Alice Bonicelli_Bachelor Thesis

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23 luglio 2013

POLITECNICO DI MILANO

Tesi di Laurea Laurea di Primo Livello in Design degli Interni

Relatore Prof.ssa Giulia Maria Gerosa Correlatore Angela Mazzotti

Studente laureando Alice Bonicelli 763967 alibonicelli@gmail.com 3407805926



Ogni volta che vedo un adulto in bicicletta, penso che per la razza umana ci sia ancora speranza. (Herbert George Wells)



1. Introduzione al progetto

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2. Location_Analisi del territorio 2.1. La Galleria della Moda 2.2 La zona Centrale 2.3. La mobilità sostenibile a Milano 2.4. Milano è underground

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3. I casi studio 3.1. Fietsenstalling de Sneldinber 3.2. Fiestenstalling Alphen Aan Den Rijn 3.3. Velostazione Parma 3.4. Union Station Bike Transit Center 3.5. Stazione delle Biciclette S.Donato 3.6. Bike Station Sesto S. Giovanni 3.7. Ciclofficina Orcocicli 3.8. Ciclofficina in Isola 3.9. Bicipark Brescia 3.10. Parking Plaza Canovas

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4. Il progetto 4.1. Il concept 4.2. Il metaprogetto 4.3. Layout generale 4.4. L’area Parking 4.4.1. Introduzione 4.4.2. Il progetto grafico 4.4.3. I render 4.4.4. Abaco degli arredi 4.4.5. Schema dell’illuminazione 4.5. L’area Expo/Shop 4.5.1. Introduzione 4.5.2. Il progetto grafico 4.5.3. I render 4.5.4. Abaco degli arredi 4.5.5. Schema dell’illuminazione 4.6. L’officina 4.6.1. Introduzione 4.6.2. Il progetto grafico 4.6.3. I render 4.6.4. Abaco degli arredi 4.6.5. Schema dell’illuminazione 4.7. I materiali

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5. Conclusioni 6. Ringraziamenti 7. Bibliografia e webgrafia

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La parola “ciclostazione”, un tempo quasi sconosciuta in Italia, comincia a farsi strada anche in alcuni comuni del Bel Paese, e in alcuni casi è stata dotata di dimensione fisica, perlopiù grazie all’iniziativa di privati. Dopo qualche realizzazione pionieristica, negli utlimi cinque anni stanno iniziando a comparire i primi primi progetti veri e propri in alcune città italiane (Brescia, Parma, Sesto San Giovanni).

clostazione sembrerebbe, in ogni caso, potersi inserire come valore aggiunto nel quadro di rilancio della zona. Infatti, la creazione di ciclo-parcheggi custoditi e dotati di servizi non significa affatto l’eliminazione della sosta bici dalle aree antistanti le stazioni ferroviarie, e delle relative rastrelliere e spazi dedicati. Anzi, al contrario, le due strutture si integrano a vicenda, soprattutto differenziando sosta breve e occasionale da sosta lunga e quotidiana.

Qualche esempio tratto dal Nordeuropa, dove le ciclostazioni hanno grande diffusione, aiuta a capire cosa siano veramente: strutture solitamente adiacenti alle stazioni ferroviarie o altri grandi nodi di interscambio con trasporti pubblici, con parcheggio bici coperto e custodito in toto o in parte, in convenienti forme di pagamento, ed inoltre vari servizi per gli utenti della bici: compressore per il gonfiaggio gomme, una officina per le riparazioni di piccola o grande entità, spesso il noleggio di bici, in forma automatizzata o gestita dal desk, quasi sempre presente. In alcuni casi sono disponibili anche docce ed armadietti individuali.

Tale esigenza manifesta sembra trovare il suo habitat naturale di inserimento all’interno del vuoto urbano lasciato dall’ex Galleria della Moda, corridoio ormai svuotato dei negozi e delle vetrine sfavillanti che un tempo lo animavano e lo rendevano uno dei punti di riferimento dello shopping e della vita mondana milanese. Il “tunnel” della Galleria si inserisce come una sorta di portale spazio- temporale all’interno del tessuto urbano circostante (che, al contrario, brulica di vita, lavoro e turismo) presentandosi come una bolla sospesa nel tempo che, con i suoi lampioni sferici impolverati e i vecchi manifesti pubblicitari strappati sulle vetrine, rimanda nostalgicamente a un passato perduto. Questa atmosfera di decadenza, unita al senso di abbandono e di sospensione, contribuisce a caricare il luogo di un aura di mistero, di segreto, a connotarlo come “underground”, alternativo alla vita che lo circonda. Esiste, infatti, una sorta di metropoli parallela a Milano, non ufficiale, presente in sottofondo. Al di sotto dell’immagine patinata della città della moda e del design, Milano cela giardini segreti dietro ai propri portoni, circoli culturali e artistici negli ex distretti industriali, opere di street art dovunque, dai monumentali graffiti che occupano intere facciate, ai tag su ogni tipo di superficie, dai tombini, ai cestini dell’immondizia, ai contatori elettrici.

In vista dell’Expo 2015, il comune di Milano sembra essersi attivato per promuovere la mobilità sostenibile sul proprio territorio, stanziando fondi per l’implementazione delle rastrelliere (fino ad oggi insufficienti), soprattutto in prossimità delle stazioni, per il potenziamento del servizio BikeMi, e con la proposta di progetti di ciclostazioni, cercando di adeguarsi alle infrastrutture che caratterizzano già da tempo numerose città del Nord Europa. L’area destinata al progetto, oggetto di questa tesi, si trova in una posizione estremamente strategica sotto questo punto di vista: si tratta della zona Centrale del comune di Milano, in via Boscovich 18. Le principali stazioni ferroviarie (primo punto di accesso in città) di Milano Centrale e Porta Garibaldi, che convogliano i pendolari dalle città limitrofe, i turisti e i lavoratori da qualunque parte d’Italia e provenienti dagli aeroporti, si trovano a pochi minuti a piedi da Via Boscovich, così come numerose fermate della Metro e del passante. L’idea di progettare una ciclostazione è risultata essere perfettamente confacente a queste premesse: l’esigenza di poter disporre di un parcheggio custodito per biciclette è stata manifestata da numerosi pendolari intervistati, di fronte alla constatazione della scarsità (in numero e sicurezza) dei sistemi esistenti. Inoltre una ci-

Preso atto di questa dimensione “alternativa” della città, di questo substrato vivo che cerca di emergere, il concept si è focalizzato sulla ricerca di una tipologia di spazio non convenzionale, con dei caratteri di rottura, di utilità sociale, e che potesse mettere in relazione gli utenti, tra loro e con il territorio stesso. Da qui la scelta di progettare un luogo di promozione della mobilità alternativa; da qui la scelta di utilizzare un codice espressivo informale, che rimandi in qualche modo alla dimensione “abusiva”, di guerrilla store.

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Location L’ex Galleria della moda: un vuoto urbano

Tuttavia, dato soprattutto l’intorno e la posizione strategica, la zona offre numerose potenzialità: si presta ad essere raggiunta facilmente a piedi dalla stazione Centrale (5min) e dalla stazione di Porta Garibaldi (10 min), potrebbe essere punto attrattivo anche notturno (data la vicinanza ai dehors di via Pisani). La porzione di territorio che si è scelto di occupare col progetto corrisponde all’angolo tra l’imbocco delle Galleria e via Boscovich, corrispondente allo spazio occupato attualmente dall’ex negozio di Zevro (visibile in fotografia, pagina a fianco). La scelta della posizione è stata dettata dalla maggior vicinanza di via Boscovich alla stazione Centrale, rispetto a via Cappellini. La scelta della porzione ad angolo piuttosto che la preferenza di un volume all’interno del tunnel è stata dettata da ovvie ragioni di visibiltà e facilità di accesso, oltre che maggiore possibilità di ricevere luce naturale.

Centrale

Garibaldi

GALLERIA

CREATO CON LA VERSIONE DIDATTICA DI UN PRODOTTO AUTODESK

via Boscovich

CREATO CON LA VERSIONE DIDATTICA DI UN PRODOTTO AUTODESK

via Cappellini

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portavano al piano di sopra, perchè al piano terra c’erano i lunghissimi banconi delle casse . Solo il già citato autosilo e la portineria dello stabile sono ancora attivi: tutto il resto della galleria è completamente avvolto nel silenzio, vuoto e dimenticato. Lì dove oggi ci sono decine di serrande abbassate, e qualche insegna, una volta c’erano persone che andavano e venivano, forse un po’ meno frettolose di oggi.

CREATO CON LA VERSIONE DIDATTICA DI UN PRODOTTO AUTODESK

La zona oggetto di analisi e progetto è il passaggio del’ex Galleria della Moda, che collega via Boscovich e via Cappellini. Si tratta di un corridoio lungo 115 metri e largo 7 metri, a cielo aperto per circa metà della sua lunghezza, per l’altra metà coperto all’altezza del quarto piano degli stabili che lo delimitano sui lati. Il passaggio è delimitato sui lati da palazzine anni ‘50 alte tra i quattro e i sette piani. Gli stabili in questione, attualmente, ospitano perlopiù uffici, l’agenzia del lavoro Worldtrade, e l’autosilo di via Boscovich, che accoglie ogni giorno centinaia di lavoratori. Fino agli anni ‘80 la Galleria della Moda vedeva giustificato il suo nome, in quanto ospitava negozi di abbigliamento e laboratori sartoriali, e rappresentava un punto nevralgico dello shopping milanese. Col passare degli anni, con l’avvento della globalizzazione e il decentramento delle attività produttive e commerciali in periferia o nei megastore, i negozi della Galleria della Moda hanno chiuso i battenti uno dopo l’altro, chi per fallimento, che per cessata attività, chi per trasferirsi nei centri commerciali. L’ex Galleria della Moda oggi si presenta come un tunnel in cui il tempo sembra essersi fermato, dato che nulla è cambiato dai tempi un cui i negozi furono chiusi e non è stato realizzato nè previsto nessun intervento di riqualifica o riuso dei locali. Si tratta dunque di un vuoto urbano all’interno di una zona che, nelle immediate vicinanze, pullula di vita e di attività; nella Galleria invece le vetrine sbarrate dalle serrande metalliche dominano la percezione visiva, come una texture, i vecchi lampioni sferici impolverati sembrano baluardi che richiamano alla mente, per chi li ha vissuti, in vecchi fasti della zona. La vita sembra essere assente in questo lungo corridoio, che dalle 19.00 di ogni giorno viene chiuso in entrata e in uscita da cancelli metallici e viente percorso giornalmente solo come scorciatoia dai lavoratori che si dirigono negli uffici di Via Pisani, da chi deve usufruire dei servizi della zona, come l’ufficio postale, la scuola materna, la chiesa ecc. Percorrendo il passaggio, ci si trovano davanti i locali dei magazzini di abbigliamento Zevro completamente vuoti. Sbirciando attraverso i vetri della porta si vedono ancora le scale mobili che


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Da in alto a sinistra in ordine orario: 1. Galleria della Moda, ingresso da via Boscovich, 18. 2. Vista sulle vetrine in stato di abbandono degli ex negozi nella Galleria. 3. Dettaglio sul sistema di illuminazione della Galleria: le plafoniere incassate negli architravi percorrono longitudinalmente tutto lo spazio, fornendo una luce fredda sia di giorno che di notte.

4. Vista della galleria dall’ingresso di via Boscovich: si percepisce chiaramente la dimensione longitudinale del corridoio. La parte terminale della galleria, verso via Cappellini, gode dell’illuminazione naturale, proveniente dall’alto. La parte in primo piano, oggetto di progetto, è invece chiusa all’altezza del quinto piano. 5. Dettaglio su una serranda: il motivo romboidale delle serrande abbassate permea le superfici laterali, riempiendo lo spazio come una vera e propria texture.

