici delle due funzioni f e g, sono tra loro simmetrici rispetto alla retta y = x. Funzioni inverse delle funzioni seno e coseno. 1)
La funzione arco seno. La funzione y = senx, nel suo intero insieme di definizione (= ℝ), non è né crescente né decrescente. Infatti la funzione senx è periodica di periodo 2π, e, quindi, attribuendo alla x valori che differiscono fra loro per multipli interi di 2π, senx assume sempre lo stesso valore.
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Funzioni invertibili
y
3
y
2
3
y= sinx
1 -4
-3
-2
-1
1
2
y= arccos x
x 3
y= x
2 1
-1
-3
y= arcsinx y= x
4
-2
-1
-2
x 1
2
-1
Le funzioni senx e arcsenx.
3
4
y= cos x
Le funzioni cosx e arccosx.
[
]
π π Se conveniamo, però, di far variare x soltanto nell'intervallo chiuso − , in questo 2 2 intervallo la funzione è sempre crescente e assume tutti i valori reali che vanno da -1 a +1. π π , la funzione y = senx si può invertire; la sua funzione inversa Perciò nell'intervallo − , 2 2 si dice arco seno e si indica con la scrittura: x = arcseny, che si legge: “x è uguale all'arco il cui seno è uguale ad y”. La funzione arcoseno è strettamente crescente, dispari, ha dominio [ −1 , 1 ] e codominio π π − , . Inoltre: 2 2 π π arcsen −1 =− ≤arcsen y≤ =arcsen 1. 2 2 2) La funzione arco coseno. La funzione y = cosx è sempre decrescente nell'intervallo chiuso [ 0 , π ] e decresce dal valore 1 al valore −1 . Da ciò segue l'esistenza della funzione inversa che è definita in [ −1 , 1 ] ed ivi è decrescente. Questa funzione, detta arco coseno, si indica con la scrittura: x = arccosy, che si legge: “x è uguale all'arco il cui coseno è uguale ad y”. Il codominio di arco coseno è l'intervallo [ 0 , π ] .
[
[
]
]
Esempio. Proviamo che sussiste la seguente l'identità:
π . 2 π Infatti, se poniamo α=arcsen y , si ha che: y=sen α=cos −α , facendo valere una ben nota 2 π π π proprietà riguardante gli angoli complementari. Poiché: − α risulta pure: 0 −α π 2 2 2 π cosicché: −α =arccos y e, ricordando che α = arcsen y , segue subito la tesi. 2 arcsen y arccos y=
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Classificazione dei vari tipi di funzioni
Classificazione dei vari tipi di funzioni Una funzione si può classificare entro i seguenti tipi (illustrati nel dettaglio qui sotto):
{
{
1 4 a1) Intero; ad es. f ( x )=− x 3−5 x 2− x−2 3 3 Razionale 1 3 x 2− x−2 3 Algebrico a2) Fratto; ad es. f ( x )= 2 x² −3 x+ 4 Irrazionale
{
2n
a3) se l'indice è pari: f ( x )= √ g ( x ) con n∈N ; ad es. y= √ x 2−1 (2 n + 1 ) 3 a4) se l'indice è dispari: f ( x )= √ g ( x ) con n∈N ; ad es. y= √ x 2 −3 x+ 1
{
t1) Trigonometrico ; ad es. y=sen x , y =tanx , ecc... x Trascendente t2) Esponenziale ; ad es. y=e x , y = 1 , ecc... 2 t3) Logaritmico ; ad es. y =ln x , y=log x , y=log a x ( dove a > 0 e a≠1 ) , ecc...
()
n
a1)
i FUNZIONE ALGEBRICA RAZIONALE INTERA: se è del tipo y=P ( x )=∑ a i x
a2)
dove Px è un polinomio nella variabile x di grado n a coefficienti a i reali; FUNZIONE ALGEBRICA RAZIONALE FRATTA: se è del tipo
i=0
n
y=
P(x) = Q (x)
∑ ai x i i=0 m
∑ bj x
, dove, come indicato, P ( x ) e Q ( x ) sono due polinomi nella j
j =0
a3) a4) t1) t2)
variabile x di grado, rispettivamente, n e m a coefficienti a i e b j reali ; 2n FUNZIONE IRRAZIONALE con indice pari: se è del tipo: y= f x , se n∈ℕ; FUNZIONE IRRAZIONALE con indice dispari: se è del tipo: 2 n1 y= f x con n∈ℕ ; FUNZIONE TRASCENDENTE TRIGONOMETRICA: se compaiono in essa espressioni trigonometriche; P x FUNZIONE TRASCENDENTE ESPONENZIALE: se è del tipo y=a oppure P x Q x
y=a con a∈ℝ+ ; t3) FUNZIONE TRASCENDENTE LOGARITMICA: se è del tipo y= log a P x P x con a∈ℝ + e a≠1 . oppure y=log a Q x DOMINIO DELLA FUNZIONE 2a) Se la funzione è RAZIONALE INTERA y = P(x) il dominio risulta: ∀ x ∈ℝ (ovvero: per ogni x appartenente al campo Reale ℝ) in quanto P(x) è un polinomio a coefficienti reali nell’incognita x. P x 2b) Se la funzione è RAZIONALE FRATTA y= il dominio risulta: ∀ x∈ℝ Q x escludendo quei valori che annullano il denominatore Q(x) e cioè: Q x ≠0 2c) Se la funzione è IRRAZIONALE con indice del radicale pari 2n y= P x con n∈ℕ allora si impone al radicando d'essere maggiore o uguale a zero e cioè: P x ≥0 - 34 di 54 -
Classificazione dei vari tipi di funzioni
2d) 2e)
2f) 2g)
2 n1
Se la funzione è IRRAZIONALE con indice del radicale dispari y= P x allora il dominio di y coincide con quello della funzione radicando P x ; Se la funzione è TRASCENDENTE TRIGONOMETRICA y=sen f x o y =cos f x allora il dominio coincide con il dominio dell’argo-mento f x . Se si ha y=tan f x allora occorre porre cos f x ≠0 e controllare eventuali restrizioni da imporre su f x . Gli altri casi della cotangente, secante e cosecante si trattano in modo simile a questo, considerando la natura particolare di quest’ultime tre funzioni. P x Se la funzione è TRASCENDENTE ESPONENZIALE y=a allora il dominio coincide con il dominio della funzione che si trova all’esponente e cioè P(x) Se la funzione è TRASCENDENTE LOGARITMICA y=log a P x allora si impone all'argomento del logaritmo d'essere strettamente positivo e cioè: P x 0 . Se è P x y=log a , con a ∈ℝ + e a≠1 allora si impone all'argomento del logaritmo Q x P x d'essere strettamente positivo e cioè: 0 escludendo ancora quei valori che Q x annullano il denominatore Q(x) e cioè (in aggiunta alla condizione precedente): Q x ≠0
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Limiti delle funzioni reali di una variabile reale
Limiti delle funzioni reali di una variabile reale 0.
