NATURE ORIENTED DESIGN - Rapporti e contaminazioni tra progetto e mondo naturale

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NATURE ORIENTED DESIGN Rapporti e contaminazioni tra progetto e mondo naturale



POLITECNICO DI TORINO I FACOLTĂ€ DI ARCHITETTURA Corso di Laurea in Progetto Grafico e Virtuale

Tesi di Laurea

NATURE ORIENTED DESIGN Rapporti e contaminazioni tra progetto e mondo naturale

Relatore: prof. Marco Bozzola

Candidato: Amanda Rezza

Settembre 2009



INDICE

Introduzione

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Obiettivo

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Metodo

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SCENARIO Natura e Design

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Cenni Storici

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+ Natura e Design oggi

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QualitĂ naturali

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Letteratura e strumenti di documentazione

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Il ruolo della scienza e della tecnologia

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+ Classificazione degli approcci Nature Oriented Design

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Approccio espressivo

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+ Approccio prestazionale

53

+ Approccio organizzativo

Biomimetica Hybrid Design Biodesign Bionica

Design generativo Design dei sistemi

+ Casi studio

55 61 67 74

77 80 85

91

Lotus effect

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Miura-ori map

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Logo dell’associazione Nada

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METAPROGETTO Concept progettuali

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Packaging Multifunzione

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Biglietti da visita differenziati

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Libro auto-imballante

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Orientamento olfattivo

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Manifesto multifunzione decomponibile

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Bibliografia

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Sitografia

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Introduzione Ogni cosa che puoi immaginare, la natura l’ha già creata Albert Einstein

Fin dall’antichità artisti, architetti, scienziati hanno tratto ispirazione dal mondo naturale, in modo più o meno consapevole, talvolta dal punto di vista puramente formale, altre volte funzionale. La natura viene interpretata come fosse dotata di un’anima progettuale con 3,8 miliardi di anni di esperienza. Si porta quindi con sé secoli di evoluzione, di avanzamenti compiuti attraverso tentativi, fallimenti e successi, secondo la logica evolutiva definita trial and error1. I sistemi biologici sono dunque il risultato di procedure complesse in continuo affinamento, miglioramento, evoluzione che rappresentano un prezioso bagaglio di strategie e soluzioni da cui trarre ispirazione. A questo aspetto si aggiunge la continua evoluzione della scienza che consente l’accesso a una conoscenza sempre più profonda dei segreti insiti nella natura, nello stesso tempo mostra sempre più il carattere relativo delle sue scoperte. Infatti secondo la visione contemporanea alcune scienze assumono un carattere meno deterministico, lasciando la possibilità di accrescere la componente interpretativa che le porta a cercare nuove forme di dialogo con le discipline non scientifiche. Oltre a ciò si assiste attualmente ad un forte sviluppo tecnologico, in cui si trovano nanotecnologie, informatica e nuovi materiali, che offrono nuovi strumenti per accrescere la complessità degli artefatti.

1  Ashby, William Ross (1960), Design for a Brain, London, Chapman & Hall

INTRODUZIONE

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Obiettivo

In questo contesto di evoluzione delle scienze naturali e delle tecnologie, si crea un terreno fertile per la nascita di nuove relazioni tra la cultura del progetto e il mondo naturale, che offre diversi percorsi di interpretazione della natura, in grado di configurare nuovi interessanti scenari di azione e progettazione. Nel corrente lavoro si cerca di individuare le tendenze di progetto attuali che agiscono in questa direzione e che si differenziano da quelle del passato proprio grazie all’opportunità di fare riferimento a nuove conoscenze e strumenti, permettendo di osservare la natura più dettagliatamente, andando cioè a indagarne i processi, le relazioni, le funzioni, oltre che la morfologia.

Metodo

Questa tesi si sviluppa in tre momenti principali. Il primo consiste nel brief, ovvero nell’identificazione dell’argomento e del metodo con cui affrontarlo. Si tratta di una fase cruciale in quanto nel momento in cui ci si avvicina ad un campo di indagine tanto ampio come quello del rapporto tra natura e design, è importante riuscire a circoscrivere e semplificare il tema evitando di cadere in banalizzazioni. In realtà questa è una fase che apre il lavoro, ma che allo stesso tempo può essere ultimata e prendere forma soltanto in conclusione. In particolare della relazione tra progetto e natura, si è scelto di focalizzare l’attenzione all’ambito del graphic e product design contemporanei, nonostante non manchino riferimenti o accenni anche ad altre discipline, architettoniche o scientifiche, e appartenenti al passato. Lo scenario è la seconda fase del lavoro ed anche la più corposa, nella quale vengono individuati e analizzati questi argomenti grazie ad una ricerca desk, che ha permesso di mettere in luce diverse discipline progettuali che si approcciano in qualche modo alla natura. Proprio a seconda del tipo di approccio vengono classificate in tre categorie che tengono conto dell’aspetto espressivo, organizzativo o prestazionale del mondo naturale. Per avere una visione più completa vengono infine presentati tre casi studio che si collegano inoltre con la sfera vera e propria del progetto, quindi con l’ultimo step della tesi, la fase metaprogettuale.

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INTRODUZIONE


Schema riassuntivo della metodologia di sviluppo della tesi.

FEED-BACK

BRIEF

AVVICINAMENTO AL TEMA

CENNI STORICI

SCENARIO

SITUAZIONE ATTUALE

SUGGESTIONI PROGETTIALI

INTRODUZIONE

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Quest’ultima non ha l’obiettivo di fornire un vero e proprio progetto, bensì delle suggestioni progettuali che possano fungere come esempio e dimostrazione dell’efficacia che si può riscontrare nel progettare secondo natura.

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INTRODUZIONE


NATURA E DESIGN “Natura” e “design” sono due parole i cui significati sono spesso contestati Tuttavia noi le usiamo in ogni momento e pensiamo di conoscerne il significato. Il critico Raymond Williams quando si riferisce alla natura la descrive come la probabile parola più complessa del linguaggio e design lo è poco meno. Queste due parole sono di difficile definizione poiché entrambe hanno più di un significato.

Sulla natura vi sono principalmente due filoni di pensiero. Uno per cui viene considerata l’insieme enti che non sono artefatti dell’uomo (approccio negativo), l’altro invece considera anche l’uomo come facente parte della natura (approccio positivo). Il primo approccio prevede un distacco dal mondo naturale. Questo provoca la nascita dell’idea che la natura sia in perenne conflitto con l’umanità, e che per tale ragione si difenda attraverso le catastrofi naturali dal sopravvento dell’uomo con le sue impattanti tecnologie. Parallelamente chi vuole evitare che ciò avvenga finisce per allontanarsi da ogni tipo di artificio e rifugiarsi in tutte quelle attività, prodotti, le cui denominazioni abbiano –bio come prefisso e si propongano come naturali, utilizzando per esempio materiali allo stato grezzo.

SCENARIO • NATURA E DESIGN

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Nel secondo approccio invece vi è una visione unitaria che comprende l’uomo oltre agli animali, alle piante, ai minerali, a tutte le risorse naturali ed eventi come uragani, cicloni e terremoti. Secondo questa accezione ogni artefatto potrebbe esser considerato natura. Un grattacielo, in quanto costruito dall’uomo per poter soddisfare un bisogno di rifugio, potrebbe essere messo al pari del nido costruito da una rondine.

Tra queste due visioni, molto diverse tra loro, ne esistono infinite, e con varie sfumature. Un approccio interessante è quello del filosofo, matematico ed epistemologo Giulio Giorello:

L’universo - scrive Galileo Galilei ne Il Saggiatore –“ è un libro scritto in lingua matematica, e i caratteri sono triangoli, cerchi e altre figure geometriche”. Alle origini della scienza moderna c’è l’idea che la natura sia un libro, in cui sono scritte le leggi che ne regolano l’ordine e il funzionamento. Se la natura è un libro, l’essere umano è il lettore, cui tocca voltare le pagine, e comprendere per intero la trama. E leggere il libro della natura ha anche portato con sé il desiderio di scriverne e correggerne alcuni passi. Così alla scienza, che cerca le leggi della natura, si è affiancata la tecnica. E oggi l’opera dell’uomo si è spinta fin nelle pieghe dell’atomo e del codice genetico. Questo ruolo di lettore, e talvolta di scrittore, della natura sembra fondarsi sull’idea che l’essere umano possa acquisire un punto di vista imparziale e superiore, dal quale studiare l’universo. Una prospettiva dalla quale la natura gli si dipani dinanzi come un libro appunto. Tuttavia è la stessa scienza ad avere proposto un’altra immagine dell’uomo. L’uomo non è solo lettore del libro, ma è egli stesso un personaggio dell’intreccio. Il “darwinismo” e la teoria dell’evoluzione hanno mostrato come fra l’essere umano e le altre specie non vi siano differenze qualitative, ma solo quantitative, cioè di grado. L’essere umano è quindi natura egli stesso. Non solo è sottomesso alle leggi fisiche, che governano tutti gli altri esseri, ma è la sua stessa origine ad essere completamente naturale.

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SCENARIO • NATURA E DESIGN


L’essenza dell’uomo non è metafisica, ma è tutta scritta nel libro della natura. Lettore e al tempo stesso personaggio.1

I due ruoli non sono incompatibili, ma la loro coesistenza pone questioni affascinanti Per quanto riguarda il design è possibile che la difficoltà nel descriverlo con una definizione riguardi l’interdisciplinarietà che lo caratterizza. È facile infatti che nel parlare di design ci si soffermi e si dia più importanza ad una delle discipline concorrenti a discapito di un’altra. Oltre tutto questa è una realtà che si presenta nella cultura del progetto stessa, che non è omogenea ma si divide in diverse tendenze. È sufficiente sfogliare le pagine di questo testo, per accorgersi della moltitudine di approcci esistenti: design generativo, design antropomorfo, design generativo, hybrid design, biodesign. E questi sono solo pochi esempi peraltro circoscritti ad uno specifico ambito, quello del nature-oriented.

Ecco allora che possiamo imbatterci in definizioni estremamente diverse come le seguenti:

Il design è per noi una disciplina creativa globale di matrice artistica e poetica: una delle forme d’arte più tipiche dell’epoca che stiamo vivendo2. Il design è progetto […] pensato a tutto tondo, dalla ragione industriale all’emozione estetica e alla ragionevolezza funzionale. […] Il design è il punto d’incontro tra visione3.

Ciò che si vuole comunicare con questo paragrafo è che con questo lavoro, non si vuole avere la presunzione di stabilire in modo esatto cosa siano la natura e il design, poiché ci si addentrerebbe in ambiti filosofici, religiosi, storici.

1  Giorello, Giulio (2000) “Intervista su L’uomo e la natura”, Il Grillo, Rai Educational 2  Alessi, Alberto (2008) Incontro all’auditorium di Roma, Che cos’è il design, Roma 3  De Biase, Luca (2006) “Soggetti di design”, Nòva24, 22 giugno 2006, Milano, Il Sole 24 Ore

SCENARIO • NATURA E DESIGN

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Ogni qual volta si parlerà di questi due concetti, dovranno quindi essere considerati proprio nella loro complessità, senza rigide definizioni che finirebbero per banalizzarne l’essenza.

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SCENARIO • NATURA E DESIGN






CENNI STORICI La natura, probabilmente per il fascino della sua esattezza e regolarità, è sempre stata un’importante fonte di ispirazione per la nascita di nuove soluzioni tecniche ed espressive. I colori, i ritmi, le simmetrie degli elementi naturali hanno da sempre avuto un potere ammaliante sull’uomo in quanto egli trova nella loro armonia motivo di sollievo e distensione, come confermano le teorie gestaltiche1 in merito all’influenza delle forme equilibrate sulla psiche degli osservatori. Altri teorici, come Philip Steadman2, indicano che la bellezza percepita nella Natura risieda proprio nel principio della sua coincidenza con la funzione, che è anche il principio della classicità greca. I modelli della natura quindi, con le sue forme, strutture e principi organizzativi, costituiscono un riferimento sia formale, sia funzionale, che nella storia dell’uomo hanno sempre caratterizzato il design, l’architettura, l’arte, la fotografia, la ricerca scientifica. Potrebbe dunque essere interessante ripercorrere alcune tappe storiche che possano rac-

1  La Gestalt è una corrente di pensiero, nata in Germania fra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. I suoi sostenitori affermarono che la percezione di ciò che ci circonda non è la semplice somma di elementi e sensazioni primarie, bensì un’unità strutturata di esse. Per approfondimenti: Arnheim, Rudolf (2005) Arte e percezione visiva, Milano, Feltrinelli. 2  Steadman, Philip è architetto e professore allo Urban and Built Form Studies alla University College di Londra. È architetto ed ha scritto diversi libri sulla geometria nell’architettura e sul computer-aided design.

SCENARIO • CENNI STORICI

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Ordini Classici. Le colonne dei tre ordini si differenziano, oltre che per gli elementi rappresentati in figura, in base al rapporto tra il diametro della base e l’altezza. Si noti come nel capitello di ordine Corinzio, caratterizzato dalla rappresentazione di foglie d’acanto, sia evidente il riferimento alla natura.

contare l’evoluzione del rapporto tra il mondo naturale e quello dell’architettura1, del progetto industriale, del progetto grafico. Greci

Già gli antichi Greci individuano negli organismi naturali un modello di perfezione e di armonia tradotto nell’ideale classico di bellezza. Gli architetti greci sviluppano infatti un sistema di proporzioni ideali ispirato dalla natura, che trova espressione nei tre ordini Classici: Dorico, Ionico, Corinzio. Indipendentemente dalla provenienza, dalla cultura o dalle conoscenze storico-artistiche di una persona, si può notare come la vista di un tempio venga recepita istintivamente da tutti come qualcosa di straordinario e di bello; e non certo solo per le dimensioni imponenti del tempio. Questa sensazione è dovuta all’armonia intrinseca che possiede soprattutto l’ordine 1  Il design, come lo si intende oggi, è una disciplina piuttosto giovane, che si sviluppa con la rivoluzione industriale. Perciò per avere un’idea delle tendenze progettuali del passato si è scelto di parlare anche di architettura.

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SCENARIO • CENNI STORICI


dorico e che deriva in larga misura dalle dimensioni dei suoi elementi e dal rapporto esistente fra le diverse parti architettoniche, e dalla ricerca di un proporzionato equilibrio fra verticali e orizzontali, fra pieni e vuoti. Il successo di questo stile è tale che i principi dell’architettura dei Greci verranno ripresi nel 600 a.C. dai Romani1, dal 1420 al 1620 nel periodo Rinascimentale2 e durante il Neoclassicismo3 dal 1640 al 1850. Gotico

Un altro momento del passato in cui si trova un punto di contatto con la natura è il il periodo Gotico, in cui l’architettura ha una forte corrispondenza con la matematica, la scienza, la geometria euclidea. Gli edifici sacri non sono caratterizzati da proporzioni casuali, né determinate dalla ricerca di effetti spettacolari, bensì dalla ricerca dei rapporti geometrici che stanno alla base del cosmo, ritenuti di origine divina.

Cattedrale di Chartres, Rosone

L’architettura gotica si rifà infatti alla sezione aurea , riscontrabile in molte forme naturali 4

come quella a spirale della conchiglia Nautilus. Leonardo da Vinci

Naturalmente in questa cronologia non può non essere citato Leonardo da Vinci5 con i suoi progetti scientifico-tecnologici. Nonostante egli sia vissuto nel Rinascimento, la sua personalità e il suo genio sono tali da meritare un’attenzione particolare, che possa distinguerlo dalle tendenze progettuali del periodo. I suoi progetti scientifici, così come le sue innovazioni artistiche, sono contrassegnati da

Leonardo da Vinci, Autoritratto

1  I Romani adottano l’architettura greca per la costruzione dei loro edifici. Tuttavia numerosi altri elementi vengono assorbiti dagli Etruschi, che secoli prima avevano popolato l’Italia. 2  Il tema guida del Rinascimento fu in realtà la riscoperta dell’antica Roma, rivalutata in seguito alla rivalutazione del De Architectura dell’architetto e ingegnere romano Vitruvio. 3  Il Neoclassicismo nasce in un momento in cui, dopo le stravaganze e plastiche curve del periodo Barocco e Rococò, si sente il bisogno di recuperare la purezza perduta. 4  La sezione aurea è il rapporto fra due grandezze disuguali, di cui la maggiore è medio proporzionale tra la minore e la loro somma, mentre lo stesso rapporto esiste anche tra la grandezza minore e la loro differenza. La definizione del rapporto aureo viene fissata attorno al VI secolo a.C., ad opera della scuola pitagorica in Italia e viene poi utilizzata da molti artisti, architetti e musicisti, tra cui per esempio Leonardo da Vinci, Le Corbusier, Antonio Stradivari. 5  Leonardo da Vinci (1452 - 1519) fu pittore, scultore, architetto, ingegnere e scienziato italiano, oltre che uno degli artefici del Rinascimento.

