DIRIGENZA MEDICA N. 1/2016

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(Conv. in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, dr Commerciale Business Roma - www.anaao.it Dirigenza Medica - Anno XV - n. 1 - 2016 - Poste Italiane Spa - Sped. in Abb. Postale D.l. 353/2003

Numero 1 - 2016

d!rigenza medica

à t i n a s a z n e vert 3

Responsabilità professionale

Intervista a Federico Gelli (Pd), relatore del provvedimento alla Camera 6

Anaao Giovani

Le indagini del 2015 16 Tutela lavoro

Le graduatorie dei concorsi Il mensile dell’Anaao Assomed

scio pero

17 e 18

marzo La mobilitazione non si ferma. Dopo il 16 dicembre altre 48 ore di protesta.


Pat Carra per l’Anaao Assomed

Il mensIle dell’AnAAo Assomed

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editoriale

Un messaggio all’anno nuovo Il 2015 non è stato avaro di gratificazioni per la nostra Associazione e per l’attività sindacale in generale. Percorrendone con la mente spazi e tempi, il primo pensiero va alla consistente crescita di iscritti, la più corposa da molti anni a questa parte, certificata dall’Aran. Una crescita che premia l’impegno, ma soprattutto la capacità, di una associazione che non è leader per caso o per grazia ricevuta. E certifica una forza della quale dobbiamo acquisire maggiore consapevolezza e nella quale dobbiamo riporre maggiore fiducia. Siamo di gran lunga il Sindacato più forte della area medica dipendente e della dirigenza sanitaria, il che comporta anche oneri e responsabilità. Né possiamo dimenticare che il 25 novembre 2015 è diventata legge, anche per i medici e dirigenti sanitari italiani, la direttiva europea sull’orario di lavoro. Il punto di approdo di un lungo impegno, nazionale ed europeo, come potete leggere su questo stesso numero di DM. Un risultato che, al di là di bizzarrie interpretative, certifica la relazione esistente tra condizioni psico fisiche e sicurezza delle cure e restituisce a tutti tempo di vita, ponendo un freno all’illecito arricchimento delle aziende. Ed infine, ricordo la mobilitazione che, a partire da ottobre, ha animato discussioni e piazze fino allo sciopero del 16 dicembre, il primo dopo 5 anni. Straordinario per l’ampiezza dell’arco di forze che lo ha proposto, dipendenti e convenzionati insieme dopo 11 anni, per il successo in termini di adesioni reali, le più alte da molti anni a questa parte, per una copertura mediatica che ha imposto con la forza delle nostre ragioni, il tema sanità a radio, tv e giornali. Certo, c’è stata la gelata della legge di stabilità 2016, oltremodo penalizzante per la sanità pubblica, ridotta al 6,6% del Pil, per i Medici ed i dirigenti sanitari dipendenti. Non solo per la assenza di finanziamenti, certi e congrui, per il rinnovo di un Ccnl bloccato da 6 anni, ma anche, e soprattutto, per la ripresa della spoliazione di risorse storiche dai fondi contrattuali, pari a circa 300 milioni nel triennio. Abbiamo finanziato da soli il contratto di tutto il pubblico impiego. E per una ripresa della espansione universitaria nelle aziende territoriali , a scapito dei posti apicali residuati alla cura degli standard, e la assenza di un piano di assunzioni credibile per rimediare alla perdita di due generazioni di medici ed all’aumento dei carichi di lavoro. La vertenza nazionale aperta nel 2015 è destinata a durare, una lunga marcia per tirare fuori la sanità pubblica dalla involuzione recessiva in cui tagli persistenti la hanno avviata ed insieme salvaguardare il destino del nostro ruolo e di una professione che non è uguale alle altre, che, però, rischia di divenire un rubbish job. Tocca a noi denunciare il rischio che, in assenza di un progetto o di un modello di sanità futura, sia vanificato il diritto costituzionale alla tutela della salute e si realizzi una sanità povera per i poveri. E per chi ci lavora. E chiedere un nuovo Patto che definisca una cornice culturale, giuridica, amministrativa, civile e sociale nella quale il nostro ruolo ed il nostro lavoro, pur accettando tutte le sfide necessarie, siano valorizzati e la professione assunta ad interlocutore politico-istituzionale, in una governance delle attività sanitarie che rimedi alla sua marginalizzazione. Sappiano i nostri iscritti che intendiamo difendere con durezza i nostri diritti e quelli dei cittadini. Difendere il Ssn e il suo adeguato finanziamento vuol dire, infatti, difendere l’accesso alle cure, le nostre condizioni di lavoro e le nostre retribuzioni, e difendere la sua unicità contro i guasti provocati da un federalismo ormai di abbandono, vuol dire anche difendere l’idea ed il valore del Ccnl. Per noi il modo migliore di accettare la sfida del cambiamento è restare noi stessi.

CostAntIno troIse Segretario Nazionale Anaao Assomed


à t i n a s a vertenz

La protesta continua 20

febbraio Manifestazione a Napoli

17 e 18

marzo Due giornate di protesta

La mobilitazione non si ferma. Anzi, la vertenza sanità si inasprisce, e dopo la protesta di 24 ore del 16 dicembre scorso arrivano ora ben 48 ore di sciopero per i prossimi 17 e 18 marzo. Non solo, per sensibilizzare l’opinione pubblica e i governi nazionale e locali, la protesta attraverserà il Paese con tre manifestazioni interregionali, la prima delle quali si svolgerà a Napoli il 20 febbraio 2016 coinvolgendo i professionisti e i cittadini delle Regioni del sud Italia. “Nessuno dei problemi alla base della protesta di dicembre ha trovato soluzione, né tantomeno il Governo ha ritenuto di dover avviare un confronto serio con i professionisti per il rilancio della sanità pubblica e la valorizzazione del lavoro di chi quotidianamente garantisce la tutela della salute a milioni di cittadini” hanno affermato in una nota congiunta le Organizzazioni sindacali che rappresentano i 250 mila medici, dipendenti e convenzionati, specialisti ambulatoriali, pediatri, veterinari, dirigenti sanitari. “Non intendiamo essere spettatori – proseguono i sindacati – del declino inesorabile della sanità pubblica sottoposta alla mannaia di continui e pesanti tagli, ma vogliono che entrino a pieno titolo nell’agenda della politica italiana le questioni della sua sostenibilità, della esigibilità del diritto alla salute dei cittadini omogenea tra le Regioni italiane, del ruolo professionale, dirigenziale, formativo dei medici e dei dirigenti sanitari”. Per questo i medici hanno lanciato un appello al Governo: “Si assuma in pieno le proprie responsabilità di fronte ai cittadini italiani ed ai professionisti della sanità esplicitando il modello che intende realizzare. 2

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Le sigle che hanno aderito alla protesta Anaao Assomed Cimo - Aaroi-Emac Fp Cgil Medici-Stpa – Fvm – Fassid (AipacAupi -Simet-Sinafo-Snr) – Cisl Medici – Fesmed – Anpo-Ascoti-Fials Medici - Uil Fpl Medici – Ugl Medici - Fimmg – Sumai - Snami – Smi – Intesa Sindacale (Cisl Medici-Fp Cgil Medici-Simet-Sumai) – Fespa – Fimp – Cipe – Andi - Assomed Sivemp – Sbv

Il Commento di Costantino Troise Il Governo ci spieghi qual è il modello di sanità che propone Dopo lo sciopero generale dello scorso 16 dicembre nulla è cambiato.

