INDICE
INTRODUZIONE
CAPITOLO I NUOVE FRONTIERE NON CONVENZIONALI PER LA COMUNICAZIONE GLOBALE CONTEMPORANEA 1.
Le frontiere della comunicazione aziendale globale
1.1 La Comunicazione Commerciale 1.2 Communication e promotion mix 2.
La comunicazione non convenzionale
3. Comunicazione virale o viral marketing 3.1 Opinion leaders: persuasori occulti 3.2 Tendere alla conformitĂ 4. Psicogeomarketing 4.1 Psicogeomarketing, marketing delle emozioni 5.
Il viral marketing, pratica della teoria Memetica
5.1 Memi come strategie di marketing 6. La captologia: macrosuasione e microsuasione
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CAPITOLO II
BE INTERESTED! IL COINVOLGIMENTO PSICOLOGICO
COME FORMA DI COMUNICAZIONE BIDIREZIONALE ED ESPERIENZIALE CON I NUOVI CONSUMATORI Introduzione 1.
L’audience della comunicazione non convenzionale
2.
L’evento fa comunicazione
3.
Il coinvolgimento
4.
Comunicare attraverso l’esperienza
4.1 La comunicazione esperienziale 4.2 Marketing esperienziale 5.
Communication statisfaction
6.
Le relazioni pubbliche
6.1 Relationship satisfaction 7.
L’evoluzione di internet come valorizzazione dei rapporti “one to one”
CAPITOLO III IKEA. UNA STORIA AZIENDALE Introduzione Case History 1.
Ikea, Case History
1.1 Il catalogo: megalog 1.2 Le mosse strategiche
ii
2.
Ikea: lo stato della mente
2.1 Le leve della fonte: il potere della marca, il potere del simbolo 2.2 Le leve del messaggio: il potere della novità, il potere del colore 3
I nuovi codici della Comunicazione dell’Ikea-brand: guerrilla marketing
3.1 Ikea, viral marketing 3.2 Ikea, psicogeomarketing 3.3 Ikea, street marketing e ambient marketing 4
Comunicare il prodotto attraverso il Try-vertising
4.1 Ikea: provalo potrebbe piacerti 5
Ikea fa colpo attraverso il programma-canale tv UKTVstyle Conclusioni CAPITOLO III
CONCLUSIONI BIBLIOGRAFIA SITOGRAFIA DOCUMENTI ON – LINE INDICE DELLE FIGURE
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Introduzione “Non si può non comunicare”1. Questa affermazione fatta dagli studiosi di Palo Alto è da considerare come regola fondamentale sia per quanto riguarda gli individui che le aziende. Secondo il gruppo di studiosi californiani sia la comunicazione sia la non comunicazione sono considerate come messaggio dagli interlocutori che le interpreteranno ognuno secondo le proprie preferenze. In questi ultimi anni si sta assistendo ad un'evoluzione dei mercati, dovuta essenzialmente alla globalizzazione in atto. Questo fenomeno ha generato nuove realtà, nuove configurazioni produttive e ha dato vita alla figura di un nuovo consumatore: più evoluto, più informato e più attento. Il consumatore, oggi, è in primis un individuo con caratteristiche e bisogni diversi e differenziati ed è alla continua ricerca di prodotti e servizi personalizzabili. L’importanza di attuare, quindi, una comunicazione sempre più personalizzata, dettagliata e, in un certo senso, on-demand, è un principio basilare e quanto mai attuale per qualsiasi azienda. Fare in modo che la clientela si senta partecipe di ciò che l’azienda fa per lei e per comunicare con lei è il primo passo verso la fidelizzazione e quindi, allo stesso tempo, un vantaggio competitivo dai molti pregi. Ciò che voglio porre in evidenza con tale affermazione è che i tempi attuali stanno dimostrando come la condivisione di un linguaggio, di un progetto e di una visione del mondo tra l’azienda ed il suo pubblico sia diventata un’esigenza che deve trovare soddisfazione da entrambi i lati. Da una parte è l’azienda che deve mettersi sul piano del consumatore e, in un certo senso, “prestargli ascolto” se vuole incontrare 1
Watzlawick P., Beavin J. H. e Jackson D.D., 1969
I
i suoi favori e acquistare la sua fiducia, dall’altra è lo stesso consumatore a volere un rapporto personalizzato, dedicato, poiché, in questo momento, ciò di cui va alla ricerca è una relazione che trascenda la mera transazione. Non a caso il marketing tradizionale, così detto del monologo, è ormai morto e con esso chi lo pratica. “Integrazione” è la nuova parola d’ordine. Le forme tradizionali di comunicazione e con esse i media che le supportano, sicuramente non cesseranno di esistere, magari non tutte con uguale fortuna, ma molti saranno i cambiamenti. Quindi ciò che oggi non è convenzionale domani sicuramente lo diventerà. Nessuna considerazione di marketing e comunicazione può prescindere dall’analisi del mutamento dello scenario in cui le aziende si trovano ad operare; non si possono comprendere le dinamiche di consumo se prima non si analizza come sono cambiate le dinamiche sociali in cui i consumatori, prima ancora che essere tali, agiscono come genitori, come figli, come colleghi, come amici, etc. Ci stiamo muovendo sempre più verso un profilo di communicompany (dove