SCENARIO • CENNI STORICI

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un’attenta osservazione dei fenomeni naturali e anticipano numerose scoperte dell’era moderna. Egli afferma che nessuno effetto è in natura senza ragione; intendi la ragione e non ti bisogna sperienzia1. Con questa frase egli riassume la filosofia di alcuni approcci contemporanei di nature-oriented design, secondo i quali l’esperienza della natura sarebbe un ottimo database di strumenti progettuali. Tra i suoi studi troviamo quello sulla circolazione sanguigna, che gli consente di progettare un efficace sistema di canalizzazione dei fiumi. Mentre studiando ed analizzando il volo degli uccelli arriva a enunciare i principi di aerodinamica tuttora considerati validi. Barocco

Nel 1550 è la volta del Barocco, che utilizza le forme plastiche, mosse e policrome, tipiche delle forme naturali, per ottenere architetture molto decorate e sfarzose. Questa tendenza sfocia poi nello stile Rococò che trova un importante sviluppo anche nell’arredamento2. Entrambe le correnti si ispirano al mondo vegetale per decorazioni esuberanti che, insieme alla monumentalità delle grandi dimensioni architettoniche, mirano a coinvolgere, persuadere e stupire.

Sedia in stile Barocco

Modernismo

Nella seconda metà del XX nasce e si sviluppa il Modernismo, con il quale si definiscono un insieme di stili progettuali. Alcuni di questi nutrono un’attenzione particolare per il mondo naturale. L’Art Nouveau3 ne studia gli elementi strutturali traducendoli in una linea dinamica e ondulata. Semplici figure sembrano prendere vita ed evolversi naturalmente in forme simili a piante o fiori. Con questo stile vengono progettati prodotti grafici, oltre che d’arredamento e architet-

Georges Privat-Livemont Peintre de Femme, 1901

tonici. Sempre negli stessi anni si sviluppa l’architettura organica di cui tra gli esponenti troviamo

1  Fonte: Leonardi da Vinci, Codice Atlantico. 2  Lo stile Barocco nasce in Italia nel 1550 e caratterizza l’architettura fino al 1790. Il Rococò invece ha origine nel 1715 in Francia, ed è uno stile decorativo sviluppatosi come evoluzione del tardo Barocco. 3  L’Art Nouveau (1890 – 1910 ca.) è un movimento che interessa le arti figurative, l’architettura e le arti applicate. A seconda del luogo in cui si sviluppa prende diverse denominazioni: Stile Floreale in Italia, Stile Liberty o Modern Style in Gran Bretagna, Jugendstil in Germania, Sezessionstil in Austria.

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SCENARIO • CENNI STORICI


Sant’Ivo alla Sapienza. 1640-60, Francesco Borromini. Considerata come uno dei capolavori del Barocco.

SCENARIO • CENNI STORICI

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Frank Lloyd Wright1 che, oltre a trarre ispirazione dal mondo naturale, cerca di integrarlo nelle sue opere e Alvar Aalto2 che usa invece materiali naturali, soprattutto il legno, la ricerca di superfici e linee curve, il coinvolgimento tra la costruzione progettata e l’ambiente naturale. Con questo metodo progettuale oltre all’espressività della morfologia organica, si inizia ad osservare nella molteplicità delle forme naturali una corrispondenza tra forma e funzione3.

Frank Lloyd Wright Casa sulla cascata

Per meglio comprendere questo concetto si legga questo breve estratto da un articolo del 1896 di Louis Sullivan:

Tutte le cose in natura hanno un aspetto, cioè, una forma, una sembianza esterna, che ci spiega che cosa sono, che le distingue da noi stessi e dalle altre cose. Senza dubbio in natura queste forme esprimono una vita interiore dei sistemi naturali, la qualità originaria, di animali, alberi, uccelli, pesci (…) Nella traiettoria del volo dell’aquila, nell’apertura del fiore di melo, nella fatica del lavoro duro del cavallo, nello scivolare gaio del cigno, nella ramificazione della quercia che si aggroviglia intorno alla base nel movimento delle nubi e sopra tutto nel movimento del sole, la forma segue sempre la funzione, e questa è la legge. Dove la funzione non cambia, la forma non cambia (…) è la legge che pervade tutte le cose organiche ed inorganiche. Tutte le cose fisiche e metafisiche, tutte le cose umane e sovraumane di tutte le manifestazioni concrete della testa, del cuore, dell’anima, che la vita è riconoscibile nella sua espressione, che la forma segue sempre la funzione. Questa è la legge4.

1  Frank Lloyd Wright (1867-1959) è una figura simbolo dell’architettura americana ed è uno dei maggiori esponenti del Modernismo. 2  Alvar Aalto (1898 – 1976) è stato un celebre architetto, designer e accademico finlandese, esponente di spicco dell’architettura organica di stampo europeo. 3  Si tratta delle basi teoriche del funzionalismo moderno in architettura e nel design, poste da Horatio Greenough (1805-1852), scultore e scrittore. 4  Sullivan, Louis Henri (1896), “The tall office building: artistically considered”, Lippincott’s Magazine, 57.

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SCENARIO • CENNI STORICI






NATURE ORIENTED DESIGN OGGI Negli ultimi anni si assiste ad una moltitudine di approcci progettuali eterogenei che traggono ispirazione in modo più o meno evidente dalla natura.

Alcune di queste tendenze continuano a riprendere la morfologia tipica delle strutture organiche con finalità estetiche ed espressive. Seppure con tecniche e materiali diversi, ci si rifà quindi alla sinuosità delle linee curve che già erano state fonte di ispirazione per l’Art Nouveau oltre che per le altre correnti viste in precedenza.

È ormai assodato il fatto che la natura generi un’idea di perfezione e armonia, ma in questo testo se ne vuole meglio approfondire il potenziale funzionale, per poterlo trasferire alla cultura del progetto. Ci si vuole allontanare dalla mera imitazione della natura per avvicinarsi invece alla comprensione dei processi che ne stanno alla base, e per poterli in seguito reinterpretare in soluzioni utili a risolvere problematiche tecniche dell’uomo. Una semplice emulazione potrebbe non essere utile in quanto i ricercatori hanno più volte sottolineato che in genere il copiare la natura può portare a probabili risultati inefficienti per le applicazioni dell’uomo, in quanto sono necessari inevitabili salti di scala e cambiamenti di

SCENARIO • NATURE ORIENTED DESIGN OGGI

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Planisfero Dymaxion Rappresentazione bidimensionale della Terra, eseguita tramite la proiezione di una rappresentazione sferica del globo terrestre messa all’interno della superficie di un poliedro. Questo può successivamente essere dispiegato all’interno di una rete in molti diversi modi e resa piatta per formare una mappa bidimensionale che mantiene la maggior parte della integrità proporzionale relativa della mappa sferica.

materiali. Per un ulteriore rafforzamento del concetto si riporta un’affermazione dell’architetto Frei Otto della seconda metà del ‘900. L’obiettivo di quei pochi architetti [e designer] che oggi intendono costruire in modo naturale non è per esempio costruire case che abbiano l’aspetto di organi o che assomiglino a corpi di animali, che quindi appaiano simili alla Natura, senza esser per nulla naturali. Per essere naturale un prodotto dell’uomo non deve avere l’aspetto di una pianta o di un albero. Il nostro grande obiettivo, senz’altro non raggiungibile prima del prossimo secolo, è che case e città insieme a piante e animali compongano un biotipo naturale; il nostro fine quindi è che la casa non sia rivolta contro la Natura, ma che al contrario l’uomo e la sua tecnica possano essere parti inseparabili della Natura1.

Un progettista che sembra essere andato in questa direzione è Buckminster Fuller, con l’uti-

1  Frei, Otto et. Al. (1984) L’architettura della natura. Forme e costruzioni della natura e della tecnica e processi della loro formazione, Milano, Il Saggiatore

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SCENARIO • NATURE ORIENTED DESIGN OGGI


lizzo della struttura geodetica, il poligono che più si avvicina alla forma della sfera. Si tratta di un icosaedro, le cui facce esagonali possono essere suddivise in triangoli, al fine di rafforzarne la struttura da un lato, e dall’altro renderlo sempre più simile ad una sfera. Diventa dunque una soluzione utile nel momento in cui si voglia ottenere una forma sferica, ma si abbiano a disposizione solo elementi di materiale rigido: è il caso della cupola geodetica progettata da Fuller per il padiglione dell’Expo di Montreal del 1967, come del Planisfero Dymaxion. Questo tipo di cupola è inoltre l’unica struttura costruita dall’uomo che diventa proporzional-

Cupola Geodetica, Buckminster Fuller

mente più resistente all’aumentare delle dimensioni. L’icosaedro si ritrova nel mondo del microscopico come struttura dei virus, che possiedono questa forma poiché sono composti da unità proteiche identiche e rigide. Se anche in questo caso c’è un aspetto del mondo biologico che viene rivisitato da un progettista, è curioso il fatto che nel 1985 gli scienziati Harry Kroto e Richard Smalley si ispirano a loro volta a Fuller nel denominare con il termine “fullerene” una molecola da loro sintetizzata la cui struttura è la stessa della cupola realizzata dall’architetto .

Quello di Fuller è solo uno dei moltissimi esempi che possono essere riportati, che sfruttano le qualità della natura per migliorare un aspetto funzionale del proprio progetto.

Un altro potrebbe essere lo studio sulle zampe del geco, che ha portato alla realizzazione di particolari super bende messe a punto da due ricercatori del Massachussets Institute of Technology e della Harvard Medical School di Boston. Imitando le caratteristiche che permettono ai piccoli rettili di restare incollati alle pareti, Robert Langer e Jeff Karp hanno realizzato cerotti impermeabili, biodegradabili e talmente adesivi da non staccarsi neanche in ambienti umidi, come il tessuto cardiaco, polmonare o della vescica. In futuro le bende potrebbero essere sfruttate per unire lembi di pelle, e in particolare nella chirurgia microinvasiva, in cui si operano incisioni molto piccole e difficili da saturare. La tecnica impiegata dai ricercatori, descritta in un articolo pubblicato sui “Proceedings of the National Academy of Science”, scolpisce la superficie delle bende a livello nanometrico,

SCENARIO • NATURE ORIENTED DESIGN OGGI

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2

3

Il geco è un rettile che ha la capacità di arrampicarsi su quasi tutti i tipi di superficie. Questo fenomeno è di grande interesse nell’ambito progettuale in quanto offre una modalità di adesione efficace, reversibile e senza il ricorso a secrezioni o additivi. Il fenomeno sembra dipendere semplicemente dalla morfologia delle zampe. 1. Vista ravvicinata della zampa di un geco. 2. Ingrandimento microscopico della zampa. Sulle zampe sono presenti delle setole che si trovano in serie uniformi di tappetini lamellari sovrapposti. 3. Ingrandimento nanoscopico delle setole. Ciascuna setola è costituita da alcune centinaia di steli con una terminazione sottile triangolare.

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SCENARIO • NATURE ORIENTED DESIGN OGGI


in modo da creare le stesse protuberanze e valli che permettono al geco di sfidare la forza di gravità. Sulle bende è stato poi spalmato un film di bio-colla che ne migliora l’adesione. I ricercatori hanno quindi testato la loro invenzione su tessuto intestinale di maiale, dimostrando che le bende nano-modelllare sono due volte più aderenti rispetto ai normali cerotti . Probabilmente questo ultimo esempio sembra essere un caso più vicino al mondo della scienza e dell’ingegneria piuttosto che a quello del design. In realtà ciò che si vuole trasmettere è proprio il fatto che i confini tra scienza e design debbano venire meno per riuscire a progettare artefatti veramente innovativi.

Con la definizione nature-oriented design si vuole indicare un ventaglio di discipline progettuali che sebbene in modi diversi, hanno un punto di contatto con il mondo naturale. Si prendano in considerazione anche solo gli esseri viventi animali e vegetali presenti sul pianeta. Sappiamo che ve ne sono 1,8 milioni di specie conosciute, e sappiamo che in natura ogni elemento è destinato ad una determinata funzione, ed è già stato testato da miliardi di anni di evoluzione. Abbiamo a disposizione un enorme bagaglio di risposte già assodate a domande che potrebbero essere di grande utilità per il progetto di artefatti. L’unico sforzo per un nature-oriented designer sarebbe allora soltanto quello di osservare e studiare attentamente le logiche della natura, o semplicemente rivolgersi ad un biologo, e trasporre le caratteristiche in questione al proprio artefatto. In effetti questo è il peggior rischio cui si possa incorrere in un approccio nature-oriented. In primo luogo la ricerca di soluzioni nella genialità della natura deve essere effettuata con una certa cautela, ovvero senza forzare improbabili similitudini tra il proprio progetto e l’elemento naturale. Inoltre dopo aver individuato un’analogia tra l’artefatto che si vuole realizzare e una soluzione appartenente al mondo della natura, non ci si può fermare alla mera imitazione, bensì comprenderla e reinterpretarla. Infine un nature-oriented designer non deve rinunciare al suo processo progettuale, ma piut-

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tosto considerare il mondo naturale come una risorsa, per arricchire il ventaglio di scelte possibili. Lo studio della natura deve quindi sempre essere considerato uno strumento aggiuntivo, sebbene molto importante, e non uno stile con fine a sé stesso. Il nature-oriented design si sviluppa in un particolare contesto, quello attuale, caratterizzato da diverse realtà, che si dovrebbero riscontrare in ogni artefatto. Le realtà cui si sta accennando sono: La sostenibilità sociale: la capacità di garantire condizioni di benessere umano equamente distribuite per classi e per genere, dove per condizioni di benessere umano si intendono la sicurezza, la salute, l’istruzione, la formazione professionale. La sostenibilità ambientale: riuscire ad operare una forma di sviluppo che non comprometta la possibilità alle future generazioni di perdurare nello sviluppo, preservando la qualità e la quantità del patrimonio e delle riserve naturali. Si tratta di un requisito divenuto ormai fondamentale nel progetto di ogni tipo di artefatto. L’aspetto economico: rientra in ogni processo produttivo, e quindi parlando di design, non può non esserci. Per ogni investimento economico c’è un interesse al mantenere il capitale, quindi il costo di produzione di un artefatto è sicuramente un fattore molto importante. Lo sviluppo di nuove tecnologie: siamo in un clima molto fertile per quando riguarda il settore delle innovazioni, che stanno crescendo in modo esponenziale. Si pensi alla grande varietà di nuovi materiali, o al campo dell’informatica o della nanotecnologia. L’evoluzione della scienza: anche qui si parla di un forte aumento delle conoscenze e soprattutto l’accessibilità a queste informazioni anche a gruppi non facenti parte del settore. Il carattere di relatività che in questi anni sta aumentando, ne permette maggiori possibilità di dialogo con discipline non scientifiche. Gli stili di vita contemporanei: sono sempre più complessi e mutevoli. Le esigenze

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SCENARIO • NATURE ORIENTED DESIGN OGGI


delle persone cambiano. Se in passato si basavano molto sulla praticità e funzionalità degli, oggi vi è una tendenza verso la ricerca dell’esperienza, dell’emozione, in quante le altre esigenze sono state già soddisfatte e date ormai per scontato1.

Questa varietà di fattori deve essere presa in considerazione dal design che assume così un aspetto più complesso e completo. È forse questo il motivo per cui la cultura del progetto trova un modello nella natura. Anche questa ha come principale caratteristica la capacità di riuscire ad organizzare e far coesistere in modo armonico realtà anche molto diverse. Ecco allora che il nature-oriented design trova un contesto molto fertile di nascita e sviluppo.

1  Per approfondimenti: Celaschi Flaviano; Deserti, Alessandro (2007) Design e innovazione. Strumenti e pratiche per la ricerca applicata, Roma, Carocci

SCENARIO • NATURE ORIENTED DESIGN OGGI

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Schema del contesto di sviluppo del nature-oriented design.

