2006 Ten years

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Calendario

Foto di Pino Ninfa Presentazione di Renato Kizito Sesana

19962006 Ten years

Edizione anniversario


Amani ringrazia: l’autore del testo Renato Kizito Sesana, mccj

Riruta Satellite. In the courtyard at the Kivuli Centre. Ngong. Nel giardino della Casa di Anita.

per la traduzione dei testi Laura Tagliasacchi e Chiara Tarsia per il progetto grafico Beppe Re Fraschini e Laura Guffanti, Ergonarte

AMANI

Riruta Satellite. Nel cortile del Kivuli Centre.

Ngong. In the garden at Anita’s Home.

Riruta Satellite. Bambini al Kivuli Centre. Riruta Satellite. Children at the Kivuli Centre.

fotolito Articrom

Kibera. Davanti alla porta di casa... Kibera. Girl in front of her home. .

prestampa digitale Massimo Carrassi, Emmeci Service stampa Arti Grafiche Nidasio senza la loro passione e il loro impegno gratuito questo calendario non sarebbe mai nato

Riruta Satellite. Allenamenti dell’Amani Yassets Sports Club al Kivuli Center Riruta Satellite. Kivuli Centre. The Amani Yassets Sports Club training. 18 settembre 2004. Si parte per la “prima” Marcia della Pace a Nairobi. 18th September 2004. Setting off for the “first” Peace March in Nairobi. A lezione con gli attori dell’Amani People Theatre. Lesson with the actors of the Amani People Theatre.

Amani, che in kiswahili vuol dire pace, è un’associazione laica ispirata e fondata tra gli altri dal padre comboniano Renato Kizito Sesana. Amani è una organizzazione non governativa riconosciuta dal Ministero degli Affari Esteri. Amani si impegna particolarmente a favore delle popolazioni africane seguendo due regole fondamentali: 1. curare lo sviluppo di un numero ristretto di progetti, in modo da poter mantenere la sua azione su base prevalentemente volontaria per contenere i costi a carico dei donatori; 2. affidare ogni progetto ed ogni iniziativa sul territorio africano solo ed esclusivamente a persone del luogo. A conferma di questo molti degli interventi di Amani sono stati ispirati da un gruppo di giovani africani riuniti nella comunità di Koinonia. Le principali attività di Amani sono: le tre case di accoglienza per i bambini e le bambine di strada di Nairobi e Lusaka; Africa Peace Point e Amani People’s Theatre, rispettivamente un’organizzazione locale e una compagnia di giovani attori africani che promuovono la diffusione di una cultura di pace e di mediazione dei conflitti; News from Africa, un'agenzia di stampa redatta interamente da giovani giornalisti e scrittori africani. Inoltre, Amani sostiene una piccola scuola in Kenya nel poverissimo quartiere di Kibera, e la polisportiva Amani Yassets Sports Club, un progetto socio-educativo per i giovani delle baraccopoli di Nairobi. Dal 1995 Amani lavora a fianco del popolo nuba, vittima di un genocidio e del conflitto tra il nord e il sud del Sudan. Amani è stata tra i primi a rompere l’isolamento e realizzare voli umanitari carichi di aiuti. Oggi Amani sostiene la riorganizzazione del sistema educativo sulle Montagne Nuba attraverso la costruzione e la gestione di scuole primarie ed istituti per la formazione di maestri nuba.

Nello slum di Korogocho.

Questo calendario è un progetto di comunicazione di Amani

A street in the Korogocho slum.

© Per le immagini Pino Ninfa Tutti i diritti sono riservati Ogni riproduzione anche parziale è vietata Tutte le immagini sono state scattate nel giugno 2005 a Nairobi, in Kenya Per acquistare questo calendario rivolgersi ad Amani

Riruta Satellite. La sartoria del Kivuli Centre gestita da signore burundesi e ruandesi. Riruta Satellite. The dressmaker’s at the Kivuli Centre run by women from Burundi and Rwanda.

