titolo opera coordinate piano stanza nel museo (codice?)
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A Montevarchi, località collocata al centro del triangolo Firenze-Arezzo-Siena, alle porte del Chianti, patria di scultori importanti come Francesco Mochi e Massimiliano Soldani Benzi, si è concretizzato il progetto di far nascere un luogo dove imparare a guardare la scultura, un centro dove scoprire, conoscere, documentare e comunicare la plastica italiana degli ultimi due secoli, dando visibilità ad un’arte il cui apprezzamento è costantemente in crescita anche tra il grande pubblico. Pochi sanno che nel nostro Paese, tra proprietà pubblica e privata, esistono circa un centinaio di realtà tra Gipsoteche e Musei d’Artista, delle quali oltre 30 solo in Toscana, un patrimonio immenso che, di fatto, costituisce una sorta di “percorso plastico” di grande fascino e certamente straordinario, ma assolutamente ignorato, non valorizzato e non comunicato.
LA “MISSION” DEL CASSERO, OLTRE LA RICERCA E LA DOCUMENTAZIONE DELLA PLASTICA ITALIANA DEL PERIODO, RACCOGLIENDO ED ACQUISENDO MATERIALE SUGLI SCULTORI, È, QUINDI, QUELLA DI STABILIRE RAPPORTI CONCRETI CON TALI REALTÀ, AVVIANDO CON ESSE PROGETTI COMUNI ED ESPOSIZIONI VOLTE ALLA DIVULGAZIONE E ALLA VALORIZZAZIONE DI COLLEZIONI POCO NOTE E VISITATE E, NON TRALASCIANDO DI ATTIVARE IMPORTANTI SINERGIE DI RICERCA E FORMAZIONE CON LE UNIVERSITÀ ITALIANE, CREARE UNA “RETE” DEDICATA ALLA SCULTURA - NUOVA ED ANCORA INESISTENTE - CHE POSSA AVERE SICURA VALENZA NAZIONALE.
L’idea di costituire una “officina di ricerca e valorizzazione” con sede nello storico edificio medievale montevarchino di proprietà della Provincia di Arezzo, ha riscosso sin da subito un grande interesse e la generosa collaborazione di una serie di eredi di artisti che - per libera donazione - in oltre un quindicennio hanno fatto confluire a Montevarchi oltre mezzo migliaio di opere, unitamente ad un considerevole numero di documenti originali, fotografie d’epoca e rassegne stampa, la cui entità è in corso di catalogazione.
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Immaginate un castello in pietra grigia, al centro di una grande e scenografica piazza, al limitare della “Mandorla” che rende unico, per originalità di impianto urbanistico, il borgo di Montevarchi nell’aretino, alla porta del Chianti. A popolare il castello, centinaia di sculture, creature nate tra Ottocento e Novecento, bronzi, legni, gessi, terrecotte, ceramiche, marmi, collocate su mensole rosso cardinale su sfondo azzurro, a suggerire scenografie modernissime che si coniugano perfettamente con le pietre delle strutture antiche. Oppure istallate nello statuario al pianoterra, a guardare, ed essere ammirate, di là dalle ampie superfici di vetro che aprono il Cassero verso la grande piazza. Criteri museografici e museologici all’avanguardia e gusto per la scenografia sono sottesi alla collocazione di questo patrimonio d’arte, facendolo per la prima volta emergere dai depositi, ma soprattutto dalle case-studio appartenute agli artisti. Il Cassero per la Scultura è, non tanto e non solo, un nuovo spazio museale che non ha paragoni in Italia, ma anche un progetto originale, unico nel suo genere. Un luogo per imparare a guardare la scultura e un centro dove scoprire, conoscere, documentare e comunicare la scultura italiana degli ultimi due secoli, in grado di fornire informazioni biografiche, bibliografiche ed espositive di oltre 5.000 scultori italiani cronologicamente compresi tra Antonio Canova ed il secondo Novecento. Ma alle finalità primarie, il Cassero affiancherà anche una singolare e innovativa attività didattica destinata ai visitatori più giovani.