il primo termine è da intendersi come sintesi tra communication e community), un’impresa che sappia aggregare il suo pubblico in una propria nuova dimensione, in una sorta di piccolo nuovo corpo sociale, e che sappia comunicare i suoi valori e, soprattutto, condividerli. Le nuove tecniche di comunicazione puntano l’attenzione su particolari strategie di promozione, tra le quali la strategia pull che si orienta verso il consumatore finale al fine di creare le condizioni che facilitino il processo d’acquisto. In questo caso, quindi, le dinamiche comunicazionali e promozionali sono finalizzate ad intervenire direttamente sulla domanda, “costringendo” di riflesso i distributori ad acquisitare determinate tipologie di prodotto e di brand maggiormente richieste
II
dalla clientela indebolendone così il potere contrattuale. Di solito, infatti, una strategia pull ricorre ad un sistema di incentivazione incentrato sul ricorso ai grandi media pubblicitari e alle esposizioni che mirano alla creazione di un’immagine di marca, duratura e stabile nel tempo. Una metafora della società postmoderna in cui il marketing è costretto a connotarsi come “non convenzionale” per trovare le ragioni della sua attualità, e soprattutto per risultare ancora efficace, è quella usata dal sociologo britannico Zygmunt Baumann che parla di “modernità liquida” per indicare le nuove forme di produzione, liquide, anonime, mutevoli come tutta la società in cui viviamo2. Il passaggio dalla modernità solida a quella fluida indica che tutte le certezze su cui si è costruita la modernizzazione fino ad oggi stanno venendo meno, sostituite da una fase di sfrenata deregolamentazione e flessibilizzazione dei rapporti sociali; non sorprende, allora, che questa nuova fase veda al centro del suo sviluppo proprio l’individuo. Obiettivo del mio lavoro è, nel mio piccolo, di dare un contributo, analizzando come cambia la comunicazione-presentazione del prodotto nei nuovi canali di comunicazione e cosa si può fare per meglio adattarsi alle preferenze dei consumatori. Come supporto per il mio lavoro mi sono servito di un esempio pratico, mi riferisco alla Case History Ikea, azienda Svedese che si occupa del settore dell’arredamento “democratico”, come rappresentanza di messa in pratica delle nuove tecniche di marketing e comunicazione attraverso un’attenta attività di customer-care, relationship satisfaction e communication mix, mirate alla 2
Baumann Zygmunt. Liquid Life. (trad. it.: Vita liquida, Roma-Bari 2006).
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creazione di eventi per i target interessati, tendendo alla
“metamorfosi
conformista” degli stili di vita globali. Questo perché l’evento, in sostanza, rende orizzontale e biunivoca la comunicazione aziendale, troppo spesso stagnante tra i margini dell’advertising, fino a trasformarla in un dialogo, poiché è in grado di creare i presupposti per un immediato feedback. Dall’analisi del mutamento della comunicazione aziendale globale è stato possibile comprendere e descrivere quali sono le nuove frontiere del marketing aziendale, ovvero le frontiere del marketing alternativo, mettendo in luce i suoi punti di forza. Prima di affrontare l’analisi sulla Case History verranno, quindi, introdotte le varie forme di marketing alternativo, che, nel panorama contemporaneo, più si prestano al raggiungimento dell’obiettivo del mio lavoro, ovvero, tracciare le vie delle tecniche di comunicazione non convenzionale.
IV
CAPITOLO I NUOVE FRONTIERE NON CONVENZIONALI PER LA COMUNICAZIONE GLOBALE CONTEMPORANEA
1. Le frontiere della comunicazione aziendale globale Negli ultimi anni, unitamente al cambiamento del ruolo organizzativo delle relazioni pubbliche e della comunicazione, è avvenuto quello del contenuto del ruolo dei professionisti. Come sostiene Emanuele Invernizzi (2004), oggi le relazioni pubbliche, rispetto anche soltanto a dieci anni fa, sono collocate in una posizione ben più autorevole nelle organizzazioni complesse e hanno a disposizione leve e strumenti molto più consistenti e incisivi, strumenti che consentono di influenzare in senso etico i comportamenti delle organizzazioni e, quindi, di incidere sulla sua reputazione, migliorandola. (Vedi come esempio, quei comportamenti legati all’etica e alla responsabilità sociale che hanno contribuito al successo di molte imprese da Ikea a Illycaffè, favorendone il successo attraverso il coinvolgimento dei dipendenti e dei consumatori )3. Inoltre, la funzione “comunicazione” ha sviluppato le sue specializzazioni professionali e le sue tecniche manageriali, al fine di supportare le azioni e gli eventi dell’organizzazione con opportune iniziative di comunicazione, rivolte a favorire la trasparenza dell’impresa nel suo modo di essere e di agire.