Ngong. Il cortile della Casa di Anita. Ngong. The courtyard at Anita’s Home.

Riruta Satellite. Moses…(età).e Brain….(età)…residenti al Kivuli Centre. Riruta Satellite. Moses…(età).e Brain….(età), residents at the Kivuli Centre.

Riruta Satellite. Il pozzo del Kivuli Centre. Riruta Satellite. The well at the Kivuli Centre.

Amani Onlus Ong via Gonin, 8 – 20147 Milano tel. +39 02 48951149; +39 02 4121011; fax +39 02 45495237 e-mail: amani@amaniforafrica.org sito web: www.amaniforafrica.org c.c.p. n. 37799202 intestato ad Associazione Amani Onlus - Ong Banca Popolare Etica c/c 503010 intestato ad Associazione Amani Onlus - Ong ABI 05018 - CAB 12100 - CIN G EU IBAN IT93 G050 1812 1000 0000 0503 010

Nel quartiere di Korogocho. In the Korogocho district.

Amani, which in Ki-swahili means peace, is a lay voluntary movement, inspired and co-founded by Father Kizito Sesana, a Catholic missionary of the Comboni’s Fathers. Amani is a non governmental organisation, acknowledged by the Italian Ministry of Foreign Affairs, specially committed in supporting African peoples by following two fundamental principles: 1. to supervise the development of a restricted number of projects, so as to continue working on a mainly voluntary basis and to limit the costs borne by our donors; 2. to entrust each project and initiative carried out on African soil, solely and exclusively to locals. Confirming this is the fact that many of Amani’s interventions are inspired by a group of young Africans gathered together in the community of Koinonia. The main activities of Amani are: the three rehabilitation centres for street children of Nairobi and Lusaka; Africa Peace Point and Amani People’s Theatre, a local organisation and a company of young African actors promoting a peace culture and conflict mediation; News from Africa, a press agency entirely run by young African journalists and writers. Furthermore, Amani supports a small school in Kenya in the extremely poor area of Kibera, and a sports club, the Amani Yassets Sports Club, a social and educational project for the youth of Nairobi’s slums. Since 1995 Amani is committed to help the nuba people, victim of a fully-fledged genocide and of a war between the south and the north of Sudan. Amani has been one of the first to interrupt the isolation of this people and to carry out humanitarian flights. Nowadays, Amani is supporting the reorganization of the educational system in the Nuba Mountains by building and managing primary schools and institutes for the training of nuba teachers.