SOSTENIBILITÀ SOCIALE

STILE DI VITA CONTEMPORANEO

TECNOLOGIE

NATURE-ORIENTED

DESIGN SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE

EVOLUZIONE DELLA SCIENZA

INTERESSE ECONOMICO

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SCENARIO • NATURE ORIENTED DESIGN OGGI


QUALITÀ NATURALI

Grazie alla complessità della natura, di cui si è parlato nel precedente paragrafo, i sistemi biologici possono sopravvivere. Tuttavia per comprendere i meccanismi che ne sono alla base sarebbe utile un lavoro di schematizzazione. Poiché i sistemi biologici non funzionano necessariamente in maniera esatta questo tipo di lavoro potrebbe rischiare di banalizzarli o di ometterne alcuni aspetti. Carla Langella propone di decodificare in chiave progettuale i principi biologici complessi e gli strumenti conoscitivi offerti dalla biologia molecolare e genetica, per proporre alla cultura del design nuove strategie, qualità, strumenti di espressione e di produzione1. Le qualità della natura vengono quindi semplificate in qualità naturali che possano essere accessibili in ambito progettuale.

Di seguito ne vengono riportate alcune illustrate dall’hybrid design 2 e altre, dedotte da altre letture. Autonomia: la capacità di modificare le proprie caratteristiche in funzione del mutare dei fattori esterni, in modo da sopravvivere a tali cambiamenti. Auto-organizzazione e adattamento: la possibilità di evoluzione nel tempo in modo da utilizzare i cambiamenti ambientali a proprio vantaggio Intelligenza: cercare di trasferire all’artificiale le logiche relazionali sulle quali si ba-

1  Langella, Carla (2007), Hybrid design progettare tra tecnologia e natura, Milano, Franco Angeli. 2  Le qualità biologiche proposte da Carla Langella sono: autonomia, auto-organizzazione e adattamento, intelligenza delle cose, principio ologrammatico, multifunzionalità e ridondanza, tensegrity, metamorfosi cromatiche, movimenti biologici, insediamenti ibridi.

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sano i processi cognitivi, di elaborazione e di intuizione (intelligenza dell’uomo) Principio ologrammatico: tutte le parti di un artefatto seguono la stessa filosofia progettuale che caratterizza l’intero sistema prodotto e in tutte le fasi del suo ciclo di vita Differenziazione: ogni elemento, anche se della stessa specie o addirittura della stessa famiglia è unico, diverso da tutti gli altri. Ridondanza e multifunzionalità: la multifunzionalità è una caratteristica che si sta diffondendo recentemente, con la finalità di allungare la vita di un prodotto. La ridondanza invece, che solitamente risulta nociva, può in alcuni casi far evitare sprechi di risorse. Ottimizzazione: in natura non si assiste alla presenza di materiale in eccesso, dunque anche negli artefatti si potrebbe cercare di ridurre all’essenziale la quantità di materia. Sostenibilità: la natura è costruita su cicli chiusi, cioè su un continuo scambio di input e output che non implica quindi rifiuti. Movimenti biologici: capacità di muoversi di tutti gli organismi, compiendo il minimo sforzo energetico Insediamenti ibridi: elaborazione, da parte di sistemi biologici, di strategie e processi in grado di adattare il loro metabolismo con l’ambiente in cui vivono, attraverso un continuo scambio di input e output bilanciati attraverso cicli chiusi.

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LETTERATURA E STRUMENTI DI DOCUMENTAZIONE Per avvicinare il designer alla natura possono essere usati diversi strumenti, che consistono in fonti di informazioni interessanti per il nature-oriented design. Come illustra Valentina Rognoli ci sono diversi canali di informazione che variano per dettaglio e linguaggio, l’accessibilità ora gratuita ora a pagamento. Brevetti

I brevetti permettono di conoscere o confrontarsi con innovazioni in campo biomimetico che sono già state depositate. L’attività brevettuale è utilizzata soprattutto in applicazioni industriali. Se da un lato fornisce la protezione commerciale per invenzioni che possono mantenere la promessa di un guadagno che generano un potenziale per il futuro, dall’altro ne rallentano un’aperta discussione che potrebbe portare a nuovi sviluppi e ad un acceleramento del progresso scientifico. In ogni modo vi sono alcuni motori di ricerca di materiale brevettuale che possono verificarsi proficui per l’individuazione di tecnologie, materiali ed espedienti che a diverso livello si sono ispirati alla natura per la risoluzione di determinate problematiche e che possono essere applicati e trasferiti agli artefatti.

In Italia attualmente non c’è alcuna rivista che tratti l’argomento nello specifico.

Riviste e newsletters

Nel contesto anglo-americano abbiamo il periodico Bioinspiration & Biomimetics1. È attivo dal 2006 e pubblica le ricerche che coinvolgono lo studio di principi e funzioni riscontrati nei sistemi biologici, frutto del processo di evoluzione e l’applicazione del relativo sapere per la realizzazione di tecnologie basilari innovative e stimolanti, nonché nuovi approcci alla

1  http://www.iop.org/EJ/journal/bioinsp

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Nella tabella sono riportati alcuni esempi di brevetti biomimetici.

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BREVETTO

RIFERIMENTO NATURALE

AUTORE

ANNO

indicatore di tensione

recettori degli insetti

Skordos et al.

2002

strutture spiegabili

foglie e fiori

Guest & Pellegrino

1989

materiali ceramici e resistenti

struttura della madreperla

Jackson et al.

1989

tessuti innovativi per costumi da nuoto

microstruttura della pelle dello squalo e strategie di riduzione dell’attrito nell’acqua

Bechert et al.

1997

compositi resistenti

sistemi di orientamento delle fibre nel legno

Chaplin et al.

1983

adesivi acquatici

meccanismo di adesione dei mitili

Holl et al.

1993

meccanismi aeronautici

modo di volare degli insetti

Ellington

1999

tecnologia di estrusione

metodo di produzione della tela del ragno

Knight & Vollrath

1999

superfici e rivestimenti autopulenti

struttura superficiale delle foglie di loto

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Barthlott & Neinhuis

1999


risoluzione di problematiche scientifiche. Lo scopo dichiarato da Bioinspiration & Biomimetics è l’interdisciplinarietà dell’approccio alla materia con flussi di informazioni e conoscenze dalla Biologia all’Ingegneria e viceversa. Simile è la testata edita dal Wessex Institute of Technology, International Journal of Design and Ecodynamics1, che riporta gli studi sulle dinamiche della Natura in senso lato, spaziando dalle discipline tipicamente scientifiche e ingegneristiche a quelle sociali, artistiche ed economiche. Un’altra rivista interessante in questo contesto è The Journal of Bionic Engineering, pubblicata nel 2004 da Science Press e in formato elettronico da Science Direct2. Il campo che indaga è quelo della bionica, quindi dal carattere fortemente biologico, con dichiarata attenzione focalizzata su piante e animali. Il principali riferimento applicativo è l’ingegneria bionica e relativi campi afferenti, come la locomozione e il comportamento di animali strutture, compositi, morfologia e proprietà fisiche di piante e materiali naturali, applicazioni di tali conoscenze all’ingegneria, tecnologia soprattutto e nel design. Un emergente fenomeno è l’avviamento di un blog: il web-blog Biomimetics3 di Luis Gustavo Lira, focalizzato sulle nanotecnologie, la biofotonicae i biomateriali. Inoltre il web-blog Clippings4 di Norbert Hoeller, supportato da The Biomimicry Institute, invita i visitatori a commentare le informazioni acquisite sulla tematica nel suo complesso e a contribuire al suo sviluppo. Sempre il Biomimicry Institute offrono il servizio di newsletter Biomimicry News5. Database

Ci sono poi i database, gli strumenti più utili per quanto riguarda l’approccio nature-oriented. Permettono infatti di riscontrare informazioni dettagliate di un organismo individuato, generalmente con un linguaggio di facile comprensione.

1  http://journals.witpress.com/pages/08jdne 2  http://www.sciencedirect.com/science/journal/16726529 3  http://www.biomimetica.blogspot.com 4  http://biomimicry.typepad.com/clippings 5  http://biomimicry.typepad.com/clippings/newsletter

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Homepage del database Ask Nature.com.

Tra i più significativi troviamo Enciclopedia of Life (EOL)1 e Tree of Life (TOL)2. Il primo è un ricco database contenente informazioni su ciascuna delle 1,8 milioni di specie note del pianeta. Il suo obiettivo è non solo quello di riassumere e convogliare tutto ciò che si conosce già sulle forme di vita terrestri ma anche quello di accelerare la scoperta di un’ampia gamma di forme ancora sconosciute. L’interfaccia si presenta immediata e semplice nella navigazione sia nelle selezione dell’organismo sia nella qualità e quantità di informazioni dopo. Dopo aver selezionato un organismo alcune delle categorie e sottocategorie secondo cui è suddiviso sono relative a descrizione, ecologia e distribuzione, evoluzione, rilevanza e riferimenti. TOL è un database analogo di specie biologiche, animali e vegetali, catalogate e descritte in funzione delle relazioni di parentela a seguito dei processi evolutivi. Il nome Tree of Life è

1  http://www.eol.org 2  http://tolweb.org/tree

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dovuto al fatto che le varie specie analizzate sono rese anche graficamente dagli schemi tipici degli alberi genealogici, che raggiungono considerevoli profondità di dettaglio. Abbiamo poi il Biomimicry database1, il quale per ora è disponibile come fase alfa. Non è solo un database enciclopedico, ma suggerisce già suggerimenti di trasferimento al mondo industriale. La ricerca può avvenire per funzioni, per conoscenze, per ordine alfabetico. Il primo approccio è il più fruibile da parte dei progettisti, che possono avviare la loro ricerca proprio in base alla funzione che stanno cercando per il loro progetto che potrebbe essere per esempio come generare i colori. Infine Ask Nature2, lanciato come il Biomimicry database dal Biomimicry Institute, che opera tramite strategia Wiki, ovvero di condivisione delle informazioni e delle conoscenze. Anche in questo caso la ricerca viene effettuata ricercando la funzione e il risultato consiste nel ricevere alcune informazioni su prodotti già realizzati o settori potenzialmente interessati, con relativa scheda di descrizione, elemento naturale di ispirazione, nonché informazioni, letteratura o link utili.

1  http://database.portal.modwest.com 2  http://www.asknature.org

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IL RUOLO DELLA SCIENZA E DELLA TECNOLOGIA

Il design è una materia interdisciplinare, così come lo è il nature-oriented design. Sembra dunque interessante fare alcuni accenni ad ambiti come la scienza e la tecnologia, che spesso offrono strumenti utili alla cultura del progetto. Inoltre anche queste discipline sono molto attratte dal fascino della natura. La scienza per la verità si basa proprio sullo studio stesso del mondo naturale, mentre la tecnologia cerca di trovarne dei risvolti pratici da poter immettere in un processo produttivo. Questi due mondi sono sempre più legati, tanto dal provocare la nascita si molteplici discipline ibride, fondate cioè sull’interazione di studi da settori diversi, ma sempre con una forte componente di scienza biologica. Di seguito alcune di queste sono elencate e brevemente descritte1.

La biomatematica è un settore della biologia che cerca di tradurre attraverso funzioni maBiomatematica

tematiche lineari e non lineari, le morfologie rilevate in natura. In questo modo si possono individuare analogie tra organismi biologici e ipotizzare similitudini funzionali con le forme e i meccanismi realizzati dall’uomo. Il biologo D’Arcy W. Thompson, precursore di questa disciplina, propone nel trattato On Growth and Form2, un campionario di analogie tra le strutture e le morfologie create dalla natura e i sistemi architettonici e meccanici prodotti dall’uomo. Questo testo non ha mai acquisito valore scientifico, ma è comunque stato fonte di ispirazione per molti biologi, architetti, artisti e matematici.

1  Ci sono probabilmente altre scienze che si avvicinano alla biologia, ma nel corrente lavoro per semplicità non verranno citate. 2  Thompson, D’Arcy Wentworth (1969) Crescita e forma, Torino, Bollati Boringhieri

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Ucroa, robot umanoide. È stato presentato il 16 marzo 2009 dai ricercatori giapponesi dell’Istituto di tecnologie industriali avanzate (AIST). Funziona grazie a microprocessori e obbedisce agli ordini vocali. Il suo ruolo principale, grazie alle sue taglie e movenze eleganti, è quello di svolgere il lavoro di modella.

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Nel settore dell’ingegneria si sviluppano due approcci dai nomi e dalle caratteristiche molto simili: la biotecnica1 e la biologia tecnica2. Biotecnica

La prima si basa sulla concezione del fatto che quasi tutte le invenzioni dell’uomo hanno un prototipo corrispondente in natura. Si tratta in questo caso di esaminare il mondo biologico non più dal punto di vista matematico, bensì da uno tecnologico, cercando cioè di coglierne l’ingegneria per poter risolvere tutti i tipi di problemi funzionali ed ingegneristici3.

Biologia tecnica

La seconda si sviluppa parallelamente alla Biomimetica. Si tratta dell’analisi delle relazioni tra forma, struttura e funzione negli organismi viventi, impiegando approcci metodologici estrapolati dalle scienze fisiche e ingegneristiche; comprende cioè il funzionamento dei modelli biologici in modo quantitativo e tecnologicamente fondato.

Cibernetica

La cibernetica, studia i fenomeni di autoregolazione, come i controlli automatici e controlli adattativi, e comunicazione, sia negli organismi naturali sia nei sistemi artificiali. Gli studi in questa direzione nascono dopo la seconda guerra mondiale, con scopi militari per lo sviluppo di piloti automatici. Le innovazioni in questo settore procedono comunque a ritmo esponenziale, arrivando oggi a prototipi di robot umanoidi capaci di controllare i propri movimenti a seconda del terreno circostante. In particolare è stato realizzato un prototipo giapponese che è alto un metro e ottanta e pesa 210 kg. È in grado di salire le scale e percorrere pendii ripidi, oltre chiaramente a disporre di un gran numero di sensori per l’autocontrollo programmato.

Bioingegneria

Un’altra materia interessante delineatasi in questi anni è la bioingegneria, che utilizza metodologie e tecnologie dell’ingegneria elettronica, informatica, meccanica e chimica per generare una migliore comprensione dei fenomeni biologici a produrre tecnologie per la salute.

1  Termine introdotto da Raoul Heinrich Francé (1874-1943), fu botanico, microbiologo e filosofo austro-ungarico 2  Termine introdotto da Werner Nachtigall, zoologo e biologo tedesco 3  Steadman, Philip (1988) L’evoluzione del design. L’analisi biologica in architettura e nelle arti applicate, Napoli, Liguori Editore

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Nano-biotecnologia

Infine abbiamo la nano-biotecnologia, che si occupa dello sfruttamento della nano-tecnologia1 nel settore delle scienze della vita, della biologia. Si tratta di un settore in via di sviluppo che ha grandi potenzialità, in grado di produrre molteplici artefatti con scopi del tutto diversi tra loro. I risultato di questi studi vanno dalla produzione di cibi geneticamente modificati alla medicina. In particolare in Europa la commercializzazione di questo tipo di alimenti non è consentita e nel campo medico si parla di medicina rigenerativa. Negli USA invece l’interesse è principalmente militare, concentrandosi sulla creazione di “soldati bionici”.

Quest’ultima disciplina descritta è quella che più palesemente potrebbe spiegare quale sia il ruolo del designer in questo scenario. Egli ha il compito di gestire le implicazioni etiche e ideologiche. È il designer infatti che, essendo interprete delle domande sociali e progettista degli stili di vita della società, è chiamato a dar forma ai mutamenti scientifico-tecnologici per poterli tradurre in oggetti, servizi, sistemi integrati.

Poiché si tratta di materie i cui confini non sono così delineati, con il seguente schema si cerca di inquadrarle a seconda dei campi di studio che insieme alla biologia le caratterizzano.

1  La nanotecnologia è un ramo della scienza applicata e della tecnologia che si occupa del controllo della materia su scala dimensionale inferiore al micrometro (in genere tra 1 e 100 nanometri) e della progettazione e realizzazione di dispositivi in tale scala.

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CLASSIFICAZIONE

Fino ad ora si è parlato di nature-oriented design in modo generico, per dare una visione complessiva di quanto si voglia intendere con tale definizione.

Per avere un’idea più chiara di come si stia sviluppando questa tendenza, sarebbe utile riuscire a classificare le diverse discipline che seguono questa corrente. Non si tratta di un lavoro semplice in quanto i confini di queste materie non sono esatti e spesso si intersecano ad con quelli di altre discipline.

Diversi personaggi hanno classificato i vari approcci del design nei confronti della natura, considerando diversi criteri. Ognuno di questi autori ha voluto mettere in evidenza alcuni caratteri piuttosto di altri, a seconda del proprio metodo o comunque del proprio obiettivo. È importante quindi premettere che non vi è una suddivisione più corretta dell’altra, anzi è interessante poterne consultare il maggior numero possibile per ottenere quante più informazioni.