Introduzione Approfondiamo lo studio delle funzioni reali di variabile reale e, a tale scopo, introduciamo un nuovo concetto, quello di “limite” che è uno dei più importanti dell'analisi matematica perché ad esso faremo riferimento quando dovremo introdurre altre proprietà (ed esattamente: la continuità, la derivabilità e l'integrabilità delle funzioni). Per meglio chiarire questo concetto fondamentale, cominciamo con alcune considerazioni di carattere intuitivo, servendoci di un linguaggio geometrico, sia pure impreciso ma intuitivo. Sia f x una funzione reale di variabile reale definita in un intervallo [ a , b ] e sia c un punto interno a tale intervallo. Molte volte, qualunque sia la circostanza che si presenta per la f x in c, della quale non ci occupiamo, interessa esaminare i valori che essa assume, quando alla x si attribuiscono valori di [ a , b ] prossimi al numero c; in altre parole interessa studiare il comportamento della f x in convenienti intorni del punto c, escluso sempre il punto c. I casi che si incontrano sono del tipo di quelli illustrati nelle figure 1, 2, 3, 4 e 5. A) Può darsi che attribuendo ad x valori “sufficientey mente vicini” a c, i corrispondenti valori di y = f x risultino “sufficientemente vicini” ad un numero
l ∈R (fig. 1). Più precisamente, fissiamo un numero
ε0 , arbitrariamente piccolo, e consideriamo la striscia orizzontale (cioè la parte di piano compresa fra due rette parallele all'asse x) avente come mediana la retta y = l e semi-ampiezza ε . Può darsi che sia possibile determinare un intorno H c di c (dipendente in generale da quella striscia e quindi dal numero che abbiamo scelto arbitrariamente e cioè ε) tale che per ogni x ∈Hc il corrispondente punto della curva sia interno alla striscia, cioè abbia una ordinata f x che differi-
l ε
l
O
y=f(x)
l −ε c
x
Hc
fig. 1 sce, in valore assoluto da l, per meno di ε . In altri termini può darsi che in tali punti risulti verificata la seguente relazione:
l −ε f x l ε
o, ciò che è lo stesso:
∣ f x − l ∣ε .
B) Può accadere che, attribuendo a x valori “sufficientemente vicini” a c, i corrispondenti valori della funzione f x risultino, in valore assoluto, sempre più grandi, oltrepassando qualunque numero fissato ad arbitrio. Più precisamente, fissato ad arbitrio un numero reale k > 0, può darsi che sia possibile determinare un intorno H c di c (dipendente in generale da k) tale che per ogni x il corrispondente punto della curva abbia un'ordinata che superi, in valore assoluto, il numero k (e in questo caso di dice che la curva diverge a ∞); ossia può darsi che in tali punti, diversi da c, risulti (figg. 2a, 2b, 2c): ∣ f x ∣k , oppure f x k , oppure f x −k .
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Limiti delle funzioni reali di una variabile reale
y
y
y
k
y=f(x) c
O
x
-k
k
y=f(x) c
O
x
-k
y=f(x) x
Hc
Hc
c
O
-k
k
Hc
fig. 2a fig. 2b fig. 2c C) Il comportamento descritto in alle prime D) Inoltre, in alcuni casi, se assegniamo valori due lettere A) e B) può presentarsi, anziché in sufficientemente grandi alla x, i valori corrisponun conveniente intorno completo di c, in un denti di y tendono ad un valore finito l (fig. 4). + conveniente intorno destro Hc o sinistro del punto c e cioè Hc (fig. 3). y
y
l+ε
y=f(x)
y→l
l-ε
l1 l2
y=f(x)
y=f(x)
O
N
x
O
− Hc c Hc
x
fig. 4
fig. 3 E) Infine, può capitare che, attribuendo a x valori “sufficientemente grandi” i corrispondenti valori diventino, in valore assoluto, sempre più grandi, oltrepassando qualunque numero fissato ad arbitrio (fig. 5a e fig. 5b).
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Limiti delle funzioni reali di una variabile reale
y y → +∞
y
y=f(x)
k O
N
x y → −∞
O
N
-k
y=f(x) x
fig. 5b
fig. 5a
1.
Limite finito per una funzione in un punto Sia f x una funzione definita in un intervallo [ a , b ] escluso al più un punto c di questo. Quanto detto nel al punto A) del paragrafo 0, viene rigorosamente precisato dalla seguente: 1a DEFINIZIONE - Si dice che la funzione f x per x tendente a c, ha per limite il numero l, e si scrive:
lim f x = l ,
xc
quando, in corrispondenza ad un arbitrario numero positivo ε, si può sempre determinare un intorno H c del punto c, tale che per ogni x ∈Hc , escluso al più il punto c, risulti soddisfatta la disequazione: o, ciò che è lo stesso, se:
∣ f x − l ∣ε ;
l −ε f x l ε .
