Arcireport n 13 2016

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arcireport

settimanale a cura dell’Arci | anno XIV | n. 13 | 7 aprile 2016 | www.arci.it | report@arci.it

Per combattere le mafie servono coerenza e convinzione. Noi lo facciamo, anche con i campi della legalità di Francesca Chiavacci Presidente nazionale Arci

Le mafie, in tutte le loro manifestazioni, non si possono combattere se le si accreditano nei salotti televisivi di più larga diffusione. Ciò che è accaduto nella puntata di Porta a Porta di mercoledì scorso è stato proprio questo: il servizio pubblico radiotelevisivo, dopo un pomeriggio di dichiarazioni di parenti di vittime di mafia, il pronunciamento del Presidente del Senato, il silenzio pesante del Presidente della Repubblica, ha perseguito lo stesso questa scelta scellerata, accettando la volontà del conduttore di declinare l’invito a rinunciare di sua sponte alla messa in onda dell’intervista al figlio di uno dei capi di Cosa Nostra. D’altro canto, non è la prima volta che accade e perciò è ancora più grave. Non molto tempo fa sulle poltrone di Bruno Vespa si accomodarono il figlio e la nipote del boss Vittorio Casamonica, i cui funerali show il 20 agosto a Roma indignarono il paese intero. La nostra associazione è impegnata nel movimento dell’antimafia sociale, e lo fa prima di tutto valorizzando la cultura come strumento per la costruzione di una società che rifiuti il pensiero che sta alla base dell’agire mafioso.

Per questo utilizzare una trasmissione pseudogiornalistica, la scusa della presentazione di un libro (che libro! E quanti libri non vengono presentati…) rappresenta per noi un colpo durissimo, proprio a partire dalla nostra concezione di lotta alle mafie. Sappiamo che questa battaglia non si è realizzata solo attraverso l’utilizzo degli strumenti della repressione e del rispetto delle leggi. Il contrasto alle mafie è fortemente legato alle battaglie progressiste, per una cultura della legalità e della giustizia sociale, per i diritti. La repressione senza una cultura della legalità democratica ha il fiato corto. Così come la ricerca della sola legalità formale, che non contempli una giustizia piena e una società più equa, è destinata a fallire o a rimanere un’espressione vuota. Le mafie costituiscono un sistema più ampio delle azioni criminali commesse dai propri componenti. Hanno in sé diverse dimensioni del consenso: una è più evidente (quella verso i settori più deboli della popolazione), l’altra è più nascosta, camaleontica, ed è quella che conta di più e conferisce più forza. Oggi, che le organizzazioni mafiose si sono ramificate

in tutta Italia e in buona parte del mondo, la mafia non è più solo una declinazione particolare della questione meridionale. È qualcosa che si inserisce e cresce nella profonda crisi morale, etica, che il nostro Paese attraversa in tanti comparti della società e che trova un humus fertile nella profonda crisi della nostra democrazia, della sempre più grande separazione tra cittadini e politica. Se è così, l’impegno della nostra Associazione non può che essere ancora più forte di sempre, anche nella ricostruzione di un forte movimento di antimafia sociale, parlando soprattutto con le generazioni più giovani, che in questa crisi profonda sono nate e cresciute. Incontriamo molti giovani e ragazze nei nostri circoli e tante e tanti sono quelli che dedicano parte delle loro vacanze a lavorare e a vivere un’esperienza nei beni confiscati che associazioni e cooperative gestiscono ormai in tutta Italia. Lo faremo anche nell’estate del 2016, e invece di guardare Porta a Porta studieremo per capire insieme le ragioni vere (politiche, economiche, sociali e culturali) e non quelle ‘romanzate’ della forza delle mafie nel nostro paese.


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