Io manifesto per la libertĂ 25 poster e 25 storie raccontano 50 anni di Amnesty International Alessandro Baricco, Nino Benvenuti, Lydia Cacho, Pat Carra, Francesca Comencini, Carmen Consoli, Lella Costa, Ivan Cotroneo, Giobbe Covatta, Giovanni De Mauro, Mario Desiati, Tiziana Ferrario, Paolo Fresu, Alessandro Gassman, Gipi, Carmen Lasorella, Dacia Maraini, Predrag Matvejevic', Susanna Nicchiarelli, Ferzan Ozpetek, Roberto Saviano, Igiaba Scego, Alexian Santino Spinelli, Filippo Timi, Horacio Verbitsky, Sandro Veronesi.
Prefazione di Dario Fo e Franca Rame Introduzione di Valentina Maran
La forza della parola
© Amnesty International Francia. Curtie. DICJ, fine anni Settanta
Ricordare è ciò che possiamo fare per tutte e tutti loro. Ricordare, come ci chiede il dissidente di questo bellissimo manifesto di Amnesty. Far sì che i loro sacrifici non siano stati vani e la parola imprigionata di ieri possa diventare la parola libera dell’oggi. Roberto Saviano
Mundial ’78 Nell’istante stesso in cui la squadra argentina mise a segno il gol che le valse l’accesso alla finale, una bomba fece saltare in aria una finestra della residenza del ministro della Junta, che aveva osato mettere in discussione quello spreco di denaro con fini propagandistici. Quando il pallone cominciò a rotolare, la dittatura aveva già sequestrato e fatto sparire il 90 per cento delle sue vittime. Horacio Verbitsky
© Lars Åström per Amnesty International Svezia, 1978
C-l-a-n-d-e-s-t-i-n-o Ma è possibile che le parole facciano così male? C-L-A-N-D-E-ST-I-N-O... ahhhh.
Sento le viscere staccarsi da me. Mi chiamano clandestino, quello che rompe le leggi e l’ordine costituito, sono l’extracomunitario, quello che non appartiene al consesso degli umani, sono l’invasore che minaccia un confine tracciato da un potere che ci vuole tutti pecore. Ma sono solo un uomo in questa terra. Igiaba Scego
© Amnesty International Francia, anni Ottanta
Un uomo con la biro
© Amnesty International Francia, anni Ottanta
La traduzione orale di questo manifesto – della sua forza, della sua esattezza – io l’ho sentita dal mio amico Roberto Benigni, alla televisione, qualche mese fa. Suona più o meno così: “Quando un uomo con la pistola incontra un uomo con la biro, l’uomo con la pistola è un uomo morto”. Lella Costa
Sentimenti comuni Il poster è stato realizzato in Giappone per la mostra “Freedom in the ’80s”. La fila di finestre identiche esprime un’opprimente sensazione di solitudine, angoscia ed esclusione.
Le libertà fondamentali sono spesso messe a rischio dalla discriminazione e dal razzismo, che colpiscono sistematicamente le persone indigenti, i gruppi di minoranza, i migranti e tutti coloro che per varie ragioni sono di fatto più vulnerabili.
Vignetta di Gipi © Shoji Yamafuji per Amnesty International Giappone/“Freedom ’80”, 1980
Storia breve d’infanzia nel mio paese Ughetto sparì un giorno d’estate, e ancora lo ricordo con nitore il pomeriggio in cui la madre, una flessuosa e scheletrica donna bruna dagli occhi a mandorla, cantilenava: “Hanno rapito Ughetto, hanno rapito Ughetto”. Mario Desiati
© May Angeli per Amnesty International Tunisia, 1988
L’integrazione è come l’amore! L’integrazione è come l’amore, si fa in due. L’errore è sempre del singolo e mai di un’intera comunità o di un’intera popolazione. Oggi se la prendono con i rom stranieri, se non li fermiamo ora se la prenderanno con i rom e sinti italiani, poi con gli immigrati, poi con gli ebrei, poi ancora con i comunisti e speriamo che resti qualcuno, prima che la deriva neofascista ci porti tutti via! Alexian Santino Spinelli
© Peter Jani per Amnesty International Germania. Als Beitag. Vienna XIV, 1988
Lasciando la vita a San Francisco “.. se il popolo della California mi uccide, uccidono in realtà loro stessi. Perché hanno fallito di fronte a se stessi. Perché io faccio parte della società e mettendomi a morte loro falliscono. Si degradano se uccidono me. Chiunque uccidano, si degradano”.