10 anni con Amani Amani compie dieci anni. Registrata in uno studio notarile di Milano il 4 aprile 1996 e quindi riconosciuta come Ong, Amani si è impegnata nei settori dell’informazione, della cultura e della sensibilizzazione dell’opinione pubblica, oltre che nella raccolta fondi per la realizzazione di progetti di cooperazione e sviluppo in Kenya, Sudan e Zambia. Sin dall’inizio Amani ha lavorato in completa sintonia e collaborazione con Koinonia, l’associazione “sorella” nata in Zambia nel 1982 e in Kenya nel 1990. Fedele alla cultura africana, che pone la persona umana e la sua vita al centro di tutto, Amani ha promosso progetti di formazione e promozione sociale, soprattuto al servizio dei bambini e dei più deboli e svantaggiati. Dieci anni di attività, fatta con intelligenza e cuore, con la consapevolezza di essere solo un piccolo segno, ma un segno efficace, hanno permesso ad Amani di cambiare e migliorare la vita di migliaia di bambini e bambine africani. Con un obiettivo costante, meglio una visione: che tutti i bambini del mondo abbiano una famiglia, una casa, cibo, vestiti, rispetto e amore. Non ci scoraggia il fatto che a volte ci sembra di vivere in un mondo ingiusto, in cui economia e mezzi di comunicazione, tendono a tessere una rete opprimente mentre non sembra crescere di pari passo la fratellanza e la solidarietà. Noi continuiamo a metterci alla scuola dei bambini, che ci insegnano che non ci sono solo tanti piccoli “IO”. Ma che questo piccolo pianeta è abitato da un unico grande ”NOI”. Quando Julian è stato trovato in strada da un operatore sociale di Koinonia, nove anni fa, era un tredicenne con un fisico minuto e un sorriso malinconico. La sua era una normale storia di povertà: mamma e papà erano senza lavoro, e il cibo per lui e le tre sorelline era scarso. Anzi, certi giorni proprio non c’era. E’ venuto a stare con noi a Kivuli, la casa per bambini di strada che a quei tempi stavamo aprendo alla periferia di Nairobi, in Kenya. Julian ci preoccupava perché era buono, volonteroso, riservato e timido, ma sembrava non crescere mai, e a scuola i risultati erano meno che mediocri. Che la cronica malnutrizione ne avesse ritardato per sempre lo sviluppo, anche mentale? E che cosa avrebbe potuto fare da grande? Magari, pensavamo, potremmo fargli prendere la patente per fare l’autista. O almeno che impari a fare il dattilografo, per assicurarsi un lavoretto d’ufficio. Julian sembrava interessarsi solo al calcio, una passione che a noi sembrava fuori posto in un fisico così patito. Lui, invece, pur di non rinunciare a una partita, saltava il pasto senza pensarci due volte. A diciott’anni è iniziato il cambiamento. A scuola i risultati miglioravano di trimestre in trimestre, e anche fisicamente Julian ha cominciato a crescere. A vent’anni era un metro e ottantacinque, con un fisico che faceva paura alle più agguerrite difese avversarie. Finita la scuola superiore con risultati al di sopra della media, è ritornato in famiglia, a poche centinaia di metri da Kivuli, e si è messo a lavorare di giorno e a studiare la sera. Ora sta finendo un corso in aministrazione e contabilità. Ogni volta che lo incrocio sulla Kabiria Road mi saluta con allegra esuberanza. E così mi ricorda che, al di là di tutte le retoriche, i bambini sono sempre l’icona vivente del futuro, della speranza, della fiducia nella vita. In maniera sorprendente. Magari crediamo di averne misurato i talenti e i limiti, di sapere cosa è bene per loro, quale professione dovrebbero intraprendere. Vorremmo, come tanti genitori poco saggi, modellarli, cambiarli, adattarli a noi, farne in qualche modo la nostra copia. Oppure desideriamo che raggiungano le mete che noi abbiamo fallito. Per fortuna, i ragazzi ci dimostrano ogni giorno che tutto questo non solo è far violenza su di loro, ma soprattutto che non è proprio possibile. E non lo è nella misura in cui loro sono quello che sono, sono sé stessi e non una nostra appendice, sono persone che chiedono di essere acompagnate con pazienza e amore, ma lasciate crescere nella loro unicità sorprendente e originale. L’evidente vulnerabilità di ogni bambino, e la conseguente tenerezza e protezione che suscita, non ci deve far dimenticare che anch’esso è persona soggetto di diritti, come recita la Convenzione per i Diritti del Bambino delle Nazioni Unite. Ma per chi crede in Dio, ogni bambino rappresenta ben più che un sog-

