DIRIGENZA MEDICA N. 1/2014

Page 1

DM 01-2014:Layout 1

18-02-2014

14:17

Pagina 1

I L M E N S I L E D E L L’ A N A A O A S S O M E D

NUMERO 1 - 2014

dm dirigenzamedica Rapporto Sdo 2012

Le politiche di genere

Tutela lavoro

Diminuiscono ricoveri, giornate di degenza e mobilità sanitaria

Le cose realizzate e quelle in agenda

La disciplina dell’Alpi tra riforma Balduzzi e negoziazione aziendale

a pagina 6

a pagina 12

a pagina 15

LA CRONACA DI 12 ORE DI UN COLLEGA DELL’OSPEDALE MAGGIORE DI BOLOGNA

“Siamo alla catena di montaggio, ma non c’è nulla di meccanico”

UNA NOTTE IN PRONTO SOCCORSO

Dirigenza Medica - Anno XIII - n. 1 - 2014 - Poste Italiane Spa - Sped. in Abb. Postale D.l. 353/2003 (Conv. in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, dr Commerciale Business Roma N.11/2006 - www.anaao.it


DM 01-2014:Layout 1

18-02-2014

14:17

Pagina 2

2

Dirigenza Medica IL MENSILE DELL’ANAAO ASSOMED 1/2014

Il racconto di una notte in pronto soccorso

Notizie dal fronte interno “Le cose si fanno dure dalle due in poi.

Lorenzo Giorgi Ospedale Maggiore Bologna

Ore 21:00, chiama un amico, mi chiede se pos-

siamo vederci domani nel pomeriggio, guardo l’orario appeso al frigo: domani faccio notte… Quindi… quindi niente… devo riposarmi, altrimenti non reggo…Lui rilancia sul giorno dopo, ma… niente da fare, non posso garantire che sarò in grado di stare sveglio, dipende tutto da come sarò tornato a casa l’indomani mattina. Già è così. Perché il lavoro notturno non è solo che ti costringe a stare sveglio per una nottata, ma coinvolge in maniera complessa anche il giorno prima e il giorno dopo le dodici ore… Già a pensarci adesso, a ventitré ore di distanza si sente quello strano stato di tensione. Il giorno in cui fai la notte deve essere necessariamente “a basso consumo”, perché altrimenti 12 ore non reggi e in Pronto Soccorso, che tu sia medico o infermiere non cambia, non hai tregua, sono dodici ore di trincea vera, perché possono anche non esserci troppi codici rossi (i più gravi), ma non ti puoi permettere di sbagliare, devi sempre e solo essere al top, anche alla decima ora… anche quando la fatica è tale da fare male. Arrivo in servizio, scivolo tra gli habitué della sala d’aspetto, i soliti senzatetto che se la sfangano al caldo in inverno e al fresco in estate…, non è logico che stiano lì, ma non ha senso nemmeno allontanarli, e se poi dovessero stare male…? Il collega che smonta dal turno pomeridiano mi lascia le consegne; in attesa ci sono già (per loro è ancora…) almeno una ventina di persone, alle volte anche di più. Mi concentro, non devo pensarci, perché se ci pensi, se ti immedesimi in chi fa la fila finisce che non riesci a prestare la giusta attenzione a chi hai davanti e il tuo lavoro è trovare la soluzione giusta, comprendere cosa sia meglio per quella perso-

Il collega che fa il turno con me lavora a testa bassa, non riusciamo nemmeno a scambiarci una consulenza, siamo troppo presi… Siamo alla catena di montaggio, ma non c’è nulla di meccanico... C’è stato un incidente stradale, due giovani… Parte la procedura, valutazione, chiama la rianimazione… Ripenso alla notte appena passata, alla stesura di tutte le diagnosi e le prestazioni, forse ho prescritto qualche esame di troppo, forse, ma con l’aria che tira meglio non sottovalutare nulla, perché basta un leguleio qualunque per trascinarmi in tribunale e trovarmi ad affrontare un calvario di anni per dimostrare che meglio di come ho fatto non avrei comunque saputo e potuto fare”. Sono questi alcuni stralci del racconto di una lunga notte in Pronto soccorso. Una notte di “ordinaria follia” con medici e infermieri sempre in “prima linea”.

na, non smaltire la coda. Nella maggioranza dei casi si tratta di persone anziane. Da questo osservatorio ci si accorge bene di come stia evolvendo la società, sia demograficamente, sia culturalmente. Arrivano persone con problemi seri, ma anche persone spaventate da un mal di pancia che dura da qualche ora e queste arrivano anche di notte, preferiscono aspettare seduti su una sedia del Pronto soccorso, dopo l’accettazione al Triage, piuttosto che chiamare la Guardia medica notturna o aspettare il medico curante l’indomani mattina. Arrivare a mezzanotte è relativamente facile, sono solo quattro ore e poi, con i ritmi alterati del sonno, dopo anni di notti e di turni faticosi, non è nemmeno un grosso problema. Le cose si fanno dure dalle due in poi. Il collega che fa il turno con me lavora a testa bassa, non riusciamo nemmeno a scambiarci una consulenza, siamo trop-


DM 01-2014:Layout 1

18-02-2014

14:17

Pagina 3

Dirigenza Medica IL MENSILE DELL’ANAAO ASSOMED 1/2014

po presi. L’infermiere del Triage lavora con ritmo costante, stabilisce le priorità, passa i casi non appena il paziente che mi ha assegnato ha fatto i prelievi e la prima parte della valutazione. Siamo alla catena di montaggio, ma non c’è nulla di meccanico. Per fortuna (o per maledizione) esistono le check list… scorrerle mentalmente aiuta. Il computer è lento, si inceppa, controllo gli esiti del laboratorio, richiamo dentro la paziente che ho visto oltre un’ora fa. Mentre contatto il reparto per sapere se c’è ancora un posto letto (deve essere ricoverata), l’infermiere le parla, stabilisce un ulteriore contatto umano, perché anche se dobbiamo correre, essere precisi e per qualcuno anche infallibili, dobbiamo e vogliamo essere umani, gentili, non possiamo e non vogliamo essere frettolosi; veloci, ma non frettolosi. Quando uscirà non si ricorderà nemmeno di noi, ma non è questo che conta. Ora è troppo spaventata dal suo dolore e da quello che nella mente immagina le accadrà. Ma non posso più pensare a lei, devo passare oltre, devo occuparmi del nuovo caso, il ventesimo di questa

3

notte e sono solo le due e mezza… L’infermiere mi dice che in attesa adesso ce ne sono venti, ne sono arrivati altri, da quando sono montato in turno. Riprendo con il ritmo cadenzato di sempre. Le domande, le ansie dei familiari, le risposte. La barella vicino all’ingresso è vuota… il paziente non è lì… dove è finito? Sono passati cinque minuti da quando lo abbiamo spostato dal box delle visite al corridoio, ci separano solo dei tendaggi pesanti, non ha chiesto di andare in bagno… era in stato confusionale, dopo una serata di eccessi. Mando l’infermiere a cercarlo, chiamo la vigilanza, scatta l’allarme… sale l’adrenalina, ma intanto arriva un codice rosso. I colleghi del 118 arrivano trafelati, c’è stato un incidente stradale, due giovani… Parte la procedura, valutazione, chiama la rianimazione, l’infermiere che mi accompagna in questa notte è veloce, ha lasciato le ricerche del paziente alla vigilanza ed è arrivato al mio fianco facendo quello che va fatto, arriva la rianimazione, chiudiamo le tende, si procede, ci consultiamo, raccogliamo tutte le informazioni e le idee. Stabilizziamo il pa-

ziente, ora possiamo trasportarlo in Tac, ma intanto è stabilizzato. Il collega ha preso in carico l’altro, altrettanto complicato. Riusciamo a incrociarci un attimo, il suo sguardo è stanco, mi sembra di guardarmi allo specchio, vedo in lui e in chi lavora con noi la stessa stanchezza che sento addosso. Il paziente scomparso è riapparso, lo ha trovato la vigilanza, era uscito a fumare, sulla rampa: anche questa è risolta, per oggi. Sono le sei, ancora due ore. In sala di attesa sono rimasti in cinque, sono sette ore che aspettano, codici bianchi, si sa che va così, ma questo non trasforma la notte in bianco nella sala di attesa in qualcosa di meno pesante per loro. Alle otto meno venti arriva il collega che farà il turno della mattina, passo le consegne, il mio turno si chiude alle 8 e un quarto, nemmeno il tempo di andare in bagno stanotte. Lascio questo posto, come uno zombie. Ripenso alla notte appena passata, alla stesura di tutte le diagnosi e le prestazioni, forse ho prescritto qualche esame di troppo, forse… ma con l’aria che tira meglio non sottovalutare nulla, perché basta un leguleio qualunque per trascinarmi in tribunale e trovarmi ad affrontare un calvario di anni per dimostrare che meglio di come ho fatto non avrei comunque saputo e potuto fare…


DM 01-2014:Layout 1

18-02-2014

14:17

Pagina 4

4

Dirigenza Medica IL MENSILE DELL’ANAAO ASSOMED 1/2014

Rapporto Oasi 2013

Ormai spendiamo molto meno di Germania, Francia e Regno Unito La nostra spesa procapite è ferma a 2.419 dollari l’anno.

Rispettivamente, 899, 714 e 328 in meno di Germania, Francia e UK. Se proseguiranno la contrazione degli investimenti e la riduzione della spesa dei cittadini, in alcune regioni c’è il rischio di non riuscire più a far fronte alle necessità della popolazione. Per il Cergas Bocconi: “Senza investimenti e con questi budget la sanità è a rischio”. Contenendo la spesa per

ogni singolo fattore produttivo (personale, medical device, privato accreditato, ecc.) e contraendo gli investimenti in tecnologie e rinnovo infrastrutturale la sanità pubblica sistema i conti nel breve periodo, ma a discapito della performance sanitaria presente e futura, tanto che in alcune regioni si fa concreto il rischio dell’undertreatment, ovvero dell’impossibilità di far fronte alle necessità sanitarie della popolazione. Dilatando i tempi di pagamento, in casi estremi, fino a 1.500 giorni (la media è di 236 giorni per i farmaci e 274 per le attrezzature) e non rinnovando le attrezzatura le aziende si espongono a costi futuri – e creano perciò debito sommerso - in termini di prezzi più alti per le forniture, interessi di mora, contenziosi e personale impiegato per far fronte alle richieste dei creditori e futura obsolescenza tecnologica e inadeguatezza infrastrutturale. Il Rapporto Oasi 2013 sul sistema sanitario italiano, presentato alla Bocconi dal Cergas (Centro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale) ribadisce la natura “sobria” del nostro sistema sanitario, con una spesa pubblica pro capite, pari a 2.419 $PPA (dollari parità di potere d’acquisto), significativamente più bassa di quella di Germania (3.318), Francia (3.133) e Regno Unito (2.747) e un disavanzo in forte diminuzione a 1,04 miliardi di euro nel 2012 (-17,3% rispetto all’anno precedente), il che equivale allo 0,9% della spesa sanitaria pubblica corrente. I risultati sono notevoli soprattutto nelle regioni soggette a Piani di rientro: il disavanzo della Campania, nel 2012, è un decimo di quello del