Le ultime due disequazioni significano che i valori della f x differiscono da l, in valore assoluto, per una quantità inferiore al numero da noi arbitrariamente fissato, che è ε . ESEMPI. 1) Verificare che risulta: (1) lim 3 x1 =7 . x 2
Per provare ciò, dobbiamo far vedere che in corrispondenza ad un qualunque numero ε0 , la seguente disequazione: (2) ∣3 x1−7∣ε , è soddisfatta per tutti i valori della x che formano un intorno del punto x = 2 (tale punto appartiene all'asse x (!)). La disequazione (2) può essere anche scritta nella seguente forma: ∣3 x−6∣ε , che è equivalente a: 6−ε3 x6ε , che è risolta per: ε ε 2− x2 , 3 3 che dà origine a un intorno del punto di ascissa x = 2 (e ordinata nulla (!)). Quindi, resta provata l'esistenza, per un qualunque numero ε0 , di un intorno H 2≡ 2− ε , 2+ ε , tale che per ogni x ∈H 2 3 3 risulta soddisfatta la (2). Ciò significa, per la definizione di limite, che vale la (1). Si nota che la funzione f x =3 x1 , calcolata nel punto x = 2, vale proprio 7 infatti: f 3 =7 e
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Limiti delle funzioni reali di una variabile reale
perciò in questo caso risulta:
lim f x = f 2 x 2
cioè: il limite coincide con il valore della funzione nel punto di ascissa x = 2. 2) Dimostrare che è : x lim = 2. x 4 x−2 Per provare l'uguaglianza precedente, fissiamo ε0 . Dopo si deve far vedere che esiste un intorno di 4 (e cioè H4), tale che, per ogni x ∈H 4 , x≠4 , si abbia:
∣ x−2x −2∣ε ,
(1) ossia:
ε ; ∣4−x x−2∣
e quindi:
4− x ε . x −2 Da questa disequazione possiamo ricavare un sistema di due disequazioni confrontando, rispettivamente, il primo e il secondo termine e il secondo e il terzo termine e cioè: −ε
{ {
4−x ε x −2 4−x −ε x−2
ovvero: (2)
4−x ε x −2 . 4− x −ε x−2
Potendo supporre x −20 , (perché?), il sistema (2) si può scrivere: x ε142 ε 4−xε x−2 ε da cui: , 4−x2 ε−ε x x ε−12 ε−4 ossia, assumendo (senza perdere nulla in generalità), ε1 e quindi ε−10 , risulta:
{
{
(3)
Il sistema (3), essendo:
{
42 ε ε1 . 2 ε−4 x ε−1 x
42 ε 2 ε−4 , ε1 ε−1 è verificato per: 42 ε 2 ε−4 x . ε1 ε−1 Con semplici operazioni, arriviamo a scrivere le disequazioni (4) in una forma migliore, cioè: 2ε 2ε 4− x4 ε1 1−ε che ci consente di comprendere che effettivamente si è formato un intorno del punto 4. (4)
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Limiti delle funzioni reali di una variabile reale
Esercizi: 1) Provare che, se a∈R e a > 1, risulta:
lim a x =1 .
x0
2)
Provare che, se a∈R, a > 0 e a≠1 , risulta: lim log a x =0 . x1
Osservazione. Negli esempi sopra riportati il valore del limite per x→c coincide con il valore della
funzione per x = c cioè: lim f x = f c = l . xc
Bisogna però osservare che l'esistenza del limite di una funzione, in un dato punto c, è indipendente dal comportamento della funzione in quel punto. In altre parole, può accadere che nel punto c esista il limite della funzione, oppure che esista anche il valore della funzione in questo punto e questo sia diverso dal valore del limite, cioè sia l ≠ f c . E tutto questo perché l'esistenza del limite nel punto c non richiede necessariamente che la disequazione (1) debba essere soddisfatta per x = c. Da qui segue che se due funzioni f x e g x assumono gli stessi valori per ogni x≠c e se, per es. si ha: lim g x= l , allora risulta anche:
xc
ESEMPIO Verificare che risulta:
lim f x = l .
xc
x 2 −4 lim =4. x 2 x−2 Dobbiamo dimostrare che, ∀ ε0 , la disequazione: x 2−4 (1) −4 ε x−2 è soddisfatta per tutti i valori di x che formano un intorno del punto di ascissa 2, escluso x = 2 dove la funzione non è definita. Ma poiché per x≠2 si ha: 2 x −4 x−2 x2 = = x 2 , x−2 x−2 la disequazione (1) equivale alla: 2−εx2ε , che è proprio un intorno del punto x = 2. Si nota che per x = 2 non esiste il valore della funzione, mentre nel punto x = 2 esiste finito il limite. ESERCIZI Verificare che risulta : x 2 −5 x 6 1 lim = ; a) 2 6 x −9 x3 x−3 lim =2 3 . b) x 3 x− 3
∣
∣
2. Definizione di limite infinito per una funzione in un punto Il comportamento della funzione descritto al punto B) del primo paragrafo viene rigorosamente precisato dalla seguente: 2a DEFINIZIONE Si dice che la funzione f x per x tendente a c, ha per limite l'infinito (oppure che diverge all'infinito), e si scrive:
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Limiti delle funzioni reali di una variabile reale
lim f x =∞ ,
xc
quando, in corrispondenza ad un arbitrario numero reale positivo M, si può trovare sempre un intorno H c del punto c tale che per ogni x ∈Hc , x≠c , risulta: ∣ f x ∣M , cioè la f x assume valori, in modulo, maggiori di M. Se in H c , escluso c, vale invece sempre la disequazione: f x M , si ha che : lim f x = + ∞ ; se invece vale la disequazione:
xc
f x −M ,
si ha che:
lim f x = −∞.
ESEMPIO Verifichiamo che risulta:
xc
lim −
x0
A tale scopo, bisogna far vedere che la disequazione: 1 − M , (1) x è soddisfatta, qualunque sia il numero M > 0, da valori che formano un intorno del punto 0, escluso il punto 0. La (1), infatti, equivale alla: 1 ∣x∣ , M che è soddisfatta quando: 1 1 − x , M M e questi valori formano un intorno H0 del punto 0. Il grafico della funzione è riportato qui a destra (fig. 6). ESERCIZIO Verificare che risulta:
1 =∞ . x
∣ ∣
M
H0
-M
fig. 6
1 =+ ∞ . 2 x 1 1−x lim
3.
Limite destro e sinistro di una funzione. Può accadere che non esista il limite di f x per x→c, ma un tale limite esista quando si considerino solo i valori di f x che appartengono ad un intorno destro: c < x < c + δ (δ ∈R+) del punto c (ancora privato, ovviamente, del punto c), oppure ad un intorno sinistro: c−δxc . Si dà quindi la seguente: 3a DEFINIZIONE. Si dice che il numero scrive:
l è il limite destro della funzione
lim f x = l ,
x c
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f x , per x→c, e si
Limiti delle funzioni reali di una variabile reale
quando, in corrispondenza a un arbitrario numero reale positivo ε, si può sempre trovare un intorno destro H c del punto c tale che per ogni x ∈Hc , escluso eventualmente il punto c, risulti soddisfatta la disequazione:
∣ f x − l ∣ε .