Carla Langella, li suddivide in base ai diversi livelli di relazione analogica, corrispondenti a diversi gradi di complessità e astrazione: Livello architettonico: nel quale l’analogia si riferisce a esempi di strutture costruite dagli orgaismi viventi come gli alveari o le tane degli animali. Livello morfologico-strutturale: nel quale viene imitata la morfologia delle biostrutture (cellule, ossa, tessuti biologici, gusci di mitili) per ottenere strutture con spe-

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1

cifiche prestazioni). Livello biochimico: nel quale vengono trasferiti i meccanismi biochimici osservati nei sistemi biologici come i processi che sono alla base dell’effetto di luminescenza delle lucciole o della fotosintesi clorofilliana. Livello funzionale: rispetto al quale vengono imitate le logiche poste alla base dei sistemi biologici come le funzioni anti-attrito della pelle degli squali e i meccanismi di termoregolazione degli animali in condizioni ambientali estreme. Livello comportamentale: che si riferisce al trasferimento di modalità comportamentali come quella reattiva o protettiva. Livello dell’organizzazione: che costituisce lo stadio più elevato di astrazione e consiste nel trasferire strategie organizzative proprie dei sistemi biologici come ridondanza, auto-adattamento, autonomia, auto-organizzazione.

Levi Marinella e Salvia Giuseppe, nel loro saggio decidono invece di classificare le tipologie di approccio alla natura considerando la funzione principale che si sta cercando. L’iter progettuale generalmente seguito dal designer infatti ha inizio proprio con la definizione

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2

1. Costume Speedo Fastskin. È un costume da nuoto per competizioni che prende spunto dalla pelle dello squalo. Questa è costituita da squame chiamate denticoli dermici (foto 2) che, incanalando l’acqua e creando piccoli vortici intorno al corpo dello squalo, diminuiscono l’attrito tra pesce e acqua. La struttura del tessuto Fastskin di Speedo presenta infatti delle scanalature sulla superficie esterna che durante il nuoto incanalano l’acqua facilitando lo scorrimento del corpo. In particolare, all’interno delle scanalature l’acqua si incanala seguendo un percorso a spirale e crea dei micro-vortici che riducono la resistenza dell’acqua producendo un vantaggio idrodinamico. Questo prodotto potrebbe rientrare in ogni classificazione, nelle seguenti categorie: Livello funzionale Anti-attrito Mare Fluidodinamica del nuoto

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Tela del ragno Le ragnatele sono costituite da uno dei materiali più robusti al mondo, addirittura più resistente dell’acciaio (più precisamente fino a quattro volte più forte dell’acciaio e tre volte più elastico del kevlar).Si può immaginare quindi l’interesse dell’uomo per questo tessuto, simile alla seta, e gli infiniti utilizzi e applicazioni che potrebbe avere. Ancora oggi non esistono artefatti dotati di una simile combinazione di resistenza ed elasticità. Anche la ragnatela con le sue proprietà ha a che fare le categorie dei diversi autori per quanto riguarda i seguenti campi di interesse: Livello architettonico Prestazioni meccaniche Zoomorfismo Materiali e costruzioni leggere.

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dell’obiettivo da raggiungere e la funzionalità da garantire. In particolare considerano le seguenti categorie: Adesione: sistemi cui lo scopo è fornire un’adesione temporanea o permanente di un componente alla superficie di un substrato di un altro componente. Rappresenta una tematica importante in campo di progettazione all’interno di un più ampio ambito costituito dal tema delle giunzioni. Antiattrito: il grado di attrito tra due superfici o tra superficie e fluido è un elemento interessante nel campo dell’industria, in quanto spesso un grado di attrito elevato tra due componenti a contatto può provocare per esempio fenomeni di assorbimento di energia. Auto riparazione: si tratta di applicazioni ispirati a organismi in grado di ristabilire efficacemente la condizione iniziale qualora turbati da agenti esterni, o addirittura in grado di non essere neppure intaccati dagli agenti esterni, fino anche a fruire dell’interazione con agenti stessi per ripristinare la propria condizione originaria (smart materials come i self-healing polymers1). Prestazioni meccaniche: si intende la qualità della natura per cui vengono coniugate elevate proprietà di resistenza a sforzi o elasticità inconsuete, pur mantenendo altre proprietà come la leggerezza o la resilienza2, a valori ottimali. È il caso della cupola geodetica di Fuller. Pieghevolezza: la capacità di un oggetto di richiudersi su se stesso compattandosi e occupando un volume ridotto rispetto al suo stato dispiegato di utilizzo. Questa proprietà può rivelarsi utile per la diminuzione dei costi di stoccaggio e spedizione, la disponibilità di maggiore spazio a disposizione durante il suo inutilizzo.

Abbiamo poi un’altra organizzazione, utilizzata da Angeli Sachs nel suo libro Nature design,

1  Compositi polimerici in grado di auto-ripararsi inglobando nella matrice polimerica microcapsule contenenti principi attivi auto-riparanti. Quando nel materiale si produce una lesione questo causa la rottura delle microcapsule che rilasciano una resina in grado di polimerizzare istantaneamente chiudendo la frattura della matrice. 2  Capacità di un materiale di resistere a sollecitazioni impulsive.

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from inspiration to innovation. Museum fur Gestaltung Zurich. Egli non si riferisce come nel caso precedente alle funzioni specifiche di elementi naturali, bensì classifica gli approcci a seconda del panorama tematico naturale cui ci si è ispirati. In particolare Sachs ne individua sei: Il mare Il concept della topografia L’antropomorfismo Lo zoomorfismo Gli odori Il clima Per finire si presenta una classificazione sviluppata da Thomas Speck nel testo Process Sequence in Biomimetic Research1: Architettura e design Materiali e costruzioni leggere Interfacce e superfici Fluidodinamica del nuoto e del volo Bio-megatronica e robotica Comunicazione e sensori Ottimizzazione Nonostante, come appena, visto vi siano già diversi testi che presentano interessanti e funzionali categorizzazioni, si è sentita la necessità di svilupparne una ulteriore il cui scopo è di semplificare e circoscrivere entro determinati limiti un tema così vasto come quello del design ispirato alla natura. Pertanto si è scelto di suddividere il nature-oriented design in soli tre macro-gruppi, i quali 1  Speck, Thomas; Speck, Olga (2008), Process Sequence in Biomimetic Research, WIT Press

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DESIGN GENERATIVO DESIGN DEI SISTEMI

DESIGN ORGANICO DESIGN ANTROPOMORFO

Schema delle categorie e relative discipline.

APPROCCIO ORGANIZZATIVO

BIOMIMETICA HYBRID DESIGN BIODESIGN BIONICA

NATURE-ORIENTED

DESIGN

APPROCCIO ESPRESSIVO

APPROCCIO PRESTAZIONALE

definiscono tre importanti aspetti della natura a cui le discipline progettuali attuali fanno riferimento. Le categorie in questione sono: Approccio espressivo: viene ripreso il carattere emozionale e morfologico della natura, come già accadeva ai tempi dell’Art Nouveau. Approccio prestazionale: si pone l’attenzione sulle funzionalità degli elementi naturali per poterli reinterpretare e trasferire ad un artefatto. Approccio organizzativo: si studiano le logiche che stanno alla base dei processi naturali per poterli riproporre in sistemi artificiali.

È importante precisare che questa classificazione non deve essere considerata con rigidità, poiché le discipline che rientrano in ogni categoria e che verranno presentate nelle prossime pagine, non hanno confini esatti. È possibile infatti che alcune di queste possano talvolta affacciarsi ad approcci diversi da quello cui fa maggiormente riferimento. SCENARIO • NATURE ORIENTED DESIGN OGGI

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APPROCCIO ESPRESSIVO

APPROCCIO ORGANIZZATIVO

NATURE-ORIENTED

DESIGN

APPROCCIO ESPRESSIVO

APPROCCIO PRESTAZIONALE

L’approccio espressivo consiste nel riprendere dalla natura l’aspetto morfologico con scopi soprattutto decorativi-comunicazionali. Un’ulteriore distinzione che si potrebbe fare riguarda due filoni. Il primo, consiste nella mera imitazione delle forme naturali. Si tratta quindi semplicemente di copiarle. Il secondo è un metodo un po’ più complesso. Ci si basa non sulle forme in sé, ma sull’osservazione dei principi che regolano l’organizzazione delle forme in natura1. Per meglio esplicare questi concetti si mettano a confronto la natura dell’architettura greca, con la natura delle decorazioni Rococò. Se una si basa sui rapporti armonici naturali ed assume un aspetto estremamente elegante, l’altro, con la riproposta di forme vegetali in ogni dettaglio, assume un aspetto pomposo, quasi ridondante.

1  Pesca, Vanni; Pietrosi, Lucia (2001) Christopher Dresser 1834-1904. Il primo industrial designer per una nuova interpretazione della storia del design, Milano, Lupetti

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Mano Morta Seduta sospesa in acciaio di Enzo Berti per Bross Italia. Si tratta di un oggetto che può rientrare nel design antropomorfo.

Un approccio di questo tipo può essere quindi adottato soprattutto per attrarre e stupire e sembra che parte design contemporaneo sembra si stia muovendo proprio in questa direzione. Ogni sorta di artefatto manifesta l’applicazione di decorazioni con motivi floreali, dal manifesto pubblicitario all’oggetto d’arredamento.

L’ispirazione al carattere espressivo della natura assume accezioni diverse nel passato e nella contemporaneità. Questo avviene grazie anche allo sviluppo tecnologico sia a livello di progetto, sia a livello di produzione. Gli strumenti informatici avanzati, lo sviluppo di nuovi materiali e la possibilità di prototipazione rapida permettono di elaborare forme fluttuose complesse, che altrimenti sarebbe difficile ottenere in una produzione industriale. Inoltre è curioso notare come talvolta, l’utilizzo di materiali innovativi e l’esasperazione di linee sinuose, diano luogo ad oggetti con un carattere futuristico, che si distaccano non di poco dal

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Sedia Boneed di Joris Laarman. L’oggetto naturale di ispirazione sono le morfologie angiologiche e vascolari, Si tratta di un oggetto d’arredo che potrebbe essere ricondotto al design organico.

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concetto naturale di partenza.

Un evidente esempio di questa tendenza, è il design antropomorfo. Questo riprende in particolare non si rivolge al mondo vegetale, bensì al corpo umano e le sue parti, ingigantendone i caratteri. I risultati ottenuti sono oggetti d’arredamento, mobili, stoviglie che assumono la forma di labbra, mani, occhi. Si tratta di prodotti di cui non viene presa in considerazione l’ergonomia e tanto meno la funzionalità. È probabilmente una corrente basata più sull’ironia che sull’ispirazione al mondo biologico, e la sua fortuna deriva proprio dallo stupore e dal gusto ludico che genera nel pubblico.

Meno marcato è l’atteggiamento del design organico, di cui alcuni esponenti sono Charles e

Ron Arad, Book Worm

Ray Eames, Ron Arad e Ross Lovegrove. In questo caso i designer si ispirano alla natura sia in modo diretto, per cui è possibile incorrere in uno sgabello a forma di elefante, sia in modo più distaccato, che potrebbe avere come risultato una seduta dalle linee curve e sinuose che della natura danno un suggerimento. In realtà per quanto riguarda questa corrente vi sono alcuni casi in cui non ci si ferma all’aspetto esteriore del mondo organico, per andarne a estrapolare qualche qualità anche dalla struttura o dal processo organizzativo, ma si tratta di una minoranza di lavori. Lo stesso Lovegrove passa dalla creazione di un packaging come quello per l’acqua minerale

Ross Lovegrove, DNA Stair Case

Ty Nat, la cui forma deriva da uno studio sulla rifrazione dell’acqua, a lavori come la scala a chiocciola DNA, il cui rimando alla biologia è molto chiaro, ma dove il nesso tra la scala e la struttura elicoidale del DNA consiste nel giocare sulla similitudine delle conformazioni che li caratterizza.

Il design organico è un esempio di come una disciplina possa essere eterogenea anche al suo interno, e pertanto sfociare in alcuni casi in un approccio alla natura di tipo funzionale. Ciononostante in questo lavoro viene collocata in questa particolare categoria in funzione della maggioranza di artefatti che la caratterizzano.

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APPROCCIO PRESTAZIONALE

APPROCCIO ORGANIZZATIVO

NATURE-ORIENTED

DESIGN

APPROCCIO ESPRESSIVO

APPROCCIO PRESTAZIONALE

Per approccio prestazionale si intende un rapporto con la natura che va oltre la semplice osservazione e trasposizione nell’ambito del progetto.

Questo orientamento prevede un contatto con la natura molto più accurato che richiede diverse fasi. Dopo avere individuato il problema progettuale da risolvere ed aver definito un brief, si cerca di individuare alcuni sistemi naturali con cui lo specifico problema potrebbe essere risolto. Per riuscire in questo compito non è sufficiente guardare la natura, bensì occorre esaminarla nelle sue attività, ricorrendo spesso anche all’ausilio di discipline diverse dal design, che vanno dall’ingegneria meccanica, a quella fisica, alla chimica, alle nano-tecnologie e non solo.

Questo processo può rivelarsi molto utile per quanto concerne l’aspetto prestazionale degli artefatti, dove per prestazione si intende il rendimento e la funzionalità di un oggetto, che

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potrebbe tradursi nella resistenza a trazione di un materiale, come nella visibilità di un manifesto, come nell’auto-adattamento di un tessuto. In questa direzione operano diverse discipline:

Biomimetica Hybrid design Biodesign Bionica

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BIOMIMETICA

La biomimetica è una disciplina innovativa che cerca soluzioni sostenibili emulando i metodi e le strategie che sono state già da tempo testate dalla natura, come potrebbe esserlo una cella solare ispirata da una foglia. L’obiettivo è quello di creare prodotti, processi e politiche, nuovi modi di vita, che possano garantire la vita sulla Terra nel lungo periodo.

Generalmente le ricerche progettuali su base biomimetica possono avvenire secondo due diversi iter principali: bottom-up: partire da una ricerca biologica basilare e in seguito rendere disponibili le intuizioni e scoperte ai campi tecnologici per ulteriori approfondimenti e sviluppi; top-down: ricerca di modelli biologici adeguati alla risoluzione di problemi tecnici specifici e prefissati.

Fra i due iter esistono differenze considerevoli. Il processo bottom-up è la ricerca basilare dei biologi e consente una maggiore quantità di incrementi innovativi, ma con tempi più lunghi. Il top-down invece può portare a efficienti soluzioni in minor tempo, ma con una limitatezza di contenuto innovativo.

Vi è inoltre un interessante metodo progettuale biomimetico elaborato da Janine Benyus e Dayna Baumeister1, supportate nell’elaborazione grafica da Carl Hastrich2. Si tratta della Spirale del Design , che ha la funzione di aiutare i designer ad arrivare alla realizzazione di un progetto che imiti la natura a tutti i livelli. La scelta di questa forma, oltre a richiamare molte costruzioni naturali come le conchiglie,

1  Janine Benyus e Dayna Baumeister sono due biologhe, co-fondatrici della Biomimicry Guild 2  Carl Hastrich è un industrial e web designer, anche lui parte della Biomimicry Guild

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IDENTIFICARE

VALUTARE TRADURRE

OSSERVARE E SINTETIZZARE

APPLICARE

Spirale del design. di Janine Benyus e Dayna Baumeister, supportate nell’elaborazione grafica da Carl Hastrich

mette in evidenza l’iteratività del processi di indagine e generazione di soluzioni, in cui dopo aver risolto una sfida e poi valutato come bene si concilia ai principi della vita, emerge spesso un’ulteriore sfida e comincia un nuovo processo di progettazione. Le fasi che contraddistinguono il processo iterativo biomimetico a spirale sono: Identificare: destrutturare il problema da risolvere ponendosi quesiti che esauriscano il quadro generale delle necessità, dei vincoli e degli obiettivi in riferimento agli utenti, al progettista e ai produttori, e poi si ricerca in ambito biologico Tradurre: ovvero il biologizzare la richiesta. Indagare il brief progettuale dal punto di vista della natura delineando le caratteristiche di un potenziale fenomeno che plausi-

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bilmente possa offrire spunti interessanti alla risoluzione del problema, attraverso una dettagliata analisi di tutti i fattori biologici e ambientali che concorrono al successo della soluzione Osservare: ovvero sondare e analizzare i vari modelli naturali e le loro sfide con la Natura. In questo caso è richiesto l’ausilio di figure specializzate nel campo della biologia in grado di puntualizzare i fattori scientifici. Sintetizzare: ovvero individuare i modelli e i processi che raggiungono l’obiettivo prefissato e classificarli in una tassonomia delle strategia della vita, con relativi campioni esplicativi Applicare: quindi elaborare e sviluppare le proprie idee in base ai modelli naturali individuati e analizzati, cercando di attenersi col maggior grado di fedeltà possibile, riproducendone la morfologia, la funzione e l’ecosistema secondo i dettagli, gli effettivi scala e i fattori condizionanti Valutare: ovvero confrontare la propria soluzione con i trucchi del mestiere della natura per comprenderne l’efficienza e il grado di dettaglio raggiunto.

