Almanacco dell'Architetto

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Punta Nave Beaubourg Code Couleur Potsdamer Platz il lago sotto Berlino

Renzo Piano con Carlo Piano

Il modo migliore per scoprire come sono nati i progetti di Renzo Piano è quello di andare sul posto: a Parigi, Berlino, nel cuore di pietra di New York, fino nella sperduta isola della Nuova Caledonia. Dal territorio vengono i suggerimenti che rendono ogni edificio unico e diverso dagli altri, bisogna solo saper ascoltare la sua voce. Un’avventura che Carlo e suo padre Renzo hanno deciso di intraprendere a bordo di una mongolfiera. Un mezzo insolito, ma con dei pregi: viaggia lentamente e lascia il tempo di osservare, di pensare e di parlare. Poi è silenziosa e non inquina, perché la Terra è fragile e non possiamo più fare finta di niente. Questa è anche la grande sfida che, all’alba di questo millennio, l’architettura deve affrontare. Sono decollati da Genova seguendo la direzione dei venti. Dall’alto la prospettiva cambia, si vedono volare gli uccelli da sopra, e cambia anche il modo di vedere le cose. Solo così si scopre che sotto un prato di San Francisco si nasconde un museo, solo dal cesto di una mongolfiera si vede spuntare all’improvviso una Scheggia di cristallo tra le nuvole di Londra.

Una scheggia nel cielo di Londra

New York Times il grattacielo dal volto umano Morgan Library la biblioteca nella roccia La natura addomesticata il tetto verde di San Francisco Menil Collection il museo anti-Beaubourg Kansai l’isola che non c’era Il kimono di vetro della Maison Hermès Nouméa il villaggio della cultura disegnato dal vento Padre Pio ritorno all’età della pietra Uno strumento musicale chiamato Auditorium Fondazione Beyeler l’arte della luce Ronchamp il monastero nel bosco

Viaggi nell’architettura

Saint Giles un arcobaleno a Londra

Viaggi nell’architettura Renzo Piano con Carlo Piano


Viaggi nell’Architettura Renzo Piano con Carlo Piano

Comitato scientifico

Coordinamento scientifico

Renzo Piano Milly Rossato Piano Carlo Piano Claudio Bertocchi Marina Ines Scrosoppi Federico Bucci Franco Origoni

Milly Rossato Piano Shunji Ishida Coordinamento editoriale Franco Origoni Coordinamento redazionale Elena Spadavecchia Alessandra Bergamini correzione di bozze Progettazione grafica e impaginazione Franco Origoni e Anna Steiner Architetti Associati con Lorenza Perego Roberta Cesani Si ringrazia per la lettura critica Enrico Bona Luciano Crespi Emilio Faroldi Anna Foppiano Si ringrazia per i testi tecnici Milly Rossato Piano Maria Salerno e per la selezione immagini Stefania Canta Chiara Casazza Shunji Ishida

© 2012 Proctor Edizioni S.p.a. via Giovanni Livraghi, 1 40121 Bologna, Italy www.proctoredizioni.it info@proctoredizioni.it ISBN 978 88 902 4670 8

Fondazione Renzo Piano Questo libro è stato realizzato con materiali recuperati grazie al lavoro di catalogazione e classificazione della Fondazione Renzo Piano e del Renzo Piano Building Workshop


Costruire l’architettura

Contributi scientifici

Coordinamento scientifico

Federico Bucci

Federico Bucci

Federico Butera con Niccolò Aste Maria Berrini Giuliano Dall’Ò Paolo Oliaro

Coordinamento editoriale

Giovanni Calabresi Fabio Casiroli con Alessandro Antonini Alberto Conciato Diego Deponte Lorenzo Giorgio Michela Magagnato Pier Luigi Mantini Italo Meloni Emilio Merlo Dante Presicce Costantino Ruscigno Francesco Sechi Giulia Tacchini Alessandra Terenzi Massimo Majowiecki con Giovanni Berti Lorenzo Jurina con Andrea A. Bassoli Alice Filaretti Valentina Mogicato Edoardo Radaelli Daniele Rampoldi Gianni Ottolini con Marta Averna Mauricio Cardenas Laverde Amanzio Farris Yuri Mastromattei Lola Ottolini Matteo Pirola Stefania Varvaro Marco Sala con Leonardo Boganini Lucia Ceccherini Nelli Rosa Romano Francesco Simoni Milagros Villalta Begazo Gianni Scudo con Ricciarda Belgiojoso Antonella Bellomo Alessandro Carelli Valentina Dessì Mario Grosso Massimo Guazzotti Alessandro Rogora