707 euro del Trentino Alto Adige ai 239 della Campania e le ultime posizioni sono tutte occupate dalle regioni meridionali. In altri termini, non vi è una correlazione tra spesa sanitaria privata e quali/quantità di quella pubblica. Nelle regioni più ricche, con la migliore sanità, si spende di più anche per quella privata a pagamento. Ciò significa che nelle regioni più povere si fa concreto il rischio di undertreatment, come già dimostra l’inadempienza di alcune di queste regioni rispetto ai livelli essenziali d’assistenza. 2005, quello del Lazio un quinto e quello della Sicilia è sostanzialmente azzerato. Rimane però rilevante il gap di performance tra i diversi sistemi sanitari regionali ed è evidente la disparità tra le regioni in Piano di rientro e le altre “dal momento che tutte e sole le regioni in Piano di rientro (Abruzzo, Campania, Calabria, Lazio, Molise, Puglia e Sicilia)”, scrivono i coordinatori del Rapporto, Elena Cantù e Francesco Longo, “risultano inadempienti o parzialmente inadempienti” nel mantenimento dei livelli essenziali di assistenza. Questo è un pericoloso campanello di allarme sul potenziale livello di iniquità nell’accesso alle cure tra nord e sud. La spesa maggiormente penalizzata, perché meno rigida, risulta essere quella per investimenti, che si attesta a 59 euro pro capite nella media nazionale, ma con una forte variabilità, dai 111 euro dell’Emilia Romagna ai 20 euro della Calabria. Le regioni del Sud sono sistematicamente al di sotto della media nazionale, pur avendo un quadro infrastrutturale più fragile già in partenza. La riduzione della spesa pubblica non è compensata da un aumento di quella privata, che segue, invece, il ciclo economico e il reddito disponibile dei consumatori. Anche in questo caso la variabilità regionale è molto forte. La media italiana è di 463 euro pro capite, ma si va dai

Uno degli espedienti utilizzati per alleggerire la situazione economica delle aziende è stato, fino ad ora, l’allungamento dei tempi di pagamento. La sanità italiana, in media, paga i farmaci a 236 giorni e le attrezzature a 274, con una diminuzione di una ventina di giorni a metà 2013 rispetto metà 2012. La variabilità è altissima e, per le attrezzature, si va dagli 83 giorni della Valle d'Aosta ai 929 della Calabria, mentre per i farmaci si passa dai 75 giorni del Trentino Alto Adige ai 797 del Molise. In generale, la situazione più compromessa è quella di Campania, Calabria e Molise, ma sono da monitorare anche Piemonte, Puglia e Veneto. In Campania esistono aziende sanitarie che pagano a 103 giorni, altre a 1.509. Le regioni assoggettate a Piani di rientro per ridurre il debito pagano, in media, 280 giorni dopo le altre. “I recenti provvedimenti normativi per liquidare parte del debito commerciale accumulato dalla pubblica amministrazione”, puntualizzano Cantù e Longo, “hanno sicuramente migliorato la situazione. Mettere le aziende sanitarie nella condizione di saldare i debiti pregressi non è, però, sufficiente. È necessario che le aziende siano poste in condizioni di pagare puntualmente anche quelli futuri”.


DM 01-2014:Layout 1

18-02-2014

14:17

Pagina 5

Dirigenza Medica IL MENSILE DELL’ANAAO ASSOMED 1/2014

5

Verifica Lea 2012

Qualità dell’assistenza: la classifica Il ministero della Salute ha anticipato i risultati della nuova verifica sul

mantenimento dell’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza. In coda Campania e Calabria con le performance peggiori. Valutati anche gli indicatori organizzativi: solo il Veneto li supera tutti. L’Emilia Romagna continua ad essere la Regione

più attenta al rispetto dei 21 indicatori del “tavolo Lea” che ogni anno monitorizza la qualità dell’assistenza sanitaria in tutte le realtà. Con un punteggio finale di 208 punti (si viene considerati “adempienti” da 160 punti in su) si conferma al primo posto anche nel 2012. Come all’ultimo si conferma purtroppo la Campania, con un punteggio di 116 punti, 15 in più rispetto al 2011 ma non sufficienti a lasciare l’ultimo gradino della classifica. Le novità principali le troviamo invece nella rosa di testa dove la Lombardia passa dal 2° al 4° posto con 182 punti (ne aveva 195 nel 2011) sopravanzata da Veneto e Toscana con 192 punti ciascuna che si collocano così insieme al 2° posto. Come dicevamo il punteggio si basa su una serie di calcoli legati all’adempimento nei confronti di 21 indicatori di performance nei vari livelli di assistenza (prevenzione, ospedaliera, farmaceutica, di base, ecc.) ed è suddiviso in tre fasce: sopra i 160 punti la regione viene considerata “adempiente”, tra i 130 e i 160 “adempiente con impegno”, ovvero con alcune criticità su cui impegnarsi, sotto i 130 “inadempiente”. Dalla lettura complessiva della classifica, solo la Campania è “inadempiente”, mentre sei regioni (Calabria, Puglia, Molise, Abruzzo, Lazio e Sicilia) si collocano nella fascia di “adempiente con impegno” e le restanti 9 (Basilicata, Marche, Liguria, Umbria, Piemonte, Lombardia, Toscana, Veneto ed Emilia Romagna) in quella di “adempienza” all’erogazione dei Lea (le Regioni e Province autonome non sono comprese nella graduatoria). Ma il ministero ha anticipato anche il risultato di un’altra verifica dell’erogazione Lea, quella legata agli aspetti organizzativi e funzionali aggiornando le criticità 2012 già evidenziate in una prima riunione del 6 dicembre scorso.

Il rapporto indica che solo il Veneto risulta totalmente adempiente a quest’altro tipo di indicatori più legati appunto a funzioni e compiti organizzativo-burocratici, mentre tutte le altre regioni, anche se con differenze notevoli in termini di importanza dei rilievi, presentano comunque o “inadempienze” o “adempienze con impegno”.

Al 1° posto resta l’Emilia Romagna, ma Veneto e Toscana salgono al 2° scalzando la Lombardia (quarta)

2011 2012 1° 2° 3° 4° 5° 6° 7° 8° 9° 10° 11° 12° 13° 14° 15° 16°

Valutazione Emilia Romagna 213 Lombardia 195 Umbria 184 Veneto 182 Piemonte 170 Toscana 168 Basilicata 167 Liguria 166 Marche 161 Lazio 152 Sicilia 147 Abruzzo 145 Molise 142 Calabria 128 Puglia 123 Campania 101

1° 2° 2° 4° 5° 6° 7° 8° 8° 10° 11° 12° 13° 14° 15° 16°

Valutazione Emilia Romagna 208 Veneto 192 Toscana 192 Lombardia 182 Piemonte 180 Umbria 174 Liguria 173 Marche 165 Basilicata 165 Sicilia 156 Lazio 154 Abruzzo 146 Molise 144 Puglia 138 Calabria 132 Campania 116


DM 01-2014:Layout 1

18-02-2014

14:17

Pagina 6

6

Dirigenza Medica IL MENSILE DELL’ANAAO ASSOMED 1/2014

Rapporto Sdo 2012

Calano ricoveri e giornate di degenza I ricoveri scendono del 4,6%, le giornate di ricovero del 4%, ma i dati del

Ministero della Salute evidenziano anche una riduzione parallela (-4,7%) della mobilità sanitaria che riguarda 770.233 persone ricoverate fuori regione. In calo anche gli errori di compilazione delle schede. Si va in ospedale principalmente per le malattie e i disturbi legati al sistema cardiocircolatorio Nel 2012 i ricoveri effettuati presso le strutture del

Le principali cause (acute) per cui si ricorre all’ospedale Apparato cardiocircolatorio

14,6% Sistema muscolo-scheletrico e del tessuto connettivo

12,4% Apparato digerente

9,4%

Ssn sono stati 10.257.796 in calo del 4,6% rispetto ai 10.749.246 del 2011. Giù anche l’ammontare delle giornate di degenza erogate che nel 2012 sono state 66.707.607, il 4% in meno rispetto alle 69.417.699 del 2011. Come per ricoveri e giornate si riduce anche la mobilità sanitaria che se nel 2011 aveva coinvolto 807.981 persone, nel 2011 ha riguardato invece 770.233 persone (-4,7%). A scattare la fotografia sull’attività di ricovero nelle strutture sanitarie italiane è il Rapporto 2012, elaborato dal ministero della Salute in base ai dati ricavati dalle schede di dimissione ospedaliera (Sdo). Per quanto riguarda le giornate di degenza rimane stabile rispetto al 2011 il dato per gli acuti in regime ordinario (media di 6,8 giornate). In lieve diminuzione le giornate medie di degenza per riabilitazione in regime ordinario che passano da una media di 26,6 a 26,2. Calo più vistoso per la degenza media in lungodegenza che passa dalle 30,6 giornate di media a 28,8. Le principali cause (acute) per cui si ricorre all’ospedale Sul totale dei ricoveri per acuti pari a 6.841.014 dismissioni ben il 14,6% è rappresentato da malattie e disturbi dell’apparato cardiocircolatorio. A seguire con il 12,4% dei casi vi sono le malattie e i disturbi del sistema muscolo-scheletrico e del tessuto connettivo. La terza causa per cui si va in ospedale riguarda invece (il 10%) la gravidanza, parto e puerperio, cui segue con il 9,4% le malattie e i disturbi dell’apparato digerente. Ma si riducono anche gli errori di compilazione delle schede. Complessivamente le schede

pervenute ammontano come dicevamo a 10.259.780 unità, con una diminuzione di circa il 4,6% rispetto all’anno precedente. La qualità della compilazione è ulteriormente migliorata rispetto all’anno precedente: il numero complessivo di errori si riduce da 12.387.798 nel 2011 a 7.693.650 nel 2012, con una diminuzione di poco più del 40%. In particolare, si osserva un significativo miglioramento della compilazione delle nuove variabili introdotte a partire dal 2010, ovvero “Livello di istruzione” (da 34,24% di errori nel 2011 a 25,05% nel 2012), “data di prenotazione” (da 28,87% nel 2011 a 21,03% nel 2012), “classe di priorità” (da 32,29% nel 2011 a 15,78% nel 2012) e “codice di causa esterna del traumatismo” (da 5,69% nel 2011 a 5,38 nel 2012). Il numero complessivo di schede con almeno un errore di compilazione si riduce notevolmente, passando da 7.157.153 nel 2011 (pari al 66,5% delle schede pervenute) a 5.082.154 nel


