2002_dicembre

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AMANI Amani significa Pace in Kiswahili. È una lettera di padre Kizito agli amici e un foglio di collegamento di Amani. Anno II, n 3, dicembre 2002 - Spedizione in A.P. - Art. 2 comma 20/C legge 662/96 - Milano

capire e denunciare chi li alimenta, che sia per meschini interessi economici, per desiderio di potere e magari di egemonia religiosa, o per programmi di controllo geopolitico. Ma dobbiamo anche ricostruire. Non basta denunciare il male, bisogna fare il bene. Siamo portatori di un messaggio pieno di speranza: "beati voi…". E la speranza non è una fuga, ma un impegno. Non è un rinviare tutto ad un vago domani, ma un rimboccarsi le maniche e cominciare a trasformare l'oggi. Anche a trasformare noi stessi da meno umani a più umani, da meno cristiani a più cristiani.

Lettera di Padre Kizito agli amici. Nairobi, 10 novembre 2002 Carissimi, Da quel giorno in cui gli angeli sopra la grotta di Betlemme cantarono le parole che tutti conosciamo “Pace in terra agli uomini di buona volontà”, Pace e Natale sono inscindibili nella coscienza di tutti coloro che vengono da un'esperienza o anche solo da una cultura cristiana. In Africa ci sono focolai di guerra e violenza. Dobbiamo

Kivuli, foto di Tadej Znidarcic 1


Come Amani e Koinonia siamo coinvolti nella storia dei Nuba. Oggi i Nuba, dopo tanti anni di guerra, hanno finalmente una speranza di pace. Per il prossimo 29 novembre hanno convocato un'assemblea di rappresentanti di tutti i Nuba, sia dalle zone controllate dal governo che dal movimento di liberazione, dai campi profughi situati nei paesi confinanti con il Sudan, che dai paesi dove vi sono comunità consistenti della diaspora Nuba, cioè Gran Bretagna, Olanda, Stati Uniti e Australia. Insieme, fino al 4 dicembre, parleranno di come ritornare ad una pace giusta che permetta a tutti i Nuba di essere rispettati come persone, che concretamente vuol dire avere il diritto di accedere all’istruzione, alla sanità, all’acqua pulita e alla possibilità di uno sviluppo integrale. Anche se sono un po' stanco, ho deciso di non rifiutare l'insistente invito di tanti amici Nuba, e sarò con loro. Ci andrò con qualche rappresentante di Koinonia, ma porteremo idealmente tutti voi. Parleremo all'assemblea dell'esperienza educativa che abbiamo potuto incominciare e continuare col vostro aiuto, dei bambini Nuba che adesso guardano al futuro con più speranza, dei maestri che pensano alla pace e alla ricostruzione possibile. Non dimenticheremo di ringraziarli per averci ispirato con la loro dignità. Per averci donato dei catechisti, che di fronte alla possibilità di essere perseguitati e uccisi perchè cristiani, hanno risposto con un sorriso. Per Musa Arat, un catechista, che, alla notizia di essere scampato da un’irruzione di miliziani governativi, venuti per imprigionarlo e magari ucciderlo, nella sua capanna, avvenuta mentre lui era per caso andato a visitare alcuni amici cristiani a qualche giorno di cammino, aveva solo commentato: "il Signore vuole che lavori ancora per lui". E aveva continuato tranquillamente, finché lo scorso anno, ormai molto anziano, è andato all'incontro col Signore proprio nella nostra Koinonia di Nairobi, dove era venuto per un po' di cura e di riposo.

mente davano un po’ fastidio, deve essere stata un'idea del Padre... Buon Natale! Kizito