Se l'intorno H c , invece, è un intorno sinistro del punto c, allora si dice che il numero l è il limite sinistro di f x , per x→c, e si scrive:
lim f x = l . −
xc
Analoghe definizioni si possono dare per i limiti: lim f x =∞ e lim f x =∞. x c−
Si può dimostrare che se i limiti destro
x c
l 1 e sinistro l 2 esistono e sono uguali, cioè l 1= l 2= l allora
l è il limite di questa funzione (per x→c) nel senso della 1 definizione. Viceversa, se una funzione ± ha per limite l, per x→c, allora i limiti destro e sinistro di queste funzioni x c esistono e sono a
uguali. ESEMPIO Sia data la funzione: y=2 x (1)
∣x∣ . Verificare che risulta: x lim f x =−1 e lim f x =1 . − x 0
x 0
Per provare la prima delle (1), si osserva che, dovendo calcolare il limite sinistro della funzione f x per x tendente a 0, ci interessano solo i valori negativi della x: per tali valori essendo ∣x∣=−x , la funzione data diventa: −x 2 x =2 x−1 . x Premesso ciò, dobbiamo fare vedere che il sistema: ∣2 x −1−−1∣ε , con ε0 arbitrario, x0 ammette soluzioni che formano un intorno sinistro del punto 0, escluso al più lo 0. Risolvendo il siε stema, si trova che è soddisfatto per: − x0 , 2 e tali soluzioni formano proprio un intorno sinistro dello 0. In modo del tutto analogo, tenendo presente che per x > 0 si ha ∣x∣= x , si prova che vale la seconda delle (1). Possiamo quindi affermare ∣x∣ che la funzione f x =2 x , nel punto 0 non x ammette limite, né esiste il valore della funzione in tale punto; pur tuttavia, sempre nello stesso punto, esiste il limite sinistro e destro e valgono, fig. 7 rispettivamente, −1 e 1. Il grafico della funzione data è rappresentato nel grafico di fig. 7. Esercizio. Se a∈R e a > 1, verificare che risulta: lim log a x=−∞ .
{
x 0
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Limiti delle funzioni reali di una variabile reale
4.
Definizione di limite per una funzione all'infinito Il comportamento della funzione descritto alla lettera D) del primo paragrafo, viene rigorosamente precisato dalle seguenti: 4a DEFINIZIONE . Si dice che la funzione f x , per x tendente all'infinito, ha per limite il numero
l, e si scrive:
lim f x = l ,
x∞
quando, in corrispondenza a un arbitrario numero ε0 , si può determinare un numero N > 0, tale che per ogni x che verifica la condizione: ∣x∣N , (1) si abbia:
∣ f x − l ∣ε ,
cioè i corrispondenti valori della f x differiscano tutti da l, in valore assoluto, meno di ε . Se la (1) è soddisfatta soltanto per x N , oppure soltanto per x−N , allora si dice che esistono, rispettivamente, i limiti: lim f x = l e lim f x= l .
x + ∞
x - ∞
5a DEFINIZIONE. Si dice che per x tendente all'infinito la funzione f x ha per limite l'infinito, e si scrive: lim f x =∞ , x ∞
quando, in corrispondenza a un arbitrario M > 0, è sempre possibile determinare un numero N > 0, tale che per ogni x verificante la condizione: ∣x∣ N , si abbia: ∣ f x ∣ M , cioè i corrispondenti valori della f x siano tutti, in valore assoluto, maggiori di M. Se invece per ∣x∣N risulta sempre f x M , oppure f x −M , allora si dirà che esistono rispettivamente i limiti: lim f x =∞, lim f x=−∞ . x ∞
x ∞
Se per x > N risulta sempre ∣ f x ∣ M , oppure f x M , oppure f x −M , allora si dice che esistono rispettivamente i limiti: lim f x =∞ , lim f x=∞ e lim f x=−∞ . x ∞
x ∞
x ∞
x −∞
x −∞
x −∞
Se, infine, per x−N risulta sempre ∣ f x ∣ M , oppure f x M , oppure f x −M , allora si dice che esistono rispettivamente i limiti: lim f x =∞ , lim f x=∞ e lim f x=−∞ . ESEMPIO Verifichiamo che risulta:
x1 =1. x x∞ Per provare quanto scritto sopra, in base alla definizione 4a, dobbiamo dimostrare che la disequazione: x1 −1 ε , (2) x qualunque sia ϵ> 0 , è soddisfatta per valori della x che risultano, in valore assoluto, maggiori di un certo numero positivo N (che dipende da ϵ ). 1 La disequazione (2) è equivalente alla disequazione: < ϵ , che è soddisfatta quando si verifica x (1)
lim
∣
∣
∣∣
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Limiti delle funzioni reali di una variabile reale
che:
1 ϵ e ciò prova la (1). Il grafico della funzione è quello riportato in fig. 8.
∣x∣> =N ,
y=1+ε
y=1
y=1-ε
fig. 8 ESERCIZI 1) Verificare che risulta: lim
x - ∞
2)
1− x =∞ .
Se a∈R+ e a > 1, verificare che risulta: x x lim a =0 , lim a =+ ∞ e lim log a x =+ ∞ . x - ∞
x + ∞
x + ∞
5.
Definizione di limite in termini di intorni La definizione di limite data in precedenza si può riscrivere in termini di intorni nella seguente maniera. Sia A un sottoinsieme di R e c∈R. Il punto c si dice che è un punto di accumulazione di A quando in ogni intorno di c cadono infiniti punti di A. Ad esempio se consideriamo l'insieme di numeri reali: 1 A= x∣x= , n∈ N , n si può dimostrare che 0 è un punto di accumulazione di A. Sia f: A→B (dove A, B ⊆ R) e c un punto di accumulazione di A. Si dice che la funzione f tende
{
verso l, per x→c, e si scrive:
}
lim f x= l , x c
quando, dato un qualunque intorno U di l, esiste sempre un intorno V di c, tale che si abbia: ∀ x∈ V∩A ∖ { c } ⇒ f x ∈U .
Questa definizione possiede il vantaggio di applicarsi sia al caso in cui l è sostituito da uno dei simboli: ∞ , ∞ , −∞ sia nel caso in cui c è sostituito da uno di tali simboli. 6.
Teoremi fondamentali sui limiti In questo paragrafo dimostreremo alcuni importanti teoremi sui limiti, e per semplicità, considereremo solo i casi in cui i limiti, per x→c, sono finiti. Con semplici cambiamenti è possibile estendere tali dimostrazioni anche ai casi in cui il limite sia ∞, e quando x→∞. Teorema 6.1 Unicità del limite. Se esiste il limite della funzione f x , per x→c, tale limite è unico.
