AMANI Amani significa Pace in Kiswahili. È una lettera di padre Kizito agli amici e un foglio di collegamento di Amani. Anno II, n 2, settembre 2002 - Spedizione in A.P. - Art. 2 comma 20/C legge 662/96 - Milano
Lettera di Padre Kizito agli amici.
mo durante la celebrazione della giornata missionaria mondiale. Ricordava quell’episodio con un sorriso: “forse avrei dovuto diventare un padre, un padre per tutti, invece di fare il padre solo di Dennis e Lavender”. Fred all’inizio dell’anno aveva avuto una grave meningite, da cui non si era più ripreso bene. In marzo, mentre guidava una delle nostre vecchie auto, si era rotto lo sterzo ed aveva avuto un incidente, niente di grave ma pieno di contusioni. Poi aveva fatto un controllo medico generale dove avevano trovato una vecchissima tubercolosi. Non ho capito come queste cose si siano combinate in un crollo improvviso che lo ha portato alla morte in tre giorni, mentre io ero in Zambia per seguire il lavoro che anche là stiamo facendo coi bambini di strada. Oltre alle prove riceviamo le carezze. Le bambine di Anita e i due ragazzini nuba che stanno con loro sono stati battezzati, Paolino è stato cresimato. Altri bambini di Kivuli sono stati battezzati. Alcuni giovani che frequentano Kivuli e che appartengono a diverse denominazioni protestanti si sono organizzati per fare un cammino di iniziazione alla fede nella chiesa cattolica. Ci danno la soddisfazione di vederli crescere bene, come persone che imparano ad amare Dio e il prossimo.
Carissimi, Il nostro errore più grande è di pensare - talvolta di pretendere - che Dio ci aiuti a capire e magari a padroneggiare il nostro mondo. Niente di più sbagliato. Il nostro Dio ha ragioni che non sono le nostre. Anzi ci sfida con la diversità, l’imprevisto, l’inspiegabile.
Le prove e le carezze. A Koinonia stiamo facendo questa esperienza. A fine aprile abbiamo perso Jane. Pochi giorni fa, il 7 agosto, abbiamo perso Fred. Aveva 29 anni, ha lasciato la moglie Fiona e due figli, Dennis e Lavender, e un grande vuoto a Koinonia dove faceva l’amministratore. Amministratore giusto e fedele, Fred era un ragazzone che ispirava tanta bontà quanta forza. Bastava averlo vicino per sentirsi sicuri. Era l’accompagnatore preferito dai nostri amici quando andavano a visitare Kibera, il più grande slum africano, dove lui era cresciuto. Lo scorso anno era venuto Italia, e in diocesi di Milano lo avevano scelto fra una trentina di giovani africani per farlo parlare in duo-
Casa di Anita, immagine di Gian Marco Elia 1
Chiamati ad essere pronti.
pre attenti alle sfide di tutto quanto è altro da noi. Umili di fronte a quello che è inspiegabile, ci ridimensiona e ci costringe a riflettere. Ciao a tutti,
Ai nostri bambini insegnamo che la nostra vocazione di cristiani non è diventare nè scienziati, nè filosofi, nè importanti e nè famosi, ma di vivere come seguaci di quel Gesù che faceva una proposta: “se vuoi prendi la tua croce e seguimi”. Se vuoi. Senza nessuna garanzia tantomeno promesse. Vorremmo che noi e loro, i nostri ragazzi, fossimo capaci di avvicinarci a tutti in punta di piedi, ascoltare ognuno con rispetto, con com-passione per la sua umanità calpestata e violata, senza giudicarla, e dire al momento opportuno “se vuoi… io ho trovato una Persona che possiamo seguire insieme...” Vorremmo aiutare i nostri bambini a crescere capaci di dialogare con tutti. Il Vangelo mi afferma che il dialogo è l’unica strada percorribile per superare i conflitti nelle relazioni personali e sociali. Dialogo però non vuol dire che io rinuncio alla mia fede, al mio guardare a Cristo come all’unico maestro. Vuol dire che io mi metto in sincera ricerca, perchè nè la chiesa, tantomeno io, abbiamo capito tutte le implicazioni di quello che Gesù ci ha detto. Anzi, abbiamo appena incominciato a diventare cristiani. Ci sono altri che mi possono aiutare a capire meglio il Vangelo. Magari l’anziano musulmano che sta tranquillamente seduto fuori dalla sua capanna aggrappata ad un pendio dei monti Nuba, assorto in contemplazione della grande valle, è capace di intuire meglio di me cosa vuole il Maestro. Gli