Seguendo queste linee guida si arriva ad ottenere prodotti dotati di particolari qualità.

Sostenibilità

Una di queste è la sostenibilità. La biomimetica segue infatti i principi della vita i quali sono necessariamente sostenibili. Seguendo quindi il modello naturale non si possono che creare artefatti adatti alla vita sulla Terra. Un’altra qualità è la buona funzionalità in quanto in natura se un progetto non è efficiente

Buona funzionalità

cessa di esistere. La natura si porta con sé molti anni di strategie consolidate che sono sopravvissute e di conseguenza le più funzionali. Risparmio di energia

Abbiamo inoltre un risparmio di energia. L’energia nel mondo naturale è molto più costosa che nel mondo umano e come risultato della scarsità di energia, la natura tende a organizzarsi in sistemi estremamente efficienti, ottimizzando sempre l’uso energetico. Prendendo spunto da questi si potrebbe ridurre il consumo di energia e conseguentemente i costi.

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1. Bionic car, Mercedes. Si tratta di un’automobile che si ispira al Boxfish (foto 2), un pesce tropicale. Nonsostante la sua apparente stazza, questo riesce a muoversi velocemente con un consumo energetico minimo grazie alla aerodinamica delle sue pinne. Ne è uscita un’auto affusolata dal design spaziale che segna un valore record per quanto riguarda l’aerodinamicità, al punto che in casa Mercedes la Bionic Car viene presa come modello di riferimento in questo campo per tutte le vetture in fase di progettazione. Questo è un esempio di come un artefatto biomimetico finisca per soddisfate requisiti di risparmio energetico, come di buona funzionalità e innovazione.

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Sempre a proposito di costi, la natura li minimizza, riducendo l’uso di materiali. Un altro importante tema spesso affrontato attualmente è quello della riduzione di rifiuti.

Riduzione dei rifiuti

Anche in questo campo è possibile trovare soluzioni con l’approccio biomimetico. Esaminare i metodi con i quali la natura trasferisce i materiali e i nutrimenti all’interno di un habitat potrebbe essere un interessante spunto per eliminare gli scarti in eccesso di una produzione. Una soluzione potrebbe per esempio consistere nel consegnare questi scarti ad altre produzioni per le quali potrebbero risultare invece materiale produttivo. Innovazione

Infine una delle qualità più importanti della biomimetica è il suo aspetto innovativo. Nonostante la natura sia il più antico database di strumenti progettuali esistente, è anche vero che non sempre è stato sfruttato. Perché ciò avvenga infatti servono conoscenze in campi eterogenei, che hanno bisogno però di coesistere. La biomimetica assume un ruolo di mediazione tra diverse discipline come la biologia, il design, l’ingegneria dei materiali, l’ingegneria meccanica, l’ingegneria robotica. Ed è proprio grazie all’interazione delle stesse che possono avere luogo artefatti tanto complessi e in grado di soddisfare le molteplici esigenze che caratterizzano la vita contemporanea.

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HYBRID DESIGN

Il più recente approccio progettuale alla natura prende il nome di hybrid design. Esso si sviluppa a partire dalla considerazione secondo cui in un mondo fluido, sempre più caotico, dove le esigenze delle condizioni di base mutano di continuo e velocemente, trasferire il paradigma evolutivo su cui si fonda il progetto della natura offre nuove direzioni di sviluppo a un design innovativo che sia anche ambientalmente sostenibile […]. Nel mondo degli artefatti la specializzazione funzionale rischia spesso di trasformarsi in un vincolo poiché diviene irreversibilità, rapida obsolescenza, fattori sfavorevoli alla sostenibilità ambientale. Nei sistemi biologici invece, l’autorganizzazione consente di sviluppare una tipologia di specializzazione flessibile e reversibile, dunque compatibile con il variare delle esigenze e delle condizioni esterne1.

Ampiamente esplicato da Carla Langella, l’hybrid design è un nuovo approccio progettuale che si propone di trasferire alla cultura del design la complessità insita nelle logiche, nei codici e nei principi del mondo biologico2.

Nell’hybrid design le qualità complesse tratte dal mondo biologico vengono trasferite al design in prodotti e servizi innovativi come una sorta di “nuovo codice genetico”. L’hybrid design infatti estrae i principi generativi dei fenomeni da applicare in soluzioni progettuali formalmente anche molto differenti rispetto ai sistemi biologici ai quali si ispira. L’attributo ibrido vuole enfatizzare come l’applicazione dell’intelligenza della natura nel progetto di artefatti possa fungere da intermediario tra biologia e tecnologia, dove spesso i concetti di materia, funzione e oggetto tendono a sovrapporsi e a confondersi. L’hybrid design inoltre condivide con l’approccio biomimetico la trasversalità e l’interdisciplinarietà delle conoscenze e degli attori coinvolti.

1  Levi, Marinella; Rognoli, Valentina; Salvia, Giuseppe (2009) Il Progetto della natura. Gli strumenti della biomimesi per il design, Milano, FrancoAngeli 2  http://www.digicult.it/digimag/article.asp?id=1328

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Nokia 888 Telefono cellulare non in commercio che utilizza la tecnologia OLED. Questa permette di unire diverse funzionalità in un unico dispositivo ed inoltre una riduzione di consumi energetici e di spazio occupato.

A differenza della biomimetica, le discipline che interagiscono con questa non sono soltanto di carattere scientifico e tecnologico, ma comprendono anche competenze umanistiche come la filosofia, la sociologia, le scienze della comunicazione, e soprattutto quelle legate alla cultura specifica del design. Anche in questo caso il design svolge un ruolo da mediatore, orientato a verificare l’integrazione tra le diverse competenze e la coerenza con l’idea progettuale e a gestire i continui salti di scala che un processo progettuale di questo tipo richiede. In molti casi infatti le tecnologie e i materiali con cui realizzare prodotti bio-ispirati esistono già, ma quello che manca è il collegamento, la correlazione tra i problemi progettuali dell’uomo e le risposte provenienti dal mondo biologico.

Nell’hybrid design confluiscono la complessità del mondo biologico, le conquiste più avanzate della scienza dei materiali e le tecnologie produttive, e i principi del design per la sostenibilità.

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In particolare gli artefatti ibridi si ispirano alla funzionalizzazione flessibile dei sistemi biologici. I materiali dell’hybrid design sono materiali altamente evoluti, in grado di assolvere alle funzioni un tempo svolte da oggetti complessi e macroscopici. Sono sistemi matrici, più che semplici materiali, che coniugano le esigenze ambientali di de-materializzazione e monomatericità con le qualità biologiche di multi-funzionalità, autonomia, auto-organizzazione, capacità di auto-adattamento e coerenza ologrammatico. Alcuni di questi materiali esistono già o sono in via di sviluppo. Il settore dei film sottili, ad esempio, negli ultimi anni ha subito una forte accelerazione, in termini di avanzamento tecnologico, che ha portato alla nascita di sistemi laminati sottilissimi e leggeri, che nella loro struttura possono inglobare molteplici funzioni come la conduzione dell’informazione, della luce, la sensibilità, la capacità di cambiare le caratteristiche ottiche e di produzione di energia. I film fotovoltaici, gli OLED1, ad esempio, offrono al settore del design la possibilità di creare nuovi dispositivi come: sistemi di illuminazione, rivestimenti interattivi e strumenti di comunicazione leggeri, flessibili, sottili e portatili, che sostituiscono con un unico sistema materico i loro predecessori rigidi, ingombranti e prevalentemente costituiti da molti componenti e da materiali diversi. La materia funzionalizzata tende a fondersi con la performance e a divenire essenza del prodotto stesso, rimuovendo le linee di demarcazione da sempre esistenti tra oggetto e materiale e tra oggetto e funzione.

Nei sistemi viventi la differenziazione funzionale viene ottenuta, non variando gli elementi chimici di base (molecole), ma piuttosto le modalità di organizzazione delle loro strutture. Le molecole possono essere interpretate come singoli elementi costruttivi che, componendosi e organizzandosi in strutture spaziali supermolecolari diverse, danno luogo alle varie funzioni.

1  OLED è l’acronimo di Organic Light Emitting Diode ovvero diodo organico ad emissione di luce. Tecnologia che permette di realizzare display a colori con la capacità di emettere luce propria: a differenza dei display a cristalli liquidi, i display OLED non richiedono componenti aggiuntivi per essere illuminati, ma producono luce propria; questo permette di realizzare display molto più sottili e addirittura pieghevoli e arrotolabili, e che richiedono minori quantità di energia per funzionare.

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Artificial Foliage di Mathieu Lehanneur. Sistema di ombreggiamento che si auto-regola in funzione del variare delle stagioni. Il materiale usato per le linguette è un elastomero a memoria di forma che agisce, arrotolandosi e srotolandosi, in base alla temperatura esterna.

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Questi processi avvengono mediante una logica nota come self-assembly molecolare, che consiste nella capacità di comporre e organizzare le strutture supermolecolari in modo da farle corrispondere alle specifiche esigenze funzionali richieste. Tale corrispondenza è garantita dalla ricognizione specifica, intesa come capacità di comunicare e a cambiare messaggi attraverso codici molecolari. Mediante questo tipo di approccio i sistemi biologici sono in grado di ottenere infinite tipologie di funzionalità.

La natura, dunque, è fonte di ispirazione non per produrre strutture rigide ed esatte, ma configurazioni flessibili, adattabili e in alcuni casi anche ridondanti che consentono di rispondere al modificarsi delle condizioni. L’approccio hybrid design si propone di applicare questa “intelligenza della natura” nel progetto di artefatti che possono essere definiti ibridi sia perché sono intermedi tra biologia e tecnologia, sia perché in essi i concetti di materia, funzione e oggetto tendono a sovrapporsi e confondersi. Così’ come si confondono i concetti tradizioni di famiglie e di categorie di materiali che acquisiscono caratteristiche inconsuete, non riconoscibili secondo canoni consueti.

Per quanto riguarda invece il metodo progettuale è stato rielaborato quello proposto dalla biomimetica. La metodologia, concepita per essere applicata sia nel progetto di prodotti concreti che di servizi, è stata elaborata, sviluppata e verificata attraverso un’attività di ricerca teorica e progettuale permanente svolta nell’ambito dell’Hybrid Design Lab, presso il Corso di Laurea di Disegno Industriale della Seconda Università degli Studi di Napoli. Anche in questo caso la struttura metodologica viene proposta in fasi: 1. Individuazione del problema progettuale da risolvere. 2. Definizione del brief di progetto. In questa fase vengono esplicitati i requisiti richiesi. La definizione dei requisiti da ottenere e delle funzioni richieste è un punto critico del processo poiché da questa dipende òa ricerca delle analogie con il mondo naturale. È necessario dunque che il

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brief progettuale sia molto preciso e dettagliato per non incorrere in contraddizioni. 3. Elaborazione di una lista dei sistemi biologici attraverso la cui osservazione è possibile risolvere quel tipo specifico di problema e delle possibili analogie. In questa fase è necessario l’apporto delle conoscenze biologiche. Dunque si può fare riferimento alle banche dati, ma è sempre preferibile ricorrere anche alla consulenza di esperti. 4. Individuazione del concept e dell’idea, o delle idee progettuali, più adatti ad essere utilizzati come riferimenti per la soluzione del problema. 5. Traduzione dei principi, delle logiche, dei codici e delle strategie tratte dalla biologia in ipotesi progettuali. Sebbene si tratti di ipotesi preliminari è necessario, già nelle prime fasi, indagare sui materiali e sulle tecnologie di produzione potenzialmente applicabili nel trasferimento dei principi biologici individuati, allo scopo di poter valutare e selezionare i riferimenti biologici in funzione degli obiettivi progettuali e della fattibilità produttiva. È importante ricordare che anche in questa fase, come in tutto il resto del processo, i designer non devono mai prescindere dalle dinamiche culturali, storiche, sociali ed economiche che intervengono nello specifico ambito del progetto. 6. Elaborazione della soluzione progettuale finale attraverso lo sviluppo delle soluzioni progettuali individuate nella fase precedente e verifica della fattibilità. 7. Prototipazione, ingegnerizzazione, brevetto e messa in produzione.

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BIODESIGN

Il biodesign è una disciplina che si fonda sulla collaborazione tra il design, le scienze mediche e biologiche e l’ingegneria. Anche in questo caso il concetto di interdisciplinarietà è fondamentale e non bisogna confondere il biodesign con il design applicato alla medicina. In questa collaborazione tra diversi ambiti il punto di incontro è costituito da un nuovo interesse nei confronti dell’uomo. Inoltre l’esistenza di questa intersettorialità è fondamentale nell’evoluzione di questa disciplina, perché lo studio delle problematiche legate al concetto di bio sono molteplici ed estremamente complesse. In questo contesto scientifico e culturale, il biodesign è incentrato sul corpo umano come unicum psico-biologico.

Il concetto che sta alla base del biodesign è la capacità di organizzare la complessità relativa a questo specifico campo di applicazione, che conosca le nuove tecnologie disponibili e che abbia la capacità di comunicare con figure professionali provenienti da diversi ambiti scientifici. Adeguata preparazione e conoscenza multidisciplinare consentono di avere un nucleo di competenze adeguato a gestire e coordinare tematiche complesse, utilizzando in modo innovativo tutti gli apporti provenienti dalle varie discipline. La finalità del bio-design è introdurre una innovazione tecnologica nell’ambito medico-biologico attraverso soluzioni la cui efficacia sia realmente percepita dall’uomo. La ricerca progettuale è finalizzata alla risoluzione di problematiche relative ai sistemi biorobotici ed alle tecnologie bio-medicali creando una nuova unità fra l’uomo e l’oggetto che entra nel suo intimo. La peculiarità del biodesign di considerare il corpo come luogo di progettazione, consen-

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1. Bio-suit System Consiste in un progetto di tuta per attività extraveicolari nello spazio, basato sul concetto di generare pressione attraverso la sola azione meccanica del materiale con cui viene realizzata. L’obiettivo è rivoluzionare l’esplorazione dello spazio attraverso lo sviluppo di un concept “seconda pelle”.

te di tracciare una suddivisione dei biodispositivi che si presentano come endocorporei1,

2. Studente che fabbrica il prototipo di una gamba del Bio-suit System

fonda su due principali componenti.

esocorporei2, estesi3.

Un esempio di innovazione è l’utilizzo della tecnologia wireless per i dispositivi wearable. La tecnologia wireless, la miniaturizzazione dei trasduttori e lo sviluppo di discipline specifiche nell’ambito del design, come il biodesign, consentono applicazioni di grande efficacia nel monitoraggio e regolazione di persone ed ambienti. La gestione integrata delle informazioni per l’ottimizzazione delle condizioni di benessere si

Da una parte si colloca l’area disciplinare dei wearable sensors, ovvero dispositivi indossabili sia in forma di abbigliamento sia come dotazione extracutanea. Dall’altra si esplicano numerose ed efficienti applicazioni basate su reti di sensori ambientali

1  I biodispositivi endocorporei sono biodispositivi invasivi inseriti nel corpo attraverso la cute nei quali rientrano endoprotesi, ausili e strumentazione diagnostica/terapeutica. 2  Si tratta di biodispostivi associati a un contatto non invasivo con il corpo e caratterizzati da una interazione percepita dall’utente. In questa categoria esoprotesi, ortesi, ausili e strumentazione diagnostica, terapeutica e riabilitativa. 3  Per biodispositivi estesi si intende progettazione di dispositivi medicali che integrano biosensori e sistemi di comunicazione per la telemedicina, ed anche soluzioni nel settore del design per la robotica e per la chirurgia.

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distribuiti, controllati a distanza e adatti ad una mappatura fortemente potenziata rispetto ai metodi tradizionali. La centralità dell’utente, della salute e del benessere psicofisico si coniugano con l’apporto progettuale attuato sulle tecnologie di monitoraggio e controllo.