© Amnesty International Usa, anni Novanta
Dall’intervista di Sandro Veronesi a un detenuto nel braccio della morte
Libertà di fare cosa? Iniziano a legarti le mani, poi i piedi, poi a chiuderti gli occhi, poi a spegnerti la voce, poi a metterti paura. Possono farlo. E tu continui a vivere, magari hai anche le autostrade e Cinecittà, ma sei in una gabbia e inizi ad abituarti, perché anche quello è un modo di vivere, in gabbia, soprattutto se la gabbia te la rendono in fondo confortevole, e apparentemente adatta a crescere, vivere, fare figli, fare soldi, toglierti delle soddisfazioni, avere amici e amori. Alessandro Baricco
© Eneko per Amnesty International Venezuela, 1990
Liberi di essere Libertà è poter vedere altro. È poter scorgere dietro una saracinesca la luce tenue che si alza e un cielo di stelle luminose. Libertà è una scia che passa e che si mostra insperata disattendendo le certezze incerte della prigionia. Quella fisica, quella mentale, quella psicologica. Paolo Fresu
© Michel Granger per Amnesty International Francia, 1990
Le sparizioni forzate Il tema degli arresti arbitrari e delle sparizioni forzate viene raccontato da Mordillo con il disegno “L’individualista” nel 1979. Nella seconda metà degli anni Settanta, grazie al coraggio e all’impegno delle associazioni per i diritti umani dell’America Latina, amplificati dai rapporti e dalle campagne di Amnesty International, l’orrore delle “sparizioni” divenne un fatto noto.
Vignetta di Pat Carra © Guillermo Mordillo per Amnesty International Italia, 1992
Fra le bestie, l’uomo è la più feroce Perché quando un uomo ha pianto tutte le lacrime, cosa gli resta?
Dopo che ha pianto il terrore, la paura, la ribellione, cosa gli resta? Dopo che ha pianto la convulsione, il grido, la perdita della dignità, cosa gli resta? Dopo che ha pianto il ricordo di sua moglie e dei suoi figli, cosa gli resta? Dopo che ha pianto la maledizione, l’ingiustizia e il terrore che se fosse stato dall’altra parte avrebbe fatto probabilmente lo stesso, dopo che si è pianto tutto, che resta? Niente.
Filippo Timi © Gonçalo Pena per Amnesty International Portogallo, 1996
C’era una volta... C’era una volta Cassius Marcellus Clay, un ragazzo di colore nato con l’arte del pugilato, come dono di Dio. Covava da sempre dentro di sé un forte sentimento di uguaglianza, che non vedeva realizzato nella società dove viveva, fra bianchi e neri e fra quanti subivano la prepotenza dei più forti. Da ricordare la sua campagna contro le cinture elettriche, usate dai poliziotti contro quanti protestavano in piazza per l’uguaglianza e contro il razzismo. Nino Benvenuti
© Amnesty International Usa, 1998
Una risposta impossibile Sembra che questa donna, che regge in mano una sola candela per tutte le migliaia di vittime dell’omofobia, non sia nemmeno più arrabbiata per tutto quello che ha visto e vede accadere. Sembra invece che sia stupita, del fatto che è necessario ancora ribadire che i diritti delle persone omosessuali sono diritti di tutti, sono diritti delle persone, e quindi dell’umanità intera. Ferzan Ozpetek e Ivan Cotroneo
© Erwin Olaf per Amnesty International Olanda, 1998
Infanzia schiavizzata Ogni volta che guardiamo una bambina o un bambino costretto a lavorare, non pensiamo a come sarà la sua vita, se gioca o se dorme bene, se ha fame o sete.
La vita di un bambino che impacchetta per WalMart in Messico e che vive delle mance e probabilmente studia la sera è diversa da quella di un bambino sfruttato nelle miniere di Oaxaca. Così come è diversa la vita di una bambina che impara a fare le pulizie stando accanto alla madre alcune ore, da quella di una bambina costretta a lavorare come domestica. Lydia Cacho
© Malte Martin per Amnesty International Francia, 1999
Violenza innaturale Perché comunemente, quando di qualcosa diciamo che è “naturale sia così”, intendiamo (o sottintendiamo) dire che è giusto, è nel bene, mentre se una cosa è innaturale le conferiamo un’accezione decisamente negativa. Allora, le torture sono naturali? Nella storia dell’uomo la tortura, l’abuso, il sopruso sembrano congeniti, esistono da millenni e, in tantissime culture, non sono neanche percepiti o stati percepiti come oltraggiosi dell’essere umano. Carmen Consoli
© Amnesty International Usa, 1999 (“Imagine” by John Lennon © 1971, 1999 LenonoMusic – admin. by EMI Blackwood Music Inc.)