3
Invernizzi E. Le Relazioni Pubbliche. Dalla costruzione dell’immagine al governo della reputazione. Università IULM. s.d file Pdf. http://www.ecletticarp.com/pdf/studiericerche/16_Febbraio_2004.pdf
5
Esempi interessanti sono quelli della comunicazione ambientale e della comunicazione interna, quest’ ultima rivolta a tutte le categorie di dipendenti. C’è da aggiungere, inoltre, che negli ultimi anni è cresciuta l’attenzione per gli aspetti esperienziali del consumo: sono ormai numerosi, infatti, i tentativi di comprensione dell’esperienza del consumatore e di come essa possa venire utilizzata dalle imprese. L’obiettivo è di coinvolgere i consumatori in modo profondo e intimo (attraverso la filosofia del marchio aziendale) oltre che di distinguersi dalla concorrenza. Oggi il consumatore non si accontenta più di trovare i prodotti di cui ha bisogno esposti ordinatamente in un punto vendita che non offre altro che i prodotti stessi, e questo probabilmente, perché, si compra sempre meno per rispondere alla semplice soddisfazione di bisogni. La distribuzione moderna si è accorta di questo fenomeno e sta adeguandosi, (più o meno velocemente) alle nuove esigenze del cliente post moderno. I campi d’azione possono essere molteplici: dai mega centri commerciali, ai negozi multifunzione, dai negozi monotematici, ai negozi che affiancano alla sede fisica anche una sede virtuale; così da assecondare le aspettative e i bisogni palesi e latenti dei nuovi clienti che si delineano sulla scena.
6
1.1 La Comunicazione Commerciale Quando si parla di comunicazione commerciale ci si riferisce ad un’attività di comunicazione volta a favorire il consumo trasferendo informazioni sui prodotti , ma soprattutto, a differenziarli da prodotti analoghi. L’ambito della merce così si estende dai concetti economici di valore d’uso e di valore di scambio, a concetti estranei all’economia, stabilendo così un processo di comunicazione che relaziona le merci alla psiche ed alimentando un processo di semantizzazione delle merci. In questo senso il nome di un prodotto, l’imballaggio e la comunicazione pubblicitaria hanno, oltre alla funzione di stabilire ed evidenziare differenze tra i prodotti, quella di connotarli di significati inerenti ai bisogni privati o sociali: affettivi, immaginari, materiali. La comunicazione commerciale persegue il fine di rendere “oggetto di desiderio” il prodotto di massa, operando il collegamento tra le merci e gli elementi psicologici e di relazione della mente umana, rivolgendosi alla psiche del consumatore e coinvolgendo, attraverso i suoi messaggi, il suo “dialogo interno”. In questo modo, il consumatore è chiamato a tradurre la comunicazione delle merci nel linguaggio dei sogni e delle illusioni, individuali e collettive. Le merci diventano, nello stesso tempo, proiezioni di rapporti umani e “divinità chimeriche” che rappresentano tutto ciò che non può esaurirsi nello scambio sociale 4.
4
Trotta M. (2002). La Pubblicità, ed. Esselibri. p. 153.
7
1.2 Communcation e promotion mix Una delle leve fondanti del marketing mix5 è la promozione, ovvero l’insieme di tutti gli strumenti di comunicazione e di relazione (che le imprese dovrebbero gestire in maniera integrata) con la finalità non solo di informare e coinvolgere il consumatore ad acquistare, ma soprattutto di promuovere l’offerta aziendale, creando intorno ad essa il consenso del pubblico di riferimento, interno ed esterno. Riuscire a gestire in maniera consapevole e strategicamente orientata tutta la rete di comunicazione, verbale e non, e di relazioni con ambienti e “pubblici” diversi, così da gestire la coerenza tra le singole campagne, l’immagine generale dell’azienda e le sue politiche di sviluppo e di consolidamento del business, rappresenta, oggi, non soltanto un’opportunità, ma una vera e propria necessità competitiva per l’azienda che punta alla customer satisfaction e mira a definire e caratterizzare in maniera distintiva il suo posizionamento di soggetto non solo commerciale6, ma anche istituzionale7. Quindi con l’espressione
“communication e promotion mix” si può definire
l’insieme delle attività di comunicazione e promozione di cui si avvale la funzione del marketing per creare e consolidare, nel tempo, una relazione fiduciaria con il cliente e con i pubblici diversi di riferimento dell’azienda, e conquistare, pertanto, il consenso rispetto ai propri prodotti e alla propria cultura.
5
Il termine marketing mix indica la combinazione (mix) di variabili controllabili (leve decisionali) di marketing che le imprese impiegano per raggiungere i propri obiettivi. 6 Comunicazione commerciale = attività che promuove la commercializzazione dell’offerta aziendale. 7 Comunicazione istituzionale = attività che veicola la filosofia dell’azienda, testimonia la sua cultura e sancisce i principi cui essa si ispira.
8
A tale proposito è importante ricordare le promozioni alle vendite, la pubblicità , il marketing diretto, il merchandising8, le relazioni pubbliche (di cui parleremo piÚ avanti) e la sponsorizzazione9.
8
Merchandising = uno strumento utilizzato per conferire maggiore visibilitĂ ai prodotti e per ottimizzare lo spazio espositivo. 9 Castellett Marco (2006). Marketing managment. Teorie e politiche di gestione di marketing. ed. FrancoAngeli. pp.141-142.
