Arcireport n 13 - 2011

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anno IX - n. 13 5 aprile 2011

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Un Governo di cui vergognarsi

L’Italia non accogliente

+ La Tunisia, piccolo paese alle prese con una difficile transizione politica e sociale, riesce ad accogliere con efficienza e umanità 140.000 profughi dalla Libia. Invece l'Italia, grande potenza europea, annaspa nell’emergenza per l’arrivo di poche migliaia di migranti. Basta questo paradosso a svelare il tragico fallimento della politica italiana sull’immigrazione, basata sui respingimenti e la chiusura delle frontiere. Il caos di Lampedusa è frutto di approssimazione e incapacità, ma anche della furia ideologica della Lega, che in questa vicenda ha cercato il proprio tornaconto elettorale. Si sono ostinati a distinguere fra profughi e clandestini per mostrarsi caritatevoli coi primi e inflessibili con gli altri, ma li hanno divisi in modo casuale e discriminatorio fra centri di espulsione e strutture per l’asilo. Hanno preteso di risolvere il problema militarizzando il territorio e hanno spostato l’inferno di Lampedusa a Manduria. Hanno allestito in tutta fretta mega tendopoli chiamandole centri di accoglienza ma in realtà sono centri di detenzione illegali per la stessa Bossi Fini. Strutture insostenibili, prive di servizi essenziali, che provocano esasperazione nei migranti e seminano paura nei territori coinvolti. Un errore dietro l’altro. Il ministro degli Interni è il primo responsabile di questa gestione folle, utile solo a fomentare la sindrome dell’invasione. Noi, fin dal primo giorno, abbiamo sostenuto che si dovesse fare altro. Esercitare le facoltà attribuite al governo dal Testo Unico sull’immigrazione, che prevede permessi temporanei per motivi umanitari. Ricorrere alla protezione temporanea prevista dalla Direttiva Europea del 2001, che oltretutto consente ai migranti di uscire dall’Italia ripartendo le responsabilità fra i paesi europei. E poi un piano di accoglienza diffusa: non grandi centri, ma piccoli gruppi distribuiti con la collaborazione di Comuni e Regioni, in rapporto coi servizi del territorio e con le associazioni. L’Italia, con una consolidata rete di società civile, è capace di gestire l’accoglienza. Lo fece con gli albanesi negli anni ’80 e durante la guerra nei Balcani, può farlo oggi. I circoli Arci ci sono, disponibili a collaborare con gli enti locali per un’accoglienza compatibile e correttamente inserita nei territori. Non ci tiriamo indietro, facciamo la nostra parte per risolvere i problemi, per difendere i diritti e la dignità dei migranti, per non doverci più vergognare del nostro paese.

foto: Toti Bello

Immagine della tendopoli di Manduria

Aquila chiama, Roma non risponde ono passati due anni da quel terribile 6 aprile 2009, quando il terremoto sconvolse l’Abruzzo e il suo capoluogo. Due anni inutili? No, purtroppo è andata peggio. Altre macerie si sono aggiunte a quelle non rimosse dell’Aquila. Non solo la spazzatura di Napoli o i rottami delle tendopoli e degli steccati dei centri di non accoglienza. Ma le macerie delle istituzioni, prese a picconate da un sistema di potere che ha fatto dell’emergenza la sua fortuna e la sua vittima. In questi due anni è poco dire che lo stato ha perso la partita della ricostruzione. Insieme ha perso la dignità. Quest’anno in Abruzzo è invitato solo il Presidente della Repubblica, l’unica istituzione rimasta in piedi. A L’Aquila, lo scrive su queste pagine Carmine Basile, si misura il dramma della lacerazione. Una

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doppia condizione: una cittadinanza attiva, fatta di associazioni, di solidarietà, di volontariato, di coraggio; una passiva perché la città fisicamente non c’è ancora, le hanno impedito di ricostruirsi e di ricostituirsi. Un governo locale che sente appieno la propria responsabilità e l’angoscia di non potervi sempre fare fronte, fino alle dimissioni poi rientrate di un sindaco che mai si è tirato indietro, e uno centrale, tecnocratico a parole e a-democratico nei fatti, un governo ‘del fare’ senza la voglia e l’intenzione di farlo, pronto invece a lasciare strada libera a chi vuole trasformare la disgrazia in business con feroce cinismo. Se possiamo dare un consiglio: il Presidente Napolitano consegni una medaglia, anche solo virtuale, al popolo dell’Aquila. Perché continua a sentirsi italiano, nonostante tutto, in questo 150°.

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A Milano voci e musica contro la guerra e un collegamento con la manifestazione di Roma

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mezzo per risolvere le controversie internazionali, ma che, soprattutto, non si aiuta la nascita di nuove realtà democratiche né con la guerra dall'alto, né dal basso». Sul palco prende la parola Ilaria Scovazzi, di Arci Milano, che invita tutti noi a non dimenticare le violenze che abbiamo in casa: il CIE (centro d'identificazione ed espulsione) di via Corelli. In via Corelli non ci si può lavare, non c'è un'adeguata assistenza medica e soprattutto non si può comunicare con l'esterno, né con familiari e amici né, soprattutto, con gli avvocati. I cellulari vengono requisiti dal 10 ottobre scorso. Mentre il poeta Chinasky legge sue pregnanti poesie e un breve, emozionante brano di Boris Vian, sento qualcuno che non vuole più sentirne di parole come ‘missione umanitaria’ e snocciola come fosse un rosario Afghanistan, Iraq e Kosovo... Interventi e musica si susseguono senza pause. Poi telefonicamente arriva da Roma la voce di Emergency con Cecilia Strada: «Oggi la guerra è ‘contro Gheddafi’: ci viene presentata, ancora una volta, come umanitaria, inevitabile, necessaria...» Sempre telefonicamente ci giunge la voce dalla Tunisia di un giovane impegnato nella ricostruzione democratica del Paese che, dopo aver preannunciato una manifestazione a Tunisi durante la visita di Berlusconi, applaudito ironizza: «Forse dopo la villa a Lampedusa acquisterà qualche altra villa

anche qui da noi, in Tunisia». Lascio Piazza Fontana al tramonto. Mi gira in mente una frase che sembra strana, forse anche un po' stonata di questi giorni: «Lavorare per la pace è semplice, complicatissimo, soprattutto necessario». Info: rigamonti@arci.it

2 APRILE Il 2 aprile è stata la Giornata nazionale di mobilitazione contro la guerra, per fermare i bombardamenti e imporre il cessate il fuoco in Libia, per sostenere le rivoluzioni e le lotte per la democrazia e la libertà dei popoli mediterranei e del mondo arabo, per garantire accoglienza e protezione ai profughi e ai migranti, opporsi alle dittature, ai regimi, alle occupazioni militari, alle repressioni in corso. Ci sono state iniziative a Roma e in altre 40 località italiane: da Aviano a Manduria a Ventimiglia a Milano a Genova a Firenze a Vicenza. Il primo aprile si è manifestato all'Aquila, il 3 a Sigonella e a Mineo. All’appello del Coordinamento 2 aprile hanno aderito centinaia di organizzazioni, associazioni, movimenti, singoli cittadini. Per adesioni e informazioni: coordinamento2aprile@gmail.com

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ilano 2 aprile: si torna in Piazza Fontana, nel luogo più triste della Milano che lotta e resiste. Piazza Fontana, dopo che sindaco e vicesindaco hanno vietato manifestazioni in piazza della Scala davanti a Palazzo Marino, è tornata a raccogliere le voci della protesta milanese. Quindici giorni dopo la riuscitissima manifestazione contro la chiusura di locali giovanili e circoli Arci, si torna in piazza per una mobilitazione contro la guerra e la cultura della guerra indetta dal Coordinamento 2 aprile in molte piazze del Paese. Ancora una volta Arci Milano è tra i promotori della manifestazione. Dalle 16 alle 19 circa un migliaio di persone si ferma ad ascoltare voci e musica contro la guerra e a condividerne la protesta. La manifestazione, come noto, è stata indetta per sostenere le rivoluzioni e le lotte per la libertà e la democrazia dei Popoli mediterranei e dei Paesi arabi. Contro le dittature, i regimi, le occupazioni militari e le repressioni in corso. Mentre sul palco Alessio Lega canta con la consueta forza, incontro un compagno dell'Anpi venuto in piazza per portare un saluto dell'associazione cittadina e nazionale. Mi dice: «prendo atto, certo, della risoluzione dell'Onu per la Libia, quel popolo va difeso, ma sono fermamente convinto non solo che l'Italia ripudia la guerra come

Un resoconto dell’Arci che insieme ad altre associazioni antirazziste ha visitato il Villaggio della solidarietà a Mineo os'è il Villaggio degli aranci di Mineo, in provincia di Catania? Si tratta di un ex-villaggio residenziale destinato ai militari statunitensi (che lo hanno accuratamente abbandonato dopo essersi accorti che franava), destinato adesso a diventare un ghetto per richiedenti asilo. Ha un nome nuovo, altisonante: Villaggio della solidarietà. In realtà le parole nascondono la politica di segregazione e l'intolleranza del governo. A Mineo ci siamo andati assieme ad altre associazioni e ad altri compagni anti-razzisti della provincia; abbiamo cercato e stiamo cercando di costruire un percorso alternativo alle dissennate politiche della Lega; abbiamo cercato e cerchiamo ancora di frenare le forze reazionarie di questo Paese che, di fatto, stanno costruendo un

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ghetto, alimentando paura e tensione nelle città circostanti. E che sia nei fatti un ghetto lo abbiamo appurato il 3 aprile, quando col nostro carico di solidarietà, pranzi sociali e assistenti legali, ci siamo piazzati di fronte al CARA e abbiamo scoperto come a suon di rimproveri ed ordini, la polizia ‘regolamenti’ (a volte anche con qualche schiaffo per far rispettare la fila) la vita dei richiedenti asilo, in maggioranza afgani, pakistani e tunisini. Si dice che tutti gli ‘ospiti’ della solidarietà possano liberamente uscire dal campo e tornare quando vogliono. Ma dove andare a piedi se il centro abitato più vicino si trova a 15 km? Ed ecco che inizia un'interminabile processione, in attesa del ‘kapò’ di turno che è pronto a comprare per due soldi le braccia

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straniere che possono brutalmente essere sfruttate - abusivamente - nelle campagne circostanti. Arci Catania c'era e lo può testimoniare. A Mineo è necessario costruire, anche in futuro, una mobilitazione corposa, interminabile, colorata che permetta di tagliare il filo spinato delle frontiere che il razzismo istituzionale sta artatamente costruendo. Ed è ancora più importante farlo ora, in tempi di guerra e a due passi dalla Base di Sigonella da dove decollano di nuovo i caccia carichi di morte. Dobbiamo ancora ribadire cha la Sicilia è terra di pace e di accoglienza, così come ci ha insegnato Pio La Torre e tutti quelli che come lui hanno creduto e continuano a credere che un altro mondo è possibile e inizia ora. Info: dariopruiti@gmail.com