altri sono essenziali perchè il piccolo gregge capisca e viva meglio il proprio tentare di essere cristiani. E questa umanità africana, emarginata e disprezzata, questa gente che secondo tutti i parametri del modello di sviluppo occidentale non avrebbe neanche la possibilità di esistere, è uno dei segni più efficaci che un mondo diverso, più umano, è possibile. E’ in segno vivo e palpitante della presenza dell’Altro. Gli africani ci insegnano che dobbiamo guardare più in là. Più in là del Mercato, delle democrazie, delle grandi istituzioni, delle statistiche, delle scienze, della nostra idea di sviluppo. Dobbiamo renderci conto che forse, sì, l’occidente domina il mondo con la sua potenza, ma si è chiuso in un Mondo Piccolo. Piccolo perché è una minoranza di persone, ma anche perchè è meschino di ideali e di cuore. Il Mondo Grande è più in là e ci aspetta per dialogare sui grandi temi della giustizia, della pace e dei diritti umani. Vorremmo che i nostri ragazzi di Koinonia, di Kivuli, di Anita, di Mthunzi, dei Nuba e di tutti le piccole realtà seminali in cui siamo presenti, diventassero capaci di essere una presenza cristiana là dove prevalgono le intolleranze, le linee di frattura e i conflitti. Armati solo della volontà di dialogare con tutti, con chiunque. Sem-
Padre Kizito
A casa di Anita. di Pietro Veronese Pietro Veronese ha scritto questo articolo dopo essere stato ospite alla Casa di Anita per qualche giorno durante il mese di gennaio. Questo articolo è stato integralmente pubblicato sul settimanale «D la Repubblica delle donne» del 13 luglio 2002: la pubblicazione su «Amani» è stata possibile grazie all’esplicito permesso dell’autore (n.d.r.). Nelle metropoli africane spesso la famiglia non c’è più: spazzati via dall’Aids i genitori, ai figli resta solo la strada. Sulle colline vicino a Nairobi c’è chi ridà un futuro alle bambine cresciute negli slums. C’è un posto in Africa, un posto diverso da tutti gli altri, al quale io vorrei sempre ritornare. Un posto dove senti che puoi essere facilmente perdonato, se soltanto ti presenti a cuore aperto. Perdonato per quel poco di buono che avresti potuto fare e non hai fatto, per il tempo perduto e le occasioni sprecate, per le responsabilità sfuggite e le disponibilità negate. Ma lì, basta entrare e qualcuno ti prenderà per mano. Avevo lungamente sentito parlare della Casa di Anita dai miei amici dell’associazione Amani, un gruppo di volontari che ha sede a Milano ma adesioni un po’ dappertutto in Italia e che finanzia e segue progetti umanitari in Kenya e sui monti Nuba del Sudan. A Nairobi, la capitale del Kenya, in particolare, Amani ha una casa per i bambini di strada, dove questi ragazzini senza famiglia né dimora trovano accoglienza, cibo, riparo e la possibilità di andare a scuola fino alla fine delle secondarie. E’ ormai risaputo che il fenomeno dei bambini senza famiglia sta esplodendo in tutta l’Africa nera, dovuto in primo luogo all’ecatombe della generazione dei padri a causa dell’Aids. Non è azzardato affermare che nelle metropoli africane la famiglia – la quale ancor più che da noi era la cellula fondatrice della vita associata – non esiste più. Un numero crescente di nuclei famigliari, che aumenta di migliaia e migliaia ogni giorno, è ora composto di nonni e nipoti, con la generazione di mezzo inghiottita dalla malattia e dalla tomba. Anziani e bambi2
Casa di Anita, immagine di Gian Marco Elia Il nome Anita viene da Anita Pavesi, mitica funzionaria del Tribunale dei Minori di Milano, protagonista di mille battaglie dalla parte dei bambini. Trovato il nome, fu trovato anche il luogo. Un terreno ai piedi delle colline Ngong, una manciata di chilometri fuori Nairobi. Chi ha letto Karen Blixen ricorderà la sua evocazione di questo luogo dell’anima, il dolce incresparsi del paesaggio in un susseguirsi di alti e grandi dossi verdeggianti. Sono, secondo la leggenda, le nocche della mano di Dio, che qui s’appoggiò quando ebbe terminato la Creazione. E’ un posto di campagna, sempre ventilato e fresco anche nella stagione più secca, una zona di orti e campi di granoturco e famiglie