10 years with Amani getto di diritti. E’ l’icona di quell’irriducibilmente Altro che è Dio stesso. Ci pone la necessità di uscire da noi stessi e di misurarci con la grandezza, l’immensità, la bellezza, il mistero di Dio. Per chi è cristiano, ogni bambino è sorella e fratello di quel fagottino che Maria accudisce nella grotta di Betlemme. Un bambino che è l’Altro che ci interpella e ci ama facendosi nostro fratello, carne della nostra carne. Molta iconografia cristiana rappresenta il bambino Gesù che dorme pacificamente con le manine giunte. Forse in questi tempi che tendono a escludere il divino dalla vita umana, ci aiuterebbe di più, per capire il senso dell’incarnazione, un’immagine del bambino Gesù che, come ogni neonato che si rispetti, cercasse di sopraffare con gli strilli i cori angelici aleggianti sopra la grotta. Un bambino che ci ricordi la concretezza della vita, fatta di acqua, pane, vino, olio, sudore e sangue, proprio come farà Gesù da adulto. E come Maria, che in ansia lo ritrova nel Tempio, non possiamo mai pretendere – e neppure lo possono i genitori naturali – di conoscere tutti i loro pensieri e di controllare tutte le loro azioni. Ogni tentativo in questo senso sarebbe disastroso. La sola cosa che possiamo fare, senza misura, è donarci al bambino. Donarsi significa donare vita. Non solo biologicamente: donare tempo, attenzione, fiducia, amore per far crescere gli altri e far crescere noi stessi. E’ fare moralismo e retorica affermare che questo dovrebbe essere il principale obiettivo della nostra esistenza? Donarsi perché gli altri abbiano vita. Purtroppo oggi nel mondo l’ideale piu grande sembra essere il successo personale, individuale, che viene misurato dai gradi che si conquistano sul campo: militari, accademici, di posizione sociale o dagli indici di ascolto... Anche gli uomini di Chiesa non sono esenti da questa “tirannia” del successo. Eppure il Vangelo ci insegna che la nostra vita non aumenta di valore perché facciamo carriera, ma nella misura in cui ci impegnamo nella realizzazione del Regno di Dio. Donarsi aiuta noi – e aiuta le persone che stanno crescendo intorno a noi – a liberarsi dalla schiavitù della ricerca esasperata dell’affermazione di sé e del proprio successo. Per diventare persone umane autentiche. E questa non è utopia, è concretezza di vita quotidiana. Chi è impegnato a crescere insieme ai bambini sa perfettamente cosa voglio dire. Anche perché loro sono diretti, spontanei e di adulare come gli adulti non se lo sognano nemmeno. Victor, con noi da cinque anni, un volto espressivo che passa in un istante dall’affettuoso al cinico, ne è un esempio. Da parecchio tempo afferma sempre con la massima certezza che diventerà presidente del Kenya e farà leggi apposite per la protezione dei bambini. E allora un educatore, per stuzzicarlo, gli ha chiesto: “Quando sarai presidente mi darai un posto nel tuo governo? Magari anche un posto piccolo piccolo, così, tanto per starti vicino”. Victor ha sfoderato un sorriso da dolce canaglia, lo ha abbracciato e gli ha risposto: “Ti farò Ministro della Bontà, perché tu hai il dono di far diventare buoni tutti quelli che ti stanno intorno”. Mi diceva l’educatore: “Non ho capito, e non capirò mai, se fosse serio o se stesse cercando di entrare nelle mie grazie. Ma una risposta così non la dimenticherò mai”. Certo, i bambini sono capaci di sorprenderti e spiazzarti. E forse la fotografia – più ancora che le parole che finiscono con lo scadere nel retorico e nello sdolcinato – è capace di rivelarne con immediatezza e spontaneità la loro natura più vera e profonda, cogliendo la vita nell’istante in cui il bambino si trasforma e cresce. In questo senso, le foto di Pino Ninfa che illustrano questo calendario, sono belle non solo esteticamente, ma soprattutto perché ci fanno intuire il potenziale e la speranza che questi bambini rappresentano. Una speranza che noi abbiamo il privilegio di sperimentare ogni giorno, con Julian, Victor e tanti e tanti altri. Perché dare un po’ della nostra vita ai bambini di Kivuli – e a quelli delle altre nostra case: Anita’s Home, Tone la Maji, Mthunzi o dei Monti Nuba – è vivere immersi in una straordinaria corrente di vita e di cambiamento. Padre Kizito Renato Kizito Sesana, mccj