La Pace è la via. di Tiziano Terzani TizianoTerzani ha scritto questo articolo come introduzione al Calendario 2003 di Amani, intitolato “NO WAR” con immagini di Robert Capa, all’interno del quale questo testo è stato integralmente pubblicato. Troverete informazioni su questo progetto di comunicazione di Amani nella sezione delle “Iniziative”. La pubblicazione dell’articolo è stata possibile grazie al permesso dell’autore (n.d.r.). Arrivai in Vietnam, da giornalista, all’inizio di Aprile del 1972. Nella prima pagina di un quaderno a quadretti in cui cominciai a tenere un diario scrissi: “La guerra è una cosa triste, ma ancora più triste è che ci si fa l’abitudine. Il primo morto quando l'ho visto, stamani, rovesciato sull’argine di un campo con le braccia aperte, le mani magrissime piene di fango e la faccia gialla, di cera, con gli occhi vuoti a guardare il cielo, m’ha paralizzato. Gli altri, dopo, li ho semplicemente contati, come delle cose di cui bisogna, per mestiere, registrare la quantità”. Da allora son passati trent’anni nel corso dei quali ho perso il conto dei morti che, per mestiere, ho dovuto contare, ma alla guerra non ci ho fatto l’abitudine. Anzi, mai come ora, la guerra mi pare l’espressione più rivoltante, più avvilente, più stupida dell’ingegno umano. Possiamo fingere di non saperlo, fingere di non capirlo, ma l’uomo, avendo nel corso dell’ultimo secolo raffinato progressivamente i mezzi intesi a distruggere i suoi simili e la natura, è oggi in grado di eliminare sé stesso ed il mondo che lo sostiene. La ormai facile disponibilità delle armi atomiche, chimiche e batteriologiche ha reso la guerra una opzione inaccettabile nella risoluzione dei conflitti. Eppure molti di noi, sempre più rintontiti dalla massa di informazioni che disinformano, e moralmente sempre più assordati dal fragore della banalità, continuano

Dicevo infine che sono ancora un po' affaticato dal viaggio che lo scorso ottobre mi ha portato da Belluno a Torino, Milano, Taranto, Cagliari, Napoli, Caserta, Pavia, Jesi, Cesenatico, Brescia, Verona e in tanti altri posti dove ho sperimentato come sempre la vostra calda amicizia e il vostro impegno per continuare insieme i nostri progetti a fianco dei poveri. “Senza mai servirci di loro”, come ammoniva don Lorenzo Milani. Senza neanche volerci sostituire a loro, senza pretendere di essere la loro voce (come se loro non sapessero parlare!), ma semplicemente al loro fianco, fratelli e sorelle, amici e amiche, nello spirito del Natale, di quel bambino che è venuto a vivere come uno di noi, senza far chiasso. A pensarci bene gli angeli che cantavano, a lui probabil2


Kivuli, foto di Tadej Znidarcic riali, è ormai completamente dominata dalla violenza. Non ce ne accorgiamo, ma siamo circondati, imbevuti di violenza. Guidiamo con violenza, relazioniamo, parliamo con violenza. Siamo dipendenti dalla violenza come da una droga e, come una droga, la violenza ci distrugge. La competizione economica cui siamo costretti tarpa la nostra anima; la violenza con cui ci intrattiene l’industria del divertimento, dalla televisione allo sport, azzera la nostra sensibilità. Ci consoliamo dicendo che è sempre stato così, che tutta la natura è violenza e che la vita si nutre necessariamente di altra vita. Una volta un discepolo, partendo dalla constatazione che gli animali uccidono altri animali, andò da Buddha a chiedergli che cosa era lecito che l’uomo uccidesse e quello gli rispose: “L’unica cosa da uccidere è la nostra voglia di uccidere”. Lo hanno detto da sempre tutte le religioni: “Non uccidere”. Chiaro, semplice: “Non uccidere”. Eppure da sempre ci son stati gli esegeti, di solito dei religiosi, che hanno introdotto convenienti eccezioni del tipo: “Uccidi pure quelli diversi da te, quelli con una diversa uniforme, un diverso pensiero, un diverso colore della bandiera o della pelle”. In origine l’uomo mangiava i suoi nemici pensando di

ad illudersi che possa ancora esserci una guerra giusta, una per giunta che, grazie alla nostra superiorità tecnologica, riusciremo comunque a vincere. No. Non è più così. Per questo l’orrore dell’11 settembre con quel che è seguito ed ancor più quel che seguirà, è una buona occasione per riflettere, per prendere coscienza, per cambiare il modo di guardare a noi stessi e a noi nell’universo. Se vogliamo sopravvivere come specie non abbiamo altra scelta che quella di rifiutare la guerra e cominciare a mettere le basi per una vera pace. È una speranza, ma rinunciare a questa speranza equivarrebbe ora a rinunciare alla nostra umanità. Non abbiamo altra scelta: la sola via è quella della non-violenza, della reciproca comprensione. La pace è la via. Non la pace come un instabile intervallo fra le guerre, ma la pace come permanente conquista di un nuovo modo di stare al mondo. Esternamente dovremo stabilire nuove regole di convivenza internazionale, creare nuove istituzioni, avviare il processo di disarmo generale, ma tutto questo non servirà a nulla se internamente non cambieremo noi stessi. Perché è dentro di noi che sono i semi di tutta quella violenza che periodicamente esplodono nelle guerre. Quei semi oggi sono in un terreno fertilissimo perché la nostra vita, tutta fondata nella materia, con aspirazioni tutte mate3