di contadini o di pendolari. Mancavano solo i genitori adottivi quando si fecero avanti per primi Michael e Jane, presto seguiti da un’altra coppia, Patrick e Leonida, e più tardi da una terza, Timothy e Jennifer. Le prime bambine arrivarono nel ’99, le ultime l’anno seguente. Sono in tutto 24. Nel terreno c’è eventualmente posto per una quarta casetta: un’altra coppia, altre otto bambine. Arrivai per la prima volta a Anita House alla fine di gennaio di quest’anno, con l’idea di trarne un reportage che solo adesso scrivo. Mi accolse Jane Wamunga, la moglie di Michael Ochieng, la prima “mamma” della Casa di Anita. Come ogni altro visitatore prima di me, fui colpito dalla sua straordinaria bellezza e dalla sua quieta gra-
ni, il più delle volte, non riescono a provvedere al fabbisogno del gruppo, a guadagnare quel che basta per mangiare. E il nucleo si scioglie, ognuno per sé a lottare per sopravvivere. Il diffondersi, da noi, delle adozioni a distanza risponde dunque a una tragedia collettiva le cui dimensioni stanno rapidamente travolgendo ogni argine. Iniziative come la casa dei bambini di Amani, che si chiama Kivuli e si trova a Riruta, un quartiere periferico di Nairobi, sono gocce nel mare del bisogno, che tengono accesa una luce di speranza e indicano una via concreta allo slancio di solidarietà. Quando già l’esperienza di Kivuli era avviata con successo da alcuni anni, è parso soltanto naturale a quelli di Amani mettere in piedi una iniziativa analoga, però destinata alle bambine. La cosa era però più semplice a pensarsi che a farsi. Restituire alla vita bambine di cinque o sei o sette anni, traumatizzate dalla strada, spesso dall’abbandono o dalla violenza familiare, cresciute in bande randage nella miseria degli sterminati slums di Nairobi, richiedeva un luogo e un modo speciale. Non bastava una casa, ci voleva una famiglia. Nacque così l’idea della Casa di Anita: trovare giovani coppie disposte a fare da genitori non soltanto ai propri figli naturali, ma anche a un certo numero di bambine - saranno otto per ogni coppia - selezionate in un centro di prima accoglienza. 3
zia. Jane era una donna meravigliosa, per il suo aspetto e per la vita che si era scelta. Devo scrivere di lei all’imperfetto perché nel tempo trascorso tra le mie successive visite e la pubblicazione di questo articolo, nello scorso mese di aprile, Jane Wamunga ebbe un improvviso malore e morì poche ore dopo il ricovero in ospedale, lasciando per sempre Mike, la sua figlia naturale Michelle e le otto figlie che aveva accolto. Seduta nella sala dove le bambine si riuniscono a studiare, Jane mi spiegò come aveva preso insieme a Mike la decisione di lanciarsi nell’avventura di Anita House. A quell’epoca lei aveva appena 25 anni ed era incinta di Michelle. Sia lei che Mike rinunciarono al loro posto di lavoro – un posto di lavoro non è una cosa ovvia, a Nairobi – e si trasferirono a Ngong. Mi parlò a lungo dei suoi iniziali timori, che rivelavano la sua africanità: «E’ difficile alla mia età avere una famiglia così grande». (Il problema non era il numero, era il rapporto tra l’età e il numero: a quarant’anni, magari, avere otto figli sarebbe stata una cosa normale). Mi fece fare il giro della proprietà, mostrandomi le tre casette, le stanze con i letti a castello, i bagni, le sale da pranzo, il pozzo, il lavatoio, il campo di mais. Il taccuino si riempiva di appunti. Era un sabato mattina, non c’era scuola: vedevo le bambine giocare e fare il bucato, le sentivo vociare, le guardavo e me ne stavo a distanza. Allora, mentre eravamo sulla soglia di casa, Jane Wamunga si rivolse a una delle sue figlie che se ne stava in disparte, seduta su un gradino e con lo sguardo a terra (seppi poi che quel giorno non si sentiva bene): «Sharon, accompagna l’ospite a vedere l’orto». Sharon si alzò e mi prese per mano. Mi portò a vedere l’orto, mi mostrò le carote, le patate e le cipolle, il sukuma wiki che è una verdura amarognola che non manca mai sulla mensa dei kenyani. Mi insegnò come si riconosce che una cipolla è matura anche se se ne sta sottoterra, ma soprattutto si attardò sui