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Nella società civile la speranza e la forza per ricostruire una politica di cooperazione, pace, dialogo a rivoluzione dei gelsomini e la crisi libica hanno letteralmente ribaltato lo scenario della politica di cooperazione nell'area mediterranea per i Paesi europei, soprattutto per l'Italia, da qualche tempo assai occupata a garantirsi un ‘posto al sole' nelle trattative di scambio economico e negli investimenti finanziari, con ritorni vantaggiosi per il mondo delle grandi e medie imprese. I governi con cui erano stati fatti accordi oggi non esistono più, scardinati in Tunisia e in Egitto da rivolte popolari che hanno messo a nudo il loro carattere antidemocratico; in Libia il Rais alleato è attore di una sanguinosa guerra civile ed imbarazzanti sono stati gli equilibrismi tattici che la Farnesina e il Presidente del

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GRUGLIASCO (TO) Il 9 aprile alle 20 al circolo Arci Casseta Popular viene inaugurata la mostra fotografica Over the wall di Jacopo Sant e Luca Culeddu. A seguire serata palestinese. La mostra resta esposta fino al 28 aprile

Consiglio hanno messo in gioco per mascherare la mancanza di una strategia diplomatica seria di uscita dal precedente 'abbraccio mortale'. Questo carosello deprimente della politica estera governativa si scontra con un attivismo immediato del volontariato e associazionismo solidale italiano impegnato nell'accoglienza dei profughi, come nel sostegno diretto alla società civile tunisina ed egiziana, nel rafforzamento delle attività di solidarietà e cooperazione che le ong già svolgono in quei Paesi. Senza aiuti dalla cooperazione ufficiale del Ministero Affari Esteri, che ha fino ad oggi sostanzialmente deciso di dare un contributo alle attività di emergenza facendo tutto 'da sé'. Vi è una promessa di coinvolgere la società civile italiana in programmi di ricostruzione materiale e civile a seguito di questa prima fase, ma con quali risorse? Durante e dopo la lunghissima crisi balcanica, con la ricostruzione dopo la guerra israeliano-libanese, l'apporto delle ong, delle associazioni, degli enti locali e anche del privato profit ha dato alla politica estera italiana un'impronta e una forza di relazione comunitaria che, anche adesso che gli

L'Italia riconosce il Cnt dei ribelli come unico legittimo rappresentante della Libia Al termine di un incontro con il rappresentante della politica estera di Bengasi, Ali Al Isawi, il ministro Frattini ha annunciato che l'Italia riconosce il Consiglio nazionale transitorio (Cnt) dei ribelli come unico interlocutore politico legittimato a rappresentare la Libia. Il ministro non ha escluso la possibilità di fornire armi ai ribelli come soluzione estrema per difendere i civili dagli attacchi di Gheddafi e ha avvertito la Francia che l'Italia resterà partner privilegiato della Libia. La decisione più attesa era ovviamente il riconoscimento dei ribelli come rappresentanti della «nuova Libia democratica», dopo la presa d'atto che il regime ha perso ogni «legittimità o credibilità». Molto presto, forse già in settimana, il consolato italiano a Bengasi si trasformerà in una sorta di ambasciata presso il Cnt, con l'apertura di un ufficio di rappresentanza che sarà guidato dall'attuale console Guido de Sanctis. Altra questione molto delicata è quella delle armi ai ribelli, dopo che il Cnt ha ammesso di averne già ricevute dal Qatar e di essere in trattativa con l'Egitto per altre forniture. Isawi ha spiegato di non aver

chiesto ufficialmente armi all'Italia, ma ha ricordato che in base alla risoluzione 1973 «si può permettere alle persone di difendersi fornendogli i mezzi per farlo». Frattini ha concordato con questa interpretazione, sostenendo che la fornitura di armi da un punto di vista legale sarebbe «ammissibile». D'accordo l'esponente libico e quello italiano anche sulla non credibilità della proposta del cessate il fuoco avanzata nelle scorse ore da Gheddafi, mentre continua ad attaccare i ribelli. Intanto il Cnt accelera il lavoro sul campo mediatico. Gli insorti hanno aperto 'Libia Al Ahrar' (Libia dei liberi), un canale satellitare che servirà a far giungere la voce degli insorti in tutto il mondo. Isawi ha anche reso noto il documento programmatico del Cnt in cui grande risalto viene dato al riconoscimento delle libertà e dei diritti umani, insieme all'impegno a combattere qualsiasi interferenza esterna, si tratti di Al Qaeda o di truppe straniere. Ha assicurato che appena le condizioni lo consentiranno, ci saranno libere elezioni e il popolo potrà liberamente scegliere i suoi rappresentanti.

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investimenti sono finiti o ridotti, ha costruito percorsi di scambio e collaborazione internazionale di grande reciprocità. Viene da domandarsi che cosa si aspetti nell'immediato domani il Governo italiano da una presenza e un protagonismo così deboli e poco coinvolgenti e organizzati, in una prospettiva che si allontana sempre più da una nuova, trasparente e forte politica di cooperazione con le giovani democrazie che si stanno costruendo (pur tra tante contraddizioni e difficoltà) sulle sponde nordafricane del Mare Nostrum. Le ong italiane si stanno avviando a chiedere urgentemente una conferenza nazionale indetta dal Governo italiano sulla politica estera in Medioriente e nel Mediterraneo: non è una provocazione, è la richiesta di una trasparente presentazione dello stato delle cose, di un confronto diretto con la società civile italiana e della sponda sud che lavorano per la pace, il dialogo, la ricostruzione. È un nostro diritto come cittadine e cittadini essere informati e avere spazi e modi di esprimersi, dissentire ufficialmente e denunciare tesi e indirizzi che non condividiamo. Info: arcs@arci.it

La Conferenza della società civile afgana Si è tenuta a Kabul il 30 e 31 marzo la prima Conferenza della società civile afgana. Coordinamento, trasparenza, unione nei valori e nelle priorità politiche, unica voce rispetto al governo e alle altre istituzioni, sono le principali parole d'ordine colte durante i lavori e riprese nel documento finale. Il documento, il cui titolo è Rafforzare il ruolo delle organizzazioni della società civile nei processi decisionali, è stato approvato dai 150 delegati e delegate provenienti da 34 province. Sei i punti chiave, letti in dari e pashtu. A questa Conferenza nazionale seguirà, nel mese di giugno, la Conferenza internazionale della società civile afgana, a Roma, per darle voce a livello internazionale e rafforzare la sua credibilità e il suo riconoscimento. Le due conferenze, insieme ad una ricerca sulla società civile afgana ed altri momenti di approfondimento accademico e di coinvolgimento sociale e politico in Italia, fanno parte di un programma della rete Afgana, composta da ong, associazioni, organizzazioni sociali e sindacali, accademici, operatori dei media, cittadini attivi.


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Appunti di viaggio dalla Tunisia

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na delegazione di 12 persone, esponenti di diverse organizzazioni italiane, è dal 1 aprile in Tunisia per una visita di solidarietà e conoscenza su invito delle organizzazioni tunisine del Forum Sociale del Maghreb. La visita prevede una serie di incontri con i protagonisti della rivoluzione e da Tunisi ha raggiunto Kasserine, Sidi Bouzid e i campi al confine con la Libia. Pubblichiamo gli ‘appunti di viaggio’ che ci ha inviato Raffaella Bolini. La delegazione non è formata solo da italiani. Ci sono attivisti di Senegal, Marocco, Costa d’Avorio, Francia, Algeria, Spagna, Regno Unito, Finlandia, Grecia. Arrivati a Tunisi venerdì sera, ci colpisce la vivacità della città. I locali sono aperti, c’è gente per strada. Qualche blindato sosta vicino agli edifici ‘delicati’. Al mattino vediamo che le edicole sono piene di quotidiani che ci tengono a definirsi ‘indipendenti’. Molti titoli sono dedicati agli sbarchi a Lampedusa e al modo disumano in cui i migranti sono trattati. Sabato abbiamo raggiunto Kasserine, la città che ha pagato il più alto tributo alla rivoluzione con 62 giovani uccisi durante le manifestazioni dell’8 gennaio. Sulla piazza principale sono montate delle tende, con dentro i 25 giovani che da giorni sono in sciopero della fame. Intorno, appesi a fili, sventolano centinaia di diplomi. Migliaia di sogni spezzati, per una gioventù povera nata in famiglie povere, che hanno investito tutto sull'istruzione di figli che da anni sono senza lavoro. Nell'assemblea organizzata per noi nella sede del sindacato, uomini e donne mostrano le foto dei figli ammazzati. È un’assemblea dura, di gente arrabbiata. «Abbiamo fatto la rivoluzione, abbiamo dato i nostri figli, ma qui non cambia niente». Il governatore è stato sostituito, ma il suo entourage è quello di prima, e la corruzione è la stessa. «Quelli che hanno sparato ai ragazzi sono liberi. Il governatore non risponde alle nostre richieste, e a Tunisi pensano solo a costruire partiti e partitini. Ma a noi non servono decine di partiti, a noi serve giustizia, ascolto, lavoro. La rivoluzione l'abbiamo fatta per il lavoro, e fino a che non l’avremo non ci fermeremo». Lavoro qui vuol dire salari di alcune decine di euro al mese. Nel settore privato si lavora senza contratto, con la possibilità di essere licenziato da un giorno all'altro. «Solo il lavoro dà dignità» ripetono tutti. Gli alberghi in cui dormiamo sono tutti vuoti, mentre prima i turisti li riempivano tutto l’anno. Stai qui e pensi alle tante persone, anche per bene, che si chiedono perchè migliaia di arrivi dalla Tunisia dove la guerra non c'è. Arrivano perchè il poco lavoro che c'era è sparito, in questo periodo confuso. Nella sala del sindacato di Kasserine parla un ragazzo che non ha più una gamba. «Ho perso una parte importante di me nella lotta per il mio paese - dice. Tanti hanno sacrificato la vita, ora vogliamo essere ascoltati. E se continuano a non farlo, scenderemo di nuovo in strada». Parla una mamma, e piange. «Soffriamo e viviamo nella memoria dei nostri figli che niente e nessuno potrà restituirci. La gente di Kasserine ha iniziato la

rivoluzione, e tutte le volte che un disoccupato va alla prefettura viene umiliato. A qualcuno hanno promesso soldi, ma noi non li vogliamo. Non venderemo la memoria dei nostri figli per denaro. Chiediamo che sia portato in giudizio chi ha armato coloro che hanno sparato: il regime, il ministro dell'Interno, il partito, la polizia. E vogliamo che sia fatto pubblicamente, perchè la gente deve sapere». È difficile la transizione. La rivoluzione non è davvero un pranzo di gala. A Tunisi la polizia ha caricato i cortei che protestavano contro il cambio al Ministero dell’Interno. Al posto del ministro gradito al popolo, non compromesso con il regime, è stato appena nominato un personaggio di cui nessuno si fida. Tutti quelli che incontriamo ci dicono che non hanno fatto la rivoluzione solo per sbarazzarsi del dittatore ma per conquistare diritti e dignità. E protestano contro una gestione della transizione che da un lato permette alla pervasiva struttura del vecchio regime di sopravvivere e dall'altro si concentra solo sull'assetto politico istituzionale e non su quello sociale. La rivoluzione non è finita, deve continuare, ci dicono. Sentono di vivere un momento straordinario, ma ne capiscono tutti i rischi, incluso quello che se ne rovesci il segno laico e progressista. Rivendicano che le donne sono state in prima fila e che indietro non si torna. Ci spiegano che la rivoluzione non è esplosa all'improvviso, ma è stata il frutto delle lotte che si sono sviluppate negli anni sfidando il regime, di scioperi, di battaglie operaie contro le privatizzazioni, delle mobilitazioni degli studenti, della grande lotta del distretto minerario di Gafsa con i suoi morti e i leader sindacali messi in carcere. «La rivoluzione - ci dicono - è esplosa quando la maggioranza della gente ha superato la paura di scendere in strada per rivendicare i propri diritti. Questo è stato il vero cambiamento dei giorni di gennaio: la fine della paura che ti fa accettare qualsiasi cosa». Ma anche ora non c'è pace. Sabato a Tozeur la polizia ha sparato a un ragazzo, i dimostranti hanno preso il governatore e lo hanno buttato fuori dalla città. A Kasserine abbiamo dato un passaggio all'ospedale a una donna disperata: il figlio si è dato fuoco per protestare contro la detenzione del fratello, incarcerato e torturato durante le manifestazioni. La situazione resta difficile. La politica si prepara alle elezioni del 24 luglio per l'Assemblea costituente. È stato formato un Consiglio di difesa della Rivoluzione, dove siedono forze politiche, della società civile e personalità. Dovrebbe essere consultato sulle scelte del governo, che invece cerca di sottrargli campo di azione. La rivoluzione non ha abbattuto le istituzioni, ha scelto la strada del cambiamento democratico. Qualche ministro è stato sostituito, ma per l’Assemblea Costituente bisogna aspettare le elezioni, che non si possono fare troppo in fretta perchè le forze democratiche devono avere il tempo di organizzarsi. E questo tempo si presta a molti rischi. Il sindacato, l'Unione Generale dei Lavoratori Tunisini Ugtt, schierato con la rivoluzione, dice che non vuole