Un’altro settore di interesse è centrato sull’individuazione dell’area di intervento e il ruolo del disegno industriale nella progettazione e nell’applicazione di microtecnologie (MEMS1) in sistemi bio-robotici, determinando la metodologia e gli strumenti adeguati. Il lavoro di ricerca si inserisce nel più generale contesto delle problematiche relative alla progettazione di dispositivi bio-robotici, intendendo con tale termine quei sistemi meccatronici che integrano la meccanica ad un controllo. Essi si configurano quali elementi differentemente integrati di cui fanno parte: i componenti meccanici, i sensori, gli attuatori, il controllo e l’interfaccia uomo-macchina. L’obiettivo viene identificato nella definizione delle possibilità, delle competenze, delle interfacce e delle applicazioni del design per questo ambito disciplinare. Nell’ultimo ventennio, l’impulso verso la miniaturizzazione ha permesso di superare le barriere del micro e di entrare nel dominio dei nano. La convergenza di nano e di microtecnologie con la biologia promette straordinari avanzamenti e potenziali riduzioni di costo per le applicazioni mediche e in generale l’health care.

Al Politecnico di Milano si trova un importante approfondimento sul biodesign con l’architetto e designer Francesco Trabucco, come responsabile scientifico. Qui oltre agli obiettivi legati alle tematiche di natura progettuale biodesign si prefigge tre obiettivi di natura generica: Un obiettivo di ordine strutturale che prevede la creazione di un Laboratorio di ricerca applicata quale Centro Multidisciplinare, grazie all’apporto di discipline specifiche quali design, ingegneria e medicina; 1  I Micro Electro-Mechanical Systems (MEMS) sono sistemi intelligenti che hanno funzioni elettroniche, di gestione dei fluidi, ottiche, biologiche, chimiche e meccaniche in uno spazio ridottissimo, integrando la tecnologia dei sensori e degli attuatori e le più diverse funzioni di gestione dei processi.

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Dobot, concept per MICROSYSTEM Webcare. Un piccolo robot domestico che si muove silenziosamente in casa, dotato di telecamera e sensori remoti per monitorare un paziente deospedalizzato, ma anche la camera dei bambini o la terrazza. Si collega ad internet o alla rete telefonica cellulare e trasmette a distanza immagini e dati ambientali.

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Un obiettivo di ordine formativo attraverso la didattica, per studenti delle diverse aree disciplinari che accedono al corso; Un obiettivo industriale che prevede la strutturazione un servizio di ricerca applicata per le imprese attraverso la creazione di un network di piccole e medie imprese attivo attraverso specifici servizi di R&D1 da parte di Biodesign Lab.

1  La locuzione R&D (Research and Development), viene usata generalmente per indicare quella parte di un’impresa industriale (uomini, mezzi e risorse finanziarie), che viene dedicata allo studio di innovazioni tecnologiche da utilizzare per migliorare i propri prodotti, crearne di nuovi, o migliorare i processi di produzione.

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BIONICA

La bionica studia gli organismi viventi allo scopo di costruire modelli teorici e pratici che ne simulino le funzioni tipiche.

Si potrebbe affermare dunque che la bionica esista dal momento della comparsa dell’uomo, e che uno dei primi ricercatori in questo campo fosse Leonardo da Vinci. In questo lavoro tuttavia per bionica si intende ristringere il campo a quella sviluppatasi negli anni Sessanta. Il termine infatti è stato coniato proprio nel 1960 dal comandante della U.S Air Force, Jack Steele e si riferisce a modelli biologici riprodotti elettronicamente.

Un campo di grande interesse di questa disciplina è lo studio degli organi sensoriali, in particolare udito e vista, in vari animali e nell’uomo. Da questo studio si possono trarre preziose idee per la realizzazione di analoghi sistemi artificilali che abbiano le stesse funzioni. In natura si possono osservare vari tipi di organi sensoriali o recettori ognuno dei quali è adatto ad un particolare scopo, per esempio captare sensazioni meccaniche, ottiche, chimiche, elettriche.

Uno dei primi esempi di ricerche in tale direzione è stato lo studio del metodo usato dai pipistrelli per rilevare gli ostacoli che incontrano durante il volo notturno. Il principio su cui si basano tali animali è quello di far riflettere le onde ultrasoniche, da essi emesse, sugli ostacoli nella traiettoria del volo. Questo principio è lo stesso che è alla base dei rivelatori utilizzati nei sottomarini, che fanno uso di onde elettromagnetiche.

Altri esempi di studi della bionica sono quelli sui sistemi di propulsione di alcuni animali, in particolare pesci e uccelli.

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Pesce Robot. Progettato da un team di britannici, dovrebbero entrarne in funzione cinque entro la fine del 2010. Si tratta di un robot che oltre a imitare la forma e le movenze di un pesce vero, sarà dotato di un piccolo sensore chimico per poter risalire alle fonti inquinanti potenzialmente pericolose e potrà trasmettere i dati rilevati tramite tecnologia wi-fi.

Lo studio dei moti dei delfini ha permesso di accertare che la notevole velocità che possono raggiungere dipende dal fatto che la loro pelle sia costituita da due strati che permettono di ammortizzare gli effetti della turbolenza dell’acqua durante il movimento. Tale principio è stato applicato alla realizzazione di particolari siluri che raggiungono velocità molto più elevate di quelle dei siluri ordinari.

Il fine più ambizioso che si prefigge questa disciplina è quello di costruire dei sistemi che abbiano le caratteristiche peculiari di un organismo vivente, ovvero: la capacità di utilizzare informazioni acquisite dall’ambiente circostante per apprendere nuovi moduli di comportamento e la capacità di reagire a una grande varietà di situazioni esterne e di decidere come comportarsi per raggiungere un determinato scopo.

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Braccio Artificiale. Funziona come un arto normale ed è invece artificiale. Ad azionarlo è la mente, proprio come accade alle persone normali e conserva anche le caratteristiche del tatto. Si tratta di un prodotto americano di cui la prima fruitrice è Claudia Mitchell (nella foto).

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La metodologia utilizzata dalla bionica per affrontare un determinato problema si può schematizzare in tre fasi: 1. Studio del sistema naturale 2. Creazione di un modello matematico 3. Realizzazione del sistema artificiale In pratica partendo dal sistema naturale, dopo un accurato studio, si realizza un modello teorico a cui fa seguito la realizzazione di un primo sistema artificiale. A questo punto si sottopongono i due sistemi, artificiale e naturale, a una medesima serie di esperimenti e si confrontano i risultati. Eventuali discrepanze di comportamento porteranno ad un approfondimento dello studio del sistema naturale e quindi a una modifica del modello teorico e di quello artificiale. Questo ciclo viene ripetuto fino a quando il sistema artificiale mostrerà una soddisfacente somiglianza di comportamento con il sistema naturale. In questo modo si ottiene, oltre ad un sistema sempre più perfezionato, una comprensione sempre maggiore del sistema naturale.

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APPROCCIO ORGANIZZATIVO

APPROCCIO ORGANIZZATIVO

NATURE-ORIENTED

DESIGN

APPROCCIO ESPRESSIVO

APPROCCIO PRESTAZIONALE

Le discipline che si relazionano alla natura con questo tipo di approccio studiano e reinterpretano nei loro progetti, i processi organizzativi naturali. Per processo organizzativo si intendono le logiche e i processi che stanno alla base della natura. L’attenzione viene quindi focalizzata non tanto sulle creazioni naturali in sé, ma sulle relazioni che intercorrono tra il singolo elemento ed un sistema di elementi ad esso connessi. Nello stesso tempo, questa rete di collegamenti influenza l’essenza stessa sia del singolo, sia dell’intero sistema.

Per esprimere meglio questo concetto si pensi ad un ecosistema. Perché questo funzioni deve essere in equilibrio, ovvero ogni singolo elemento che lo costituisce deve partecipare compatibilmente con gli altri. Diversamente l’ecosistema stesso potrebbe venir meno, e di conseguenza potrebbero estinguersi anche altri elementi che ne fanno parte. Ad esempio senza le api molti cibi diventerebbero rari: in particolare frutta, marmellate, man-

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1. Con Foto di cibi che è possibile avere con le api. 2. Molti dei cibi della foto precedente verrebbero meno senza le api

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dorle e persino il latte poiché i mangimi degli animali da latte includono l’alfa alfa o erba medica, che è ricca di proteine e che ha bisogno di impollinatori1.

Oltre alle logiche che governano i macrosistemi, l’approccio organizzativo si rivolge anche al mondo del micro. Se si considera un animale ad esempio, attore di un ecosistema. Questo animale è a sua volta costituito da unità più piccole, le cellule, che organizzate con particolare criterio, concorrono a determinare le qualità dell’essere stesso. Ecco allora che subentra il principio ologrammatico di Edgar Morin2, secondo cui le qualità dipendono dal fatto che ogni suo punto contiene già l’informazione dell’insieme che l’immagine rappresenta. Il principio ologrammatico sostiene l’impossibilità di conoscere il tutto se non si conosce la specificità della parti allo stesso modo per cui non si può conoscere una parte se non si conosce la totalità. Un esempio tratto dal mondo biologico è costituito dalla “cellula”, parte dell’organismo, che contiene l’informazione genetica del tutto.

Come risultato di questo approccio si ottengono artefatti che all’apparenza non sembrano 1  Cox-Foster, Diana; vanEngersdorp, Tennis (2009) “Una cura per le Api”, Le Scienze, giugno 2009, pp.82-89 2  Edgar Morin è un filosofo e sociologo francese, noto per l’approccio transdisciplinare grazie al quale ha superato i confini tra varie discipline, trattando un’ampia gamma di argomenti

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aver nessi con il mondo naturale. La presenza di quest’ultimo risiede infatti soprattutto nella fase progetto più che nell’oggetto finito.

Le principali discipline che si rifanno all’approccio organizzativo sono: Design dei sistemi Design generativo

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DESIGN GENERATIVO

La progettazione generativa è una nuova disciplina fondata sul concetto di DNA, il codice genetico portatore di tutte le informazioni di una specie. Con questo nuovo metodo progettuale si cerca di far coincidere le fasi di concezione e di produzione del prodotto, ispirandosi ai principi della genetica e con l’ausilio delle opportunità offerte dell’informatica.

È proprio l’informatica ad assumere un ruolo fondamentale. Con il design generativo infatti si utilizzano degli algoritmi grazie ai quali, dopo aver prestabilito determinate variabili, si possono ottenere un ventaglio di progetti. Questi progetti, se abbinati alle nascenti tecnologie di digital fabrication1, rendono possibile una produzione di massa personalizzata. Questo metodo potrebbe cioè rendere possibile la produzione oggetti unici, qualità molto ricercata in uno scenario come quello attuale in cui in un oggetto si cerca l’aspetto emozionale, oltre che la funzionalità

Per questo motivo la progettazione generativa si rivela particolarmente adatta alla produzione di oggetti di lusso. È infatti già stato sviluppato un progetto Pro.ge.or2. (Progetto generativo per l’oreficeria), con l’obiettivo di verificare l’opportunità di utilizzare, nel settore del design del gioiello, gli algoritmi di progettazione generativa per ottenere un prodotto industriale evoluto che superi i limiti di serialità e ripetitività tipici della protezione automatizzata e tenda all’unicità, carattere d’eccellenza del gioiello.

1  Per digital fabbrication si intendono i processi produttivi di nuova generazione come la prototipazione radipa, taglio laser, lavorazioni a controllo numerico 2  Progetto sviluppato nell’ambito del Corso di Laurea di Disegno Industriale della Seconda Università degli Studi di Napoli e coordinato da Carlo Coppola in collaborazione con il consorzio dell’oreficeria Tarì

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Modello di struttura cristallina di Benjamin Aranda & Chris Lasch. Struttura ottenuta con algoritmi che sono la descrizione matematica di strutture naturali.

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NewsKnitter di Ebru Kurbak e Mahir Yavuz. Con questo prodotto vengono unite tecnologie di tessitura a controllo numerico con flussi di news presi in tempo reale da Internet. NewsKnitter raccoglie le informazioni tramite web, dalle news politiche fino al gossip. Un software analizza i flussi di dati, li filtra e da questi produce un capo di maglieria tessuta con lavorazione a ‘jacquard’. Ogni nuova maglia prodotta è quindi diversa dalle precedenti e cattura un frammento del presente.

La sperimentazione è stata condotta indagando su quello che, secondo la metafora biologica, è stato definito “ordine” dei gioielli attraverso la definizione, in un primo momento, di una classificazione tassonomica e, successivamente di una procedura generativa, prima a livello logico e poi di modellazione. Come “individui” da studiare sono stati scelti gli anellidi, famiglia di gioielli con struttura circolare, appartenente all’ “ordine” dei gioielli. L’indagine è consistita nell’analisi e nella codificazione delle “strutture genetiche” possibili, per “razze” di anelli, in riferimento ad alcune produzioni presenti sul mercato. Da questa codifica sono stati estratti successivamente i caratteri evolutivi delle possibili “famiglie” alternative e anche quelli relativi ad alcune “specie” intermedie, come verifica.

Questo tipo di progettazione è già utilizzata da Genometri1, società di Singapore, che ha prodotto una collezione di cucchiaini con questo metodo. Si tratta di cucchiaini ognuno diverso dall’altro, ma chiaramente appartenenti allo stesso servizio di posate, appartenenti alla stessa “famiglia”.

1  http://www.genometri.com/

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Genometri sviluppa anche il software Genoform1, strumento di ausilio per sviluppare progetti generativi e il software Genopal2. Quest ultimo offre una palette colori che si integrano in armonia, evitando di creare contrasti cromatici fastidiosi. Nel contesto italiano, uno dei primi ad occuparsi di progettazione generativa è stato Celestino Soddu, docente di Progettazione generativa al Politecnico di Milano, dove ha creato un Laboratorio di Progettazione Generativa al Politecnico che dirige attualmente. Egli definisce il design generativo un software-idea che opera generando eventi tridimensionali unici e non ripetibili come espressione plurima e aperta dell’idea generante, visioni immaginifiche di un mondo nuovo. Macchina a prototipazione rapida

Sempre in Italia, in particolare a Torino, ogni anno, dal 2006 ha luogo il C.STEM3 un evento che si articola in due settimane con una mostra che permette di osservare casi studio e due giornate di conferenze per incontrare designer, architetti e artisti internazionali. In questa occasione viene presentata una selezione di progetti che anticipano i futuri sviluppi tecnologici del design e che rappresentano il risultato che nasce dall’incontro tra design, progettazione software, strumenti di digital fabrication e l’esigenza di una sempre maggiore personalizzazione dei prodotti. Le strategie computazionali applicate al design trasformano gli oggetti statici in processi dinamici e liquidi, capaci di adattarsi e di evolversi nel tempo. Non più oggetti prodotti in serie sempre uguali ma famiglie di oggetti unici e irripetibili.

1  http://www.genometri.com/technology.php?id=2&sub=7 2  http://genopal.com/ 3  http://www.cstem.it/

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SYSTEM DESIGN

Il system design nasce in un momento particolare, quello attuale, in cui l’uomo assume una consapevolezza della sua posizione all’interno della natura. Se per anni egli ha sfruttato senza alcuno scrupolo le risorse della natura, oggi inizia a comprendere che il mondo naturale deve essere preservato perché si possa preservare la vita dell’uomo stesso.

Il system design può essere considerato come una disciplina che non si limita al progetto di un artefatto prodotto, ma che si occupa dell’intero processo e relazioni che ne stanno alla base. L’ecosistema, interpretato come rete autopoietica1 e come struttura dissipativa2, diventa così oggetto di ispirazione, oltre che scenario in cui sviluppare progetti.

Degli ecosistemi vengono individuate alcune qualità da trasporre al processo industriale: Riufiuto = cibo. Se i sistemi industriali attuali funzionano in un’ottica lineare che va dall’approvvigionamento delle materie prime, alla loro trasformazione, all’uso e alla dismissione in discarica, quelli sviluppati in un’ottica sistemica diventano circolari e il flusso di materia ed energia circola in continuazione eliminando il concetto di rifiuto. L’interdipendenza. Tutti i membri di una comunità ecologica sono interconnessi in un’immensa e intricata rete di relazioni, la trama della vita. La flessibilità. Tende a riportare in equilibrio il sistema ogni qualvolta ci sia una deviazione dalla norma, 1  Il termine autopoiesi è stato coniato nel 1972 da Humberto Maturana. Un sistema autopoietico è un sistema che ridefinisce continuamente se stesso ed al proprio interno si sostiene e si riproduce. 2  Per struttura dissipativa (o sistema dissipativo) si intende un sistema termodinamicamente aperto che lavora in uno stato lontano dall’equilibrio termodinamico scambiando con l’ambiente energia, materia e/o entropia.

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dovuta al cambiamento delle condizioni ambientali. Questa capacità permette al sistema di organizzarsi continuamente in base alle modificazioni dell’ambiente esterno.