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Limiti delle funzioni reali di una variabile reale
l 1 e l 2 , con l 1≠ l 2 . Pos-
Dim. Supponiamo per assurdo che invece esistano, per x→c, due limiti
siamo supporre, senza perdere niente in generalità, l 1 l 2 . Per la definizione di limite, ∀ ε0 , scelto arbitrariamente, devono esistere due intorni H1 e H2 di c , tali che per ogni x ∈H1 x≠c si abbia: (1)
H1
l 1−ε f x l 1ε
H2 c
e, per ogni x ∈H 2 x≠c si abbia: (2)
l 2−ε f x l 2ε .
Nell'intorno H c=H1∩H2 (ved. fig. 9) le relazioni scritte sopra devono valere simultaneamente. Possiamo scegliere un ε abbastanza piccolo perché risulti:
l 1ε
l 2−ε
cioè: ε
Hc
fig. 9
l 2− l 1
. 2 Questa disuguaglianza ci permette di trovare il legame che unisce la (1) alla (2) in modo tale che possiamo scrivere:
l 1−ε
(3)
f x
3
l 1ε
l 2−ε
f x
l 2ε ,
che costituisce una relazione chiaramente assurda poiché confrontandone il secondo e il quinto termine si ottiene: f x f x . Da qui, dunque, discende l'unicità del limite.• Si è così provato che una funzione in un punto c non può avere due limiti finiti distinti. Ma con un ragionamento analogo al precedente, si può provare che nel punto c la funzione non può avere contemporaneamente per limite ∞ e −∞, e nemmeno un limite finito e uno infinito. E così pure si prova il teorema se c è ∞ o ∞ o −∞ . Teorema 6.2 Teorema della permanenza del segno. Se per x tendente al numero c la funzione f x tende ad un limite finito l non nullo, esiste un intorno del punto c per ogni x del quale, escluso al più il punto c, la funzione assume valori dello stesso segno del suo limite. Dim. Per ipotesi si ha che: lim f x= l ≠0 . Per provare la tesi, osserviamo innanzi tutto che essenx c
do, per ipotesi, l ≠ 0, risulta:
∣l ∣0 . Preso allora ε=∣l ∣, per definizione di limite, in corrispondenza
di questo numero, esiste un intorno Hc del punto c (ved fig. 10), tale che per ogni x ∈Hc , xc , risulta:
l −∣l ∣ f x l ∣ l ∣.
(1)
c Hc
fig. 10
l > 0 sarà anche ∣l ∣= l ovvero (1), segue: f x 0 . Analogamente, nel secondo caso, se è l < 0 sarà anche
Esaminiamo, uno per uno, i due casi possibili. Nel primo caso, se è
l −∣l ∣=0 e, 3
dalla
Per esempio, se abbiamo due numeri distinti (ad es. 4 e 5) è evidente che 4 < 5. Ciò non toglie che se aggiungiamo una quantità arbitraria a 4 e 1 1 togliamo la stessa quantità a 5 la relazione d'ordine precedente continua ancora a valere. Infatti: 4 5− . 10 10
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Limiti delle funzioni reali di una variabile reale
∣l ∣=−l ovvero l ∣l ∣= l − l =0 e, ancora dalla (1), segue: f x 0 . Poiché x∈H , escluso al più il c
punto c, da questi due risultati segue la validità della tesi.•
Oss. Il teorema vale ancora se è l =∞ o l =−∞ . Teorema 6.3 Criterio del confronto. Se f x , h x e g x sono tre funzioni definite nello stesso intervallo, eccettuato al più il punto c di questo, e se per ogni x risulta: f x ≤h x ≤ g x , (1) e se, inoltre, è : lim f x=lim g x= l ,
(2)
x c
allora risulta anche:
x c
lim h x= l . x c
Dim. Per la definizione di limite, applicata alla prima delle (2), in corrispondenza di un numero ε0 , fissato ad arbitrio, possiamo determinare un intorno H1 del punto c tale che per ogni x ∈H1 ,
∣
∣
x diverso da c, risulta: f x − l ε , ossia:
l −ε f x l ε .
(3)
Sempre per la definizione di limite, applicata alla seconda delle (2), in corrispondenza di un numero ε0 , fissato ad arbitrio, possiamo determinare un intorno H 2 del punto c tale che per ogni x ∈H 2 , x diverso da c, risulta:
l −ε g x l ε .
(4)
Posto H c=H 1∩H2 , per ogni x ∈Hc diverso da c, valgono simultaneamente la (3) e la (4). Tenendo conto delle (1), (3) e (4), per ogni x ∈Hc diverso da c, si ha :
l −ε f x ≤h x ≤g x l ε ,
da cui segue immediatamente che: e, dalla definizione di limite, si ha che: (5)
l −εh x l ε ,
∣h x − l ∣ε .
Così si è dimostrato che in corrispondenza di un numero ε0 , fissato arbitrariamente, esiste un intorno H c del punto c tale che per ogni x ∈Hc , x diverso da c, vale la (5). Ma, in base alla definizione di limite, possiamo scrivere che: lim h x= l x c
che prova la validità della tesi.• Il teorema continua a valere se l è ∞ o −∞. ESERCIZIO. Proviamo che: lim senx=0 , (1) e: (2)
x 0
lim cosx =1. x 0
Dim. Infatti, per valori della x non nulli e in valore assoluto minori di - 46 di 54 -
π , si ha: 0∣senx∣∣x∣ e 2
Limiti delle funzioni reali di una variabile reale
poiché lim ∣x∣=0 , per il teorema 6.3 possiamo anche scrivere: lim senx=0 , che prova la (1). x 0
x 0
Per provare la (2), consideriamo la ben nota uguaglianza:
x . 2 Siccome il limite di una costante è la costante stessa e, come vedremo in seguito, il limite della dif ferenza di due funzioni è uguale alla differenza dei limiti (se essi sono finiti) delle due funzioni, si ha, facendo valere il risultato precedente: x lim cosx=lim 1−2 sen 2 =1−0=1. 2 x 0 x 0 cosx =1−2 sen 2
7.