6. Vista dell’angolo tra la galleria e l’affaccio su via Boscovich: Le ex vetrina di Zevro corrispondono all’altra in cui è stato previsto il collocamento del progetto dell Ciclostazione.


La zona Centrale di Milano Analisi partecipata del territorio

La zona Centrale di Milano, in cui si colloca l’area di progetto, è una delle zone strategicamente più importanti della città: nella sua area sono collocati gli importanti nodi di interscambio delle stazioni ferroviarie di Milano Centrale e Milano Porta Garibaldi. Queste due stazioni costituiscono la principale porta di accesso (e di conseguenza biglietto da visita, con l’area circostante) della città: convogliano ogni giorno migliaia di pendolari , lavoratori e studenti provenienti da tutta la Lombardia, Piemonte e Emilia Romagna, turisti (dato il collegamento diretto con l’aeroporto di Malpensa) e uomini d’affari. Tuttavia, il target che popola la zona Centrale non si limita alla massa transitoria che vive l’area in maniera strumentale, come collegamento verso università o luoghi di lavoro; c’è chi in questa zona ci vive o ci lavora: via Vittor Pisani è una delle vie più percorse di Milano, sia con i mezzi che a piedi: si tratta infatti del collegamento più immediato tra la stazione Centrale e il Centro. E’ inoltre sede di numerosi uffici e esercizi commerciali, della sede Pirelli e di numerose banche. Le tipologie di persone che percorrono questa via ogni giorno sono le più disparate: impiegati e dirigenti degli uffici, personale di bar, ristoranti e alberghi. L’area vive anche di una vita notturna in espansione: si moltiplica-

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no i dehors in via Pisani, che radunano giovani nell’orario dell’aperitivo e della prima serata. Il territorio è inoltre dotato di numerosi servizi e infrastrutture: non mancano gli alberghi, dal rinomato Hotel Gallia agli hotel low profile a una o due stelle; ci sono numerosissimi punto di ristoro, di tutti i tipi e per tutte le utenze: McDonald’s, bar tabacchi, locali da aperitivo, tavole calde e fredde, ristoranti di vario tipo. E’ possibile, infatti, individuare un’”area degli hotel” in via Tenco, e un”area della moda” a pochi minuti a piedi, proseguendo verso Porta Venezia. Analizzando la zona, si è scelto di concentrarsi sui dettagli che catturano l’attenzione e che contribuiscono a formare la percezione visiva e fisica del luogo, piuttosto che riportare un’analisi pedissequa dei servizi e delle infrastrutture, note ai più. Il metodo scelto per restituire la percezione dell’area di progetto è quello dei photoreport, ossia composizioni di immagini che raffigurano frammenti di forme, colori, azioni e le ricompongono cercando di “raccontare” l’intorno. I photoreport riportati in questa tesi si focalizzano su alcuni dei temi principali individuati nell’analisi partecipata del territorio: l presenza di una vita brulicante ma distaccata, le textures e le forme secondarie che si svelano nei dettagli.


Il primo photoreport si focalizza sulle idee di movimento e frenesia, che immediatamente rimandano al concetto di “vita”. La zona Centrale non può che rimandare a questi concetti, nel bene e nel male, essendo snodo cittadino nevralgico e punto di interscambio. Ci si è focalizzati sui dettagli (in questo caso i piedi e le valigie) per rimandare al concetto di vita come prodotto dei movimenti delle singole cellule che compongono un organismo, di importanza irrisoria se presi da soli, dotati di senso nell’insieme. Inoltre, i passi e le valigie rimandano necessariamente all’idea di una folla pedonale, presente in maniera massiccia in prossimità della stazione, quanto totalmente assente nell’area di progetto - la Galleria della Moda - che viene, infatti, connotata come “morta” a primo impatto. Il sovrapporsi visivo dei frammenti vuole evocare anche la dimensione sonora della zona Centrale, il frastuono prodotto da rumori di varia entità che si affastellano confusi, contro il silenzio quasi nostalgico della Galleria.

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7. Photoreport_Il ritmo

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Il secondo photoreport si focalizza sui dettagli che caratterizzano la zona, radicandola alla sua dimensione urbana. Sono visibili le insegne, la strada, i tombini, le luci, le porte, le barriere architettoniche, i mezzi di trasporto, le vetrine, la dimensione del tempo frenetico...il tutto riportato sotto forma di dettagli, che, inconsapevolmente, nella restituzione compositiva, hanno trovato un denominatore comune nella forma del cerchio. Tale forma, irrilevante nella percezione d’insieme del territorio, è rispuntata, inconsciamente, in fase di progetto, sotto forma di texture.

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8. Photoreport_Le Forme


La restituzione compositiva delle textures ha comportato la constatazione, interessante, di quanto le textures che permeano la zona prettamente inerente alla Galleria siano affini a quelle raccolte nell’area limitrofa (via Pisani, stazione Centrale, Boscovich). Le texture sono patine che permeano le superfici e, più o meno articolate su piccola scala, influenzano la percezione complessiva della stessa su larga scala, anche se non se ne si coglie la trama. In questo caso, a quanto pare, la dimensione del reticolo è quella preponderante agli occhi dell’osservatore, che così l’ha riportata. Tale dimensione ha ritrovato, inevitabilmente, una forte ripercussione in fase progettuale, in quanto il concetto di texture (bidimensionale e tridimensionale), integrato alla micropuntinatura domina lo spazio progettato dell Ciclostazione.

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9. Photoreport_Le Texture

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La mobilità sostenibile a Milano

Lasciare la bicicletta in un posto comodo e sicuro, per poche ore o periodi più lunghi, è un’esigenza sentita da ogni ciclista. La possibilità di parcheggiare vicino ai luoghi di destinazione e nei pressi delle stazioni di interscambio con i mezzi di trasporto pubblici diventa un incentivo all’uso delle due ruote anche per gli spostamenti da casa al luogo di studio e di lavoro. Il Comune di Milano ha scelto di installare nuove rastrelliere e sostituire i vecchi portabici con un nuovo modello funzionale e più sicuro contro i furti creando 1.300 posti in più entro la fine del 2012 e programmando l’istituzione di 1.000 nuovi posti ogni anno fino al 2015. I luoghi privilegiati sono le stazioni ferroviarie, della metropolitana, il capolinea delle metrotramvie e le scuole a sostegno di una mobilità sostenibile. In progetto c’è anche la creazione di ciclostazioni o velostazioni, depositi video sorvegliati vicino alle stazioni ferroviarie per soste anche prolungate. Tali interventi risultano necessari, dato che a Milano il numero dei ciclisti è in costante aumento. Il dato è confermato anche dall’incremento dei noleggi del Bike sharing che dall’inizio del servizio a oggi ha registrato il top dei prelievi giornalieri nel mese di settembre 2012 11.573 utilizzi. La maggior frequenza dei noleggi nei giorni feriali rivela la tendenza a servirsi della bicicletta per gli spostamenti lavorativi e non solo per il tempo libero. La mobilità ciclabile è il punto di forza di una politica dei trasporti nuova e sostenibile, che permette di muoversi in modo rapido, flessibile ed ecologico. Il progetto del Comune di Milano è rendere questi spostamenti più comodi e sicuri ampliando la rete ciclabile e integrandola con misure di moderazione del traffico, specialmente in vista dell’Expo 2015 Sono diverse le misure da adottare per rendere più agevoli e sicuri gli spostamenti in bicicletta, anche su lunghe percorrenze, integrando i tratti di pista ciclabile con interventi di moderazione del traffico. Alcuni delle misure adottate dal Comune di Milano riguardano:

--> Piste ciclabili Sono stati stanziati 20 milioni di euro per realizzare nuove piste ciclabili e riqualificare i percorsi esistenti. L’obiettivo è aggiungere agli oltre 140 km di piste ciclabili già in funzione altri 100 km da realizzare entro il 2015. --> Passerelle ciclopedonali Per dare continuità ai percorsi ciclabili con la possibilità di superare le vie a grande scorrimento e le stazioni ferroviarie sono state progettate passerelle per pedoni e ciclisti che rendono l’attraversamento sicuro e il tragitto più rapido. Oltre alla sostituzione della passerella di via Mosca, all’apertura della struttura che scalvalca la linea ferrovia Milano Rogoredo Milano Porta Romana con accesso da via Varsavia e Toffetti/Sulmona e all’installazione delle arcate paraboliche di viale Serra, continuano i lavori per l’ampliamento del ponte ciclopedonale in zona Cascina Gobba. Un progetto è stato redatto per la realizzazione di una lunga passerella ciclopedonale sopra la ferrovia, per raggiungere dal quartiere Greco la via Breda verso Sesto San Giovanni. Se ne prevede l’attuazione in tre anni. --> Ciclofficine Un ulteriore implemento allo sviluppo della mobilità sostenibile nella metropoli milanese, è dato dall’apertura delle ciclofficine (le ciclostazioni, presenti in quantità massiccia nel nord Europa, non sono ancora comparse in quantità significativa). Tali strutture sono perlopiù autogestite e autofinanziate e sono nate dall’iniziativa di privati o di collettivi, quasi mai sotto la spinta o il finanziamento del Comune. Si presentano come luoghi aperti a tutti, in cui l’attività principale consiste nell’effettuare riparazioni e/o insegnare agli utenti come effettuarle, mettendo in circolo un prezioso e utile know how. Spesso le Cicloffocine non esauriscono la loro vita nella attività di meccanica, ma completano la loro ragion d’essere con l’organizzazione di corsi per insegnare a riparare i mezzi a due ruote, promuovono l’organizzazione di eventi su scala urbana, effettuano servizi di vendita di bici e componenti.

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Ciclostazioni in Italia e in Europa

PADOVA

BERGAMO

MILANO PROVINCIA

LONDRA

COPENAGHEN

AMSTERDAM

*Il dato relativo a Milano si riferisce esclusivamente alla provincia, in quanto,a differenza delle altre cittĂ citate, non esistono ciclostazioni sul territorio strettamente comunale. (dati approssimativi ricavati da: provincia.milano.it, comune.milano.it, iamsterdam.com)


I servizi per i ciclisti a Milano

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/CICLOFFICINE /CICLOSTAZIONI /POSTAZIONI BIKEMI /RASTRELLIERE

215

4941

11. Mappa dei servizi legati alla mobilitĂ sostenibile a Milano: 5 ciclostazioni (nel territorio della provincia), 13 ciclofficine, 215 postazioni BikeMi, 4941 posti-rastrelliere. (I dati sono ricavati da provincia.milano.it, comune.mialno.it, milanobicimap.it)


La mobilità sostenibile a Milano Le ciclofficine, le piste ciclabili e le ciclostazioni

Attraverso le infografiche di queste pagine si è cercato di riassumere la situazione attuale della città di Milano in merito alla promozione della mobilità sostenibile, e di fornire elementi utile a dimostrare l’utilità dello spazio progattato in questa tesi. Come si può facilmente constatare dalla prima infografica, Milano si trova in un’inammissibile condizione di arretratezza rispetto ad altra città (metrolpoli o meno) che, più lungimiranti delle città italiane, si sono dotate già da tempo di parcheggi custoditi per bicilette. Milano risulta arretrata anche rispetto a città minori italiane, quali Bergamo, Brescia, Parma (giusto per citarne alcune), che ospitano sul loro territorio delle ciclostazioni (in alcuni casi autogestite da collettivi o associazioni, in altri casi sorte su iniziativa del Comune che ha stanziato fondi per i progetti). Appare infatti come un paradosso che il territorio strettamente comunale di Milano sia totalmente sprovvisto di parcheggi custoditi per bicilette, mentre nei suoi immediati confini se ne possano contare diverse: dalla pionieristica stazione di San Donato Milanese, ai progetti più recenti di Sesto San Giovanni, Cinisello e Novate, in corrispondenza delle rispettive stazioni metro e treni. Appare quindi estremamante sensata l’idea di collacare una ci-

clostazione in prossimità delle stazioni Centrale e Garibaldi, più o meno a metà strada da entrambe, in un punto ideale come quello dell’ex Galleria della Moda. Nella seconda infografica sono mostrati i numeri riguardanti le attuali infrastrutture presenti sul territorio per favorire la mobilità ciclabile. A parte l’assenza di ciclostazioni, risulta esserci un numero cospicuo di ciclofficine, perlopiù autogestite, che costitusice un baluardo per il ciclista urbano e un punto propulsivo per la promozione della cultura della bicicletta, anche con i numerosi eventi organizzati sul territorio. Le postazioni BikeMi risultano sempre più utilizzate ed è previsto un aumento delle stesse nel corso dei prossimi anni, così come per le rastrelliere, di cui il Comune sta operando un graduale rinnovamento. Nell’ultima infografica si mette a confronto la collocazione territoriale dei principale servizi, ponendo l’accento su come la città di Milano non manchi di ciclofficine e piste ciclabili sul proprio territorio, ma sia assurdamente e paradossalmente priva di ciclostazioni all’interno dei propri confini.