9
2. La comunicazione non convenzionale Vista la globalità del mercato contemporaneo, è quindi fisiologico, che, fra tante e nuove rotte, si arrivi ad una comunicazione non convenzionale, che per gli addetti ai lavori è intesa come comunicazione alternativa, inusuale, innovativa, creativa, fuori dai canoni e dagli schemi tradizionali, insomma originale. Non disturba, è poco invasiva, è attraente, stupisce, si fa notare e ricordare moltissimo. Pensare di comunicare in modo tradizionale, in un mercato così diverso al suo interno, come è quello contemporaneo, è sicuramente inadeguato ad una società che muta molto rapidamente e costantemente. Bisogna comunicare in modo più mirato, con investimenti ragionevoli e in modo socio-compatibile. Gli approcci alle innovative tecniche di comunicazione non convenzionale si basano sullo studio “dal basso” della psicologia del target, delle leve razionali ed emozionali, dello spazio in cui si muove il consumatore, delle necessità che lo spingono a volere e a desiderare, dei codici che ne regolano ed influenzano il comportamento spingendolo
ad agire e
a comprare . Ma, in particolar modo, non è più il
consumatore cha va all’azienda , ma l’azienda che va dal consumatore. Il nuovo imperativo è portare il brand a contatto con la gente , per conoscersi a vicenda sempre meglio ed in modo più approfondito. Simona Focetola, all’interno di un suo articolo pubblicato on.line, dal titolo “Non conventional marketing” definisce e illustra quali sono le principali tecniche di marketing non-convenzionale, cui le aziende e i professionisti del settore si stanno rivolgendo sempre più di frequente, in quanto mezzi poco costosi ma originali, che coinvolgono in modo diretto un segmento dei consumatori. Tra queste tecniche:
10
x
il marketing mediterraneo: una “declinazione” del marketing tribale, secondo
il quale la tendenza del consumo postmoderno è rivolta ad una sorta di “riradicamento” sul territorio, attraverso la ricerca di radici e legami sociali10. Mentre il
marketing
americano
risponde
essenzialmente
a
una
richiesta
di
individualizzazione e personalizzazione da parte dei consumatori, l’approccio mediterraneo vede soprattutto individui sempre più isolati che cercano di ristabilire un legame sociale arcaico e comunitario; x
il product placement: pratica che originariamente consisteva nell’inserire un
marchio, un prodotto, una confezione o un cartellone pubblicitario all’interno di un film o di uno show televisivo, si è evoluto penetrando nei talk show, nei videogiochi, nei testi delle canzoni, nei videoclip, nei libri nei fumetti, nei negozi; x
il viral marketing: sfrutta i meccanismi di propagazione tipici dei virus, entità
che si auto-perpetuano e si auto-propagano in maniera esponenziale, generando vere e prorie epidemie. Il viral marketing: a) identifica solamente le persone maggiormente interessate a un particolare messaggio di marketing; b) veicola il messaggio in una maniera rilevante per loro, rendendolo enjoyable11 o valuable; c) fornisce il messaggio in modo che le persone siano incoraggiate a condividerlo con gli altri; x
il word-of-mouth: ( più comunemente conosciuto come passaparola ), è la
trasmissione di informazioni, considerazioni, opinioni su un prodotto o su un brand che avviene da persona a persona in modo informale. Tipicamente considerata una forma di comunicazione verbale, è oggi potenziato dal Web (blog, forum ed e10
Cova B. Il marketing tribale. Legame, comunità, autenticità nel marketing mediterraneo. ed. Il Sole 24 ore (2003). 11 tr. Enjoyable = piacevole; tr. Valouable = prezioso;
11
mail). Solitamente il target è più propenso a fidarsi di una comunicazione che avviene attraverso il passaparola, rispetto a forme di persuasione più tradizionali, grazie alla forte credibilità derivata dall’alto valore percepito della fonte, ritenuta attendibile non avendo un interesse diretto alla vendita. Un’operazione di word-ofmouth ben riuscita genera l’effetto buzz (ronzio), una forma altamente intensa e interattiva di passaparola; x
il guerrilla marketing: come la guerilla (guerra condotta con mezzi non
convenzionali da chi può contare su poche risorse contro un nemico preponderante) si basa su rapidi colpi di mano o sulla creazione di tensione nell’avversario. Un caso recente è quello di Sony-Ericcson, che ha assoldato attori che si fingevano turisti con il compito di farsi fotografare dai passanti utilizzando il nuovo telefonino con fotocamera integrata; x
l’ambient marketing: è un approccio originale alla comunicazione e in
particolare alla segmentazione del target di riferimento, che viene individuato attraverso i luoghi fisici in cui si aggrega spontaneamente. Ai classici e rigidi “stili di vita”, l’ambient marketing contrappone dei “momenti di vita”, situazioni in cui il target si raduna spontaneamente, in luoghi e momenti determinati. Seguendo tale approccio, la comunicazione raggiunge il target al di fuori dei comuni canali di vendita, quando è più ricettivo al messaggio pubblicitario: nei luoghi in cui si reca spontaneamente e nel momento in cui è più ricettivo alla comunicazione. Questa tecnica è di grandissima efficacia se applicata nel momento in cui nasce il bisogno di un prodotto o di un servizio12.
12
Focetola S. Non conventional marketing. http://marketing.monster.it/8989_it_p1.asp
Le
tecniche
del
neomarketing
.
s.d.
12
L’importante è riuscire ad innescare ,nella mente dei consumatori, virus memetici in grado di replicarsi nelle menti dei consumatori secondo le modalità del viral marketing , ovvero l’ideazione ed organizzazione di pseudo eventi, on e off line, ad elevata diffusione, concepiti in integrazione all’immagine aziendale ( inseminazione virale on line in blog, chat e newsgroup mediante utenti fittizi, o ancora invitare i consumatori a raccontare attraverso brevi documentari autoprodotti la propria esperienza con il marchio). Azioni di questo tipo garantiscono spesso la memorizzazione, la riconoscibilità e la referenzialità del marchio ma non sempre la sua collocazione merceologica13.
