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d e l l ’ A r c i
anno IX - n. 31 13 settembre 2011
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Sviluppo, diritti sociali e democrazia
Riaprono le scuole tra tagli e proteste
+ Dopo il via libera del Senato, la manovra si avvia verso l'approvazione definitiva alla Camera. Con l'ennesimo voto di fiducia, visto che è il solo modo di sopravvivere per questa maggioranza ormai debolissima, divisa e screditata. Non hanno altra scelta che blindare il pacchetto così com'è, con le modifiche introdotte in extremis che ne aggravano l'effetto sui bilanci delle famiglie e sui redditi più bassi. Ma questa batosta non basterà a calmare la turbolenza e la voracità dei mercati, perché i conti non tornano e tutti lo sanno. L'Italia e il suo debito restano nell'occhio del ciclone e gli indici negativi di Milano svettano nel crollo delle borse della zona euro. Così negli ambienti del governo già si parla di una nuova manovra in autunno, destinata a produrre ulteriori costi sociali. Siamo vicini al punto di rottura: un disastroso corto circuito fra sviluppo economico, diritti sociali e democrazia. E' il fallimento del liberismo, come dimostrano le ultime vicende europee: i pesanti interventi pubblici per contrastare l'andamento dei mercati demoliscono nei fatti il principio liberista dell'autonomia delle politiche monetarie da quelle fiscali e sociali dei singoli stati. La realtà è che questa crisi c'entra ben poco con l'economia reale ed è frutto del ruolo distruttivo della finanziarizzazione dell'economia. La finanza non è più uno strumento dell'economia produttiva ma il vero potere occulto, in balia di speculatori che coperti dall'anonimato decidono quali economie salvare e quali affondare e attaccano la stessa sovranità degli stati. L'unica vera autorità europea è ormai la Bce, i governi non hanno la forza di opporsi ai poteri finanziari e preferiscono scaricare i costi della crisi sui più deboli anziché cercare l'alternativa di uno sviluppo mirato ai beni pubblici e sociali, alla qualità e alla sostenibilità delle attività produttive. In Italia tutto questo è reso ancor più grave dalla volontà del governo di usare la crisi come pretesto per normalizzare per legge le relazioni sociali e sindacali. L'articolo 8 è la prova di un disegno autoritario che insieme ai diritti sociali sta demolendo anche i principi della nostra Costituzione. Mobilitarsi per cancellarlo è un dovere non solo del sindacato, ma di tutte le forze politiche e sociali che avvertono la gravità della questione democratica apertasi nel paese e intendono provare a costruire, con la fine del ventennio berlusconiano, una prospettiva di reale cambiamento.
iniziato ieri, per 4 milioni di alunni di 12 regioni, il nuovo anno scolastico. Nei giorni successivi toccherà alle altre regioni. Ma insegnanti, alunni e genitori troveranno scuole ancora più povere e l'anno scolastico inizia tra le proteste. Nei giorni scorsi il governo ha trasmesso alla Camera lo schema di direttiva ministeriale che finanzia l’autonomia scolastica, con un taglio del 38 per cento sui fondi che arriveranno alle scuole. Questo significa che in futuro le famiglie dovranno pagarsi quella miriade di attività e servizi previsti dalle istituzioni scolastiche: dal servizio pre e post-scuola, che consente ai genitori che lavorano di accompagnare in anticipo e prelevare in ritardo gli alunni delle materne e delle elementari, alle attività di recupero per gli alunni in difficoltà, a quelle di sostegno per i disabili. Questi stessi fondi sono anche usati per il potenziamento della lingua straniera, le
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PACE I PAGINA 2 La Marcia per la Pace compie 50 anni
gite scolastiche, le attività teatrali e di cineforum e per quelle alternative alla Religione cattolica. Per la prima volta il budget che dà un senso alla tanto sbandierata ‘autonomia scolastica’ scende al di sotto dei 100 milioni e prevede per il 2011 poco meno di 79 milioni. In 10 anni il finanziamento è stato decurtato del 71 per cento, andando pesantemente a incidere sul budget per l’aggiornamento degli insegnanti e sul Piano dell’offerta formativa (Pof), introdotto per adattare l’offerta alle esigenze del territorio in cui è inserita la singola scuola. Con i trasferimenti statali ridotti all'osso, i presidi sono costretti a rivolgersi ai genitori. Una prassi ‘odiosa’ secondo la stessa Gelmini, che della situazione è la principale responsabile. E guardando i bilanci di previsione delle scuole si scopre che in molti casi i finanziamenti dello stato saranno inferiori ai contributi ‘volontari’ dei genitori.
L’ITALIA SONO ANCH’IO I PAGINA 3 L’editore Carlo Feltrinelli spiega perché sostiene la Campagna