EX/MAGAZZINI - di Alessio Pittò

Page 1


02


Università degli studi di Catania Dipartimento di Ingegneria Civile ed Architettura (DICAR) Corso di laurea in Ingegneria Edile - Architettura

EX/MAGAZZINI

Parco [Urbano] Commerciale Riattivazione dell’area industriale ex Costanzo

di Alessio Pittò

Anno Accademico 2018/2019 Relatore: Prof. Ing. Sebastiano D’Urso



“shopping is arguably the last remaining form of public activity. Trought a battery of increasingly predatory forms, shops has infiltrated, colonized, and even replaced, almost every aspect of urban life…”

R. Koolhaas – Harvard Design School Guide to Shopping



INDICE Page 09 11 31 51 65 98 99

INTRODUZIONE SHOPPING MALL 95045 MISTERBIANCO RE-START EX/MAGAZZINI BIBLIOGRAFIA SITOGRAFIA

07


08


INTRODUZIONE Il commercio rappresenta da sempre una delle pratiche collettive di maggiore rilievo all’interno di una città; le sue dinamiche definiscono e avviano i processi di trasformazione urbana, mantenendo e amplificando una funzione socialmente aggregante. Parlare di città e commercio implica non soltanto il riferimento alla sfera pubblica cittadina propriamente detta, ma anche la definizione di quello spazio in cui si svolgono una pluralità di attività di “vita in pubblico”. Se il commercio può essere inteso come promotore dello sviluppo cittadino, l’assenza di un centro urbano consolidato determina la fine di una qualsivoglia pratica commerciale. In questo senso commercio e città, convivono e l’esistenza dell’uno è causa e conseguenza dell’altro. La valorizzazione e la rigenerazione di un’area urbana passano dall’incremento dell’attività commerciale che, per svolgere a pieno il suo compito, richiede il ripensamento di aree urbane nella loro totalità, con la costruzione di percorsi fisici e immateriali, con la pianificazione della mobilità e dell’accessibilità ai centri urbani. Le politiche di rigenerazione urbana si sono spesso distinte per l’impiego di strategie di marketing al fine di rilanciare l’immagine della città. La crescita della sfera economica deve essere assunta non come mero dispensatore di servizi, ma un partner con cui lavorare in sinergia per la valorizzazione integrata del territorio. La superfice urbanizzata ha consumato più territorio di quanto servisse, creando aree monofunzionali. Gli spazi abbandonati, dimenticati o inutilizzati sono presenze evidenti che definiscono la percezione di un luogo come lato oscuro della realtà. Intervenire in questo senso vuol dire ricercare nuovi codici, regole e nuove parole per trasformarli da luogo della rinuncia a spazio per la possibilità. I luoghi che hanno perso senso e uso, oggi possono e

devono diventare quei vuoti da cui ripartire per “imprimere” un nuovo disegno. In un’ottica di rigenerazione e riuso di aree urbane si inserisce il caso degli ex magazzini dei fratelli Costanzo, ubicato tra le contrade Pezza Mandra e Mezzocampo, nel comune i Misterbianco (CT). Si tratta di uno stabilimento industriale, sorto negli anni ‘60, al cui interno si producevano prefabbricati in calcestruzzo e profili metallici. Dall’inizio della sua fondazione l’attività dei Fratelli Costanzo rappresentava uno dei più importanti conglomerati della provincia di Catania. Già negli anni ‘90 lo stabilimento perde la sua centralità per diventare oggi una zona periferica, dismessa e degradata, in pessimo stato di conservazione: una bomba ecologica che necessita di bonifica. La sua posizione centrale, nel comprensorio catanese, costituisce lo spunto per la definizione di un progetto di rigenerazione urbana e riuso, che inizia con la definizione di un nuovo ruolo commerciale economico dell’area, e si prefigge, per ultimo, il risanamento socio economico territoriale che la città e la sua periferia hanno perso o forse mai avuto. L’obiettivo è quello di restituire alla comunità uno spazio che sia contemporaneamente economico, sociale e culturale, ma che presti attenzione, nel suo inserimento, alla componente naturalistica e paesaggistica. Il progetto prevede la creazione di un parco urbano commerciale dotato di servizi per il cittadino: scuole, mercati, aree dedicate allo sport, uffici e residenze. In questo modo si vuole estendere a tutte le ore del giorno l’utilizzo dell’area, rendendola viva tanto di giorno quanto di notte.

09


10


SHOPPING MALL LU O G H I D E L CO M M E R C I O I PASS AG E , LE P R I M E G A LLE R I E CO M M E R C I A LI V I C TO R G R U E N , LA N AS C I TA D E I M A LL N EGL I U. S . A . G LI S H O P P I N G C E N T E R I N E U R O PA I TA LI A E S I C I LI A T H E S A D STO RY O F SHOPPING CENTRES

11


LUO GHI DEL COMMERCIO Il commercio, nelle sue essenze più elementari di vendita-acquisto o scambio di merci, da sempre rappresenta una delle attività più rilevanti e quotidiane nella vita degli uomini, determinando di fatto un connubio imprescindibile per la “sopravvivenza” di entrambi. Da ciò appare chiaro come, nel tempo, l’evoluzione di una delle parti sia stata ed è azione trainante anche per l’evoluzione dell’altra. Da sempre le popolazioni sono soggette per proprie scelte o per necessità o per tantissime altre motivazioni, a continue trasformazioni delle proprie abitudini, del proprio modo di muoversi, del proprio modo di vivere. Parimenti questo processo, a volte compassato, a volte spedito ma, sempre continuo, ha sollecitato di volta in volta anche un adeguamento ritmico ed innovativo del palcoscenico economico ad esso strettamente connesso. Certa è comunque questa indissolubile simbiosi: non esiste un solo centro urbano, grande o piccolo, in cui oggi, così come nel passato, non sia presente o quanto meno non si avverta la necessità della presenza di spazi dedicati agli scambi commerciali quali botteghe, negozi, mercati, fiere, tutti luoghi accomunati negli intenti ma differenti tra loro di paese in paese, di città in città. Tuttavia l’apparente soddisfacimento di tale situazione non ha mai raggiunto parametri di risolutezza assoluta e definitiva ma solo di una risolutezza più o meno longeva legata al momento, e tutto perché al cospetto c’è un mondo in continua evoluzione, una società, come sopra accennato, continuamente mutevole nelle sue scelte, nelle sue priorità, nelle sue aspettative del come vivere.

integrante e vitale della città, luoghi in cui la società si ritrova e si riunisce, spinta dai bisogni comuni. Uno di questi, sicuramente tra i più importanti e i più frequentati, è lo spazio del palcoscenico economico. Questo nel corso degli anni non si è sottratto certamente alle innovazioni, alla ricerca di soluzioni più rispondenti alle esigenze della Società: prima le piazze, poi i mercati e i suq arabi, successivamente i primi mercati coperti per poi arrivare nel post rivoluzione industriale, alle prime gallerie commerciali. Diversi sono stati gli sforzi per rendere gli spazi più comodi, più belli, più ricchi e forse più sicuri ma è anche vero che questi stessi sforzi spesse volte non si sono completati anzi hanno determinato uno sfilacciamento col territorio perdendo con esso ogni legame come isole in mezzo al mare. Nello specifico, solo aree commerciali, fine a se stesse, poi il nulla. Degni di nota, comunque, di questo percorso migliorativo sono i Passage Francesi.

Oggi, qualsiasi luogo del vivere comune è uno spazio di interazione e aggregazione di persone di diversa estrazione sociale, di diversa razza e cultura, luoghi in cui si miscelano moltitudini di genti, di intenti e perché no di comodità. Ed è uno spazio in continua espansione. Questi spazi nelle aspettative dovrebbero essere parte

Foto: Luogo del Commercio Catanese, La Pescheria, Mapio.net

12


13


I PASSAGE, LE PRIME GALLERIE COMMERCIALI I passage francesi possono considerarsi le prime vere gallerie commerciali coperte; essi nascono nella Parigi di fine ‘700, quando la città si trova in una fase di grande espansione demografica, urbana ed industriale, ma dove ancora i processi di rinnovamento urbanistico non sono ancora iniziati e i quartieri e le strade della capitale francese sono spesso sporchi e poco accessibili per la mancanza di marciapiedi e fognature oltre che per la presenza di caos e violenza. L’assieme di queste problematiche costringe i commercianti ad abbandonare le vie del centro cittadino. Ma il bisogno di risanare e la volontà di riportare nel centro città le attività commerciali ed addirittura di migliorarle è pensiero comune degli stessi commercianti. Da lì, assistiamo alla creazione di gallerie coperte, al riparo da pioggia e fango; il godimento delle vetrine dei negozi e dei caffè diventa una delle scelte più apprezzate a quel tempo, tant’è che nella sola Parigi nei primi anni del 1800 si contano circa 150 passage tra cui il Passage Feydau del 1971, du Caire e La Galerie Colbert. Ma non solo in Francia. In Italia troviamo le Galleria De Cristoforis e Vittorio Emanuele II a Milano, La Galleria Subalpina a Torino. I Passage, per la maggior parte, sono realizzati con strutture metalliche e coperture in vetro e seguono le innovazioni architettoniche del tempo, intese a sfruttare l’illuminazione diurna e ad apparire maestose e moderne. Le gallerie diventano una naturale estensione delle vie cittadine, legano spessissimo gli spazi interni con quelli esterni, creando ambienti diversi e chiusi ma ciononostante gradevoli e in grado di trasmettere sensazioni ed emozioni diverse. I passage modificano quello che è la società francese ed europea, l’acquisto assume un significato diverso, diventa un momento per mostrarsi alla società, per apparire e osservare vetrine, merci e persone.

14


A fine ‘800, l’insorgere dei grandi magazzini, la nuova concorrenza, i nuovi spazi del commercio, nati dalla necessità di accogliere le merci provenienti dalla produzione di massa ed industriale, portano i passage al declino: essi perdono in parte la loro natura commerciale per assumere via via le vesti di monumenti architettonici.

“Nel passaggio chiamato fastosamente la Galerie-Vitrée avevano sede i commerci più singolari. Là si accampavano i ventriloqui, i ciarlatani di ogni specie e gli spettacoli in cui non si vede niente e quelli in cui vi si fa vedere il mondo intero.” Le Illusioni Perdute, Honore di Blazac.

Foto a Sinistra: Passage des Panoramas, Parigi, Rémi Jouan A Destra: Porzione della copertura de lla galleria Vittorio Emanuele a Milan, AP

15


VICTOR GRUEN, LA NASCITA DEI MALL NEGLI U.S.A.

Con lo sviluppo dei grandi magazzini e la seconda rivoluzione industriale gli spazi commerciali crescono nelle loro dimensioni. La spinta dell’evoluzione tecnologica con la produzione di massa di maggiori prodotti e maggiori varietà in tempi più rapidi, una società sempre più proiettata al consumo e il miglioramento delle infrastrutture sono elementi determinanti di questa crescita. I primi centri commerciali sono da ricercare negli Stati Uniti d’America, dove le zone periferiche non sono più utilizzate solo per l’agricoltura o l’allevamento, ma accolgono ampie strutture destinate sia alle industrie ma anche al settore terziario con servizi e vendita al dettaglio.

coperto, il Southland Center, progettato dall’architetto Victor Gruen. Il centro realizzato su una superficie di circa 70 ettari comprende un centinaio di negozi, uffici e un posteggio. Nel testo Shopping Towns USA, the planning of shopping center di Gruen e Larry Smith, vengono analizzati per vari capitoli gli elementi fondamentali nella progettazione di uno shopping center. Parte fondamentale nella creazione di un mall funzionale è la progettazione del sito che racchiude in se gli studi preliminari, la ricerca della collocazione migliore, le dimensioni, il bacino di utenza. Sulle analisi socioeconomiche di quest’ultimo viene poi suddivisa l’area totale tra le varie attività considerate.