pomodori, perché i pomodori erano sua responsabilità. Mi spiegò infatti che ogni bambina accudiva e curava un particolare riquadro dell’orto, una particolare verdura. Fece tutto con dolcezza e pazienza, parlando a bassa voce e talora ripetendo e sempre tenendomi per mano, guidandomi da un angolo all’altro dell’orto e senza tralasciare alcun dettaglio, come se questo visitor avesse bisogno di essere guidato passo passo se uno voleva sperare che capisse qualcosa. Seppi poi da Jane che Sharon, una bambina che adesso ha undici anni, ha vissuto dai quattro ai sette anni della sua vita per le strade di uno famoso slum di Nairobi, dormendo per terra e mangiando quello che trovava nei mucchi d’immondizia o che le tendeva la pubblica carità. Fu poi trovata dagli assistenti sociali di Rescue Dada, il centro di prima accoglienza che indica alle famiglie di
Anita House i casi individuali più bisognosi. Sharon giurava di avere una madre e una casa ma tutte le indicazioni che dette agli assistenti sociali non portarono da nessuna parte: non si trovò mai il luogo, né la persona. Durante una delle mie visite successive andai a trovare le bambine a fine pomeriggio, mentre studiavano. Allora Sharon mi fece sedere al tavolino, mise da parte i suoi libri, prese un fumetto in lingua kiswahili e cominciò a farmi leggere, correggendo qui e là la mia incerta dizione. Giunta l’ora di cena dovemmo interrompere e le bambine discussero animatamente il mio rendimento. Sharon sentenziò che avevo una pronuncia degna di un vero africano. Il progetto: La “Casa di Anita” è una casa di accoglienza per minori situata a Ngong (piccolo centro agricolo a 30 Km da Nairobi) e curata da tre famiglie keniane. La “Casa di Anita” accoglie 24 bambine di strada (di età compresa tra i 4 e i 13 anni), alcune orfane e altre provenienti da famiglie poverissime, spesso vittime di abusi sessuali, e 3 bambini Nuba, inserendoli in una struttura familiare e protetta e permettendo loro una crescita affettivamente tranquilla e sicura. La Casa di Anita nasce in memoria di Anita Pavesi, giudice onorario del Tribunale dei minori di Milano, scomparsa nel 1998 dopo oltre vent’anni di straordinario e umanissimo impiego a favore di persone e famiglie in grande difficoltà.
Un’estate al Mthunzi Centre. di Chiara Michelon Chiara è un’amica di Padova scesa a Lusaka a luglio, ospite di Koinonia, nell’ambito dell’iniziativa “Campi di lavoro” organizzata da Amani (n.d.r.). 27 luglio 2002. Aeroporto di Lusaka. Zambia. Le solite grandi braccia affettuose pronte ad accoglierci con una calda stretta africana. Quell'abbraccio e quel sorriso con cui ti senti a casa anche se nessuno ti conosce ancora. Un gruppo di 14 italiani, tutti già con almeno un'esperienza in Africa alle spalle, pronti a vivere un'estate al fianco di quegli amici così vicini, ma sempre troppo lontani durante l'anno. Il Mthunzi Centre sta a una mezz'ora di macchina da Lusaka, strada rigorosamente sterrata e polverosa. Dal centro si vedono un mare di campi, coltivati e non, una fattoria, una cooperativa che produce marmellate e confetture di pomodori. Niente di più. La vista si perde nel verde attorno, negli alberi, nel rosso della terra, nella polvere che il vento solleva. Le distanze sono profonde 4
e il Mthunzi si staglia un po' come un lieto paesino a sé stante. Nato come comunità attorno a padre Kizito, è rimasto tale nello spirito di condivisione e di amicizia fraterna: "we share, we care, we love" è il suo motto. E niente è effettivamente più vero. La vita a Kasupe, questo il nome del quartiere di Lusaka in cui vivono le famiglie di Koinonia, inizia insieme e finisce insieme. Non è stato affatto difficile penetrare questo modus vivendi ed entrare a far parte delle attività della comunità: Oscar, John Lesa, Beppe, Joseph, Raphael e gli altri ci hanno inseriti da subito in ogni tipo di lavoro "in comune". La mattina si sceglieva tra i vari "lavoro nei campi" con Ephraim, "cura delle piante" all'interno ed all'esterno del caseggiato, "lavoro nella porcilaia e nel pollaio" con David, "turno in cucina" assieme alle meravigliose Edina, Gertrud, Beatrice