Amani is about to celebrate its tenth anniversary. Registered in a notary’s office in Milan on 4th April 1996 as a Non-profit Organisation, Amani has always concentrated its efforts on information, culture, on sensitising public opinion and raising funds for the realisation of co operation and development projects in Kenya, Sudan and Zambia. From the word go, Amani has worked in complete harmony alongside Koinonia, the ‘sister’ organisation set up in Zambia in 1982 and in Kenya in 1990. Faithful to African culture, which places human beings and their lives at the centre of everything, Amani sponsors training and social promotion projects, targeted especially at children, the weak and the disadvantaged. Ten years of activities, carried out with intelligence and feeling, fully aware of being merely a small cog in the wheel, but an effective one, have allowed Amani to change and improve the lives of thousands of African boys and girls. With a constant objective, or rather vision: that all the children in the world may have a family, a home, food, clothes, respect and love. We are not discouraged by the fact that at times it feels like the world we live in is unjust, one in which the economy and means of communication tend to weave an oppressive network, while brotherhood and solidarity do not seem to be growing at the same rate. We continue to listen to the lesson imparted to us by children, who teach us that there aren’t only many little “Mes”, but that this small planet is inhabited by one single, great “US”. When Julian was found on a street by a social worker from Koinonia nine years ago, he was thirteen years old, frail, with a melancholy smile. His was a normal story of poverty: his mother and father were unemployed; there was very little food for his three younger sisters and himself. Indeed, on certain days they had to go without entirely. He came to stay with us at Kivuli, the house for street children, which we had just opened in the outskirts of Nairobi, Kenya. We were worried about Julian because though he was kind, keen, reserved and shy, he never seemed to grow much and his grades at school were below average. Could the chronic malnutrition he had undergone for so long have retarded his growth, both physical and mental? Whatever could he hope to do once an adult? We thought we could perhaps help him get his driving license so he could become a driver. Or he could learn to type and find a job in an office. Julian, however, was interested in nothing but soccer, a passion which we thought ill-suited to such a sickly body as his. He instead would happily skip a meal rather than give up a match. At eighteen, things began to change. At school his grades improved from quarter to quarter. Physically he grew taller and stronger. At twenty he was six foot two, with a physique which could scare even the most determined defence opponents. When he finished high school, with grades above the average, he went back home, a few hundred metres from the Kivuli Centre, and started to work during the day and to study at night. He is now finishing a course on administration and bookkeeping. Every time I bump into him in Kabiria Road he greets me with cheery exuberance. He is a reminder to me that, without being rhetorical, children are and always will be the living icon of the future, of hope, of confidence in life. We may perhaps believe we have understood their talents and limits, what is good and what is bad for them, what job they should go for. Like many unwise parents, we would like to mould them, change them, adapt them to us, somehow turn them into a copy of ourselves. Or we’d like them to achieve the goals we didn’t achieve. Luckily children show us every day that this not only means doing violence to them but, above all, that it is actually not possible. And it is not possible simply because they are what they are, themselves, and not just an extension of us. They are people who ask to be accompanied with patience and love, but left to grow in their surprising and original uniqueness.