13
Arenghi D. Comunicazione non convenzionale: istruzioni per l’uso. 17 Giugno 2006. http://www.mymarketing.it/dblog/articolo.asp?articolo=467
13
3. Comunicazione virale o viral marketing A questo punto, approfondendo la definizione precedentemente data, possiamo definire il viral marketing come una qualsiasi attività che stimoli le persone a passare un nostro messaggio di marketing ad altre persone, possibilmente aggiungendo credibilità al messaggio attraverso un loro endorsement14 del messaggio. L’idea di fondo è convincere i consumatori a parlare del marchio ai loro conoscenti, raccomandarne il prodotto, fino ad arrivare ad una trasmissione “contagiosa” del messaggio. Ma rendere virale una comunicazione è cosa ardua, presenta diverse difficoltà: la prima sta nel trasformare le persone in alfieri del prodotto virale, ovvero in rappresentanti ideali dell’idea di comunicazione
che si vuole effettuare,
schierandosi dalla parte del prodotto, dandone un giudizio di valore al punto di diffonderlo e raccomandarlo, esponendosi al giudizio delle persone che si cerca di coinvolgere e rischiando perdita di credibilità. Queste persone possono raccomandare il prodotto ad amici, innescando e propagando il viral marketing.
Figura 1 La piramide del Marketing Virale
Fonte: http://www.imediaconnection.com/images/content/viral_marketing.jpg 14
tr. Endorsement = (comunemente detta) girata;
14
Ma è ovvio pensare: perché dovrebbero farlo? Una risposta di base sta nell’area delle motivazioni. L’utente aderirà, pertanto, alla comunicazione se riterrà di avere un ritorno personale positivo che può essere di vario tipo, tangibile, o più frequentemente, intangibile, con la “bella figura” di usufruire di qualcosa di bello e innovativo; normalmente è un fatto d’immagine, dunque, un ritorno di tipo tangibile legato al rafforzamento della propria leadership in fatto di opinioni e al proprio prestigio sociale nel gruppo15. È chiaro che quanto più si è in vista nella propria comunità, appartenendo ad una comunità “formale”, tanto più si avrà da perdere raccomandando le cose sbagliate, o quelle il cui valore non viene condiviso dai propri pari. Il meccanismo dunque poggia sulla forza degli opinion leaders, persone dotate di carisma che riescono ad influenzare il comportamento e le idee di un gran numero di individui. Già Lazarsfeld, negli anni ’30 del novecento, attraverso la teoria del two steps flow of communication (il doppio flusso della comunicazione) sosteneva che i messaggi dei grandi mezzi di comunicazione sono filtrati dai cosiddetti “leaders d’opinione”, capaci di influenzare l’atteggiamento dei componenti di piccoli gruppi. La ricerca di Lazarsfeld è il risultato di un lungo percorso d’indagini empiriche che mettono al vaglio momenti specifici dell’azione di scelta e, in particolare, la decisione di acquisto o di consumo16 .
15
Venturini R. Non tutti i virus sono così contagiosi. Web Marketing Tools. 23 Ottobre 2002. http://www.percheinternet.it/autoformazione/viral-marketing.html 16 Cit. Savarese R. Comunicazione, media e società. Esselibri (2004). Dalla ricerca emerge, inoltre che il 26% era passato dall’indecisione alla scelta di un partito; il 16% non aveva permesso una valutazione precisa; e solo il 5% mostrava un definito passaggio da un partito all’altro per effetto della campagna elettorale. La grande maggioranza degli elettori sembrava
15
Riferendoci ad una ricerca empirica di Lazarsfeld in cui si fa riferimento alla propensione al voto in America, lo stesso aveva notato che gli elettori ricevevano informazioni sia direttamente dai media e dai candidati, sia da mediatori (opinion leaders) che riportavano, commentando e analizzando, notizie e dati appresi da altri. Il ruolo di questi mediatori e la loro influenza avevano un peso notevolissimo. Effettivamente molti lavori di psicologia sociale successivi hanno finito per confermare che l’informazione che arriva da un altro individuo, dotato di una qualche forma di prestigio, riesce ad influenzare l’interlocutore in modo assolutamente potente, talvolta anche più dei mass media stessi.
Figura 2 Attività di BzzAgent
Fonte http://www.bzzagent.co.uk/img/person_bee.gif
Oggi visto che le sperimentazioni degli opinion leaders hanno dato esito positivo, c’è chi ha iniziato ad applicare questi principi a una precisa strategia, ad esempio la società americana BZZAGENT, che detiene un esercito di “contagiatori” del
in ogni caso essersi esposta più larga parte ai messaggi propagandistici del partito del quale già era seguace.
16
brand, che consta di circa 100 individui dediti all’attuazione di campagne virali per aziende, come Coca-cola, Lee Jeans, Kelloggs, e molte altre17.