Nella pagina a fianco, dall’alto a sinistra procedendo in senso orario: 12. Mappa delle ciclofficine di Milano: sono evidenziate le dislocazioni dei principali centri abilitati per la riparazione di biciclette. Pochi di essi si trovano nella zona centrale della città. Spesso questi servizi offrono anche attività di insegnamento, noleggio e organizzano eventi per coinvolgere la comunità. 13. Mappa delle piste ciclabili a Milano: le linee tratteggiate indicano le piste ciclabili in progetto o in programma. Tale implementazione è dovuta principalmente all’imminenza dell’Expo 2015. 14. Mappa delle ciclostazioni (intese specificamente come parcheggi custoditi per biciclette): si trovano tutte all’estrno dell’area strettamente cittadina, nei comuni limitrofi: Novate, Cinisello Balsamo, Sesto San Giovanni e San Donato Milanese, in prossimità delle stazioni dei treni: Da qui si arguisce la necessità di un servizio analogo anche in prossimità delle stazioni principali di Milano.


12. Mappa delle ciclofficine

13. Piste ciclabili

Posizione approssimativa della Ciclostazione oggetto del progetto

14. Mappa delle ciclostazioni

(I dati sono ricavati da provincia.milano.it, comune.mialno.it, milanobicimap.it)

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Il carattere underground della metropoli milanese

L’analisi iniziale della zona oggetto di progetto ha fatto in modo che la nostra attenzione si focalizzasse su alcune peculiriatà del luogo analizzato piuttosto che su altre. Due tratti caratteristici della città di Milano e di quella che viene definita la milanesità in generale, ci hanno colpito: i giardini segreti e le parole urbane. I giardini segreti Una peculiarità interessante della città di Milano sono i suoi giardini “segreti”. Nessuno sembra in realtà porci particolare attenzione, ma spesso dietro a un portone, a volte magari nemmeno particolarmente interessante, si nasconde una corte ben curata, verde, rigogliosa. Un soffio al di fuori del grigiore col quale questa città viene troppo spesso identificata. “Mondi dentro altri mondi”, lontano dagli occhi di un normale passante dietro a porte, portoni, saracinesche e finestre si nasconde molto altro: luoghi piacevoli, quasi magici essendo così lontani dalla monotonia polverosa delle strade. Le parole urbane Altra caratteristica di Milano sono le scritte e i tag che ricoprono quasi ogni angolo della città. Sono un segno di deturpazione, atti vandalici senza un senso apparente, ma potrebbero quasi indicare dei “messaggi nascosti”, segni di un “codice underground” come un filo rosso che di districa per la città collegando luoghi, oggetti e persone. La cultura underground L’attenzione posta a questi due caratteri ci ha portate alla scelta dell’underground come tematica di progetto che ha accompa-

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gnato tutto il nostro percorso. Abbiamo iniziato il nostro lavoro facendo qualche ricerca in internet per scoprire cosa si intendesse “scientificamente” per cultura underground, per poter avere un inquadramento generale sulla sua genesi e sulla sua diffusione. La cultura underground “propriamente detta” si è sviluppata come una società parallela al di “sotto” della cultura ufficiale del periodo che va dal 1965 al 1975 circa. L’underground si è sviluppato come una tendenza informale e non strutturata, come movimento non organizzato, che sembra svilupparsi quasi casualmente, basandosi su regole tacite, ma tuttavia assai riconoscibile. La sua diffusione all’interno della città e del mondo si può definire virale, basata sul passaparola, su una rete invisibile che connette quartieri, città, nazioni e continenti. Si basa sulla produzione creativa di artisti “anticonformisti” racchiudendo in sé stessa, promiscuamente, ogni aspetto dell’arte, caratterizzata da un aspetto sperimentale e controcorrente e come tale si sviluppa al di fuori delle regole del business, del costume e dell’estetica. La cultura underground si appropria dei quartieri degradati della città, degli edifici dimenticati e in rovina dando loro nuova vita, rendendoli nuovamente “fertili”. Il concept Partendo da queste considerazioni abbiamo voluto declinare il concetto di underground in quattro macroaree che hanno fortemente caratterizzato questa realtà. La prima area riguarda il concetto di segreto, nascosto, mimetico, in relazione al fatto che la cultura underground è un movimento di sottofondo, che è conoscibile solo da chi vuole conoscerla, che emerge a sprazzi nella città, dando un indizio sulla propria pre


senza, ma senza rivelarsi mai nella sua interezza. La seconda area è basata sul concetto di rete, collegamento, che unisce diverse parti della città e del mondo attraverso un linguaggio comune. La seconda area è basata sul concetto di rete, collegamento, che unisce diverse parti della città e del mondo attraverso un linguaggio comune. La terza area è quella della contaminazione, del virus, del passa parola, per sottolineare il modo in cui la cultura underground agisce sulla città, lasciando indizi di sé stessa, piccoli e grandi particolari che in modo più o meno marcato indicano la sua presenza. Contaminazione che si infiltra nella trama della città come un virus, basandosi sul passaparola come mezzo di comunicazione. La quarta area riguarda l’occupazione, in quanto non va dimenticato che l’underground ha preso possesso, quasi mai legalmente, di spazi ed edifici in disuso. Questo tipo di occupazione non andava però ad intaccare l’anima dell’edificio stesso, caratterizzandosi per il suo aspetto temporaneo, come evento/architettura pop up che faceva da polo catalizzatore della città, in attesa di un altro luogo nel quale spostarsi per proseguire la propria influenza. Abbiamo notato come queste quattro macroaree siano profondamente interrelazionate tra di loro: la rete di collegamenti che si dispiega per la città è nascosta agli occhi dei più, contamina la città; l’occupazione degli edifici è nascosta e mimetizzata e la sua conoscenza avviene attraverso il passaparola; e via dicendo. Abbiamo così deciso di mantenerli uniti, lasciando che si influenzassero l’un l’atro e che si concatenassero tra di loro. Quindi per quanto riguarda la costruzione della tavola 39X39X19.5 l’intento è stato quello di nascondere all’interno di una scatola i quattro cubi, ognuno rappresentante una delle quattro macroaree. La scoper-

ta dei cubi avviene inoltre attraverso un elemento che, utilizzato in modo differente mette in moto i quattro meccanismi differenti che permettono di aprire la scatola e scoprire il suo interno. Il cubo nero che esplica il concetto di segreto, nascosto con tutti i suoi fori vuole trarre in inganno l’osservatore che non ha una visione chiara e completa dell’interno fino a quando non osserva attraverso il buco giusto. Il cubo basato sul concetto di rete, collegamento, interagendo con l’osservatore mostra in che modo la cultura underground si dirama, tra alti e bassi, all’interno della società. Il cubo riguardante la contaminazione mostra come l’underground lascia i suoi segni in modo differente e sempre nuovi nella città. Il cubo raffigurante il concetto di occupazione, pop up invece contiene un palloncino che gonfiandosi va a riempire lo spazio. Una volta che il palloncino è scoppiato, quindi metaforicamente l’evento/occupazione è finito, lascia una traccia del suo passaggio sul territorio urbano e sociale. Tutti i cubi presuppongono una forte interazione con l’osservatore, che come il futuro ospite, deve interagire con lo spazio e i vari elementi per scoprirne i segreti e il funzionamento. L’idea è quella di uno spazio che dialoghi con l’abitante e che si modelli e cresca grazie a questa interazione. Per quanto riguarda l’aspetto progettuale abbiamo voluto focalizzare la nostra attenzione su casi studio inerenti alle quattro macroaree. Abbiamo così scelto progetti e iniziative che si basano su un tipo di comunicazione anticonvenzionale e irriverente al fine di stupire, incuriosire e stimolare l’osservatore e la cui conoscenza al pubblico è basata sul passaparola, eventi temporanei e iniziative finalizzati a rivalutare i vuoti urbani, luoghi nascosti e mimetizzati dietro facciate ingannevoli.

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“Un involucro solido, opaco e trasparente allo stesso tempo”

FIETSENSTALLING DE SNELBINDER / NIEUWEGEIN (NL) / 2011 / Annemiek Bleumink (Kraaijvanger Urbis) + Donald Osborne (come si vede nell’immagine), in modo da ottimizzare l’utilizzo dello spazio. La ciclostazione prevede anche la presenza di un negozio e di un ufficio amministrativo, oltre che di armadietti ad uso degli utenti. L’ingresso della ciclostazione è sulla piazza Ringstede, che si trova sulla strada per il City Plaza shopping center. La zona dell’ingresso è delimitata da grandi porte scorrevoli bianche. Il progetto è stato scelto dal Comune di Nieuwegein nei primi mesi del 2010 tramite un concorso pubblico. Il comune ha voluto dare ai giovani talenti la possibilità di contribuire allo sviluppo del nuovo centro di Nieuwegein.

Il progetto della ciclostazione di Nieuwegein (provincia di Utrecht), si colloca all’interno di un complesso e articolato piano di rinnovamento delle infrastrutture della cittadina e si tratta della realizzazione del primo di una serie di progetti inerenti la mobilità dolce. Il volume dell’edificio si presenta massiccio e luce-assprbente, da lontano, e si impone sull’intorno per il suo colore rosso scuro. Tuttavia, avvicinandosi, ci si rende conto che il rivestimento del volume è affidato a una lamiera in metallo espanso microforata, che garantisce leggerezza alla struttura e una sensazione di trasparenza, specialmente dall’interno. Per chi si trova dentro, dunque, il dialogo con l’esterno è reso costante, scegliendo un’alternativa alla tradizionale via delle facciate vetrate e/o riflettenti. La copertura dell’edificio è di colore verde. Il volume compatto consente l’alloggio di quasi 400 biciclette, per 1400 mq. Le rastrelliere utilizzate sono di tipo verticale e sfalsati

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“Una rampa avvolta su un involucro semitrasparente in acciaio”

FIETSENSTALLING / ALPHEN AAN DEN RIJN (NL) / 2010 / Wytze Patijn + Silvian van Tuyl /

La bicistazione di Alphen Aan Den Rijn, progettata da Wytze Patijn, costituisce uno dei casi meglio riusciti di valorizzazione di un’infrastruttura il cui progetto, solitamente, si focalizza sugli aspetti funzionali più contingenti (il numero di biciclette depositabili e il sistema di rastrelliere). Questa stazione olandese, invece, è frutto di un progetto a 360°, che la valorizza nella sua funzione, le dà un valore iconico, e ne sottolinea visivamente la presenza sul territorio. E’ l’edificio stesso che si fa self-branding. La bicistazione ha l’aspetto di una grande mela verde, in cui, al di sotto dell’involucro semitrasparente in rete di acciaio, è visibile il sistema di distribuzione spiraliforme, che ricorda la buccia di una mela. Lo spazio offre spazio per circa 970 biciclette per un diametro di 27,5 metri e un’altezza di 15,5 metri, (1500mq). La rampa si avvolge in una spirale attorno a un nucleo di colonne in acciaio. Due scale interne permettono agli utenti di salire o scendere rapidamente. Il progetto delle rastrelliere è stato affidato a Jan Kuipers.