Dal che in tutto il mondo assistiamo al proliferare di simili strutture, oggi denominate “Centri commerciali” Nel 1916, a circa 50 km da Chicago, Arthur Aldis, progetta il primo centro commerciale, il Market Square, composta da 28 negozi, 12 uffici e 30 appartamenti. Solo nel 1956 nella periferia di Detroit, in Michigan, viene inaugurato il primo shopping center interamente

Per organizzare nel migliore dei modi lo spazio del mall, bisogna comprendere anche lo spazio necessario per tutte quelle attività non commerciali che si troveranno nel sito, sia interne alla struttura che esterne, considerando anche le infrastrutture viarie necessarie per raggiungere agevolmente lo shopping center. Inoltre, Gruen pone l’attenzione su quello che

16


è il rapporto tra centro commerciale, aree residenziali e centro cittĂ , imponendosi di non creare conflitti economico-sociali ed urbani, tali da sfociare nella decadenza di uno o dell’altro attore considerato. Riassumendo possiamo riconoscere gli elementi ricorrenti nella progettazione di un centro commerciale: le aree commerciali, locali di servizio e depositi; i parcheggi; le aree pedonali, corridoi, gallerie; le zone di movimento destinate al transito delle automobili e alla viabilitĂ interna del mall; le aree riservate ai trasporti pubblici; le aree riservate a possibili espansioni del centro;

a Sinitra: Shopping Mall in California, Orange County Archives. Sotto: Victor Gruen, William Seaman, RPA - Star Tribune

17


Gruen continua descrivendo nel capitolo sul design architettonico di un mall, quelle che possono considerarsi delle linee guida per la realizzazione di uno shopping center in ogni sua parte, dalla struttura alla divisione dei locali commerciali con la disposizione dei negozi e la creazione di un layout, dai percorsi pedonali agli accessi e alla mobilità, passando per l’estetica delle facciate e all’importanza che hanno le insegne e l’illuminazione. Infine, tratta quelli che sono gli aspetti tecnologici e finanziari, fornendo una serie di informazioni che vanno oltre la natura architettonica, ma utili per comprendere al meglio le fasi di creazione e vita di uno shopping center. Negli anni seguenti lo sviluppo dei centri commerciali negli Stati Uniti avanza in maniera sfrenata fino a saturare il mercato e favorendo la nascita di nuove tipologie di shopping center. Tra gli anni’70 ed ’80 il mall vede l’integrazione al suo interno di ulteriori servizi, come la ristorazione, lo spettacolo e l’intrattenimento, non è più quindi solo un luogo del commercio. I centri si sviluppano su piante più o meno complesse, le funzioni di moltiplicano e si ricerca quella novità tale da attrarre un determinato target di pubblico e mercato, in certi casi cercando di imitare nella composizione architettonica villaggi e città con tutti i servizi che queste offrono.

foto: Schema distributivo di uno shopping center, Shopping Towns USA - the Planning of Shoppping Center

18


19


GLI SHOPPING CENTER IN EUROPA ITALIA E SICILIA Nel post conflitto bellico in una fase di ricostruzione delle città e delle economie nazionali, nascono negli anni ‘60 i primi centri commerciali in Europa; essi si sviluppano inizialmente in Germania, Inghilterra e Francia. Nei paesi europei i centri nascono in modo e tipologie differenti. La crescita demografica e dei consumi, l’espansione delle città e delle periferie sono fattori comuni e con la dilatazione dei tempi e delle distanze dal centro città, si rende necessaria la creazione degli shopping center soprattutto per rispondere alle esigenze delle comunità che risiedono in aree distanti dal centro urbano e quindi dalle attività commerciali.

presentano una maggiore estensione delle aree urbane e una grossa presenza di zone industrializzate, nascono aree e centri commerciali seguendo la tipologia francese. Nel decennio successivo su tutto il territorio italiano la presenza di centri commerciali è omogenea da nord a sud e la concorrenza tra i vari centri aumenta così come la loro presenza sul territorio; la loro stessa disposizione sul territorio è disordinata e di dubbia bellezza architettonica, a differenza dei passage francesi che puntavano ad apparire piacevoli anche a livello estetico o dei grandi magazzini nati negli edifici del centro città. Questi sono contenitori, box, prefabbricati in calcestruzzo di rapido assemblaggio. Solo in fase successiva nella penisola cominciano a distinguersi shopping center diversi a seconda delle dimensioni e della loro localizzazione, delle attività e dei servizi offerti, con architetture anche più ragionate e curate dal punto di vista estetico.

La tipologia predominante è quella francese che prevede nelle vicinanze del centro urbano o dei quartieri periferici la presenza di un ipermercato o discount che funge da polo di attrazione per tutte quelle attività commerciali di minore entità. Così anche in Italia negli anni ‘80, specialmente nelle regioni del nord Italia, che

Foto: The Village, France, Èric Heranval

20


Nella Sicilia orientale è presente l’area con la più alta concentrazione di centri commerciali d’Europa. Negli anni ’70, la presenza della grande distribuzione ha giocato nella provincia di Catania un ruolo fondamentale nella sua crescita economica e demografica. Nel 1980 il centro commerciale di Vulcania, situato nel tessuto urbano di Catania ed oggi dismesso, è un primo esempio di insediamento commerciale che non ha saputo competere con quelli che sono i centri commerciali nati nelle periferie negli anni a seguire. Nel 1998 nasce nella zona commerciale di Misterbianco il primo insediamento commerciale legato ai marchi della grande distribuzione, Città Mercato, oggi Auchan, basato sul modello francese che conta un ipermercato ed una galleria commerciale coperta con 17 negozi. Questa successivamente viene affiancata da un’altra galleria commerciale nella periferia sud di Catania.

Nel 2005, sempre nella provincia catanese, nel comune di Belpasso, su un’area di circa 270.000 metri quadrati si assiste alla nascita di uno dei poli commerciali più grandi d’Italia e d’Europa, il Parco Commerciale Etnapolis dell’architetto Massimiliano Fuksas, che comprende circa 110 negozi, locali ristorazione, banche, servizi comunali, sale cinema, posteggi auto, aree verdi e giardini. A seguire negli anni arriva il centro commerciale Le Zagare che sorge nel comune di San Giovanni la Punta ed inteso a raccogliere un bacino di pubblico proveniente dai paesi dei centri pedemontani. A Le Zagare si affianca un’altra galleria commerciale, I Portali, ove si offre possibilità di svago, con un cinema multisale, piazze coperte ed aree di ristorazione, non trascurando comunque le attività commerciali improntate però sull’occupazione di superfici meno estese.

Foto: Etnapolis, Mark-up.it

21


Di più recente creazione sono il centro commerciale Katanè , Le Porte di Catania e il Centro Sicilia. Il primo è situato a Gravina di Catania, mentre gli altri due trovano collocazione rispettivamente nel quartiere di Librino nei pressi dell’aeroporto di Catania e nel territorio del comune di Misterbianco nel tratto che costeggia la tangenziale di Catania. Infine, sulla Palermo – Catania troviamo il Sicily Outlet Village, nella provincia di Enna, un centro commerciale che ricrea o meglio simula un piccolo insediamento urbano, un villaggio, che ospita aree dedicate alla vendita di abbigliamento ed accessori di lusso e quindi mira ad un target ed una fetta di pubblico diversa dai precedenti centri citati, oltre ad aree di ristorazione per un’estensione di circa 176.000 metri quadrati compresi posteggi e vie di mobilità interna. Il territorio della Sicilia orientale appare ormai saturo e spesso i centri condividono la stessa fetta di pubblico proponendo un’identica offerta di merci, servizi ed attività. Di fatto, sul piano economico, l’aumento dell’offerta con la presenza di sempre nuovi e più grandi centri commerciali svilisce i ricavi in quanto essi devono essere suddivisi in più parti e ciò risulta poco sostenibile.

Foto: Sicily Outlet Village

22


23


THE SAD STORY OF SHOPPING CENTRES A proposito, di interessante lettura è il discorso di Gruen, pronunciato nel 1978 alla III conferenza annuale dello international Council for Shopping Centers, quando egli critica quella che è la direzione presa dall’evoluzione del centro commerciale e anticipa quelli che potrebbero essere i rischi a venire di tale indirizzo. La lungimiranza di tale visione, oggi certezza, la si riscontra nella crisi del settore in termini economici e, nello scollamento se non conflittualità, tra shopping

center e centro urbano, negli aspetti sociali e funzionali. Inoltre, inopportuna e controproducente è considerata la crescente presenza di centri commerciali che si sovrappongono tra loro, ma tutti carenti nell’offerta di quei servizi che nella visione di centro commerciale dello stesso Gruen, sarebbero invece centrali ed essenziali. Foto: Il centro commerciale della serie Strange Things 3, Netflix

24


Victot Gruen, III Conferenza annuale dello International Council for Shopping Centers, 26 febbraio-1 marzo 1978, Town and Country Planning, luglio-agosto 1978

Fu nel 1943, solo 35 brevi anni fa, che Architectural Forum chiese a circa una dozzina di noti architetti di immaginare il futuro, e anticipare nuovi tipi di edifici che potessero affermarsi una volta finita la seconda guerra mondiale. Il mio contributo, continua Gruen, fu un articolo illustrato da schizzi, dal titolo “Shopping Centres” che mostrava quello che ora chiameremmo un centro di quartiere di medie dimensioni. Scrivevo allora: «Non si potrebbe pensare di rendere lo shopping più invitante. I negozi sono raggruppati in un edificio posto attorno a un’area a verde. Eccetto l’entrata principale, l’esterno ha caratteristiche modeste. Non ci sono pubblicità a disturbare l’aspetto delle vie residenziali. A ciascuna estremità dell’isolato c’è uno spazio a parcheggio, e le attività di carico e scarico sono nascoste da pareti schermo. Per i frequentatori c’è un percorso pedonale coperto che collega tutti i negozi con la zona a verde, che offre un’atmosfera riposante e protegge dal traffico automobilistico; si possono trovare tutti i servizi per le necessità della vita quotidiana: ufficio postale, libreria circolante, ambulatorio medico e dentistico, sale per attività sociali, oltre alle abituali strutture di tipo commerciale. Secondo gli stessi principi si possono realizzare centri più grandi, entro zone urbane estese per più isolati. Attorno a questi centri il traffico automobilistico può essere deviato ai lati, o se necessario al di sotto di essi». Dovevano passare dieci anni, prima che potessi tradurre questo piccolo sogno in un’enorme realtà, nel primo pionieristico centro commerciale regionale: Northland, a Detroit. Questo progetto, su più di 100.000 metri quadrati di superficie commerciale e con 10.000 posti auto nei parcheggi, stava nel mezzo di un’enorme zona residenziale, e serviva adeguatamente sia chi già vi abitava, sia chi si prevedeva sarebbe andato a vivere lì entro tre anni dall’apertura. Dava a migliaia di cittadini residenti in una zona senza buone strutture commerciali un posto per incontrarsi, passeggiare e riposare in un ambiente verde, fuori dal traffico automobilistico. Offriva, oltre a botteghe e negozi, zone spaziose per attività culturali e feste, un centro comunitario dotato di auditorium, un ufficio postale, ambulatori medici e anche un teatro. Due anni dopo aprì Southdale, vicino a Minneapolis, su mio progetto, il primo shopping centre con una zona pedonale coperta e ad aria condizionata. Le strutture sono raggruppate attorno a un enorme cortile a giardino alto tre piani, che divenne non solo il punto focale e luogo di incontro per gli abitanti della città satellite che era cresciuta nei dintorni, ma anche il posto dove avevano luogo alcuni dei più importanti eventi pubblici di Minneapolis. La sera si tenevano concerti sinfonici, feste, balli. Erano attivi l’Ufficio postale ed altri servizi urbani, un auditorium, un asilo nido e un piccolo zoo. Oggi è difficile credere che, quando fu progettato Southdale, l’idea di un centro commerciale coperto era rivoluzionaria. Passarono in effetti molti anni, prima che qualcun altro osasse ripetere