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COLLEZIONI Al momento la collezione permanente, interamente restaurata, consta di oltre mezzo migliaio di opere, giunte a Montevarchi grazie a donazioni di privati. In sale dedicate, il visitatore potrĂ ammirare le creazioni di maggior rilievo di artisti come Michelangelo Monti, Timo Bortolotti, Arturo Stagliano, Alberto Giacomasso, Mentore Maltoni, Valmore Gemignani, Firenze Poggi e Donatella (Dodi) Bortolotti.
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Oggi tutte patrimonio del Cassero, e con esse le sculture dei montevarchini Pietro Guerri, Elio Galassi e Ernesto Galeffi, già di proprietà comunale. Non mancano i capolavori come L’inizio alla vita e Gioventù di Michelangelo Monti, il primo - eccellente esempio di quella scultura d’impegno sociale - venne esposto alla Quadriennale di Torino del 1902 davanti al notissimo Quarto Stato di Pellizza da Volpedo oggi alla GAM di Milano, il secondo invece, più novecentista, apprezzato da Margherita Sarfatti alla I Biennale romana del 1921. Il Pescatorello e La preda di Timo Bortolotti, rispettivamente esposti il primo alla II Quadriennale romana del 1934 e alla storica Esposizione d’Arte Italiana al Jeu de Paume di Parigi nel 1935, dove ottenne l’apprezzamento di Maillol, e il secondo alla IV Quadriennale romana del 1942. Ma anche lo straordinario ritratto del 1932 di Gastone Brilli Peri, storico antagonista di Nuvolari, con cuffia e occhialoni da pilota, opera matura di Pietro Guerri, e il fascinoso e tremendo Roi René del 1964 di Ernesto Galeffi, unicum assoluto nel panorama della scultura occidentale del secondo Novecento.
Ma il Cassero per la Scultura, oltre che un suggestivo e godibilissimo scrigno di opere esposte è anche un fondamentale centro di documentazione. In locali accessibili agli esperti accoglie infatti un considerevole numero di documenti originali, fotografie d’epoca e rassegne stampa. Un cuore archivistico che si sta allargando grazie a continue donazioni e acquisizioni e che già oggi è tra i più importanti del Paese.
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ALLESTIMENTO L’attenzione all’abbattimento delle barriere architettoniche e alla fruibilità da parte dei portatori di handicap (ipovedenti e non vedenti), ma anche con la presenza di un bookshop, la registrazione dei visitatori, l’impianto di video-sorveglianza, l’impianto audio, la disponibilità di audio-guide per ogni visitatore, l’orario di apertura ampio ed un sito web in grado di garantire l’accessibilità ai contenuti anche agli utenti disabili e svantaggiati, punta a soddisfare quegli standard museali ormai
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imprescindibili per un’Istituzione che si apre al pubblico. Ogni sala è stata concepita come un atelier d’artiste creando spazi adatti al carattere degli artisti e delle loro collezioni e quindi si distingue dalle normali esposizioni museali.
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Lo statuario al piano terra invece, particolarmente spazioso e suggestivo - aperto sulla grande piazza e con la presenza della storica torre ingabbiata da una cortina in acciaio naturale traforato a tutta altezza – è pensato come il luogo ideale per le attività didattiche, ma anche per un esclusivo e singolare utilizzo in occasione di aperture serali e notturne, su prenotazione. Ancora una particolarità unica! Su richiesta, al Cassero sarà possibile toccare alcune sculture indossando guanti professionali in lana leggerissima messi a disposizione.
Inserire le piante dell’allestimento
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IL CASSERO. LA STORIA (XIV – XX SECOLO)
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Sviluppatosi come “mercatale” lungo la principale via di comunicazione tra Arezzo e Firenze, ai piedi del castello originario prima proprietà dei Marchesi di Pierle e poi dei Conti Guidi, Montevarchi passò sotto la giurisdizione di Firenze definitivamente nel 1273. Da allora divenne caposaldo di confine e importante centro di scambi commerciali, tanto che necessitò di strutture difensive forti ed efficaci. La cinta muraria voluta dai Fiorentini nel 1328 si sviluppò, seguendo l’assetto urbanistico, con andamento ellittico; in particolare le mura - tuttora talvolta visibili anche se inglobate in strutture abitative private - curvavano nella parte che guardava verso Arezzo, in corrispondenza del torrente Dogana, e nella parte che guardava Firenze. Della fortificazione montevarchina facevano parte le due porte principali alle estremità dell’attuale Via Roma - la Porta Fiorentina (distrutta nei primi anni del XX secolo) e la Porta Aretina - altre cinque porte minori, un antemurale a protezione della zona destinata al mercato, e due torri, delle quali la più imponente e importante era il Cassero, tutt’oggi conservato.