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VELOSTAZIONE / PARMA (IT) / 2010 /

La nuova Velostazione, inaugurata alla Temporary Station nel Marzo 2010, è una moderna struttura destinata a chi si reca in stazione e necessita di un parcheggio custodito per la propria bicicletta. L’ingresso diretto ai binari consente all’utente notevole rapidità di accesso ai treni, lasciando il proprio mezzo nella sicurezza di una

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struttura protet ta e al coperto. La struttura offre 412 posti bici su 300 metri quadrati, grazie all’installazione di rastrelliere di tipologia compatta e multipla su due livelli. La parte inferiore, più comoda e agevole, è riservata alle donne. La velostazione è stata realizzata in sostituzione del vecchio deposito bici e è rimasta in funzione fino al 2012, quando sono stati completati i lavori per la nuova Stazione. La nuova struttura - tutta in acciaio - è stata realizzata in tre mesi da STU Stazione su un’area residuale al fianco della Temporary station. Le contenute dimensioni dell’area hanno consentito di realizzare un deposito dalla forma gradevole, coerente con l’impianto architettonico dell’edificio costruito un anno fa che funge da stazione ferroviaria sostitutiva del vecchio stabile, interessato dai lavori di ristrutturazione connessi all’imponente progetto di riqualificazione urbanistica del comparto. Il compito di allestire il nuovo deposito è stato affidato a Infomobility che, a seguito di gara, ha individuato nella ditta City Design di Treviso il fornitore di rastrelliere a doppia altezza, la cui modularità consente il deposito di 412 biciclette,


“Un edificio ispirato alle forme e ai materiali di una ruota di bicicletta”

UNION STATION BICYCLE TRANSIT CENTER / WASHINGTON D.C.(USA) / 2011 / KGP / La ciclostazione di Washington DC, collocata alla Union Station è un servizio di 160 mq che permette il deposito in sicurezza di 150 biciclette, consentendo ai pendolari di arrivare alla stazione con i mezzi, prendere la propria bici e andare al lavoro, a fare shopping o a divertirsi. Collocata tra il vecchio edificio delle poste e la Union Station, l’elegante struttura vanta pannelli solari e vetri high-tech per mantenere lo spazio fresco anche in estate. Richiamandosi all’eleganza e all’efficienza di una ruota di bicicletta, gli archi tubolari in acciaio della struttura sono stabilizzati da una serie di “raggi” o tiranti in acciaio inox allo scopo di alleggerire la struttura. Una “pelle” energicamente efficiente ottimizza la trasparenza mentre modera la temperatura. Questo edificio è un catalizzatore di attenzione altamente visibile per promuovere l’uso della bicicletta e le opzioni di trasporto alternativo, offrendo parcheggi sicuri, servizi di noleggio e vendita di accessori. Alle porte del principale snodo della città, l’elegante forma a vela riflette la tecnologia del suo contenuto.

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“La Ciclostazione pioniera”

LA STAZIONE DELLE BICICLETTE / SAN DONATO MILANESE (IT) / 2009 / La posizione della Stazione delle Biciclette è studiata per favorire l’utilizzo della bicicletta in associazione con il mezzo pubblico. A distanza di non più di 2 minuti a piedi dalla Stazione si trova la metropolitana gialla (MM3–San Donato) e decine di linee di autobus locali e provinciali. Per i pendolari e i viaggiatori che vogliono praticare questa forma di intermodalità si offre il servizio di custodia della bicicletta con abbonamenti settimanali e mensili, e la possibilità di noleggiare una bicicletta sia saltuariamente che con formule di abbonamento. La ciclostazione di San Donato Milanese è stato il primo esempio nell’area della provincia di Milano. La Stazione delle Biciclette è anche e soprattutto un’officina specializzata per la riparazione di ogni tipo di bicicletta siano dei pezzi da museo degli anni ‘50 o delle moderne specialissime.

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BICISTAZIONE / SESTO SAN GIOVANNI (IT) / 2009 /

Progettata per incentivare l’uso della bicicletta, la bicistazione è stata inaugurata nell’aprile del 2009 in piazza 1° Maggio. È vicino alla stazione ferroviaria, al capolinea della metropolitana e alle fermate di alcune importanti autolinee regionali, interurbane, urbane e internazionali. Alla bicistazione sono collegati i percorsi ciclabili di Sesto. Per questo e per l’ampia gamma di servizi offerta, la bicistazione è un invito rivolto a tutti i cittadini a sperimentare un modello di trasporto più efficiente e meno inquinante. La bicicletta è ideale per tutti gli spostamenti di media-breve percorrenza. La bicistazione copre un’area di circa 1000 mq e può ospitare 470 biciclette. E’ un punto d’appoggio strategico per tutti i cittadini che amano andare in bici e che, grazie ai servizi offerti, possono passare dalla bici al treno, all’autobus e viceversa.

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“Il sarto delle biciclette”

CICLOFFICINA ORCOCICLI / MILANO (IT) / 2008 / GIO’ POZZO / hobby un mestiere. Di un mestiere, un affare. E oggi, a soli tre anni dall’apertura, sono tra i migliori al mondo nell’artigianato della bicicletta. Nel cuore del quartiere Isola, conosciuto a Milano come un paese dentro la metropoli per il suo carattere popolare, la bottega è diventata una mecca per gli appassionati di biciclette. I clienti vengono da tutto il mondo a ordinare di persona il proprio modello su misura o se lo fanno spedire sulla fiducia.

La ciclofficina Orcocicli si trova nel quartiere Isola di Milano; è una minuscola officina artigianale specializzata in bici di design. La ciclofficina si colloca all’interno di una area, quella dell’Isola, in cui la cultura della biciletta sembra aver attecchito più che da altre parti, data la cospicua presenza di officine, collettivi e noleggio bici. All’interno di questo scenario, La ciclofficina Orcocicli può essere paragonata alla “sartoria” delle biciclette, in cui i pezzi vengono realizzati su misura, tutti pezzi unici, in base alle richieste del cliente, interamente a mano. Lo spazio è stato recentemente ristrutturato e ha assunto l’aria di una piccola bottega d’altri tempi, piuttosto che di un’officina. Non offre nessun tipo di servizio di parcheggio, nè di noleggio bici. Non più di 10 metri quadrati con soppalco che trasudano in ogni angolo la passione per la bicicletta. Questo è Orco Cicli. Un piccolo negozio-laboratorio senza tempo dove tre amici hanno fatto di un

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CICLOFFICINA / LISSONE (IT) / 2009 / sicurezza e senza infastidirsi a vicenda. Inoltre un’area di accoglien za posta all’ingresso permette di mettere a proprio agio gli utenti, stimolando quello che poi è uno degli obiettivi chiave del progetto: promuovere l’uso della bici attraverso la collaborazione e il dialogo tra le persone. Il luogo, nella mente di chi propone il progetto, dovrebbere essere in grado di fornire spazi per il lavoro, per la lettura ma anche un’area verde per organizzare eventi e “rimettere” in relazione bicicletta e natura.

“ Un luogo luminoso, accogliente, con un parcheggio ed uno spazio verde che possano fungere da punto di ritrovo“. La ciclofficina nasce su iniziativa spontanea di un gruppo di ragazzi di Lissone (Mi) come luogo per condividere alcuni consigli sulla riparazione (e non solo) ma soprattutto per rendere gli utenti in grado di sistemare da soli il loro mezzo attraverso i ‘pezzi’ di altre biciclette e con il materiale di recupero messo a disposizione dagli altri ciclisti. Gli ambienti e le atmosfere sono fondamentali per diversi motivi. Quello che serve, secondo i ragazzi che hanno proposto il progetto, sarebbe uno spazio ampio, pieno di luce per poter lavorare in piena

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BICIPARK / BRESCIA (IT) / 2008 / BENNO ALBRECHT /

Il progetto di Benno Albrecht, interessa il ridisegno di un parcheggio esistente, antistante la stazione ferroviaria di Brescia, al fine di incrementarne l’originaria capienza di 280 biciclette. L’opera si propone in primo luogo l’obiettivo di recuperare l’invaso esistente: un vuoto di forma rettangolare coperto da una pensilina in acciaio. Le scelte operate dal progettista muovono nella direzione di articolare lo spazio sottostante la pensilina su due livelli, lungo la superficie dei quali trovano complessivamente posto 660 bici (grazie anche all’utilizzo di un sistema di meccanizzazione per l’ottimizzazione del numero dei parcheggi), un info-point, il personale di sorveglianza e un piccolo magazzino per riparazioni urgenti. Elemento centrale del progetto è la soluzione di chiusura/schermatura di questo spazio rispetto a quello urbano circostante La struttura portante in acciaio del nuovo piano orizzontale inter-

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medio e quella esistente della pensilina, ancora in acciaio, rappresentano gli ancoraggi per un reticolo spaziale di supporto alla vegetazione, composto da barre di tondino liscio in ferro zincato del diametro di 10 mm (una sorta di “naturalizzazione del vuoto”). L’idea di parete e quella di vegetazione, nell’atto di fondersi, perdono la loro tradizionale consistenza fisica, rispettivamente bidimensionale e tridimensionale. Il nuovo limite fisico dell’invaso del parcheggio, nel concedere una forte permeabilità percettiva, sottolinea la propria consistenza tridimensionale e fisica attraverso una significativa articolazione morfologica, la cui forte espressività è garantita dalla selezione di diverse essenze rampicanti, in grado di garantire un impatto visivo differente per forma e colore nel corso delle stagioni. Una serie di rampe permettono il raccordo tra la quota della città e quella del nuovo livello intermedio favorendone l’uso.


PARKING PLAZA CANOVAS / VALENCIA (ES) / 2010 / TERESA SAPEY /

“Recentemente realizzato nella città di Valencia, il parcheggio sottennareo di Plaza Canovas è caratterizzato da un uso particolarmente originale di grafica e colore, che ben si distingue rispetto alle tetre soluzioni a cui siamo tristemente abituati. Il progetto, concepito dallo studio madrilegno Teresa Sapey, non rappresenta soltanto una soluzione particolarmente vivace e rassicurante per questo genere architettonico, ma anche un esperimento di infografica in grado di offrire informazioni supplementari sulla città e la sua offerta per i cittadini. Il codice colore che troviamo sul pavimento e sulle pareti è stato infatti associato a quattro aree della città di Valencia, identificate sulla base della funzionalità urbana che più le caratterizza: presenza di acqua (blu), spazi verdi (verde), spazi culturali (rosso), spazi per l’intrattenimento (arancione e giallo). Le linee sul pavimento forniscono ai guidatori l’orientamento verso l’uscita del parcheggio che più è prossima alle singoole aree della città.\

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Un parcheggio per biciclette in prossimitĂ della stazione Centrale, di Garibaldi e di numerose fermate della Metro.

Un’officina con meccanici a disposizione per lavori di riparazione.

Un laboratorio di riciclo di biciclette usate e componenti, oltre che uno spazio per personalizzare la propria bicicletta.

Uno spazio espositivo dove guardare, provare, comprare bici personalizzate, accessori e componenti.

Un incentivo alla cultura alternativa della mobilitĂ dolce.