17
Zarantonello G. Fare marketing con il passaparola:appunti di Viral Marketing. s.d. http://www.eccellere.com/rubriche/Comunicazione/Viralmarketing.htm
17
3.1 Opinion Leaders: persuasori occulti Nel 1957 Vance Packard, pubblica un libro dal titolo intrigante: “I persuasori occulti”. Il volume analizza la perversa alleanza tra psicologia e pubblicità, denunciando l’uso di tecniche derivate dalla psicologia del profondo per manipolare i comportamenti degli individui. Il successo è enorme e il testo viene ben presto tradotto in tutto il mondo. Packard sostiene che molti di noi oggi sono influenzati assai più di quanto non sospettino; infatti la nostra esistenza quotidiana è sottoposta a continue manipolazioni di cui non ci rendiamo conto. Sono all’opera su vasta scala forze che si propongono, e spesso con successi sbalorditivi, di convogliare le nostre abitudini inconscie, le nostre preferenze di consumatori, i nostri meccanismi mentali, ricorrendo a metodi presi a prestito dalla psichiatria e dalle scienze sociali18. Il quadro che emerge dalla lettura del volume richiama alla mente la realtà descritta da Gorge Orwell in “1984”. Il problema è che quello di Packard non è un romanzo. Il libro, che sviluppa polemiche durissime, è anche alla base della diffidenza che larghe fasce della società conserveranno a lungo nei confronti della comunicazione pubblicitaria19. Secondo Gabriella Ambrosio questi leaders d’opinione possono essere divisi in due categorie: influencers e remixers. Si tratta, per lo più, di persone particolarmente attive nel campo dell’arte della musica e della comunicazione in generale, dei “responsabili” di smistamento delle informazioni. Individui, come abbiamo accennato nel paragrafo precedente, che con la loro attività sono in grado di influenzare e condizionare in maniera significativa la cultura dominante, generando nuovi stili e nuove tendenze. 18 19
Packard V. (1958). I persuasori occulti. Ed. Einaudi. Trotta M. (2002). La Pubblicità, ed. Esselibri. p.153.
18
Gli “influencers” possono essere definiti dei veri e propri “produttori di cultura”, ovvero delle persone che svolgono particolari attività (artisti, musicisti, sportivi, scrittori) attraverso cui sono in grado di condizionare in maniera decisiva la nascita e l’evoluzione di nuovi stili culturali. Sono, insomma,
persone fortemente
individualiste, con un fortissimo senso dell’autonomia, dell’originalità e della personalità. Difficilmente si fanno caratterizzare da un brand in maniera totalizzante, sono curiosi, ricettivi, portati verso le nuove conoscenze, nonché spesso titolari di grandi progetti innovativi. I remixers, invece, sono maestri nel mescolare differenti stili creandone, a loro volta, dei nuovi. L’esempio perfetto di remixers è rappresentato dal Dj. In questo caso la prerogativa principale è il saper rimpastare e rielaborare dei successi già esistenti in modo continuo creando dei veri e propri “tormentoni”. Questo comporta per le aziende che chi si occupa di “marketing non convenzionale” non possa farlo seduto dietro la scrivania elaborando dati e leggendo riviste, in quanto, così otterrebbe solo informazioni di seconda mano. Bisogna che veda sul campo, respiri la stessa aria dei consumatori, frequenti gli stessi posti, ascolti la stessa musica, percorra la stessa strada. Ad esempio l’entertainment di Red Bull passa il suo tempo nelle discoteche a scovare nuovi talenti da valorizzare con il proprio brand20.
20
Marketing: diteci cosa vi piace … ora il marchio insegue l’utente. 23 Maggio 2007. http://canali.libero.it/affaritaliani/economia/marcayoutube2105.html?pg=3
19
3.2 Tendere alla conformità L’attività degli “opinion leaders” ci riporta fondamentalmente ad un tema approfondito nel campo degli studi sulla persuasione ovvero il concetto di conformità. La conformità e l’innovazione sono processi basilari del comportamento sociale umano; essi possono essere concepiti da una parte come modalità del processo della persuasione, dall’altra come effetti che da questa derivano. Nel corso della loro storia, i sistemi sociali, i gruppi, gli individui si adattano ed intervengono sull’ambiente, sia fisico sia culturale, seguendo sistemi di regole consolidate, interiorizzate. Non a caso la somiglianza è il criterio costitutivo dell’identità: le persone simili per qualche fattore si riconoscono come parte di una determinata categoria e, attraverso questa strada, declinano la loro identità sociale. Le persone possono sentirsi altresì portate alla differenziazione ma le innovazioni che esse propongono hanno rilievo sociale solo se fissano nuove categorie linguistiche cioè si affermano socialmente, delineando un nuovo riferimento normativo capace di richiamare la conformità. La conformità e l’innovazione servono ambedue ad assicurare l’equilibrio di un sistema in costante mutamento. Questo principio è riconoscibile ampiamente nelle comunicazioni sociali: la pubblicità e la propaganda possono intervenire per rinforzare credenze, atteggiamenti, comportamenti già attivi in una certa popolazione o per modificarli.