“Le questioni sono rimaste tutte sul tappeto e non vi è stata alcuna interlocuzione con il Governo”– ha affermato Costantino Troise, segretario nazionale dell’Anaao Assomed – “nessuna risposta in merito alle questioni sollevate dai sindacati, a partire dal nodo della sostenibilità economica della Sanità pubblica, il ruolo dei professionisti e la garanzia del diritto di cura ai cittadini. Per questo abbiamo preso la decisione dello sciopero di 48 ore, con una serie di manifestazioni nei prossimi mesi dal Nord al Sud del Paese”. “Noi vediamo chiaramente – prosegue Troise – i rischi che corre la sanità pubblica. E la possibilità, o meglio la certezza, che un crollo del Servizio sanitario nazionale travolga i cittadini e i medici che sono garanti della loro salute. Poniamo, ancora una volta, la questione di un urgente confronto con il Governo che ci spieghi qual è il modello di sanità che propone”. Ci sono “sintomi” chiari di pericolo per la sanità italiana come indica “il rapporto tra spesa sanitaria e Pil che si allontana sempre più dai livelli dell’Europa occidentale e si avvicina sempre più ai livelli dell’Europa orientale” avverte Troise. Il malessere dei medici, inoltre, è aggravato da “un attacco concentrico al loro ruolo professionale e alla riduzione delle possibilità di rendere esigibile il diritto alla salute del cittadini”. “Ci poniamo poi il problema della sostenibilità del Ssn, perché avvertiamo con chiarezza che il sistema è sempre meno nazionale e sempre meno pubblico – ha aggiunto – e queste sono tutte queste questioni di interesse pubblico. Siamo costretti ad assistere all’attacco e al crollo di un patrimonio comune fondamentale. Un patrimonio che si mantiene in vita proprio grazie ai medici. E non si capisce tutto questo quale posto occupi nell’agenda del Governo. Vediamo solo una politica tesa a ridurre il finanziamento e comprimere l’offerta. Con la nostra protesta unitaria ribadiamo con forza che serve un patto con i medici e i dirigenti sanitari che garantiscono il funzionamento del sistema”.

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Responsabilità professionale Intervista a Federico Gelli (Pd), relatore del provvedimento alla Camera

“Siamo ad un passo da una svolta epocale per la sanità” Dopo 7 mesi di lavori in commissione Affari Sociali, l’Aula della Camera ha approvato il Testo unificato delle proposte di legge sulla responsabilità professionale del personale sanitario. Per fare il punto sul testo che si appresta ora a passare dell’esame del Senato, abbiamo intervistato il relatore del provvedimento, e responsabile sanità del Pd Federico Gelli.

di Giovanni Rodriquez

Onorevole Gelli, il testo unico sulla responsabilità professionale del personale sanitario è stato approvato alla Camera e si appresta ora ad essere esaminato dall’altro ramo del Parlamento. Innanzitutto, è soddisfatto del provvedimento approvato? Sono estremamente soddisfatto per un risultato che corona 7 mesi di duro lavoro in commissione Affari Sociali. Dopo oltre 15 anni di attesa e numerosi tentativi di mettere mano ad un tema tanto delicato quanto fondamentale, possiamo dire di essere finalmente ad un passo da una svolta epocale per tutta la sanità. Il provvedimento, in linea con quanto già avviene in altri Paesi europei, ci permette di aumentare garanzie e tutele per gli operatori delle professioni sanitarie e nello stesso tempo assicurare ai pazienti la possibilità di essere risarciti in tempi brevi e certi per gli eventuali danni subiti. Nel corso dell’ultimo passaggio in Aula sono state introdotte alcune modifiche al testo. Può spiegarci cos’è cambiato rispetto a quanto approvato in commissione Affari Sociali?

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Il testo è stato ulteriormente migliorato grazie agli emendamenti presentati in Aula dai colleghi. Siamo intervenuti, ad esempio, sull’azione di rivalsa escludendo dall’iter il possibile intervento della Corte dei Conti. In tema di audit, poi, abbiamo sancito che i verbali e gli atti conseguenti all’attività di gestione del rischio clinico non potranno essere acquisiti o utilizzati nell’ambito dei procedimenti giudiziali. E ancora, la responsabilità di tipo extracontrattuale, con conseguente ribaltamento dell’onere della prova e prescrizione dimezzata a 5 anni, viene estesa anche a tutti i medici convenzionati. Viene poi meglio specificato il ruolo delle linee guida. A tal proposito, lo strumento linee guida affidate alle società scientifiche potrebbe essere molto fragile come esimente. Non sarebbe preferibile parlare di buone pratiche professionali accreditate da un organismo terzo, sul modello del Nice? Innanzitutto le linee guida sono solo un indirizzo a cui fare riferimento, non si tratta della ‘Magna Carta’ o di un sistema di regole ingessate a cui i medid!rigenza medica

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Responsabilità professionale

Intervista a Federico Gelli

ci dovranno sottostare. Nel testo rimangono come esimente anche le buone pratiche professionali. In ogni caso il nostro intento è proprio quello di istituire un modello di autorità indipendente che richiami proprio quello del Nice inglese, questo è un impegno che mi assumo personalmente. L’attuale proposta di legge è solo il primo step che ci permette, però, di rendere immediatamente efficace la legge. Nel mentre le linee guida richiamate dovranno essere prodotte da Società scientifiche rigorosamente selezionate con un apposito decreto dal Ministero della Salute. Queste verranno poi inserite nel sistema nazionale linee guida che verrà in questo modo riattivato nella sua funzione. Un ruolo centrale verrà dunque affidato all’Istituto superiore di sanità che avrà il compito di ‘validare’ e pubblicarle sul proprio sito internet. Più in generale, con le misure contenute nel testo approvato dalla Camera cosa cambierebbe in concreto per i medici rispetto ad oggi? Dal punto di vista giuridico, cambia innanzitutto il codice penale. Con un articolo aggiuntivo si stabilisce quindi che l’esercente la professione sanitaria che, nello svolgimento della propria attività, cagiona a causa di imperizia la morte o la lesione personale della persona assistita risponde dei reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose, solo in caso di colpa grave. La colpa grave viene però esclusa quando, salve le rilevanti specificità del caso concreto, vengono rispettate le raccomandazio4

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Troise: “L’Approvazione Ddl è un’ottima notizia. Ma lo sciopero di marzo è comunque confermato”

“L’approvazione alla Camera dei Deputati del disegno di legge sulla responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie, medici in primis, è un’ottima notizia. Innanzitutto – spiega - perché introduce una normativa di riferimento in un settore in cui il vuoto legislativo ha lasciato campo libero alla fantasia giurisprudenziale, spesso orientata a punire il medico fino all’individuazione di una responsabilità da contatto. E poi, perché, finalmente, viene previsto un profilo specifico del reato colposo in ambito sanitario che ne riconosce la peculiarità, legata alle finalità sociali dell’atto medico”. Questo il commento del Segretario Nazionale dell’Anaao Assomed, Costantino Troise che da anche atto all’Onorevole Federico Gelli di essere stato capace di “tirare fuori dai cassetti delle commissioni parlamentari, dove da tempo immemorabile giacevano sepolti diversi disegni di legge in merito, un testo che si è andato via via perfezionando, grazie alla capacità di ascolto e di interlocuzione con i professionisti, portandolo alla approvazione in un ramo del Parlamento”. “La svolta culturalmente importante – afferma Troise – è nell’attribuzione del profilo di responsabilità per gli eventi avversi, comunque ineliminabili e non riducibili alla sola categoria dell’errore umano e della colpa, a chi è responsabile dell’erogazione dei Lea, riducendo

la eventualità della azione diretta nei confronti del medico, troppo spesso solo terminale di una catena di deficienze organizzative indipendenti dal suo controllo”. Nessuno si illuda però, specifica il segretario, di fare una “rivoluzione di carta” e che “la norma basti, da sé e da subito, ad arrestare il dilagare della medicina difensiva, a rendere immediatamente esigibili i fantastiliardi di cui con troppa superficialità si parla, a spingere le aziende sanitarie ad un investimento culturale e strutturale sulla sicurezza delle cure. E nemmeno che il fondo della alea possa vivere del solo contributo delle assicurazioni, visto che, a parere nostro, deve estendere il suo campo di intervento, a cominciare dalle autoassicurazioni fantasma”.