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Il metaprogetto

Partendo dal concept, che possiamo riassumere ne “Il micromondo della bicicletta”, si è divisa la fase metaprogettuale in tre distinti momenti: 1. il metaprogetto degli spazi 2. il metaprogetto materico 3. il metaprogetto grafico In tutti e tre i casi si è proceduto immedesimandosi nella realtà del ciclista urbano, cercando di capire cosa significano concetti come cultura della mobilità dolce e trasporto sostenibile e tendando di cogliere gli aspetti percettivo-sensoriali che caratterizzano questo tipo di mobilità, sempre tenendo il codice stilistico underground che dovrebbe caratterizzare lo spazio, consacrandolo come tempio della mobilità doce all’interno dello scenario di una cultura alternativa. Per esempio, nel metaprogetto degli spazi l’obiettivo primario è stato quello di progettare un luogo a misura di bicicletta, ponendo particolare attenzione nel progetto dell’accessibilità e nella distribuzione degli spazi, in cui gioca un ruolo fondamentale la rampa, accessibile ai pedoni e alle biciclette portatrice, dal punto di vista semantico, di rimandi all’esperienza fisica della fatica dell’andare in bicicletta. Anche la scelta di progettare uno spazio (quello dell’expo/shop) completamente aperto sulla strada non è casuale: innanzitutto gli ampi accessi consentiti dalle vetrate scorrevoli (3x3 m) facilitano l’ingresso alle due ruote; in secondo luogo lo spazio è penetrato fisicamente e visivamente dalla dimensione della strada, dimensione per eccellenza del ciclista urbano. Il metaprogetto materico si fonda in pari misura sui concetti di sostenibilità e underground, che si sposano perfettamente tra loro, dato che presuppongono l’idea di un uso di materiali quanto più

grezzi possibile e derivati dal riciclo. Inoltre, sempre tenendo presente il concept, gran parte dei materiali rimandano allla dimensione fisica ed esperienziale della bicicletta: -i pavimenti sono in cemento grezzo non rifinito, materiale quanto più vicino all’esperienza dell’asfalto; -i piani di calpestio della rampa e dell’officina sono rivestiti in gomma nera ruvida, rimando visivo, tattile e olfattivo alle ruote della bicicletta; -il parapetto che separa l’officina dal piano sottostante è costituito da un reticolo di tiranti in alluminio disposti in modo da ricordare i raggi sovrapposti di una bicicletta; -il parapetto della rampa è costituito dai tubi usati nelle impalcature, meglio se arruginiti; -il bancone dell’officina è rivestito da assi di legno di vario tipo, derivanti dagli scarti; - i prospetti esterni sono rivestiti in lamiera ondulata, in rimando all’estetica dei container. Il metaprogetto grafico deriva dalla semplificazione del segno grafico che caratterizza la bicicletta per eccellenza: l’impronta della gomma. Semplificando tale motivo geometrico si è giunti a una semplicissima texture puntinata. Adattando tale texture ai diversi supporti si è ottenuta la campitura micropuntinata, in diverse varianti cromatiche, delle pareti o delle scritte, con rimando anche alla Pop Art di Liechtenstein e al linguaggio dei fumetti, a sottolineare l’informalità dello spazio. Anche la lamiera microforata che riveste la facciata della’area parking deriva da tale adattamento. Il font usato per tutte le grafiche è Nova Solid, che ben si presta a un linguaggio informale. La palette cromatica si fonda sulla combinazione di nero, bianco e rosso ( C:15; Y: 100; M: 100; K: 0: ).

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IL MICROMONDO DELLA BICICLETTA

MOBILILTA’ DOLCE

SOSTENIBILITA’

UNDERGROUND

ESPERIENZA FISICA E SENSORIALE

IL METAPROGETTO DEGLI SPAZI

CULTURA ALTERNATIVA

IL METAPROGETTO DEI MATERIALI

MATERIALI GREZZI

IL METAPROGETTO DELLA GRAFICA


Il metaprogetto degli spazi

15.

19.

16.

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Dall’alto in senso antiorario: 15. Schizzo della possibile organizzazione dello spazio: due piani, raccordati tramite rampa per consentire l’accesso alle bicilette, e apertura quasi totale sull’esterno.

16. Bozza dell’idea della disposizione verticale delle biciclette nel parcheggio. 17. Studio preliminare della rastrelliera verticale per biciclette. 18. Schizzo di studio: studio del rapporto tra interno e esterno, in modo che la dimensione

18.

stradale compenetri visivamente e fisicamente all’interno dello spazio. 19. Schizzo della rampa, prosecuzione dell’esperienza fisica dell’andare in bicicletta.


Il metaprogetto dei materiali

Cemento nero rifinito con trattamento idrorepellente

Cemento bianco levigato rifinito con trattamento idrorepellente

Pannelli in truciolato sbiancato

Assi di legno grezzo di scarto, essenze miste Gomma ruvida nera

Vernice rossa

Telaio in micro tiranti in alluminio

Lamiera ondulata verniciata rossa

20. Il metaprogetto dell’aspetto materico dello spazio procede sempre dal concept che intende lo spazio come l’incarnzaione del mondo della bicicletta: pertanto i materiali scelti derivano direttamente dalla scomposizione delle varie componenti della bicicletta: la gomma dei copertoni diventa il rivestimento della rampa e dell’officina (i due spazi più vicini alla dimensione “fisica” dell’esperienza dell’andare in bicicletta); i raggi diventano, su scala ingrandita, il parapetto che separa il primo piano dal piano terra; l’alluminio del telaio diventa materiale preponderante, utilizzato nelle rastrelliere e nel corrimano; la dimemsione stradale viene richiamta dai rivestimenrti delle pavimentazioni (cemento non levigato, bianco e nero). In accordo con la dimnesione di sostenibilità cui necessariamente rimanda la cultura della bicicletta, quasi tutti i materiali derivano dal riuso e dallo scarto: il rivestimento esterno con lamiera dei container, rivestimento degli arredi con assi di legno di scarto o pannelli in truciolato.


Il metaprogetto grafico

C:100; Y:100; M:100; K:100.

C:0; Y:0; M:0; K:0.

C:15; Y:100; M:100; K:0.

21 Anche il metaprogetto della grafica, elemento fondamentale per la caratterizzazione dello spazio, procede direttamente dalla traslazione di alcuni caratteri distintivi dell’esperienza dell0andare in biciletta. In questo caso, si è proceduto dalla traccia lascita dall’impronta della biciletta sul terreno, usata fedelemente nella segnalazione dei percorsi della zona expo-shop, e via via sempre più semplificata fino all’estrema stilizzazione in texture micropuntinata. La texutre in questione domina gran parte dello spazio progettato, adattandosi in modo di volta in volta diverso alle superfici su cui è collocata: diventa trama quasi Pop Art sulle pareti, riempimento delle grafiche a terra, microforatura nelle lamiere di rivestimento esterno della facciata, foratura a maglia molto più grande nelle rastrelliere.


CREATO CON LA VERSIONE DIDATTICA DI UN PRODOTTO AUTODESK

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Introduzione

Lo spazio adibito al ricovero delle biciclette, a tempo più o meno prolungato, costituisce la ragion d’essere del progetto. Senza tale spazio destinato al parcheggio la Ciclostazione non offrirebbe nessun servizio aggiuntivo rispetto alle numerose ciclofficine già presenti sul territorio, senza contare che non troverebbe particolarmente giustificata la sua posizione. L’elemento cardine del concept è costituito da sistema di parcheggio dei mezzi a due ruote. Il sistema adottato è quello dei vertical racks, già adottati in numerose città europee. Tali sistemi, esistenti in diversi modelli, foggie, colori, tecnologie, comportano l’ovvio vantaggio di un notevole risparmio di spazio; se accuratamente studiato, il sistema si presta ad essere utilizzato anche da persone con disabilità, da bambini, o da anziani. Le rastrelliere verticali, dunque, dominano visivamente l’ambiente e en determinano la distribuzione. Gli accessi sono differenziati, a seconda della tipologia di sosta desiderata. Il parcheggio short-term, destinato a avventori occasionali, pendolari o turisti, di durata oraria o giornaliera, è accessibile direttamente dalla Galleria, 24/24h, con ingresso automatizzato, tramite un sistema di controllo elettronico delle entrate e uscite. Il parcheggio long-term, per chi ha bisogno di lasciare in custodia la propria bicicletta e gli effetti personali annessi per più di un giorno, è accessibile solo ed esclusivamente dal personale della Ciclostazione. L’ingresso infatti è solo interno. Per offrire un servizio quanto più completo possibile, il parcheggio offre anche degli spazi in cui il ciclista urbano può depositare i propri effetti personali. Il progetto prevede la presenza di 180 armadietti

equamente distribuiti, ricavati da barili di olio riciclati. Nello spazio sono presenti anche dei micro spazi vendita/ristoro costituiti da vending machines con prodotti ad hoc, integrate alla struttura dei pilastri portanti, la cui presenza non risulta più, in questo modo, ingombrante, ma diventa parte della cornice visiva. I progetti dell’interno, della facciata e della grafica, risultano integrati tra loro. Lo spazio presente tra i pilastri portanti (6x3 m) è riempito da un’unica lastra di vetro. La scansione in blocchi da 6x3 m, data dai pilastri portanti inamovibili, è stata superata visivamente utilizzando un unico elemento, una lamiera di alluminio microforato. Tale scelta è stata dettata da ragioni estetiche, data la volontà di creare uno stacco visivo tra il volume originario e l’intervento attuale, e da ragioni pratiche di sicurezza: la lamiera costituisce un’ulteriore protezione, sia visiva che materiale, verso il contenuto dello spazio, ossia le biciclette. Il motivo della microforatura, dominante in facciata, viene ripreso anche nell’interno: lo studio della grafica e dei materiali è risultato fondamentale per caratterizzare lo spazio. Il concept alla base della grafica a pavimento e a parete e la campitura micropuntinata (sia delle scritte, che dei numeri, che delle pareti), che si rifà alla microforatura della lamiera. Sono stati privilegiati materiali allo stato grezzo, richiamandosi al carattere “underground” alla base del concept, e in accordo con l’etica sostenibile a cui si ispira lo spazio: cemento, intonaco al rustico, pannelli in truciolato, alluminio... Tutto lo spazio si basa sulla combinazione cromatica di bianconero-rosso.

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Storyboard

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Studio della grafica

A. parete longitudinale: il fondo della parete è aerografato con una trama micropuntinata, a punti neri su fondo bianco. Il colore percepito, da lontano, è gricio chiaro. La scritta recante il nome della Ciclostazione è realizzata allo stesso modo, ma all’inverso, con punti bianchi su fondo nero. Il colore percepito da lontano è grigio scuro. Colori: C:100; Y:100; M:100; K:100; C:0; Y:0; M:0; K:0;

B. Parete longitudinale: per comunicare in modo diretto al visitatore i valori e il concept fondativi dello spazio, si è scelto di usare citazioni di personaggi più o meno illustri, inserite all’interno di fumetti: un metodo di comunicazione informale, come vuole essere lo spazio, oltre che uno stilema grafico che contribuisce a rafforzare l’omaggio alla Pop Art di Liechtenstein, già accennato dalle campiture puntinate.