Franco Origoni Coordinamento redazionale Elena Spadavecchia coordinamento, ricerca e selezione del materiale iconografico Redazione Carlo Piano lettura redazionale Milena Ardalic redazione e rielaborazione grafica dei disegni Roberta Lanzalaco redazione e rielaborazione grafica dei disegni Maddalena Scarzella ricerca iconografica Flora Di Tullo illustrazioni “a misura d’uomo“ con il contributo per la rielaborazione grafica Silvia Greco Filippo Andreoli Mattia Besana Saveria Petillo Ilaria Rondina Alessandra Bergamini correzione di bozze Progettazione grafica e impaginazione Franco Origoni e Anna Steiner Architetti Associati con Lorenza Perego Roberta Cesani Si ringrazia per la selezione immagini Shunji Ishida Si ringrazia per la lettura critica Enrico Bona Luciano Crespi Emilio Faroldi Anna Foppiano



da un’idea di

Renzo Piano

Viaggi nell’architettura Renzo Piano con Carlo Piano


London Paris New York

San Francisco

Berlin

Ronchamp Basel

Punta Nave Roma

San Giovanni Rotondo Tokyo Osaka

Houston

NoumĂŠa


7 8 Punta Nave ufficio di Genova 16 Beaubourg Code Couleur Parigi 32 Potsdamer Platz il lago sotto Berlino 46 Una scheggia nel cielo di Londra 60 Saint Giles un arcobaleno a Londra 74 New York Times il grattacielo dal volto umano 88 Morgan Library la biblioteca nella roccia New York 102 La natura addomesticata il tetto verde di San Francisco 116 Menil Collection il museo anti-Beaubourg Houston 130 Kansai l’isola che non c’era Osaka 144 Il kimono di vetro della Maison Hermès Tokyo 158 Nouméa il villaggio della cultura disegnato dal vento 172 Padre Pio ritorno all’età della pietra San Giovanni Rotondo 188 Uno strumento musicale chiamato Auditorium Roma 204 Fondazione Beyeler l’arte della luce Basel 218 Ronchamp il monastero nel bosco


© Google Earth

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Punta Nave

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Il giorno 26 dicembre 2011, festa di Santo Stefano, io e mio padre Renzo decidevamo d’intraprendere un viaggio. Dall’Europa all’America, poi in Asia e ancora in Oceania sulle tracce dei cantieri e degli edifici che ha realizzato in quasi 50 anni di lavoro. Mio padre Renzo fa l’architetto. Per questa avventura il mezzo che abbiamo scelto è un pallone aerostatico, come quello utilizzato da Jules Verne nel suo romanzo Cinque settimane in pallone. Certo la nostra mongolfiera è più moderna e sicura, anche se ugualmente lenta. La velocità dipende dal vento oggi come allora. Inoltre si può decollare e atterrare in un fazzoletto di terra, non c’è bisogno di molto spazio: basta un interstizio tra due grattacieli a Tokyo, o un prato a Central Park. Ci si avvicina in silenzio e dall’alto, anche questo è importante per capire. Ci trovavamo nel suo ufficio di Vesima (latitudine: 44.25°, longitudine: 8.43°) quando è nata l’idea. Un po’ folle, ma pochi giorni dopo partivamo con destinazione Parigi. Ecco come sono andate le cose. Carlo Piano Nasce tutto qui, in questo studio che sembra una serra e che è stretto tra la montagna ripida della Liguria e il suo mare profondo. Quello stesso mare che, come canta Paolo Conte, “si muove anche di notte e non sta fermo mai”. Siamo appena fuori Genova verso Ponente, l’ufficio si arrampica sulle rocce e il verde lo circonda, anzi, penetra all’interno attraverso le pareti vetrate. Anche per questo sembra di essere in una serra, come tante altre che sono sparse su queste alture. Solo che qui non crescono basilico o fiori, ma architettura. Un tempo c’erano i campi a terrazze, che i contadini hanno strappato con il lavoro a un terreno difficile e avaro. Da queste parti ancora ci coltivano le fave che, servite crude con il salame di Sant’Olcese, sono quasi il piatto nazionale dopo le trenette al pesto.