e Charity, le cuoche del Mthunzi, "servizio in clinica" (rigorosamente per il dottor “capo banda” Mauro Palazzi!) e infine "opere di pulizia e manutenzione", quali scavare buche per i rifiuti o per le nuove case in costruzione, riattivare la pompa per l'acqua o erigere muri per le nuove abitazioni. La mattina, insomma, un lavoro manuale assieme agli zambiani della comunità che di solito lo svolgono giorno per giorno. I momenti di lavoro (non troppo duri, ammettiamolo!), hanno acquistato una ricchezza speciale dalla conversazione con i nuovi amici: se si annaffiavano le piante non si taceva di certo ed ogni occasione era buona per conoscersi meglio. Il pranzo nel salone con tutti i membri di Koinonia era un miscuglio di cibi italo - zambiani: e se per noi italiani la pasta è di rigore, guai togliere a uno zambiano la "nschima", la polenta bianca simile all' “ugali” keniano! Durante la permanenza di padre Kizito, due ore pomeridiane si dedicavano alla formazione con una sua lezione introduttiva su argomenti vari che permettessero poi la discussione e un'interazione più profonda tra cultura zambiana e quella italiana, dopo esserci divisi in piccoli gruppi per facilitare la comunicazione. Con gli ex bambini di strada accolti al centro, ben 53, si giocava e si parlava solo nel tardo pomeriggio, per un occasionale ritardo del periodo vacanziero dovuto alle elezioni in città: i ragazzi che tornavano per ultimi da scuola (tre erano i turni delle lezioni) si avvistavano non prima delle 17. Tranne nei giorni di festa, duranti i quali ci è stato possibile avere più tempo da vivere per loro e con loro. Comunque più dei giochi hanno lasciato il segno i momenti quotidiani della giornata assieme ad essi, lavando i panni e facendoci insegnare cos'è il “perfetto bucato a mano” come si faceva una volta (bella figura, per noi abituati alla lavatrice!) oppure costruendo macchinine con il filo di ferro oppure banjo e aquiloni. All'ora di cena i membri della comunità tornavano dalle loro famiglie (alcune su-
bito fuori dal cancello, altre ben più lontane) e in pochi stavano con noi e ridere e chiacchierare delle nostre vite, delle usanze e delle abitudini dei diversi paesi. Dalle 20 alle 21, ora del sonno per i più piccoli, spazio alle esibizioni dei bambini che recitavano i loro "drama", suonavano gli "ngoma" e ballavano con noi nel buio della sera, con i denti bianchissimi aperti in grandi sorrisi ed i sederi sculettanti. Ed anche noi alle 21 eravamo davvero stanchi: a letto quindi nelle due camerate che ci ospitavano di lì a poco, dopo aver curiosato dalla finestra i bambini che si coricavano sghignazzando di noi nelle grandi stanze sugli stuoini, uno addosso all'altro. Una notte di riposo. E all'alba i rumori della comunità che si sveglia alle 5.30. Un altro giorno. Pieno. Vivo. Un giorno col sole ed il vento e sempre nuove cose da imparare, da ascoltare, da vivere, da condividere. Come sempre l'Africa lascia un solco: questo è più profondo, più maturo. Condividere tutto, ogni lavoro, ogni istante, ogni parola forse al momento fa emozionare di meno, ma poi lascia un segno più umano e indimenticabile. Un segno che scorre più a fondo e che di certo non scivolerà mai. Il progetto: Il “Mthunzi Centre”, è progetto educativo realizzato dalle famiglie della comunità di Koinonia di Lusaka (Zambia) a favore dei bambini di strada. Il Centro Mthunzi oltre ad accogliere 53 bambini di strada in forma residenziale curandone la crescita e l’educazione, è un punto di riferimento per la popolazione locale con il suo dispensario medico e con i suoi laboratori di falegnameria di avviamento professionale.
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con privati, scuole, gruppi e varie realtà associative. Chiediamo quindi a tutti gli amici di Amani e della Casa di Anita che fossero interessati a questa iniziativa di contattarci presso la sede di Amani, saremo lieti di aiutarvi nella coltivazione di questi bellissimi fiori. Per avere maggiori informazioni su questa iniziativa contattare la sede di Amani ai tel. 02 48951149 / 02 4121011 e all’e.mail amani@amaniforafrica.org.