22. Prospetto longitudinale interno campito.

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Nessuna delle nostre piccole sofferenze quotidiane resiste a un buon colpo di pedale. Tristezza, attacchi di malinconia… inforchiamo la bicicletta e fin dalle prime pedalate abbiamo l'impressione che un velo si squarci. Nessuna delle nostre piccole sofferenze quotidiane resiste a un buon colpo di pedale. Tristezza, attacchi di malinconia… inforchiamo la bicicletta e fin dalle prime pedalate abbiamo l'impressione che un velo si squarci. Nessuna delle nostre piccole sofferenze quotidiane resiste a un buon colpo di pedale. Tristezza, attacchi di malinconia… inforchiamo la bicicletta e fin dalle prime pedalate abbiamo l'impressione che un velo si squarci. Nessuna delle nostre piccole sofferenze quotidiane resiste a un buon colpo di pedale. Tristezza, attacchi di malinconia… inforchiamo la bicicletta e fin dalle prime pedalate abbiamo l'impressione che u Nessuna delle nostre piccole sofferenze quotidiane resiste a un buon colpo di pedale. Tristezza, attacchi di malinconia… inforchiamo la bicicletta e fin dalle prime pedalate abbiamo l'impressione che un velo si squarci.Nessuna delle nostre piccole sofferenze quotidiane resiste a un buon colpo di pedale. Tristezza, attacchi di malinconia… inforchiamo la bicicletta e fin dalle prime pedalate abbiamo l'impressione che un velo si squarci.Nessuna delle nostre piccole sofferenze quotidiane resiste a un buon colpo di pedale. Tristezza, attacchi di malinconia… inforchiamo la bicicletta e fin dalle prime pedalate abbiamo l'impressione che un velo si squarci.Nessuna delle nostre piccole sofferenze quotidiane resiste a un buon colpo di pedale. Tristezza, attacchi di malinconia… inforchiamo la bicicletta e fin dalle prime pedalate abbiamo l'impressione che un velo si squarci.Nessuna delle nostre piccole sofferenze quotidiane resiste a un buon colpo di pedale. Tristezza, attacchi di malinconia… inforchiamo la bicicletta e fin dalle prime pedalate abbiamo l'impressione che un velo si squarci.n velo si

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Studio della grafica

Nessuna delle nostre piccole sofferenze quotidiane resiste a un buon colpo di pedale. Tristezza, attacchi di malinconia… inforchiamo la bicicletta e fin dalle prime pedalate abbiamo l'impressione che un velo si squarci. Nessuna delle nostre piccole sofferenze quotidiane resiste a un buon colpo di pedale. Tristezza, attacchi di malinconia… inforchiamo la bicicletta e fin dalle prime pedalate abbiamo l'impressione che un velo si squarci. Nessuna delle nostre piccole sofferenze quotidiane resiste a un buon colpo di pedale. Tristezza, attacchi di malinconia… inforchiamo la bicicletta e fin dalle prime pedalate abbiamo l'impressione che un velo si squarci. Nessuna delle nostre piccole sofferenze quotidiane resiste a un buon colpo di pedale. Tristezza, attacchi di o la bicicletta e fin dalle prime pedalate abbiamo l'impressione che un velo le nostre piccole sofferenze quotidiane resiste a un buon colpo di pedale. di malinconia… inforchiamo la bicicletta e fin dalle prime pedalate ne che un velo si squarci. Nessuna delle nostre piccole sofferenze e a un buon colpo di pedale. Tristezza, attacchi di malinconia… bicicletta e fin dalle prime pedalate abbiamo l'impressione che squarci. Nessuna delle nostre piccole sofferenze quotidiane a un buon colpo di pedale. Tristezza, attacchi di alinconia… inforchiamo la bicicletta e fin dalle prime pedalate abbiamo l'impressione che un velo si squarci.

C. Parete trasversale: grafica con testo/poesia inerente alla cultura della bicicletta inserito nell’area occupata dalle ruote.

23. Prospetto trasversale interno campito.

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Studio della grafica

D. Pavimento: la grafica a pavimento si occupa di segnalare le serie di racks e di armadietti, e di numerarli, in modo da facilitare il ritrovamento del proprio mezzo e dei propri effetti. Coerentemente con il resto del progetto grafico, anche i numeri sono aerografati a campitura micropuntinata. Colore: C:15; Y:100; M:100; K:0

24. Pianta campita

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Studio della grafica

E. Facciata: una lamiera microforata (3 mm di spessore) riveste la facciata dell’area Parking in tutta la sua lunghezza. L’effetto risulta particolarmente suggestivo nelle ore notturne, in cui le grafiche risultano più chiaramente percepibili, essendo la lamiera retroilluminata dalle luci dell’interno. La microforatura presenta una maglia più larga in corrispondenza di grafiche e scritte.

F. Facciata: la medesima lamiera microforata ospita. per una porzione, dei micro LED in serie, rossi e verdi, che segnalano i posti liberi e occupati all’interno del parcheggio.

25. Prospetto esterno campito, accesso dalla Galleria della Moda.

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26. Render. Vista dell’area parcheggio dall’interno, focus sul sistema di deposito delle biciclette. Le rastrelliere verticali permettono di risparmiare notevole spazio e sono facilmente utilizzabili da chiunque. La grafica a pavimento identifica con numeri progressivi i singoli parcheggi, in modo da consentire l’orientamento e una facile memorizzazione. I pilastri strutturali sono mimetizzati da alcune vending machines progettate ad hoc: contengono articoli utili al ciclista urbano e sono rivestite in pannelli di truciolato, che fungono da boiseries e integrano la macchina al pilastro.


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27. Render. Vista dell’area parcheggio dall’interno, con dettaglio sul sistema di armadietti. Per garantire un servizio a 360°, il progetto della Ciclostazione prevede che il ciclista urbano possa usufruire di spazi in cui depositare in sicurezza anche i propri effetti personali, oltre che la bicicletta. Dato il carattere ecosostenibile del progetto, che promuove la mobilità dolce, anche l’arredo e i materiali usati nel progetto cercano di seguire questa linea. Gli armadietti sono realizzati recuperando barili di olio inutilizzati.


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28. Render. Vista dell’area parcheggio dall’esterno, dal lato che affaccia sulla Galleria. Il render evidenzia il progetto delle vetrine, che cerca di coniugare l’aspetto informativo con l’esigenza di comunicare un senso di sicurezza e custodia, dissimulando la vista di ciò che è contenuto all’interno dello spazio. Per tale motivo le vetrate di 6x3 m sono costituite da doppio vetro, inframezzato da una lamiera microforata in alluminio. La lamiera presenta una foratura a maglia più larga in corrispondenza della grafica informativa, che indica la tipologia di parcheggio. Di notte, rimanendo accese le luci all’interno, la lamiera microforata garantisce un suggestivo effetto di semitrasparenza.


Materiali: - alluminio verniciato rosso, finitura lucida; - gomma - pannelli in truciolato - alluminio spazzolato Colori: C:15; Y:100; M:100; K:0. Dimensioni: 15x15x170 cm

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Il progetto delle rastrelliere è fondamentale per l’organizzazione e la fruizione dello spazio, oltre che per la connotazione della sua stessa identità. Si è scelto di progettare dei sistemi ex novo in quanto quelli già in produzione non raggiungono le qualità estetiche desiderate. Si è optato, dunque, per una rivisitazione della rastrelliera verticale. Il principale vantaggio di un sistema verticale è l’ovvio risparmio di spazio. Inoltre, l’utilizzo non risulta difficoltoso, come si potrebbe pensare, dato che è stato previsto un “invito” alla base del pilastrino che facilita la risalita del mezzo lungo lo stesso. Il pilastro è inoltre dotato di un’asola obliqua che consente il fermo della bicicletta in modo che non ricada all’indietro. L’apertura dell’angolo rispetto alla colonnina permette alla ruota di inserirsi agevolmente, senza bloccarsi sui dischi dei freni o sulla forcella. L’asola può inoltre essere alzata e abbassata a seconda dell’altezza della bicicletta. La foratura che percorre tutta l’altezza della colonnina in alluminio ha una doppia ragion d’essere: funzionale, in quanto permette il fissaggio dell’asola all’altezza desiderata, e estetica, come rimando alla microforatura della lamiera in facciata. I vertical racks in serie sono integrati tra loro tramite una spalliera in pannelli di truciolato, che le unisce fornendo maggiore stabilità e consente di appendere momentaneamente i propri effetti personali ai ganci pendenti dai fori, mentre si effettua l’operazione di bloccaggio della bicicletta con apposito lucchetto.


Le rastrelliere

29. L’immagine illustra le possibilità di utilizzo dei vertical racks all’interno del parcheggio.

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Materiali: Pannelli di truciolato Colori: naturale Dimensioni: 80x80x180 cm

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Il concept delle vending machines si basa sulla creazione di un involucro che rivesta, allo stesso tempo, la vending machine e il pilastro a cui si addossa. Sarebbero entrambi, altrimenti, elementi di disturbo visivo e fisico: così facendo vengono integrati in un unico volume che li enfatizza ma allo stesso tempo li unifica. L’involucro è realizzato in pannelli di truciolato, un materiale di riciclo, in accordo con l’ecosostenibilità alla base di tutto il progetto.


Le vending machines

30. L’immagine illustra la struttura dell’involucro che ingloba la vending machine e il pilatsro portante.

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Materiali: Acciaio Colori: vernice di vario colore, ruggine. Dimensioni: 60x60x60 cm

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La realizzazione degli armadietti segue la direzione del riciclo e della sostenibilità, come numerosi altri elementi del progetto. L’idea è venuta guardando una suggestiva immagine di vecchi barili inutilizzati, ammassati uno sull’altro in una discarica: le vernici scrostate che lasciano affiorare il metallo arruginito sottostante si sposano benissimo con il carattere underground del concept, e infondono una nota di colore allo spazio.


Gli armadietti

31. L’immagine rappresenta un armadietto-tipo, pensato come il riuso di un oggetto-rifiuto, quale un barile di olio inutilizzato.

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CREATO CON LA VERSIONE DIDATTICA DI UN PRODOTTO AUTODESK

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Schema punti luce

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PIANTA PIANO TERRA 1m 5m


Corpi illuminanti

-Produttore: Nuova Seminara -Modello: 2938 -Dimensioni: O 350 cm h 270 cm -Descrizione: apparecchio illuminante in lamiera di rame tornito, spazzolato e verniciato con protettivo trasparente, interno-esterno. Gabbia di protezione acciaio zincato. Portalampada in ceramica. -Lampada: risparmio energetico

-Produttore: Cristalensi -Modello: Cubo Lumetto Piccolo -Dimensioni: 11x11x11cm -Descrizione: lumetto in vetro soffiato bianco satinato con montatura laccata bianca - Lampada: risparmio energetico

/ Lampada a sospensione, altezza regolabile / Fascio luminoso a cono / Lampada sulla sommitĂ di ogni rastrelliera / ModalitĂ ON-OFF per indicare lo stato libero/occupato / Illuminazione puntuale

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Introduzione

L’area indicata in pianta, di un totale di 210 mq tra piano terra e piano primo, ospita una serie di servizi accessori, che completano l’offerta all’utente della Ciclostazione Centrale. La suddivisione in due piani non è casuale: -al piano terra trovano spazio l’area vendita e esposizione di bici personalizzate e accessori utili (componenti, abbigliamento, attrezzatura di sicurezza...) -al piano primo si trova l’officina in cui si svolgono riparazioni veloci, personalizzazione, aerografazione, lezioni base a chi fosse interessato all’arte della manutenzione della bicicletta. La distribuzione degli spazi è affidata a una rampa, rivestita in gomma ruvida nera (immediato richiamo a un materiale fondamentale della bicicletta). La scelta di un tale sistema distributivo ha una duplice ragione: la prima funzionale, in quanto permette l’accesso all’officina sia a piedi che pedalando sulla propria bicicletta, la seconda emozionale-esperienziale, in quanto si tratta di un immediato rimando all’esperienza della fatica fisica che l’andare in bicicletta comporta. In tal modo, lo spazio del primo piano si riduce a una sorta di soppalco, in quanto la rampa corre sui restanti tre lato del volume e garantisce la doppia altezza a due terzi del piano sottostante. Il piano terra è progettato in modo da essere completamente aperto sull’esterno, in modo da permettere la penetrazione della strada (habitat naturale del ciclista) all’interno dello spazio. L’apertura è garantita da partizioni verticali vetrate scorrevoli. L’utente, o il semplice passante, si trova quindi catapultato dentro lo spazio anche senza volerlo. La scelta dei materiali e della grafica contribuisce a rafforzare la compenetrazione: la pavimentazione è in cemento non finito bianco; per indicare i percorsi si è scelto di usare delle impronte di copertoni di biciclette impresse nel cemento, che partono direttamente

