PROTEZIONE CIVILE SPA ... "Dall'emergenza alle grandi opere" (cap.XVIII)

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Alberto Puliafito

Protezione civile Spa Quando la gestione dell’emergenza si fa business

Aliberti editore


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Dall’emergenza alle grandi opere

Quanto i poteri straordinari si applicano anche ai cantieri

Il 9 novembre 2009, all’Aquila si tiene una conferenza-dibattito dedicata a “Emergenza e grandi opere”. Partecipano all’incontro diverse realtà italiane che hanno avuto a che fare con entrambi i temi: terremotati dell’Irpinia, la rete No Ponte di Messina, i No Tav. Io modero l’incontro. La logica emergenziale per gestire tutto, dai grandi eventi alle calamità fino alle opere, è diventata, da quando lavoro nell’aquilano, quasi un’ossessione. Anche perché la realtà circostante non lascia possibilità di appello in merito. Il punto di partenza della conferenza è molto semplice e si lega alla realtà aquilana. Per la realizzazione del Piano C.a.s.e. che, per tempistiche, costi e imponenza è, come detto, una grande opera emergenziale. Ma anche per mere questioni cronologiche. Il 15 settembre Silvio Berlusconi presenzia alla cerimonia di consegna delle case in legno di Onna. Tutta la stampa è concentrata sullo spettacolo, che verrà esaltato anche dalla puntata serale di Porta a Porta. Lo stesso giorno, il «Sole 24 Ore» pubblica un articolo dal titolo Grandi opere a dieci commissari, di Giorgio Santilli. È un pezzo che parla della nuova ondata di commissari straordinari che invade i cantieri delle grandi opere. Con un decreto firmato da Silvio Berlusconi, vengono individuate nove grandi opere definite «prioritarie». E la realizzazione delle stesse viene affidata ad altrettanti commissari straordinari. Non è la prima volta che succede. Il 28 febbraio 2003 Berlusconi dichiara lo stato di emergenza per il traffico di Mestre e il 19 marzo 2003 nomina


Silvano Vernizzi commissario delegato per l’emergenza socio-economico-ambientale della viabilità di Mestre. Vernizzi è anche l’amministratore delegato di Veneto Strade Spa. Come commissario ha il compito di curare la realizzazione del “passante” di Mestre, fino a quel momento bloccato. Come Ad di Veneto Strade, amministra una società che ha «compiti di manutenzione ordinaria e straordinaria e di realizzazione di nuovi interventi stradali e/o adeguamento della rete stradale esistente previsti nel Piano triennale regionale di adeguamento della rete viaria nonché della realizzazione delle opere complementari al “passante” di Mestre». Commissario ed esecutore. Nel giro di due anni si parte. L’11 dicembre 2004 cominciano i lavori, a cura della società consortile Passante di Mestre, composta da Autostrade Spa, Autovie Venete, Autostrada Venezia-Padova e da un gruppo di banche. La società mandataria di Passante di Mestre Scpa è Impregilo, che detiene il quarantadue per cento del capitale. L’Unione Europea chiede chiarimenti, giacché i lavori sono stati assegnati a tre concessionarie autostradali senza gara d’appalto. Poi approva il progetto. Il passante di Mestre viene poi inserito nella Legge obiettivo ed è anche la prima opera realizzata con la formula del general contractor. I lavori dovevano finire il 2 maggio 2008 ma sono terminati nel dicembre dello stesso anno. L’8 febbraio 2009 il passante è stato aperto al traffico. Al primo esodo, il primo agosto 2009, il disastro: si forma un ingorgo di cinquanta chilometri tra Venezia Ovest e Cessalto e il passante viene chiuso per un’ora e mezza in direzione Trieste. La coda si smaltirà in un giorno, e chi interviene a dare supporto agli automobilisti inchiodati sulla grande opera realizzata secondo logiche emergenziali? Ovvio: la Protezione civile di Guido Bertolaso. Che il 6 agosto 2009, insieme a Cav (gestore del passante), Autostrada Venezia-Padova, Autovie Venete, polizia stradale, vigili del fuoco, carabinieri e Anas, elabora, nel corso di un vertice in prefettura a Venezia, un piano per chiudere il passante con deviazione sull’A57 in caso di code superiori ai dieci chilometri. Ovviamente, dopo che si è verificato l’ingorgo epocale. 
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Va detto, e lo ricorda anche Santilli, che fu Romano Prodi a inventarsi la figura dei commissari “sblocca-cantieri” nel 1998. L’idea fu poi ripresa e ampliata da Berlusconi nel 2005 con la Legge obiettivo. 
 Il commissariamento di grandi opere era già capitato con Pietro Ciucci, presidente dell’Anas, cui era stata affidata la gestione con poteri straordinari per il ponte sullo Stretto di Messina. Poteri che aggiravano addirittura le competenze del Cipe. Poteri sostitutivi in materia di competenza regionale. Poi veniva rinominato commissario. Per tre anni. Ora annuncia che il primo aprile si parte con i lavori. La nuova generazione di commissari ha poteri minori; si dice che dovranno svolgere azione di «coordinamento, monitoraggio, impulso» e potranno avvalersi di poteri sostitutivi solo in caso di emergenza (il che, come abbiamo ormai imparato, non è poco) oppure in caso di blocco delle attività. Queste le opere: - La Cecina Civitavecchia, affidata ad Antonio Bargone (ex sottosegretario dei Ds), che è anche il presidente della Società Autostrade Tirreniche, la concessionaria dei lavori. - La galleria del Brennero e opere adduttrici. Il commissario è Mauro Fabris, mastelliano, ex sottosegretario ai Lavori pubblici. La Pontina è per Vincenzo Pozzi, ex presidente dell’Anas. - Il terzo valico ferroviario sulla Milano-Genova è assegnato a Walter Lupi, già provveditore alle opere pubbliche di Liguria e Lombardia. I lavori dovrebbero partire entro aprile 2010, divisi in sei lotti, per un importo totale di 1,1 miliardi di euro. Primo lotto di opere? Non certo il tunnel, lungo cinquantatré chilometri, ma le opere accessorie. Cinquecento milioni di euro. - Paolo Besozzi è il commissario per la Pontremolese, 234 milioni di euro; Roberto Viviani la Statale Jonica 106 in Calabria. La Metropolitana C di Roma a Gargiulo, già Dirigente del Ministero delle Infrastrutture; il nodo ferroviario di Palermo a Giorgio Grossi; la viabilità per l’accesso al porto di Ancona a Eugenio Gaudenzi. 237


