arcireport
settimanale a cura dell’Arci | anno XIII | n. 30 | 10 settembre 2015 | www.arci.it | report @arci.it in marcia. L’Arci, insieme a tante altre organizzazioni e a singoli cittadini e cittadine, ha aderito a quell’appello e parteciperà a tutte le iniziative che si terranno, con la certezza che questo può rappresentare un nuovo inizio per il movimento antirazzista italiano ed europeo, per le associazioni, le reti, i movimenti che si battono per la giustizia sociale, i diritti e l’uguaglianza. Abbiamo voluto in particolare dare visibilità a una piccola città, Pozzallo, in Sicilia, dove in questi anni sono approdate decine di migliaia di persone e dove il governo vuole aprire un hotspot, questi nuovi centri di detenzione dove i migranti andrebbero rinchiusi per essere identificati. Vogliamo che Pozzallo continui ad essere, per chi arriva in Europa in cerca di protezione, un luogo di approdo sicuro e non di umiliazione e repressione. Pensiamo sia sbagliato voler distinguere in modo del tutto arbitrario chi ha diritto a chiedere protezione e asilo da chi questo diritto non avrebbe e dunque andrebbe respinto, magari in zone di guerra, perché rifiuta l’identificazione allo scopo di aggirare gli obblighi del regolamento Dublino. Di fronte ai morti e alle tragedie internazionali di cui siamo testimoni far prevalere interessi di parte o conflitti di competenze sarebbe intollerabile. La Marcia delle donne e degli uomini scalzi precede di poche ore la giornata europea di solidarietà con i profughi. Il 12 settembre, infatti, manifestazioni con gli stessi contenuti di quelle italiane si terranno in moltissime città in tutta Europa, e anche fuori d’Europa. Le cittadine e i cittadini europei, quelli italiani stanno dimostrando di essere migliori di chi li governa e la voce dell’Europa dei diritti e della solidarietà, che già sembra aver modificato l’atteggiamento di alcuni governi europei, dovrà continuare a farsi sentire con le proprie proposte. Proprio da qui, dall’accoglienza può nascere una nuova Europa, l’Europa dei diritti, della solidarietà e della giustizia sociale.
Dall’accoglienza può nascere una nuova Europa di Filippo Miraglia vicepresidente nazionale Arci
Il dibattito europeo di fronte ai morti e alle migliaia di persone in marcia che chiedono protezione sembra aver cancellato, almeno nelle sedi istituzionali, molti dei problemi reali, quelli più rilevanti, che restano tutti aperti. 1. Come possono le persone in fuga rivolgersi agli stati per entrare in Europa? La creazione di canali sicuri e legali deve essere il primo punto di un’agenda di governo europea all’altezza della sfida che abbiamo davanti. 2. La ripartizione riguarda, se si considerano i numeri, solo le persone già arrivate e non si capisce in base a quale criterio alle frontiere sarà fatta la selezione. Inoltre, se l’Italia accetta la ripartizione proposta, deve impegnarsi alla registrazione di tutti. Il risultato potrebbe essere un aumento consistente delle domande d’asilo. 3. La disomogeneità del welfare europeo e degli standard d’accoglienza, fa sì che i profughi cerchino di arrivare dove le condizioni sono migliori. Se il nostro sistema d’accoglienza non cambia, il rischio è che con l’aumento delle domande d’asilo i profughi restino anche più di due
anni nei centri in attesa dell’audizione della commissione, con spreco di denaro, frustrazione dei trattenuti, tensioni con gli operatori e ingolfamento del sistema. Quindi, senza un sistema d’asilo europeo, in tanti Paesi, a partire dal nostro, la situazione può solo peggiorare. C’è poi la questione dei paesi individuati come ‘sicuri’ (circolano liste molto discutibili), di come concretamente superare Dublino, e altre, più o meno importanti (ad esempio la gestione della ricerca e salvataggio dei naufraghi, di cui oggi si fanno carico la marina e la guardia costiera, ma che necessiterebbe di un programma specifico). Intanto uomini, donne e bambini cercano di raggiungere l’Europa in cerca di un futuro. Un’umanità in fuga da guerre, persecuzioni e violenze che ha infranto il muro del nostro egoismo, ci impone di reagire e di metterci in cammino. Per queste ragioni l’11 settembre, raccogliendo l’appello di personalità, esponenti del mondo della cultura e dello spettacolo, in decine di città italiane, da Venezia a Pozzallo, da Milano a Palermo, migliaia di persone si metteranno