© Studio Merlo

Renzo Piano Di certo uno dei miei preferiti, non ho scelto a caso dove costruire il luogo del mio lavoro e di quello di tutto il Building Workshop.

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C P Quando non sei in giro per il mondo, o a Parigi, lavori qui, un posto rilassante ma un po’ fuori dal mondo… RP Io non lo definirei fuori dal mondo, non è un eremo dove sto in solitudine. C’è un andirivieni continuo di gente, architetti che arrivano da tutto il mondo e che partono per raggiungere i cantieri aperti negli Stati Uniti o in Asia. Un po’ come un porto: basta guardare fuori dalle vetrate rivolte verso Genova per vedere davvero lo spettacolo delle navi che entrano ed escono dal porto. Il mare fa da fondale e cambia in continuazione forma, colore. E poi... C P E poi? RP E poi comunichiamo in tempo reale con lo studio di Parigi e di New York. La tecnologia permette di fare cose che fino a non troppi anni fa non erano possibili, una bella libertà rispetto a quando ho cominciato a fare l’architetto.

C P Piante mediterranee ed esotiche come i bambù affollano la collina. Ci sono pini, lecci, pitosfori e in basso, sulla passeggiata vicino al mare, trenta palme delle Canarie che fanno ombra su uno spazio aperto a tutti dove i bambini giocano e i pescatori lanciano le lenze in mare. Metà scoglio e metà nave. Non a caso si chiama Punta Nave, ma come ti è venuto in mente questo nome?

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© RPBW, Shunji Ishida

RP Ho rispettato le caratteristiche di questo terreno trasformato dall’uomo. Lo studio è soprattutto un tetto che prende sei fasce e segue l’inclinazione della collina che è di 23°. L’edificio riproduce al suo interno la stessa struttura a terrazze, come un tempo c’erano gli orti e gli uliveti, e il tetto corre sopra.

© Gianni Berengo Gardin

C P Lo studio di Vesima è costruito su un pendio a balze che qui si chiamano fasce, è sospeso tra il monte e il mare, un po’ come siamo noi genovesi. Una questione di ricerca delle radici, credo.

RP Proprio qui davanti c’è lo Scoglio Nave e allora abbiamo deciso per un toponimo. Anche la Fondazione, che ha sede nella villa ottocentesca in basso che è stata ristrutturata, si chiama Villa Nave.

© Publifoto, Stefano Goldberg

RP Io volevo proprio un posto così, perché è molto difficile creare e lo è ancora di più trovarsi nelle giuste condizioni per poter creare. Un architetto per tutta la vita costruisce per soddisfare le esigenze dei clienti, mentre qui l’ho fatto per me. Per creare ci vuole serenità ma anche tensione, riflessione ma anche energia, lentezza ma nel contempo rapidità. Sembra una contraddizione, ma non lo è.

© Gianni Berengo Gardin

C P Luis Borges diceva che il lavoro creativo è sospeso tra la memoria e l’oblio…

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© Fregoso & Basalto

Un ascensore panoramico collega la via Aurelia allo studio

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© RPBW, Shunji Ishida

C P Trasparente è anche il cubo di vetro che porta dalla via Aurelia fino alle fasce in alto, un ascensore che corre a cielo aperto dentro un canalone, seguendo il pendio che per un tratto è quasi verticale e poi diventa più dolce. Un cambio di pendenza che ricorda la stessa sensazione, tra paura e meraviglia, che si prova sulle montagne russe al luna park.