Infinitesimi e loro proprietà fondamentali In questo paragrafo studiamo le funzioni il cui limite vale 0, ottenendo risultati utili anche perché semplificano le dimostrazioni dei teoremi successivi sui limiti. DEFINIZIONE. Si dice che la funzione f x è un infinitesimo per x→c (o per x→∞), quando risulta: lim f x =0 , oppure lim f x=0. x c
x ∞
Ne segue che quando una funzione è infinitesima ed è, per es. lim f x =0 , allora, per definizione x c
di limite, in corrispondenza ad un arbitrario numero ε > 0 è possibile determinare un intorno Hc di c, tale che per ogni x∈Ηc, escluso al più il punto c, si ha: ∣ f x ∣ε . Le funzioni infinitesime, per poterle distinguere dalle altre, saranno indicate con scritture abbreviate del tipo: α [ = α x ] e β [= β x ] , e così via. ESEMPI. 2 1) La funzione: α x = x−3 è infinitesima per x 3, in quanto: 2 lim x−3 =0 . x 3
1 2) La funzione: α x = è infinitesima per x→∞, perché: x 1 lim =0 . x ∞ x Valgono i seguenti teoremi. Teorema 7.1 Se una qualunque funzione f x è tale che:
lim f x= l ,
(1)
x c
allora ciò equivale a dire che, in un opportuno intorno di c: (2) f x =α x l ,
dove α x è infinitesima per x→c. Dim. Infatti, se vale il limite (1), allora in corrispondenza ad un numero ε0 fissato arbitraria-
∣
∣
mente, esiste un intorno Hc di c, per ogni x del quale, (escluso c), vale: f x − l ε , e, posto α x = f x − l , si può scrivere: ∣α x ∣ε , per ogni x ∈Hc , e ciò prova che lim α x =0. x c
∣
∣
Viceversa, se vale la (2), allora è: ∣α x ∣= f x− l , e se lim α x=0 , allora in corrispondenza ad x c
un arbitrario ε0 , è possibile determinare un intorno H c di c, per ogni x del quale (escluso al più il
∣
∣
punto c), risulta: ∣α x ∣ε , cioè f x − l ε , che prova che lim f x = l . • Teorema 7.2 Se risulta: - 47 di 54 -
x c
Limiti delle funzioni reali di una variabile reale
lim α x =0 .
(1)
x c
ed esiste un intorno H c di c, per ogni x del quale (escluso al più c) risulta: α x ≠0 , allora è: 1 (2) lim =∞ . x c α x Dim. Infatti, se vale il limite (1), significa che in corrispondenza ad un numero arbitrario ε0 , esiste un intorno H c di c, per ogni x del quale, (eccetto al più il punto c), risulta: ∣α x ∣ε , e per 1 1 ogni x dell'intorno H∩H c di c si ha anche: ε , e, posto =M , quest'ultima uguaglianza α x ε prova che vale il limite (2).• Teorema 7.3 La somma algebrica di un numero finito di infinitesimi è anch'essa infinitesima. Dim. Proviamo il teorema solo nel caso di due funzioni, poiché la dimostrazione resta la stessa anche per un numero maggiore di infinitesimi. Dunque si deve provare che se è: (1) lim α x =0 e lim β x =0 ,
∣ ∣
allora, posto u x =α x β x , risulta: (2)
x c
x c
lim u x=0. x c
Infatti, se valgono i limiti (1), allora fissato ad arbitrio un numero ε > 0, in corrispondenza a tale numero esiste certamente, per definizione di limite, un intorno H 1 del punto c, tale che per ogni x ∈H1 , (escluso al più il punto c), risulta: ∣α x ∣ ε , (3) 2 e, per la stessa ragione, esiste un intorno H 2 di c tale che per ogni x ∈H 2 (escluso al più il punto c), risulta: ∣β x ∣ ε , (4) 2 H=H ∩H Posto 1 2 (ved. Fig 9), per ogni x ∈H diverso da c, valgono contemporaneamente la (3) e la (4) e quindi: ∣α x ∣∣β x ∣ε , 4 e, a maggior ragione vale anche: (5) ∣α x β x ∣ε . Fissato un qualunque ε0 , abbiamo visto che in corrispondenza a tale numero esiste un intorno H c di c, per ogni x del quale, escluso c, vale la (5). Ma ciò significa che la funzione: u x =α x β x , per x→c, tende a zero. Da qui deduciamo che vale la (2).• Analogamente si prova il teorema nel caso in cui: lim α x =0 e:
x ∞
lim β x =0.
x ∞
Teorema 7.4 Il prodotto di un infinitesimo α x per una funzione limitata f x , è un infinitesimo per x→c, (o per x→∞). Dim. Proviamo il teorema nel caso in cui x→c. Se la funzione f x è limitata per x→c, allora esiste un numero M > 0, tale che: ∣ f x ∣≤ M , (1) per ogni x di un opportuno intorno H1 di c. Inoltre, se α x è infinitesimo, allora in corrispondenza ad un arbitrario ε0 , è possibile determinare un intorno H 2 di c, per ogni x del quale, escluso c, si 4 Infatti, per la disuguaglianza triangolare, dati due qualunque numeri reali a e b, si ha: ∣a+ b∣≤∣a∣ + ∣b∣ .
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Limiti delle funzioni reali di una variabile reale
ha:
ε . M Dalla (1) e dalla (2) segue che per ogni x ∈H=H1∩H2 (escluso c), si ha: ∣α x ⋅ f x ∣ ε ⋅M =ε , M che prova che il prodotto: α x ⋅ f x è infinitesimo.• La dimostrazione è del tutto analoga per il caso in cui x→∞. ESEMPIO. senx Dimostriamo che: lim =0. x x ∞ 1 Essendo lim =0 e ∣senx∣≤1 per ogni x∈R, per il teorema 7.4, si ha subito: x ∞ x senx lim =0. x x∞ Allo stesso modo si dimostra che: 1 lim x⋅senx =0. x x 0 Corollario 7.1 Se è: lim α x =0 ∣α x ∣
(2)
x c
e:
lim β x =0 , x c
allora risulta:
lim [ α x⋅β x ] =0 . x c
Infatti, β x è una funzione limitata per x→c. Questo risultato si estende ad un numero qualunque di infinitesimi. Corollario 7.2 Se è lim α x =0 e k = costante, allora risulta: x c
lim α x =0 . x c
α x , tra un infinitesimo α x e una funzione f x , il cui limite è Corollario 7.3 Il quoziente: f x diverso da zero, è un infinitesimo. 8.