20
La conformità, nello specifico, riguarda l’effetto di fattori d’influenza su pensieri, sentimenti e comportamenti che ci portano ad essere in linea con i riferimenti sociali rappresentati sia da gruppi reali sia da gruppi immaginari. La conformità produce conformità perché essa implica l’influenza di norme tanto manifeste quanto implicite che sul, piano percettivo, affettivo e cognitivo, si impongono potentemente in termini di autoreferenzialità . Si possono individuare tre differenti dimensioni della conformità messe a fuoco da altrettanti studi fondamentali. a. La condivisione, secondo cui la conformità scaturisce dalla regolamentazione reciproca e sancisce una norma che l’individuo sente come sua. La conformità è quindi il prodotto del processo di formazione della norma all’interno del gruppo. Lo studio basilare di riferimento è l’esperimento detto dell’effetto “autocinetico” di Muzafer Sherif (1936); b. L’acquiescenza, si riferisce al fatto che la conformità è il prodotto della pressione di gruppo nei confronti dell’individuo. La pressione è stata studiata, tra i primi, da Salomon Asch nel suo esperimento sul “confronto delle linee”(1955); c. L’obbedienza, in questo caso la conformità viene ad essere il prodotto di richieste e comandi provenienti da fonti di autorità. A riguardo lo studio fondamentale
è
quello
di
Stanley
Milgram
“sull’obbedienza
distruttiva”(1974)21.
21
Smiraglia Stanislao.(2006). Il processo della persuasione. Scriptaweb.it. pp. 9-10.
21
Ma quest’ ultima dimensione non è propriamente riconducibile al nostro filone di analisi.
22
4. Psicogeomarketing Oggi ogni azione di marketing si trova di fronte alla necessità di un’adeguata conoscenza preventiva delle specificità territoriali su cui l’azione insiste. Sono conoscenze geografiche paragonabili a quelle che, in ambito bellico, vengono messe in campo per progettare la tipologia di intervento, selezionare l’utilizzo delle armi e studiare il dispiegamento dei contingenti sul territorio in funzione del posizionamento del nemico. Sono le informazioni che rendono possibile il “bombardamento chirurgico” dell’azione di marketing.
Figura 3 Raffigurazione di un piano di psicogeomarketing
Fonte www.guerrigliamarketing.it/.../img/geomktg01.jpg
Lo spirito dello psicogeomarketing è proprio quello della guerriglia. Lo psicogeomarketing rappresenta un’evoluzione rispetto agli approcci tradizionali del marketing territoriale, in quanto non si occupa semplicemente dell’analisi sociodemografica della popolazione che insiste su un territorio, ma si preoccupa invece dell’analisi psicogeografica dei siti oggetto dell’intervento.
23
La tecnica utilizzata è quella della deriva, il vagare senza meta negli spazi urbani, l’improvviso attraversamento degli ambienti in cui l’attenzione viene focalizzata sull’impatto emozionale che i luoghi esercitano sulle persone22.
22
Natella A. s.d. http://www.guerrigliamarketing.it/intelligence/psicogeo.htm
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4.1 Psicogeomarketing, marketing delle emozioni In un mercato in cui è difficile fare la differenza, è necessario sviluppare strategie di differenziazione dalla concorrenza che si prefiggano di associare emozioni all’immagine dei marchi e provocare emozioni nell’utilizzatore. Quali sono le emozioni che il prodotto può produrre? Per rispondere a questa domanda analizziamo più da vicino le ricerche sulla psicologia delle emozioni. Tale ricerca ha evidenziato otto emozioni primarie: gioia, accettazione, paura, sorpresa, tristezza, schifo, collera, aspettativa. Dalla loro combinazione emergono le emozioni che ne derivano: ottimismo, amore, sottomissione, spavento, delusione, rimorso, disprezzo, aggressività23. Secondo Canestrari (1984) 24, per poter spiegare le emozioni, occorre anche sapere come chiamarle e rispondere a diversi interrogativi. Quali sono le emozioni primarie e fondamentali? In quale rapporto stanno fra loro? Un approccio alla psicologia delle emozioni è stato fornito da Plutchick (1981) secondo il quale “le emozioni variano di intensità e nel grado di somiglianza reciproca e presentano un carattere bipolare, nel senso che, ad esempio, a gioia è l’opposto della tristezza, l’odio dell’amore …”25. Plutchick considera otto emozioni fondamentali : anger, fear, joy, sadness, disgust, acceptance , anticipation, surprise.
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Trevisani D.(2001) Psicologia di marketing e comunicazione. 3°edizione. ed. FrancoAngeli. pp. 84-86. 24 Canestrari,R. (1984). Psicologia generale e dello sviluppo. Bologna, Clueb. 25 Plutchick,R. Un linguaggio per le emozioni. Psicologia contemporanea. pp.29-36.
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5. Il viral marketing, pratica della teoria Memetica Susan Blackmore nell’opera “La macchina dei Memi” analizza la teoria memetica, che già dal 1976, quando Richard Darwins l’aveva introdotta nel suo testo “Gene Egoista”, aveva affascinato un gran numero di scienziati. A questo punto giusto domandarci a cosa ci riferiamo quando parliamo di memetica e, più precisamente, di memi. Come i geni, i memi sono dei replicatori che lottano per entrare nel maggior numero di cervelli possibili, propagandosi come un contagio, attraverso un’attività di copiatura. Nell’ambito della comunicazione il telegrafo, il telefono e la radio, sono tutti passi verso una più efficace diffusione dei memi aumentando la fecondità del processo di copiatura. Gli esseri umani si sono evoluti geneticamente, secondo Dunbar, per chiacchierare e spettegolare, creando in questo processo un’enorme quantità di memi.