dall’esterno. Il sistema espositivo che si è scelto di prediligere è quello della sospensione al soffitto degli articoli: si tratta infatti di un sistema non convenzionale che necessariamente attira l’attenzione del passante, rendendo più scenografico lo spazio stesso e conferendo un aspetto ludico all’esperienza dell’acquisto; inoltre suggerisce un rapporto più diretto con l’oggetto, dato che invita all’interazione (la possibilità di vedere l’oggetto da tutte le angolazioni, la necessità di toccarlo per portarlo al livello del suolo). Il sistema di esposizione sospeso scelto varia a seconda dell’oggetto: le biciclette pimpate sono appese al soffitto tramite un sistema a carrucola: ogni bicicletta ha un contrappeso costituito da un disco in cemento che, abbassando la bicicletta, si alza, scoprendo la porzione di muro sottostante, che reca scritta la storia della bicicletta in questione. Le altalene che occupano la parte centrale dello spazio, invece, fungono da espositori per i capi di abbigliamento, i caschi, gli accessori vari. Sulla parete corta e chiusa è posizionato un telo retroproiettato su cui è possibile vedere filmati inerenti la cultura della bicicletta e le riprese fatte al piano superiore, nella sala aerografazione: in questo modo si cerca di coinvolgere ulteriormente il visitatore nell’esperienza dello spazio, tramite sistemi multimediali. Per quanto riguarda l’aspetto cromomaterico, si è voluta mantenere la coerenza con la terna di colori dominante anche in facciata e nell’area parcheggio (nero-bianco-rosso) e si sono scelti materiali sostenibili o di recupero: i pochi elementi in legno sono costituiti da pannelli in truciolato o da assi in legno grezzo, di scarto; la gomma della rampa è allo stato grezzo; il corrimano della rampa è realizzato con i tubi da impalcatura, meglio sei arruginiti; il rivestimento esterno è realizzato in lamiera rossa ondulata, in richiamo ai container.

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Storyboard

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Progetto grafico/materico

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A. Parete interna verniciata con pittura lavagna: la grafica di questa parete non è mai definitiva e uguale a sè stessa, in quanto si lascia all’utente la discrezione di disegnare ciò che meglio crede. Lo spazio è quindi permeato della presenza del visitatore/consumatore, che è invitato a lasciare una traccia del suo passaggio. L’esperienza dell’acquisto o della semplice visita si arricchisce di una nota ludica.

32. Prospetto longitudinale interno campito.

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Progetto grafico/materico

B. Parete interna: pittura bianca + aerografazione a trama micropuntinata rossa. Le fasce rosse visibili nel disegno sono costituiti da un’area puntintata, coerentemente con il progetto grafico di tutto lo spazio. Il fondo rosso serve a sottolineare le porzioni di parete destinate ad ospitare le biciclette in attesa di riparazione, quelle ultimate e in attesa di consegna, o i componenti di ricambio.

33. Prospetto longitudinale interno campito.

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Progetto grafico/materico

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D. Pavimento area expo/shop: L’open space accoglie diverse funzioni e attività diverse, che si è scelto di indicare con una grafica a pavimento. Il font utilizzato (NOVA SOLID) è lo stesso usato nella comunicazione della facciata, delle vetrine e dell’area parking. La campitura è, coerentemente, micropuntinata di colore rosso (C: 15; M: 100; Y:100; K: 0. ). Si è scelto di utilizzare una comunicazione a pavimento (piuttosto che tradizionale insegne, o cartelli, o indicazioni) in quanto costituisce un immediato richiamo ala dimensione della grafica stradale, familiare al ciclista urbano, Le aree indicate sono : -l’accesso alla rampa che conduce all’officina (LEARN TO FIX); -la zona in cui si può guardare in tempo reale il lavoro di aerografazione delle biciclette al piano di sopra (DISCOVER UPSTAIRS); -la zona di vendita di accessori e abbigliamento (BUY YOUR FITTING): -la zona in cui è possibile guardare e provare le biciclette pimpate (TRY UNIQUE BIKES). E. Paviemento area expo/shop: Analogamente al concept applicato alla rampa, anche nell’open space dell’area expo/shop i percorsi sono indicati utilizzando la traccia lasciata dalla ruota di una bicicletta. In questo caso la traccia non è verniciata, ma impressa nel pavimento in cemento, al momento della posa.

34. Pianta campita.

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Progetto grafico/materico

C. Pavimento rampa: Un ulteriore rimando alla dimensione stradale e al linguaggio della bicicletta è costituito dal sistema utilizzato per indicare i percorsi: l’impronta del copertone del mezzo. La traccia che percorre la rampa in tutta la sua lunghezza è verniciata in rosso (C: 15; M: 100; Y:100; K: 0.).

35. Prospetto trasversale interno campito. 36. Prospetto trasversale interno campito.

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Progetto grafico/materico

F Dettagli del progetto grafico in facciata: F. Il dettaglio evidenziato mette in luce il materiale utilizzato per rivestire l’intera facciata, ossia la lamiera ondulata verniciata di rosso (C: 15; M: 100; Y: 100; K:0.). Si è scelto di sostiture l’insegna, di tipo tradizionale, con una comunicazione aerografata a grandezza gigante occupante buona parte del prospetto esterno. In questo modo l’edificio stesso, tramite i materiali, i colori e le campiture, comunica da sola buona parte dell’essenza del concept. Le scritte, recanti il logo dello spazio (Ciclostazione Centrale) e l’indirizzo (in rimando agli atelier di via Tortona durante il Salone del Mobile) sono realizzate con il font Nova Solid e campite con trama micropuntinata aerografata, di colore nero o bianco.

37. Prospetto esterno campito.

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38. Fotoinserimento del progetto nell’angolo tra l’imbocco delle Galleria della Moda e via Boscovich, 18. Il nuovo volume , pur inserendosi nelle forme preesistenti, si pone in netto contrasto cromo-materico, ma risulta tuttavia in comunicazione con il contesto. L’apertura totale del piano terra consente la penetrazione della strada all’interno, e la scelte grafiche e materiche (lamiera ondulata, materiale che rimanda ai container) rimanda a una dimensione “underground”, grezza, che è stata riscontrata come carattere latente ma peculiare della zona, nonchè motivo alla base della ricerac del concept.


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39. Render dell’interno dell’area expo/shop. Lo scorcio rappresentato nel render inquadra, in primo piano, l’area dell’open space in cui è possibile vedere e provare le bici pimpate e personalizzate, realizzate all’interno della ciclostazione. Nel render è visibile il sistema che si è scelto di utilizzare per l’esposizione, ossia la sospensione a soffito per mezzo di carrucole. A ogno bicicletta corrisponde un contrappeso addossato alla parete che, una volta abbassata la bicicletta al piano di terra, si solleva, lasciando scoperta la porzione di muro sottostante. Lo spunto da cui deriva questa idea è stato fornito dal sistema espositivo, analogo, del Padiglioni degli Stati Uniti alla Biennale di Architettura di Venezia del 2012. La porzione di parete che viene scoperta reca scritte, con il gesso, le informazioni principali, cenni della sua storia, parole chiave. In questo modo l’utente è coinvolto in maniera ludica nel processo di conoscenza dei pezzi unici.


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40. ll render inquadra buona parte del piano terra. Sono chiaramente distinguibili i materiali e la grafica che contraddistingue lo spazio: il cemento bianco del pavimento e le scritte che indicano le aree tematiche. Si percepisce quanto la strada riesca a penetrare visivamente e fisicamente all’interno dello spazio. In primo piano, le altalene realizzate in tavole di rovere grezzo e di scarto, che fungono da espositori per accessori e capi d’abbigliamento per ciclisti.


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41. Vista dalla rampa. Si nota l’andamento della rampa che conduce al piano dell’officina e si percepisce la doppia altezza del piano sottostante. La parete nera di destra è trattata con pittura-lavagna, e i disegni (esemplificativi) indicano la possibilità di personalizzare il muro da parte dell’utente. Il corrimano è realizzato con tubi da impalcature, il rivestimento della rampa è in gomma grezza (ruvida). La stessa è pensata per essere percorsa a piedi come in bicicletta.


Materiali: Gomma; Acciaio. Colori: Nero; Ruggine.

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Il sistema di distribuzione degli spazi tra piano terra e primo piano è stato affidato a una rampa. La scelta non è affatto casuale, ma è stata pensata per consentire l’accesso al piano superiore (l’officina), sia ai pedoni sia ai ciclisti, diretamente con il loro mezzo. Oltre a una perseguita finalità estetico-formale, ha dominato, nella scelta progettuale, anche a volontà di far proseguire l’esperienza fisica della bicicletta, con la fatica che comporta, anche all’interno dello spazio. La rampa è rivestita in gomma nera ruvida, come richiamo a uno dei materiali più connotativi della bicicletta. Una scia rossa segna simbolicamente il perocrso da seguire, ed è realizzata tramite l’impronta lasciata da un pneumatico. Il corrimano è stato pensato come l’assemblaggio di tubi arruginiti usati nelle impalcature.


La rampa

42. L’immagine illustra la il sistema di distribuzione dei diversi piano costituito dalla rampa.

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Lo spazio riservato all’esposizione ed eventuale vendita delle biciclette è progettato in modo da essere contemporaneamente vetrina e luogo di sperimentazione e conoscenza. Data l’assenza di vetrine, intese nel senso stesso del termine, a causa della totale apertura dello spazio sulla strada, questo soffitto disseminato di biciclette sospese, visibile dalla strada, attira necessariamente l’attenzione dell’utente. Tanto più che le biciclette destinate a riempire questo spazio non sono biciclette convenzionali, ma pezzi unici e personalizzati. Il sistema di sospensione è mobile e si basa su carrucole e contrappesi, che fanno sì che l’utente possa abbassare a terra il mezzo osservandolo con tutta comodità. I cavi di sospensione in acciaio scorrono su una carrucola che ricorda il ruotino di una bicicletta per bambini e i contrappesi, sollevandosi, scoprono una porzione di muro che ospita una breve descrizione del pezzo unico (la suggestione progettuale è derivata dall’osservazione del padiglione degli Stati Unito alla Biennale di Venezia 2012).


L’esposizione di biciclette

43. L’immagine illustra il funzionameto del sistema di esposizione delle biciclette.

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Materiali: Assi di rovere grezzo di scarto Colori: naturale.

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Gli espositori utilizzati nell’area shop sono di tipo sospeso, coerentemente con il resto dell’esposizione. Le “altalene” espositive sono costituite da assi di rovere grezzo e sono appese, a diverse altezze, tramite corde. Ogni singolo espositore è dotato di illuminazione propria tramite appliques.


Gli espositori

44. L’immagine illustra gli espositori della zona shop.

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SEZIONE BB'

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CREATO CON LA VERSIONE DIDATTICA DI UN PRODOTTO AUTODESK

CREATO CON LA VERSIONE DIDATTICA DI UN PRODOTTO AUTODESK

Schema punti luce

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CREATO CON LA VERSIONE DIDATTICA DI UN PRODOTTO AUTODESK


Corpi illuminanti

-Produttore: Nuova Seminara -Modello: 2845 -Dimensioni: O 350 cm lunghezza braccio 450-700 cm regolabile -Descrizione: apparecchio illuminante in lamiera di rame tornito, spazzolato e verniciato con protettivo trasparente, interno-esterno. Gabbia di protezione acciaio zincato. Portalampada in ceramica. - Lampada: risparmio energetico

-Produttore: Linea Light -Modello: Tiny -Dimensioni: O 25 mm -Descrizione: Faretto led da incasso Finitura in nero. Ottica del fascio di luce da 30째 o 70째. Luce calda. Potenza 1 W. -Lampada: led

-Produttore: Aldo Bernardi -Modello: Civetta 11.416 par20 -Dimensioni: 90x175 mm -Descrizione: faretto pensile con portalampada senza piatto in ottone anticato, ideale per illuminare puntualmente aree piccole. Regolazione indipendente. Collegamento a tubi del medesimo materiale, O 16 mm.