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I punti cardine del Ddl sulla Responsabilità professionale Linee guida all’Iss, audit precluso alla magistratura e responsabilità extracontrattuale anche per i convenzionati. Esclusione dell’intervento della Corte dei Conti nell’azione di rivalsa. Coordinamento del risk management svolto anche dai medici legali e da altro personale dipendente delle strutture sanitarie con adeguata formazione ed esperienza almeno triennale. Divieto di effettuare segnalazioni anonime al garante per il diritto alla salute. Sono queste alcune delle novità inserire nel Provvedimento sulla responsabilità professionale approvato dall’Aula della Camera che passa ora all’esame del Senato. Vediamo quali sono i punti cardine. Azione di rivalsa. L’azione di rivalsa nei confronti dell’esercente la professione sanitaria potrà avvenire solo per dolo e colpa grave. Viene inoltre con-

“Spiace l’atteggiamento di Cittadinanza attiva, che – prosegue Troise - confonde il diritto dei cittadini a un equo indennizzo con la caccia alle streghe, e quindi al medico, che ha, spesso, l’unico torto di metterci la faccia e di essere la pistola che altri hanno armato”. Per Troise, rimangono alcune perplessità sul compito puramente formale assegnato a una istituzione terza nei confronti delle linee guida, sul loro ruolo esimente, sulle procedure di rivalsa. “Speriamo – conclude –che il Senato voglia proseguire lungo il percorso appena aperto verso il traguardo di un modello equo di responsabilità professionale. Che non basta per dare risposte esaustive ad un disagio della professione medica che riconosce molte determinanti né ad evitare lo sciopero di 48 ore del 17 e 18 marzo. Ma rappresenta un risultato importante, frutto di una lunga e difficile battaglia che ha visto impegnati i sindacati medici. Da cui si può ripartire con maggiore fiducia nella nostra forza e nelle nostre ragioni”.

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Con le nuove norme si indirizza la richiesta risarcitoria alla struttura, oltre che nei confronti delle compagnie assicuratrici con la possibilità di un’azione.

fermato il tetto massimo di 3 annualità lorde per agevolare la stipula di assicurazioni a prezzi calmierati. Infine, viene escluso dall’iter il possibile intervento da parte della Corte dei Conti. Audit. I verbali e gli atti conseguenti all’attività di gestione del rischio clinico non potranno essere acquisiti o utilizzati nell’ambito dei procedimenti giudiziali. Risk management. Il ruolo di coordinamento del risk management potrà essere svolto anche dai medici legali e da altro personale dipendente delle strutture sanitarie con adeguata formazione ed esperienza almeno triennale. Strutture sociosanitarie. L’ambito di intervento della responsabilità professionale viene estesa anche alle strutture socio sanitarie. Garante diritto alla salute. Viene esclusa la possibilità di effettuare segnalazioni anonime al garante per il diritto alla salute. Medici di medicina generale. La re-

sponsabilità di tipo extracontrattuale, con conseguente ribaltamento dell’onere della prova e prescrizione dimezzata a 5 anni, viene estesa anche ai medici di medicina generale. Assicurazioni. Viene rimandata ad un apposito decreto del Ministero dello sviluppo economico l’individuazione dei requisiti minimi e delle caratteristiche di garanzie per le polizze assicurative delle strutture sanitarie. Tali requisiti dovranno essere individuati anche per le forme di autoassicurazione e per le altre analoghe misure di assunzione diretta del rischio. Inoltre, in caso di cessazione definitiva dell’attività professionale per qualsiasi causa dovrà essere previsto un periodo di ultrattività della copertura per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta entro i dieci anni successivi e riferite a fatti generatori della responsabilità verificatisi nel periodo di operatività della copertura. L’ultrattività è estesa agli eredi e non è assoggettabile alla clausola di disdetta.

ni previste dalle linee guida e le buone pratiche clinico-assistenziali. Un’ulteriore fondamentale modifica riguarda poi la responsabilità civile in capo agli esercenti la professione sanitaria. Qui si prevede un “doppio binario”: responsabilità contrattuale a carico delle strutture sanitarie, pubbliche e private, ed extracontrattuale per l’esercente la professione sanitaria che svolge la propria attività nell’ambito di una struttura sanitaria pubblica o privata o in rapporto convenzionale con il Servizio sanitario nazionale. Questo si traduce, per gli operatori sanitari, nell’inversione dell’onere della prova, che sarà a carico del paziente, e in un dimezzamento dei termini dei tempi di prescrizione che da 10 scenderanno a 5 anni.

rà per i soli liberi professionisti. Per gli esercenti la professione sanitaria operanti a qualunque titolo in Aziende del Servizio sanitario nazionale, in strutture o in Enti privati ci sarà l’obbligo di assicurazione solo al fine di garantire l’azione di rivalsa.

Il duplice profilo di responsabilità, extracontrattuale per il medico dipendente e contrattuale per la struttura, non nasconde la possibilità di una chiamata diretta del medico in giudizio? E quindi di un suo obbligo a tutelarsi con una polizza Rcp? No, anzi è l’esatto contrario. Fino ad oggi, essendo entrambe le responsabilità di natura contrattuale, il cittadino si rivolgeva in maniera paritetica all’operatore sanitario così come alla struttura per una richiesta di risarcimento. Con le nuove norme, invece, si indirizza la richiesta risarcitoria alla struttura, oltre che nei confronti delle compagnie assicuratrici con la possibilità di un’azione. Quanto all’obbligo di dotarsi di una polizza Rcp, questo var-

Ritiene che con queste misure si riuscirà ad arginare l’annoso problema del contenzioso medico-legale? Penso di proprio sì. E, soprattutto, sono convinto che gli operatori sanitari potranno svolgere il loro lavoro con più serenità. Cerco di spiegarmi meglio: se in ambito civilistico lo scopo è quello di perseguire un risarcimento del danno, con le misure contenute nel provvedimento approvato non facciamo che indirizzare l’azione del paziente verso l’interlocutore più ‘forte’, ossia la struttura sanitaria, garantendo al contempo sia i diritti dei professionisti che quelli dei cittadini di essere risarciti in tempi brevi e certi per gli eventuali danni subiti. A tutto questo si aggiungono, poi, anche altri meccanismi quali, ad esempio, l’obbligo di conciliazione. Quali tempi possiamo aspettarci per un’approvazione definitiva del testo? Ritengo che il provvedimento potrà essere convertito in legge in tempi stretti. In questi mesi abbiamo lavorato tenendo costantemente aggiornati i senatori della commissione Sanità di Palazzo Madama in modo da velocizzare l’iter. Credo che il testo possa diventare legge entro la prossima primavera. d!rigenza medica

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anaao giovani I I

La difficile vita del medico tra stress, tagli alla sanità e precarietà Nell’anno appena trascorso Anaao Giovani si è cimentata in tre survey che hanno indagato i disagi della professione medica mettendo in evidenza sia le difficoltà umane e professionali sia le conseguenze dei continui tagli alla sanità sulla professione. Le versioni integrali delle survey complete di grafici e tabelle sono disponibili sul sito www.anaao.it