© Michel Denancé © Fregoso & Basalto

RP La luce naturale è una mia fissazione, è un orologio che cambia con l’ora e le stagioni. I tavoli da lavoro, i disegni appesi alle pareti, i muri stessi e il pavimento mutano colore durante la giornata. Neppure la lampada più sofisticata può ottenere lo stesso risultato. Il tetto è fotosensibile, la gestione della luce è regolata da lamelle: grazie a sensori con cellule solari si chiudono quando c’è troppo sole. E anche di sera la luce artificiale proviene dall’alto perché le lampade sono rivolte verso schermi riflettenti a soffitto.

© Publifoto, Stefano Goldberg

C P La luce zenitale è la protagonista di questo ufficio. Dentro o fuori cambia poco, è un edificio trasparente dove si lavora tutto il giorno con la luce naturale.

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-0.12°

Latitudine: 51.5°, longitudine: -0.12°. Tira un vento moderato a 20 nodi in direzione Sud-Ovest che ci accompagna mentre vediamo in lontananza apparire Londra. La temperatura è di 6 °C, neppure male in questo periodo e la visibilità è di circa 10 chilometri. Ma le previsioni danno un peggioramento già da stasera: il vento aumenterà fino a 31 nodi e arriverà la pioggia. Meglio sbrigarsi se vogliamo raggiungere in tempo lo Shard of Glass. Il bruciatore emette un leggero fischio mentre spinge l’aria nella gola del pallone, ma il meticoloso meccanico che lo ha appena revisionato all’aeroporto di Berlino-Tegel ci ha assicurato che è normale.

51.5°

© Google Earth

© Google Earth

Carlo Piano Sorvolando il serpentone grigio del Tamigi che incide la città, si vede svettare una aguzza scheggia di vetro. Un cuneo di cristallo che sfuma nel cielo, riflettendo le nubi argentate che corrono con noi sopra Londra. A osservarla qui dall’alto questa torre sembra uno schizzo buttato giù su un foglio senza pensarci troppo, la prima intuizione disegnata di getto di una piramide trasparente che comincia grande dal suolo e verso l’alto va sfrangiandosi e aprendosi in tante scaglie cristalline. Fino a sparire e a confondersi con il colore del cielo, che qui in Inghilterra cambia in continuazione. Ma com’è nato questo progetto? Renzo Piano Forse la storia più interessante da raccontare sullo Shard of Glass è di narrativa urbanistica, cioè la ragione per la quale ha avuto origine. La torre nasce dalla volontà di Kenneth Robert Livingstone, detto Ken il Rosso, che è stato un sindaco di Londra particolarmente importante. C P La sua sfida era la crescita sostenibile, dimostrare che è possibile densificare la città senza aumentare il numero delle macchine che sempre più assediano i centri urbani. Londra, Parigi ma anche le nostre Roma e Milano. Ken il Rosso ha introdotto la congestion charge, il pedaggio (piuttosto salato per la verità) per entrare in città in auto che ha ridotto il traffico almeno del 30 per cento. Ken il Rosso ha riproposto il concetto di green belt, una cintura di verde e boschi intorno alla metropoli che ferma la proliferazione di costruzioni, una sorta di confine invalicabile fatto di alberi e

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© RPBW, Renzo Piano Building Workshop

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Una Scheggia nel cielo di Londra

Primi schizzi di Renzo Piano

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© Michel Denancé

C P E del mondo: aperta nel 1836, assieme a quella di Deptford è la più vecchia stazione presente nell’area della Greater London. Con un traffico di circa 47.500.000 passeggeri l’anno, si legge nella guida che gelosamente custodiamo a bordo della mongolfiera, è la quarta per importanza nella

© RPBW, Renzo Piano Building Workshop

RP C’entra perché le città europee non devono più crescere per esplosione, ma per implosione. Non possono continuare a mangiare territorio, non possono seguitare a espandersi. È tempo di costruire sul costruito, di riqualificare l’esistente, di non consumare più suolo. Ma comincerei a raccontarti dello Shard of Glass partendo dalla sua presenza dentro Londra, che si percepisce come un insieme di frammenti di cristallo che sembrano nascere dalla forma del sito in cui sorge. Il progetto è generato dalla trasformazione del sistema ferroviario: sono state introdotte nuove linee, hanno modificato la stazione London Bridge, che è una delle più antiche della città.