Kivuli, foto di Tadej Znidarcic impossessarsi così della loro forza. Lo vidi ancora fare trent’anni fa in Indocina dove i soldati del governo cambogiano si cuocevano a volte il fegato dei guerriglieri comunisti pensando di prenderne il potere. A noi occidentali pare di essere civili, ma non facciamo qualcosa di simile usando oggi ogni sorta di violenza per impossessarci del potere di quelli che definiamo i nostri nemici? Quello della pace è un cammino lunghissimo, ma come ogni cammino di diecimila leghe comincia con un primo passo. Ognuno di noi deve fare quel passo da solo perché è innanzitutto un passo di consapevolezza. Le occasioni possono essere le più varie: una violenza subita, la vista di una sofferenza altrui, la notizia d’un massacro lontano fatto anche in nostro nome, l’orrore raccontato di una guerra. Le foto di Robert Capa sono una occasione così. Quella che lui descrive - nonostante i suoi milioni di morti, le città rase al suolo, l’uomo disumanizzato - è già una guerra antichissima. La guerra in corso oggi e di cui siamo giá autori e vittime domani presto diventerá una guerra ancora più orribile, più bestiale, nonostante la sua sofisticazione tecnologica. Allora che fare? Semplice: cominciamo a fare la pace con noi stessi riportando un pó di serenitá nella nostra vita quotidiana. Possiamo imparare a ridere di più, a togliere violenza dal modo con cui guidiamo, dal modo con cui mangiamo (forse anche da quel che mangiamo), dal modo con cui ci divertiamo. Questa pratica della pace finirà per farci provare la pace e per renderci più ovvia la comprensione del “diverso”, più naturale il dialogo col “nemico”. Allora ci accorgeremo che non ci sono “nemici”, che non c’è un

Male assoluto da eliminare per il trionfo del Bene. Ognuno è anche l’altro, come ognuno di noi è dentro anche un possibile assassino, un ladro, un bugiardo. “Un uomo finisce per diventare quel che pensa di essere”, diceva Gandhi. Bene: cominciamo allora a pensarci uomini e non bestie e forse, lentamente, diventeremo davvero esempi di una bella umanità sempre più in odore di divino.

Il progetto: I proventi della vendita del Calendario 2003 sono destinati a due progetti di Amani in Kenya: Amani People Theatre e Africa Peace Point. Amani People Theatre è una compagnia di giovani attori che si prefigge la soluzione di contrasti tra persone attraverso la drammaturgia e Africa Peace Point è una organizzazione che ha lo scopo di diffondere una cultura di pace nelle comunità locali africane attraverso iniziative di riconciliazione, forum e progetti di prevenzione di conflitti.

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I semi che andarono perduti ai margini della terra dei sogni.

Monti Nuba per una settimana per esprimere solidarietà ai propri concittadini e condividere con loro le sue speranze e la sua esperienza di emigrante. “La vita negli Stati Uniti non è la stessa che si vive in Sudan”. Ci dice Angelo “Ci sono alcune cose sicuramente buone come il rispetto dei diritti umani, sistematicamente violati invece in Sudan. L’America è sicuramente la terra delle opportunità, ma bisogna lavorare duramente per mantenersi queste stesse opportunità”. Ci sono molti nuba in America che hanno costituito un’associazione chiamata “Nuba International Association” (NIA); Nia significa “volontà” in arabo. Questa associazione è stata registrata e riconosciuta il 1° settembre come organizzazione senza scopo di lucro, dal governo degli Stati Uniti. La sua sede è a Washington D.C. NIA, della quale Angelo è vice-segretario, ha 18 membri e ha l’obiettivo di far conoscere la cultura nuba alla società civile americana. Angelo, poi, ha continuato: “Noi, i Sudanesi ed i nuba in America, siamo i semi del futuro che produrranno progresso e prosperità. Ecco perché abbiamo sentito il dovere di far rivivere la nostra identità”. Angelo pensa di continuare a vivere negli Stati Uniti, ma dice che tornerà spesso a lavorare sui Monti Nuba. Angelo, prima di terminare ci lascia con un consiglio per coloro che pensano di emigrare: “Se ve ne andrete dal vostro paese per emigrare in Occidente ricordatevi però che lì la vita non è facile solo perché siete in un paese sviluppato. Lottare per i propri ideali, impegnarsi duramente e non lasciarsi abbattere sono comunque le chiavi del successo: si deve sapere con chiarezza la meta che si vuol raggiungere, quando si sogna il proprio futuro”.