Operazioni con i limiti In questo paragrafo elenchiamo i più importanti teoremi relativi alle operazioni sui limiti (le proprietà saranno provate nel paragrafo successivo). Se risulta: lim f x = l 1 e lim g x= l 2 con x c
x c
l 1 e l 2 numeri reali, allora si ha:
1°)
lim [ f x ±g x ] = l 1± l 2 ;
2°)
lim [ f x ⋅g x ] = l 1⋅l 2 ;
3°)
se
x c x c
x c
∣l ∣;
lim ∣ f x ∣=
4°) 5°)
l 2≠0 si ha: lim
x c
se è:
f x l 1 = ; g x l
[ ]
2
1
lim f x = l 1 , lim g x=∞ , x c
x c
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Limiti delle funzioni reali di una variabile reale
oppure:
lim f x =∞ , lim g x =∞ ,
oppure:
lim f x =−∞, lim g x =−∞ ,
x c
x c
x c
x c
allora il limite della somma è, rispettivamente, ∞ , ∞ , −∞ ; 6°)
7°)
8°)
se è:
lim f x = l 1 ≠0 , lim g x=∞ ,
oppure:
lim f x =∞ , lim g x =∞ ,
risulta:
lim [ f x ⋅g x ] =∞ ;
se è:
lim f x =∞ e lim g x= l 2
risulta:
lim
Se è:
lim f x = l 1
x c
x c
x c
x c x c
x c x c
lim
risulta: 9°)
x c
x c
[ ]
l ≠0, ∞ , 2
f x =∞ ; g x
[ ]
l ≠0, ∞ e lim g x =∞ , 1
x c
f x =0 ; g x
l ≠0, ∞ e lim g x =0 ,
lim f x = l 1
Se è:
x c
1
x c
x c
con g x ≠0 in un opportuno intorno del punto c, allora risulta: f x lim =∞ . x c g x
[ ]
9.
Dimostrazioni dei teoremi sui limiti Proviamo qui alcuni dei teoremi enunciati nel paragrafo precedente. Teorema 9.1 Se f x e g x sono due funzioni definite nello stesso intervallo, eccettuato al più il punto c di questo, e se esistono e sono finiti i limiti di queste due funzioni per x→c, allora anche la loro somma ha limite finito e coincide con la somma dei limiti. Dim. Siano: lim f x = l 1 e lim g x= l 2 . Allora per il teorema 7.1, possiamo scrivere: x c
x c
f x = l 1 α x e g x = l 2 β x ,
dove α e β sono funzioni infinitesime. Pertanto si ha (sommando membro a membro): f x g x =
Poiché
l l α x β x . 1
2
l l è una costante e α x β x è un infinitesimo, essendo somma di infinitesimi, 1
2
sempre applicando il risultato del teorema 7.1, si può scrivere:
lim [ f xg x ]= l 1 l 2 .• x c
Teorema 9.2 Nelle ipotesi del teorema 9.1, il limite del prodotto coincide con il prodotto dei limiti delle singole funzioni. Dim. Posto, come nel teorema precedente, f x = l 1 α x e g x = l 2 β x , si ha (moltiplicando membro a membro): f x ⋅g x =
Il prodotto
l α x l β x = l ⋅l l 1
2
1
2
1β
x l 2 α x α x β x .
l ⋅l è costante e, per i teoremi del paragrafo 7, l'espressione: 1
2
l 1 β x l 2 α x α x β x
è infinitesima (per x→c). Pertanto risulta: - 50 di 54 -
Limiti delle funzioni reali di una variabile reale
lim [ f x ⋅g x ] = x c
l ⋅l . 1
2
In particolare, se k è una costante, si ha:
lim [ k⋅ f x ] =k lim [ f x ] =k l 1 .• x c
x c
Teorema 9.3 Se alle ipotesi del teorema 9.1, si aggiunge l'ulteriore ipotesi che sia l 2 ≠0 , allora esiste anche il limite del quoziente ed è uguale al quoziente dei limiti delle singole funzioni. Dim. Posto, come nei teoremi precedenti: f x = l 1 α x e g x = l 2 β x ,
consideriamo l'identità:
f x l 1 α x l 1 = = g x l β x l 2
da cui:
2
l 1 α x l 1 l 1 l 2⋅α x−l 1 β x − = , l 2 β x l 2 l 2 l 2⋅ l 2 β x
f x l 1 l 2⋅α x − l 1 β x = . g x l l ⋅ l β x 2 2 2
l 2⋅α x− l 1 β x l1 , è un infinitesimo (per il è una costante e la frazione l2 l 2⋅ l 2 β x perché l 2⋅α x − l 1 β x è un infinitesimo, mentre il limite del denominatore è
Si nota che la frazione corollario 7.3) uguale a
l 22 ≠0 . Pertanto vale la tesi e cioè: lim
x c
Teorema 9.4 Se risulta:
f x l 1 = .• g x l 2
lim f x= l , x c
è anche:
∣∣
lim ∣ f x ∣= l . x c
Dim. In base alla definizione di limite, in corrispondenza ad un numero ε0 , arbitrariamente fissato, esiste un intorno H c del punto c tale che per ogni x ∈Hc , escluso al più il punto c, risulta: ∣ f x − l ∣ε .