DM 01-2014:Layout 1

18-02-2014

14:17

Pagina 7

Dirigenza Medica IL MENSILE DELL’ANAAO ASSOMED 1/2014

7

2012 (pari al 49,5% delle schede pervenute), con una differenza di 17 punti percentuali. Infine, per avere una reale misura della dimensione dell’errore occorre considerare che una scheda Sdo contiene 45 variabili, per un totale di 10.259.780 schede pervenute corrisponde a 461.690.100 informazioni distinte raccolte. Il numero di errori riscontrato, pari a 7.693.650 pertanto, incide per meno del 1,7%; considerando inoltre le informazioni calcolabili a partire dalle variabili raccolte, l’incidenza dell’errore si riduce ulteriormente. Il livello qualitativo della banca dati Sdo, pertanto, è estremamente elevato. In calo i ricoveri per acuti e in day hospital Rispetto al 2011 il numero complessivo di ricoveri ordinari per Acuti si riduce da 7.043.070 a 6.837.823 (-2,9%), con una corrispondente diminuzione delle giornate di ricovero da 47.963.625 a 46.422.668 (-3,2%); il numero di cicli di Day Hospital effettuati si riduce da 2.828.910 a 2.538.561 (- 10,3%) L’attivitĂ totale per Acuti si riduce da 9.879.863 unitĂ nel 2011

le d’Aosta e Calabria, mentre la quota piÚ bassa, sempre in regime ordinario, in Lombardia, P.A. di Bolzano, Toscana e Veneto. Confrontando i dati con l’anno precedente, i ricoveri fuori regione in regime ordinario presentano un decremento maggiore rispetto a quelli in regione, mentre per i ricoveri in DH si osserva un andamento inverso. In ogni caso la mobilità complessiva a livello nazionale per Acuti in Regime ordinario ammonta al 7,5% dei ricoveri complessivamente erogati (circa 505 mila ricoveri su 6,7 milioni). I valori piÚ alti di dimissioni di non residenti si osservano in Lombardia (106.259 dimissioni di non residenti, pari al 9% dei ricoveri erogati dalla regione), Emilia Romagna (75.880 dimissioni, pari al 13,6 dei ricoveri della regione), Lazio (48.824 dimissioni, pari al 7,8% dei ricoveri della regione) e Toscana (47.989 dimissioni, pari al 11,2% dei ricoveri della regione), le quali coprono circa il 55% della mobilità complessiva. I valori piÚ elevati di mobilità passiva si osservano in Basilicata (23,5% dei residenti si sono ricoverati fuori regione), Molise (22,3%), Calabria (18,3%), Valle d’Aosta (18%) e Abruzzo (15,8%). L’attività per Acuti in Day Hospital mostra una mobilità complessiva del 7,8% (circa 196 mila cicli Dh su 2,5 milioni). Il numero piÚ elevato di cicli di Dh di non residenti viene erogato nel Lazio (35.211 cicli Dh), Emilia Romagna (22.273 cicli Dh), Lombardia (20.659 cicli Dh) e Toscana (19.066 cicli Dh). La mobilità passiva piÚ elevata si osserva in Basilicata (25,1%), Molise (21,1%), Umbria (20,5%), Abruzzo (18,2%) e Calabria (18,1%).

a 9.384.071 nel 2012, con una riduzione di circa il 5%. Ad eccezione della Valle d’Aosta, che aumenta il suo volume di attivitĂ da 20.791 unitĂ a 21.990 (+5,8%), del Friuli Venezia Giulia (+1,2% da 193.423 a 195.822 unitĂ ), tutte le altre regioni mostrano una riduzione dell’attivitĂ per Acuti, da un minimo di -0,2% nel Lazio e -1,7% in Campania ad un massimo di -14,6% in Basilicata e -11,7% in Puglia. La composizione dell’attivitĂ per Acuti mostra nel 2012 una riduzione del Day Hospital dal 28,7% al 27,1% del totale; l’andamento è confermato pressochĂŠ in tutte le regioni, con l’eccezione della Valle d’Aosta (+1,0%), della Campania (+0,9%), del Friuli Venezia Giulia (+0,5%), del Lazio (+0,5%) e della Calabria (+0,2%). Le riduzioni piĂš consistenti si osservano in Basilicata (-5,8%), Lombardia (-4,7%) e Puglia (-4,3%). MobilitĂ sanitaria Per quanto riguarda il fenomeno della mobilitĂ sanitaria interregionale totale ha coinvolto nel 2012 ben 770.233 persone. Il dato mostra un calo del 4,7% rispetto alle 807.981 persone del 2011. Ma il fenomeno non è in diminuzione anche perchĂŠ occorre calcolare che sono diminuiti anche i ricoveri totali del 4,6%. Ma a prescindere dai numeri sembra proseguire il costante afflusso dal sud al nord del Paese per farsi curare. Complessivamente in Italia, poco piĂš di 8 ricoveri per 1.000 abitanti (attivitĂ per Acuti in regime ordinario) avvengono fuori regione, con un’ampia variabilitĂ regionale: la quota piĂš alta di ricoveri in regime ordinario fuori regione si riscontra in Molise, Basilicata, Val-

" #

#!$%&'$#("

#!$%&%$(%!

#!$)")$*#+

#!$%%"$#"%

#!$%*+$*+)

#!$)(&$*&(

#!$&&"$(*+

#!$#""$*%)

##$*+'$)*(

##$!''$'(!

#"$'(%$!(*

#"$!+'$'%*

$ $ " #

)!$)!%$()&

'%$)!&$%"+

''$%*%$*#%

')$!(#$#!!

')$!%!$!&'

''$)'*$)""

'*$!!($%+(

'+$&'#$')%

'&$(#!$%*'

'#$%"($"*&

*%$(#'$*%%

**$'"'$*"'

",#&

",#+

",#'

",#)

",#%

",#%

",#%

",#)

",#'

",#'

",#'

",#+

$ ) ( % $

*,)

*,'

*,'

*,'

*,'

*,'

*,'

*,)

*,'

*,'

*,)

*,)

$ ) % * ) % $

!+,!

!*,&

!*,(

!*,(

!*,!

!+,)

!*,)

!',#

!','

!',+

!*,*

!*,!

% $ & %' " ( #

!

$ ) +( $ $ )

&!,"

&!,"

&",(

!%,'

&#,+

&#,%

&!,#

&#,)

&#,*

&",+

&",*

!),)

, " # " #

#,#(

#,#)

#,!!

#,!(

#,!*

#,"%

#,##

#,#!

#,"'

#,")

#,##

#,#&

- $ . ' " #

!,#

!,#

!,&

!,&

!,&

!,&

!,(

!,(

!,(

!,(

!,(

!,+

- ( . ' " #

#,%

!,"

!,!

!,&

!,&

!,(

!,(

!,+

!,+

!,*

!,*

!,'

#$&!%

#$&%'

#$&%)

#$&&!

#$&&'

#$&!&

#$+))

#$+)"

#$*!+

#$+(#

#$+&(

#$()+

+,"

+,%

+,'

%,!

%,"

',)

(,(

(,'

*,&

&(,+

**,+

(%,+

- ( / 0 (

- . . / .

0 1 2 %+"3 . 45 6 6

7 7 0#3 8 6 .

, - 0!3 9 6 . : 9 0&3 6 9 ; $ $ #%%' 0 !""+3, !""! 0!""* !"")3, $ $#)<#!<!"")$

5 '&& &<

$

$ %

(5'& ='77 &

$

$ %

5>' ' ? @ &

$

$ %

&

' (

)*!+)*,-.

#*)/!*-.)

+*.-/*.!-

-/*.""*/#0

.*+!#*0,0

,+*,!!*++.

/1!

)1)

+1.

' 2 3 $

#*.0/*)"#

+,#*"+"

!*)-.*)+#

)*/./*-)0

#*!+.*./0

/*")+*!-.

-1"

!1"

!1.

( (

/0*!0,

!--*,/,

-#!*/+.

!*"!"*//.

+*#.#*.!-

.*!"!*+"#

!)1)

!+1)

!+1!

( 2 3 $

#0*./+

!)*-!0

,)*!")

!!-*-."

-+.*/-,

)0!*##,

##1!

#,1+

#-1#

4

5

)/*+/"

)#*!!/

#".*.0/

#*),,*0!,

#*).+*.0,

-*#-#*.#.

!+1.

-#1"

!.1.

-#0*#"/

./*#+!

,"+*!+0

0..*./#

!/#*/,+

#*!+"*+#/

-1#

-1#

-1#

" "#!

%& ' #

%$ #"" #

$ # '

"" """ '"

! "#$ $$" 4 % 64 6 $ ( 2 3 $ * 4 % 65 6 $ ( ( -0#*

* $ * ' $

1 ' $

% $ 1 (77 $

$ 8 1 $

* $ %* $ % 1 (77 $ %

$ % 1 $

1 41 1 7 $ % * 5 $ 8 %

9 1 $ : ; $ $ *


DM 01-2014:Layout 1

18-02-2014

14:17

Pagina 8

8

Dirigenza Medica IL MENSILE DELL’ANAAO ASSOMED 1/2014

Il Report 2012 dell’Istat

Spesa sanitaria

Per la sanità pubblica spesi 111 mld Ma restiamo in coda ai principali partner europei. E le famiglie spendono di

tasca propria fino a 1.200 euro l’anno, quelle del Centro Nord di più, meno quelle del Sud. È quanto emerge dall’indagine “Noi Italia” dell’Istat. Il Ssn spende 1.867 euro annui per abitante, un livello molto inferiore rispetto ad altri Paesi europei. La spesa privata ammonta al 20,6% del totale e assorbe l’1,8% del Pil. Spendono di più le famiglie del Centro Nord (1.222 euro l’anno), meno quelle del Sud (949 euro l’anno). Tumori e malattie circolatorie si confermano le principali cause di ricovero ospedaliero. È quanto emerge dall’indagine “Noi Italia” dell’Istat giunto alla sesta edizione. Il Rapporto, offre un quadro d’insieme dei diversi aspetti economici, sociali, demografici e ambientali del nostro Paese, della sua collocazione nel contesto europeo e delle differenze regionali che lo caratterizzano. Il prodotto arricchisce la produzione dell’Istat attraverso la proposta di 120 indicatori, raccolti in 19 settori, che spaziano dall’economia alla cultura, al mercato del lavoro, alle condizioni economiche delle famiglie, alle infrastrutture, alla finanza pubblica, all’ambiente, alle tecnologie e all’innovazione. Nel 2012 la spesa sanitaria pubblica è di circa 111 miliardi di euro, pari al 7 per cento del Pil e a 1.867 euro annui per abitante, un livello molto inferiore rispetto ad altri importanti paesi europei. Nel 2011 le famiglie contribuiscono con proprie risorse alla spesa sanitaria complessiva per una quota pari al 20,6 per cento (oltre 2 punti percentuali in meno rispetto al 2001). La spesa sanitaria delle famiglie rappresenta l’1,8 per cento del Pil nazionale; ammonta mediamente a 949 euro per le famiglie del Mezzogiorno e a 1.222 euro per quelle del CentroNord. Nel 2011 le Regioni sono state interessate da circa 588 mila ricoveri ospedalieri di pazienti non residenti (8,4 per cento dei ricoveri ordinari per “acuti”) e da oltre 523 mila ricoveri di pazienti provenienti da una regione diversa da quella di residenza (7,6 per cento, riferito ai soli residenti in Italia). Gli indici di mobilità più alti, superiori al 20 per cento, si riscontrano nelle regioni più piccole (Basilicata, Valle d’Ao-

sta e Molise). I tumori e le malattie circolatorie si confermano le principali cause di ricovero ospedaliero, con differenze poco significative a livello regionale. Le malattie del sistema circolatorio rappresentano la principale causa di morte in quasi tutti i paesi dell’Ue. In Italia, il tasso standardizzato di mortalità per questa causa è pari a 30,4 decessi ogni diecimila abitanti, quello relativo ai tumori è pari a 25,9, con valori maggiori negli uomini (35,5) rispetto alle donne (19,3). I tumori sono la seconda causa di morte sia in Italia sia nel gruppo dei 27 paesi Ue. In Italia, il tasso di mortalità infantile nel 2010 è di 3,3 decessi per mille nati vivi. Negli ultimi dieci anni il valore di questo indicatore ha continuato a diminuire su quasi tutto il territorio italiano, raggiungendo valori tra i più bassi in Europa. Nel 2012 i fumatori sono il 21,9 per cento della popolazione over 14, i consumatori di alcol a rischio il 14,1 per cento. Risulta invece obesa una persona di 18 anni e più su 10 (10,4 per cento). Vediamo ora nel dettaglio le varie voci riguardanti il capitolo sanità. Spesa sanitaria pubblica La spesa sanitaria pubblica misura quanto viene destinato per soddisfare il bisogno di salute dei cittadini in termini di prestazioni sanitarie. La spesa sanitaria pubblica corrente dell’Italia risulta nel 2012 (dato provvisorio) di circa 111 miliardi di euro, pari al 7,0 per cento del Pil e a 1.867 euro annui per abitante.