La diversità. Permette una maggiore elasticità del sistema, grazie al fatto di avere molte specie le cui funzioni ecologiche si sovrappongono e che quindi possono sostituirsi una all’altra.

Le caratteristiche del pensiero sistemico impongono uno spostamento dalle parti al tutto, per cui il valore complessivo creato dall’intero sistema è sempre maggiore della somma dei valori che verrebbero generati dai singoli componenti presi separatamente. L’obiettivo che si pone è un passo verso un ecosistema industriale ad emissioni, per cui in una produzione non vi sono mai scarti e dove l’output di un sistema, diventa sempre input per un altro.

Un ruolo rilevante per il system design è infatti tenuto da ZERI1. Alla base della filosofia di Zeri ci sono i principi ecologici fondamentali come le strutture reticolari non lineari, il ciclo della materia, i sodalizi multipli, la diversità fra le imprese, la produzione e il consumo su scala locale e il porsi come scopo l’ottimizzazione anziché la massimizzazione.

Il principio base che ha mosso la creatività di Gunter Pauli è stato il rendersi conto che i rifiuti organici gettati via o bruciati da un’industria contengono grandi quantità di risorse preziose per altre manifatture. L’obiettivo di Zeri è quindi quello di aiutare le industrie a organizzarsi in raggruppamenti ecologici, in modo tale che, con beneficio per entrambe, gli scarti di una possano essere venduti come risorse ad un’altra, applicando uno dei principi cardine dell’ecologia secondo cui quello

1  Zeri è un’associazione internazionale fondata nel 1996 dall’economista Gunter Pauli; è un network globale di circa 3000 studiosi di varie discipline che ricercano soluzioni innovative per perseguire l’obiettivo delle zero emissioni

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Acqua come risorsa. Proposta di riprogettazione con visione del flusso idrico in relazione al processo di macellazione. Progetto sviluppato dagli studenti Michele Caiati, Carlotta Montanera, Fabiola Salman della Laurea Specialistica in Design del Prodotto ecocompatibile. Con questo sistema si riesce ad ottenere un processo di produzione senza scarti (output), i quali vengono invece utilizzati come risorse per altre produzioni (input). Un processo di produzione di carne che di norma si basa sulla coltivazione del foraggio, allevamento del bestiame, macellazione, consumo e scarto, con questo progetto si tramuta in un processo caratterizzato molteplici vantaggi. Alla coltivazione di foraggio senza sostanze sintetiche, all’allevamento e macellazione del bestiame, si aggiungono la produzione di biogas, di alghe, di larve e l’allevamento di quaglie e pesci. In più si crea un sistema di purificazione biologico. Tutto ciò determina un ingente abbasso dei costi, sia in termini monetari, sia in quantità di risorse naturali.

SCENARIO • NATURE ORIENTED DESIGN OGGI

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che è scarto per una specie diventa nutrimento per un’altra.

La metodologia Zeri, è basata sull’armonia e l’interazione dimostrata tra i 5 differenti Regni della Natura: batteri, alghe, funghi, vegetali e animali. E’ possibile realizzare una buona progettazione di sistema solo se si tengono in considerazione tutti i Regni naturali, nessuno escluso; anzi, Gunter Pauli considera la verifica dell’impiego di tutti i Regni come una sorta di controllo di qualità progettuale. L’associazione Zeri ha inoltre formulato 5 principi fondamentali, che si articolano all’interno dei 5 regni, su cui basa la propria metodologia progettuale: 1. Il rifiuto di una specie può costituire nutrimento per una specie di un altro regno. 2. Quello che è tossico per una specie non lo è per almeno una specie appartenente ad un altro regno. 3. Ogni virus può essere eliminato facendolo passare attraverso almeno altri due regni. 4. L’efficacia di un sistema è maggiore quanto più sfrutta le biodiversità locali. 5. Tutte le specie dei cinque regni interagiscono tra di loro. E’ possibile fare interagire specie di regni diversi a temperatura e pressione ambiente.

Il percorso progettuale della metodologia Zeri è articolato attraverso 5 diversi obiettivi: Il primo è quello di mirare alla produttività, verificare quindi se c’è la possibilità di utilizzare integralmente i prodotti durante le fasi di produzione per non generare scarti. Se non è possibile raggiungere questo risultato si ricorre alla tavola OUTPUT - INPUT in cui viene analizzato nel dettaglio il flusso di materia ed energia che investe l’intero processo produttivo. A questo punto, come terzo obiettivo, si individuano le possibili aggregazioni tra industrie diverse in cui gli scarti di lavorazione dell’una rappresentano la materia prima per un’altra. Il quarto step prevede l’individuazione delle grandi innovazioni che è necessario attuare per raggiungere l’obiettivo prefissato. Infine, l’ultimo elemento riguarda il modo in cui è strutturato il processo di definizione delle 88

SCENARIO • NATURE ORIENTED DESIGN OGGI


politiche. Sebbene infatti la legislazione di molti Paesi sia mossa dall’esigenza di proteggere l’ambiente, spesso essa non tiene conto delle opportunità offerte dallo schema output-input.

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CASI STUDIO

Fino ad ora si è analizzato il nature oriented design cercando di indagare le discipline che adottano questo tipo di approccio. Un’ulteriore strada che si è scelto di percorrere a supporto di questo metodo, è quella di isolare alcuni casi studio ritenuti importanti per i rapporti con la natura che evidenziano.

La scelta di questi progetti non è basata su alcuna delle classificazioni precedentemente citate, bensì è stata eseguita per riportare casi che potessero costituire un esempio pratico di nature oriented design nell’ambito del product design, dell’immagine coordinata e del progetto grafico.

Verranno dunque trattati i seguenti casi studio: Tessuto auto-pulente Logo Nada Miura-ori Map Naturalmente questi sono solo pochissimi degli esempi che sarebbe stato possibile riportare, dunque la funzione dell’analisi sintetica di questi progetti, che sarà presente nelle pagine seguenti, si propone solo come uno spunto progettuale. Con questa breve introduzione ci si vuole quindi allontanare dalla presunzione di stabilire che questi lavori siano in assoluto più validi di altri, non citati.

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TESSUTO AUTO-PULENTE

La storia dei materiali che si puliscono da sé comincia con il fiore sacro del Loto (Nelumbo nucifera), una pianta acquatica perenne che ha avuto un ruolo enorme nelle religioni e nelle culture di India, Birmania, Cina e Giappone. Il loto è venerato per la sua eccezionale purezza. Cresce in acque fangose, ma le sue foglie si innalzano a diversi metri di altezza, e non sembrano mai sporche. Le gocce d’acqua sulle foglie di loto hanno uno scintillio ultraterreno, e la pioggia ne lava via lo sporco più in fretta che da qualsiasi altra pianta.

Ad attirare l’attenzione di Barthlott1, è quest’ultima proprietà. Negli anni settanta, si entusiasma per la microscopia elettronica a scansione, entrata in commercio nel 1965 e che permette di realizzare immagini fino a livello dei nanometri. A quell’ingrandimento una particella di sporco può rovinare un’immagine e quindi bisogna pulire bene i campioni, ma Barthlott si accorge che alcune piante sembravano non aver mai bisogno di esser lavate, prima di tutte il loto.

Egli capisce che l’effetto è dovuto alla combinazione di due caratteristiche della superficie della foglia: la natura cerosa e le microscopiche sporgenze, della dimensione di pochi nanometri, che la ricoprono. Sapeva che la natura cerosa della superficie sarebbe bastata a rendere le foglie idrofobiche2. 1  Wilhelm Barthlott è un botanico e biologo, famoso per aver brevettato l’effetto loto per rendere auto-pulenti alcune superfici 2  Per idrofobia s’intende la proprietà fisica delle molecole di essere respinte dall’acqua. Il termine deriva dal

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Angolo di contatto. La grande ampiezza dell’angolo dipende dalle protuberanze che intrappolano aria tra l’acqua e la superficie, minimizzando il reciproco contatto.

ANGOLO DI CONTATTO SUPERFICIE IDROFILA: meno di 30 gradi

SUPERFICIE IDROFOBICA oltre 90 gradi

SUPERFICIE SUPERIDROFOBICA oltre 150 gradi

Su un materiale del genere, le gocce d’acqua minimizzano l’area di contatto con la superficie. Per una superficie idrofila1 l’angolo di contatto, ovvero il punto in cui la goccia incontra il materiale, è inferiore a 30°, mentre una superficie idrofobica ha un angolo di contatto superiore ai 90°. Inoltre comprende che le innumerevoli sporgenze amplificavano l’effetto, facendo sì che la superficie del loto fosse superidrofobica: l’angolo di contatto supera i 150° e su di essa l’acqua forma goccioline pressoché sferiche con superfici di contatto ridottissime, in grado di rotolar via con la stessa facilità di un cuscinetto a sfere.

Anche la sporcizia tocca solo le cime delle sporgenze delle foglie di loto. Le gocce di pioggia bagnano facilmente lo sporco e lo fanno scorrere via dalla foglia.

greco hydros, acqua, e phobos, paura. 1  Per idrofilia s’intende la proprietà fisica delle molecole a legarsi con l’acqua. La parole deriva dal Greco dove hydros sta per “acqua” e philia sta per “amicizia”.

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Meccanismo di autopulizia del loto. 1. Su una superficie normale una goccia d’acqua scivola via lasciando la maggior parte delle particelle di sporco aderenti all’oggetto. 2. Su una superficie idrofobica, la goccia raccoglie lo sporco e lo porta via.

Il fatto che le microscopiche sporgenze migliorino la pulizia è meravigliosamente paradossale. La saggezza popolare vuole infatti che e una cosa deve restare pulita è bene che sia liscia e fin da piccoli ci viene insegnato che lo sporco si annida negli interstizi e nelle fessure. Ma la contemplazione del loto ha rivelato che non sempre è così.

All’inizio Barthlott non pensa ad uno sfruttamento commerciale delle sue osservazioni, ma negli anni ottanta si rende conto che se si fosse riusciti a sintetizzare superfici ruvide e cerose sarebbe stato possibile ottenere un effetto loto artificiale, che poteva avere molte applicazioni. Più tardi brevetta l’idea di realizzare superfici dotate di microscopiche aree rialzate per renderle autopulenti, e registra il marchio Lotus Effect.

Tra gli artefatti che presentano questa caratteristica troviamo alcuni tessuti. In questo ambito possiamo trovare l’azienda svizzera Shoeller Textil AG1, che ha chiamato la propria tecnologia Nano-Sphere. Il sistema funziona con particelle nanoscopiche di silice o polimero sulle fibre del vestito, che gli conferiscono l’irregolare rugosità tipica del loto.

1  http://www.schoeller-textiles.com/nanosphere

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SCENARIO • NATURE ORIENTED DESIGN OGGI


Foglia di Loto. 1. Vista macroscopica 2. Vista nanoscopica

1

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Questo tipo di tessuto hal anotevole capacità di respingere le macchie di pomodoro, olio, caffè e vino rosso. In realtà, nonostante si stiano diffondendo abiti facili da pulire, si prevedono profitti maggiori delle finiture a effetto loto verranno dagli acquirenti di padiglioni, tende da Sole e vele: grandi strutture esposte agli elementi atmosferici e molto faticose da pulire.

L’ambito dei tessuti è solo uno dei contesti di sviluppo di questo brevetto. Vi sono infatti altri settori in cui l’effetto auto-pulente sta suscitando un forte interesse, come quello della produzione di vernici e di vetri.

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LOGO DELL’ASSOCIAZIONE NADA

Abbiamo visto come il design generativo possa creare famiglie di prodotti utilizzando un unico algoritmo, DNA del progetto. Grazie a questi sistemi ed all’evoluzione dei sistemi produttivi, sempre più informatizzati e rapidi, è quindi possibile giungere alla produzione in serie, bensì differenziata.

Questo processo può essere adottato non solo nell’ambito del product design, ma anche nel progetto grafico.

Un esempio di questo atteggiamento è il logo che ToDo, studio di interaction e media design, realizza per l’associazione culturale e di ricerca Nada. Si tratta di un progetto di immagine coordinata, paradossalmente non coordinata, come afferma lo stesso team di ToDo.

Questo ha ideato e realizzato un sistema dinamico di identità visiva che incarnasse i concetti di innovazione e cambiamento: un logo in continuo divenire, sempre diverso, disegnato da un processo/script generativo. Le regole definite nella scrittura del programma danno vita ad una identità riconoscibile anche nella molteplicità delle forme che il logo può assumere di volta in volta.1

Si tratta di un logo il cui progetto si basa su due fasi principali. La prima è la definizione di una griglia di partenza, sulla quale si va ad intervenire grazie ad uno script, che costituisce la seconda fase.

1  http://www.todo.to.it/#projects/logonada

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Logo Nada. Struttura geometrica

Si ha quindi da un lato l’elemento fisso che coincide con la struttura di base, che rende sempre riconoscibile il logo e permette che questo sia sempre associato a Nada, dall’altro una moltitudine di immagini sempre diverse, ottenute in modo informatico, dopo aver impostato una serie di parametri. Questi giocano sulle combinazioni di possibili pieni e vuoti che si possono ricavare dalla griglia, senza perderne però una visione d’insieme riconducibile all’associazione di ricerca Nada.

Visitando il sito internet1 è interessante notare che ogniqualvolta si aggiornino le informazioni della homepage, come ogni volta si passi da una sezione ad un’altra, il logo cambia aspetto, dando così un aspetto dinamico al sito e di conseguenza all’associazione.

1  http://www.associazione-nada.org/

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SCENARIO • NATURE ORIENTED DESIGN OGGI


Logo Nada. Alcune varianti.

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MIURA-ORI MAP

Per quanto riguarda il graphic design si vuole riportare come esempio interessante la cartina stradale Miura-ori Map.

Alla fine degli anni Settanta l’ingegnere aerospaziale Koryo Miura ha brevettato una particolare tipologia di piegatura, chiamata appunto Miura-ori. Questa è caratterizzata da linee di piegatura leggermente curve ottenute attraverso specifici calcoli matematici. Con questa tecnica, che ricorda l’antica arte giapponese dell’origami, è stata realizzata la mappa turistica di Venezia, pubblicata dalla divisione giapponese della Olivetti nel 1978.

Si tratta di una particolare tipologia di mappa, estesa successivamente anche ad altri luoghi, che si presenta come un piccolo pacchetto che può essere rapidamente aperto, per consentire la facile e immediata consultazione, e richiuso con altrettanta velocità per riporlo. L’apertura non avviene come di consueto, svolgendo piegature orizzontali o verticali ma, molto più facilmente esercitando una leggerissima trazione su due estremità opposte lungo la stessa diagonale, indicate dalla grafica. La mappa può essere ripiegata in un attimo con una lieve compressione degli stessi angoli, quasi come se avesse memoria della forma ripiegata.

La differenza tra una normale piegatura e la Miura-ori è che in quest’ultima ogni piega è connessa inscindibilmente con le altre. Basta sollecitarne una per far propagare il movimento all’intero foglio, sia nell’apertura sia nella chiusura.

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Miura-ori Map

L’invenzione è nata da un modello matematico messo a punto da Miura nei primi anni Ottanta, nell’ambito di una ricerca effettuata per la Nasa sulla deformazione dei veicoli spaziali. Negli anni successivi, perfezionando il modello, sono state realizzate “vele solari” di satelliti spaziali che si dispiegano nello spazio in modo analogo alle piccole mappe turistiche.

Il brevetto Miura-ori è stato applicato in diversi ambiti del design, dalle mappe turistiche al packaging per bevande. Una versione cilindrica del Miura-ori è stata utilizzata nel disegno di lattine per bevande gasate in alluminio, facilmente compattabili. Quando la lattina è ancora chiusa ha un aspetto cilindrico, ma una volta aperta, la riduzione della pressione interna permette alla pelle metallica di assumere una conformazione poliedrica a diamante che consente una facile piegatura, utile per ridurne il volume quando il packaging deve essere dismesso.

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SCENARIO • NATURE ORIENTED DESIGN OGGI


Foglie di Faggio. Sono le foglie la cui struttura e il dispiegamento in fase di crescita sono più simili alla mappa turistica in questione.

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Il caso Miura-ori è interessante anche perche Miura, nel corso delle sue ricerche aveva osservato una similitudine con alcune tipologie di piegatura presenti in natura, ma soltanto nel 2005 una ricerca condotta nel dipartimento Division of Engeneering and Applied Sciences and Department of Organismic and Evolutionary Biology dell’Università di Harvard di Boston, i cui risultati sono stati pubblicati su Science nel 2005, ha messo in luce che le piante dispiegano le loro foglie in base ad una logica geometrica analoga a quella concepita da Miura negli anni Settanta.