Aprile 2015

Quando il medico si ammala Parabola di una professione in tempo di crisi, tra disagio umano e professionale È stressato. Vive la propria attività lavorativa come causa di una vita privata insoddisfacente. Gestisce da solo fino a 22 pazienti e più al giorno. Svolge dalle 7 alle 16 guardie al mese e spesso, per carenze d’organico, è costretto a lavorare anche dopo il turno notturno. Non riesce a usufruire della pausa pranzo in orario di lavoro. Non ha tempo per coltivare un hobby o uno sport. Accumula oltre 150 ore annue di straordinario, che difficilmente potranno essere recuperate o monetizzate. Questo il ritratto professionale e psicologico del medico ospedaliero emerso dall’indagine realizzata su un campione di quasi 2mila risposte. Questo stile di vita, professionale e personale, porta inesorabilmente il medico a trasformarsi in malato con pesanti ripercussioni sulla sua salute fisica e mentale. Dall’indagine è emerso, infatti, che oltre a soffrire di malattie cardiovascolari e metaboliche, presenta rilevanti disturbi del sonno e psicologici. In questi ultimi anni caratterizzati da cospicui tagli finanziari, il medico si trova sempre più isolato e privo di quel ruolo sociale goduto nel passato, a difendere il diritto fondamentale alla salute sancito dall’articolo 32 della Costituzione. Stretto in una morsa che lo vede, da una parte, subire imponenti riorganizzazioni sanitarie che falciano ospedali, 6

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posti letto, organici, con dichiarazioni di esuberi che bloccano la possibilità di nuove assunzioni, dall’altra spettatore di bombardamenti mediatici che annunciano come nel Ssn si annidino imponenti sprechi, ma senza indicare le reali possibilità di recupero di tali risorse. Ai medici viene richiesto di operare senza supporti tecnologici, organizzativi e logistici adeguati, se si pensa che in altri paesi europei, come la Germania o la Francia, l'investimento nel sistema sanitario è di 30 miliardi di euro superiore e la dotazione di posti letto arriva al 6-8 per mille abitanti.

Settembre 2015

I medici precari sono 14 mila Sono soprattutto ginecologi, internisti, medici del Pronto soccorso, ma anche anestesisti e chirurghi. Sfiorano i 40 anni e nel 60% sono donne. È la fotografia dei 14 mila camici bianchi precari (pari all'11,5% sul totale dei medici ospedalieri): metà a tempo determinato e l'altra metà con un contratto «atipico». Privi quindi delle tutele più essenziali, come maternità, allattamento, congedi parentali e ferie. Tra l'altro con sti-pendi che non arrivano a 5 mila euro lordi l'anno. In questa difficile condizione esistenziale e professionale trascorrono mediamente un decennio. La survey ha coinvolto tutte le aziende sanitarie italiane che hanno risposto nella percentuale del 36,4% (82 su 225) con un sud più avaro rispetto al nord e al centro.

Dirigenza Medica - Anno XIV - n. 3 - 2015 - Poste Italiane Spa - Sped. in Abb. Postale D.l. 353/2003 (Conv. in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, dr Commerciale Business Roma - www.anaao.it

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Le indagini Anaao Giovani nel 2015

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Numero 3 - 2015

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Fondo Sanitario Nazionale

Ssn sotto attacco 13 Giovani e pensioni

La pensione dei giovani dirigenti medici è davvero un miraggio? 15 Tutela lavoro

L’accesso al regime part-time del dirigente medico Il mensile dell’Anaao Assomed

I risultati della Survey

Quando il medico si ammala

Parabola di una professione in tempo di crisi tra disagio umano e professionale

Ottobre 2015

Se i tagli alla sanità colpiscono anche i medici I tagli alla sanità pesano anche sui medici. Dis-organizzazione del lavoro, meno sicurezza delle cure e degli ospedali, disequità, corruzione, appropriatezza popolano gli incubi di una categoria bersaglio di contini attacchi da parte di chi, con leggi e provvedimenti, continua a impoverire il Ssn e a negare ogni valore a questa professione. Nessuna cura, dunque per il paziente Ssn se non l’abnegazione e il sacrificio di migliaia di medici. La survey Anaao Giovani ha voluto indagare la percezione della qualità ed equità del Ssn e mettere a fuoco i principali problemi visti dalla parte di chi indossa il camice bianco. E i risultati confermano le attese: su un campione di oltre 1600 intervistati in tutta Italia, il 70% ritiene che la situazione sia molto peggiorata negli ultimi 5-6 anni e quasi la totalità (91,74%) è rassegnato al fatto che anche per il futuro non ci saranno miglioramenti. A questo si aggiunge che il 40% dichiara di aver dovuto dimettere un paziente condizionato anche dalle criticità organizzative, dal sovraffollamento dei reparti o dal rispetto della durata di degenza media. Sulla necessità di riorganizzare l’offerta ospedaliera in relazione al tema della sicurezza ben l’83.74% non sceglierebbe e/o non consiglierebbe ad una parente di partorire in una struttura con meno di 500 parti/anno e ben l’83.15% preferirebbe per se stesso un pronto soccorso dotato di guardia cardiologica. La percezione delle diseguaglianze in salute è poi evidente quando ben il 60.92% dei medici sostiene di aver avuto pazienti che non seguono le cure per motivi economici. I protagonisti della sanità ritengono nel 65,85% delle risposte che i fenomeni di corruzione e abuso della posizione di potere siano un sistema diffuso nella sanità. Tale percezione risulta più elevata al sud (71,79%) e nelle isole (76,87%). In tema di medicina difensiva, il 52% degli intervistati sostiene che, sia tra le cause principali degli sprechi di risorse in sanità, conseguente al preoccupante ed esponenziale aumento del contenzioso in sanità e ritiene quindi necessario un intervento normativo per limitare anche il ricorso a esami e procedure. Il 59,2% degli intervistati è infine convinto che il sindacato si stia occupando di difendere l’equità in salute e debba continuare a farlo, opponendosi ai tagli e contrastando la crescita esponenziale del privato, anche accreditato. numero 1 - 2016


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anaao giovani

Donne e medicina

What is the gender gap? Il termine “gender gap” è stato originariamente coniato in riferimento all’iniquità salariale tra uomini e donne: a parità di lavoro e posizione le donne percepiscono salari inferiori. Progressivamente la discussione sulle differenze di genere si è estesa anche ad altri ambiti quali l’educazione, la salute e la politica. Questi “gap” sono fortemente correlati a fattori sociali e pertanto variano da nazione a nazione. Proprio per tale ragione, nel 2006 il “World Economic Forum Report” ha introdotto il “Global Gender Gap report”, con l’obiettivo di riportare i dati sulla disparità e sulle differenze di genere per ogni paese.

But let me tell you, this gender thing is history GeorGe HW BusH

The gender pay gap is not a myth, it’s mathematics BArACk oBAmA

Paola Gnerre Direttivo Nazionale Anaao Giovani

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cecilia Politi Direttore UOC Medicina Interna Ospedale Civile Veneziale di Isernia

Domenico montemurro Responsabile Nazionale Anaao Giovani

Per ogni ambito valutato (economico, sanitario, politico e per l’istruzione) sono stati posti dei range di valutazione della differenza di genere: questo ha quindi permesso di redigere una classifica a livello mondiale con l’obiettivo di creare una maggiore consapevolezza del problema e di permettere un efficace confronto tra nazioni sulle disuguaglianze di genere. Nell’ultimo rapporto l’Italia si è classificata al 71° posto su 136 paesi. Analizzando i risultati per i quattro indicatori, il nostro Paese è al 65° posto per quanto riguarda la scuola, 72° per la salute, 44° per l’accesso al potere politico e il 97° per la partecipazione alla vita economica. Le disparità di genere in sanità è oggetto di grande interesse anche in ambito sociologico. La ricerca medica e le sperimentazioni cliniche sono da sempre state condotte su soggetti o animali di sesso maschile, determinando una mancata conoscenza delle differenze o addirittura un pregiudizio di sesso-genere. Le donne sono afflitte da quasi tutte le malattie croniche e generalmente assumono più farmaci rispetto agli uomini, ma con una maggior tendenza agli affetti avversi e alle interazioni farmacologiche negative. Le donne vivono di più rispetto agli uomini ma qualitativamente peggio. Considerato quindi che donne e uomini hanno differenti profili per quanto riguarda esordio, decorso e trattamento della maggior parte delle malattie, la comunità scientifica dovrebbe incoraggiare la ricerca correlata al sesso-genere. Le disparità tra i sessi in ambito sanitario è presente anche dal punto di vista strettamente lavorativo. In ambito accademico gli articoli scientifici continuano ad essere scritti da uomini e le donne rappresentano meno del 30% dei revisori. Tutto ciò però contrasta con l’attuale tendenza nel nostro paese e in tutto il mondo occidentale che vede il costante aumento del numero di donne medico. Nella fascia di età tra 25 e 29 anni, il