25


l’esperimento dello enclosed shopping centre che oggi è diventato quasi lo standard, anche quando il clima mite renderebbe preferibile un cosiddetto open shopping centre. Ma cos’è successo al centro commerciale, nei venti anni e più da quando hanno aperto i centri pionieri? C’è stato un enorme incremento nel numero, e il concetto si è diffuso in tutto il mondo, ma allo stesso tempo si è verificato un tragico abbassamento del livello qualitativo, per molti motivi. Le idee ambientali e umanistiche che stavano alla base dei centri originali, pur non perfettamente espresse, non solo non sono state sviluppate: sono state completamente dimenticate. Sono state copiate solo le caratteristiche che si sono rivelate fonte di profitto. Un nuovo tipo di costruttori Con poche eccezioni, sono cambiate le motivazioni dei costruttori. Chi pensava gli shopping centres non era più un proprietario di grande magazzino ansioso di migliorare la reputazione dell’impero economico di famiglia, seriamente responsabile nei confronti delle generazioni future, ma un anonimo imprenditore immobiliare che nei casi migliori era un professionista responsabile, e nei peggiori un promotore o speculatore che voleva il dollaro veloce. L’idea di servire i bisogni di un certo quartiere fu soppiantata da quella che assicurasse solo la realizzazione di una macchina commerciale grossa e potente a sufficienza da poterla collocare ovunque, sui terreni più a basso prezzo possibile, perché a sola causa della scala gigantesca la gente sarebbe accorsa anche se l’avessero obbligata a spostarsi per decine di chilometri. Divenne una pratica corrente quella di dare il colpo di grazia ai centri città già in crisi, attirando all’esterno le ultime attività rimaste. Come ho descritto nel mio libro The Heart of Our Cities, questa politica fu rovinosa per le città americane. La distruzione fu grande, ma non catastrofica perché esse, con la loro storia relativamente breve e le poche tradizioni, avevano per poco tempo offerto alla gente non molto più degli ingorghi di traffico. Ma per l’Europa, il copiare senza pensarci, il centro commerciale americano è stato davvero catastrofico. Lo stupro economico delle aree centrali è stato un crimine più grave per l’Europa, dove le città erano cresciute in modo organico, spesso per migliaia di anni, ed erano importanti espressioni di forma urbana che offriva opportunità di comunicazione fra gli uomini, cultura, arti e virtù civili. Quando si costruì un gigantesco centro commerciale mezzo chilometro a sud dei confini meridionali della vecchia Vienna l’effetto fu di indebolire seriamente non solo il nucleo centrale, ma molti dei sub-centri storici in quasi tutti i ventitré distretti. L’effetto ulteriore fu che migliaia di piccoli negozi furono obbligati a chiudere, e la tradizione della spesa all’angolo sotto casa, tanto importante per gli anziani e chi non aveva l’auto, diventò impossibile. Ghetti monofunzionali Lo shopping centre, così come si è diffuso sia in Nord America che in Europa negli ultimi venti anni, è solo una delle molte disastrose espressioni della mono-funzionalità. Il suo iniziale successo economico ha incoraggiato le imitazioni. Molti altri tipi di ghetti enormi, specializzati, sono stati costruiti seguendo la diffusione delle idee di Le Corbusier così come espresse nella Carta d’Atene, provocando un grave malessere in molte conurbazioni. Il centro commerciale è un esempio, estremo ma non certo l’unico, di sostituzione della complessa miscela della forma

26


urbana sviluppata naturalmente, con forme artificiali e dunque sterili. Così oggi vediamo centri civici che sono enormi conglomerati di strutture governative dove burocrati incontrano solo altri burocrati, estranei a coloro che dovrebbero capire e servire. Ci sono centri finanziari dove il nastro della macchina da scrivere dialoga col computer, e viceversa. Ci sono anche centri culturali, concentrazioni di teatri, musei, gallerie e sale mostre in splendido isolamento rispetto a coloro che dovrebbero essere persuasi a partecipare alla cultura. Ci sono centri per l’istruzione, scuole superiori o campus universitari, a costituire ghetti per giovani. Istituzionalizzano la torre d’avorio, estraniando le giovani generazioni dalle vecchie, chi studia da chi lavora. Negli ultimi cinque anni il pubblico si è svegliato rispetto ai pericoli che portano con sé tutte le enormi concentrazioni monofunzionali, specialmente gli shopping centres. Fra le ragioni di questa crescente preoccupazione ci sono l’inquinamento atmosferico, il degrado del paesaggio, la chiusura dei piccoli negozi locali e i costi crescenti di possedere un’auto e di doverne fare obbligatoriamente uso. Anche il numero dei centri commerciali progettati, ma non costruiti, o costruiti ma che si rivelano fallimenti economici, sta crescendo con ritmi allarmanti. È mia personale opinione, che il centro commerciale nell’accezione corrente non abbia alcun futuro. Avverto gli inequivocabili segnali della sua caduta, già riconoscibili, e che si evidenzieranno sempre più ad ogni anno che passa. La Triste Storia dei Centri Commerciali Traduzione di Fabrizio Bottini

“I am often called the father of the shopping mall. I would like to take this opportunity to disclaim paternity once and for all. I refuse to pay alimony to those bastard developments. They destroyed our cities.” Victor Gruen

27


Allo stesso modo di Gruen anche Marc Augè, muove una critica ai centri commerciali e li inserisce tra i non luoghi per eccellenza: sono prodotti della società senza alcun carattere identitario, storico, relazionale, dettati dalla trasformazione accelerata del mondo contemporaneo, dalla standardizzazione dei prodotti e del format del centro commerciale e raccolgono tutto ciò che di negativo può esserci nella globalizzazione sfrenata, lontani da quei luoghi dove le comunità possono identificarsi, in cui ritrovarsi. Questo seppur negli anni i mall, gli shopping center, si propongono di diventare luoghi per famiglie, luoghi in cui passare le domeniche o il tempo libero, luoghi in cui incontrarsi e di intrattenimento, luoghi che offrono servizi al cittadino senza porsi in una posizione sovrastante rispetto alla città o alle aree verdi o residenziali. Statisticamente solo in Italia tali luoghi vedono transitare circa 4 milioni di utenti al giorno.

degli affitti delle superfici commerciali, l’offerta troppo alta rispetto alla domanda e il crescente successo dell’e-commerce. Gli spazi del commercio quindi sono ancora oggi in continua evoluzione e gli stessi centri commerciali stanno cambiando la loro struttura, i loro spazi interni, le loro funzioni e il loro modo di dialogare con lo spazio urbano o meno che li circonda.

Ma che futuro hanno i centri commerciali? Sono ancora non luoghi? Ebbene, questi spazi vengono ormai preferiti in parte alle piazze e alle vie del centro cittadino, offrono esperienze e generano emozioni nella società, vengono percepiti in maniera diversa, diventano luoghi globali presenti in ogni città. Lo stesso Augè ritorna sulle sue parole precisando e spiegando che “…Da una parte, è evidente che una qualche forma di legame sociale può emergere ovunque: i giovani che si incontrano regolarmente in un ipermercato, per esempio, possono fare di esso un punto di incontro e inventarsi così un luogo. Non esistono luoghi o nonluoghi in senso assoluto. Il luogo degli uni può essere il nonluogo degli altri e viceversa…” Dagli stati uniti però non sembrano arrivare notizie confortanti, i Mall sono in crisi ed è prevista la chiusura di un centro commerciale su quattro. Le cause sono varie: i costi di gestione delle strutture e

Foto: Seph Lawless

28


29


30


95045 MISTERBIANCO

M I ST E R B I A N CO ZO N A CO M M E R C I A LE F R AT E LLI CO STA N ZO LO STA B I LI M E N TO I N D U ST R I A LE

31


MISTERBIANCO ZONA COMMERCIALE Sin dalla sua nascita la storia della Città di Misterbianco è legata a quella di Catania e nonostante l’indipendenza ottenuta a metà del 1600 i due centri urbani continuano ad avere legami e interessi di tipo politico, sociale ed economico.

prossimità della tangenziale ovest di Catania, arteria che collega gli svincoli delle autostrade per Palermo, Messina e Siracusa, l’aeroporto di Fontanarossa e la Strada statale 121 che connette Catania a Paternò e a gran parte dei comuni pedemontani e la circonvallazione.

La “nuova” Misterbianco viene ricostruita a partire dal 1670, dopo le eruzioni del 1669 che hanno sepolto il vecchio centro urbano e che oggi possiamo in parte osservare presso il sito di “Campanarazzu”. Fino agli anni ‘50 il comune non è altro che un grosso centro agricolo alle porte di Catania, con la sua economia basata principalmente sulla coltivazione di arance, cereali e uva, con giardini ancora presenti nelle aree meno urbanizzate ma anche a ridosso del paese e degli insediamenti industriali. Negli anni ’60 Misterbianco inizia a cambiare e rilevanti sono le sue mutazioni in termini di espansione residenziale. Nella maggior parte dei casi si tratta di uno sviluppo spontaneo e inarrestabile alimentato dalla vicinanza di Catania: nelle zone limitrofe, nascono nuovi consistenti insediamenti che oggi ospitano le frazioni di Lineri, Monte Palma, Poggio Lupo e Belsito. In esse, numerosi abitanti confluiti dall’hinterland Etneo e dai quartieri più periferici del capoluogo di provincia hanno trovato le loro soluzioni abitative. A favorire questa crescita urbana e demografica della cittadina, è anche la nascita di un vasto insediamento industriale, legato alla produzione agricola con molini e distillerie, con la presenza di industrie del settore edile e metalmeccanico, chimico e della carta, ma soprattutto una continua crescita di negozi ed aziende destinati, nel loro assieme, ad affermarsi come area commerciale negli anni a seguire. Tutto è agevolato dalla realizzazione di uno dei maggiori nodi strategici di collegamento e di interconnessione della Sicilia orientale, infatti l’intera area è situata in

Negli anni ‘90 la zona commerciale di Misterbianco è uno dei poli commerciali più importanti del meridione, gli investimenti delle grandi catene di vendita all’ingrosso portano anche il Comune ad intervenire attraverso opere di urbanizzazione che prevedono nuovi assetti viari, nuova illuminazione e una maggiora cura del verde e del decoro. Agli inizi del 2000 la vendita all’ingrosso lascia spazio alla vendita al dettaglio, dando il via alla nascita di ipermercati e negozi, catene di abbigliamento, elettronica e arredo casa, sia di marchi e attività locali che nazionali e internazionali come Metro, Oviesse, Mercatone Uno, Auchan, Euronics. A questi si affiancano, inoltre, svariate attività artigianali della lavorazione del ferro, della ceramica e della pietra. La zona commerciale di Misterbianco continua a crescere e in data 29 maggio del 2000 con decreto n.633, Misterbianco otteneva, primo comune in Sicilia, l’autorizzazione a tenere aperte le attività commerciali nei giorni festivi e domenicali in deroga (art.12 e 13) a quanto sancito dalla nuova legge regionale di riforma del commercio, la n. 28 del 1999.

