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d e l l ’ A r c i

anno IX - n. 34 4 ottobre 2011

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Imprenditori in politica. O antipolitica? Con buona pace di un governo ancora in sella solo grazie ai molti deputati timorosi di perdere il posto in caso di elezioni, la borghesia imprenditoriale italiana ha deciso che questa destra non serve più. Scarica Berlusconi ma boccia senza appello anche l'intera classe politica, e non fa mistero di voler assumere in prima persona l'iniziativa. Dal ‘manifesto delle imprese’ di Emma Marcegaglia alla fondazione ‘Italia futura’ di Montezemolo, agli appelli di Profumo e Della Valle, le cronache danno conto di un inedito attivismo politico di industriali e banchieri. Per i nuovi imprenditori la politica non è più compito esclusivo della mediazione dei partiti ma strumento della strategia di mercato da gestire in proprio nella dimensione del partito azienda in cui il denaro serve a vincere le elezioni e il potere politico allo sviluppo dell'impresa. Potremmo obiettare che oggi il capitalismo italiano prende le distanze dal populismo berlusconiano e ne denuncia l'immoralità dopo avervi felicemente coabitato per anni, ammaliato dalle promesse del grande imbonitore. Rivendica la guida del Paese per una borghesia liberale che abbia il coraggio delle scelte, ma veramente liberale non lo è mai stata e non ha mai disdegnato un rapporto ambiguo con la politica fatto di favori e rendite di posizione. La situazione è seria, sul piano economico, sociale, culturale, istituzionale. La vera casta non sono i partiti, ma chi si è arricchito speculando sulla pelle dei cittadini e delle imprese oneste. Non sarà la rivolta degli imprenditori contro i politici a risolvere i problemi del Paese, né si può pensare che basti affidarsi ad un altro ricco manager di successo un po' più presentabile per uscire dal pantano. Cambiare la politica è un'urgenza di tutti e anche il mondo delle imprese può fare la sua parte, purché non ceda a tentazioni populiste per rifondarla sui propri interessi. Per essere parte della soluzione bisogna intanto ammettere di essere parte del problema, riconoscere gli errori fatti, anzitutto quello di aver consentito al mercato di invadere lo spazio pubblico. L'alternativa che può portarci fuori dalla crisi deve contenere una nuova idea di economia e di società, e richiede una cesura netta con le scelte neoliberiste, con la finanza speculativa, con un modello di sviluppo che divora l'ambiente e produce ingiustizia sociale. Si può fare, col concorso di tutte le forze realmente disponibili, nel mondo della cultura, del lavoro e delle imprese.

Siamo tutti italiani

a campagna L'Italia sono anch'io è finalmente approdata sul territorio. Ed è stato un successo. Le file davanti ai banchetti, i tanti amministratori che hanno firmato, le centinaia di volontari testimoniano che il messaggio è passato. Quello che potremmo considerare un referendum, per quanto parziale, su una ipotesi di società aperta costruita intorno all'art.3 della Costituzione, se proposto con gli argomenti giusti può dare risultati inattesi. Basta pensare a quanto è successo dall'inizio dell'anno alle nostre frontiere - più di 1500 morti nel tentativo di raggiungere Lampedusa, maltrattamenti e ingiustizie subite da persone bisognose di protezione e accoglienza, l'uso strumentale del tema immigrazione - per capire come le scelte che riguardano la vita di tanti esseri umani e la qualità della nostra democrazia dipendono anche da come questo tema viene affrontato nel dibattito pubblico, a livello

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INTERNAZIONALI I PAGINA 3 10 anni di occupazione in Afghanistan: un documento del CISDA

nazionale e territoriale. La nostra forza sta infatti nella capacità di aprire un dibattito diffuso su proposte che rappresentino un'alternativa possibile. È dal territorio, dal nostro radicamento sociale che dobbiamo partire per costruire legami sociali e relazioni tra eguali. La giornata del primo ottobre ci dice che dobbiamo proseguire su questa strada. Tante organizzazioni e istituzioni hanno aderito, ben oltre le 19 promotrici. Anche i partiti dello schieramento democratico hanno colto la rilevanza di questa iniziativa. Adesso dobbiamo fare un passo avanti, investendo direttamente la nostra base sociale, i circoli e le associazioni dei migranti, insieme per far crescere quell'Italia che può indicare una via d'uscita alla crisi attraverso il consolidamento delle reti sociali, della partecipazione e dei principi costituzionali.

IN CIRCOLO I PAGINA 9 a Viterbo la IV edizione del Festival Storie di lavoro


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