Iniziative. Un fiore per un fiore. di Amalia e Tina Amalia e Tina sono due amiche di Milano che hanno ideato questa iniziativa e la gestiranno insieme allo staff di Amani (n.d.r.). Coltivare un fiore pregiato, la peonia, per salvare un bene prezioso, la vita. “Sharon si alzò, mi prese per mano. Mi portò a vedere l’orto, mi mostrò le carote, le patate, le cipolle. Ma soprattutto si attardò sui pomodori, perché i pomodori erano sua responsabilità. Mi spiegò infatti che ogni bambina accudiva e curava un particolare riquadro dell’orto, una particolare verdura...”: così Pietro Veronese nel suo toccante servizio sulla Casa di Anita apparso su “D la Repubblica della Donne” del 13 luglio 2002. Fin lì avevamo letto l’articolo tutto d’un fiato, ma lì ci fermammo: - ecco un altro anello di quella catena che lega la Casa di Anita a noi: all’iniziativa “un fiore per un fiore” -, ci dicemmo. Infatti da alcuni mesi con un gruppo di amiche e con lo staff di Amani, stiamo preparando l’iniziativa “un fiore per un fiore”, i cui proventi saranno destinati alle bambine della Casa di Anita. L’idea è semplice: chi di noi possiede un giardino o un terrazzo riserva un riquadro di terra o un grosso vaso per coltivare, come Sharon i suoi pomidoro, anche un solo rizoma (radice) di peonia. I fiori verranno poi offerti nella “Festa della Peonia” che organizzeremo in primavera e a partire dal 2003 e i proventi saranno destinati a Sharon e alle sua amiche. Poiché la peonia erbacea, pianta perenne, produce fiori solo dal secondo anno, per poter essere pronti nel maggio prossimo dobbiamo coinvolgere amici di Amani che già coltivano peonie nel loro giardino. A coloro che intendono aderire all’iniziativa iniziando la coltivazione delle peonie, già dal prossimo febbraio potremo distribuire i primi rizomi. L’idea sembra ricalcare eventi già esistenti (giornata dell’azalea, delle ortensie, ecc.), ma in quelle occasioni le piante vengono semplicemente acquistate all’ingrosso dall’organizzazione e distribuite contro offerte. Chi aderisce alla nostra iniziativa offre invece un impegno costante per coltivare le peonie, fino a portarle a fioritura e ad offrirle nella “Giornata della Peonia”. Il continuo ricordo dell’obiettivo delle nostre fatiche darà un maggiore senso ai nostri giardini ed ogni nostro fiore sarà un concreto simbolo di vita. E’ con questo intento che stiamo allacciando rapporti
Incontri di padre Kizito a ottobre. 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12 14 15 17 18 19 20 21 22 23 24 25
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giovedì venerdì sabato domenica lunedì martedì mercoledì giovedì venerdì sabato lunedì martedì giovedì venerdì sabato domenica lunedì martedì mercoledì giovedì venerdì
Milano Calalzo Cadore (BL) Torino Torino Napoli Caserta Pavia Pisa Firenze Borgo S. Lorenzo (FI) Ostuni (BR) Taranto Alghero (SS) Macomer – Bosa (NU) Ghilarza (OR) Cagliari Pregnana Milanese (MI) Milano Cesena Jesi Padova
Chi fosse interessato a partecipare agli incontri di padre Kizito previsti in Italia a ottobre può contattare la sede di Amani ai tel. 02 48951149 / 02 4121011 e all’e.mail amani@amaniforafrica.org per avere ulteriori dettagli (luogo, ora, ecc.), consultare il sito web www.amaniforafrica.org o iscriversi ad “Amaninews”, un servizio che permette agli iscritti un continuo aggiornamento sulle iniziative di Amani e di conseguenza anche sugli incontri di padre Kizito.
La “Perla Nera” è l’espressione con cui padre Daniele Comboni amava definire la qualità e il destino del continente africano. Nonostante le apparenze, il grande missionario si diceva così convinto che il continente più incompreso avrebbe un giorno svolto un ruolo da protagonista nella Chiesa e nel mondo. Padre Kizito ispira a questa convinzione la sua azione missionaria. In questa articolata intervista risulta evidente che anche per lui l’Africa è “altra” da ciò che la stampa spettacolarizzata e mercificata manda in onda tutti i giorni per confermare la presunta superiorità della civiltà e del modo di vivere occidentale. L’Africa è “altra” rispetto a certe immagini unilaterali di guerre, pandemie, devastazioni, che tendono ad accreditare l’idea di un continente “alla deriva” bisognoso di “carità” o che merita la nostra distratta indifferenza. L’Africa è “altra” e diversa dall’immagine sbiadita di un continente seduto, gli occhi alzati al cielo in attesa della manna degli aiuti stranieri. Con l’intelligenza di chi ha il coraggio di guardare in profondità senza fermarsi alla superficie, padre Kizito ci suggerisce di togliere dal nostro album africano le immagini sfocate, sbiadite e invecchiate di un’Africa immortalata nella sua rigidità che non esiste più per osservare da vicino le istantanee di un continente che si inventa giorno per giorno. (Estratto dalla presentazione del libro ad opera dell’editore). Chi è interessato agli incontri o vuole avere maggiori informazioni sul libro può contattare la sede di Amani ai tel. 02 48951149 / 02 4121011 e all’e.mail amani@amaniforafrica.org , consultare il sito web www.amaniforafrica.org o iscriversi ad “Amaninews”, un servizio che permette agli iscritti un continuo aggiornamento sulle iniziative di Amani e di conseguenza anche su questa iniziativa.