Immagine Google Earth

32


33


centri commerciali come Etnapolis, Le Zagare, Portali, Katanè, Porte di Catania, Centro Sicilia (ex Tenutella) e Sicilia Outlet Village per citarne solo alcuni, la zona commerciale entra nella sua fase di declino economico e funzionale, con la chiusura di un numero sempre maggiore di attività commerciali.

Con i nuovi insediamenti, l’area appare satura e il Piano Regolatore Generale non ha previsto alcuna area di espansione. E se si osservano con interesse nuove aree del Comune per la creazione di un nuovo sito per accogliere future attività produttive, nel contempo certo è che decade ogni attenzione alla necessaria riorganizzazione degli spazi e dei servizi della zona commerciale già esistente. Nessun intervento per il suo mantenimento, nessuna valutazione sugli aspetti negativi che per essa possono scaturire dalla nascita di una nuova area commerciale seppur moderna e funzionale. Viene presentato il progetto per la creazione di una moderna città del commercio, estesa su 38 ettari, con ipermercati, cinema, ristoranti, aree verdi e parcheggi denominata “La Tenutella”, con investimenti per oltre duecento miliardi di lire. Il progetto viene approvato ma con le elezioni del 26 maggio 2002, con il cambio di amministrazione, l’iter viene bloccato e il progetto messo da parte, almeno momentaneamente. Con la realizzazione a partire dal 2005 di innumerevoli

Oggi, a parte un gran numero di immobili in disuso, abbandonati e sfitti, le uniche aziende apparentemente vive, se non in crescita, sono quelle gestite da imprenditori asiatici che praticano sia la vendita al dettaglio che all’ingrosso. Resistono alcune attività, visibilmente sempre più ridimensionate, gestite da pochi imprenditori locali, ormai storicamente divenuti parte integrante del territorio, ma comunque costretti a confrontarsi con una realtà che non ha alcun appeal. L’area di cui trattasi è abbandonata a sé stessa e il degrado è in continua espansione.

34


Le Zagare I Portali

Katanè Etnapolis

Monte Palma

Misterbianco

Catania

Centro Sicilia

Porte Di Catania Aeroporto Catania-Fontarossa Sicily Outlet Village

N

0

5 Km

Centro Urbano Area di studio Zona Commerciale

35

Polo Commerciale


36


FR ATELLI COSTANZO La Zona commerciale di Misterbianco si estende per circa 2 km 2 e, attraversata dalla strada statale 121, si sviluppa su Via Aldo Moro e Corso Carlo Marx; propspiciente a quest’ultimo troviamo il sito industriale oggetto di studio, Il complesso edilizio degli ex magazzini dei F.lli Costanzo. Carmelo Costanzo e il fratello Pasquale, nel dopo guerra ereditavano l’impresa fondata dal nonno, La Fratelli Costanzo, e davano prosieguo e ulteriore sviluppo ad una attività concentrata nell’edilizia e nell’industria. Lo stabilimento industriale con annessi tutti gli uffici amministrativi era il quartiere generale dell’impresa. Al suo interno si producevano prefabbricati in calcestruzzo per uso autostradale, ferroviario, marittimo e civile ma anche per edifici industriali, commerciali e civili. Si operava in ogni campo delle costruzioni. In pochi anni l’azienda era divenuta un vero colosso del settore edile ampliando il suo raggio di influenza oltre i confini nazionali.

osato pretendere ed ottenere un gigantesco appalto a Palermo>>; dello stesso avviso il Generale Dalla Chiesa, che nella sua ultima intervista a Repubblica il 10 agosto 1982 diceva: <<Con il consenso della Mafia palermitana, le quattro maggiori imprese edili catanesi oggi lavorano a Palermo. Lei crede che potrebbero farlo se dietro non ci fosse una nuova mappa del potere mafioso?”>>. Le vicende legali, le ripercussioni da esse determinate, segnano un ineluttabile declino per l’impresa. A metà degli anni ’90 lo stabilimento di Misterbianco vede perdere la sua centralità e inizia a svuotarsi per poi essere chiuso e successivamente abbandonato nei primi anni del 2000.

Tante sono le opere realizzate dall’impresa tra cui il Ponte Costanzo, progettato dall’Ing. Morandi, tra Modica e Ragusa, che con i suoi 168 m alla sua apertura era il ponte più alto d’Italia e ancora oggi è tra i più alti d’Europa, l’Aeroporto di Trapani-Birgi e quello di Pantelleria. Gli anni ’80 per Costanzo sono anni travagliati, le vicende sull’appalto per la realizzazione del Palazzo dei Congressi a Palermo, mai realizzato, portano ad interessarsi del caso anche i magistrati Rocco Chinnici e Paolo Borsellino così come il giornalista Giuseppe Fava che, in uno dei suoi articoli, nel 1983, sulla rivista I Siciliani definisce Costanzo, che negli anni era stato nominato cavaliere del lavoro, uno dei cavalieri dell’apocalisse mafiosa e <<l’unico catanese che abbia

37

Foto: Dott. Luciano Marino


LO STABILIMENTO INDUSTRIALE Lo stabilimento oggi ha un’estensione di oltre 200.000 m 2 di cui una porzione di superficie coperta di oltre 100.000 m 2, con perimetro irregolare. Il complesso è ubicato tra le contrade Pezza Mandra e Mezzocampo, ha il suo ingresso principale su Corso Carlo Marx, ed altri accessi sono possibili da via Sonnino, via Bologna e via Pezza Mandra. Sviluppatosi intorno la fine degli anni ’60, si trova ai limiti del comune di Catania, e alla frazione di Monte Pò, circondato dalla zona commerciale a sud, giardini incolti a nord-ovest e da Montepalma, quartiere popolare di Misterbianco a nord-est. Quest’ultimo si sviluppa intorno la metà degli anni ’70, insieme alla vicina frazione di Lineri, come conseguenza del boom economico, in maniera del tutto spontanea e abusiva su una griglia regolare e si estende per poco più di 255.000 m 2. Lo stabilimento dei Fratelli Costanzo, occupa una posizione strategica per lo sviluppo e per il collegamento di Misterbianco alle frazioni e alla vicina Catania, anche grazie alla futura apertura di due fermate della metropolitana.

38


STABILIMENTO INDUSTRIALE F.lli COSTANZO

MISTERBIANCO

MONTEPALMA-LINERI 255.542,76 m2

207.459,79 m2

Ferrovia Circumetnea

Messina

Giardini Aree Incolte

Paternò

Catania

Catania

Metro Zona Commerciale

Metro Monte Po

ZONA COMMERCIALE

MONTE PO 278.793.00 m2

1.872.154,57 m2

Siracusa

N

0

500 m Rete Autostradale Strada Statale Infrastrutture Zona Commerciale

Area di studio

39

Centro Urbano Zona Commerciale Comune Catania

Vie Centro Urbano


Esso comprende un insieme di edifici destinati ad uffici, capannoni industriali per le officine di lavorazione, depositi e aree libere per la movimentazione di materie e mezzi. Tutti gli immobili, come viene evidenziato nella relazione tecnica del Dott. Agr.mo Luciano Marino, quale C.T.U. incaricato alla stima, su nomina del Tribunale di Catania del 29 maggio 2018, a seguito del procedimento fallimentare n.70/2018 essi riguardanti, si presentano in condizioni di pregresso disuso, in totale assenza di manutenzione ordinaria e straordinaria nell’ultimo ventennio, depredati degli impianti peraltro non più adeguati alle normative in essere, colpiti da ripetuti furti ed atti vandalici e in condizioni di degrado stante anche la presenza di un’elevata quantità di rifiuti e materiali di risulta nonché di rifiuti speciali quali eternit, olii isolanti, lubrificanti e combustibili, resine, vernici e residui vari delle lavorazioni sia nelle aree esterne sia all’interno dei corpi di fabbrica. Nella suddetta relazione, si evidenzia inoltre il pessimo stato di conservazione dello stabilimento: facendo riferimento ai valori medi ottenuti a seguito di indagini di mercato compiute su transazioni di immobili simili per destinazione ed ubicazione, in condizioni di agibilità e funzionalità e, applicando un coefficiente di obsolescenza fisica/vetustà, da cui si desume il grado di usura del materiale, l’età, la qualità della costruzione e della manutenzione oltre che dell’uso, commisurato nel 27,5%, dovuto al deterioramento fisico non rimediabile per immobili di circa 40 anni e, uno di obsolescenza fisica, commisurato nel 30% e dovuto alla mancanza di funzionalità di un bene rispetto ad un immobile attuale e, tenendo anche conto degli standard edilizi e delle esigenze di mercato, si somma un deprezzamento complessivo del 57% del valore medio di riferimento. Da considerare anche gli elevati costi per la rimozione

40


e lo smaltimento dei rifiuti speciali, stimati in 4 milioni di euro, a cui sarebbero da aggiungere gli ulteriori costi, da stimare, per la bonifica dell’area. Il complesso oggi è considerato una bomba ecologica ed è palese la necessitĂ di una bonifica integrale inerente i materiali utilizzati durante le lavorazioni e le tonnellate di rifiuti.

Foto: Dott. Luciano Marino

41


Foto: Dott. Luciano Marino

Foto: Dott. Luciano Marino

42


Foto: Dott. Luciano Marino

Foto: Dott. Luciano Marino

43


Foto: Dott. Luciano Marino

Foto: Dott. Luciano Marino

44


Foto: Dott. Luciano Marino

Foto: Dott. Luciano Marino

45


I primi edifici realizzati nel lotto in esame, risalgono al 1968 anno in cui viene concessa la prima licenza edilizia da parte del Comune e per la maggior parte sono realizzati prima del 1981, anno in cui viene adottata la proposta di riclassificazione del territorio nazionale in tre categorie sismiche predisposte dal CNR, Consiglio Nazionale delle Ricerche. I fabbricati sono realizzati con tecnologie costruttive diverse a seconda dell’anno di realizzazione. Alcuni di questi presentano strutture in cemento armato vibrato, coperture con salai di calpestio e di copertura realizzati con tegoli a doppio T e riverstimenti di facciata in alluminio elettrocolorato, altri presentano strutture in cemento armato precompresso, con fondazioni a plinti su pali, solai prefabbricati con coperture a doppia falda e copertura di tipo Alusicc, altri ancora invece hanno strutture in elevazione realizzate con pilastri in calcestruzzo armato vibrato a doppio T e travi in calcestruzzo armato precompresso. Gli edifici sono per la maggior parte di tipo industriale, strutture spoglie e senza alcun tipo di pregio architettonico, tamponatura o isolamento termico ed acustico, dotati di infissi in ferro e pavimento in cemento entrambi di tipo industriale.