Il Cassero si raccordava alla Porta Fiorentina con un tratto murario curvo, riemerso durante la recente ristrutturazione della piazza antistante ed evidenziato mediante la diversa pavimentazione realizzata nell’occasione. Il Cassero aveva quindi funzione militare attiva ed era costituito da un “maschio a cui è attaccato il corpo di guardia per i soldati, i quali dalla cima della torre vi scendevano a riposarsi finita la loro funzione…” (Conti, 1770). Il mutare degli assetti politici ed economici dei secoli successivi trasformarono Montevarchi da avamposto militare a centro manifatturiero (i “pannilana”) e agricolo (sede della Fattoria Medicea) al servizio del governo fiorentino; le mura tuttavia vennero tutelate e mantenute fino al XVII secolo quando, di un lungo periodo di pace e stabilità politica con il conseguente ampliamento della città, non le fecero cadere in oblio. Le fortificazioni persero la loro importanza, una parte di esse venne abbattuta mentre altre furono incorporate in nuove costruzioni. Il periodo lorenese incrementò un processo di privatizzazione di edifici fino ad allora di proprietà granducale, modificando il volto di parte del centro storico; alla fine del XVIII secolo il Cassero venne ceduto a privati, senza tuttavia che ne fosse stravolta la struttura.
Nella seconda metà dell’Ottocento, invece, l’edificio fu acquisito dalla Provincia di Arezzo e nei primi decenni del secolo successivo subì i primi interventi di ristrutturazione interna, tornando ad assumere la sua originaria funzione “difensiva” con la destinazione a sede della locale Caserma dei Carabinieri. Nel 1996 l’Amministrazione Provinciale di Arezzo ha concesso la struttura in comodato al Comune di Montevarchi, che ha deciso di provvedere alla sua ristrutturazione.
Nel corso degli anni sono stati vari e molteplici gli interventi realizzati sull’edificio - sottoposto fra l’altro al vincolo di cui alla legge n°1089 del 1 giugno 1939 - fino al rinnovamento della struttura portante del tetto. Interventi che hanno portato il fabbricato a comporsi attualmente su due piani oltre il piano terra che si affaccia sulla piazza; in particolare, il secondo piano è stato ricavato chiudendo la merlatura della struttura originaria. All’interno dell’edificio, con la chiusura dello antico cortile, è stata costruita una scala in pietra a collegamento dei tre piani. Per il recupero della struttura, l’Amministrazione Comunale, per quanto previsto dall’art. 12 della legge n°537 del 24.12.1993, ha chiesto ed ottenuto un contributo della Regione Toscana e con deliberazione della Giunta Comunale n°810 del 21.08.1996, esecutiva, è stato approvato il progetto per i “Lavori di riconsolidamento per il recupero del Cassero”.
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INTORNO AL CASSERO Usciti dal Cassero per la Scultura, è piacevole passeggiare in quella che è stata e continua ad essere la Piazza del Mercato e che, oggi, rimessa a nuovo, è diventata uno dei fulcri della città. Non vi è possibilità di dubbio sul fatto che Montevarchi, al limitare del Chianti, meriti una visita approfondita. Se non altro per lasciarsi straniare dai vicoli che intersecano e uniscono le varie porzioni della “mandorla” che rende unica al mondo la conformazione urbanistica del suo centro storico. Qui non è difficile respirare ancora l’aria di città per secoli preservata da mura a da sempre aperta agli scambi. Ne è appunto testimonianza il Mercato che ancora oggi, come otto secoli fa, si svolge tutti i giovedì.