© Michel Denancé

© Michel Denancé

campi coltivati che il cemento non può oltrepassare. E sempre a Ken il Rosso si deve l’intensificarsi dei programmi di pulizia del Tamigi, che nel 1957 era stato dichiarato ‘biologicamente morto’ e oggi rivede navigare i pescherecci. Gamberetti, pesci e all’estuario anche cozze e cavallucci marini. Non si direbbe a guardarlo scorrere da quassù, così denso e cupo. Sì, ma cosa c’entra tutto questo con lo Shard of Glass, che con i suoi 310 metri è il grattacielo più alto d’Europa?

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C P Le cifre della Scheggia parlano di 87 piani, oltre 300.000 metri quadrati abitabili; 56.000 metri quadrati di vetro per 11.000 pannelli, 11.836 tonnellate di acciaio; 65.000 metri cubi di terra spostati, 52.000 metri cubi di cemento; 1.200 operai impiegati in cantiere, 12.000 persone che ogni giorno utilizzano i 44 ascensori. Ma è soprattutto la forma a colpire l’occhio di chi si avvicina, che in basso è più ampia, grande, poi si assottiglia crescendo e finisce nel nulla. Svanisce. Questa sagoma, nella percezione di chi sta arrivando, trasmette il piacere di uno schizzo in cristallo che man mano che sale si annulla, sparisce nel cielo senza occuparlo. Sì, senza occuparlo: mi chiedo se poi è così importante non occupare il cielo? RP Vedi, una delle caratteristiche negative dei grattacieli è che rubano terreno proiettando ombre molto forti sulle strade e sugli edifici che hanno intorno: sono una presenza minacciosa, aggressiva, specialmente quando sono imponenti. Diciamo la verità, spesso le torri diventano oggetti ermetici, che sembrano rifiutare il dialogo con la città. Lo Shard invece è trasparente, ha guglie che salgono al cielo vicino al fiume Tamigi, come nei quadri del Canaletto, che qui visse a lungo,

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© RPBW, Renzo Piano Building Workshop

RP Sì, è importante, anzi fondamentale, che questa zona sia ben servita dai mezzi pubblici, vedremo il perché. Dicevo però che durante questo processo di trasformazione, come spesso succede nelle metropoli, nascono delle opportunità. La forma del suolo è strana, un po’ torturata, proprio perché collegata al processo di sviluppo delle ferrovie. Stiamo parlando di un tipico brown field, che è un terreno costruito, un terreno compromesso, per distinguerlo dai green field, che invece qui non si toccano. Questo spazio a terra è stato interamente occupato, e man mano che si sale le funzioni dell’edificio si trasformano. Si parte dalla stazione d’interscambio fra treni, taxi, metropolitana, dove c’è bisogno di grandi spazi. Poi più in alto ci sono gli uffici, dove servono spazi un po’ più piccoli ma pur sempre ampi, quindi si sale e a metà strada ci sono i ristoranti, i luoghi d’incontro, poi un albergo e spazi ancora più ridotti, appartamenti. Infine, in cima, abbiamo messo una piattaforma panoramica.

© RPBW, Renzo Piano Building Workshop

capitale britannica. Qui arrivano tante linee di autobus, underground, treni…

© RPBW, Renzo Piano Building Workshop

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La torre si inserisce in un sito sulla riva del Tamigi, accanto alla London Bridge Station, uno dei più importanti nodi di interscambio della città dove si incontrano metropolitana, treno e bus

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e in altre stampe di Londra.

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© Rob Telford

RP In questa mia torre di Londra, le guglie, che poi sono le guglie delle barche a vela e dei mercantili che approdavano in città, sono sempre esistite, ci sono sempre state. La sua presenza così anomala è dovuta, oltre all’essere fuori scala, anche al fatto che salendo si stringe fino ad annullarsi a 310 metri di altezza. La sua forma non rievoca il modello tradizionale di grattacielo, non ha la stessa massa. Le facce delle scaglie di cristallo non sono verticali, essendo la sagoma dell’edificio vagamente piramidale, ma sono inclinate verso l’alto, quindi riflettono in maniera diversa rispetto a una facciata verticale la luce del cielo, i suoi colori e i suoi rumori. Se ci si mette davanti a uno specchio ci si riflette, ma se lo si inclina un po’ verso l’alto non ci si riflette più, e si vede il cielo. Questo per dire che le facciate leggermente inclinate rendono particolarmente umorale lo Shard, nel senso che riflette nella maniera più fedele il volubile cielo londinese, con le sue nuvole che si muovono veloci.