Offerta ospedaliera Il settore della sanità in Italia si colloca in un contesto nazionale ed internazionale di crisi economico-finanziaria tale da dover proseguire al ridimensionamento delle risorse a disposizione per l’erogazione dei servizi. Per il 2014 è stata pianificata un’ulteriore consistente riduzione del livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale (1 miliardo di euro a decorrere dall’anno 2014, ex legge n. 228/2012), che si inserisce in un contesto problematico rispetto al controllo della spesa pubblica, e del numero dei posti letto ospedalieri che a regime dovrebbe attestarsi a 3,7 posti letto ogni mille abitanti (di cui lo 0,7 riservato alla riabilitazione e alla lungodegenza, ex legge 135/2012). A queste riduzioni si aggiunge la revisione dello standard di riferimento pro capite per l’attività di ricovero ospedaliero, passato da 180 a 160 ricoveri ogni mille abitanti (di cui il 25 per cento fa riferimento ai ricoveri diurni). Gli indicatori di offerta ospedaliera, in questi ultimi anni, hanno presentato una forte tendenza alla riduzione tanto che sono stati presi diversi provvedimenti, di carattere nazionale e regionale, finalizzati a promuovere lo sviluppo di un modello di rete ospedaliera integrato con l’assistenza territoriale. Tale riorganizzazione continuerà ad essere richiesta alle regioni nei prossimi anni, soprattutto se presentano un’offerta di posti letto inferiore allo standard consentito dalla normativa (4,5 posti letto per mille abitanti, che scendono a 3,7 con la normativa del 2012).

Spesa sanitaria delle famiglie Nell’area europea il finanziamento pubblico dei servizi sanitari rappresenta la scelta prevalente. Nel 2011, le famiglie italiane hanno contribuito con proprie risorse alla spesa sanitaria complessiva per una quota pari al 20,6 per cento, in calo di oltre due punti percentuali rispetto al 2001. La spesa sanitaria delle famiglie rappresenta l’1,8 per cento del Pil nazionale.

Mobilità ospedaliera Il fenomeno della mobilità ospedaliera interregionale è particolarmente rilevante sia in termini quantitativi, sia perché riguarda quei pazienti che, per motivi di varia natura, si ricoverano in una regione diversa da quella di residenza. Nel complesso, le regioni sono interessate da circa 588 mila ricoveri ospedalieri (o dimissioni) di pazienti non residenti (8,4 per cen-


DM 01-2014:Layout 1

18-02-2014

14:17

Pagina 9

Dirigenza Medica IL MENSILE DELL’ANAAO ASSOMED 1/2014

9

Posti letto nei paesi Ue

9

8,2 8

Anno 2010 (a) (b) (per 1.000 abitanti)

7,6 7,2 7,0

7

6,8

6,6 6,6

6,4 6,4 6,4 6,4 6,3 5,8

6

5,5

5,4 5,3 4,8 4,7 4,6 4,5

5

Ospedalizzazione per tumori e malattie del sistema circolatorio L’ospedalizzazione è di fondamentale rilevanza nella cura della salute, in quanto preposta al trattamento delle malattie gravi; questa tipologia di assistenza assorbe la quota più consistente della spesa sanitaria pubblica totale. I tumori e le malattie del sistema circolatorio sono le patologie per cui è più frequente il ricorso all’ospedale e anche quelle per cui è più elevata la mortalità. I ricoveri in regime ordinario (con pernottamento) per queste diagnosi sono diminuiti nel tempo. Tale diminuzione è stata più rilevante per le malattie del sistema circolatorio (21,5 per cento tra 1999 e 2011) che per i tumori (-16,3 per cento). Ciò dipende dalla tendenza a trattare queste patologie in contesti assistenziali diversi (day hospital o ambulatori), oltre che da un possibile miglioramento del quadro nosologico. Nel 2011, in Italia si sono registrate 1.214 dimissioni ogni 100 mila residenti per i tumori e 2.144 per le malattie del sistema circolatorio. Mortalità infantile Il tasso di mortalità infantile, vista la correlazione negativa che lo lega alle condizioni sanitarie, ambientali e socio-economiche, si può interpretare come espressione del livello di sviluppo e di benessere di un paese. A partire dal 2000 il valore di questo indicatore ha continuato a diminuire su tutto il territorio italiano, raggiungendo valori tra i più bassi in Europa, anche se negli anni più recenti si assiste ad un rallentamento di questo trend. Permangono, inoltre, differenze territoriali che vedono il Mezzogiorno penalizzato. Nel 2010, il tasso di mortalità infantile è di 3,3 decessi per mille nati vivi, valore di poco inferiore a quello osservato nel 2009 (3,4). Mortalità per malattie del sistema circolatorio Le malattie del sistema circolatorio, tipiche del-

3,7

4

Fonte: Eurostat, Public health

(a) I dati si riferiscono al settore pubblico e a quello privato. Il denominatore utilizzato per il calcolo dellʼindicatore dei posti letto per abitante è la popolazione residente al 1° gennaio.

(b) Per Bulgaria, Grecia, Paesi Bassi si riporta il dato 2009. I dati del Portogallo sono stime, i dati del Regno Unito presentano una discontinuità nella serie.

Indici di immigrazione e di emigrazione ospedaliera nei ricoveri ordinari per acuti per regione

2,7

3

2

1

0

Emigrazione

Immigrazione 6,5

Piemonte Liguria Lombardia Trento Veneto Friuli-Venezia Giulia Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo

3,8 4,3 15,5 6,2 6,3 5,7 5,9 10,8 11,1 7,4 16,5

26,3

20,7

Campania

3,2 4,5

Puglia Basilicata Fonte: Elaborazioni Istat su dati Ministero della salute

20,8 13,7

14,7 12,0 15,6 11,1 9,2 11,3

Emilia-Romagna

Molise

6,6

12,1 11,5 9,8 10,8 10,8 8,8 9,4

Valle d'Aosta

Bolzano

Anno 2011 (valori percentuali)

3,5 3,5 3,3 3,2 3,1 3,0

Ge rm an ia Au st ria Un Re gh pu er ia bb lic a Ce ca Li tu an ia Bu lg ar ia Po lo ni a Fr an ci a Be lg io Sl ov ac ch ia Le tto ni a Ro m an ia Fi nl an Lu di ss a em bu rg o Es to ni a Gr ec Pa ia es iB as si Sl ov en ia M al ta Ci pr o Da ni m ar ca ITA LI A Po rto ga llo Sp ag na Irl an Re da gn o Un ito Sv ez ia

to del totale dei ricoveri ordinari per “acuti” nel 2011) e da oltre 523 mila ricoveri effettuati dai pazienti in una regione diversa da quella di residenza (7,6 per cento, riferito ai soli residenti in Italia). Le motivazioni che conducono ad effettuare il ricovero lontano dalla propria residenza sono diverse. In alcuni casi la mobilità si giustifica con la vicinanza geografica con strutture di altre regioni, oppure dipende dalla presenza dell’assistito in altre regioni per motivi di studio o lavoro. In altri casi le motivazioni sono legate alle condizioni di salute e quindi alla necessità di usufruire di prestazioni di alta specializzazione non erogate dalla propria regione o alla maggiore fiducia nei servizi ospedalieri di altre regioni. I principali poli di attrazione sono concentrati nelle regioni del Centro-Nord.

Calabria Sicilia Sardegna

le età adulte e senili, rappresentano la principale causa di morte in Italia e nel gruppo dei 27 paesi dell’Ue. Negli ultimi anni, la mortalità per queste malattie è in diminuzione in tutti i paesi europei. In Italia, dove il livello di mortalità è tra i più bassi d’Europa, i tassi sono diminuiti in modo diffuso su tutto il territorio raggiungendo nel 2010 il valore di 30,4 decessi ogni diecimila abitanti rispetto al 31,9 osservato nel 2009. Gli uomini, con un tasso di 37,3 decessi per diecimila abitanti, risultano svantaggiati rispetto alle donne (25,6). Mortalità per tumori I tumori rappresentano la seconda causa di morte subito dopo le malattie del sistema cardiocircolatorio, sia in Italia, sia nel gruppo dei 27 paesi Ue. La diminuzione della mortalità per tumore è legata al successo di misure di prevenzione primaria, che influiscono sulla riduzione del rischio di sviluppare la malattia, così come agli avanzamenti diagnostici e terapeutici che aumentano la sopravvivenza dei malati. Nel 2010 il tasso standardizzato di mortalità per tumori in Italia è pari a 25,9 decessi ogni diecimila abitanti, in leggero calo

8,3 7,3

16,0

22,2 3,7 2,4 2,5

17,2 6,7 5,3

rispetto al valore di 26,3 del 2009. I livelli di mortalità per tumori sono maggiori negli uomini (35,5) rispetto alle donne (19,3) sebbene la mortalità degli uomini stia diminuendo nel tempo più rapidamente di quella delle donne. Fumo, alcol e obesità: i fattori di rischio Molte delle malattie croniche, tra le principali cause di morte, si possono prevenire adottando stili di vita salutari fin dall’età giovanile. Il programma “Guadagnare salute” della Regione europea dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) è stato adottato anche in Italia dal 2007. Esso sostiene gli interventi dei vari settori economici, sanitari e di comunicazione, atti a contrastare la diffusione dei principali fattori di rischio, quali fumo, alcol, stili alimentari non salutari e sedentarietà, questi ultimi strettamente connessi all’obesità. In Italia, nel 2012, con riferimento alla popolazione di 14 anni e più, i fumatori rappresentano il 21,9 per cento, i consumatori di alcol a rischio il 14,1 per cento, mentre la prevalenza delle persone obese ammonta al 10,4 per cento della popolazione adulta di 18 anni e più.