Nel frattempo, scade il mandato del commissario per il passante di Mestre, ovviamente. E così, visto il successo confermato dai fatti del primo agosto, gli si affida la Pedemontana. Anche a Ciucci scade il primo mandato, che durava solamente sessanta giorni, con l’obiettivo di rimuovere tutti gli ostacoli che si frappongono alla partenza dell’opera. Così viene rinominato commissario straordinario per altri tre anni. Nel frattempo, è diventato amministratore delegato di un’altra società, la Stretto di Messina Spa. Che, a partire dal primo settembre 2007, è controllata da Anas che ha una partecipazione al capitale sociale dell’81,848 per cento. Ma tanto, Ciucci è anche il presidente dell’Anas, che si occupa di far realizzare i lavori. A chi? A un’Ati creata appositamente, che si chiama Eurolink, capeggiata da Impregilo. Resta tutto in famiglia. Oggi, l’obiettivo dichiarato sul sito ufficiale dell’Aas è l’apertura dell’opera al traffico il prim gennaio 2017. A titolo aneddotico, ricordo che Bettino Craxi, nel 1985, disse che l’opera sarebbe stata presto fatta. E che Romano Prodi, quand’era presidente dell’Iri, definì il Ppnte sullo Stretto un’opera prioritaria, che sarebbe stata ultimata nel 1996. Riconfermato commissario e nel suo ruolo di uomo Anas, Ciucci il 3 marzo 2010 dichiara (AGI): Continuiamo a rispettare il cronoprogramma, dal primo aprile parte la progettazione del ponte vero e proprio, da torre a torre, il cui termine è fissato al 30 settembre […] Il primo febbraio è partita la progettazione definitiva delle opere a terra che sono circa un terzo dell’investimento complessivo che ammonta a 6,3 miliardi. Contiamo di anticipare alcune opere entro l’anno lavorando sulla “bancabilità” del piano finanziario. Sono stati già stanziati 2,5 miliardi di risorse pubbliche tra contributi e ricapitalizzazione della societa’. Nel corso dell’anno dobbiamo mettere insieme la parte restante costituita dai finanziamenti privati.

E intanto, Impregilo (ovvero Benetton, Gavio e Ligresti), come racconta «Il Fatto Quotidiano», riceve un miliardo e trecento milioni aggiuntivi per il ponte sullo Stretto e gli viene riconosciuto un adeguamento prezzi di un centinaio di milioni per Gioia Tauro-Scilla e Scilla-Reggio Calabria della 238