Calendario Amani 2003. Siamo lieti di annunciare che a breve sarà pronto il Calendario 2003. L’autore delle immagini è Robert Capa e dell’introduzione Tiziano Terzani. Il titolo del calendario è “NO WAR” a sottolineare l’impegno di Amani per la diffusione di una cultura di pace e dialogo. Il calendario sarà disponibile presso la sede di Amani ed è possibile già da ora prenotarlo. Il costo del Calendario 2003 sarà di 12 euro (18 euro spese di spedizione incluse). I proventi della vendita del Calendario 2003 saranno destinati a questi due progetti di Amani: una compagnia di giovani attori che lavorano per una cultura di pace attraverso la mediazione dei conflitti, l'Amani People Theatre, e una organizzazione che ha lo scopo di diffondere una cultura di pace nelle comunità locali africane attraverso iniziative di riconciliazione, forum e progetti di prevenzione di conflitti, l’Africa Peace Point. Un’anteprima del calendario sarà visibile presso il sito web di Amani www.amaniforafrica.org . Nei prossimi mesi il Calendario 2003 sarà presentato in varie località italiane che saranno segnalate nelle pagine del sito web o attraverso il servizio “Amaninews”. Chi fosse interessato ad organizzare incontri per la presentazione del Calendario presso la propria città può contattare la sede di Amani ai tel. 02 48951149 / 02 4121011 e all’e.mail amani@amaniforafrica.org.
Campi di lavoro 2002. Dalla fine di luglio alla fine di agosto Kivuli e la Casa di Anita sono stati invasi dall’entusiasmo e dalla fattiva collaborazione del gruppo di volontari composto da 25 persone (16 a Kivuli e 9 alla Casa di Anita), organizzato come di consueto da Amani. Per la prima volta anche il Centro Mthunzi di Lusaka ha accolto 14 giovani italiani per un campo di lavoro organizzato da Amani. Al gruppo di Nairobi si sono aggiunti tanti amici e sostenitori, che anche per solo pochi giorni hanno avvicinato i bambini di Kivuli a della Casa di Anita, cercando di comprendere più a fondo e più da vicino il senso del loro sostegno. Vogliamo infine ringraziare tutti coloro che hanno concorso con il loro contagioso entusiasmo e la loro positiva energia alla piena riuscita di questa iniziativa.
“La Perla Nera” di padre Kizito e Stefano Girola. E’ di imminente pubblicazione “La Perla Nera. L’ ‘altra’ Africa sconosciuta” il “libro – intervista” di padre Kizito e Stefano Girola, edito dalle Edizioni Paoline. Il libro sarà presentato ufficialmente a Milano in data 3 ottobre e in molti degli incontri di padre Kizito previsti in ottobre. 7
FORSE NON TUTTI SANNO CHE...
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Sito web di Amani: avvisiamo tutti gli amici che Amani ha cambiato il proprio dominio in rete. E’ possibile trovare il sito web di Amani all’indirizzo www.amaniforafrica.org. Per ancora un po’ di tempo, per evitare possibili problemi e confusione, il vecchio indirizzo www.peacelink/amani.html sarà ancora valido insieme a quello nuovo sopra citato. E’ cambiato anche l’indirizzo e.mail: il nuovo è amani@amaniforafrica.org. Sarà ancora attivo ancora per un po’ di tempo, come per il sito web, il vecchio indirizzo amani@iol.it.
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Amaninews: è attiva per via mail un servizio chiamato "Amaninews", che permette agli iscritti di essere aggiornati sulle iniziative di Amani, ricevere i comunicati stampa della stessa associazione e avere, tramite mail, una copia di questo giornale. L'iscrizione a questo servizio è gratuita e molto semplice basta mandare un messaggio mail a: amaninews-subscribe@yahoogroups.com Pensiamo che questo sia un ottimo strumento per essere sempre più coinvolti nella vita della nostra Associazione e per mantenere vivi i contatti tra di noi.
mandare una richiesta all’indirizzo mail africanews@iol.it o presso la sede di Amani con l’indirizzo e, a discrezione, un contributo per le spese postali.