Foto: Dott. Luciano Marino

46


47


24 20 16

15

22 25

14 19 13

21

23

18

11

12 10

17 4

9

5 7

8 3

6

2 1 1

N

0

Area di studio Fabbricati Industriali

48

100 m


Elenco degli edifici e delle aree di lavoro presenti nel sito. 1- Edifici Amministrativi 2- Capannone 1/8 3- Capannone 8/A 4- 26/48 5- Piazzale C 6- Capannone 49/56 7- Capannone 9/25 8- Capannone 42/45 9- Piazzale F 10- Capannone 40/41 11- Piazzale E 12- Capannoni 37/39 13- Piazzale D 14- Capannone N1 15- Capannone N6 16- Piazzale G 17- Capannone 57/58 18- Capannone N4 19- Capannone 59 20- Capannone 60 21- Capannone 61 22- Capannone N3 23- Capannone 62 24- Capannone N2 25- Edificio Abusivo

49


50


RE-START

RIUSO R EC U P E R O R I C I C LO I L CO N S U M O D E L S U O LO A R E E I N D U ST R I A LI D I S M E SS E

51


RIUSO RECUPERO RICICLO La crescita senza controllo delle città e delle loro periferie, l’ampliamento delle aree industriali e la creazione di aree commerciali sempre più grandi sono, ormai, alla base del modello economico, sociale e territoriale. I consumi esagerati, gli sprechi ingiustificati di materie, la sostituzione di prodotti ancora funzionanti, sono elementi che contraddistinguono il periodo storico in cui ci troviamo; parimenti, come già per le merci, anche per il territorio e le trasformazioni ad esso legate, osserviamo consumi, sprechi e disuso di aree e strutture, tutte abitudini, queste, riconducibili ad un denominatore comune: la mancanza di una programmazione economico-urbana. Tutto ciò ha portato allo sfruttamento incontrollato delle risorse e del suolo per dar vita a nuovi insediamenti produttivi, infrastrutturali e residenziali di scarso livello costruttivo e privi di alcun interesse architettonico, generando vuoti, rifiuti e degrado ed un insieme di manufatti oggi non più consoni alle nuove esigenze produttive, commerciali e sociali, spesso sovradimensionati, sottoutilizzati o abbandonati. Come per i rifiuti, anche per le strutture e le aree ormai dismesse possiamo utilizzare termini come recupero, riuso e riconversione in modo da tentare di contenere i consumi di energia, materie e gli impatti su ambiente e territorio.

Un certo tipo di intervento tuttavia non è solo realizzabile con interventi pubblici e, i privati, non sembrano interessati al recupero di strutture ed aree che non siano finalizzati a generare quei profitti che il nuovo offre. Il cambiamento deve interessare tutte le componenti delle comunità, in modo da avviare una serie di progetti di carattere culturale, sociale ed economico tali da portare alla riqualificazione ambientale e del paesaggio, alla salvaguardia della natura, alla diminuzione dei rifiuti prodotti.

Eliminare gli sprechi diventa fondamentale. Ciò nonostante, in Italia le politiche non si oppongono e non si schierano in maniera netta contro il consumo di suolo per insediamenti ed infrastrutture e le opere spesso risultano sempre sovradimensionate, con strutture troppo grandi e con costi di gestione elevati per le funzioni e l’utilizzo per cui vengono realizzate, sia dal pubblico che dal privato. Avviare un processo di recupero e riuso, non è semplice, perché entrano in gioco fattori economici, politici e sociali.

Foto: Dott. Luciano Marino

52


53


54


IL CONSUMO DEL SUOLO I benefici di un suolo in condizioni naturali sono da ricercare in una migliore qualità della vita dell’uomo e di tutto l’ecosistema interessato. Le sue funzioni sono molteplici e possono essere articolate come segue:

talmente avanzato da rendere estremamente oneroso ed economicamente poco vantaggioso il ripristino. Negli anni che seguono la Seconda guerra mondiale, a seguito dei processi di ricostruzione, sviluppo economico e crescita demografica, si è potuto assistere ad un rapido incremento della trasformazione di suolo permeabile in superfici impermeabilizzate, aree urbanizzate ed industrializzate. Il problema del consumo del suolo, fenomeno associato alla perdita di una risorsa ambientale fondamentale, dovuta all’occupazione di superficie originariamente agricola, naturale o seminaturale, ed una maggiore sensibilità delle comunità hanno portato alla sperimentazione e all’introduzione di meccanismi di controllo. La necessità di limitare la conversione urbana di suoli sposta l’attenzione su quelli che sono gli strumenti urbanistici da rilanciare e modernizzare per favorire le attività di controllo e pianificazione del territorio e nella gestione della programmazione di tutti quegli interventi da attuare. In Italia i processi sopra citati hanno portato ad un’anarchia nella configurazione del territorio: impianti residenziali ed industriali disposti caoticamente, tanto da generare strutture urbane povere di aree verdi, spazi pubblici con effetti devastanti prima per il paesaggio naturale ed agricolo e poi anche per le stesse strutture urbane che appaiono isolate, confusionarie e poco funzionali, inoltre la continua espansione senza avere infrastrutture adeguate rende più complessi gli spostamenti e le comunicazioni.

• funzione produttiva primaria, correlata alla produzione di biomassa vegetale e di materie prime agroalimentari • funzione di regolazione idrica, con il riferimento al ciclo dell’acqua, all’azione di fitodepurazione e all’assorbimento dell’acqua piovana e della conseguente sicurezza idrogeologica • funzione di regolazione dei cicli degli elementi fondamentali per la vita (azoto, fosforo, zolfo) e di assorbimento delle sostanze tossiche e inquinanti • funzione di conservazione della biodiversità intrinseca (gli organismi del suolo) e secondaria (la produttività biologica dell’ecosistema) • funzione strategica connessa alla riserva di superfici atte a far fronte a bisogni e aspettative di benessere delle future generazioni, nonché ad assicurare la sovranità alimentare • funzione di regolazione climatica, riferita in primo luogo alla funzione di sink carbonico assicurato dalla sostanza organica di suoli e vegetazioni Si tratta di una risorsa molto fragile non protetta con la giusta consapevolezza. Le scorrette pratiche agricole, zootecniche e forestali le dinamiche insediative, le variazioni d’uso e gli effetti dei cambiamenti ambientali possono originare gravi processi degradativi che limitano o inibiscono totalmente la funzionalità del suolo e che spesso diventano evidenti solo quando sono irreversibili, o in uno stato

Foto: Dott. Luciano Marino

55


Dai dati ISPRA si nota come il Veneto sia la regione con gli incrementi maggiori: più 923 ettari. Poi c’e la Lombardia (+633 ettari), Puglia (+425), Emilia-Romagna (+381) e Sicilia (+302).

Tema principale della strategia di rigenerazione del territorio urbano e industriale è puntare alla salvaguardia del valore naturale degli spazi periurbani, al miglioramento della qualità della vita nelle città, al rafforzamento delle infrastrutture viarie, alla gestione delle acque, alla protezione dei suoli, al riutilizzo dei terreni. Appare chiaro che questi ultimi possono dimostrarsi una importante risorsa in cui è possibile intervenire e ricercare le condizioni utili a mitigare e a compensare l’impatto diretto ed indiretto della cementificazione.

Quando si parla di rigenerazione urbana, delle strategie di governance e delle misure strategiche e tecniche per la gestione sostenibile delle risorse disponibili, si può guardare al 2007 dove con la Carta di Lipsia vengono definiti una serie di obiettivi per una migliore programmazione delle politiche urbane, delle problematiche dei rapporti tra centro e periferia, tra centro urbano e paesaggio limitrofo, cercando di stimolare un dialogo tra le varie istituzioni e i privati e ricercando soluzioni innovative e sostenibili puntando su:

“Sfruttare al meglio l’area cittadina esistente in generale è una priorità, senza dover sacrificare spazi verdi, utilizzando i siti dismessi esistenti. Questi ultimi sono in genere un’eredità del passato industriale europeo e possono essere contaminati da tutta una serie di inquinanti (Oliver et al., 2005). Spesso si dà per scontato che i costi del recupero siano superiori a quelli di una edificazione ex novo, e ciò sicuramente è vero dal punto di vista di chi deve ristrutturare i siti.” (EC, 2012 p.26).

Creazione di spazi pubblici di alta qualità; Rinnovamento delle reti infrastrutturali e dell’efficienza energetica: Politiche sociali e innovazione proattiva e partecipata; L’obiettivo preposto è quello di fermare il consumo di suolo entro il 2050. “La tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse (COM(2011) 571) ha proposto che entro il 2020 le strategie dell’UE tengano conto delle ripercussioni dirette e indirette sull’uso del suolo nell’UE e a livello mondiale e che l’incremento della quota netta di occupazione di terreno tenda ad arrivare a zero entro il 2050.” (EC, 2012 p.11).

La rigenerazione del territorio appare quindi una via fondamentale da seguire per recuperare le strutture e le aree dismesse e quei vuoti all’ interno delle città o quegli spazi intermedi tra aree urbane ed industriali. A livello ambientale riciclare e riutilizzare siti dismessi ed abbondonati, ricreando aree urbane oltre a recuperare vaste aree impermeabili favorisce quelli che sono gli interventi da attuare nelle trasformazioni di adattamento climatico e nella salvaguardia ambientale.

Per raggiungere determinati obiettivi diventa prioritaria la capacità di adattarsi ai cambiamenti climatici attraverso azioni basate su un principio di sostenibilità ma operando in maniera flessibile nelle soluzioni e nei temi, integrando soluzioni tecniche, ambientali e giuridiche.

Foto: Dott. Luciano Marino

56


57


AREE IN DUSTRIALI DISMESSE Le aree industriali dismesse oggi si trovano ad avere un ruolo fondamentale nello scenario del tessuto urbano. Questi spazi in uno stato di abbandono rappresentano spesso un’immagine negativa della città o del territorio. Luoghi inquinati, segnati negativamente dal loro carattere inizialmente periferico e molto spesso animati solo dal degrado urbano e sociale. La loro collocazione in ambiti non più necessariamente marginali, in certi casi ormai inglobate nelle zone centrali del tessuto urbano, ne fanno un patrimonio di grande interesse, perché già servite delle principali opere di urbanizzazione e spesso prossime ai nodi della rete infrastrutturale dei trasporti, pertanto la restituzione di queste aree alla città può costituire una grande occasione per ridisegnare il tessuto urbano locale. I costi necessari per eliminare i rischi di contaminazione ambientale, presenti in queste aree, sono spesso elevati e possono determinare a volte un disinteresse al loro riuso. Tuttavia ci sono dei casi in cui è possibile e bisogna saper conciliare queste due esigenze, trovando soluzioni che rappresentano la forma migliore, più funzionale e promettente di valorizzazione dell’ambiente e del patrimonio che deve anche considerare le esigenze della collettività con quelle del privato, tali da contribuire alla riqualificazione della città attraverso l’insediamento di funzioni necessarie per lo sviluppo economico e sociale, la dotazione di servizi e di aree verdi, senza andare ad intaccare ulteriori aree di suolo libero. Tutto ciò fa rientrare il riuso delle aree industriali dismesse tra le attività di sviluppo sostenibile, in termini di ottenimento di vantaggi economici, sociali ed ambientali. Il destino delle aree industriali anima il dibattito internazionale sul tema sin dalla fine anni Settanta. In Italia, e in particolare in Lombardia, le prime indagini risalgono invece all’inizio del decennio seguente. In Europa il riuso o conversione delle aree industriali dismesse è cominciato negli anni ‘60, e sono state

58


adottate tre diverse tipologie di intervento: il rinnovo, la rivitalizzazione, il recupero. Solo dalla metà degli anni ‘80, il patrimonio industriale viene riconosciuto come tale: determinate attività produttive assumono una valenza culturale e, in alcuni casi, le strutture valenza architettonica che vale la pena conservare e promuovere. Ci sono diversi esempi di aree dismesse riqualificate e trasformate in luoghi dedicati ad aree di aggregazione e scambi culturali ma anche in aree commerciali e residenziali. Un esempio sicuramente è quello del bacino della Ruhr situato nella Renania settentrionale, in Germania. Esso è uno dei più grandi centri urbani e industriali della zona, motore trainante dell’industria tedesca; ma negli anni dopo la guerra è pervaso da alcolismo, droga e degrado, tanto da rendere necessario un piano di recupero ambientale e di programmazione economica intesi ad indirizzare l’area di 200 ettari, ad essere trasformata in un parco multifunzionale, che combina patrimonio industriale e culturale, senza modificare le originali forme architettoniche. La trasformazione prevede la creazione di strutture urbane innovative, la progettazione di una città giardino, l’utilizzo di soluzioni ecosostenibili e laboratori di ricerca e oltre 120 spazi di utilizzo culturale.