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fare la fine di Solidarnosc che si è trasformato in forza politica, e che rimarrà organizzazione sociale. I giovani e i cittadini si organizzano, anche se molti non sanno neppure cosa voglia dire. Chiedono di essere aiutati a capire come si fa associazionismo. Ma loro, che non hanno esperienza, possiedono qualcosa di prezioso: l'energia e il coraggio, la consapevolezza di poter contare, l'orgoglio di avercela fatta. Nel deserto, alla frontiera con la Libia alla quale ci stiamo avvicinando, la Tunisia ha accolto 140mila profughi. La gente ha raccolto tanti aiuti da doverli poi redistribuire negli ospedali. «La Tunisia è un paese piccolo, ma ha un cuore così grande da poter accogliere tutta l'umanità», ci dicono orgogliosi. Beati loro, noi siamo una grande potenza e siamo riusciti a trasformare in una emergenza drammatica l'arrivo di 20mila persone. «Ma qui c'è la rivoluzione», dicono ridendo e ti guardano con quelle facce da poveri da mille generazioni che avevamo noi cinquanta anni fa e con la stessa dignità antica dei nostri nonni. E tu pensi che dovresti fare i salti mortali per aiutarli, loro che con la forza della partecipazione nonviolenta hanno cambiato la storia. Bisognerebbe aiutarli ora, prima che questa ondata di cittadinanza attiva rifluisca. Dovrebbero riuscire a costruire il massimo di società civile organizzata, per non far tornare a casa questo mare di ragazzi e ragazze. Solo così il loro lavoro futuro sarebbe più facile, i pericoli più arginabili. Ma noi chiudiamo dietro le reti i loro figli, nipoti, fratelli, mariti. E il governo italiano va a Tunisi non per congratularsi, non per domandare in che modo sostenere il processo democratico. Arriva per dire di stare lontani, di non caricarci dei loro problemi neppure un po'. Ci applaudono quando raccontiamo del lavoro che facciamo con i migranti, delle cinquanta manifestazioni del 2 aprile. Raccontiamo solo le cose belle, non è giusto gettargli addosso i nostri problemi. Non gli diciamo la vergogna di venire da un paese che in maggioranza li butterebbe a mare. Lunedì siamo arrivati al campo di Choucha, una grande distesa di tende che arriva fino alla frontiera libica, 6 km più in là. Il portavoce dell’Unhcr ci descrive la collaborazione straordinaria dell’esercito e della popolazione, «una cosa mai vista in tanti anni di attività». E di profughi ne sono arrivati a migliaia dal 20 febbraio. Quasi tutti quelli che volevano e potevano tornare a casa sono stati rimpatriati. Al campo adesso ci sono 10mila profughi, l’80% vuole tornare al suo paese ma i fondi dell’Oim per pagare i viaggi sono finiti. In grande maggioranza sono lavoratori che risiedevano in Libia, fuggiti allo scoppio della guerra. Duemila sono richiedenti asilo, e secondo l’Unhcr che sta facendo il censimento almeno il 99% ne ha diritto. Sarebbe un bell’aiuto anche per la Tunisia se l’Europa li accogliesse. L’Alto commissariato è preoccupato anche per quelli che non arrivano. Il flusso si è quasi interrotto eppure la guerra continua. Probabilmente le vie di fuga sono bloccate. Ma nella parte di mondo che bombarda in nome dei diritti umani di questo non importa a nessuno.


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Condizioni disumane e mancanza di informazione legale per i migranti tunisini arrivati a Manduria l primo gruppo di 250 migranti tunisini è arrivato il 27 marzo da Lampedusa nella tendopoli di contrada Paione a Manduria, in provincia di Taranto, nell'area dell'ex aeroporto militare utilizzato fino agli anni quaranta e poi dismesso. «La tendopoli di Manduria non ospiterà più di 1500 immigrati - rassicurava il sottosegretario agli Interni Alfredo Mantovano, intervenendo al Consiglio comunale straordinario convocato dal sindaco di Manduria per esaminare la situazione dei profughi È una soluzione dettata da un'esigenza assolutamente transitoria, e non sarà l'unica». Poi aggiungeva «la tendopoli di Manduria è un'estensione di Lampedusa, dove si sta gestendo la prima accoglienza. Di certo non è un Cie. Chi se ne andrà volontariamente perderà il diritto di asilo e diventerà clandestino». Il sottosegretario e il sindaco sono ora dimissionari! Eppure lo sguardo verso la mega-tendopoli fa pensare a un campo di concentramento o qualcosa del genere; impressione rafforzata dal fatto che proprio in queste ore stanno sostituendo la rete

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che circonda il campo col filo spinato. Gli angoli sono presidiati da agenti in tenuta antisommossa, l'ingresso è blindato e i giornalisti e i rappresentanti delle associazioni non possono avvicinarsi neppure al perimetro. Ma per quanto sia difficile entrare nella tendopoli, è facile uscirne sulla provinciale tra Oria e Manduria. Dopo gli allontanamenti di questi giorni, alcune centinaia di migranti tunisini hanno avviato una protesta nel pomeriggio di sabato 2 aprile con l'arrivo dei manifestanti, e da ieri si trovano all'esterno, dopo aver dormito tutta la notte all'aperto, in segno di protesta contro il governo italiano per i ritardi nell'ottenimento di un eventuale permesso di soggiorno temporaneo o nella possibilità di presentare richiesta di asilo, controllati a vista da un centinaio di poliziotti. Intorno alla tendopoli sono all'opera pattuglie di carabinieri e guardie forestali a cavallo: in più di un'occasione gli agenti sono intervenuti per rincorrere e ricondurre nel campo gli immigrati che sfondano le recinzioni e fuggono attraverso i prati nel tentativo di raggiungere la stazione ferro-

viaria. I migranti tunisini lamentano, oltre alla mancanza di informazione legale, le condizioni disumane in cui sono stati accolti: tende con un sottile materassino per terra, un pasto al giorno, nessun vestito, niente ricariche telefoniche, un presidio sanitario allestito in tutta fretta in un gazebo aperto. La tendopoli che ancora oggi appare priva di una chiara configurazione giuridica (si è parlato di un CAI - centro di accoglienza e identificazione), è l'opposto di un modello di accoglienza ed è soltanto il simbolo dell'arroganza priva di razionalità che mette a rischio la tutela di diritti umani fondamentali. L'Arci Puglia, attraverso il lavoro dei militanti e dei circoli, è costantemente presente per fornire sostegno e sta facendo il possibile per poter entrare nella tendopoli. Alla Regione chiediamo che promuova al più presto un Tavolo per programmare gli interventi nel territorio, un piano di accoglienza alternativo e diffuso che plachi il clima di insofferenza e intolleranza che la tendopoli sta generando. Info: cantore@arci.it

Tra l’indifferenza della città e dell’Amministrazione le associazioni forniscono supporto umanitario ai migranti giunti a Ventimiglia Articolo di Khalid Rawash, medico giordano presidente dell’Associazione ‘Mondo Immigrato’ di Imperia, circolo Arci Handala ecine di persone stanno raggiungendo Ventimiglia: sono giovani tunisini che hanno attraversato il mare fino a Lampedusa e poi hanno percorso tutta l’Italia per arrivare al confine italo francese nella speranza di attraversarlo per raggiungere familiari e amici, oppure per continuare il loro viaggio in Europa. Ma hanno trovato la frontiera blindata e così centinaia di migranti si sono raccolti intorno alla stazione di Ventimiglia nell’indifferenza della città e soprattutto della sua Amministrazione. Lunedì, quando siamo andati a verificare la situazione, li abbiamo trovati che dormivano ammassati all’ aperto, alcuni digiuni da giorni, in condizioni igienico sanitarie disastrose e uno stress psicologico enorme: da giorni in fuga, la preoccupazione del foglio di via, la solitudine, l’isolamento … Grazie ad una immediata mobilitazione promossa da Arci, Cgil, dal centro sociale Spes e da altre associazioni ci si è potuti subito attivare con una campagna di solidarietà per fornire innanzitutto supporto umanitario con

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distribuzione di cibi caldi, bevande e coperte, assicurando anche assistenza sanitaria e sostegno psicologico. Il secondo passo è stato quello di costringere le Amministrazioni locali ad affrontare l’emergenza con dignità per restituire un volto umano alle nostre città: la pressione in questo senso è stata tradotta in una mobilitazione su Ventimiglia nell’arco di tutta la settimana culminata poi nella manifestazione del 2 aprile, in coincidenza con quella a Roma e in tante altre città, organizzata simbolicamente proprio in piazza della Stazione. Una delle richieste avanzate dalle associazioni che fanno parte del Coordinamento Antirazzista imperiese sono l’adozione di una politica di accoglienza che sia rispettosa della libertà e dei diritti di tutte le persone: in merito a ciò abbiamo già ottenuto dei risultati perchè l’Amministrazione ha messo a disposizione una palazzina, l’ex caserma dei Vigili del Fuoco, dotata di servizi igienici soddisfacenti ed allestita per 120 posti letti. La Protezione Civile che gestisce il tutto for-

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nisce anche il pasto caldo serale. Quello che adesso ci preoccupa di più sono da un lato i respingimenti francesi che sicuramente provocheranno un aumento dei migranti a Ventimiglia e, in seguito a questo, il rilascio del foglio di via da parte della polizia comporta l’obbligo di lasciare il territorio italiano entro cinque giorni se non si vuole incorrere in un reato penale. Proprio per questo, le altre richieste del Coordinamento riguardano l’abolizione delle frontiere e la libera circolazione delle persone, ma è stato anche chiesto al Questore di rilasciare, come prevede la legge, permessi di soggiorno temporanei per ragioni umanitarie. Nel frattempo alcuni avvocati volontari si sono messi a disposizione - e già lo stanno facendo - per inoltrare i ricorsi contro i fogli di via già consegnati. Questa è la cronaca di ciò che da giorni sta succedendo, ma il timore è che la situazione possa peggiorare visti i continui arrivi da una parte, e il ritardo cronico delle istituzioni dall’altra. Continueremo quindi ad adoperarci e a vigilare affinché la crisi abbia un esito positivo, come noi auspichiamo.


