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d e l l ’ A r c i

anno IX - n. 37 25 ottobre 2011

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L'Europa, il Governo, il Paese che reagisce + La figuraccia rimediata a Bruxelles la dice lunga sulla credibilità internazionale di Silvio Berlusconi e del suo governo, ma purtroppo anche di tutto il nostro Paese. Ci sarebbe molto da discutere sulle ricette con cui le potenze europee affrontano la crisi del debito; sull'errore di riproporre strumenti finanziari che sono stati la causa della crisi; sul fallimento di un'Europa costruita unicamente sulla moneta unica; sulla necessità di realizzare pienamente la dimensione politica dell'Unione. L'Italia di Altiero Spinelli potrebbe fornire un contributo importante a questo dibattito, ma il nostro governo non ha certo l'autorevolezza per farlo, deriso nel ruolo dello scolaro che non ha fatto i compiti e cerca di bluffare per cavarsela. Molti si chiedono come sia possibile che gli italiani non riescano a liberarsi di un governo ormai sfiduciato non solo dalle opposizioni, da tutte le forze sociali e dalla protesta di piazza ma anche da molti esponenti della sua stessa maggioranza. È un'anomalia che si spiega solo con la profonda degenerazione del sistema politico italiano: la deriva autoritaria che ha stravolto il principio costituzionale per cui la volontà popolare si esprime attraverso le assemblee elettive e la relazione costante fra istituzioni e corpi intermedi della società; l'affermarsi di un'idea del potere che erige a modello l'uso privato delle istituzioni; la sfiducia e il disimpegno in cui prolifera l'antipolitica. Per fortuna c'è un Paese migliore di come lo rappresentano i suoi governanti, che resiste e si impegna per ricostruire. È quello dei lavoratori e degli imprenditori che si interrogano sulle scelte da fare per uno sviluppo duraturo e sostenibile dell'economia. È quello di studenti, insegnanti e ricercatori che fanno funzionare scuola e università nonostante il vuoto di politiche pubbliche. È quello dell'associazionismo che si carica sulle spalle pezzi interi di welfare e prova a ricostruire le reti di solidarietà smantellate dall'individualismo. È quello della partecipazione democratica che riempie le piazze di cittadini e lavoratori indignati. Sono in campo nuovi movimenti che non solo danno voce alla protesta ma vogliono cimentarsi sul terreno della proposta. Uniscono soggetti sociali e culture diverse, sono un segno di vitalità e di reazione del Paese. È lì che partiti, forze sociali e istituzioni possono trovare le migliori energie da spendere nella costruzione di un progetto credibile di cambiamento.

In Tunisia una grande prova di partecipazione democratica

Tunisi: code ai seggi per l’elezione dell’Assemblea Costituente a più grande vittoria della neonata democrazia tunisina (il paese tornava al voto dopo 23 anni di regime) è l’enorme affluenza: circa il 90% degli aventi diritto si è presentato alle urne per scegliere i 217 membri dell’Assemblea Costituente, che nominerà il governo ad interim, redigerà la nuova costituzione e preparerà le elezioni parlamentari e presidenziali. È una giornata storica per il Paese che ha dato il via alle rivolte arabe. Eppure a vincere sarà il partito islamista che a quelle rivolte non ha partecipato. A scrutinio ancora in corso En-nahda può contare sul 30% delle preferenze, che potrebbero crescere fino al 40%. Il commento a caldo del responsabile della campagna elettorale del partito è stata la promessa che nella Costituente lavoreranno per «un'alleanza stabile con tutte le forze patriottiche». Alleanza che potrebbe esse-

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PACE I PAGINA 3 Trent’anni fa nasceva il nuovo pacifismo italiano. Un articolo di Luciana Castellina

re raggiunta con candidati eletti nelle liste satellite che potranno rafforzare la componente islamista. Certo En-nahda dovrà fare i conti con una opposizione laica e progressista, che da giorni ha annunciato l'intenzione di allearsi nella Costituente. Del resto è l'unica possibilità che resta per porre rimedio alla frantumazione determinata dalla presentazione al voto in ordine sparso. La segretaria generale del Partito democratico progressista ha ammesso subito la sconfitta della sua formazione, che secondo i sondaggi veniva data in seconda posizione a ridosso di En-nahda. Così non è andata. Anche il Polo democratico modernista che negli ultimi giorni sembrava in rimonta ha invece ammesso che il magro risultato è in gran parte l'effetto della divisione delle forze democratiche. continua a pagina 2

CULTURA I PAGINA 6 Un articolo di Marino Canzoneri sul seminario della Ligue de l’ensegneiment


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