Foto: Miniera di Zollverein, moosearoundtheworld.de

59


Altro esempio di trasformazione del suolo e riconversione di aree industriali è quello della città di Bilbao, nei paesi baschi, che ha visto il declino dei suoi cantieri navali e dell’industria metallurgica. Negli anni ‘90 L’amministrazione, per affrontare la crisi economica e sociale, opera in modo da riqualificare tutta l’area, bonificandola, limitando l’inquinamento atmosferico realizzando un nuovo impianto urbano in cui spicca il Guggenheim Museum di Frank Gehry. Londra nei suoi processi di riuso e riqualificazione sta cambiando il volto di molte aree industriali. Si va dalla Bankside che oggi ospita il Tate Modern alla conversione della zona di King’s Cross in quartieri di lusso che ospitano le sedi di grandi multinazionali, spazi pubblici e culturali, affiancando, alle vecchie strutture dei magazzini dell’800 realizzate in mattoni e

finemente restaurate, nuovi edifici con alti standard di efficienza energetica. Sempre a Londra è in corso una delle più attese ed estese opere di riqualificazione e rigenerazione urbana che prevede la trasformazione della ex centrale elettrica, la Battersea Power Station. Il progetto prevede la trasformazione di 17 ettari, in nuovo quartiere integrato nel contesto della zona londinese e realizzabile in fasi diverse. Il fine è quello di creare come gli stessi progettisti lo definiscono un “urban village”: un villaggio urbano in grado di offrire nuove case ma soprattutto di creare un senso di luogo ed appartenenza ad una comunità. Questo concetto è stato applicato a tutti gli spazi, da quelli privati a quelli comuni fino ad arrivare agli spazi pubblici. Foto sotto: Guggenheim Museum, flickr.com. A destra: Coal Drops Yard, dezeen.com

60


61


In Italia la situazione è diversa, il fenomeno della rigenerazione è partito in ritardo rispetto al resto dei paesi europei, le strutture non hanno la stessa valenza architettonica ed essendo un territorio a rischio sismico bisogna confrontarsi con i costi di adeguamento delle strutture oltre a quelli necessari per la bonifica del suolo. La tendenza italiana è quella di demolire e ricostruire avvicinandosi al concetto di “città compatta” quindi realizzando interventi di integrazione delle aree delle ex fabbriche con il tessuto urbano e favorendo l’aumento di superficie permeabile, una maggiore integrazione del tessuto viario, diminuendo gli spazi di percorrenza e promuovendo una mobilità leggera e sostenibile. In controtendenza a quello che oggi è il modello di fruizione urbana, modello legato prevalentemente all’uso dell’auto. Non sono molte le opere di riuso e rigenerazione di aree industriali dismesse. In assenza di un piano governativo, i pochi interventi nascono dalle esigenze delle comunità locali, dalle politiche-economiche del territorio in cui insistono le aree e dalle condizioni di criticità delle aree inquinate. A Torino, esempio di recupero di ex aree industriali è il Parco Dora, una delle più grandi aree dismesse del capoluogo piemontese situata nella periferia a nord della città dove si concentravano le industrie che gravitavano intorno alle attività della Fiat. Si tratta di un parco polifunzionale post-industriale in cui vengono combinate preesistenze a nuove strutture in modo tale da creare legami con la storia del sito.

e più sostenibili, è anche da considerarsi come occasione per migliorare la qualità della vita della città e delle periferie, nonché spinta a promuovere processi di riqualificazione sociale. In Italia, nella quasi totalità degli interventi sviluppati si propone la creazione di nuove aree urbane. Nella maggioranza dei casi si è effettuata la realizzazione di nuovi quartieri dove alle funzioni residenziali si affiancano quelle commerciali e terziarie. L’inserimento di funzioni miste in aree urbane abitate permette la possibilità di offrire servizi locali a distanze percorribili a piedi.

A Milano il parco portello, progettato dallo studio Land, in corrispondenza dell’ex area industriale dell’Alfa Romeo, crea uno spazio verde che interrompe il tessuto fortemente cementificato della zona. Il moltiplicarsi dell’uso dei vuoti urbani, oltre che favorire la realizzazione di morfologie urbane più funzionali

Foto: Parco del Portello, Milano, Victor Cheng

62


63


64


EX/MAGAZZINI L’I D E A M AST E R P LA N N U OV I E D I F I C I PA N N E LLI LA G A LLE R I A CO M M E R C IA L E S E RV I Z I UFFICI RESIDENZE

65


L’ID EA Riutilizzare un’area industriale dismessa deriva, in virtù delle analisi effettuate, dalla consolidata necessità di risanare il rapporto tra la città e le sue periferie, in un contesto in continua evoluzione che accoglie un mix di culture e di esigenze differenti; il tutto alla ricerca di un equilibrio nella complessa triade economico-sociale-territoriale. Da qui la sfida di mettere in atto un processo di rigenerazione urbana che abbia per oggetto un’area del comune di Misterbianco, oggi in continuo declino. L’obiettivo principale è quello di restituire alla comunità uno spazio comune, uno spazio che svolga insieme funzioni economiche, sociali e culturali e che tenga conto della componente naturalistica e paesaggistica. In un’ottica in cui l’architettura si presta al soddisfacimento dei bisogni tanto del singolo quanto dell’intero gruppo è necessario confrontarsi con le realtà esistenti al fine di comprenderne l’ideologia, il rapporto con gli spazi, le inclinazioni e le attitudini. Va da sé che, la partecipazione è il primo passo per lo sviluppo di una strategia progettuale attenta a tutte le sfaccettature di una società dinamica, che cambia e si trasforma ogni giorno. In quest’ottica il migliore progettista è lo stesso fruitore che individua la chiave di lettura adeguata ad un problema complesso. A seguito di interviste a persone direttamente coinvolte, di qualsiasi età ed estrazione sociale, di ricerche e analisi del sito è emerso quanto fosse necessario creare uno spazio polivalente, dinamico e creativo che lasciasse libera espressione all’immaginario collettivo di un’area commerciale. Altrettanto rilevante è la voglia di ridare alla propria città uno spazio sano e salubre che tenga conto di principi di sostenibilità ambientale e che si confronti con il problema dell’uso massivo del suolo. L’obiettivo è di creare quindi un’area commerciale che possa essere al contempo un parco. La decisione di puntare sul disegno di un nuovo parco

commerciale è da intendersi però come una provocazione, avvicinandosi alla programmazione e progettazione di un centro commerciale secondo la visione di Gruen. La provocazione consiste nel sottolineare come lo spazio del commercio possa essere anche casa e centro città. I luoghi commerciali vogliono coesistere e condividere gli spazi e le funzioni del contesto residenziale e naturale. Il tutto diventa un insieme di aree private e pubbliche, fruibili in maniera diversa, ma continua durante le varie fasi di una giornata tipo. In sintesi, quindi, il parco urbano commerciale è un elemento che costruisce e fa rinascere i legami e i collegamenti che lo stato di abbandono, la crisi economica e la presenza di altri centri commerciali hanno spezzato. Le problematiche di un’area già edificata passano anche dal rapporto con ciò che è ed era e dalla posizione che la sua progettualità assume nei confronti del passato. Il progetto di riuso di un’area industriale come quella considerata deve far parte di un processo di trasformazione e rigenerazione fondato sulle interazioni tra le preesistenze, intendendo con esse strutture, aree, forme, materiali, o semplicemente la memoria di quello che il sito era e lo spazio circostante. Deve rappresentare quindi un’opportunità di identificazione con il territorio e la sua storia, creando una connessione tra passato, presente e futuro. Ma questa connessione, oltre ad assumere una valenza temporale, deve appropriarsi di un carattere spaziale. Oggi lo stabilimento industriale è chiuso alle aree limitrofe, le alte mura di recinzione e le reti metalliche vengono superate solo dal tempo e dall’ incuria. Rompere la barriera ed aprire questa vasta area ai flussi entranti ed uscenti di informazioni, persone e merci è alla base del raggiungimento degli obiettivi del progetto.

66


Aree Verdi

Centro Urbano

LINEA DI CONTATTO _ BARRIERA CHIUSURA

Attività Commerciali

Aree Verdi

Centro Urbano FLUSSI_COLLEGAMENTI

Attività Commerciali

CENTRO URBANO

Mercato Centro Sportivo

Piazza Istruzione

Aree Attrezzate Free Time

Centro Polifunzionale

PARCO

CONNESSIONE_INTERSCAMBIO

Residenze Parco Urbano

Aree Co-Working

Artigianato

PARCO COMMERCIALE

Uffici Attività Commerciali

ZONA COMMERCIALE

Area di studio

Centro Urbano Zona Commerciale

67

AREA ACCESSIBILE


CONCEPT

Fabbricati Esistenti Area Industriale

Nuovi Flussi - Edifici come Barriere

Processo produttivo lineare

68


Nuovi Flussi - Edifici come Barriere

Processo produttivo lineare

Creazione di nuove aree con funzioni diverse

Area di studio

69


MASTERPLAN Il sito, di dimensioni di oltre 200.000 mq ospiterà, all’interno di un parco e di percorsi pedonali, un insieme di strutture destinate alle attività commerciali, residenze ma anche altri servizi per il cittadino: scuole, mercati e aree dedicate allo sport. Trasformare una periferia in cuore pulsante della città trasporta con sé numerose conseguenze, alla stregua di un effetto domino. Primo fra tutti deve essere riconosciuto come culla della cultura e come luogo in cui lasciare i propri figli durante le ore di lavoro, da qui la necessità di una scuola materna dotata di laboratori aule, palestra e mensa. Gli spazi esterni posti in copertura sono attrezzati in modo da tener conto dell’età dell’utenza e poter ritagliare ambienti riservati e protetti in cui svolgere attività ludico-didattiche. La zona del mercato coperto, che ricalca lo stile di quelli spagnoli, assume una duplice funzione. In primis restituire al lavoratore un luogo in cui trascorrere le pause dal lavoro tramite il quale ridurre lo stress e favorire l’integrazione e l’interazione sociale. Allo stesso tempo vuole diventare attrazione per turisti, commercianti e giovani ed incentivare le eccellenze agroalimentari e artigianali della zona. A corredo sono previste aree di ristorazione dotate di sedute, tavoli ed orti urbani. La cultura dell’orto urbano si fa promotrice di un messaggio importante cioè quello di consumare prodotti coltivati in loco dagli stessi fruitori dell’area. Infine, un’area dedicata allo sport con campi da basket e pallavolo coperti, una palestra e una piscina, dotati di servizi igienici e spogliatoi. Il tutto al servizio della popolazione del quartiere e di coloro che vivono e lavorano nel parco. Il parco urbano ha anche il compito di ricostruire il rapporto con la natura e i giardini limitrofi. Nella loro totalità i percorsi verdi diventano l’elemento cardine: attraversando e penetrando interamente l’area stabiliscono un nuovo e continuo uso delle strutture, una maggiore offerta di servizi, di luoghi dedicati alla so-

cializzazione, alla cultura e allo svago. L’organizzazione del parco urbano commerciale vede il susseguirsi di edifici e percorsi: le aree prima interamente cementificate vengono invase dagli spazi verdi che si inseriscono tra e dentro le strutture. La linearità dei processi industriali viene meno, il susseguirsi di azioni lavorative ripetitive di movimenti e percorsi uguali viene rimpiazzato da un varietà di tracciati diversi tra loro e in continua mutazione dovuta al susseguirsi delle stagioni o delle attività. L’insieme di vettori, i flussi in entrata ed uscita dalle zone limitrofe, si scompone in componenti, i tracciati e i percorsi indirizzano il visitatore a scoprire le numerose aree. lo spazio pubblico diventa privato e il privato pubblico. Gli spazi commerciali diventano piazze, e le vie diventano gallerie commerciali, arrestando in parte quella tendenza che vede messo in pericolo lo spazio pubblico e la piazza. In tal senso si riprendono i layer e le funzioni come avviene in Parc de la Villete di Bernard Tschumi, dove il progettista vede lo spazio pubblico come nuova identità che dialoga con la geografia urbana e l’evolversi delle aree metropolitane oltre che con la natura. La nuova area urbana rappresenta un punto di passaggio ma anche un fulcro di attrazione.