DM 01-2014:Layout 1

18-02-2014

14:17

Pagina 10

10

Dirigenza Medica IL MENSILE DELL’ANAAO ASSOMED 1/2014

Sanità e cambiamento

Quel lavoro di cui non riusciamo più a parlare Che la medicina e la sanità – che non sono

la stessa cosa – come istituzione e come professione attraversino un periodo di crisi è ormai noto a tutti gli osservatori sia dentro che fuori la professione. Se nulla possiamo aggiungere alla diagnosi, ben chiara a tutti anche se è più difficile invocare una via d’uscita che non abbia il sapore di uno slogan, possiamo però

Giacomo Delvecchio*, Luisella Bettineschi° *DIP. PAC NOCE Ricoveri e °Area Tecnicopatrimoniale della ASL di Bergamo,*Commissione Scientifica Fondazione Pietro Paci

proporre come spunto per una riflessione condivisa alcune parole chiave, scelte arbitrariamente ma non irrazionalmente per la loro importanza, tra le tante passibili di essere poste all’attenzione di tutti, mettendo naturalmente al primo posto quella dei praticanti e dei colleghi che lavorano nella sanità pubblica.

Lavoro L’attività lavorativa in medicina , specie in una società altamente strutturata e competitiva come l’attuale, una volta soddisfatti i bisogni elementari di Maslow, è primariamente modalità espressiva della persona declinata nelle sue funzioni e nei suoi ambiti individuale, relazionale e sociale. Nell’ambito individuale il lavoro è strumento gratificante per la maturazione della personalità nella responsabilità legata ad un compito manuale e intellettuale che fa emergere le abilità, le capacità e le competenze individuali. Nell’ambito relazionale il lavoro del medico è palestra di incontro cooperativo con gli altri e scuola di democrazia secondo i dettati della società aperta così come la insegna Popper. Nell’ambito sociale il lavoro denota status e ruolo di ogni persona ma, oltre a questo, contribuisce all’organizzazione sociale e all’andamento coordinato della stessa in modo che, alla fine, quel che ne giova è il bene comune con tutto quello che tale concetto può significare come capitale sociale. Attività prosociale Il lavoro in sanità ha una peculiarità che lo differenzia da altre mansioni e professioni. Al pari di pochi altri mestieri è un’attività prosociale, ossia, detto in maniera più semplice e immediata, è una professione di aiuto. Questa caratterizzazione è ben più di una generica specifica etica e deontologica come ci deriva dalla storia della professione e non è ininfluente rispetto agli scopi pratici e alle modalità concre-

te dell’esercizio dell’arte medica. Rispetto alle altre professioni la pratica medica soffre quindi di una “limitazione” oggettiva inerente le attività espletate: il limite è dato dalla fiducialità del rapporto di cura centrato sulla posizione di garanzia che appartiene alla responsabilità del professionista. Potremmo dire questo concetto invocando l’“alleanza terapeutica” ma tale formulazione che va molto bene per caratterizzare la relazione duale tra medico e malato è insufficiente per caratterizzare socialmente l’esercizio della medicina. L’alleanza terapeutica, che pure è un ideale che va perseguito da tutti i clinici, prescinde infatti, in prima battuta, dal principio di giustizia che sottintende un’equità distributiva delle risorse a disposizione per tutti i cittadini. Esercitare l’alleanza nel rispetto dell’equità diventa il nuovo modello per essere medici nella sanità futura. Missione La missione non va confusa con la mission. La mission è concetto moderno legato all’aziendalismo in sanità e alla qualità e al management organizzativo e al loro efficientismo introdotti forzatamente in medicina recuperandoli dalle cultura delle fabbriche e dalla sociologia del lavoro industriale e commerciale (del resto la sanità è, oggi, un’azienda e i grandi ospedali sono degli hub di servizi!); la missione è storicamente connaturata con la professione e con la scelta motivazionale, che appartiene alla profonda natura delle persone, della professione di cura. Missione e mission possono essere in contrapposizione. Se la troppa enfasi sul concetto di


DM 01-2014:Layout 1

18-02-2014

14:17

Pagina 11

Dirigenza Medica IL MENSILE DELL’ANAAO ASSOMED 1/2014

11

singole persone. Per questo si dice che il sistema complesso, al massimo, si controlla ma non si governa. Lavorare nella complessità, infine, insegna al professionista la modestia scientifica, l’umiltà di fronte all’errore e la responsabilità scevra però dell’onnipotenza terapeutica.

missione, per troppo tempo equiparata impropriamente e retoricamente all’attività missionaria, ha fatto danno all’immagine del moderno professionista tecnologico, l’altrettanta enfasi sulla moderna mission – con l’aspetto di una nuova retorica e con tutto quanto comporta agli occhi di chi lavora accanto ai malati – sta provocando danni d’immagine alla professione forse peggiori di quelli che avrebbe voluto sanare. Basti pensare che la missione porta con sé un aspetto compassionevole, caratterizzato in modo negativo nella società moderna nella misura in cui si aggancia al paternalismo; la mission promette, non tanto nascostamente, un efficientismo salvifico impossibile da realizzarsi perché, purtroppo, innaturale nel ripromettersi di esaudire un diritto alla salute che è solo dichiarativo. Quel che esiste per tutti, ma solo nell’ambito di una società solidaristica ed egualitaria, è il diritto alle cure e non alla salute intesa come datità biologica. Complessità La complessità ci accompagna e alla complessità, senza tante perifrasi e senza tanti discorsi, il medico è abituato da sempre e comunque ben prima di tanti altri. La malattia, infatti, ha natura caotica e per questo può essere elevata a paradigma di ogni sistema complesso. Si lavora, poi, così come si vive, in una società complessa. Bisogna, però, andare alle radici del concetto di complessità. Complessità si contrappone a linearità, e questo è palese. Un sistema lineare è un sistema semplice in cui una causa deterministica agisce invariantemente sull’effetto che ne consegue. Complessità si contrappone, però, anche a complicato. Complicato è un sistema in cui tante cause diverse, sempre in maniera deterministica ma dotate ognuna di una forza diversa, interagiscono tra loro. L’esito che ne consegue, in questo caso, non è scontato ma non è nemmeno caotico; è un esito che si può stimare deterministicamente se si conoscessero tutte le variabili in gioco o, più praticamente, si può stimare probabilisticamente mal conoscendo tutte le variabili in gioco. Complesso è, invece, un sistema in cui anche le variabili sono a loro volta variabili nonché impredicibili caso per caso, e in cui gli effetti sono legati alle cause in maniera esponenziale e il rapporto tra causa ed effetto riproduce un circuito a feed-back. In questi casi l’esito non è predeterminabile se non in maniera largamente approssimata e smentibile con facilità. Ne consegue una cosa essenziale: ossia che, per chi vive in sistemi complessi, viene meno la pretesa ordinatrice di chi vuole organizzare la realtà e il suo futuro secondo moduli rigidi e invarianti. La realtà si autoorganizza in maniera largamente indipendente dall’intenzione ordinatrice delle

Selezione e formazione Per avere professionisti adeguati e capaci di muoversi responsabilmente in una attività con le caratteristiche che sono state indicate si rende necessaria una strategia a monte che sappia selezionare le persone per attitudini personali, capacità di critica e di ragionamento logico, intelligenza emotiva, motivazioni. Ora, rimane da capire se l’attuale sistema di reclutamento degli studenti risponde a questi criteri. Verrebbe da pensare, piuttosto, ad un sistema di reclutamento che privilegi criteri mnemonici e nozionistici funzionali ad una futura pratica professionale ripetitiva ed acritica, cioè sostanzialmente valevole per le assai numerose situazioni routinarie ma incapace di pianificare responsabilmente una divergente iniziativa autonoma di fronte alla complessità emergente. A sua volta la formazione di base e specialistica, se vuol essere proiettata sul futuro, non può essere formazione centrata solo sul presente della professione, purtroppo destinato a breve emivita, ma deve essere formazione centrata sulle capacità di automantenimento delle competenze professionali nel tempo. La formazione, per questo scopo, deve essere “in situazione” ossia deve attiva in corsia e in laboratorio e non passiva in aula, ossia deve essere critica sui casi e non nozionistica sui testi. Il docente deve proporsi come esempio per quattro obiettivi didattici essenziali: acquisire un metodo per lavorare e per imparare, individuare le priorità su cui intervenire, esercitare capacità assertive e di leadership, praticare una vicinanza empatica coi colleghi e coi malati. Conoscenza Questi obiettivi chiedono un ripensamento della professione e della formazione alla professione preliminari prima ancora che consensuali ad ogni altro ripensamento organizzativo della professione stessa. Perché anche il ripensamento organizzativo deve essere preceduto da un pensiero riflessivo e deve essere piegato al ripensamento della professione pena un fallimento annunciato. Solo così il cambiamento dal basso si può accompagnare ad un cambiamento dall’alto e insieme potranno realizzarsi col concorso responsabile e partecipe di tutti gli attori coinvolti alla pari nelle dinamiche trasformative cui è chiamata la professione in un tempo di crisi. Non sappiamo la soluzione, possiamo però conoscere la strada per la soluzione. Questa passa attraverso la conoscenza e se questa è la società della conoscenza, anche la nostra medicina è la medicina della conoscenza. Non possiamo rigettare questo compito. In queste contingenze potrà anche la Fondazione Pietro Paci farsi promotrice di riflessioni per il cambiamento che tutti vogliono?


DM 01-2014:Layout 1

18-02-2014

14:17

Pagina 12

12

Dirigenza Medica IL MENSILE DELL’ANAAO ASSOMED 1/2014

Le politiche di genere dell’Anaao Assomed

Donne in prima linea Rosella Zerbi Segreteria nazionale Anaao Assomed

Sono molte le attività che hanno visto le donne dell’Anaao Assomed impegnate

per sostenere e valorizzare il ruolo delle professioniste nella sanità. In queste pagine le cose fatte e quelle in agenda

Grande entusiasmo per poter organizzare a Roma la prima conferenza nazionale Anaao “Donne in medicina: una nuova sfida per la sanità del futuro”, 15 dicembre 2012. Due questionari, uno sulle condizioni femminili e uno sui Cug. Sono stati gli ultimi questionari “su carta” prima che Anaao utilizzasse le rilevazioni on line. Poiché i dati elaborati non hanno fornito una significatività statistica, abbiamo scelto di non diffonderli. Abbiamo collaborato con Onaosi proponendo innovazioni per l’accesso ai bandi a sostegno di fasce deboli che considerassero esigenze soprattutto dei colleghi più giovani. Abbiamo partecipato all’incontro promosso dall’Osservatorio Fnomceo della Professione medica e odontoiatrica al femminile in cui si sono riuniti rappresentanti di tutti i sindacati di categoria per discutere su proposte per una riorganizzazione del lavoro in sanità. È stata un’occasione in cui abbiamo verificato che sulla maggior parte dei temi c’è unitarietà di visioni e impegno. Le tematiche erano pressoché sovrapponibili a quelle già affrontate nel convegno di Roma e proprio in virtù di quei nostri precedenti approfondimenti il nostro contributo è stato molto apprezzato. E inoltre, proprio in rappresentanza dell’Anaao, abbiamo partecipato come relatrici a convegni e congressi di società scientifiche e a corsi delle sedi regionali Anaao. Prossimi appuntamenti: abbiamo promosso e organizzato per il 2014 due corsi di aggiornamento con la Fondazione Pietro Paci. Uno su “Ebm e Medicina di Genere: strumenti irrinunciabili di appropriatezza ed efficacia delle cure” e uno su “Cug come strumento di miglioramento dell’organizzazione del lavoro e del benessere lavorativo”. Li consideriamo anche una preziosa occasione di incontro e discussione non limitata alle donne di temi che ancora troppi considerano di esclusivo interesse femminile.