© Michel Denancé

C P C’è un quadro proprio del Canaletto, Il Tamigi a Westminster Bridge, in cui appare un edificio che, anche se a occhio non supera i trenta metri, perlomeno per forma ricorda molto questo grattacielo. Sembrerà una sciocchezza ma la Scheggia è familiare, suggerisce accoglienza e lo dimostra la storia di Romeo, volpe urbana di sei mesi: aveva eletto sua tana il 72esimo piano della torre, cibandosi degli avanzi degli operai. L’hanno recuperata, nutrita, fatta visitare e poi liberata nel quartiere di Bermondsey. “Ha dato un’occhiata allo Shard e se n’è andata trotterellando nell’altra direzione”, ha raccontato il veterinario che l’ha curata. Londra è nata proprio qui, questa è la parte più antica della città, Southwark, il quartiere di Shakespeare. Nei secoli passati, Southwark ha goduto di una pessima e meritatissima fama, a causa della povertà, della sporcizia, della delinquenza, del gioco d’azzardo e della prostituzione dilagante. Al Rose Theatre Shakespeare rappresentò i suoi primi drammi e, anni dopo, per il Globe Theatre scrisse molti dei suoi capolavori. Questo era anche il quartiere del London Bridge, primo ponte che entrava in città, l’unico sul Tamigi a valle di Kingston fino all’apertura del Putney Bridge nel 1729. Viene da chiedersi però: quanto lo Shard è in sintonia con la città?

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RP Considero positivo che lo Shard sia un elemento così diverso e inatteso. Atterrando a Londra s’incontra il London Eye, la grande ruota panoramica costruita nel 2000, che ha a sua volta una forma inattesa. Persino le navi lungo il Tamigi sono inattese, la stessa abbazia di Westminster è inaspettata e sorprendente. Ci sono molte presenze inattese in una città. C P Ci sono stati anche dei tentativi di fermare la Scheggia: l’English Heritage, l’organismo pubblico incaricato della gestione del patrimonio culturale inglese, sosteneva che avrebbe rubato la scena alla St. Paul Cathedral, usurpandone il ruolo d’icona della città. Tutto è finito in un lungo processo, una Public Inquiry, che a Londra si fa per tutte le grandi opere pubbliche. Però l’avete spuntata voi…

© Michel Denancé

© Michel Denancé

C P La corrente che viene e va, le navi che approdano e salpano. Le città sono sempre state luoghi dove tutto alla fine viene assimilato e si armonizza. In passato anche le cattedrali erano edifici fuori scala, presenze improvvise che non lavoravano certo per conformità. Così è successo con la Basilica del Palladio nel centro di Vicenza, o con il Palazzo della Ragione a Padova. Del resto, anche il Beaubourg, che abbiamo appena visitato nel cuore di Parigi, lavora per difformità. Non è un reato.

© Michel Denancé - RPBW

Nulla è più facile che evocare il grande spirito del passato sugli ultimi tratti del Tamigi. La corrente di mare va e viene nel suo incessante servizio, affollata dei ricordi di uomini e di navi (...). Aveva conosciuto tutti gli uomini dei quali la nazione è fiera (...). Aveva portato tutte le navi i cui nomi sono come gemme lampeggianti nella notte dei tempi. Joseph Conrad, Cuore di tenebra,1902

© Michel Denancé

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In qualche maniera la parola che si può usare è fotosensibile, cioè è un edificio fotosensibile che gioca con la luce. Quando si arriva in volo questa presenza viene subito percepita come un’anomalia nel paesaggio urbano.

RP Sì, alla fine abbiamo vinto il processo, con la tesi che anche St. Paul a suo tempo fu un progetto moderno e contemporaneo, portato avanti dall’architetto Christopher Wren nella

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