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migranti

Arbitrio, precarietà e confusione nella gestione degli sbarchi e dell’accoglienza ai migranti a serie di bugie e figuracce che il governo sta collezionando sulla vicenda degli sbarchi e dell'accoglienza è lo specchio dello stato in cui versa la nostra democrazia. Ormai la procedura normale con la quale si affrontano i problemi è fatta di falsi scoop, notizie inventate o travisate, interventi salvifici del premier. Così anche a Lampedusa dove, mentre si consumava una tragedia collettiva e dal mare affioravano i cadaveri, il presidente del Consiglio inscenava l'ennesimo show, indifferente ai tanti morti di speranza e alla sorte di tutti quei giovani arri-

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FLASH MOB A ROMA Sul canale youtube dell'Arci è possibile visionare il video del flash mob/concerto blitz che si è tenuto il 30 marzo a Roma, davanti al Colosseo. Volontari dell'Arci e cittadini si sono coperti con lenzuola bianche e al suono di una sirena si sono stesi a terra a rappresentare le vittime di un bombardamento. Stop the war. Welcome Migrants recitava lo striscione che è stato sollevato da decine di palloni davanti all'Anfiteatro Flavio

vati sull'isola per costruirsi un futuro lontani dalle incertezze del loro paese d'origine. Un atteggiamento indegno, verso i morti e verso i vivi. Insieme alle ingiustizie è cresciuto il razzismo, la paura, il fastidio. Migliaia di migranti spediti a Bari e a Foggia, senza una parola su ciò che li attende. Se arrivano ai CARA, il poliziotto di turno gli fa firmare il modulo per la richiesta d'asilo. Lo stesso avviene in Toscana, dove il presidente della Regione ha per fortuna impedito che finissero in mega ghetti disumani. Tutti richiedenti asilo. Nelle stesse ore, a Manduria (Puglia), a Palazzo San Gervaso (Basilicata) e a Santa Maria Capua Vetere (Campania) i parenti e gli amici degli stessi tunisini, altre migliaia di giovani, finiscono in una sorta di limbo giuridico, in attesa di deciderne la sorte in base agli esiti delle missioni farsa in Tunisia. E la maggioranza intanto chiede all'Europa (era ora! Ma sarà vero?) l'avvio della procedura per la protezione temporanea, mentre su un altro tavolo sostiene la necessità di rimpatriare i tunisini. Arbitrio, precarietà e confusione. Così una intera generazione, che con il proprio lavoro potrebbe contribuire allo sviluppo di un Paese che svolge un ruolo fondamentale nei processi di democratizzazione dell'area del Maghreb, viene maltrattata e criminaliz-

zata. Passano dalla categoria dei 'clandestini' a quella dei 'profughi' senza che nessuno si prenda la briga di spiegargli che sta accadendo. Perché? Per calcolo elettorale e per cinismo politico? Certo, ma non solo. Pesa anche la cialtroneria politica e lo scarso senso dello stato. Si naviga a vista, senza un progetto. La gestione di questa vicenda, che poteva essere risolta due mesi fa, si porterà dietro l'astio degli altri Paesi UE, chiamati strumentalmente in correità, e della Tunisia, invitata a collaborare per produrre altre ingiustizie da un governo che fino a poco fa sosteneva il dittatore di cui si sono liberati. Una grande responsabilità quella dell'Europa e dell'Italia. Devono scegliere se aiutare il processo di emancipazione della Tunisia, dando speranza ai giovani che cercano un futuro sull'altra sponda del Mediterraneo, sottraendoli così alla disoccupazione e all'influenza di movimenti fondamentalisti, per fortuna ancora deboli. Oppure se sposare la demagogia dell'aiutiamoli a casa loro. La protezione temporanea, l'apertura verso l'Europa, il Mediterraneo come spazio comune di crescita, oppure il respingimento, la chiusura, l'indifferenza. La risposta possiamo ancora contribuire a scriverla! Info: miraglia@arci.it

A Lampedusa migliaia di persone sulla collina della vergogna a collina della vergogna. È così che i lampedusani ormai chiamano la tendopoli di Cavallo Bianco, a ridosso del porto vecchio, dove per settimane si sono accampate le migliaia di persone, in gran parte tunisini, che sono riuscite ad arrivare vive a Lampedusa nella speranza di raggiungere la Francia o l'Italia alla ricerca di un lavoro o anche solo per ricongiungersi con i propri familiari. L'apice del disastro è stato raggiunto quando gli sbarchi hanno portato nell'isola quasi 7mila persone a fronte di una popolazione complessiva inferiore alle 5mila anime. L'accampamento di fortuna improvvisato dagli stessi tunisini si è trasformato in brevissimo tempo in una vera e propria fogna a cielo aperto; le tende non sono altro che sacchetti dell'immondizia aperti e disposti a parete per proteggersi dal vento, legati alle lenzuola di carta fornite dalla protezione civile, dentro le quali ragazzi poco più che ventenni si stringono la notte per vin-

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cere il freddo. Gli stessi ragazzi che aspettano l'arrivo di altri barconi partiti poco dopo di loro e che, in alcuni casi, non sono mai arrivati. È questo il primo impatto che abbiamo avuto appena arrivati sull'isola e di fronte a tanta disperazione il senso di impotenza ci ha subito rivelato l'inadeguatezza delle risorse a nostra disposizione. La gran parte dei lampedusani, anche i meno disposti ad accogliere questa massa gigantesca di nordafricani, ha contribuito all'attuazione di importanti pratiche di solidarietà. Straordinario è l'impegno dell'Associazione Askavusa, che ho avuto l'onore di seguire e sostenere insieme ad altri compagni del circolo Arci Malaussène, dei Giovani Comunisti e dei Laici Comboniani di Palermo durante la settimana di permanenza a Lampedusa organizzata dal Forum Antirazzista di Palermo. Askavusa è una piccola associazione, ben radicata nel suo territorio e non ha esitato ad impiegare tutte le proprie energie per

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compensare la assoluta assenza di un governo che ha di fatto scaricato sui lampedusani la gestione di una emergenza la cui responsabilità è prima di tutto europea. Ma non basta. Abbiamo anche provato ad amplificare il significato politico della nostra presenza a Lampedusa aderendo alla campagna Welcome e collaborando con i ragazzi di MeltingPot impegnati nel monitoraggio continuo di quanto avviene a Lampedusa, ma è fondamentale che tutto ciò venga supportato da tutti i movimenti, le organizzazioni partitiche, sindacali e associative antirazziste che decidano di collaborare a livello nazionale per denunciare le reali responsabilità dei cadaveri di tanti giovani finiti sul fondo del Mediterraneo e dell'umiliazione inflitta a tutti coloro che ce l'hanno fatta ma che sono colpevoli di essere nati poche centinaia di chilometri più a sud della frontiera che divide il mondo ricco, democratico e opulento da tutti gli altri. Info: amaliachiovaro@hotmail.it


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cultura

Di nuovo in libreria la rivista Il Calendario del Popolo della casa editrice Teti Editore

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salmente priva di strumenti per l'interpretazione del presente. La rivista, che negli ultimi anni è stata disponibile solo su abbonamento, torna ora ad essere distribuita anche in libreria, arricchita dall'apporto di nuovi collaboratori, rinnovata nella linea editoriale e grafica, intenzionata a misurarsi con la complessità linguistica, tecnologica, comunicativa di questo tempo, senza smarrire l'originaria vocazione divulgativa e popolare. Il Calendario è tra i primi a mostrare sensibilità per il tema dell'emigrazione e dell'immigrazione - cui dedica moltissimi articoli - promuovendo anche tre importanti mostre: Macaronì e Vu Cumprà, Balie italiane e badanti straniere e Suonatori, girovaghi e lavavetri. Queste mostre, aggiornate e rinnovate in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dell'Unità d'Italia, sono tornate recentemente disponibili all'acquisto da parte di enti pubblici e privati, singoli e associazioni che desiderassero organizzarne l'esposizione. Nei prossimi mesi prenderà il via una collaborazione tra il Calendario del Popolo e l'Arci, il cui presidente Paolo Beni è entrato a far parte del comitato dei garan-

ti della rivista, di cui fanno parte tra gli altri il premio Nobel Zhores Alferov, Franco Cardini, Luciano Canfora, Luciana Castellina, Franco Ferrarotti, Mario Geymonat, Margherita Hack, Milly Moratti, Diego Novelli, Piergiorgio Odifreddi, Mauro Olivi, Moni Ovadia, Valentino Parlato, Guido Rossi e Nichi Vendola. Sono in programma numerose presentazioni della testata in diverse città italiane, tra cui Torino (Salone del Libro), Milano, Roma, Napoli, Bari e Cagliari. Il Calendario ha un blog (calendariodelpopolo.blogspot.com), un sito (www.calendariodelpopolo.it), è presente su Facebook e Twitter ed è pubblicata da Sandro Teti Editore (www.sandrotetieditore.it).

NAPOLI Per la rassegna Astradoc promossa da ArciMovie il 9 aprile alle 18 si terrà presso il cinema Astra l’incontro con Paolo Rossi e la proiezione del film Ridotte Capacità Lavorative, la risposta di Pomigliano ad Avatar

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l Calendario del Popolo, una delle più longeve riviste italiane, è nato nel marzo del 1945, quando l'Italia del nord era ancora sotto il giogo nazifascista, per rispondere alle esigenze di sapere di una popolazione appena uscita dalla guerra. La rivista, fondata dalla sezione stampa e propaganda del PCI, viene rilevata nel 1964 da Nicola Teti, che ne ripiana i debiti e ne continua la diffusione per 46 anni, prima con le Edizioni del Calendario del Popolo e, a partire dal 1969, con la propria casa editrice Teti Editore. Alla direzione della testata si sono succeduti Giulio Trevisani (1945 - 1966), Carlo Salinari (1966 - 1977) e poi Franco Della Peruta (1978 - 2010). Dopo l'improvvisa scomparsa di Nicola Teti, avvenuta a Milano nel 2010, il figlio Sandro decide di salvare la rivista dalla chiusura, così come il padre aveva fatto 46 anni prima. Il Calendario del Popolo svolge da 66 anni un'importante opera di divulgazione e oggi vuole essere un ponte tra la memoria storica e l'acquisizione di nuovi strumenti critici. Si propone come guida e orientamento, in un'epoca di sovrabbondanza di informazione, parados-