Ebm e Medicina di Genere: strumenti irrinunciabili di appropriatezza ed efficacia delle cure Sulla medicina di genere da circa 20 anni si stanno diffondendo e consolidando le evidenze scientifiche che maschi e femmine non sono uguali di

fronte alle malattie, ma presentano significative differenze nell’insorgenza, nello sviluppo, nell’andamento e nella prognosi delle stesse. È inoltre noto che identici trattamenti farmacologici determinino effetti, interazioni e reazioni avverse diversi su uomini e su donne e che alcune patologie siano sottostimate nelle donne e altre negli uomini. Conoscere tali differenze è indispensabile per l’appropriatezza delle cure, il buon uso delle risorse e l’ottimizzazione dell’organizzazione dei servizi sanitari. Il Cug: strumento di miglioramento dell’organizzazione del lavoro e del benessere lavorativo Sui Cug occorre ammettere che sono spesso misconosciuti, sottovalutati nelle loro potenzialità. Eppure ai Cug sono attribuite funzioni di strumento propositivo, di consultazione e verifica in vari ambiti tra cui l’organizzazione del lavoro nelle aziende e il benessere sui posti di lavoro. Hanno poteri consultivi su progetti di riorganizzazione, piani di formazione del personale, orario di lavoro, forme di flessibilità lavorativa,

interventi di conciliazione, criteri di valutazione del personale, contrattazione integrativa sui temi che rientrano nelle proprie competenze. Hanno compiti di verifica sui risultati delle azioni positive, dei progetti e delle buone pratiche in materia di pari opportunità, sugli esiti delle azioni di promozione del benessere organizzativo e prevenzione del disagio lavorativo, sugli esiti delle azioni di contrasto alle violenze morali e psicologiche nei luoghi di lavoro –mobbing. Modifiche "di genere" introdotte dal nuovo Statuto Anaao Assomed Nonostante l’esperienza personale di alcune di noi in Anaao si sia snodata in un ambiente aperto, accogliente e inclusivo in egual modo verso le iscritte e gli iscritti, è tuttavia evidente che per le donne Anaao gli organismi nazionali sono da sempre preclusi, con minimi cambiamenti nell’ultimo quadriennio. Infatti se è vero che le spinte dal basso si moltiplicano, nel senso di maggiori iscrizioni a medicina e di progressivo inserimento nella professione e maggior presenza nel sindacato, c’è da rilevare che l’accesso alle carriere


DM 01-2014:Layout 1

18-02-2014

14:17

Pagina 13

Dirigenza Medica IL MENSILE DELL’ANAAO ASSOMED 1/2014

13

apicali nella professione e alle cariche sindacali è ancora un processo lento e il riequilibrio di genere troppo lontano, se solo basato sul “naturale” progredire delle tendenze in atto. Perciò insieme al gruppo di lavoro Anaao “Politiche di genere” e a molte colleghe e alcuni colleghi ho condiviso e sostenuto con convinzione e tenacia la necessità che il nuovo statuto prevedesse che tutti gli organismi dell’Associazione una soglia minima del 30 % di rappresentanza di genere. Non si tratta di quote azzurre o rosa, si tratta di un criterio di garanzia di democrazia necessario e indifferibile. Certo l’applicazione della soglia è dapprima a favore dell’incremento della presenza femminile, ma domani potrebbe essere di garanzia e a favore della componente maschile. L’equa rappresentanza di entrambi i generi negli organismi elettivi e partecipativi è una garanzia democratica e costituzionale (art. 3 della Costituzione italiana) e anche una scelta razionale e opportunistica. Se è vero, come è vero, che le intelligenze e le competenze sono equamente distribuite tra uomini e donne pensiamo che sia interesse dell’Anaao Assomed non privarsi più del contributo della sua ampia componente femminile. Ecco dunque gli articoli del nuovo Statuto che segnano la differenza per la rappresentanza di genere tra prima e dopo Caserta. Due le novità su cui ci soffermiamo: l’obbligatorietà di una rappresentanza di entrambi i generi con una soglia minima del 20% (articolo 30) e l’introduzione, fra gli scopi dell’associazione, delle tematiche di conciliazione, con evidenti ricadute su prossime contrattazioni. Sono novità fondamentali. 2010 Statuto Anaao Assomed Silvi Marina Articolo 28 - Pari opportunità Nella composizione degli organismi dirigenti dell’associazione a livello nazionale, regionale ed aziendale va garantita la presenza di entrambi i generi maschile e femminile assumendo come riferimento tendenziale la percentuale della suddivisione di genere sul totale degli iscritti. 2013 Statuto Anaao Assomed Caserta Articolo 4 comma 4 lettera h Scopi dell’Associazione sono: h) garantire le pari opportunità di accesso, sviluppo ed esercizio della professione, ivi comprese le politiche di conciliazione lavoro-famiglia, a prescindere dal genere, dall’età, dalle origini geografiche e sociali, dalla presenza di disabilità, dalle opinioni politiche, dalle credenze religiose o dagli orientamenti sessuali. Articolo 30 Rappresentanza di genere Nella composizione degli organismi dirigenti dell’Associazione a livello nazionale, regionale ed aziendale va garantita la presenza di genere assumendo come riferimento tendenziale la percentuale della suddivisione di genere sul totale degli iscritti e comunque in proporzione non inferiore al 20%. Sono 40 caratteri che faranno la differenza: “e comunque in proporzione non inferiore al 20%.” Questi 40 caratteri trasformano l’articolo 28 “Pari opportunità” dello Statuto Anaao 2010 di Silvi Marina nel “rivoluzionario” articolo 30 “Rappresentanza di genere” dello Statu▲

segue a pag 16

Le donne nel sindacato Proponiamo un contraddittorio che ci permette di evidenziare opinioni, giudizi e pregiudizi che abbiamo spesso sentito in questi anni. Con un sorriso e lo sguardo sempre avanti. 1. Le donne iscritte al sindacato Anaao Assomed sono circa la metà degli iscritti, ma la loro partecipazione, stando ai numeri delle elette nelle varie cariche, appare di gran lunga irrilevante rispetto ai colleghi maschi. È lo specchio di distacco e disinteresse? VERO Non hanno mai tempo, preferiscono pensare alla famiglia…… FALSO Le donne hanno più difficoltà oggettive a partecipare attivamente alla vita del sindacato. Se giovani e con figli piccoli se lo possono permettere esclusivamente quelle che hanno alle spalle un'organizzazione familiare che glielo consente. FALSO La partecipazione delle donne esiste, ma spesso non appare …. Le donne si iscrivono al sindacato perché credono nella tutela e nella partecipazione. È una distorsione/torsione del sistema quella che le lascia ai margini della partecipazione/organizzazione sindacale. Ci sono colleghe che fanno il lavoro preparatorio degli incontri sindacali, tengono i collegamenti tra gli iscritti, scrivono lettere e documenti che spesso vengono utilizzati e/o firmati da altri. 2. È opportuna un’azione positiva per favorire l’inserimento delle donne nei ruoli sindacali? SI, perché abbiamo potuto riscontrare sopratutto nelle realtà periferiche, che quando riescono ad occuparsi di sindacato, essendo le donne multitasking per natura e ricoprendo nella vita quotidiana molti ruoli, sono molto proattive e capaci di trovare soluzioni “non comuni”. SI, almeno transitoriamente è necessario forzare il pregiudizio culturale per favorire il cambiamento e consolidarlo con l’esperienza. Il fatto di esserci di per sé crea proselitismo. No, perché le quote rosa sono umilianti, come è umiliante che le donne vengano trattate come una riserva da proteggere. E poi si sa che chi merita riesce. Se si candidano e vengono votate, nulla in contrario! 3. Le donne hanno in modo significativo incombenze extra lavorative e extra sindacali. VERO Perché figli piccoli, genitori anziani o disabili sono prevalentemente incombenza femminile, soprattutto perché in Italia non esiste ancora una rete sociale capillare che sia d'aiuto , come esiste in tanti altri paesi europei.

FALSO Perché nella loro lunga vita lavorativa alternano periodi di maggiore e minore disponibilità. Non si può generalizzare. I figli ad esempio impegnano solo una piccola percentuale delle colleghe (il 30% non ha figli e la metà del rimanente ne ha uno solo) e non tutte hanno genitori anziani…. 4. Le donne non si candidano. FALSO Hanno solo più ritrosia a farlo per timore di non poter dare il meglio. Sentono molto l’impegno e spesso pretendono troppo da se stesse. VERO Forse non sempre. Però non si trovano! 5. Le donne non sono interessate all’attività sindacale. VERO Per molte di loro il lavoro e tutto ciò che lo riguarda non sono prioritari. FALSO Se non fossero interessate e non ci credessero, non si iscriverebbero così numerose. Hanno tempi di partecipazione differenti, in alcuni periodi della loro vita possono oggettivamente avere meno tempo dei colleghi uomini. Ma ciò non impedisce a molte di partecipare validamente alle riunioni e alle trattative aziendali e regionali. Nulla possiamo dire delle trattative nazionali, non avendo ancora mai fatto parte di una delegazione trattante … FALSO Attualmente le differenze di genere risentono di quanto già espresso sopra. In generale, rilevo che molti colleghi siano poco interessati all'attività sindacale, perché il tempo lavorativo in realtà si è ampliato (ma non nel contratto, né nella busta paga) e rimane poco tempo per se stessi. 6. Sulla opportunità di formalizzare una sezione nazionale Anaao donne SONO D’ACCORDO Potrebbe essere utile ad esempio per riuscire a trovare equilibri tra tempo lavorotempo sindacale, per far emergere e trovare soluzioni a tutte le problematiche di genere attualmente esistenti, in una professione che si tinge sempre più di rosa. NON SONO D’ACCORDO Il sindacato trae massima forza dal suo essere collettore di contraddittorio, di esperienze e di idee, anche divergenti. Una sezione donne comporterebbe anche una sezione uomini… non si riesce ad immaginare come si potrebbe lavorare. 7. Il piede del 20% di rappresentatività di genere è: POSITIVO Un inizio. È un minimo di rappresentatività, e può essere di incentivo a trovare e coinvolgere sempre di più colleghe che si vogliano occupare attivamente di sindacato. NEGATIVO Troppo basso. Decisamente umiliante!