70% dei medici sono donne, nella fascia di età tra i 30 ei 34 anni le donne medico sono il 51,9%, mentre nella fascia di età compresa tra i 60-69 anni le donne sono il 14%. Attualmente le donne medico rappresentano il 32% di tutti i medici italiani, ma tra 10-15 anni la maggior parte dei medici sarà donna. Nonostante ciò, la percentuale di donne ai vertici della carriera è piuttosto basso: solo il 16% è consigliere dell’Ordine dei Medici e dei Dentisti e solo l’8% è Docente Universitario presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia. L’impegno per la carriera coinvolge però anche le scelte della vita privata: il 30% delle donne medico ai vertici della carriera è single (contrariamente al 10% degli uomini) e non ha figli (contrariamente al 13% degli uomini). In tutti gli ambiti della storia, tra le tante immagini e i diversi ruoli legati alla donna, la vocazione del “prendersi cura” è una delle visioni più comuni. Questa propensione raggiunge la più alta realizzazione nel ruolo materno: le donne tendono a dedicare meno tempo al lavoro essendo impegnate nella cura delle famiglie. In particolare alcune donne se pur qualificate rinunciano ad un ruolo di leadership proprio per non togliere tempo alla famiglia. Il fattore più importante per la competitività di una nazione è il talento umano. Le donne costituiscono la metà del talento potenziale. Pertanto un governo deve sostenere le politiche sociali ed economiche per consentire ai migliori talenti siano essi uomini o donne di svilupparsi. Aumentare la presenza del numero di donne al lavoro è importante, ma non basta. Sono necessarie nuove politiche di riconciliazione sociale da cui trarrebbero beneficio tutti, anche gli uomini. Diversamente le donne tenderanno a rimanere sempre ai livelli inferiori o peggio ancora, dovranno fare la penosa scelta tra carriera e famiglia. Sicuramente se venissero attuate delle politiche sociali adeguate la donna avrebbe la possibilità di un’equa ripartizione del tempo tra la carriera e la famiglia. Soprattutto non dobbiamo mai dimenticare che il mondo è fatto da uomini e donne che meritano le medesime opportunità! 1) Atti del congresso “Le donne medico e la medicina di genere” Firenze 6 Giugno 2014 (pubblicato su La Professione, Fnomceo). 2) Representation of women as authors, Reviewers, Editors in Chief and Editorial Board Members at 6 General Medical Journal in 2010 and 2011. Jama 2014 3) Hawkes S. Gender and global health: evidence, policy and inconvenient truths. Lancet 2013 4) Annandale E. Health, illness and the politics of gender. Oxford: Black well Science 1998

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Analisi di laboratorio

Il patologo clinico: un professionista essenziale per il Ssn È sempre più necessario trovare con urgenza la forza e la consapevolezza per cambiare modelli e per riportare gli assetti organizzativi e professionali verso la centralità del paziente, l’appropriatezza e la centralità del patologo clinico. Un professionista che deve essere sempre presente in ogni luogo dove si conclude e si valuta, anche interattivamente con il clinico, un procedimento diagnostico

alberto SPanò Responsabile nazionale Dirigenza Sanitaria

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Pare ormai consolidato che non vi siano dubbi circa il ruolo fondamentale e insostituibile delle analisi di laboratorio nella moderna medicina per la diagnosi della maggior parte delle patologie, e sul ruolo insostituibile in medicina di urgenza. Sono stati scritti su questi concetti una lunghissima serie di documenti, sia scientifici che programmatori, ma, dopo tanti anni di dissertazioni sul ruolo professionale dei dirigenti medici e sanitari che di tali attività sono responsabili, non si è ancora capito quale deve essere il definitivo modello di riferimento della funzione professionale nel laboratorio clinico. D’altro canto la legislazione vigente in materia professionale assegna agli attuali dirigenti del laboratorio clinico un ruolo non vicariabile da altre figure. Purtroppo intorno al laboratorio clinico, negli ultimi quaranta anni, grazie all’incessante incremento delle tecno-

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logie e dei sistemi disponibili, si sono stratificati una serie di grandi interessi, soprattutto economici, e il disordine gestionale del sistema sanitario si è caratterizzato, in particolare nell’area della medicina di laboratorio, per il prevalere di un vero e proprio “mondo” di affari più o meno leciti, che hanno indotto, soprattutto coloro che gestivano i laboratori, ma non solo, a ricercare non tanto modelli che enfatizzassero la figura del patologo clinico o del microbiologo clinico, quanto modelli coerenti con scalate gestional-politiche ed obiettivi economici quasi del tutto estranei al miglioramento della funzione professionale. All’ombra dei gestori ovviamente si sono sviluppate una serie di attività disseminate di laboratorio, anche ad alto costo, scisse dall’unitarietà assistenziale e clinica della funzione, del tutto autoreferenti, spesso collocate in piccole strutture, con duplicazioni di settori di laboratorio talvolta a po-

ca distanza da altri, ovvero con casistiche quantitativamente insufficienti ad assicurare la soglia di qualità analitica. Il Laboratorio clinico, in altre parole dalla centralità del paziente e dei suoi bisogni, è passato spesso alla centralità del laboratorista e delle sue personali esigenze. Da qui una vera e propria esplosione di sistemi macchina reagenti, per lo più sproporzionati rispetto a qualità e carichi di lavoro, un approccio sempre più tecnico e meno clinico, un montante e inarrestabile sistema di sprechi più funzionale a ritorni del tutto personali che alla qualità delle prestazioni erogate. Ciò evidentemente non ha ridotto la qualità e il valore delle nuove diagnostiche introdotte nel laboratorio, ma ha impedito che l’utilizzo dell’innovazione scientifica e tecnologica fosse utilizzato per far crescere la professione al servizio del paziente. Il risultato è stato, sul versante dei professionisti, la ricerca della situazione di maggior potere e ritorno, anche economico, per lo più per il primario di laboratorio, e sul versante degli enti sanitari l’esplosione incontrollata della spesa. Le conseguenze sui due versanti sono state le seguenti: sul primo la ricerca di modelli ipertecnologici, supportati da una informatizzazione coerente con la distorta visione dell’iperproduzione di esami, in grosnumero 1 - 2016


anaao dirigenza sanitaria

sa quantità inappropriati, con il risultato di svuotare la figura professionale del patologo clinico, medico, biologo o chimico che fosse, sul secondo la necessità, diffusasi progressivamente in molti Paesi ed anche in Italia, sia pure diversamente nelle regioni, di trovare anche ex lege modelli che riducessero l’enormità della spesa, caratteristica prevalente di un sistema dove l’inappropriatezza regnava indisturbata. Da questo sono nati i diversi modelli di consolidamento dei laboratori e le concentrazioni selvagge, in strutture capaci di produrre anche decine di milioni di esami, vere e proprie “industrie”, difficilmente riconducibili a modelli di assistenza centrati sul paziente e sui suoi reali bisogni. È così nata, con la benedizione dei primari di allora, la “validazione” tecnica sui sistemi, concetto riconducibile alle logiche dei sistemi manifatturieri, che ha sostituito progressivamente in molte realtà, la firma del professionista sugli esiti della ricerca diagnostica, ovvero la refertazione, momento centrale della procedura analitica, connesso in modo significativo e sostanzialmente inscindibile con lo stato clinico del paziente. Da questi aberranti presupposti, figli, come abbiamo sia pur sinteticamente visto, di aspetti che nulla avevano a che fare con la medicina sul paziente, sono numero 1 - 2016