Pino Ninfa The evident vulnerability of children, and the tenderness and protection it automatically arouses, must never make us forget that they too are people endowed with rights, as the UN Convention on the Child’s Rights states, but for those who believe in God, children represent more than simply people with rights, they are the image of that irreducibly Other that is God Himself. They force us to come out of ourselves and gauge ourselves against the greatness, immensity, beauty and mystery of God. For Christians, every child is the brother or sister of that little bundle Mary looks after in the stable in Bethlehem. A child who is the Other, summoning us and loving us by becoming our brother, flesh of our own flesh. A lot of Christian iconography depicts Baby Jesus sleeping peacefully, his tiny hands joined. Perhaps what could help us understand better the sense of Incarnation in these times which tend to exclude the divine from human life is the image of a Baby Jesus acting as babies do and drowning out with his screams the angelic choir wafting above the stable. A baby reminding us, just as Jesus will later do as an adult, of the realities of life, made up of water, bread, oil, sweat and blood. Like Mary herself who, thoroughly worried, finds Jesus again in the Temple, we here in Amani cannot- nor can natural parents - expect to know children’s thoughts and check their every action. Every attempt to do this would be disastrous. The only thing we can do is to donate ourselves to the child. To donate ourselves means to donate life. Not only biologically-speaking: but also to donate time, attention, trust and love to help others and help ourselves grow. Is it moralising and rhetorical to maintain that this should be the main objective of our existence? To donate ourselves so that others may have life. Unfortunately the greatest ideal in the world today seems to be to reach personal, individual success, which is gauged by the grades one achieves on the field: military, academic, society or television... Not even men of the Church are exempt from this “tyranny” called success. And yet, the Gospel teaches us that our life doesn’t increase in value because we make a career, but because we commit ourselves to the realisation of God’s Kingdom. To donate ourselves to others helps us to free ourselves from the quest for our own personal success and can make us more complete. This is not utopia; it is the concreteness of daily life. Those who are committed to growing alongside children know exactly what I mean. Also because children speak outright, they are natural and wouldn’t dream of flattering the way adults do. Victor, who has been with us for five years now, with his expression that in a second goes from being affectionate to cynical, is but one example. For some time now he has been saying with great confidence that one day he’ll be the President of Kenya and will create special laws for the protection of children. And so an educator, just to tease him, asked him: “Once you are President, will you appoint me to a post in your government? Even just a small one, you know, just so that I can be near you”. Victor displayed the smile of a sweet rascal, hugged him and replied: “I will appoint you Minister for Goodness, because you have the gift of making everyone around you good”. The educator said to me: “I didn’t understand then, and never will, whether he was serious or just trying to get into my good books, but such an answer, I will never forget”. Children certainly can surprise you and throw you off your guard. And perhaps only photographs - rather than words, which can end up being rhetorical and soppy - are able to reveal their true nature, capturing life the precise moment when children change and grow up. In this sense, the photos by Pino Ninfa, illustrating this calendar, are not only beautiful aesthetically-speaking; they are beautiful because they help us sense the potential and the hope these children represent. A hope we have the privilege of experiencing every day, with Julian, Victor and many, many others. Because giving a bit of our lives to the children of Kivuli - and to those of our other homes: Anita’s Home, Tone la Maji, Mthunzi or in the Nuba Mountains - is to live immersed in an extraordinary current of life and change. Father Kizito

Spettacolo e reportage: l’interesse per la musica e per il sociale fondano il senso complessivo del suo lavoro fotografico. Per il Comune di Monaco di Baviera ha documentato il progetto “Whon Forum“ (1991-94), destinato al recupero di persone in difficoltà tramite nuovi alloggi e il reinserimento nel mondo del lavoro. Per la Provincia di Milano segue dal 1996 il progetto “Metropoli”: concerti e spettacoli vengono documentati cercando un connubio fra musica e contesto architettonico e partecipativo. Per lo stesso progetto ha concepito un calendario, giunto nel 2006 alla decima edizione. Nel 1996 ha avviato, in collaborazione con la struttura ospedaliera di Tradate, il progetto “Fotografia e Psichiatria”, mentre dal 1999 ha condotto un’indagine sul mondo del tango da Buenos Aires all’Europa – allargatasi nel 2005 al mondo dei vini argentini. Per Emergency ha quindi realizzato un reportage sull’ospedale di Battambang e le aree cambogiane ancora minate. È il fotografo ufficiale dello Heineken Jammin’ Festival dal 1998. Per Heineken Italia segue i maggiori eventi musicali nel nostro paese, in particolare Umbria Jazz Summer & Winter. È stato inoltre fotografo ufficiale di vari festival jazz, da Roccella Jonica alla Valtellina, da Prato a Padova e a Vicenza. Nel 1995 è il vincitore del concorso Kodak “Le stagioni del ritratto”; l’anno seguente è selezionato per il “Kodak Award Europe”. Viene prescelto da Canon Italia come fotografo per il jazz in Italia, con una mostra allo spazio Arengario a Milano. La Regione Marche nel 2001-02 gli commissiona la campagna pubblicitaria sui treni Eurostar, e Lever Fabergé gli affida il calendario 2003 per il brand “Dove”. Segue diversi progetti per la Porsche, fra cui il reportage “Come un racconto chiamato jazz“: cinquemila chilometri da New Orleans a New York, sulle strade della musica. Poi Cuba, alla ricerca delle prime Porsche, e la Libia, in un viaggio tra passato e presente. Nel 2004 conclude in Senegal “La fête africaine”, un lavoro che è diventato una mostra per un progetto speciale con lo scultore Ndary Lo (Vicenza 2005). È presidente dell’associazione Pim (Poesia-Immagine-Musica). Ha tenuto workshop sulla fotografia in varie città d’Italia, ha creato copertine di dischi e riviste musicali. Pubblica sulle maggiori testate, dal Corriere della Sera a Repubblica, oltre che su riviste di viaggi e musica. Per Canon Italia e Leica verifica la qualità dei prodotti collegati al mondo dello spettacolo. Pubblicazioni: Nero tango, Marcos y Marcos, 1999. Emergency: una speranza in Cambogia, Skira, 2001. Come un racconto chiamato jazz, 2001. Impressioni mediterranee, Ismez, 1995.