Poiché:
∣∣ f x ∣−∣l ∣∣≤∣ f x− l ∣,
allora, a maggior ragione, per ogni x ∈Hc , escluso al più il punto c, si ha:
∣∣ f x ∣−∣l ∣ ε ,
e quindi la tesi vale.• Osservazioni importanti. 1°) Ricordiamo che nulla si può dire, in generale, sul
lim [ f xg x ] , quando è: x c
lim f x =∞ e lim g x =−∞ ; sul lim [ f x ⋅g x ] , quando è: lim f x=0 e lim g x =∞ ; x c
x c
x c
x c
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x c
Limiti delle funzioni reali di una variabile reale
f x f x , quando è: lim f x =0 e lim g x=0 ; sul lim , quando è: lim f x=∞ e x c g x x c x c x c g x x c lim g x =∞ . Quindi i teoremi che abbiamo sopra dimostrato, perdono di significato quando i limiti sul lim x c
considerati si presentano sotto una delle forme:
0 ∞ ; , 0 ∞ che vanno sotto il nome di “forme indeterminate”, perché di un limite che si presenta sotto una di queste forme non si può dire a priori, quando esiste o quanto valga. ∞−∞ ; 0⋅∞ ;
2°) Si deve tener presente che i simboli: ∞ , ∞ , −∞ non rappresentano numeri e non hanno senso se non in relazione con un limite. Perciò sono assurde le scritture: 5 ∞ 3 =0; =∞ ; =∞, ∞ 4 0 proprio perché il simbolo ∞ non rappresenta un numero. Tuttavia, per comodità di scrittura, a volte si usa sintetizzare i teoremi dimostrati nel paragrafo precedente con scritture simboliche del tipo:
∞ ∞ = ∞ ; −∞ −∞ = −∞ ; ∞ l = ∞ ; ∞ ⋅∞ = ∞ ; −∞ ⋅−∞ = ∞ ; 1 =0. Se l ≠ 0, si usa anche scrivere simbolicamente: ∞ ⋅l =∞ , dove ∞ avrà il segno di l; ±∞ ∞ =∞ , dove, come prima, ∞ avrà il segno di l. Quindi il simbolo ∞ non è un numero e le nota-
l
zioni precedenti sono solamente delle forme simboliche abbreviate degli enunciati dei teoremi a cui si riferiscono. I teoremi 7.1 .. 7.4 ci assicurano che, quando esistono finiti i limiti delle due funzioni f x e g x in un punto c, nello stesso punto, esiste finito il limite della somma, differenza, prodotto e quoziente (ovviamente, deve essere lim g x≠0 , g x ≠0 ). Bisogna però far presente che possono non valere x c
i teoremi inversi e precisamente: può benissimo esistere finito il limite della somma, differenza, prodotto e quoziente di due funzioni, senza che necessariamente debba esistere il limite delle singole funzioni. ESEMPI. 1) Consideriamo le seguenti due funzioni, definite per x≠0: 1 2 1 f x =sen 2 e g x=cos . x x Evidentemente nessuna delle due funzioni ammette limite per x → 0 , perché in qualunque intorno di x= 0, esse compiono infinite oscillazioni sempre di ampiezza 1. Però la funzione somma: 1 1 s x=sen 2 cos 2 x x vale sempre 1 ∀ x≠0, ammette limite x → 0 e questo limite vale 1. 2) La funzione definita dalla legge: ∀ x2 ; f x = 2 3 ∀ x ≥2 ; non ammette limite per x → 2, perché lim f x =2 , lim f x =3 . Così pure non ammette limite
{
x 2−
x 2
per x → 2, la funzione g x =[ x ]=E x definita dalla legge:
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Limiti delle funzioni reali di una variabile reale
g x =E x =
{
x , se x ∈ Z,
all'intero immediatamente precedente x , se x ∉ Z il cui grafico è riportato in fig. 11 ed è costituito da infiniti segmenti paralleli all’asse x, di misura 1u. e privati dell’estremo destro. Infatti, per es., per −2≤x−1 è y=−2 ma per x=−1 è y =−1 , per 1≤ x2 è y=1 ma per x=2 è y=2. E x rappresenta dunque la parte intera contenuta in x ed è nota come la funzione di Legendre (geometra e matematico francese vissuto fra il 1752 e il 1833). Calcoliamo alcuni valori di E x : 5 3 1 E =2 , E − =−2 , E 0 =0 , E − =−1 . 2 2 4 Inoltre risulta: lim E x =1 , lim E x =2 .
fig. 11
− x 2
x 2
Però la funzione differenza d x = f x −g x , ∀ x≠3, x∈[1, 3] vale sempre 1, e quindi risulta: lim [ f x − g x ] =1. x 2
Alla luce di quanto visto sopra, possiamo dunque concludere che i teoremi 9.1 .. 9.4, danno solo condizioni sufficienti, ma non necessarie, per l'esistenza del limite finito della funzione somma, differenza, prodotto e quoziente. ESERCIZI. Servendosi della definizione di limite, dimostrare che si ha: 1)
lim 3 x 1 =13 ;
2)
lim x 1 =10 ;
3)
lim x=3 ; ;
4)
lim x1=2 ;
5)
lim x6=2 ;
6)
lim x 35 =4 ;
7)
lim
5 =∞ ; x−3 x 3
8)
lim
1 =∞ ; x 4 x−2
9)
2
x 2
x 3
2
x 3
3
x 2
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x 9
x −1
lim
x 0
2 x−5 x2
=−∞ .
Indice generale Indice generale
Indice generale Elenco dei simboli più importanti........................................................................................................1 Proprietà delle potenze e alcune formule algebriche più importanti....................................................2 I sistemi di equazioni di primo grado...................................................................................................3 Definizione e proprietà dei radicali......................................................................................................7 Formula risolutiva dell'equazione algebrica di secondo grado e fattorizzazione del trinomio di 2°...8 Formule più importanti di trigonometria..............................................................................................9 Formule riguardanti la retta e alcune coniche in un piano cartesiano................................................11 Dimostrazione della formula della distanza punto-retta.....................................................................15 Dimostrazione dell'equazione cartesiana di una retta.........................................................................17 Esponenziali e logaritmi.....................................................................................................................19 1. Potenza con esponente intero di un numero reale......................................................................19 2. Potenza con esponente razionale...............................................................................................19 3. Equazioni esponenziali..............................................................................................................21 4. Funzioni esponenziali ...............................................................................................................22 5. Grafico della funzione esponenziale..........................................................................................22 6. Logaritmi...................................................................................................................................22 7. Proprietà dei logaritmi...............................................................................................................24 8. Passaggio da un sistema di logaritmi a un altro........................................................................24 9. Funzione logaritmica e relativo grafico ....................................................................................25 10. Equazioni logaritmiche............................................................................................................25 Relazioni e funzioni............................................................................................................................28 1. Prodotto cartesiano fra insiemi..................................................................................................28 2. Relazioni binarie tra due insiemi...............................................................................................28 3. Le proprietà di una relazione R..................................................................................................29 4. Le funzioni.................................................................................................................................30 Funzioni invertibili.............................................................................................................................32 Classificazione dei vari tipi di funzioni..............................................................................................34 Limiti delle funzioni reali di una variabile reale................................................................................36 0. Introduzione...............................................................................................................................36 1. Limite finito per una funzione in un punto................................................................................38 2. Definizione di limite infinito per una funzione in un punto......................................................40 3. Limite destro e sinistro di una funzione.....................................................................................41 4. Definizione di limite per una funzione all'infinito.....................................................................43 5. Definizione di limite in termini di intorni..................................................................................44 6. Teoremi fondamentali sui limiti.................................................................................................44 7. Infinitesimi e loro proprietà fondamentali.................................................................................47 8. Operazioni con i limiti...............................................................................................................49 9. Dimostrazioni dei teoremi sui limiti..........................................................................................50 Indice generale....................................................................................................................................54
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