Salerno-Reggio Calabria. Dall’Anas non arrivano comunicazioni in proposito. Appalti, riconversione e rivalutazione dei capitolati, commissariamenti e urgenze possono continuare. Per diverso tempo, ho creduto che l’anello di congiunzione fra l’emergenza e le grandi opere fosse rappresentato, per le cariche che ricopre, da Giuseppe Zamberletti: Igi, Ispro, Commissione grandi rischi, Stretto di Messina Spa. Dopo aver parlato con lui, però, ho modificato, almeno parzialmente, le mie convinzioni. Nel senso che Giuseppe Zamberletti rappresenta in qualche modo questo legame, ma – stando a quanto sostiene – egli non crede alla necessità di decretare stati di emergenza per le grandi opere: le vede come competenze diverse, situazioni da trattare in maniera differente. Almeno, questo è quello che mi dice quando lo incontro. E precisa: lo straordinario si logora, se lo si usa all’eccesso. Non può diventare tutto emergenza. Evidentemente, però, il governo Berlusconi non la pensa allo stesso modo e utilizza la logica commissariale indiscriminatamente. E l’anello mancante di congiunzione fra grandi rischi, grandi eventi e grandi opere è proprio la Protezione civile di Guido Bertolaso, che può agire in deroga e costruire grandi opere sia in emergenze naturali sia per i grandi eventi. Sia, come naturale evoluzione del meccanismo, per portare avanti le opere della Legge obiettivo del 2001. Fra cui, per esempio, il ponte sullo Stretto di Messina. Non può essere un caso che il 2001, anno del ritorno al governo di Silvio Berlusconi, sia anche l’anno di questa famigerata Legge obiettivo, la numero 443, che ha avviato il programma delle “infrastrutture strategiche”. Una legge “straordinaria” per regolare gli appalti pubblici delle cosiddette grandi opere, definite strategiche e di «preminente interesse nazionale». Una legge che scavalca la precedente Merloni, approvata dal Parlamento nel febbraio 1994, subito dopo Mani pulite. Una legge che contiene meccanismi accelerativi (i concetti ritornano). Che delega il governo alla decretazione per la «celere realizzazione» delle opere. Una legge che, fra l’altro, semplifica la necessità della valutazione 239


ambientale. Che integra la progettazione. E quindi permette l’ammissione a finanziamenti di iniziative non delineate, prive di progettazione o di finalità chiare. Come per esempio il ponte sullo Stretto. Una Legge, insomma, che eroga finanziamenti senza aver avuto nemmeno il merito di attirare capitali privati. A titolo informativo vale la pena di ricordare che la legge prevede, in dieci anni, stanziamenti per 125,8 miliardi di euro. 43,2 miliardi di euro sono «risorse disponibili». 82,6 sono i miliardi di euro da trovare. In questo calderone ci sono, ovviamente, anche il ponte sullo Stretto di Messina e la Tav in Val di Susa. Sull’effettiva “strategicità” delle grandi opere si potrebbe aprire un capitolo infinito di obiezioni e considerazioni. Giova tuttavia riportare, a livello di suggestione, l’opinione di Enrico Colombatto, economista liberista, allievo di Sergio Ricossa e dunque teorico del libero mercato. Cosa ci si aspetterebbe, da una sua analisi sulla Tav in Valle di Susa? Ecco il suo parere: Gli investitori privati non hanno mostrato grande interesse alla costruzione dell’opera. Questo disimpegno da parte di soggetti che per loro natura sono mossi dalla logica del profitto è di per sé un segnale che dovrebbe allarmare sulla reale convenienza economica di questo progetto. Tralasciando il fatto, tutt’altro secondario, della tipologia del traffico, perlopiù locale o al massimo transfrontaliero delle nostre merci, tutti i dati confermano come a livello nazionale esso sia cresciuto in misura infinitesimale e, comunque, in direzioni diverse dall’asse Lione-Kiev. Così come pensare di trasferire completamente su rotaia ciò che attualmente circola su gomma è pura velleità. Alla fine, il sospetto è che l’unico reale vantaggio della Tav sia la sua costruzione.

E diventa un reale vantaggio anche la progettazione sommaria, grazie alla Legge obiettivo. E le opere accessorie: un businness da miliardi di euro. Durante l’assemblea, alterno questi racconti agli interventi dei relatori: sono solo esempi, per far capire che cosa si può fare con la logica commissariale. Anche se cerco di utilizzare 240


un po’ di ironia, quando finisce l’assemblea al 3e32, su emergenza e grandi opere, i sentimenti sono contrastanti. Da un lato, l’esempio dei No Tav e dei No Ponte è un invito a continuare a opporsi a questa logica di profitti e sprechi. Opporsi in maniera informata, ragionata e razionale, senza cedere a comunicazioni isteriche ma mantenendo un alto profilo dal punto di vista dell’informazione e della comunicazione. Dall’altro, però, c’è inquietudine per il futuro. Dell’Aquila. Probabilmente dell’Italia tutta. Cosa potrebbe accadere, in futuro, secondo la logica delle emergenze socio-economico-ambientali? Cosa potrebbe accadere se si usassero veramente i poteri derogatori di Protezione civile per governare integralmente questo paese? Mentre ce lo chiediamo non è ancora spuntato il Piano carceri. E nemmeno la Protezione Civile Servizi Spa. Ma la Campania con la sua emergenza rifiuti irrisolta è già un fatto.

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