Una vita normale Ramallah, estate del 2010… È come se, in qualche modo, stessimo tutti cercando di far finta che qui si possa fare una vita normale, scegliere degli attori, discutere di fotografia e di inquadrature, vedere dei film e scrivere sceneggiature, quando non è vero, non è possibile, la normalità qui non esiste, non c’è mai stata e non ci sarà mai, c’è solo la guerra. Susanna Nicchiarelli
© Amnesty International Usa, 2002
Gli occhi di Malalai Aveva solo 10 anni la bambina di questo manifesto scelta da Amnesty International nel 2002 come simbolo della sua campagna a favore della dignità e dei diritti umani… Lo sguardo profondo della ragazza nella foto, quei suoi grandi occhi blu, seri, raccontano i tanti orrori che probabilmente ha già visto nel corso della sua breve vita. È uno sguardo che ho colto tante altre volte nelle decine e decine di bambine e giovani che ho incontrato lavorando come giornalista in Afghanistan.
Tiziana Ferrario
© Steve McCurry per Amnesty International Usa, 2002
Armi senza controllo Quando muore una persona in divisa, piangiamo sempre e comunque colui che la indossava. Ma quando a morire è una donna falciata da una raffica di mitragliatrice, un bambino che sta attraversando la strada, quando la ferocia delle armi si abbatte contro un matrimonio, un battesimo, un compleanno, portando silenzio e morte dove un attimo prima erano canti e vita, allora non solo piangiamo, ci indigniamo profondamente. Alessandro Gassman
Š ZowArt per Amnesty International Italia, 2003
Il pugno in faccia Comprendere le ragioni dell’altro. Ecco l’esplosiva rivoluzione della vera politica. L’etica della convivenza. Il rispetto della libertà altrui non porta frustrazione ma appagamento e serenità. È questo che va appreso e fatto apprendere. Dacia Maraini
© ZowArt per Amnesty International Italia, 2004
Penne di regime Sarajevo non può dimenticare facilmente tanti suoi cittadini morti dilaniati sotto le granate nella via di Vaso Miskin mentre facevano la fila per un pezzo di pane, né i morti ammazzati alla stessa maniera nel mercatino rionale Markale mentre compravano un chilo di patate: corpi straziati, fatti a pezzi, uomini e donne morti sul posto…… Predrag Matvejević
© ZowArt per Amnesty International Italia, 2005
Il grande circo “Parlane ogni volta che puoi�, mi aveva supplicato a Yangoon un dissidente di etnia karen, una delle 70 etnie che dividono il popolo della Birmania, con in mano le prove della violenza quotidiana del regime dei generali su civili inermi. E le parole devono ripetersi, devono essere scritte, fissate nelle immagini, documentate dai dati. Devono essere soprattutto semplici per arrivare al cuore e al cervello. Carmen Lasorella
Š Amnesty International Belgio, 2006
La Russia nel cuore Le fatiche del cronista non fanno notizia, dice una buona regola del giornalismo anglosassone. Ma qualche volta bisogna fare un’eccezione. Per esempio quando il cronista diventa una vittima. Anna Politkovskaja era scontrosa e inflessibile. Aveva la Russia nel cuore, come nel poster di Amnesty International. E per questo si ostinava a raccontare tutto quello che non andava bene nel suo paese. Giovanni De Mauro
Š Timo Berry per Amnesty International Finlandia, 2007
Internet e le forchette
Š ZowArt per Amnesty International Italia, 2008
Guarda io penso che se il popolo cinese c’avesse la libertà di usare Internet e le forchette sarebbe una cosa fantastica. Sono le due cose che mancano ai cinesi: Internet e le forchette. Giobbe Covatta
Ora si viaggia “Che ti vedo camminare in equilibrio su un filo, che basta che arrivi un uomo e puoi cadere e ritornare nel destino che sta scritto per noi, mentre più di ogni cosa, più ancora del fatto che tu possa sfuggire alla povertà, io vorrei vedere la tua intelligenza sbocciare e illuminare le cose. Questo voglio, io, più di tutto, per te”. Dal racconto di Francesca Comencini
©ZowArt per Amnesty International Italia, 2010