Un mercato che fu tanto importante da imporre una propria unità di misura, la Staio montevarchino (dall’antica unità romana di misura: “stadio”). Sulla via Isidoro del Lungo (via dei Musei), che parte dalla piazza su cui si affaccia il Cassero, tra i monumenti che meritano una visita va sicuramente citata la Collegiata di San Lorenzo, prima romanica oggi barocca, che custodisce la venerata Reliquia della Sacro Latte con l’altare di Massimiliano Soldani Benzi. Nell’attiguo Museo di Arte Sacra il capolavoro da non perdere è il tempietto di Andrea della Robbia, datato 1505. Due altre chiese ragguardevoli sono quelle della Madonna del Giglio, cinquecentesca, e della Misericordia, anch’essa di origine cinquecentesca e nota come la “Chiesa delle Monache” per l’essere stata luogo di culto del monastero di Santa Maria Del Latte. Tra gli altri numerosi edifici legati al culto, meritano citazione La Ginestra, per molti secoli ospitale dei pellegrini che scendevano verso Roma e poi convento, e oggi vivace laboratorio multidisciplinare, e il Colle dei Cappuccini da cui si domina la città.
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Di là dalle testimonianze architettoniche e artistiche da segnalare, nella visita al Colle, i motivi di interesse naturalistico e tra essi il leccio plurisecolare, inserito tra i grandi patriarchi verdi della Toscana. Sempre sull’asse di via dei Musei, tra gli edifici “civili” importante è il Palazzo del Podestà, di impianto medievale, saccheggiato e incendiato nel Cinquecento dalle truppe di Calo V, riedificato in modo mirabile; mentre tra gli orgogli di Montevarchi vi è il Museo Paleontologico ospitato nell’ex Convento di San Lodovico, al quale si accede dall’antico Chiostro di Cennano, che conserva molte rarità, compreso il cranio completo di un antichissimo Elephas Meridionalis.
Ma l’intera via dei Musei è una sorpresa suggestiva da percorrere con lentezza, alla scoperta delle numerose botteghe degli antiquari/raccoglitori e restauratori di mobili, dove non è raro scoprire piccoli tesori d’altri tempi e dove, nell’ultima domenica del mese, è organizzato il più grande mercatino d’antiquariato della zona. Nella parallela via Roma invece, più commerciale e moderna, la fitta sequenza di negozi e boutiques offre un’immagine più contemporanea del centro storico. I dintorni collinari sono un susseguirsi di borghi e di castelli, in un paesaggio di rara suggestione che penetra nel territorio del Chianti. Qui resta attuale il nome dei Ricasoli, un cui esponente, il barone Bettino, il “Barone di Ferro”, fu primo ministro del Regno d’Italia, succedendo al Conte di Cavour. La notorietà di statista qui però va di pari passo ad un altro merito storico: l’aver modernizzato la vinificazione del Chianti. Non lontano da un altro dei castelli della zona, quello di Moncioni, merita una visita il più antico Arboreo d’Italia, il Pinetum istituito nel 1850 per acclimatare e accogliere piante di tutto il mondo: gigantesche sequoie, cedri e pini dei quattro angoli della terra sembrano aver trovato qui il loro habitat ideale. Allargandosi appena un poco, si svela la magia del territorio del Chianti: dentro un paesaggio tra i più celebri al mondo, vigneti (e straordinari vini), castelli, abbazie, antichi borghi. A trasformare il soggiorno in un’indimenticabile esperienza di vita.
Aggiungere pianta di Montevarchi con collocazione del Cassero
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Indicazioni di Come arrivare in auto e dalla Stazione
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INFORMAZIONI via Trieste 1 Montevarchi (AR) T (anche per prenotazione gruppi e visite guidate) F info@ilcasseroperlascultura.it www.ilcasseroperlascultura.it Biglietto intero € 3 Ingresso gratuito per gli over 65 anni Sotto 18 anni € 1 Orari di apertura giovedì > domenica h 10 > 13 e 15 > 18 Segreteria martedì > venerdì h 9 > 13 giovedì h 9 > 13 e 15 > 18 Sponsor/Partner Accademia Valdarnese del Poggio – Montevarchi
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