70


P A R C O [URBANO] COMMERCIALE EX/MAGAZZINI Percorsi verdi e nuove aree. Il nuovo parco si apre alla città e alla sue periferie. L’area un tempo totalmente edificata, torna per la maggior parte verde e permeabile. Parco Commerciale e Parco Urbano convivono nella stessa area.

AREA SERVIZI / RESIDENZIALE

CENTRO SPORTIVO

MERCATO

SCUOLA

o

Str ada

Pez

za

Ma ndr a

ogna Via Bol

Via Torin

+8.00

+16.00

+8.00

Via So

nnino

Sidne

y

+0.00

GALLERIA COMMERCIALE

+0.00

CENTRO SPORTIVO - MERCATO - SCUOLA Corso

Carlo

SERVIZI RESIDENZE

Marx

GALLERIA COMMERCIALE Schema distrubuzione livelli del Parco [Urbano] Commerciale

EX/MAGAZZINI di ALESSIO PITTO

N 0

50 m

Relatore Prof. Ing. Sebastiano D’Urso Accessi

71 03/11/2019 17:30:03

Aree Verdi

05


Le aree verdi interne ed esterne agli edifici riprendono possesso del suolo, rendendolo permeabile e attenuando quell’isola di calore che ormai insiste sulle nostre città. Nel suo svilupparsi, il verde ha estensioni variabili: maggiori e con meno interruzioni nelle zone che si affacciano su strada Pezza Mandra e Montepalma, dove si alternano le aree attrezzate e i campi sportivi, ma anche aree le destinate alle attività ricreative e gli orti sociali gestiti dalle comunità locali. Le superfici permeabili diventano invece più contenute nelle vicinanze degli edifici e della galleria commerciale, creando come delle oasi. Queste permeano all’interno dei fabbricati estendendosi anche sulle coperture che diventano fruibili, diretta estensione del parco sottostante, e messe al servizio delle comunità

Acque Reflue

che vi risiede, degli ospiti del parco e dei lavoratori. Le coperture diventano giardini, orti e aree svago o semplici terrazze immerse tra le fronde degli alberi. Il mantenimento delle aree verdi è pensato nel rispetto delle risorse idriche del sito, tramite un sistema di recupero e riuso dell’acqua. Le acque reflue e piovane vengono sottoposte ad un processo di depurazione naturale e convogliate in serie di vasche macrofitiche, integrate nel contesto del parco. La depurazione avviene mediante l’azione combinata tra substrato permeabile, piante, refluo e microrganismi presenti. I vantaggi di questa soluzione sono da rintracciare nei bassi costi di costruzione e manutenzione, rispetto ai tradizionali metodi di depurazione, nell’assenza di odori e nella possibilità di riutilizzo delle acque a scopo irrigui.

Filtro

VASCA MACROFITI

Pompa di Ricircolo

Flusso in uscita

Flusso in ingresso

AREE VERDI

Acqua Piovana

Diagramma di circolazione acque recuperate

72


REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDEN

L I V E L L I SOVRAPPOSTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

+ 16.00 SCUOLA MERCATO CENTR SPORTIVO

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

+ 8.00 LIVELLO SERVIZI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE REALIZZATO PER STUDENTI CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

+ 11.50 LIVELLO SERVIZI

+ 0.00 GALLERIA COMMERCIALE

EX/MAGAZZINI di ALESSIO PITTO Relatore Prof. Ing. Sebastiano D’Urso

73

06


Gli accessi alle aree si trovano dove oggi sono presenti gli ingressi del sito industriale e, l’intera superficie, attraversata da percorsi carrabili, è riservata solo alla circolazione pedonale e alla mobilità leggera, ad eccezione di minibus elettrici e dei mezzi di soccorso e, in orari specifici, alle operazioni di scarico e carico merci. Tale scelta deriva dalla presenza di numerosi stalli auto disponibili in tutta la zona commerciale di Misterbianco e dalla futura apertura di due fermate della metropolitana nelle vicinanze degli ingressi al parco. I collegamenti in quota avvengono tramite rampe con pendenze all’8% e scalinate, oltre che con gli ascensori posti nelle gallerie commerciali. In risultato è l’eliminazione delle le barriere architettoniche: gli spazi sono interamente accessibili a tutti. La varietà di servizi e la loro collocazione diventa opportunità per ottenere un reale miglioramento dell’efficienza rispetto ad un uso del suolo non programmato. Tutte le strutture pensate assumono un ruolo catartico: rompere la continuità dell’area residenziale di Montepalma e creare un collegamento con il nuovo parco urbano commerciale, permettere la nascita di nuovi insediamenti e la possibilità di far interagire in maniera forte un quartiere periferico del comune di Misterbianco con la zona commerciale e il parco urbano. In questo modo si punta ad una maggiore integrazione di comunità che oggi sembrano nettamente staccate tra loro.

74


75


CONCEPT

R E S I D E N Z E P R I VAT E P R I VAT O / P U B B L I CO C O M M E R C I A L E P U B B L I C O

EX/MAGAZZINI di ALESSIO PITTO Relatore Prof. Ing. Sebastiano D’Urso

76

03


NUOVI EDIFICI E sempre la ripartizione verticale è pensata per garantire un passaggio graduale tra le zone pubbliche e quelle private, per questo motivo a piano terra si trovano i luoghi del commercio, al primo piano gli uffici e all’ultimo piano le residenze. Dal punto di vista morfologico le strutture si rifanno ai fabbricati esistenti, tutti di tipo industriale. Al piano terra si hanno ampie luci: sfruttando una griglia strutturale di 15x7 sono messe a disposizione piante libere con ampi margini d’azione per il disegno e la ripartizione interna dei locali. Ai livelli superiori viene ripetuta la stessa maglia strutturale ma l’estensione in pianta e l’altezza sono ridotte, data la diversa destinazione d’uso. La compenetrazione degli spazi raggiunge il suo massimo. Infatti, tutte le coperture sono inverdite e ognuna di esse segna la demarcazione orizzontale del piano sottostante, ma anche lo spazio comune e di ritrovo dei piani superiori. In altre parole, la copertura della galleria commerciale diventa la piazza del livello dedicato ai servizi e alle botteghe, così come la copertura dei servizi è la piazza delle residenze.

La varietà di funzioni che vengono a contatto genera un insieme di interazioni e interconnessioni tali da organizzarsi in aree specialistiche dedicate alle attività commerciali o residenziali e aree miste in cui le funzioni si legano tra loro dando continuità e permettendo di accedere in modo naturale al tessuto urbano residenziale o alla zona commerciale e non meno alle campagne misterbianchesi. Le condizioni di degrado, la presenza di rifiuti speciali e le strutture prive di soluzioni antisismiche adeguate alle caratteristiche del suolo, rappresentano un valido motivo per demolire i fabbricati e smaltire i materiali che, dove possibile, possono essere riutilizzati per la realizzazione di arredo urbano o istallazioni, oltre che per sottofondazioni e rilevati stradali. I capannoni industriali disposti in serie vengono riproposti, ma con soluzioni di continuità diverse, questi inizialmente disposti su un unico piano verticale adesso vedono i loro prospetti avanzare e/o rientrare e si aprono in una sorta di ventaglio in modo da generare ed aprire percorsi e aree fruibili ed attraversabili spezzando la barriera in questo caso creata dagli edifici.

77


PANNELLI “In principio fu il rivestimento” scrive Adolf Loos, nel 1898. Ponendo l’attenzione su uno degli elementi architettonici più importanti. Il rivestimento architettonico, la chiusura verticale o l’involucro negli edifici ha la duplice funzione, spesso anche contrapposta, di decorazione e protezione. Entrambe finiscono con il coincidere nel bisogno di manifestarsi nell’architettura attraverso il rivestimento. Questo diventa spesso l’elemento caratterizzante di una qualsiasi architettura, un modo per permettere ad un elaborato architettonico di differenziarsi dall’insieme sempre più vasto e simile di edifici. Infatti, attraverso le immagini, si è trovato nelle facciate e nella loro composizione il luogo più immediato e più fecondo d’indagine, rappresentazione e comunicazione. Ancora di più, il rivestimento rappresenta il più intimo punto di contatto tra interno ed esterno, quasi una sottile linea di separazione tra il dentro e il fuori. Proprio il suo articolarsi media il passaggio tra spazio chiuso e spazio aperto. Inoltre, la composizione e forma degli edifici esistenti, spesso si richiama a quella degli edifici demoliti: la tradizionale copertura a capanna tipica dei capannoni viene ripresa in chiave del tutto rinnovata e trasfigurata grazie all’impiego di pannelli metallici forati di rivestimento delle facciate. Questi assumono forme diverse e insieme con le aperture definiscono la facciata degli edifici. Il passato viene ripreso grazie al profilo superiore del pannello, inclinato a richiamare la vecchia copertura a falde, ricordando quindi la natura industriale del sito. Oltre ad un valore evocativo, i pannelli di facciata consentono di creare un’intercapedine con la muratura in cui far passare i canali di gronda, i tubi per la raccolta delle acque, quelli della climatizzazione così come tutte le altre canalizzazioni. In tal senso, in caso di danni e malfunzionamenti, manutenzione e ispezione vengono facilitate.

78


EDIFICI E PANNELLI

$#4

RENDER STUDIO 900 0

0

5m

79

5m

EX/MAGAZZINI di ALESSIO PITTO Relatore Prof. Ing. Sebastiano D’Urso

11


80


Insieme al ruolo estetico-funzionale i pannelli assolvono una funzione prettamente commerciale. Essi svolgono un ruolo catalizzatore dell’attenzione del cliente che viene attratto da una maglia specifica o da una trama. I pannelli sono spesso utilizzati negli edifici commerciali per creare tratti dalle colorazioni differenti. Ogni pannello può fungere quindi da cartello pubblicitario, da insegna o spazio per comunicazioni. Può essere costruito con tecnologie diverse o assumere dimensioni variabili. La scelta di una dimensione è associata ad una funzione economica più che architettonica: gli spazi pubblicitari hanno un prezzo variabile a seconda della loro grandezza e della loro posizione. Possono farsi poi veicolo di informazioni ben precise: un fioraio può pensare di realizzare una parete verde per richiamare la propria attività commerciale, un fa-

legname può pensare di realizzare pannelli in legno per pubblicizzare i propri prodotti. Da qui un’architettura mutevole nelle sue espressioni e che trasfigura il suo aspetto ogni volta che cambia il suo ruolo. I pannelli possono infine contenere insegne luminose che rappresentano i nomi degli store o che trasmettono messaggi per la comunità, o altrimenti opere d’arte, come accade nel progetto, WERK12 un edificio polifunzionale dello studio olandese MVRDV in cui è possibile osservare come i prospetti semplici e lineari prendono vita grazie ad istallazioni realizzate da artisti locali riportando delle semplici espressioni di un fumetto.