Tra nostalgia ed entusiasmo Luciana Castellina presenta a Ferrara 'La scoperta del mondo' l 28 marzo Luciana Castellina ha presentato il suo ultimo libro La scoperta del mondo presso il circolo Arci Bolognesi di Ferrara. La serata, molto attesa dal pubblico, si è aperta con la proiezione di due importanti documenti storici relativi all'attentato a Togliatti del 1948: il documentario 14 aprile girato da Glauco Pellegrini per il PCI e il notiziario della settimana Incom che dava conto dell'attentato e, per una tragica ironia della sorte, del drammatico terremoto che sconvolse il Giappone negli stessi giorni. Il senso di appartenenza comunista, che emergeva soprattutto nel documentario di Pellegrini, ha dato l'occasione a Luciana Castellina di spiegare alle generazioni che all'epoca non erano ancora nate il senso di un'adesione a una comunità che era ad un tempo politica e umana. Senza alcun pentimento e con qualche nostalgia per un partito che è stato protagonista della trasformazione democratica del nostro paese, l'autrice ha raccontato alcuni episodi ferraresi della sua gioventù: il congresso della FGCI del 1953, nel corso del quale, giunta la notizia della

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morte di Stalin, tutti i partecipanti corsero a salutare Togliatti che partiva in treno per i funerali e le prime inchieste per il settimanale Nuova Generazione sul bracciantato nel ferrarese e nel Polesine. Luciana Castellina ha poi ripercorso le tappe fondamentali del suo avvicinamento al partito, una vera e propria scoperta del mondo per lei e per i tanti giovani usciti dal conflitto, che non avevano partecipato alla Resistenza. Il primo incontro-scontro col PCI, durante una manifestazione per Trieste italiana, l'amicizia, negli anni del liceo, con tanti giovani comunisti, i viaggi a Parigi, Praga e la costruzione della ferrovia in Jugoslavia sono solo alcuni degli appassionanti capitoli della vita di una ragazza che si apriva alla politica e alla società. Il racconto di Luciana Castellina, sempre ironico e pungente, ha poi ricordato anche il bigottismo del partito soprattutto in tema di libertà femminili e i 'processi' da lei subiti per aver osato sfidare, inconsapevolmente e nel nome di una formazione mitteleuropea più libertaria, le sue rigidità. Una storia, quella del PCI, comunque da

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rivendicare, secondo Luciana Castellina, soprattutto di fronte ai più giovani, ai 'berlusconiani inconsapevoli', che le domandano come abbia mai potuto essere comunista. Una difesa del partito, pur nel riconoscimento dei suoi molti difetti, apparentemente paradossale per chi, nel 1969, fu radiata insieme al gruppo del Manifesto - una radiazione che oggi Luciana dice di rimpiangere per il livello di discussione politica che intorno a tale decisione maturò dentro e fuori il PCI - ma che diviene ancora più intensa guardando al degrado della situazione etica e politica attuale e allo sgretolamento delle sinistre in Italia. Perciò forte appare il richiamo di Luciana Castellina alla necessità di un ritorno della politica, un invito senza scoramenti a partecipare, a vivere intensamente anche in forme nuove la vita pubblica, come attesta la sua scelta di aderire all'Arci, un'associazione attraverso la quale è possibile, forse, ricostruire quei fili spezzati della politica e un nuovo senso di appartenenza nel XXI secolo. Info: pietropinna@arciferrara.org


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ambiente

E adesso la verità sulle conseguenze del nucleare sulla salute, sull'ambiente, sull’ecosistema Pubblichiamo un articolo di Alfiero Grandi, portavoce del Comitato ‘Vota sì al Referendum sul nucleare’ l fantasma di Chernobyl si è ormai purtroppo materializzato. Già ora i danni sulla salute e sull'ambiente a Fukushima sono terribili e purtroppo in gran parte ancora ignoti. Anche perchè l'incidente nucleare alla centrale giapponese non è ancora stato risolto. Le preoccupazioni non sono solo del Giappone ma anche della Cina e degli altri paesi vicini che temono di essere contaminati sia da nubi radioattive che dal mare. Rubbia - giustamente - ha invitato tutti alla prudenza e ad aspettare prima di dare un giudizio definitivo sull'incidente perchè ancora oggi nessuno sa bene come risolverlo. L'origine del disastro è naturale? Niente affatto. Sono eventi naturali non prevedibili terremoti e tsunami, ma non la costruzione di una

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ACQUA BENE COMUNE L’acqua (non) è una merce di Luca Martinelli spiega perchè votare sì ai referendum del 12 e 13 giugno. Il libro è in vendita con il 50% di sconto per tutti i comitati referendari

centrale nucleare, tanto più su un territorio ad alto rischio sismico. All’origine dell'incidente non c'è quindi un evento naturale imprevedibile ma l'imprudenza di una scelta umana sbagliata. La verità è che gli incidenti sono calcolati come probabilità, ma non viene considerato il principio di precauzione che consiglia di non correre rischi incontrollati e incontrollabili.Qualcuno in Italia ancora insiste con il nucleare, «che tanto abbiamo le centrali nucleari a 200 chilometri dal confine», fingendo di dimenticare che più si è distanti dalle centrali minori sono i rischi. Sia in caso di incidente, sia nel corso del loro normale funzionamento. Averle a una distanza di centinaia di chilometri e per di più con le Alpi a parziale protezione non è la stessa cosa che avercele in casa. Una notizia poco nota è che l'Agenzia per la sicurezza francese ha affermato in un'audizione all'Assemblea nazionale che ritiene utile una pausa sul nucleare e che questa dovrà riguardare anzitutto il reattore Epr che si sta costruendo in Francia e che è lo stesso tipo di impianto che il Governo vorrebbe fare costruire in Italia. Quindi non è vero che gli incidenti nei nuovi reattori nucleari Epr non sono possibili, come

aveva affermato imprudentemente il professor Veronesi che ora, con una piroetta a 180 gradi, ammette che la sicurezza delle centrali è un problema su cui bisogna riflettere. Rubbia è stato lapidario sulle generazioni delle centrali, ha parlato di ‘cosmesi’, che non evita rischi anche per quelle più recenti. Per quanto raro l'incidente può accadere. Anche se poi tanto raro non è, visto che in Francia sono 750 all'anno, di cui il 10 % considerati seri. Poi ci sono le menzogne, il non detto. Troppe volte sui danni alle persone e all'ambiente non ci sono state indagini adeguate. È giunto il momento di pretendere verità sulle conseguenze del nucleare sulla salute, sull'ambiente, sull’ecosistema, compresa la catena alimentare. Occorre fare conoscere, per esempio, i dati di uno studio tedesco sui danni per la salute dei bambini che abitano vicino alle centrali, anche in mancanza di incidenti. Per non parlare dei costi di costruzione e dello smaltimento (irrisolto) delle scorie radioattive, come ha ammesso lo stesso Tremonti. Costi che vanno a scapito degli investimenti sulle rinnovabili e sul risparmio energetico. Per questo la moratoria non basta. Realizzare il quorum al referendum del 12/13 giugno, far vincere i Sì, è l'unica vera garanzia per chiudere definitivamente l’avventura nucleare in Italia.

Ricorso al Tar per l'accorpamento dei referendum alle amministrative

I ‘buoni’ vogliono rubarci l’acqua. Una lettera dal carcere

Le consultazioni referendarie su acqua, nucleare e legittimo impedimento sono state fissate dal Consiglio dei Ministri per i prossimi 12 e 13 giugno. La scelta di non accorpare i referendum con le elezioni amministrative è sembrata subito una mossa per danneggiare il raggiungimento del quorum, un atto non giustificabile e che costerà agli italiani 400 milioni di euro. Uno spreco intollerabile nel quadro di tagli indiscriminati ai servizi, alla scuola, alla cultura. Il Comitato Referendario 2 Sì per l'acqua bene comune si è rivolto quindi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con un ricorso urgente che chiede l'accorpamento con le amministrative. Lo ha preparato l'Associazione Nazionale dei Giuristi Democratici, che fa parte del Comitato Promotore. Il Comitato ritiene che il Governo abbia il dovere di scegliere la data che consente il maggior risparmio di risorse pubbliche. Inoltre, secondo il Comitato, nel fissare la data referendaria il Governo non può farsi condizionare da scelte politiche. È infatti suo dovere scegliere una data che faciliti ai cittadini l'esercizio del voto. C'è un precedente: i referendum sulla legge elettorale del 2009 vennero infatti accorpati al secondo turno delle elezioni amministrative. Non si capisce, se non con il desiderio di far fallire il quorum, per quale motivo oggi, con la crisi in atto, si mandino gli elettori a votare per ben tre volte nel giro di un mese. Posto che i referendum raggiungeranno il quorum con o senza accorpamento, vale la pena risparmiare molti molti milioni di euro. Il ricorso verrà discusso il prossimo 7 di aprile.

Un importante sostegno ai referendum sull'acqua anche dal carcere. Al comitato è arrivata una bellissima lettera da parte di chi, anche se privato della libertà, si batte per i diritti di tutt*. E sono decine le firme raccolte tra i detenuti a sostegno dell'acqua bene comune. Questo il testo: Ci siamo anche noi! Siamo i ‘cattivi’, che non perdono la speranza di essere migliori dei ‘buoni’ e che vogliono ancora fare parte del mondo, della società e della vita. Molti di noi hanno perso la libertà, alcuni per sempre, ma non la forza di lottare per i propri diritti e l’acqua per tutti è uno dei principali diritti dell’uomo. Anche i detenuti di tutte le carceri d’Italia sono contro la legge che prevede l’affidamento del servizio idrico pubblico a società di capitali. L’acqua non è una merce e siamo contrari che un bene prezioso come l’acqua possa essere gestito attraverso meccanismi di mercato. Per evitare che la prossima volta i ‘buoni’ tentino pure di privatizzare anche l’aria che respiriamo, molti detenuti si mobiliteranno tramite i loro parenti e amici per appoggiare il referendum per la sospensione della legge Ronchi, per impedire il processo in corso di privatizzazione dell’acqua. In attesa dello svolgimento del referendum, i detenuti si mobiliteranno nelle carceri per raccogliere firme per sostenere e appoggiare l’iniziativa di sottrarre il servizio idrico alle regole del mercato e della concorrenza. I detenuti e gli ergastolani di Spoleto

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giovani

Il nostro tempo è adesso! A Roma la manifestazione dei giovani per dire no alla precarietà

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chance all'altezza delle proprie competenze e ambizioni. Ci sono gli operatori dello spettacolo, quelli che lavorano nei call center, gli archeologi, i giornalisti precari, i giovani imprenditori. Spesso ragazzi talentuosi a cui vengono negate le occasioni e le opportunità a cui hanno diritto. Le questioni in ballo sono tante. I giovani chiedono il rispetto del diritto allo studio e del diritto alla casa. L'attuazione di politiche che prevedano redditi di sostegno e un welfare anche per chi ne è rimasto per troppo tempo escluso. Sentono di avere anche loro bisogno di realizzare la propria felicità affettiva. Oltre, ovviamente, a reclamare il diritto forse più importante di tutti: il diritto al lavoro. Quando si cancella un'intera generazione (e forse più d'una) dall'accesso al mondo del lavoro si producono in prospettiva danni incalcolabili sull'assetto sociale generale. Sembra oramai consegnata per sempre al ricordo quella mobilità sociale che ha finito per essere un grande motore della società moderna, un 'ascensore sociale' che per buona parte del '900 ha prodotto un'idea progressiva della storia, per cui ogni genitore consegnava al proprio figlio un ventaglio

di opportunità più ampio e qualitativamente migliore del proprio. Per tutto ciò l'Arci ha convintamente aderito all'appello e copromuoverà le manifestazioni di sabato. I comitati e i circoli dell'associazione sono già da tempo in contatto, luogo per luogo, con le organizzazioni studentesche, con quelle giovanili, con le sedi della Cgil, con i tanti collettivi di precari, per l'organizzazione delle varie iniziative locali, nelle grandi metropoli e nei piccoli centri. A Roma si annuncia una street parade che andrà da piazza della Repubblica fino al Colosseo: lungo il percorso ci saranno rappresentazioni e 'scene' delle situazioni emblematiche della precarietà. Info: uda@arci.it