Figura 4 Il ciclo virale
Fonte http://www.meshdigital.com/images/viralcycle.gif
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Chi usa il telefono, quindi, diffonderà un maggior numero di idee, per il semplice fatto che utilizzerà un mezzo più veloce e, fra le idee così propagate, ci sarà anche quella di usare il telefono26. Oggi, grazie all’evoluzione della tecnologia informatica, i memi possono essere memorizzati sull’hard disk di un computer di New York, ad esempio, e in qualsiasi momento del giorno o della notte essere copiati quasi senza errori e trasmessi su linee telefoniche o connessioni via satellite a un computer di Milano, Berlino e Pechino, usando, nel processo, le risorse energetiche di infiniti esseri umani. Questi memi possono essere utilizzati per creare altri prodotti. Possono essere salvati su dischetti nella loro nuova locazione, oppure, per risparmiare spazio, si può salvare solo il link e richiamare l’informazione quando serve. Il mondo visivo è così complesso, che, registrare anche solo minuscole frazioni dell’immagine in movimento, finirebbe con il sopraffare il vasto sistema di memorizzazione del cervello umano. Il cervello, invece, scarta gran parte dell’informazione e fa affidamento sulla capacità di ciascuno di tornare a osservare. Quando guardiamo fuori dalla finestra, possiamo avere l’impressione di un’immagine visiva splendidamente ricca, ma in realtà tutto quello che il nostro cervello contiene è una piccola parte dell’immagine centrale, uno schizzo molto grossolano del resto, la capacità di reagire rapidamente al cambiamento e, se necessario, di tornare a guardare27.
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Blackmore S. (1999). La macchina dei memi. Oxford University Press. ed. Instar Libri. p. 362. Blackmore S. (1999) . La macchina dei memi. Oxford University Press. ed. Instar Libri. pp. 369-370. 27
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Esempi di memi sono melodie, idee, frasi, mode, modi di modellare vasi o costruire archi. Proprio come i geni si propagano nel pool genico saltando di corpo in corpo tramite spermatozoi o cellule uovo, cosÏ i memi si propagano nel pool memico saltando di cervello in cervello tramite un processo che, in senso lato, si può chiamare imitazione.
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5.1 Memi come strategie di marketing È possibile oggi attuare un’ applicazione sistematica del paradigma memetico al marketing, alle tecniche di comunicazione, alle campagne creative e pubblicitarie, allo sviluppo e all’innovazione di nuove idee e prodotti. È possibile ancora abbandonare, con l’accezione di trasmissione memetica, la prospettiva secolare che vede nell’individuo la capacità di scegliere secondo un modello perfettamente razionale della mente e della volontà personale. Il filosofo cognitivista statunitense Daniel C. Dennett è tra i principali fautori contemporanei del ribaltamento teorico di una simile concezione: la nostra identità e la coscienza medesima, di cui ci riteniamo possessori unitari, non sono che temporanee costellazioni mentali ed emozionali costituite da fazioni in continua competizione darwiniana di memeplessi ( complessi di memi coadattati), che aspirano ad una sopravvivenza e ad una visibilità, le più durature possibili. I memi, come strategie operative in grado di essere replicate, sono i protagonisti di un quadro metaforico ben preciso, che utilizza il modello dell’epidemia e del contagio non certo in modo ingenuo o sociologicamente infruttuoso, bensì per costituire un corpus di conoscenze e tecniche in stretta simbiosi con altre intuizioni disciplinari, per: x Ingegnizzare il DNA memetico di un’idea, un prodotto, un fenomeno, un brand; x Progettare, selezionare, codificare memi che si annidino con favore nella mente del consumatore;
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x Comunicare tali memi in modo da avviare contagi comportamentali opportuni (epidemie); x Verificare gli effetti e perfezionare l’attività strategica per un sempre più adeguato “fitting” memetico;
In tal senso si può affermare che la memetica è la disciplina che analizza il comportamento del consumatore. E per questo non può non avvalersi di modalità comunicative che non siano darwiniane. Bisogna dunque applicare la Darwin’s Dangerous Idea alla fondazione di ogni brand o di qualsiasi nuova nicchia/categoria in cui posizionare con successo un servizio o prodotto specifico. Nel far questo è necessario partire ignorando la sfera razionale dei consumatori, procedere per micro-mutazioni, farle crescere e maturare rifiutando i principi e l’ethos delle grandi organizzazioni, che sempre tentano di mantenere lo status quo del mercato. Quindi saranno utili le seguenti modalità di azione: x Concentrarsi interamente su ciò che davvero si vende: l’identità del brand o dell’idea; x Considerare le persone come puri vettori potenziali per un nuovo tipo di malattia – il brand in questione; x Dare via libera a qualcosa che è progettata, impacchettata, denominata e pubblicizzata in modo che la sua realtà memetica la diffondi come un contagio;
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x Usare il linguaggio giusto, una strategia comunicativa adatta allo scopo e al consumatore;
E’ questa in generale la ricetta per ingegnerizzare prodotti e idee che il pubblico preferirà e apprezzerà, pur senza l’esplicita attività di una valutazione razionale28.
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Francesco Ianneo http://memetica.interfree.it/Marketing_memetico.html s.d.
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