Foto: WERK12, MVRDV

81


82


83


4

3

LA GALLERIA COMMERCIALE +8.00

1

2 3

1

4

+8.00

2 3

1

2

2

2 3

Via Sonnino Sidney 4

1

Corso Carlo Marx +0.00

N 0

20 m Accessi

84

Aree Verdi


La galleria commerciale che vede il suo accesso principale da Corso Carlo Marx si affaccia sulla zona commerciale del comune e si sviluppa in una serie di fabbricati, attraversati da percorsi che segnano gli spazi degli store e dei servizi, dalla forte valenza architettonica e, da interpretare non solo come superficie da cui trarre profitto: sono continuo e/o limite dello spazio verde o del percorso. La galleria non è più solo un corridoio o uno spazio a servizio delle vetrine dei negozi, ma diventa il principale elemento della zona commerciale del parco. Su di essa ruotano e si intersecano gli interessi e le pubblicità, le vetrine e i servizi, invitano il visitatore a spostarsi di zona in zona e a doversi confrontare con prospettive e vedute sempre differenti. L’insieme di percorsi, l’alternarsi di pareti vetrate e superfici chiuse, degli spigoli netti e delle pareti curve crea interessanti aree che diventano scenografia per il centro, cambiandone l’aspetto in base alle esigenze di tipo commerciale o ambientale. Allo stesso modo le vetrine dei negozi diventano un frame, una cornice dalle dimensioni variabili in cui il commerciante può comporre il proprio set pubblicitario. Le vetrine sembrano fuoriuscire dalla struttura, entrano nel parco e diventano parte integrante dell’architettura. L’insieme delle aperture crea un disegno originale della facciata del centro commerciale solitamente chiusa e perde la continuità delle tradizionali vetrine a tutt’altezza delle gallerie commerciali. L’infisso realizzato in metallo crea un’apertura nella parete e, a seconda delle esigenze, può essere utilizzato anche come semplice varco per delimitare il passaggio tra i setti murari o come porta di accesso degli store segnando il percorso da seguire per addentrarsi tra i prodotti. Gli spazi occupati dagli store commerciali, sono realizzati con forme ed estensioni diverse; oggi la tendenza è quella di modificare il format dello store, farlo diventare una sorta di showroom, dove la merce è solo

esposta e non immagazzinata, questa trasformazione è legata ad una politica di riduzione dei costi per gli affitti delle superfici commerciali da affiancarsi anche ai maggiori investimenti nello shopping online. Nel complesso la galleria ospita gli store, tutti dotati di deposito e servizi igienici, una galleria d’arte, aree di ristorazione, caffetterie, aule studio, uffici.

85


86


DANCE DANC DDA AANC ANCE NCCEE NC NCE SCHOOL SSC SCHO CHOO CCHOOL HOO HO OOL OO OL

87


88


89


SERVIZI, UFFICI RESIDENZE Le coperture delle gallerie commerciale diventano il percorso da cui accedere alle altre aree, poste ad una quota superiore e, in alcuni punti, queste si protraggono fino a diventare delle pensiline aggettanti che penetrano nel verde del parco. In questo modo gli spazi di lavoro, i servizi, le botteghe, sono immersi in aree verdi urbane costantemente accessibili. Le piante del livello seguono ancora le linee segnate dal verde, creando spazi pubblici protetti che

entrano nella volumetria dell’edificio. In questo modo il mix di aree ricreative, gli spazi comunitari e dedicati alla ristorazione allungano la fascia oraria di utilizzo delle strutture del nuovo insediamento. Su questo livello possiamo trovare un insieme di locali destinati ad ospitare servizi per il cittadino e lo studente, uffici e botteghe che non entrano in conflitto con l’aria commerciale vicina, anzi ne ampliano l’offerta e diventano valore aggiunto l’una dell’altra.

90


Str ada

Pe z

za

Ma ndr a

LIVELLO SERVIZI/UFFICI

+8.00

Via So

nnino

Sidne

y

+8.00

+8.00

+0.00

Corso

Carlo

Marx

N 0

30 m Accessi

91 03/11/2019 21:40:52

Aree Verdi


Str ada P

ezz aM

and ra

LIVELLO RESIDENZIALE

+8.00

Via So

nnino

Sidne

y

+8.00

+8.00

+0.00

Corso

Carlo

Marx

N 0

30 m Accessi

92

Aree Verdi


1:500

+8.00

rire la socializzazione tra i condomini in un contesto di solidarietà e buon vicinato. Tutte le unità abitative hanno l’accesso su ampi corridoi aperti: queste aree di circolazione quindi diventano spazi comuni, luoghi di interazione sociale, con sedute nelle zone più ampie e tutto con la presenza di pareti verdi ancorate ai pannelli dei prospetti e con la funzione di occultare le aperture dei locali di servizio. Ogni appartamento ha affacci verso una porzione di parco. Gli scorci sono gestiti da aperture di dimensioni variabile e dallo stesso infisso utilizzato per i livelli commerciali e dei servizi. In alcuni casi sono presenti anche lavanderie e una sala mensa con cucina comune e, ad ogni inquilino è garantito l’accesso ad un deposito situato al piano terra in cui poter riporre il proprio mezzo di trasporto alternativo.

Al primo piano si trovano le residenze di vario tipo, per famiglie, studenti o lavoratori. La possibilità di combinare alle aree commerciali anche aree residenziali utilizzando lo stesso fabbricato è di notevole importanza per il ciclo di vita di un insieme di strutture in un’area così estesa. La presenza della componente residenziale implica la continua presenza di “abitanti” del parco, ciò rende l’area viva sia il giorno che la notte. Le oltre 100 unità abitative hanno una disposizione più regolare rispetto a quella dei livelli inferiori. Data l’eterogeneità dei nuclei a cui ci si rivolge l’estensione è diversa: si parte da alloggi che vanno dai 40 metri quadri e aree di servizio comuni, ai 65 e 90 metri quadri, formate nella maggior parte dei casi da due o tre locali più servizi. La tipologia abitativa è quella del social housing. Ciò che più caratterizza queste abitazioni è la presenza di spazi comuni, ricreativi o culturali, in grado di favo-

93


SCUOLA MERCATO CENTRO SPORTIVO

+16.00

Via So

nnino

Sidne

y

+8.00

+0.00

N 0

30 m Accessi

94 03/11/2019 23:21:02

Aree Verdi

logna Via Bo

no

Via Tori


95


96


S E Z I O N E +8.00

+0.00

---

SAVE THE PLANET

NEW OPENING

+11.50

J-STORE PARCO EX/MAGAZZINI

SICILY MARKET

+8.00

CAFFÉ SHOP

EXIT +0.00

0

8m

97

EX/MAGAZZINI di ALESSIO PITTO Relatore Prof. Ing. Sebastiano D’Urso

12


BIBLIOGR AFIA Augé M. Nonluoghi. Introduzione a un’antropologia della surmodernità, 2ª ed. Milano, Elèutera, 2009 Bussagli M. Capire l’Architettura, Giunti Editore, 2010 Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura. I centri commerciali: rapporto sulla missione a Londra e a Stoccolma per lo studio degli insediamenti commerciali nelle nuove zone residenziali e nelle citta satelliti dei grandi centri urbani, 1970 Centro Studi Domus. Rassegna Facciate, in “Domus”, n.977, Fabbraio 2014 Consulenza Tecnica D’Ufficio n°70/2018 Tribunale di Catania, Sezione Fallimentare D’Urso S. Le Forme della Memoria. Artifici mnemotecnici nel progetto dello spazio pubblico, Catania, Malcor D’ Edizioni, 2018 Dell’Osso R. Il Linguaggio dell’architettura Contemporanea, Milano Maggioli Editore, Milano 2012 Dell’Osso R. Spazi Pubblici Contemporanei. Milano, Maggioli Editore,2014 Di Guardo N. Sindaco Per Passione, Luigi Pellegrini Editore, 2009 Gruen V. Shopping towns USA: the planning of shopping centers, New York: Reinhold Pub. Corp, 1960 Honoré de Balzac. Illusioni perdute. trad. it. A. Micchettoni, Milano, Garzanti Libri, 2008 Joao Ferreira Nunes. Paesaggio e riuso, riuso è paesaggio, in “Domus Gree”, allegato Domus n.983, Settembre 2014 Lampugnani Magnago Vittorio. Quartiere Richti, Svizzera, in “Domus”, n.986, Dicembre 2014 Relazione Generale PRG, Comune di Misterbianco Zamboni A. Agire sul Presente, in “Domus Green”, allegato Domus n.983, Settembre 2014

98


SITOGR AFIA archdaily.com Balena C. I mall americani come cimiteri: chiuderanno 12 mila negozi, Fortuneita.com, 17 Ottobre 2019 Behance.net cittaconquistatrice.it cobe.dk Croce P. Il Riuso delle aree industriali dismesse, zedprogetti.it, 13 Gennaio 2019 Croce P. Nascita e sviluppo dei dentri commerciali in Italia, zedprogetti.it, 12 Novembre 2017 Degli Innocenti N. Londra, al traguardo la trasformazione di King’s Cross, ilsole24ore.it dezeen.com Google Earth Guzzone S. Stabilimento ex Costanzo a Misterbianco, Corsaro: “Serve riconversione, l’Amministrazione non può ignorare il problema”, strettoweb.com, 7 Febbraio 2019 ispraambiente.gov.it misterbianco.gov.it mvrdv.nl Pinterest.it scienzainrete.it Vasta F. All’asta l’ex stabilimento dei Costanzo a Misterbianco, «Bomba ambientale» nella zona commerciale in crisi, catania.meridionews.it, Maggio 2019 Zunino C. L’Italia non ferma il consumo di suolo: due metri quadrati di nuovo cemento ogni secondo, laRepubblica. it, 20 Settembre 2019

99


R INGR AZIAMENTI Non sono il tipo di persona adatta a scrivere queste cose, non amo tutto ciò e mi è difficile elaborare un discorso, però, alla fine di questi lunghi anni ritengo doveroso dire Grazie a tutte quelle persone che mi sono state vicine, che mi hanno sostenuto ed insegnato tanto. Ringrazio il mio Relatore, il Prof. D’Urso, per la disponibilità, la professionalità e il prezioso aiuto datomi per portare a conclusione nel migliore dei modi il progetto di tesi. Ringrazio la mia Famiglia, per avermi supportato in ogni momento e sopportato allo stesso tempo, per non avermi fatto pesare tutti gli esami andati male ed avermi spronato ad andare avanti, cercando di dare sempre il massimo. Oggi siamo qui, insieme, ed è quello che conta davvero. Voglio dire grazie al gruppo di Cazzeggio&Varie, con voi è stato tutto più bello e divertente! Un grazie va ad Aldo, per tutte quelle materie studiate sui suoi appunti e per la pazienza e la disponibilità nello spiegarmi tutto ciò che chiedevo. Grazie a Benny perchè geometria, meccanica e scienza fortunatamente sono ormai solo un ricordo. Grazie alle new entry, Grazia e Ylenia, mi avete fatto veramente compagnia durante quest’ ultima e stressante estate di studio e negli ultimi mesi di questi miei anni universitari. Ringrazio tutte quelle amicizie che ho trascurato ma che nonostante tutto continuano ad essere presenti. Federica, tu meriteresti molto più di un semplice ringraziamento, hai fatto tanto e mi hai incoraggiato in qualunque modo ti sia stato possibile, sei stata fondamentale per chiudere questo capitolo nel migliore dei modi, e, a distanza di kilometri ci sei stata e continui ad esserci. Poi ci siete voi, RS900, Luca, Danilo ed Emanuele. Voi siete dei Re quanto me. Gli esami, i progetti, i primi lavori con i primi money, sono solo il punto di partenza di un futuro che può darci grandi soddisfazioni, hanno dato il via ad un’amicizia che sono sicuro continuerà negli anni. Siete Grandi, Grazie di tutto! Infine ringrazio me stesso, per non essermi arreso, per essere riuscito ad incassare delusioni e qualche ingiustizia ed essere andato avanti in pieno stile Juventus, Fino alla Fine!

100


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.