di Stephen Amin Stephen Amin è un nuba ed è il responsabile di Koinonia per i progetti sui Monti Nuba. Stephen inoltre cura la redazione e la distribuzione del “The Blowing Horn”, il periodico di Koinonia Nuba, da cui è tratto questo articolo. Riportiamo inoltre una lettera alla redazione del periodico sopracitato e una poesia scritta da un nuba, anch’esse molto interessanti, secondo noi, perché riportano la centralità del problema educativo e di identità culturale per il popolo nuba. Speriamo sia gradita agli amici di Amani questa collaborazione diretta con “The Blowing Horn”, utile a noi per avere un contatto diretto con la realtà locale e utile anche a “The Blowing Horn” per suonare più forte e farsi sentire al di fuori dei confini africani (n.d.r.). Sembra esserci una contraddizione tra quello che molti media hanno riportato finora sui ragazzi perduti del Sudan e quello che è la realtà nel cuore di questi semi di un futuro Sudan. Generalmente i media preferiscono riferire che i cosiddetti ragazzi perduti, dopo il trasferimento negli Stati Uniti, non torneranno mai alla loro terra natale. In realtà molti di loro erano addolorati di dover andare negli USA o negli altri Paesi Occidentali, ed hanno ancora nel cuore la loro amata terra. “I così detti ragazzi perduti sentono ancora una forte nostalgia”, dice Musa Angelo, un giovane nuba che ha abbandonato il Sudan per gli USA nel 1994. In un’intervista con “The Blowing Horn”, Musa Angelo ha raccontato la sua esperienza negli Stati Uniti. Parlando con una cadenza mista africana ed americana, Angelo ci è sembrato ormai inserito nella società statunitense, per il buon accento acquisito e, anche, per i suoi nuovi documenti. Ma Angelo al di là di queste apparenze rimane un nuba: il suo cuore soffre per la guerra che si sta svolgendo sui Monti Nuba, e la sua speranza risiede nel sogno dei nuba, che è lontano migliaia di miglia dal sogno americano. “Vivo nello stato di Portland, sulla costa del Pacifico” ha detto a “The Blowing Horn”, “divido la vita di tutti i giorni con i cittadini americani, ma il mio cuore è con il mio popolo, il popolo nuba”. Quando aveva 16 anni, Angelo lasciò Kauda per partire soldato. In questa triste parentesi fu testimone delle miserie del popolo nuba e soffrì per la guerra. Poi, nel 1989, Angelo andò in Kenya. Voleva studiare lì, ma alla fine decise di emigrare nella “terra dei sogni”: gli Stati Uniti d’America. Dopo sette anni negli Stati Uniti, Angelo è tornato sui

Quando arrivai a Kakuma… di Ashur Ismail (Campo Profughi di Kakuma, Kenya nord-occidentale). Sono uno studente nel campo profughi di Kakuma. Le Montagne Nuba sono la mia terra natia. Ho 20 anni, ma sono ancora alla scuola elementare. Sono venuto a Kakuma nel 2001 per una missione importante, ottenere un’istruzione. Il mio popolo sulle Montagne Nuba non può muoversi liberamente, coltivare ed esprimere la propria cultura. Mia sorella, mia zia, mia nonna e mia madre non possono prendere l’acqua liberamente; hanno sempre paura di farlo. Mio padre, mio zio ed i nonni hanno paura di parlare; non riescono ad alzare la testa con orgoglio talmente tanto è il terrore. Ecco perché ho sentito il dovere di venire a Kakuma, per portare fiducia al mio popolo. 5