 Gruppo adozioni:
per domande, informazioni, idee e tutto ciò che riguarda le “adozioni a distanza” è possibile contattare direttamente Alessandro, Francesca, Angela, Benedetta e Tiziana, il gruppo di volontari di Amani che si occupa di questa iniziativa all’indirizzo e-mail amani.adozioni@iol.it oppure consultare il sito web www.amaniforafrica.org cliccando su “Adozioni a distanza”.
 Le offerte ad Amani sono deducibili:
i benefici fiscali per erogazioni a favore di Amani possono essere conseguiti con due possibilità alternative: 1. deducibilità ai sensi del DPR 917/86 a favore di ONG per donazioni destinate a Paesi in via di sviluppo. Deduzione nella misura massima del 2% del reddito imponibile sia per le imprese che per le persone fisiche. 2. oneri deducibili ai sensi del DL 460/97 per erogazioni liberali a favore di ONLUS. Per le imprese per un importo massimo di euro 2.065,83 o del 2% del reddito di impresa dichiarato. Per le persone fisiche detraibile nella misura del 19% per un importo complessivo non superiore a euro 2.065,83. Ai fini della dichiarazione fiscale è necessario conservare: per i versamenti con bollettino postale: ricevuta di versamento; per i bonifici o assegni bancari: estratto conto della banca ed eventuali note contabili. Ricordiamo inoltre di segnare sempre la causale del versamento e l’indirizzo completo del donatore.
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Africanews: è possibile ricevere la versione italiana e quella inglese di Africanews gratuitamente in internet mandando un messaggio mail a: africanews1subscribe@yahoogroups.com. Per ricevere la versione in inglese bisogna mandare un messaggio mail a africanews2-subscribe@yahoogroups.com. Se si desidera riceverlo in copia cartacea per posta bisogna
Chi siamo.
e una compagnia di giovani attori che lavorano per una cultura di pace attraverso la mediazione dei conflitti: l’Amani People Theatre.
Amani che in kiswahili vuol dire pace è una associazione laica presieduta dal padre comboniano Renato Kizito Sesana. Amani è una Organizzazione non governativa riconosciuta dal Ministero degli Affari esteri. Amani si impegna particolarmente a favore delle popolazioni africane seguendo queste due regole fondamentali: 1. curare lo sviluppo di un numero ristretto di progetti, in modo da poter mantenere la sua azione su base prevalentemente volontaria per contenere i costi a carico dei donatori. 2. affidare ogni progetto ed ogni iniziativa sul territorio africano solo ed esclusivamente a persone del luogo. A conferma di questo molti degli interventi di Amani sono stati ispirati da un gruppo di giovani africani riuniti nella comunità di Koinonia. Le principali attività di Amani sono le due case di accoglienza per i bambini e le bambine di strada di Nairobi, Kivuli e la Casa di Anita; la difesa del popolo Nuba in Sudan, vittima di un vero e proprio genocidio e Africanews un’agenzia di stampa redatta interamente da giovani giornalisti e scrittori africani. Inoltre, Amani sostiene in Zambia il Mthunzi Centre, un progetto per i bambini di strada di Lusaka, una piccola scuola in Kenya nel poverissimo quartiere di Kibera,
Come contattarci. Amani Onlus - Ong (Organizzazione non lucrativa di utilità sociale e Organizzazione non governativa) via Gonin, 8 - 20147 Milano - Italy Tel. 02-48951149 - 02-4121011 - Fax. 02-48302707 e.mail: amani@amaniforafrica.org sito web: www.amaniforafrica.org
Come aiutare Kivuli, la Casa di Anita, il Mthunzi e il popolo Nuba. Basta versare una somma sul c/c postale n. 37799202 intestato ad Amani Onlus - Ong, via Gonin 8 - 20147 Milano o sul c/c bancario n. 503010 Banca Popolare Etica ABI 05018 - CAB 12100. Ricordiamo inoltre di scrivere sempre la causale del versamento e il vostro indirizzo completo. Nel caso dell’adozione a distanza è necessario versare 26 euro mensilmente almeno per un anno. È importante indicare in entrambi i casi la causale del versamento.
Editore: Associazione Amani Onlus, via Gonin 8, 20147 Milano PORTA IL TUO CUORE IN AFRICA
Direttore responsabile: Daniele Parolini Stampato presso: Lito 2000 srl, via Sabatelli 31, 23868 Valmadrera, LC Registrazione presso la Cancelleria del Tribunale Civile e Penale di Milano n. 596 in data 22.10.2001
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