Questo caso potrebbe essere definito come una sorta di ispirazione alla natura inconsapevole, che anticipava il risultato di ricerche biologiche svolte soltanto oggi, grazie all’uso di metodi e strumenti di indagine evoluti.

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SCENARIO • NATURE ORIENTED DESIGN OGGI






CONCEPT PROGETTUALI

Dopo aver indagato sui rapporti tra natura e design, sia attraverso le discipline progettuali nature oriented, sia attraverso alcuni casi studio, si vuole rafforzare la tesi per la quale ispirarsi alla natura possa essere di grande utilità per la progettazione di artefatti innovativi, e sempre in linea con il contesto attuale.

Per far ciò si vogliono fornire alcune proposte metaprogettuali, finalizzate cioè all’individuazione di temi e approcci possibili, nell’ambito del graphic design, ispirati ad alcune delle qualità naturali in precedenza citate ed esplicate.

È importante in questa fase premettere che si tratti non di progetti completamente definiti, bensì di spunti, di linee guida che potrebbero essere successivamente sviluppate.

Lo scopo di questi metaprogetti sarà quindi soprattutto mettere in luce alcuni concept che sono emersi in fase di ricerca, come le qualità naturali, per poterli tradurre in artefatti.

Un’altra premessa importante da fare è che, sebbene non siano esplicitati, ognuno di questi metaprogetti, sia quelli più concreti e definiti, sia quelli un po’ più astratti e concettuali, non prescindono mai da quelli che sono i requisiti fondamentali di un progetto. La sostenibilità, la fattibilità degli artefatti rimangono comunque concetti fondamentali che non devono essere tralasciati anche nel momento in cui si abbracci un metodo progettuale nature oriented. Bisogna quindi cercare di non forzare associazioni improbabili tra natura e progetto, ma anzi sfruttare e reinterpretare le qualità naturali proprio per soddisfare anche questo tipo di esigenze. METAPROGETTO

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QUALI

TÀ NATURAL

I

BIODEGRADABILITÀ OTTIMIZZAZIONE RIDONDANZA DIFFERENZIAZIONE MULTIFUNZIONALITÀ

IMMAGINE COORDINATA

PACKAGING

COMUNICAZIONE VISIVA

SEGNALETICA

EDITORIA

Nello schema sovrastante sono riportate le cinque qualità della natura, che sono state prese in considerazione nel corrente lavoro e che sono state trasposte nei metaprogetti per andare a delineare cinque differenti ambiti di prodotto grafico.

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METAPROGETTO


PACKAGING MULTIFUNZIONE

Il primo metaprogetto riguarda lo sviluppo in un packaging. Per quanto riguarda questo ambito in natura si possono trovare moltissime soluzioni, veramente ottimali. Un esempio è l’arancia, che Bruno Munari descrive come fosse un vero e proprio progetto:

L’oggetto è costituito da una serie di contenitori modulati a forma di spicchio, disposti circolarmente attorno a un asse centrale verticale al quale ogni spicchio appoggia il suo lato rettilineo, mentre tutti i lati curvi volti verso l’esterno danno nell’insieme come forma globale una specie di sfera. L’insieme di questi spicchi è raccolto in un imballaggio ben caratterizzato sia come materia che come colore: abbastanza duro alla superficie esterna e rivestito con una imbottitura morbida interna di protezione tra l’esterno e l’insieme dei contenitori. [...] Ogni contenitore è a sua volta formato da una pellicola plastica, sufficiente per contenere il succo, ma naturalmente abbastanza manovrabile. Un debolissimo adesivo tiene uniti gli spicchi fra loro per cui è facile scomporre l’oggetto nelle sue varie parti tutte uguali. L’imballaggio, come si usa oggi, non è da ritornare al fabbricante ma si può gettare. [...] L’arancia quindi è un oggetto quasi perfetto dove si riscontra l’assoluta coerenza tra forma, funzione, consumo. Persino il colore è esatto, in blu sarebbe sbagliato.

Un’analisi simile a questa è stata condotta, in questo lavoro, sull’uovo. In questo contesto non si vuole entrare in una descrizione tecnico-scientifica, bensì mirata ad METAPROGETTO

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individuare le caratteristiche interessanti ai fini progettuali. Se ne considerino quindi essenzialmente tre elementi costituiti da tuorlo, albume e guscio. Il tuorlo viene considerato come prodotto da conservare, mentre gli altri definiscono il packaging. Il guscio è una dura superficie, che protegge il contenuto, costituita soprattutto di calcio, e rivestita da due sottili membrane. Il tuorlo si trova al centro dell’uovo ed è circondato dall’albume, caratterizzato da diverse funzioni: Protezione del tuorlo: essendo una sostanza semi-solida elastica con un alto contenuto di acqua, è in grado di assorbire gli urti Nutrimento: contiene sostanze nutritive sia per l’embrione in sviluppo, sia per il consumatore che mangerà l’uovo. In modo analogo si potrebbe pensare ad un packaging per oggetti fragili. Solitamente questo tipo di artefatti viene imballato con materiali espansi come il polistirene, i quali, dopo aver svolto la loro funzione protettiva, diventano scarto. 108

METAPROGETTO


DETERSIVO

Esploso del packaging

PIATTO PIATTO

SERBATOIO PP FOGLIO PP

SERBATOIO PP DETERSIVO

Il metaprogetto proposto prevedrebbe invece l’utilizzo di un materiale semi-solido, che come l’albume possa avere una duplice funzione. Ponendo come obiettivo un packaging per piatti si potrebbe sviluppare un progetto caratterizzato da due serbatoi in polipropilene (guscio), contenenti il sapone liquido (albume), che vengono termosaldati intorno al prodotto da proteggere (tuorlo).

In questo modo si avrebbero molteplici vantaggi: Gran parte del packaging dopo aver svolto la funzione anti-urto, assume un nuovo utilizzo, quello di lavare. Il polipropilene, che dovrà successivamente essere riciclato, ha anch’esso una duplice utilità. Questo diventa infatti packaging di due prodotti, i piatti e il detersivo. Si promuove inoltre una nuova logica di pensiero, quella del distaccamento dai prodotti di marca, per valorizzare invece i prodotti venduti, nel caso del detersivo, alla spina. Il sapone contenuto all’interno dei serbatoi infatti si prevede che verrà successivamente posto in un flacone, o comunque in un contenitore di cui il consumatore è già in possesso.

METAPROGETTO

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BIGLIETTI DA VISITA DIFFERENZIATI

Si è già parlato di design generativo e di come questo miri ad una produzione seriale differenziata, utilizzando algoritmi informatici. La strada percorsa nel corrente lavoro consiste invece nel cercare di ottenere lo stesso risultato, ma senza l’ausilio dell’informatica, utilizzando cioè semplicemente le nozioni di progetto grafico.

Come esempio si è voluto utilizzare quello dei biglietti da visita. Di consueto, quando un progettista si trova a delineare l’immagine coordinata di un’azienda ed in particolare il biglietto da visita, ne decide il formato, la posizione degli elementi, i colori. Intorno ad ogni biglietto terrà conto di un abbondaggio, che sarà utile in fase di taglio, e infine lo manda in stampa nel numero di copie desiderate. Sarà poi l’azienda che si occupa di questa operazione ad impaginare su un foglio di dimensioni maggiori il vari biglietti.

Ciò che si vuole proporre con questo metaprogetto è invece di progettare non il singolo bi-

METAPROGETTO

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glietto da visita, bensì l’intero foglio di cm. 100x70, sul quale sarebbe comunque impaginato successivamente. In questo modo, stabiliti gli elementi ricorrenti per ogni biglietto, si possono ripetere e impaginare con determinati criteri per cui, una volta tagliato il foglio, ogni biglietto li presenterà in posizioni differenti. La fustella stessa può essere stabilita a piacimento del designer quindi potrà ulteriormente differenziare i vari biglietti. Oltre alle informazioni ed ai colori ricorrenti, si potrebbe ulteriormente rafforzare la coerenza tra i diversi biglietti da visita, scegliendo una grafica, o un pattern che si estenda sull’intero foglio.

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METAPROGETTO






LIBRO AUTO-IMBALLANTE

Ritornando al tema del packaging, un’altro aspetto interessante della natura è il fatto che ogni elemento nasca con l’adeguata protezione. Per esempio una mela, una pera, come qualsiasi altro frutto, già dal momento in cui nascono presentano la propria buccia e si sviluppano contemporaneamente.

Volendo trasporre questa qualità all’ambito del design, si dovrebbe pensare al packaging di un prodotto nel momento stesso in cui si inizia a progettare il prodotto stesso, in modo da ottimizzare sia i processi produttivi, sia i costi e i materiali. Si tratta infatti di due produzioni che non possono prescindere l’una dall’altra ed è quindi un bene che siano il più possibile coerenti.

Si vuole proporre una soluzione progettuale in linea con questo concept nell’ambito dell’editoria. Nella produzione di un libro si potrebbe ipotizzare di inserire come ultima pagina un foglio più

METAPROGETTO

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lungo, con cui avvolgere il prodotto. Questo foglio potrebbe avere una grammatura minore rispetto alle altre pagine e presentare un pretaglio che permetta di eliminare la carta in eccesso dopo aver “sbucciato“ il libro.

L’aspetto interessante di questa soluzione è che così facendo si riuscirebbe a far coincidere il confezionamento del libro, con il momento dell’imballaggio. In questo modo si avrebbe un’ottimizzazione dei processi produttivi, dei materiali, escludendo l’aggiunta di un’eventuale pellicola plastica, e dell’energia che richiederebbe la messa in funzione di ulteriori macchinari.

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METAPROGETTO






ORIENTAMENTO OLFATTIVO Prima di addentrarsi nel vivo del metaprogetto sviluppato sul concept della ridondanza, sarebbe bene fare una premessa. Spesso le strategie progettuali orientate alla sostenibilità ambientale tendono alla minimizzazione. Il concetto di ridondanza sembra dunque in antitesi con questo tipo di approccio. Tuttavia in alcuni casi la ridondanza costituisce una soluzione efficace per evitare sprechi di risorse e per consentire la sopravvivenza di sistemi biologici ad eventi imprevisti e pericolosi.

In particolare in questo contesto si vuole porre l’attenzione sui sensi degli animali. Essi infatti, a differenza dell’uomo che punta molto sulla vista, sfruttano ne sfruttano anche altri, per esempio l’olfatto.

Un esempio dell’efficacia del combinare diversi sensi è la capacità di orientamento dei colombi viaggiatori. Questi sembra che possano orientarsi grazie a diverse qualità che li caratterizzano: La loro sensibilità al campo magnetico terrestre. Alla loro vista che permette loro sia di riconoscere punti di riferimento sulla superficie terrestre sia la luce ultravioletta e polarizzata. L’olfatto molto sviluppato.

Da alcune teorie formulate nei primi anni Settanta sembra che sia proprio la navigazione olfattiva ad avere il maggior peso nel sistema di orientamento di questi uccelli. L’ipotesi della navigazione olfattiva presuppone che durante i primi mesi di vita i colombi imparino quale è l’odore predominante della zona dove vivono e che inoltre imparino a ricoMETAPROGETTO

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Colombo viaggiatore

noscere le aree circostanti che sono caratterizzate da odori differenti (di natura ancora sconosciuta) portati alla voliera dai venti che spirano dalle varie direzioni. Una volta che il giovane colombo viaggiatore ha sviluppato la mappa olfattiva, può determinare sia durante il trasporto passivo sia (entro certi limiti spaziali) sul luogo di rilascio, in quale direzione è stato dislocato rispetto a casa, riconoscendo gli odori caratteristici che alla colombaia aveva associato a quella determinata direzione dello spazio. A questo punto, per dirigersi correttamente, dovrà volare nella direzione opposta e mantenere tale rotta durante il volo di homing utilizzando la bussola solare o magnetica. L’ipotesi olfattiva quando fu formulata per la prima volta giustificava certe evidenze sperimentali di alcuni anni precedenti che non avevano ancora una chiara spiegazione, come, ad esempio, le pessime capacità di orientamento mostrate da colombi viaggiatori allevati in voliere schermate con materiale trasparente ma impervio ai venti, contrapposte alle buone capacità di orientamento nel caso le schermature fossero costituite da materiale anche opaco ma che non impedisse la libera circolazione delle correnti aeree fra l’esterno e l’interno della voliera.

Sarebbe interessante capire come queste conoscenze possano essere sfruttate nel mondo

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METAPROGETTO


PROFUMO DI

SALVIA

PROFUMO DI USCITA

LOTO

progettuale, per sviluppare ad esempio un sistema segnaletico all’interno di un edificio. Naturalmente è impensabile trasporre questo tipo di segnali in un progetto rivolto agli esseri

Pianta del primo piano della sede del Politecnico Alenia.

umani, in quanto non sono dotati di capacità olfattive tanto sviluppate come quelle animali. È possibile però pensare di utilizzare odori e profumi almeno come strumenti di supporto alla convenzionale segnaletica visiva caratterizzata per lo più da cartelli ed insegne.

Un’applicazione di questo tipo di informazione, quella olfattiva, in un edificio potrebbe essere utilizzata non tanto per decidere quale direzione percorrere, quanto per individuare una determinata area. Si tratta di una soluzione che potrebbe essere utile in strutture con un’architettura molto complessa o simmetrica, nelle quali può capitare talvolta di ritrovarsi spaesati.

È stato allora ipotizzato un edificio costituito da due aree, A e B, che saranno caratterizzate rispettivamente dal profumo di salvia e di fiore di loto. Così facendo un frequentatore del luogo che sia a conoscenza di questa convenzione saprà che se prima si trovava nella zona A, quando camminando inizierà a sentire profumo di loto, riconoscerà di aver cambiato area e di essere in quella B.

METAPROGETTO

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La conoscenza di questa convenzione potrebbe avvenire in tre modalità differenti: La presenza di cartelli all’interno dell’area in questione che indichino il nome dell’area, accompagnato dall’immagine dell’odore che si sta sentendo. La presenza un cartello/totem all’ingresso dell’edificio, che spieghi la modalità segnaletica olfattiva che è presente all’interno. La sola esperienza, per la quale solo attraverso l’abitudine e la frequentazione del posto si capisce che una zona è sempre caratterizzata da un profumo piuttosto che un’altro. Questa modalità potrebbe essere utile solo in casi di edifici frequentati quotidianamente dalle stesse persone, per esempio una scuola.

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METAPROGETTO






MANIFESTO MULTIFUNZIONE DECOMPONIBILE

L’equilibrio ecologico del pianeta è mantenuto grazie alla proprietà delle sostanze organiche di essere biodegradabili, ovvero la possibilità di essere decomposti dalla natura. Una sostanza decomponibile, viene attaccata da alcuni batteri che ne estraggono gli enzimi necessari alla decomposizione in prodotti semplici, dopodiché l’elemento viene assorbito completamente nel terreno. Una sostanza non decomponibile, o decomponibile a lungo termine, rimane nel terreno senza venire assorbita , provoca inquinamento e favorisce diverse problematiche ambientali.

Nel progetto di artefatti questo concept si traduce spesso con l’utilizzo di materiali biodegradabili in quanto naturali, come potrebbe essere la liuta, o con materiali biodegradabili innovativi, per esempio il Mater-B®.

Il metaprogetto che si vuole presentare in questa tesi, si rifà ad una concezione più estesa di biodegradabilità.

METAPROGETTO

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Si tratta di un manifesto informativo per un evento, come una mostra d’arte. Questo è stampato fronte e retro, su un cartoncino, per svolgere due funzioni. Il fronte presenta la grafica e le informazioni che si vogliono comunicare, quali nome dell’evento, autore, date che dovranno però essere concentrati nella parte centrale del foglio. Quest’ultima è l’unica zona del foglio che avrà sul retro non una stampa, bensì una pellicola bi-adesiva, che consente di incollare il manifesto ad un qualsiasi supporto. Inoltre ad eccezione di quest’area, il resto del manifesto è caratterizzato da una serie di pretagli che invitano i passanti a staccare pezzi di foglio da portare con sé. Ognuno di questi sul retro riporta le informazioni essenziali, utili alla partecipazione all’evento, assumendo così una seconda utilità, quella del flyer.

Questo artefatto, oltre ad essere multifunzionale, riprende il concept della biodegradabilità in senso lato.

Se solitamente i manifesti, dopo il loro utilizzo vengono rimossi e gettati integralmente, in questo caso il manifesto verrebbe poco alla volta “decomposto” e “assimilato” dai passanti. L’unico scarto che rimarrà sarà infatti una sezione ridotta del foglio, nonché quella centrale che ne permette l’adesione al supporto.

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