Nel 1999 e 2000, ho frequentato i corsi di preparazione all’insegnamento di Koinonia, che si tennero a Kerker ed a Kujur. Ho avuto un gran beneficio da questi corsi. La mia mente si è aperta, ma ho pensato che questo fosse l’inizio per un percorso formativo più intenso. Ho deciso di andare a Kakuma. La mia aspirazione è rendere ai nuba il loro orgoglio di popolo (…). Poesia dei monti. di Kallo Al-Nur Svegliandomi al mattino Vedo i monti di fronte a me Monti, monti, monti Coricandomi la sera Vedo i monti di fronte a me Monti, monti, monti Potete regalarmi una sola cosa? Pace, solo pace sui monti Pace in Sudan Potrò andare poi verso Est o verso Ovest Verso Sud o verso Nord, nel mio Paese Per migliorare la mia educazione, potrò andare.

pace e dialogo. Il calendario è disponibile presso la sede di Amani ed è possibile già da ora prenotarlo. Il costo del Calendario 2003 sarà di 12 euro (18 euro spese di spedizione incluse). I proventi della vendita del Calendario 2003 saranno destinati a questi due progetti di Amani: una compagnia di giovani attori che lavorano per una cultura di pace attraverso la mediazione dei conflitti, l'Amani People Theatre, e una organizzazione che ha lo scopo di diffondere una cultura di pace nelle comunità locali africane attraverso iniziative di riconciliazione, forum e progetti di prevenzione di conflitti, l’Africa Peace Point. Un’anteprima del calendario sarà visibile presso il sito web di Amani www.amaniforafrica.org . Nei prossimi mesi il Calendario 2003 sarà presentato in varie località italiane che saranno segnalate nelle pagine del sito web o attraverso il servizio “Amaninews”. Chi fosse interessato a ricevere una o più copie del calendario a casa propria o ad organizzare incontri per la presentazione del Calendario presso la propria città può contattare la sede di Amani ai tel. 02 48951149 / 02 4121011 e all’e.mail amani@amaniforafrica.org.

Il progetto: Amani sostiene sui Monti Nuba un Centro educativo polifunzionale: una "scuola modello" che prevede oltre all'educazione elementare di 500 bambini per fare fronte all'emergenza scolastica presente nella zona, anche la formazione di circa 30 insegnanti all'anno per rivitalizzare il tessuto culturale ed educativo in quell’area duramente provata dalla guerra. Questo progetto potrà in futuro essere ampliato con la dislocazione di altre scuole sui Monti Nuba se la situazione politica e le energie degli organizzatori e dei sostenitori lo permetteranno. Amani inoltre aiuta attraverso borse di studio un gruppo di giovani nuba rifugiati in Kenya e li accoglie nelle proprie strutture a Nairobi.

“La Perla Nera” di padre Kizito e Stefano Girola.

INIZIATIVE.

“Padre Kizito ci racconta un’Africa che canta e danza la vita, consapevole di fare i conti con un passato di dominio e un presente pieno di drammatiche contraddizioni ma protesa verso un futuro. Un avvenire che nascerà dalla determinazione e dalla vitalità dei numerosi giovani di Nairobi, del Sudan e di tutta l’Africa, che hanno smesso di scrutare il cielo degli aiuti stranieri per rivolgersi verso la propria terra da coltivare e trasformare. Ma questi ostinati della speranza sono presenti in tutti gli strati della società africana: nelle periferie urbane, nelle campagne, nei movimenti

Calendario Amani 2003. Siamo lieti di annunciare che è pronto il Calendario 2003. L’autore delle immagini è Robert Capa e dell’introduzione Tiziano Terzani (vedi l’articolo “la Pace è la via”, n.d.r.). Il titolo del calendario è “NO WAR” a sottolineare l’impegno di Amani per la diffusione di una cultura di 6


di lotta per i diritti umani, nelle associazioni di lotta per la riforma agraria, nei gruppi per una mag giore democratizzazione della vita politica (dalla prefazione al libro di Jean Léonard Touadi)”. Il libro “la Perla Nera, l’altra Africa sconosciuta”, di Renato Kizito Sesana e Stefano Girola con prefazione di Jean Léonard Touadi, edito dalle Edizioni Paoline è disponibile presso la sede di Amani al prezzo di copertina di euro 12,30: chi volesse avere maggiori informazioni o volesse acquistarlo può contattarci ai tel. 02 48951149 / 02 4121011 e all’e.mail: amani@amaniforafrica.org.