DM 01-2014:Layout 1

18-02-2014

14:17

Pagina 14

14

Dirigenza Medica IL MENSILE DELL’ANAAO ASSOMED 1/2014

Autoreferenzialità e professione

Antonio Ciofani Responsabile Struttura complessa di Nefrologia e dialisi, Ospedale Spirito Santo, Pescara consigliere nazionale Anaao Assomed

Il medico è il garante del malato, non va dimenticato

Nel contesto del dibattito su un presunto cambiamento del ruolo del medico che sarebbe oggi in atto, si afferma da alcune parti che è finita la stagione dell’autoreferenzialità basata sulla mitologia della centralità e primazia medica. Ebbene, premettendo che effettivamente nel corso dei 2500 anni circa di attività dei medici molti sono entrati nel mito e nella leggenda a cominciare da Ippocrate e che tuttora la medicina non è una scienza esatta e conserva per sua natura svariate caratteristiche di “arte”, questa autoreferenzialità viene ripetutamente e ricorrentemente sancita dalla massima giurisprudenza italiana che delinea chiaramente e perentoriamente proprio il compito del medico di oggi, che, nella sua solitudine, deve farsi carico di vitali decisioni sulla persona malata. In pratica si impone al medico proprio di essere autoreferenziale. È lui il garante del malato. Afferma la Corte di cassazione (sentenza 1873/2010 - IV Sezione penale) “... la direttrice del medico non può che essere quella di rapportare le proprie decisioni solo alle condizioni del malato, del quale è, comunque, responsabile. - ... i principi fondamentali che regolano, nella vigente legislazione, l’esercizio della professione medica, richiamano da un lato il diritto fondamentale dell’ammalato di essere curato e anche rispettato come persona, dall’altro, i principi dell’autonomia e della responsabilità del medico, che di quel diritto si pone quale garante nelle sue scelte professionali. ... Nel praticare la professione dunque, il medico deve, con scienza e coscienza, perseguire un unico fine: la cura del malato utilizzando i presidi diagnostici e terapeutici di cui al tempo dispone la scienza medica, senza farsi condizionare da esigenza di diversa natura, da disposizioni, considerazioni, valutazioni, direttive che non siano pertinenti rispetto ai compiti affidatigli dalla legge ed alle conseguenti relative responsabilità. ... a nessuno è consentito di anteporre la logica economica alla logica della tutela della salute, né di diramare direttive che, nel rispetto della prima, pongano in secondo piano le esigenze dell’ammalato. Mentre il medico, che risponde anche ad un preciso codice deontologico, che ha in maniera più diretta e personale il dovere di anteporre la salute del malato a qualsiasi altra diversa esigenza e che si pone,

L’atto medico va inteso come la decisione, la conduzione e parte o

tutta l’esecuzione di tutto ciò che è ritenuto necessario alla diagnosi, alla terapia e alla guarigione di un malato, rispondendone unicamente al malato stesso e alla propria coscienza. Se i legislatori vogliono modificare ciò possono farlo con le leggi, ma il medico, nell’interesse del malato, deve seguire prima di tutto il giuramento di Ippocrate. rispetto a questo, in una chiara posizione di garanzia, non è tenuto al rispetto di quelle direttive, laddove esse siano in contrasto con le esigenze di cura del paziente e non può andare esente da colpa ove se ne lasci condizionare, rinunciando al proprio compito e degradando la propria professionalità e la propria missione a livello ragionieristico”. Più esplicito il primo presidente emerito della Corte di cassazione, Vincenzo Carbone, che ha affermato, in un convegno lo scorso anno 2012, che i medici “possono non ottemperare alle norme dell’ordinamento qualora queste contrastino con gli scopi della professione medica”. E la IV Sezione penale della Cassazione nella recentissima sentenza 11493/2013 depositata l’11 marzo, nel confermare la condanna di un ginecologo campano che aveva provato a discolparsi citando le linee guida regionali sui criteri di scelta tra cesareo e parto naturale, coglie l’occasione per ribadire che le linee guida non devono essere ispirate a esclusive logiche di economicità della gestione, sotto il profilo del contenimento delle spese, in contrasto con le esigenze di cura del paziente”. Il medico ha dunque “il dovere di disattendere indicazioni stringenti dal punto di vista economico che si risolvano in un pregiudizio per il paziente”. Dunque nell’obbligo (e non nella facoltà) imposto al medico di non ottemperare a disposizioni o direttive, pena una sua imputazione, se le ritiene (discrezionalmente e nella sua solitudine) dannose per il paziente, risiede proprio quella autoreferenzialità che tanto infastidisce qualcuno. Ma a tale obbligo consegue anche un altro aspetto, la “primazia medica”: attenzione, anche questa caratteristica è un obbligo in quanto la responsabilità diretta e individuale imposta giuridicamente al medico nelle sue decisioni, comportano che sia lui l’attore che “conduce” le operazioni relative a tutto ciò che va fat-

to per curare e/o salvare il malato, e lui il leader designato e obbligato a ciò. Su un altro aspetto di questa peculiarità medica è intervenuta anche un’altra recentissima sentenza della IV Sezione penale della Cassazione (26966/2013, depositata il 20 giugno 2013) che, respingendo il ricorso di un medico condannato per omicidio colposo, stabilisce che è invece responsabile dei danni subiti dal paziente se non si dissocia dalla scelta del direttore e ne risponde (nella fattispecie omicidio colposo): “il medico che insieme al direttore del reparto compie attività sanitaria, non può pretendere di essere sollevato da responsabilità ove ometta di differenziare la propria posizione, rendendo palesi i motivi che lo inducono a dissentire dalla decisione eventualmente presa dal primario”. E nelle esplicite ed emblematiche sentenze della Suprema Corte è insita a mio avviso anche la risposta a chi afferma che è ora di dire in che cosa consiste l’atto medico. Ebbene, l’atto medico, la cui definizione è stata peraltro approvata lo scorso 25 aprile a Bruxelles nel corso dell’ultimo meeting dell’Uems (Unione europea dei medici specialisti), non va inteso riduttivamente come qualcosa fatta al paziente (iniezione, intervento chirurgico, radiografia, prelievo ecc.) ma come la decisione, la conduzione e parte o tutta l’esecuzione di tutto ciò che è ritenuto necessario alla diagnosi, alla terapia e alla guarigione di un malato, rispondendone unicamente al malato stesso e alla propria coscienza. È sempre stato così nel corso dei secoli e delle rivoluzioni in ogni campo, è cosi oggi e credo sarà cosi anche in futuro perché il malato ha sempre più bisogno di una presa in carico umana e certa del proprio caso. Se i legislatori vogliono modificare ciò possono farlo con le leggi; ma attenzione, il medico, nell’interesse del malato, deve seguire prima di tutto il giuramento di Ippocrate.


DM 01-2014:Layout 1

18-02-2014

14:17

Pagina 15

Dirigenza Medica IL MENSILE DELL’ANAAO ASSOMED 1/2014

15

TUTELA LAVORO

Avv. Vincenzo Bottino Consulente legale Anaao Assomed

Disciplina Alpi Tra riforma Balduzzi e negoziazione aziendale La materia dell’attività libero professionale intramuraria dei dirigenti medici (Alpi) è stata oggetto di un importante intervento normativo ad opera della cosiddetta Riforma Balduzzi Decreto Legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito in Legge 8 novembre 2012, n. 189 - la cui attuazione concreta, in ambito locale, ha però sollevato dubbi di compatibilità con la vigente normativa collettiva e, in particolare, con il ruolo riservato alla contrattazione decentrata per la disciplina della libera professione all’interno delle strutture aziendali e per la definizione delle tariffe professionali. Come noto, la Riforma nell’intento di confinare quanto più possibile l’esercizio della LPI dei dirigenti medici nell’ambito di strutture aziendali, così superando il regime derogatorio della c.d. “intramoenia allargata” (ossia l’esercizio della LP presso studi privati autorizzati), ha apportato alcune modifiche alla Legge n. 120/2007 (Disposizioni in materia di attività libero-professionale intramuraria e altre norme in materia sanitaria), demandando alle Regioni il compito di favorire l’individuazione, da parte delle aziende, degli spazi per l’esercizio dell’ALPI ed in mancanza, di realizzare - in via sperimentale - un’infrastruttura telematica per l’esercizio residuale della libera professione presso gli studi professionali privati collegati tra loro in un sistema di rete. In particolare, il D.L. 158/2012 ha previsto che le singole aziende sanitarie, sulla scorta di specifici provvedimenti regionali adottati previa consultazione con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative: a) procedano ad una ricognizione straordinaria degli spazi disponibili per l'esercizio dell'attività libero professionale, comprensiva di una valutazione dettagliata dei volumi delle prestazioni rese nell'ultimo biennio, in tale tipo di attività presso la strutture interne, le strutture esterne e gli studi professionali; b) sulla scorta della predetta ricognizione, vengano autorizzate dalla Regione, ove ne sia adeguatamente dimostrata la necessità e nel limite delle risorse disponibili, ad acquisire, tramite l'acquisto o la locazione presso strutture sanitarie autorizzate non accreditate, nonché tramite la stipula di convenzioni con altri sogget-

ti pubblici, spazi ambulatoriali esterni, aziendali e pluridisciplinari, per l’esercizio di attività sia istituzionali sia in regime di libera professione intramuraria ordinaria, i quali corrispondano ai criteri di congruità e idoneità per l'esercizio delle attività medesime; c) ed, infine, ove non risultino disponibili i predetti spazi, vengono ammesse dalla Regione ad adottare un programma sperimentale che consenta lo svolgimento dell’attività LP, in via residuale, presso gli studi privati dei singoli professionisti collegati in una infrastruttura di rete - in voce o in dati - tra l'azienda e le singole strutture nelle quali vengono erogate le prestazioni di attività libero professionale intramuraria (cfr. art. 1, comma 4, lett. a-bis) Legge n. 120/2007, così come modificato dal D.L. n. 158/2012). Nel descritto quadro, è opportuno evidenziare due aspetti della disciplina: da un lato l’individuazione e l’organizzazione degli spazi e, dall’altro lato, la “rimodulazione” delle tariffe professionali per sostenere i costi di realizzazione ed implementazione dell’infrastruttura di rete. A) L’organizzazione degli spazi Con riferimento alla prima questione, la legge stabilisce che l’acquisizione degli spazi individuati da parte delle singole aziende “deve avvenire previo parere da parte del collegio di direzione di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni. Qualora quest'ultimo non sia costituito, il parere è reso da una commissione paritetica di sanitari che esercitano l'attività libero-professionale intramuraria, costituita a livello aziendale” (v. art. 1, comma 4, Legge n. 120/2007 così come modificato dal D.L. n. 158/2012). Sebbene non vincolante, tuttavia, il parere del collegio di direzione o della commissione paritetica deve essere in ogni caso preventivamente richiesto e acquisto dall’azienda, in quanto rappresenta un preciso obbligo procedimentale imposto dalla legge, sicché il conseguente provvedimento aziendale di acquisizione degli spazi per l’esercizio dell’Alpi può anche discostarsi, con adeguata motivazione, dal contenuto del parere, ma non può essere adottato in as-