nati gli ulteriori modelli che hanno nelle Regioni accompagnato i consolidamenti, ovvero le reti Hub e Spoke dove, nei laboratori spoke, anche in ospedali per acuti sede di pronto soccorso, gli esami vengono talvolta processati sulle macchine e soggetti alla sola validazione tecnica, prima del relativo utilizzo nella clinica. L’attenuazione dell’errore intrinseco del sistema è costituito dalla cosiddetta validazione a distanza del dirigente patologo clinico, che, per lo più con sistemi informatici automatizzati, valida decine di migliaia di esami in pochi minuti, per diverse strutture ospedaliere, nella totale assenza di rapporto, anche potenziale, con il singolo curante della singola struttura e reparto. Questo modello, che azzera la valenza professionale del patologo clinico e che riduce enormemente gli organici, riduce drasticamente il valore della medicina di laboratorio nella diagnosi e nel supporto alla terapia, abbassando fortemente i livelli di qualità dell’assistenza. Cosa ancor più grave numerosi tentativi sono in corso per estendere questo modello ad altre discipline come ad esempio la diagnostica per immagini, la medicina trasfusionale, etc., prevedendo addirittura assetti di validazione dal domicilio del dirigente preposto.

Come pare evidente siamo di fronte ad una situazione di vero e proprio degrado del servizio reso, in condizioni di colpevole silenzio anche del mondo professionale e sindacale, dove è necessario trovare con urgenza la forza e la consapevolezza per cambiare modelli e per riportare gli assetti organizzativi e professionali verso la centralità del paziente, l’appropriatezza, e la centralità del professionista patologo clinico. In ogni luogo dove si conclude e si valuta, anche interattivamente con il clinico, un procedimento diagnostico, deve essere sempre presente il dirigente professionista patologo e i modelli vanno riletti e riportati a tali inderogabili presupposti.

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Anaao Web tv

Un viaggio iniziato un anno fa Trentatrè video, 140 minuti di trasmissione, migliaia di visualizzazioni. Questi i numeri di Anaao WEB TV che segnano un bilancio più che positivo e che premiano l’avventura targata Anaao iniziata su youtube quasi un anno fa. In questi mesi vi abbiamo raccontato con entusiasmo che anno è stato il 2015 attraverso le notizie, le denunce, le testimonianze dei medici e dei dirigenti sanitari.

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Il palinsensto di Anaao Web TV, è stato costruito con video incentrati sui temi chiave per l’Associazione. Pochi minuti per fermare l’attenzione e la riflessione sugli aspetti più attuali dell’attività sindacale e professionale, per aggiornare e informare non solo gli iscritti, ma tutti coloro che popolano a qualsiasi titolo il pianeta sanità. Partiti con la presentazione del Segretario Nazionale e con la storia dei quasi 60 anni di Anaao, abbiamo proseguito toccando temi anche controversi: dal comma della discordia, il 566, alla responsabilità professionale, dalle nuove norme europee sull’orario di lavoro, al disagio della categoria per i continui tagli alla sanità, dalla manifestazione di protesta del 28 novembre allo sciopero del 16 dicembre, solo per citarne alcuni. Interessante poi il viaggio nei pronto soccorso da Nord a Sud del Paese: i grandi ospedali di Torino, Roma, Napoli hanno fatto da sfondo allo specia-

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le con interviste a medici e pazienti che hanno denunciato lo stato di crisi e di caos che regna nel posto più affollato degli ospedali italiani. Il focus sulla Sanità al Sud è stato ben rappresentato dalle interviste ai segretari regionali che hanno messo in evidenza le numerose criticità dei sistemi sanitari regionali che fanno fatica a garantire in alcune aree del Paese servizi adeguati e di come le conseguenze ricadano anche sull’organizzazione del lavoro degli operatori. Nel viaggio con Anaao Web TV abbiamo scoperto alcune cose su di voi che ci seguite: ad esempio l’alto interesse per i consigli e i suggerimenti su come affrontare le insidie della professione e far valere i propri diritti. Alta l’audience per i video in materia di pensioni, maternità e paternità, fondi aziendali, sulle polizze vantaggiose proposte dall’Associazione. E l’attenzione alle testimonianze di vi-

ta vissuta grazie all’esperienza di chi vive ogni giorno i disagi degli ospedali. Anche i settori dell’Anaao hanno avuto i loro momenti di gloria. Molte visualizzazioni per la presentazione del settore Dirigenza Sanitaria da parte del responsabile nazionale e altrettante per i video di Anaao Giovani che hanno proposto alcuni temi cari agli under 40 raccolti nel video dedicato alla II conferenza nazionale del Settore; dalla formazione, alla pensione passando per l’organizzazione del lavoro, la libera professione e la struttura della retribuzione. Molto interessanti e cliccati anche i risultati della survey sul burnout: numeri alla mano il responsabile nazionale del settore traccia la parabola della professione in tempo di crisi tra disagio umano e professionale. E poi ancora il rapporto con gli ordini dei medici e con le società scientifiche, l’impegno dei giovani in Europa. Anaao Web Tv è insomma un altro obiettivo raggiunto, un’altra scommessa vinta: abbiamo raggiunto lo scopo di avvicinare e appassionare i nostri interlocutori. E per il 2016? Continueremo a raccontare le nostre storie, le nostre sfide, i nostri impegni. E contiamo di avervi sempre al nostro fianco.

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d! La valutazione e lo sviluppo del servizio sanitario è determinato dalle sole prestazioni a rischio di inappropriatezza? (Parte seconda) La parte prima è pubblicata su Dirigenza Medica n. 10/2015

GiuSePPe imbalzano Medico

Il ticket Esenzione del ticket- i costi diretti (visite – certificazioni – autorizzazioni – esazione – controlli - verifiche fiscali, etc) delle Aziende ammontano a cifre che superano abbondantemente il 30- 40% del valore delle prestazioni che vengono introitate e hanno una valutazione di costo per il Ssn oltre 6-700 milioni di euro all’anno. Il ticket, oltre ad essere una forte barriera socio economica, è uno strumento con molte contraddizioni funzionali che contrasta con gli obiettivi di salute a cui tende il nostro sistema sanitario. A questi costi sono da sommare le spese e i gravi disagi dei cittadini che sono molto più elevati e significativi oltre a determinare una grave fonte di iniquità, che per alcuni cittadini risulta insormontabile. Questo argomento sarà oggetto di un successivo contributo con una proposta di alternative attuabili che azzera i costi di esazione, garantisce un flusso economicamente adeguato e costante e non determina disagio per i cittadini. Una riorganizzazione generale? Un grande laboratorio, un grande revisione dei contenuti, delle procedure e una grande revisione dei risultati sanitari è auspicabile per rinnovare modalità di offerta e dei servizi. Un recupero delle professioni e delle persone che operano nei nostri servizi è essenziale per i risultati che abbiamo e per quelli attesi. Lean? Leggero? Corto? Funzionale? Toyota system? Non è questione di formule, ma di interventi che abbiano unicamente l’obiettivo dei risultati, non formali, ma sostanziali. Serve ancora far fare le code per l’accettazione dei ricoveri ospedalieri? Non basterebbe inserire i dati dei pazienti nel sistema informatico del reparto e stampare lì etichette e schede di ricovero? Serve una nuova stampante? Quante procedure pedibus calcantibus per i cittadini che migrano dentro gli ospedali sono inutili? Sportelli monofunzionali? Vuoti o pieni, devono avere effettivamente una utilità assoluta per restare tali. Una revisione sostanziale delle attività non sanitarie, dalla scelta e revoca del medico che la mera consegna di documentazione o le richieste che possono essere eseguite per via telematica da parte del cittadino, sia che possano essere delegate o riviste nella loro esplicitazione operativa o che possano essere effettivamente eliminate senza sostituzione sono un ulteriore elemento da approfondire e modificare. Non entro nella possibile revisione delle organizzazioni in-