Show business and reportage: the whole sense of his photographic experience basically lies in his interest for music and social issues. He reported for the Municipality of Munich the project “Whon Forum“ (1991–94) dealing with the assistance to people in trouble, assuring new homes and facilitating their reintegration in the job system. Since 1996 he worked for the Province of Milan at the project “Metropoli” where concerts and shows were reported trying to match music with architecture and partecipation; for this project he has elaborated a calendar that in 2006 will reach the tenth edition. In 1996, he started also, a collaboration with the Hospital of Tradate on the project “Photography and Psychiatrics” to benefit mentally ill patients. In 1999, he worked out with the Consulate of Argentina and the publisher Marcos at a reportage on tango from Buenos Aires to Europe. He later continued this work leading in 2005 to a new project on tango and Argentina including wines of that country. He worked out with the NGO Emergency a reportage in Cambodia on the hospital of Batambang and the mined areas of the region. Since 1998 he is the official photographer of the Heineken Jammin Festival, taking part to the most important musical events in Italy, particularly the editions of Umbria Jazz, Summer and Winter. He has been official photographer of various jazz festivals, from Roccella Jonica to Valtellina, from Prato and Padova to Vicenza. In 1995 he won the Kodak contest “Le stagioni del ritratto“, in 1996 he has been selected to partecipate to the contest “Kodak Award Europe”. Canon Italia chose him as its photographer for jazz music in Italy, opening on this subject an exhibition at the Arengario in Milan. In 2001–02 Region Marche entrusted him with an advertising campaign on the Eurostar trains, while, in 2003, the company Lever Fabergé entrusted him the calendar “Dove” on the female universe. He worked out several projects for Porsche car maker. In 2001 the reportage “As a tale named jazz” a 5.000 km trip on a Porsche car from New Orleans to New York, on the roads of music. Then he went in Cuba loooking for the first Porsche cars and in Lybia, travelling between past and present. In 2004 he carried out the project “La Fete Africaine in Senegal”, a project with the sculptor Ndary Lo exhibiting in Vicenza on May 2005. He is President of the Association PIM (Poetry, Image, Music). In this frame he carried out several workshops on photography in various Italian spots, he worked at several covers of music magazines and records. He publishes on the most important Italian newspapers, like “Corriere della Sera” and “Repubblica”, and also on magazines specialised in travels and music. Publications: Nero Tango, Marcos&Marcos, 1999. Emergency: an hope in Cambodia, Skira, 2001. As a Tale named Jazz, 2001. Impressioni Mediterranee, Ismez, 1995.


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