senza dello stesso, pena l’annullabilità dell’atto amministrativo. Sul punto è bene precisare che le nuove funzioni consultive attribuite dal Legislatore al Collegio di direzione (ossia all’organo aziendale individuato ed istituito dalle Regioni ai sensi dell’art. 17 del D.lgs. n. 502/1992), non possono essere interpretate, neppure in senso lato, come un’abrogazione implicita della normativa collettiva vigente in materia di Alpi che prevede, come noto, l’obbligo di contrattazione decentrata con le Oo.Ss. per la definizione o la modifica dell’atto di regolamentazione aziendale della libera professione intramuraria. Né a tale conclusione si può giungere sulla scorta di quanto prevede lo stesso art. 17 del D.lgs. n. 502/1992 (così come modificato dallo stesso Decreto Balduzzi – v. lett. f) del comma 1 dell’art. 4, D.L. 13 settembre 2012, n. 158), secondo cui “il collegio di direzione, in particolare, concorre al governo delle attività cliniche, partecipa alla pianificazione delle attività, incluse la ricerca, la didattica, i programmi di formazione e le soluzioni organizzative per l'attuazione dell'attività libero-professionale intramuraria”. Come è facilmente evincibile dal tenore letterale della norme sopra richiamate, il Collegio di Direzione non determina in alcun modo la disciplina aziendale sull’esercizio della libera professione intramuraria, avendo per lo più un “ruolo partecipativo” – insieme ad altri soggetti – nell’individuazione di possibili soluzioni organizzative per attuare l’Alpi, oltre, come detto, ad un “ruolo consultivo” (parere) con riguardo all’individuazione degli spazi aziendali da rendere disponibili per la libera professione intramuraria. Al di fuori di tale ambito, quindi, continuano a trovare applicazione le regole stabilite dalla contrattazione collettiva nazionale, e nello specifico, l’art. 54 comma 1, del Ccnl 8.6.2000 il quale stabilisce che “..a tutto il personale medico con rapporto esclusivo è consentito lo svolgimento dell’attività libero professionale all’interno dell’azienda, nell’ambito delle strutture aziendali individuate con apposito atto adottato dall’azienda con il concorso del Collegio di direzione previsto dall’art. 17 del d.lgs. 502/1992 e con le procedure indicate nell’art. 4, comma


DM 01-2014:Layout 1

18-02-2014

14:17

Pagina 16

16

Dirigenza Medica IL MENSILE DELL’ANAAO ASSOMED 1/2014

B) La definizione delle tariffe La seconda questione che merita un approfondimento è, come accennato, quella della rideterminazione delle tariffe professionali per sostenere i costi di realizzazione e implementazione dell’infrastruttura di rete. Anche in questo caso spetta alle singole Regioni, attraverso proprie disposizioni, garantire a livello aziendale la predisposizione e l’attivazione della suddetta rete per il collegamento in voce o in dati, precisando le funzioni e le competenze dell'azienda sanitaria e del professionista, e prevedendo l'espletamento del servizio di prenotazione, l'inserimento obbligatorio e la comunicazione, in tempo reale, all'azienda sanitaria competente, dei dati relativi: all'impegno orario del sanitario, ai pazienti visitati, alle prescrizioni ed agli estremi dei pagamenti, anche in raccordo con le modalità di realizzazione del fascicolo sanitario elettronico (cfr. art. 1, comma 4, lett. a-bis), L. 120/2007). Il tutto deve avvenire, garantendo la protezione dei dati personali dell’utente e secon-

dm dirigenzamedica Sede di Roma: via XX Settembre, 68 tel. 06.4245741 Fax 06.48.90.35.23 Sede di Milano: via D. Scarlatti, 27 dirigenza.medica@anaao.it www.anaao.it

do precise modalità tecniche contenute nel Decreto Ministeriale 21 febbraio 2013. Tra queste si segnala anche il diritto per gli utilizzatori del sistema a ricevere un’adeguata formazione ed un servizio di Help-desk. Per quanto riguarda gli oneri di realizzazione dell’infrastruttura, la legge stabilisce che si provvede “mediante adeguata rideterminazione delle tariffe operata in misura tale da coprire i costi della prima attivazione della rete, anche stimati in via preventiva” (art. 1, co. 4, lett. a-bis) L. 120/2007). Sul punto è importante evidenziare che la legge (art. 1, comma 4, lett. c), L. 120/2007), in linea con la disciplina contrattuale - art. 57, Ccnl 8.6.2000 -, prevede che la rideterminazione delle tariffe deve avvenire “d'intesa con i dirigenti interessati e previo accordo in sede di contrattazione integrativa aziendale”, nell’ambito del quale saranno definiti gli importi che l’assistito dovrà corrispondere, con ciò confermando il carattere vincolante della negoziazione decentrata, la cui violazione è, come detto, censurabile mediante ricorso per comportamento antisindacale. Sempre secondo la legge, l’importo per ogni singola prestazione professionale in Lpi - individuato nell’ambito della contrattazione aziendale - deve essere idoneo a: a) remunerare i compensi del professionista, dell'equipe e del personale di supporto, articolati secondo criteri di riconoscimento della professionalità; b) remunerare i costi pro-quota per l'ammortamento e la manutenzione delle apparecchiature (fatti salvi i costi della strumentazione necessaria per il collegamento in rete e per la tracciabilità dei pagamenti che restano a carico del titolare dello studio); c) assicurare la copertura di tutti i costi diretti ed indiretti sostenuti dalle aziende, ivi compresi quelli connessi alle attività di prenotazione e di riscossione degli onorari e quelli relativi alla realizzazione dell'infrastruttura di rete. Infine, è previsto che nell'applicazione dei predetti importi, quale ulteriore quota, oltre quella già prevista dalla vigente disciplina contrattuale, una somma pari al 5% del compenso del libero professionista venga trattenuta dall’Azienda del Servizio sanitario nazionale per essere vincolata ad interventi di prevenzione ovvero volti alla riduzione delle liste d'attesa secondo le modalità dell’impegno aggiuntivo di cui all’art. 55, comma 2 del Ccnl 8.6.2000 (v. sempre art. 1, comma 4, lett. c)).

Direttore Costantino Troise

Coordinamento redazionale Ester Maragò

Direttore responsabile Silvia Procaccini

Progetto grafico e impaginazione

Comitato di redazione: Giorgio Cavallero Domenico Iscaro Mario Lavecchia Carlo Palermo

segue da pag 13

2, lettera g)”, che sono, appunto, quelle della contrattazione collettiva integrativa con le rappresentanze sindacali aziendali. Ciò è implicitamente confermato dalla stessa Legge n. 120/2007 – così come modificata dal decreto Balduzzi – nella parte in cui dispone che “le regioni..procedono all'individuazione e all'attuazione delle misure dirette ad assicurare, in accordo con le organizzazioni sindacali delle categorie interessate e nel rispetto delle vigenti disposizioni contrattuali, il definitivo passaggio al regime ordinario del sistema dell'attività liberoprofessionale intramuraria della dirigenza sanitaria, medica e veterinaria del Servizio sanitario nazionale..” (art. 1, comma 2, Legge n. 120/2007). Il mancato rispetto delle predette procedure di contrattazione integrativa previste dal contratto nazionale, a partire dalla fase di informazione preventiva (v. artt. 4 e 6 del Ccnl 5.11.2005), o anche l’assenza di una reale trattativa tra le parti, possono integrare gli estremi del comportamento antisindacale consentendo, quindi, all’organismo sindacale territoriale di ricorrere, previa formale diffida, al rimedio giurisdizionale previsto dall’art. 28 dello Statuto dei lavoratori (legge n. 300/1970) per la repressione della condotta antisindacale, da cui può derivare l’annullamento dei provvedimenti amministrativi adottati in violazione delle procedure sindacali.

Donne in prima linea to di Caserta 2013. I temi della scarsa presenza femminile ai massimi livelli dirigenziali e decisionali sia professionali che politici si rincorrono da anni da una conferenza all’altra, da un convegno all’altro: l’analisi è ormai matura, è tempo di agire. L’Anaao fa un passo concreto e tangibile verso il superamento del gender gap. Sebbene le citate modifiche statutarie siano state approvate ad amplissima maggioranza, va detto però che gran parte delle colleghe riteneva che il 20% fosse un piede troppo basso, umiliante per molti motivi, non ultimo la proporzione iscritte/iscritti. Personalmente anche io ho provato profonda amarezza e umiliazione quando in una delle ultime riunioni del gruppo di lavoro sulle modifiche statutarie mi è stato chiaro, perché esplicitamente detto dai più, che la nostra proposta del 1/3 e 2/3 non sarebbe mai passata e che il 20% (1/5 e 4/5) poteva rappresentare la soglia. La mia amarezza era acuita dal fatto che in Piemonte, la mia regione, tutti gli organismi, eccetto i consiglieri nazionali, esprimono da tempo donne dal 30 al 40 %. Che fare? Fra colleghe abbiamo valutato che l’arroccarsi su “tutto o nulla” comportava l’elevatissimo rischio che il nuovo regolamento replicasse quel vecchio articolo 28 che ben declarava e nulla imponeva. Consapevoli che in alcune realtà regionali e aziendali il piede del 20% è ininfluente, ma in altre è rivoluzionario e che gli organismi nazionali sono appannaggio quasi esclusivo maschile, abbiamo ritenuto che un 20% potesse rappresentare una concreta seppur minima svolta omogenea in tutta l’associazione, un reale primo passo. Ed oggi, superata l’iniziale frustrazione, siamo più ottimiste perché il nostro statuto esprime che l’Anaao primo fra tanti sindacati, concretamente “fa”. Si realizza quanto costantemente affermato dal Segretario nazionale sulla necessità indifferibile di ampliare al massimo la partecipazione alle donne e ai giovani. Possiamo allora con orgoglio affermare che lo Statuto di Caserta rappresenta un fatto che marca nettamente la differenza sulla rappresentanza di genere tra il nostro sindacato e gli altri sindacati di categoria, tra Anaao e le istituzioni o enti che ci rappresentano, come medici e dirigenti sanitari, o in cui siamo rappresentati. Ci auguriamo che altri percorrano la stessa strada. A noi colleghe il compito di continuare a svolgere al meglio attività sindacale e professionale proponendoci e accettando di metterci in gioco senza timori, esigendo ciò che ci è dovuto e soprattutto senza pretendere sempre da noi stesse più di quanto accettiamo come ben fatto dai nostri colleghi.

Editore Edizioni Health Commuinication Via Vittore Carpaccio 18 0147 Roma email: redazione@hcom.it tel. 06.59.44.61 fax 06.59.44.62.28

Diritto alla riservatezza: “Dirigenza Medica”garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati nel rispetto della legge 675/96

Registrazione al Tribunale di Milano n.182/2002 del 25.3.2002. Sped. in abb. postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, dcb Roma

Costo a copia: euro 2,50

Stampa STRpress, Pomezia (Rm)

Finito di stampare nel mese di febbraio 2014


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.