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terne, spesso burocratiche, delle aziende stesse. Personale che potrebbe essere utilizzato anche in attività sanitarie se il sistema fosse coordinato in sistemi multi aziendali o con una informatizzazione di alto profilo. Chiudere reparti non riduce i costi in modo significativo mentre riconvertire le strutture intere orientandole alle funzioni diagnostiche, di monitoraggio e di supporto favorisce risultati di tempestività e di qualità di risposta ai cittadini in termini di benefici temporali e di costi unitari e generali. Scelte che possono apparire contrastanti rispetto alle linee sviluppate in questi anni potrebbero, invece, diventare elemento di qualità. In questo contesto favorire accessi diretti a prestazioni specialistiche selezionate, senza prenotazione e con una organizzazione corretta, potrebbe risolvere il problema dei tempi di attesa o delle prestazioni inappropriate nei vari settori individuati. Un banale esempio è un ambulatorio pediatrico ospedaliero senza prenotazione con fasce orarie definite. Da esperienze effettive, ha eliminato accessi impropri al Ps proprio per la natura stessa della domanda specifica. Ma molti altri ambulatori specialistici possono essere d’esempio del sistema. Questa scelta necessita di una organizzazione locale adeguata. Il numero delle prestazioni, in tempi lunghi, non varia e si tratta, nei fatti, di anticipare una spesa (e la relativa produzione). Ma certamente elemento fondamentale di un modello innovativo è la revisione strutturale delle modalità di accesso e dei processi di cura per il cittadino. Il modello è descritto nel libro Proposte per la sanità del futuro. Il primo approccio viene effettuato con la medicina e la pediatria di famiglia secondo un modello di totale responsabilità e funzionale al risultato (la Sssi) con una selezione più stringente delle attività specialistiche e cliniche successive.. La suddivisione delle attività ospedaliere è operativa su due livelli di assistenza. Questo modello, oltre a definire in modo chiaro i livelli di assistenza e la tipologia di pazienti assistiti, riduce gli sprechi nell’utilizzo delle risorse umane e strumentali per le attività di garanzia e sicurezza. Avere 10 ospedali (heavy - per acuti) che garantiscono a pieno regime i servizi H24 anziché 20 che non li garantiscono, consente una sicurezza di risposta efficace e riduce in modo drastico tutti gli elementi della “medicina difensiva” poiché la presenza continua del personale necessario garantisce la continuità di cura e la tempestività degli interventi. Un ospedale (light - di prossimità) che non ha pazienti acuti o chirurgici nei propri reparti può operare in tutta sicurezza con livelli di assistenza interna meno elevati, comunque adeguati ed economicamente efficienti. E se alla dimissione venisse chiesto al paziente se desidera copia della cartella clinica, o che venga compilata la domanda per l’invalidità civile o per la richiesta di presidi ed ausili, o altro, certamente il sistema apparirebbe più “friendly” e meno burocratico, e più sensibile ai bisogni di una persona in stato di necessità e della sua famiglia. Non si lamenterebbe nessuno e potremmo chiudere qualche (inutile) sportello al pubblico. Credo che molto altro si possa dire, e fare, ma questo è solo un contributo che cerca di dare qualche stimolo per una revisione ragionata e funzionale al risultato dell’equilibrio economico non inficiando il sistema e l’erogazione delle prestazioni sanitarie, garantendo servizi di qualità al cittadino e alla comunità. Qui non sono stati affrontati molti altri problemi che inved!rigenza medica

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La valutazione e lo sviluppo del servizio sanitario

ce possono avere giuste modalità di risposta e di sviluppo in un sistema sempre più efficace in un impianto di elevata efficienza e costo relativo moderato. Ma ulteriori possibili so-

Euro Health Consumer Index 2014: la sanità italiana permane nella mediocrità, mentre regna la paralisi (Bruxelles, 27 gennaio 2015) Con 648 punti su mille, l’Italia si colloca al 21° posto dell’Euro Health Consumer Index (Ehci), cedendo una posizione rispetto al 2013. Posizionata fra la Slovacchia e l’Irlanda, l’Italia è uno dei pochi paesi europei a non avere migliorato il suo punteggio in base all’indice. L’8° edizione dell’Ehci è stata presentata oggi a Bruxelles, alla presenza del Commissario europeo per la salute Vytenis Andriukaitis. Restano in vetta i Paesi Bassi, con un punteggio di 898 su 1000, seguiti da Svizzera, Norvegia, Finlandia e Danimarca. Lo studio ha compreso 36 Paesi, più la Scozia. “Nonostante molti paesi registrino un lieve calo della spesa sanitaria, le prestazioni complessive nell’ambito della sanità continuano a migliorare”, ha spiegato il dottor Arne Björnberg, presidente dell’Hcp e direttore della ricerca. Nel 2006, il primo indice assegnava un punteggio superiore a 800 a un solo paese, mentre nel 2014 la stessa soglia è stata superata da ben nove sistemi sanitari, tutti caratterizzati da ottime prestazioni. Nel complesso, invece, la performance del sistema sanitario italiano con-

luzioni sono certamente proponibili e già sperimentate. Concludo con il commento dell’Euro Health Consumer Index (Ehci) sull’Italia per il 2014. n

tinua a scivolare verso il basso, proseguendo nel suo malaugurato cammino in discesa iniziato fin dai primi rilevamenti dell’Ehci. La sanità pubblica rientra fra i tanti e importanti sistemi del Paese che hanno disperatamente bisogno di riforme, ma nel clima di paralisi in politica imperante non vengono attuate misure in grado di porre rimedio alla scarsità di questi risultati. L’attuale regionalizzazione della sanità pubblica minaccia di allargare il divario fra nord e sud, rendendo talvolta difficile stabilire la media italiana. L’indagine relativa alle associazioni dei pazienti rileva un notevole miglioramento, in base al quale il Paese sembra avere ridotto significativamente il problema dei pagamenti in nero, guadagnando all’Italia un semaforo verde. Un buon risultato! Raccomandazioni per il miglioramento del sistema italiano “Attendersi grandi riforme, che appaiono estremamente incerte, significherebbe prendersi in giro”, afferma il dottor Björnberg. “Sembra più probabile attuare misure specifiche, come una forte svolta nella prevenzione antifumo, dato che quest’ultimo è una delle cause degli scarsi risultati dei trattamenti. L’eccessivo consumo di antibiotici va a braccetto con l’elevato livello di gravi infezioni ospedaliere: si tratta di una correlazione pericolosa, che andrebbe affrontata”. La parità del sistema sanitario sembra anch’essa essere a rischio, in una situa-