/ Lampada a sospensione, lunghezza braccio regolabile / Fascio luminoso a cono, finalizzato a illuminare globalmente lo spazio / Faretti a parete, h = 10cm dalla soletta / Illuminazione puntuale finalizzata a illuminare il percorso della rampa / Applique_lampadina nuda / Illuminazione puntuale finalizzata a illuminare il singolo espositore

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Introduzione

Lo spazio destinato all’officina consta di 50 mq, è collocato al primo piano, ed è collegato al piano sottostante da una rampa rivestita in gomma, percorribile anche in bicicletta. Lo spazio dell’officina è idealmente lo spazio più “di nicchia”, destinato a un tipo di utenza più selezionato: non il passante generico attratto dall’esposizione dell’expo.shop, non qualunque ciclista urbano che usufruisce del servizio di deposito, bensì il ciclista urbano che necessita di assistenza per riparare la propria bicicletta, o, ancor più, il cultore della bicicletta che desidera personalizzare il proprio mezzo o conoscere il segreti della disciplina del meccanico di biciclette. Da qui deriva il valore metaforico e simbolico del posizionamento dello spazio al primo piano, raggiungibile solo dopo aver “faticato” sulla rampa. Ciò che è immediatamente visibile all’osservatore è lo spazio di lavoro, mentre la stanza per l’aerografazione è riservata agli addetti ai lavori. Tuttavia, l’attività degli aerografatori è cmq esperi-

bile visivamente dall’utente per mezzo della vetrata alle spalle del bancone, che mette in comunicazione i due spazi. Il progetto di quest’aerea ha voluto far sì che a stessa trascendesse la mera funzione di luogo di lavoro e si facesse portatrice dei valori del mondo della bicicletta: per questo motivo i pezzi e e le biciclette da riparare sono appesi alle pareti, quasi come se fossero materiale da esposizione; per il medesimo motivo gli attrezzi da lavoro non sono nascosti dentro scaffali ma sono esposti sulle pareti del banco e sulla bacheca, in modo da comunicare in modo immediato l’identità del luogo. I materiali scelti per i rivestimenti si rifanno al mondo della bicicletta: il pavimento è rivestito in gomma nera ruvida, come un pneumatico; il parapetto è costituito da un reticolo a tutta altezza di microtiranti in alluminio (nero, bianco e rossa), a ricordare, compositivamente, i raggi di una bicicletta.

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IANO PRIMO

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Dettagli del progetto grafico delle pareti longitudinali: A. Parete interna verniciata con pittura lavagna: la grafica di questa parete non è mai definitiva e uguale a sè stessa, in quanto si lascia all’utente la discrezione di disegnare ciò che meglio crede. Lo spazio è quindi permeato della presenza del visitatore/consumatore, che è invitato a lasciare una traccia del suo passaggio. L’esperienza dell’acquisto o della semplice visita si arricchisce di una nota ludica.

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B. Parete interna: pittura bianca + aerografazione a trama micropuntinata rossa. Le fasce rosse visibili nel disegno sono costituiti da un’area puntinata, coerentemente con il progetto grafico di tutto lo spazio. Il fondo rosso serve a sottolineare le porzioni di parete destinate ad ospitare le biciclette in attesa di riparazione, quelle ultimate e in attesa di consegna, o i componenti di ricambio.


Progetto grafico/materico

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Dall’alto a sinistra in senso antiorario: 45. Prospetto longitudinale interno campito. 46. Prospetto longitudinale interno campito. 47. Prospetto longitudinale interno campito.

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48. Inquadramento dello spazio dell’officina, al primo piano, accessibile tramite la rampa, a piedi o direttamente in bicicletta. Il reticolo in primo piano è costituito da fili in alluminio intrecciati a ricordare la sovrapposizione dei raggi delle biciclette. Funge da parapetto, oltre che a fornire l’ennesimo rimando formale e materico al macromicro mondo della bicicletta. In accordo con l’etica dello spazio, i materiali scelti sono il più possibile sostenibili: il pavimento è realizzato in gomma grezza non trattata (ruvida). Il banco di lavoro è rivestito con assi di legno di scarto di diverse essenze; la bacheca porta attrezzi è in pannello di truciolato. Si è scelta tale forma di deposito degli attrezzi, piuttosto che le tradizionali scaffalature, perchè l’esposizione degli attrezzi contribuisce a connotare lo spazio e a coinvolgere visivamente l’utente nella conoscenza delle attività svolte,senza bisogno di ulteriori comunicazioni. Alle pareti, in vista, sono appese le biciclette in attesa di riparazione e quelle ultimate in attesa di essere consegnate, oltre che le componenti di ricambio. Tali elementi, piuttosto che essere di disturbo o esclusivamente funzionali alle attività meccaniche, diventano protagonista dell’allestimento stesso. Alle spalle del banco di lavoro, un’ampia vetrata mette in comunicazione visiva con la stanza al di là di essa, dedicata all’attività di aerografazione delle biciclette. Si tratta di un’attività piuttosto scenografica, che si è scelto di mettere sotto gli occhi dell’utente per potenziare il coinvolgimento esperienziale dello stesso.


Materiali: Legno di scarto, diverse essenze Colori: naturale Dimensioni: 500x80x80

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Il bancone dell’officina è l’elemento fondamentale dello spazio, dal punto di vista funzionale, volumetrico e materico. Si tratta di un volume parallelepipedo rivestito da vecchie assi di legno di essenze diverse, provenienti da scarti di lavorazione. Il bancone serve come piano da lavoro per i meccanici e come ricovero degli attrezzi più usati, troppo grandoi per stare sulla bacheca in pannello di truciolato. Gli attrezzi possono essere appesi sul finaco del bancone, contribuendo alla comunicazione dell’identità dello spazio.


Il bancone

49. L’immagine illustra il rivestimento del bancone da lavoro dell’officina.

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Materiali: Acciaio Colori: Nero C:100; Y:100; M:100; K:100. Bianco C:0; Y:0; M:0; K:0. Rosso C:15; Y:100; M:100; K:0. Dimensioni: 700x310 cm O 3mm (singolo tirante)

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L’elemento che separa l’officina dallo spazio sottostante, con funzione anche di parapetto, non è definibile parete: si tratta di un reticolo composto da micro tiranti in acciaio che rimandano ai raggi di una bicicletta. Il reticolo garantisce la permeabilità tra gli spazi e rimanda alla dimensione visiva e materica della bicicletta.


Il parapetto

Telaio montante in acciaio cromato

Micro tiranti in alluminio disposti in modo da ricordare i raggi un bicicletta. Colori: nero, rosso e bianco.

50. Nell’immagine è possibile osserevare la struttira del parapetto.

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CREATO CON LA VERSIONE DIDATTICA DI UN PRODOTTO AUTODESK

CREATO CON LA VERSIONE DIDATTICA DI UN PRODOTTO AUTODESK

Schema punti luce

CREATO CON LA VERSIONE DIDATTICA DI UN PRODOTTO AUTODESK 0m

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PIANTA PIANO PRIMO

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SCALA 1:100

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Corpi illuminanti

-Produttore: Nuova Seminara -Modello: 2938 -Dimensioni: O 350 cm h 270 cm -Descrizione: apparecchio illuminante in lamiera di rame tornito, spazzola to e verniciato con protettivo trasparente, interno-esterno. Gabbia di protezione acciaio zincato. Portalampada in ceramica. -Lampada: risparmio energetico

/ Lampada a sospensione, altezza regolabile / Fascio luminoso a cono

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C:100; Y:100; M:100; K:100

Intonaco bianco aerografato

C:15; Y:100; M:100; K:0

Intonaco con pittura

130 Alluminio microforato

C:15; Y:100; M:100; K:0

Intonaco bianco aerografato

C:15; Y:100; M:100; K:0

Lamiera ondulata laccata rossa


Al naturale

Assi di legno grezzo_diverse essenze

C:0; Y:0; M:0; K:0

Cemento bianco

131

C:100; Y:100; M:100; K:100

Gomma finitura grezza nera

C:100; Y:100; M:100; K:100

Cemento nero

C:0; Y:0; M:0; K:0

Pannello di truciolato verniciato

I materiali



Conclusione

Il progetto della Ciclostazione Centrale è pensato come un’integrazione degli altri sevizi già presenti sul territorio circostante, quali il servizio di Bikesharing BikeMi, le ciclofficine in Isola, le piste ciclabili. Alla base del progetto c’è l’attenzione alle problematiche ambientali e la necessità di un concept improntato all’ecosostenibilità, oltre che lo sguardo al futuro prossimo dell’Expo 2015, con la conseguente esigenza di progetti volti all’implementazione della mobilità sostenibile. Nello sviluppo del concept è stata fondamentale l’analisi partecipata del territorio, per individuare i caratteri salienti, i vuoti e le mancanze, le esigenze e i punti di forza, i dettagli emozionali e formali. Individuato un bisogno, il progetto risponde con un concept fondato su un linguaggio informale e urbano, giovane e immediato,

e sull’accostamento di pochi materiali poveri. Il volume progettato si distacca volutamente, per materiali, texture e colori, dal preesistentre edificio anni ‘50, andando a colmare con la sua presenza un vuoto urbano, restituendosi come rielaborazione degli input offerti dal terriotorio. Lo spazio progettato non è solo un’officina per le riparazioni, o un ricovero sicuro per biciclette, ma un vero e proprio mondo del pedale che offre un servizio a 360° per appassionati, fruitori occasionali o semplici turisti: si configura nel concept, nei materiali e nelle forme, come la prosecuzione spaziale dell’esperienza fisica e intellettuale della bicicletta. La Ciclostazione Centrale si propone, quindi, come luogo d’incontro e di rifugio per la nuova figura del ciclista urbano, eroe contemporaneo che si batte per una città più pulita e meno caotica;

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Ringraziamenti

Desidero innanzitutto ringraziare la prof.ssa Giulia Gerosa, relatore di questa tesi, per la grande disponibilità e cortesia dimostrate, per l’aiuto fornito durante la stesura, per i consigli e la capacità (rara) di essere un buon docente; Ringrazio Angela Mazzotti, correlatore, per la consulenza grafica e i consigli di impaginazione, senza i quali la presente tesi non avrebbe l’aspetto attuale. Ringrazio la prof.ssa Iannilli, la proff.ssa Baldi e la prof.ssa Vacca, che ci hanno seguito nella fase di ricerca. Ringrazio inoltre il Comune di Milano per i dati che mi ha fornito e la Ciclostazione Pedalopolis di Bergamo per la disponibilità nel rispondere a tutti i quesiti e l’interesse dimostrato nei confronti del progetto. Un grazie sentito va alla mia famiglia, per l’entusiasmo con cui ha sempre creduto in me; un grazie particolare va a mia mamma Daniela e a mio papà Mario per il sostegno economico e per la partecipazione attiva alla realizzazione di questo progetto, per i

suggerimenti tecnici e concettuali, i post-it, la pazienza e le tazze di tè. Grazie anche a mia zia Patty, testimone diretta della dura vita del ciclista urbano. Ringrazio le immancabili amiche e imprescindibili compagne di lavoro Gaia e Linda, con le quali ho condiviso ogni aspetto della vita universitaria, che hanno contribuito alla realizzazione di questa tesi quanto me, e con cui mi appresto a intraprendere una nuova e più grande avventura. Ringrazio Michela, nuova entrata nel gruppo di lavoro, e Roberta, amica più che compagna di progetti. Un grazie doveroso va ad Andrea e Sara, perchè questa tesi è frutto anche del loro lavoro, e a Olga, perchè dall’Italia o da oltreoceano è sempre stata presente. Ringrazio, infine, tutti i ciclisti convinti con cui ho parlato, per cui un tempo provavo il più sentito disinteresse, e che ora sono diventati, ai miei occhi, i nuovi eroi metropolitani.

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