ASSISI Tre giorni per la pace e la libertà, i diritti umani e la democrazia: si terrà dal 15 al 17 aprile il 29° seminario nazionale promosso dalla Tavola della Pace

Campi della legalità democratica Le proposte dell'Arci per il 2011 nche per il 2011 l'Arci promuove i campi della legalità democratica nelle terre confiscate alle mafie, esperienza che sta caratterizzando in modo significativo l'impegno dell'associazione sui temi dell'antimafia sociale con il coinvolgimento di un numero sempre più ampio di ragazze e ragazzi. Quest'anno l'iniziativa si arricchisce di nuove proposte: oltre ai 19 campi antimafia, sono stati attivati in sei regioni (Sicilia, Calabria, Puglia, Umbria, Toscana, Lombardia) 9 laboratori di formazione sui temi dell'antimafia sociale. Per il progetto LiberArci dalle spine si svolgeranno in Sicilia 12 campi nei terreni confiscati alla mafia e affidati alla cooperativa sociale Lavoro e non solo. In Calabria per il progetto Campi del sole, nelle terre confiscate alla 'ndrangheta e assegnate al consorzio Terre del Sole, la località prescelta è Melito Porto Salvo. Prende poi il via quest'anno il progetto I campi di Hiso, che si tiene in Puglia nei terreni confiscati alla Sacra Corona Unita e assegnati alla cooperativa Terre di Puglia - Libera Terra. Sul sito dell'Arci le schede di iscrizione.

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Per informazioni campidellalegalita@arci.it.

18 luglio / 1 agosto 3 / 12 agosto 17 / 31 agosto 2 / 16 settembre

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volontari) volontari) volontari) volontari)

8 / 22 settembre

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19 settembre / 3 ottobre 5 / 19 ottobre 21 / 31 ottobre

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Canicattì Corleone

CALABRIA - Campi del sole Melito - Riace 21 / 31 luglio 28 luglio / 6 agosto

(22 volontari) (22 volontari)

Di seguito l'elenco dei campi.

PUGLIA - I campi di Hiso

SICILIA - LiberArci dalle spine

Mesagne

Corleone 30 aprile / 7 maggio 3 / 12 giugno 15 / 29 giugno 1 / 15 luglio

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1/ 10 luglio 11 / 21 luglio 22 / 31 luglio 26 agosto / 4 settembre 5 / 14 settembre

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l 9 aprile è la volta dei giovani. In tutta Italia scenderanno in piazza per dire no alla precarietà che contraddistingue le vite di ciascuno/a di loro. Protesteranno con fantasia, in modo scanzonato e imprevedibile, ma seriamente decisi e determinati a non mollare, a non delegare a nessuno la scrittura del loro futuro. Un futuro che non può più aspettare, che deve essere scritto qui e ora, collettivamente e in controtendenza con il ‘si salvi chi può’ che fino ad oggi sembrava essere la ricetta individualista in tempi di crisi. È una manifestazione che coglie lo spirito dei tempi, quelli moderni, ma così lontani da quelli di Chaplin. Tutto ha preso le mosse dal comitato Il nostro tempo è adesso e dal manifesto redatto dai quattordici promotori. Tra loro ci sono realtà, associazioni e reti sociali che rappresentano buona parte degli universi che stanno pagando a più caro prezzo le trasformazioni dei rapporti e delle condizioni del mondo del lavoro. Trasformazioni acuite ancor di più dalla crisi di questi ultimi anni. Gli interinali, gli stagisti, i ricercatori precari e quelli che non ce la fanno più a rimanere in Italia e se ne vanno all'estero per avere una


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Evitato lo sgombero forzato a Messina, si lavora ora per la sistemazione provvisoria di tutte le famiglie rom l 1 aprile 2011 diventerà una data storica per Messina se l'Amministrazione comunale manterrà le promesse sia sulla sistemazione provvisoria di tutte le famiglie rom, sia sul percorso di autocostruzione con l'assegnazione definitiva di un alloggio a canone sociale. A differenza di altre città, si è evitato lo sgombero forzato. Per anni le Amministrazioni messinesi hanno evitato il problema campo rom, adottando al più misure assistenziali sino al 2 febbraio dell'anno scorso. L'intimazione dell'Autorità portuale di liberare l'area di villaggio Fatima ha indotto il Comune ad avviare la schedatura per poi procedere allo sgombero. L'Arci, insieme all'associazione Bahktalo Drom, ha allora promosso un Comitato di solidarietà

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PISTOIA L’8 aprile alle 17 presso la biblioteca San Giorgio verrà presentato il libro Storia del circolo La scintilla, che ripercorre le vicende che hanno visto protagonista il circolo di Agliana

alle famiglie rom del villaggio Fatima, a cui hanno aderito organizzazioni, associazioni e partiti della sinistra. Il Comitato ha promosso un appello sottoscritto da 3542 cittadini per fermare le ruspe e trovare soluzioni alternative. È stata rifiutata dal Questore la richiesta di rilasciare il permesso per motivi umanitari agli irregolari di nazionalità kossovara. Quindi, le assemblee fuori e dentro il campo e il ricorso al Tar contro lo sfratto esecutivo. Il Tar ha intimato di procedere con cautela data la presenza di minori. Per promuovere il dialogo con la città è stata organizzata l'iniziativa I rom nella città: iniziativa di interazione e riqualificazione urbana, per la sistemazione di aree degradate da parte dei rom, l'incontro con i bambini di Camaro e la festa con danze tradizionali a Contesse. Ma nessun quartiere si è reso disponibile ad accogliere le famiglie rom, mentre i grandi partiti sono rimasti zitti. All'annuncio dell'Amministrazione dell'utilizzo provvisorio ad uso abitativo da parte dei rom di tre scuole in disuso c'è stata la rivolta degli abitanti. Questo in una città in cui c'è emergenza abitativa, le casse comunali sono sempre prossime al tracollo ed è quasi impossibile avere infor-

mazioni sugli alloggi di proprietà pubblica e su quelli sequestrati alla mafia. Nonostante la scelta del Comune di non annunciare quali fossero gli immobili identificati, i residenti hanno bloccato l'ingresso alla scuola. Solo dopo molte ore, le famiglie rom sono potute entrare. Molti sono i nodi ancora da risolvere: primo fra tutti il destino delle famiglie presenti nella scuola che hanno potuto regolarizzare la propria posizione solo dopo la data ultima per la concessione della residenza nel campo. Persone che lì sono cresciute, sono state discriminate per un atto burocratico ed entro una settimana dovranno trovare una sistemazione. Per due famiglie con minori è già prevista l'assegnazione di un alloggio, alle stesse condizioni delle 6 famiglie trasferite dal 1° aprile al Villaggio Matteotti. Infatti, i requisiti previsti dal Comune per la concessione provvisoria di un alloggio comunale sono il possesso di un titolo di soggiorno, la residenza anagrafica al campo rom, la presenza di minori. Trovare una sistemazione provvisoria per tutte le altre famiglie è la prossima sfida insieme alla loro emancipazione sociale e lavorativa. Info: cordaro@arci.it

Notizie Brevi S-torture di Stato IMPERIA - Continua I cantori di storie, rassegna di teatro civile realizzata dal circolo Guernica e da Arci Solidarietà Angela Lipari per promuovere una cultura della solidarietà. Il 9 aprile ci sarà lo spettacolo S-torture di Stato, una riflessione sulle stragi di Stato in Italia, di e con Renato Donati. Tutte le rappresentazioni si tengono al Guernica in via Mazzini 15 e sono precedute da una cena sociale. L’ingresso è riservato ai soci Arci. Info: www.guernica.imperia.it

Appuntamento con Artincultura ROMA - Terzo appuntamento l’8 aprile per Artincultura, rassegna di Arci solidarietà, con la presentazione del libro Le 7 favole per imparare a sorridere di Tiziana Mignosa. A seguire, la regista Sveva Tondi con la compagnia teatrale Minestrone d’arte interpreterà una delle favole del libro, L’omino imbronciato. Inoltre, il maestro d’arte Mario Salvo inaugurerà la sua mostra di pittura, che rimarrà esposta nella sede di via Goito dal lunedì al venerdì (dalle 9.30 alle 17.30) fino a giovedì 28 aprile.

Info: solidarietalazio@arci.it

I martedì dei corti CARMAGNOLA (TO) - Si intitola I martedì dei corti la rassegna di cortometraggi, iniziata il 5 aprile, promossa dal circolo Margot e dall'Arcilife all'interno di quello che fu il cinema cittadino. Numerose le collaborazioni, dal Piemonte Movie al Torino Film Festival, dal Valsusa FilmFest al Moon FilmFest. Prossimo appuntamento il 19 aprile alle 21 con i corti del Torino Film Festival. Ingresso gratuito per i soci Arci. Info: www.circolomargot.com

Due spettacoli al Fuorirotta TREVIGLIO (BG) - In una serata doppio appuntamento: il 10 aprile alle 21, presso il circolo Arci Fuorirotta, la compagnia del Teatro Caverna presenta lo spettacolo teatrale La ballata del vecchio marinaio, di S. T. Coleridge, un grande classico della poesia romantica inglese; a seguire, L’uomo che piantava gli alberi, una storia narrata da un uomo che rimane anonimo per tutto il racconto (anche se è stato suggerito che si tratti del-

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l'autore stesso, Jean Giono). L’ingresso è gratuito per i soci Arci. Info: arci_fuorirotta@hotmail.it

Una scelta in attesa PALERMO - L’8 aprile alle 21.30 al circolo Malaussène si presenta lo spettacolo teatrale Una scelta in attesa con Elio Caccamo e Vincenzo Cantisano, tratto da Una vita nuova di Murray Schisgal. Un testo che ironizza sul rapporto di coppia, il femminismo, il mondo gay. Biglietto a 3 euro per i tesserati Arci. Info: www.associazionemalaussene.it

Musica con il Folkaurora AREZZO - Tornano gli appuntamenti musicali del Folkaurora, manifestazione che porta il nome del circolo Aurora, ormai da anni palcoscenico di riferimento nel panorama della world music nazionale. La sesta edizione, organizzata dal circolo in collaborazione con l'associazione culturale Musicanti del Piccolo Borgo, propone assaggi significativi e poliedrici del mondo musicale della tradizione aperti a nuove contemporaneità. Dopo il primo appuntamento con i Seta-

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moneta, gruppo di canto popolare toscano, la seconda serata, in programma per venerdì 8 aprile, ospiterà Paolo Sereno, tra i migliori chitarristi acustici italiani della nuova generazione. Info: www.arciarezzo.it

Quale senso L’AQUILA - Saranno attivati a partire dal 20 aprile i cinque laboratori artistici rivolti a ragazzi di età compresa tra i 15 ed i 35 anni, previsti all'interno del progetto Quale Senso, che vuole offrire ai ragazzi dell'Aquila una nuova possibilità di misurarsi in lavori e sperimentazioni culturali di vario genere. Promossi dal comitato territoriale, è possibile iscriversi fino al 15 aprile. Info: info@qualesenso.it