Un fiore per un fiore. di Amalia e Tina Amalia e Tina sono due amiche di Milano che hanno ideato questa iniziativa e la stanno gestendo insieme ad alcune amiche e sostenitrici e allo staff di Amani (n.d.r.)

Kivuli, foto di Tadej Znidarcic

Care amiche e cari amici di Amani, volevamo innanzitutto ringraziarvi per la simpatia con cui vi siete avvicinati all’iniziativa “un fiore per un fiore”, i cui proventi saranno destinati alle bambine della Casa di Anita. L’iniziativa prosegue con un buon successo: la riassumiamo qui, prima di passare a informazioni maggiormente tecniche, per chi non la conoscesse ancora. Chi di noi possiede un giardino o un terrazzo può riservare un riquadro di terra o un grosso vaso per coltivare, anche un solo rizoma (radice) di peonia. I fiori verranno poi offerti nella “Festa della Peonia” che organizzeremo in primavera, a partire dal 2003 e i proventi saranno destinati alle bambine ospiti alla Casa di Anita. Ora, un breve accenno sulle peonie e sulla loro coltivazione, necessario per chi si è già avvicinato all’iniziativa o vorrebbe aderire, ma teme che la coltivazione di questo fiore sia complicata, cosa, per altro, lontanissima dalla verità. Innanzitutto occorre distinguere tra peonie arboree, che diventano alberelli dai fiori a stelo corto e fragile e peonie erbacee che apparentemente muoiono, come tutte le erbe, in inverno. Queste ultime, una volta piantate, durano

parecchi anni, anche decenni e producono sempre più fiori dal lungo e resistente stelo, fiori, così detti, “da taglio”. Naturalmente sono queste le “nostre” peonie. Di facilissima coltivazione, sopportano bene i freddi invernali (fino a circa 20° C) ed i caldi estivi. Ideali quindi per tutta l’Italia. Al nord chiedono solo di essere esposte al sole, concimate in agosto – settembre, tagliate raso suolo in ottobre e “sbottonate” (private cioè di tutti i boccioli tranne uno per stelo) in marzo – aprile. In maggio – giugno danno fiori meravigliosi, spesso profumatissimi, molto richiesti nonché costosi. Ecco naturalmente una delle ragioni della nostra scelta. Comunque noi vi guideremo nel calendario dei lavori, nelle scelte bibliografiche, nonché (e perché no?) nelle possibili visite a vivaisti o giardini specializzati. Per avere maggiori informazioni su questa iniziativa contattare la sede di Amani ai tel. 02 48951149 / 02 4121011 e all’e.mail amani@amaniforafrica.org.

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FORSE NON TUTTI SANNO CHE...

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Sito web di Amani: ricordiamo a tutti gli amici che Amani ha cambiato il proprio dominio in rete. È possibile trovare il sito web di Amani all’indirizzo www.amaniforafrica.org. Per ancora un po’ di tempo, per evitare possibili problemi e confusione, il vecchio indirizzo www.peacelink/ amani.html sarà ancora valido insieme a quello nuovo sopra citato. È cambiato anche l’indirizzo e.mail: il nuovo è amani@amaniforafrica.org. Sarà ancora attivo ancora per un po’ di tempo, come per il sito web, il vecchio indirizzo amani@iol.it.

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Amaninews: è attiva per via mail un servizio chiamato "Amaninews", che permette agli iscritti di essere aggiornati sulle iniziative di Amani, ricevere i comunicati stampa della stessa associazione e avere, tramite mail, una copia di questo giornale. L'iscrizione a questo servizio è gratuita e molto semplice basta mandare un messaggio mail a: amaninews-subscribe@yahoogroups.com Pensiamo che questo sia un ottimo strumento per essere sempre più coinvolti nella vita della nostra Associazione e per mantenere vivi i contatti tra di noi.

mandare una richiesta all’indirizzo mail africanews@iol.it o presso la sede di Amani con l’indirizzo e, a discrezione, un contributo per le spese postali.

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Gruppo adozioni: per domande, informazioni, idee e tutto ciò che riguarda le “adozioni a distanza” è possibile contattare direttamente Alessandro, Francesca, Angela, Benedetta e Tiziana, il gruppo di volontari di Amani che si occupa di questa iniziativa all’indirizzo e-mail amani.adozioni@iol.it oppure consultare il sito web www.amaniforafrica.org cliccando su “Adozioni a distanza”.

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Le offerte ad Amani sono deducibili: i benefici fiscali per erogazioni a favore di Amani possono essere conseguiti con due possibilità alternative: 1. deducibilità ai sensi del DPR 917/86 a favore di ONG per donazioni destinate a Paesi in via di sviluppo. Deduzione nella misura massima del 2% del reddito imponibile sia per le imprese che per le persone fisiche. 2. oneri deducibili ai sensi del DL 460/97 per erogazioni liberali a favore di ONLUS. Per le imprese per un importo massimo di euro 2.065,83 o del 2% del reddito di impresa dichiarato. Per le persone fisiche detraibile nella misura del 19% per un importo complessivo non superiore a euro 2.065,83. Ai fini della dichiarazione fiscale è necessario conservare: per i versamenti con bollettino postale: ricevuta di versamento; per i bonifici o assegni bancari: estratto conto della banca ed eventuali note contabili. Ricordiamo inoltre di segnare sempre la causale del versamento e l’indirizzo completo del donatore.

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Africanews: è possibile ricevere la versione italiana e quella inglese di Africanews gratuitamente in internet mandando un messaggio mail a: africanews1-subscribe@yahoogroups.com. Per ricevere la versione in inglese bisogna mandare un messaggio mail a africanews2-subscribe@yahoogroups.com. Se si desidera riceverlo in copia cartacea per posta bisogna

Chi siamo.

e una compagnia di giovani attori che lavorano per una cultura di pace attraverso la mediazione dei conflitti: l’Amani People Theatre.

Amani che in kiswahili vuol dire pace è una associazione laica presieduta dal padre comboniano Renato Kizito Sesana. Amani è una Organizzazione non governativa riconosciuta dal Ministero degli Affari esteri. Amani si impegna particolarmente a favore delle popolazioni africane seguendo queste due regole fondamentali: 1. curare lo sviluppo di un numero ristretto di progetti, in modo da poter mantenere la sua azione su base prevalentemente volontaria per contenere i costi a carico dei donatori. 2. affidare ogni progetto ed ogni iniziativa sul territorio africano solo ed esclusivamente a persone del luogo. A conferma di questo molti degli interventi di Amani sono stati ispirati da un gruppo di giovani africani riuniti nella comunità di Koinonia. Le principali attività di Amani sono le due case di accoglienza per i bambini e le bambine di strada di Nairobi, Kivuli e la Casa di Anita; la difesa del popolo Nuba in Sudan, vittima di un vero e proprio genocidio e Africanews un’agenzia di stampa redatta interamente da giovani giornalisti e scrittori africani. Inoltre, Amani sostiene in Zambia il Mthunzi Centre, un progetto per i bambini di strada di Lusaka, una piccola scuola in Kenya nel poverissimo quartiere di Kibera,

Come contattarci. Amani Onlus - Ong (Organizzazione non lucrativa di utilità sociale e Organizzazione non governativa) via Gonin, 8 - 20147 Milano - Italy Tel. 02-48951149 - 02-4121011 - Fax. 02-48302707 e.mail: amani@amaniforafrica.org sito web: www.amaniforafrica.org

Come aiutare Kivuli, la Casa di Anita, il Mthunzi e il popolo Nuba. Basta versare una somma sul c/c postale n. 37799202 intestato ad Amani Onlus - Ong, via Gonin 8 - 20147 Milano o sul c/c bancario n. 503010 Banca Popolare Etica ABI 05018 - CAB 12100. Ricordiamo inoltre di scrivere sempre la causale del versamento e il vostro indirizzo completo. Nel caso dell’adozione a distanza è necessario versare 26 euro mensilmente almeno per un anno. È importante indicare in entrambi i casi la causale del versamento.

Editore: Associazione Amani Onlus, via Gonin 8, 20147 Milano PORTA IL TUO CUORE IN AFRICA

Direttore responsabile: Daniele Parolini Stampato presso: Lito 2000 srl, via Sabatelli 31, 23868 Valmadrera, LC Registrazione presso la Cancelleria del Tribunale Civile e Penale di Milano n. 596 in data 22.10.2001

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