Festa della Rossa Primavera SAN GIOVANNI IN PERSICETO (BO) - Promossa dal circolo Accatà, dall’Anpi di Persiceto e dal presidio di Libera Terre d’acqua l’iniziativa Festa della Rossa Primavera, che si tiene il 9 aprile presso il circolo Arci. Si esibisce il Coro delle Mondine di Novi. Info: info@qualesenso.it


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A Reggio Emilia incontri, dibattiti e conferenze per le Giornate della laicità 2011

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vrebbero fare riferimento. Tra questi valori, la laicità è uno dei principi fondamentali che, causa note ragioni storiche, è sempre stato negletto, nonché oggetto di continua manomissione del suo significato profondo. La seconda sfida riguarda i temi di grande attualità che saranno affrontati, in modo trasversale, dai numerosi ospiti delle Giornate. Accanto a quelli di carattere generale (rapporti della laicità con la Costituzione, la politica, l'etica pubblica, il pluralismo e multiculturalismo, l'educazione) negli incontri saranno affrontate anche tematiche specifiche, come autodeterminazione e libertà di scelta contro infantilismo e minorità, fecondazione assistita, cellule staminali, biotestamento, coppie di fatto. Nel dibattito attuale su questi temi è di solito assente la loro dimensione costituzionale, nel senso che i valori di riferimento nel valutare i vari diritti negati ai cittadini italiani non sono quelli stabiliti con procedure democratiche dalla Carta costituzionale ma valori di tipo confessionale, da Stato etico. Negando così fondamentali principi quali il pluralismo delle concezioni etiche della vita e l'autodeterminazione del cittadino consapevole e respon-

sabile. Terza sfida: realizzare un evento con risorse finanziarie del tutto sproporzionate rispetto a quelle di eventi di approfondimento culturale analoghi. Tali eventi necessitano, infatti, d'importanti risorse intellettuali, professionali, umane e finanziarie. Ed è proprio su quest'ultimo aspetto che registriamo difficoltà enormi. Se queste sfide saranno vinte, le Giornate della laicità potranno diventare in pochi anni un appuntamento importante a livello nazionale, anche se esempi analoghi sembrano oggi assolutamente irraggiungibili. Il pubblico di riferimento delle Giornate è un pubblico definito curioso, forte lettore, assetato di cultura critica, che non ama conformismi e luoghi comuni. Info: www.arcire.it

MESSINA Presso il circolo Thomas Sankara l’8 aprile alle 17.30 Nuove lettere persiane: sguardi dall'Italia che cambia, uno degli incontri tra libri, scrittori e lettori per il progetto Spunti di vista. Interviene Farid Adly

notizieflash

rci, Iniziativa Laica e MicroMega organizzano a Reggio Emilia, dal 15 al 17 aprile, le Giornate della laicità 2011. Dopo lo straordinario successo di pubblico del ciclo d'incontri e di lezioni magistrali sulla laicità e il pensiero critico tenuto lo scorso anno presso le aule magne delle Università di Modena e Reggio Emilia e dell'Università di Parma, nuove sfide sono in programma per quest'anno. L'esperienza del 2010 - protagonisti intellettuali laici come Gustavo Zagrebelsky, Paolo Flores d'Arcais, Piergiorgio Odifreddi - ha dimostrato con chiarezza che esiste in Italia una forte 'domanda' di laicità e di pensiero critico, senza che vi sia una corrispondente 'offerta'. La sfida delle Giornate della laicità 2011 rispetto a quell'esperienza è molteplice. Da una parte gli organizzatori si propongono l'ambizioso obiettivo di creare un appuntamento annuale sul tema specifico del pensiero laico e dei suoi stretti legami con i valori fondamentali della Carta Costituzionale italiana. Valori, cioè, di laicità, pluralismo, diritti umani, libertà, autodeterminazione, razionalismo, costituzionalismo, democrazia, uguaglianza, socialità cui tutti gli italiani do-

Compie 10 anni Arci Una mostra e iniziative di raccolta fondi Servizio Civile Roma e sensibilizzazione dell’Arci Valle Susa Martedì 29 marzo Arci Servizio Civile Roma ha organizzato un evento pubblico per festeggiare i 10 anni di attività svolti nel servizio civile. In questo periodo circa 1000 volontari e 750 obiettori hanno fatto l'esperienza del servizio civile in 164 progetti su più di 100 sedi, nel Lazio e all'estero, con il supporto di 32 associazioni socie, tra cui Arci, Legambiente, Arciragazzi, Uisp. È stata ripercorsa questa avventura attraverso la visione di un video, elaborato da Francesca Paiella, la presentazione di un libro fotografico (a cura di Maria Teresa Bilotta) e di una mostra (a cura di Giuditta Martinicchio, tutte volontarie ed ex volontarie di SCN) , in cui si incontrano i volti, le espressioni, i pensieri dei volontari di ieri e di oggi. Hanno concluso la mattinata le testimonianze di due volontarie (Roberta Scarfì, collaboratrice ASC Roma per alcuni anni, e Antonella Perri, volontaria in SCN ed ex Alternaja) e una tavola rotonda con le riflessioni dei rappresentanti delle associazioni. Si sono toccati i temi dell'impegno concreto e locale del SCN degli enti nazionali quali ASC, del disimpegno delle istituzioni ad investire nelle politiche giovanili. Info: www.arciserviziocivileroma.net

Continua l'impegno di Arci Valle Susa per tenere vivo l'interesse e la partecipazione della comunità sul conflitto israelo-palestinese. Sabato 9 aprile ci sarà l'inaugurazione della mostra fotografica Over the wall, nata dalla volontà dei giovani che da questo territorio hanno partecipato, nel 2010, al campo di lavoro e conoscenza di Arcs nei territori palestinesi. La mostra, nelle parole dei ragazzi, parte da «Un muro che divide e che fomenta l'odio, una barriera che incarna la tirannia dei governanti, che impedisce a due popoli di potersi conoscere, un monumento alla vergogna che costringe persone

comuni a disprezzarsi giorno dopo giorno. Quello stesso muro, simbolicamente, diverrà una parete espositiva su cui prenderanno forma visi, occhi ed espressioni di persone comuni in situazioni comuni. Palestinesi ed israeliani assieme 'oltre il...muro'». L'esperienza del campo ha dato vita alla realizzazione di iniziative di informazione, sensibilizzazione e raccolta fondi. Si parte dal circolo Insieme - Casseta Popular di Grugliasco (To) e si prosegue a Ciriè (To), presso il circolo Soce, dove la mostra verrà inaugurata il 5 maggio e vi rimarrà sino al 26. Info: vallesusa@arci.it

La sentenza del Tribunale di Isernia Tre mesi di reclusione per il militante naziskin che il 13 gennaio 2008 accoltellò Celeste Caranci, presidente del circolo Arci di Isernia. Lo ha stabilito il Tribunale di Isernia, dopo che la difesa dell’imputato aveva chiesto il patteggiamento come primo atto all’apertura del dibattimento in aula. Si è riconosciuta, insomma, l’impossibilità di sostenere nel processo la tesi dell’ ‘eccesso in legittima difesa’; è stata smentita la tesi di chi ha

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provato a sostenere che si fosse in presenza di una banale lite del sabato sera sfociata in un atto violento, riducendo così un’aggressione con un coltello a scambio animato di opinioni, forse di natura politica. Così come non ha avuto spazio la tesi del giovane ‘emarginato’, avendo l’autore rivendicato da subito il gesto, senza mostrare segni di pentimento o presa d’atto della gravità dell’atto compiuto.


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Il terremoto ha cambiato la topografia della città, ma anche la mappa mentale degli aquilani distanza di due anni dal 6 aprile 2009, stanno emergendo tutti i problemi nella loro reale complessità. Il terremoto che ha colpito L’Aquila e distrutto la sua struttura urbanistica, la vita sociale, l’esistenza di ciascuno di noi, ci costringe a ripartire da zero, a ri-costruire in un contesto nazionale e internazionale difficile. L’ufficialità dei dati, il conteggio delle vite perse, le cifre sui costi della ricostruzione, i reportage raccontano solo in parte una realtà che di normale non ha più nulla. Forse solo la fiaccolata della commemorazione nella notte tra il 5 e il 6 aprile riesce, nel suo doloroso silenzio, a restituire il vero significato della tragedia. Alle 309 vittime, di cui 55 studenti, bisogna aggiungere tutti quelli che da quel 6 aprile non sono più qui o che vivono in condizioni di grande disagio: un calcolo che nessuno vuole certificare, ma che resta una ferita aperta in tante famiglie aquilane. I problemi sono quindi tanti, e tutti gravi: la ricostruzione che non parte, il lavoro, i centri storici abbandonati, le macerie, la mancanza di una gestione certa, lo scontro tra istituzioni. Su tutti però si eleva un dato che aumenta la problematicità: la divisione di una popolazione. Il terremoto ha cambiato la topografia della città, ma anche la mappa mentale di noi aquilani, con la separazione spaziale tra un prima e un dopo, tra un dentro ed un fuori, determinando un diverso modo di essere concittadini. Il terremoto ha inoltre indotto il bisogno collettivo di stare insieme, di condividere paure e speranze. E tuttavia in questi due anni si è venuto a creare un ‘dualismo’ esasperato tra realtà distinte: una cittadinanza attiva, definita dall’appartenenza a un corpo sociale o politico (i comitati, il popolo delle carriole, le associazioni, i soggetti delle istituzioni) e una cittadinanza passiva, che si è manifestata soltanto nella ricerca di risposte individuali all’emergenza e alla paura. Una cittadinanza definibile per sottrazione, che vive il disagio di non poter compiutamente reclamare i propri diritti perché sopraffatta dall’accusa di ingratitudine verso i ‘benefattori’. Questa doppia cittadinanza ha una sua ragion d’essere. In primo luogo l’impossibilità, da parte di ciascuno, di saper agire (reagire) al verificarsi di un’emergenza, l’incapacità di esprimere compiutamente il proprio diritto/dovere, di percepire l’ambito dei propri poteri, di autolegittimare la propria legalità. Smarriti vediamo il pericolo di non poter più recuperare (forse) l’unicità dell’appartenenza, di perdere la memoria della città e di una

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storia fatta di frequentazioni giornaliere, di luoghi e di diritti. Siamo diventati, nostro malgrado, abitanti di una non-città (o di un nonluogo), di uno spazio indefinito o volutamente non de-finito, che non consente ai suoi residenti l’identificazione in un progetto comune. Questo dualismo è evidente in tutte le vicende che riguardano la città, anche nella politica e nella governance istituzionale. Sono due anni che c’è un problema di spazio di autorità, anche oggi, anche dopo le dimissioni ritirate del sindaco. Autorità, quella del sindaco e del Consiglio comunale, che agiscono ‘in doppio’ e contemporaneamente con altre autorità: quelle legittimate dall’intervento straordinario e dal governo. Da qui una conflittualità continua tra il governo locale e il governo centrale, lo scambio di reciproche accuse di cui l’Aquila paga le conseguenze, ma di cui i cittadini sono corresponsabili perché incapaci di far fronte comune, di inchiodare le parti alle loro responsabilità. Il punto non è tanto la legittimità del potere attuale né le strategie del potere che verrà, il problema è più profondo e poggia sulle divisioni esistenti che, alimentate ad arte, sono finalizzate a separare i cittadini. Snidare chi le alimenta è oggi il nostro compito più arduo. Quel che preoccupa non è la divisione tra chi manifesta e chi resta silente, tra chi è tornato all’Aquila e chi è costretto a star fuori. Il problema è che pezzi di comunità, così come pezzi di società civile, dall’economia al volontariato, dall’università alla chiesa, si muovono separatamente, senza un’adeguata ‘cassetta degli attrezzi’ (anche normativa) per un progetto condiviso e non settoriale. Su L’Aquila poi c’è il business della ricostruzione che fa gola a tutti. Ma la città non può essere solo terra di operazioni straordinarie. A due anni dal terremoto c’è bisogno di interventi ordinari. Lo scenario inquietante di oggi è quello di una città diffusa su un territorio che non è attrezzato a ricevere una veloce occupazione (per i lavori di ristrutturazione) con la quale dovremo convivere per i prossimi anni. Inoltre il territorio occupato si è fatto ampio, difforme, la città è ovunque, perfino negli ex capannoni abbandonati dei nuclei industriali diventati poli culturali o sedi universitarie. Per pensare di sopravvivere normalmente dovremmo abituarci all’idea di vivere in un'unica grande città, dovremmo uscire dalle riserve e dalle liturgie simboliche della piazza per decidere insieme che non c’è solo una piazza ma ci sono tante piazze, tanti centri, senza un rapporto gerarchico di fun-

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zioni o compiti. Questa visione policentrica ci può servire per superare il vuoto dell’assenza della città storica. La sfida dunque sta nella presa di coscienza collettiva, nell’impegno diffuso di dare un senso allo sforzo di sopravvivenza, nel superamento della retorica delle radici e dell’identità nostalgica dei luoghi. L’aiuto che chiediamo a tutti, anche all’Arci, è quello di favorire la ricostruzione non di una città ma di un territorio e della sua comunità, trovando nuove forme di partecipazione che mettano al riparo i gruppi sociali più fragili, i lavoratori, i più deboli, dai nuovi servilismi e dalle vecchie e nuove speculazioni che arriveranno scevre di analisi costi/benefici. Cambiando in parte le regole del mercato. Info: basile@arci.it

Hanno collaborato a questo numero Carmine Basile, Raffaella Bolini, Livia Cantore, Amalia Chiovaro, Carmen Cordaro, Luca Faenzi, Alfiero Grandi, Filippo Miraglia, Andrea Morinelli, Pietro Pinna, Dario Pruiti Ciarello, Khalid Rawash, Adelio Rigamonti, Lorenzo Siviero, Silvia Stilli, Sandro Teti, Franco Uda In redazione Andreina Albano, Maria Ortensia Ferrara, Carlo Testini Direttore responsabile Emanuele Patti Direttore editoriale Paolo Beni Impaginazione e grafica Claudia Ranzani Progetto grafico Sectio - Roma Cristina Addonizio Editore Associazione Arci Redazione Roma, via dei Monti di Pietralata n.16 Registrazione Tribunale di Roma n. 13/2005 del 24 gennaio 2005

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CAROVANA INTERNAZIONALE ANTIMAFIE / Diari Ventisettesima tappa

TORINO, IVREA - 28 MARZO. La seconda tappa piemontese della carovana è stata densa e stimolante. Il racconto di Margherita Asta sulla sua storia di familiare vittima di mafia ha calamitato l'attenzione degli studenti e in modo naturale ha stimolato domande e riflessioni. É intervenuto anche il presidio studentesco di Libera, che ha sede proprio nella scuola e che ci ha raccontato l'esperienza del torrone prodotto con il miele raccolto su un terreno confiscato in Piemonte; l'esperienza è stata tanto importante quanto innovativa, al punto che l'iniziativa torinese Cioccolatò ha comprato nell'edizione scorsa il torrone prodotto dagli studenti. Dopo un incontro all'università di Palazzo Nuovo, la Carovana si è diretta verso Ivrea.

dei carovanieri. Prossima tappa Savona, e poi Genova. Già li vedo sfrecciare tra sopraelevate e gallerie verso il cuore della Liguria.

Ventinovesima tappa

SAVONA E GENOVA, 30 MARZO. Per Marco e Federico inizia un'ultima intensa giornata di viaggio a guida dei due furgoni di Carovana 2011. Il sole della Riviera dei fiori che ha accolto i carovanieri martedì sulla frontiera italofrancese è parzialmente velato da qualche nuvola capricciosa, quando gli studenti del Liceo classico Giuliano della Rovere di Savona incontrano in aula multimediale la Carovana e Giovanni Durante, presidente Arci Savona. Giovanni non ha trascurato di sottolineare tutti quei segnali preoccupanti che nella provincia di Savona, apparentemente la più 'calma' della Liguria, fanno presagire una escalation della presenza mafiosa: danneggiamenti a ditte del movimento terra, crescita delle licenze, aumento del fenomeno dell'usura. Come sempre dai ragazzi è emersa la volontà di impegno: impegno vero, stimolato da insegnanti molto sensibili che proprio qualche giorno prima avevano coinvolto molti di loro in una partecipata iniziativa delle memoria alla fortezza del Priamar con l'associazione culturale Don Peppe Diana, Libera e Nando dalla Chiesa. Lasciamo Savona a malincuore, perché le domande dei 75 studenti ci avevano stimolato a proseguire con loro altri ragionamenti, ma la Parini Merello impaziente ci aspetta e soprattutto ci attende il rischio di qualche ingorgo genovese.... Ore 12: l'arrivo a scuola è particolarmente forte e inusuale, luci spente, in auditorium, tante voci, e soprattutto 180 ragazzi di terza cantano a squarciagola Pensa la canzone di Fabrizio Moro. Ore 14: Istituto Majorana, 25 ragazzi del gruppo legalità ci incontrano per concludere un percorso di lavoro sulle mafie, intrapreso con Libera Liguria a ottobre. Ore 15: si riparte, la Maddalena ci attende! Il Patto di Sviluppo Locale della Maddalena accoglie Carovana Antimafie in un tripudio di musica (grazie all'Orchestra Bailam) e di bandiere. Diversi i momenti di

riflessione e memoria organizzati dai soggetti promotori e partners di Carovana per trattare di sicurezza sul lavoro, vittime di mafie, progetti di rete e immigrazione. Una manifestazione festosa nel cuore dei vicoli più bui e dimenticati, fra decine di saracinesche abbassate, spacciatori e prostitute. All'Arci Belleville, chiusura gastronomica ma anche condivisione di una giornata che per tanti resterà impressa nei cuori.

Trentesima tappa

MILANO - 31 MARZO. Piazzale Lotto, Piazzale Maciachini, Fiera Rho, questi tra i principali luoghi della Milano del caporalato, una Milano che spesso non si vede e non si vuole vedere; eppure in queste piazze al mattino presto gruppi di cittadini stranieri iniziano la loro trafila giornaliera tra caporali, lavoro in nero, assenza assoluta di diritti e nessuna garanzia di essere pagati. È questo Ventottesima tappa uno spaccato conosciuto e già denunciato altre volte VENTIMIGLIA, CAMPOROSSO, BORDIGHERA - 29 MARZO. Ha ma che la Carovana ha voluto raccontare essendo pretanti volti l'arrivo della Carovana nell'estremo Ponente sente. Ligure. Come tanti sono i modi in cui l'iniziativa dei caroChi si aspetta folle di lavoratori accalcati in uno di quevanieri ha cercato di sensibilizzare su un tema che presti piazzali ha sbagliato epoca. Una realtà squallida senta molteplici sfaccettature. Non è un caso se nel bel eppure così necessaria per questi cittadini stranieri che mezzo di un'iniziativa che voleva parlare di mafie riensi trovano in condizioni di estrema difficoltà e che come trino visi e storie che parlano di inclusione, di speranza, tutte le persone, hanno affitti da pagare, bollette da di cambiamento. E così, impaurito e speranzoso è il onorare, bocche da sfamare. volto degli immigrati tunisini che da giorni affollano la Quando si parla di diritti, spesso il rischio è quello che stazione di Ventimiglia nel vano tentativo di arrivare la nostra mente evochi immagini esotiche, spesso lonnella vicina Francia. Risaliti sui furgoni si viaggia verso tane, l'Africa senza acqua, l'India dei bambini abbanRoverino, periferia di Ventimiglia, dove la Spes Auser, donati, le miniere di diamanti. associazione da tempo attiva nell'assistenza ai diverPurtroppo è dentro la nostra civiltà, dentro la nostra samente abili, racconta il proprio lavoro quotidiano. Una presunzione di democrazia praticata e di diritti applicastoria di sensibilità e inclusione, di gesti umani e purti che il marcio dello sfruttamento, del ricatto, dell'uso troppo spesso dimenticati che racconta, ancora una bestiale di altri esseri umani si trasforma in una triste volta, come da semplici pratiche del genere si possa realtà. dare un grande contributo al cambiamento. Che fine Quanto prende un lavoratore ingaggiato da un caporafarebbero senza questi aiuti gli immigrati? Quasi singole? Quanto pagano di affitto a gli stessi caporali i ragazlare il fatto che la Carovana, nella sua tappa precedenzi ingaggiati? Di chi sono i cantieri su cui vanno a lavote, avesse toccato Bardonecchia, primo comune sciolrare e perchè non vi sono controlli che puniscano gli to per infiltrazioni mafiose al Nord, anno di grazia 1995. sfrutttatori? Sono domande la cui risposta non è difficiOra, 16 anni dopo la Carovana fa visita, nel pomerigle, eppure sembra che questo meccanismo di elargire gio, a Bordighera, secondo comune sciolto nemmeno lavoro, quasi come un favore, sia una tre settimane fa. Impossibile trovare normalità in alcuni ambiti e contesti situazione migliore per parlare di legadelle nostre città. lità e presenza mafiosa: l'importante La Carovana ha intervistato alcuni tavola rotonda ha visto una analisi teclavoratori e le storie erano simili, di nica e approfondita sull' 'istituto' dello matrice comune, omologati nella scioglimento comunale. stessa condizione. Il pomeriggio ha visto classi di giovaLa serata si è conclusa con un connissimi delle elementari confrontarsi certo nel circolo e molti ragazzi che con i carovanieri sui temi della legalità, hanno animato una piazza ancora del volto, dell'educazione civica, in troppo vuota e da poco rimessa a una realtà come Camporosso che nuovo per una probabile visita del rappresenta in Liguria una mosca Sindaco Letizia Moratti. bianca, per la sua adesione alla rete In contemporanea a Cusago, un altro civica Avviso Pubblico, e sempre pezzo della Carovana ha partecipato riesce a riunire giovani e giovanissimi a un incontro con magistrati e mondo in percorsi condivisi sui temi della delle associzioni. legalità. Si conclude in questo modo la tappa E la serata riprende dal circolo Arci milanese della Carovana e anche il Guernica, ad Imperia. Una cena della cambio dei carovanieri. Genova, 30 marzo. Una delle iniziative della Carovana antimafie legalità che rimetta benzina nel corpo Buon viaggio a tutti. n. 13

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