zione fortemente accelerata dall’abissale mancanza di preparazione per l’assistenza a lungo termine della popolazione in invecchiamento. Sotto questo punto di vista, infatti, l’Italia si colloca allo stesso posto di Romania e Grecia, ma ancora una volta non sembra esservi alcuna volontà politica di attuare azioni risolutive. Cos’è l’Hcp L’Ehci è diventato uno “standard di settore” nel monitoraggio dei sistemi sanitari contemporanei, fin dai suoi albori, nel 2005. L’indice viene redatto combinando i risultati di statistiche pubbliche, sondaggi tra i pazienti e ricerche indipendenti condotte dal suo fondatore, il think tank svedese Health Consumer Powerhouse, una società privata svedese specializzata nella misurazione delle performance della sanità in Europa e in Canada, allo scopo di sostenere l’empowerment di pazienti e consumatori. L’Ehci è ormai diventato un riferimento imprescindibile, proprio nel momento in cui la Commissione europea intende intraprendere sistematicamente una valutazione dei sistemi sanitari dei suoi stati membri. L’indice 2014 è stato finanziato da stanziamenti non soggetti a restrizioni di Medicover SA, organizzazione belga, e dalla fondazione belga New Direction Foundation. I materiali relativi all’Ehci sono pubblicati sul sito web dell’Hcp: www.healthpowerhouse.com. Sono disponibili gratuitamente e chiunque può citarli facendo riferimento alla fonte. Per domande e informazioni: Arne Björnberg: +46 705848451; arne.bjornberg@healthpowerhouse.com Johan Hjertqvist: +46 707521899; johan.hjertqvist@healthpowerhouse.com “Sappiamo che oggi l’Euro Health Consumer Index (Ehci) è la misurazione pubblica dello stato dei sistemi sanitari nazionali più importante (...). Abbiamo da poco appreso che la Commissione europea, dopo aver valutato diversi benchmark, ha ritenuto l’Ehci lo strumento di confronto più preciso e affidabile”. Dott. Vytenis Andriukaitis, Ministro della Sanità lituano, 2013 (da novembre 2014 Commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare). © Hpc Ltd. 2015

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Sulla reperibilità il Governo ha ignorato o omesso le disposizioni della Comunità europea? (Parte seconda) La parte prima è pubblicata su Dirigenza Medica n. 10/2015

Abs. Le ore di reperibilità non possono essere considerate periodo di riposo (Conclusioni A.G. causa C393/98) di conseguenza le eventuali chiamate non possono sospendere il riposo in un periodo che, per definizione della Corte di Giustizia, non è di riposo: necessità di un impianto derogatorio condiviso che tenga conto della tipologia di attività e della frequenza delle chiamate stesse

Come abbiamo già avuto modo di sottolineare la pregressa normativa di riferimento citata dalla Corte Costituzionale nel caso specifico dovrebbe essere disapplicata perché contrastante con le indicazioni della Direttiva comunitaria. A maggior ragione l’estensore dell’interpello 13/2008 ha omesso (dimenticanza, errore o dolo?) la risposta che la Comunità aveva già espresso nelle conclusioni dell’Avvocato Generale sempre nella sentenza Simap: 38 “In effetti, la circostanza che il lavoratore reperibile non possa comunque avere la disponibilità totale e assoluta del proprio tempo rende infondata una interpretazione delle norme in esame che conduca a includere i periodi di reperibilità nell’orario di riposo. E ancora: “Sono dunque del parere di considerare che le ore di reperibilità in cui il lavoratore non esercita alcuna attività non rientrino nell'orario di riposo, con la conseguenza che i lavoratori che sono in regime di reperibilità, come i componenti di una équipe di guardia medica, hanno comunque titolo, al termine di questo periodo, alle ore di riposo minimo” Quindi le deroghe riduttive e non rispettose dell’art. 17 della Direttiva sono nulle, come ha ben fatto rilevare la Commissione europea al governo italiano, questa nullità dovrebbe altresì comprendere anche quella relative all’identificazione dei periodi di reperibilità con quelli del lavoro frazionato (art. 41 comma 4, L133/2008) ed a maggior ragione perché non prevedono quei periodi compensatori immediatamente successivi ben identificati nella Direttiva 2003/88 Ce. Conclusioni L’evidente paradosso è che un medico potrebbe lecitamente, secondo quanto viene suggerito da alcune amministrazioni, effettuare un’attività di 12 ore diurne e successivamente essere attivamente reperibile la notte e rientrare in servizio il mattino successivo con il palese risultato di aggirare di fatto le indicazioni della Direttiva sull’Orario di Lanumero 1 - 2016

SerGio coStantino Anaao Assomed Fondazione Ca’ Granda Policlinico di Milano IRCCS

voro. Un tentativo di mediazione deve essere ponderato e previsto dalla normativa nazionale attraverso una contrattazione tra le parti e non essere un’invenzione arlecchinata come quella del riposo minimo definito a livello regionale dopo l’ultimo (sic) contratto di lavoro. In queste si rendeva purtroppo manifesta una variabilità estrema a seconda della Regione di appartenenza quasi vi fossero 20 differenti stati e Ssn e venti tipologie di medici per i quali si possono adottare differenti politiche di tutela della salute in palese spregio delle indicazioni unitarie della Comunità “qualsiasi cittadino europeo in qualsiasi paese membro della Comunità ha diritto all’applicazione delle norme della Comunità stessa”. Credo quindi sarebbe ragionevole valutare gli indici di chiamata e se veramente scarsi definirli evento eccezionale, mantenendo il dato di reperibilità “improbabile” prevedendo però un riposo compensativo immediatamente successivo in caso di intervento (ad esempio l’ingresso in turno con il pomeriggio od addirittura con la notte) Se invece la probabilità di chiamata fosse molto alta e per tempi prolungati andrebbe riconsiderata la possibilità di trasformare la reperibilità in guardia attiva. Occorrerà dunque stabilire negozialmente dei criteri che consentano il regolare funzionamento delle attività ospedaliere ma che allo stesso tempo siano rispettosi della salute dei lavoratori stessi “ a breve e a lungo termine”. Non deve essere dimenticato infatti che la Direttiva è nata non per assicurare flessibilità unidirezionale, come vorrebbe qualche solone “in trentaduesimo” (per la prosecuzione della frase vi rinvio a C. E. Gadda) ma per tutelare la salute dei lavoratori, e dei pazienti nel caso dei medici, anteponendola specificamente ad eventuali interessi economici del datore di lavoro a maggior ragione se pubblico che tra l’altro non può utilizzare capziosamente le Direttive per acquisire un vantaggio nei confronti dei propri dipendenti né tanto meno il lavoratore può essere sottoposto a vincoli che deriverebbero dall’applicazione “peggiorad!rigenza medica

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Sulla reperibilità

tiva” di norme nazionali imputandone il “regresso” alla Comunità (Nda: obbligo di non regresso). L’ipotesi di frazionare il riposo dicendo che il conteggio del riposo riprende dopo aver stimbrato è ancora più balzana, oltre che “non fondata” per le parole dell’Avvocato Generale della Corte di Giustizia nella causa Simap, e quando venga detta da un non medico passi, di corbellerie ne abbiamo sentite a bizzeffe in questi anni, ma quando a sostenere simile idea sia un medico vuol dire che: a) ha completamente dimenticato i bioritmi fisiologici e l’azione dei vari ormoni che vengono devastati dalle alterazioni del ritmo sonno veglia (cfr. l’articolo su Sole24Ore Sanità a firma di C. Palermo e del sottoscritto) con perdita della fase di sonno Rem fondamentale per il riposo; di solito non è soggetto a “reale” reperibib) lità. Come far coincidere poi il concetto di “continuative” con un riposo spezzatino è tutto da verificare; a senso logico non possono coincidere, anche perché per le indicazioni della Corte di Giustizia la reperibilità non deve essere considerata un periodo di riposo. Ovviamente in questo caso le necessità e indicazioni dei Direttori di Unità operativa si potrebbero porre in contrasto, e ne abbiamo già esempi, con le legittime richieste dei cd professionals. Come valutare poi le ore totali di impegno? Sono solo quelle “timbrate”? La Comunità ci viene un’altra volta in soccorso per analogia infatti secondo la sentenza C266/14 il periodo di tempo nel quale si raggiunge il luogo ove dovrà svolgere la prestazione lavorativa su chiamata è esso stesso orario di lavoro; quindi applicando questa interpretazione, riferita in verità ad altro settore del lavoro, anche il tempo di percorrenza casa/ospedale ed ospedale/casa (temporizzato abitualmente in 30+30 minuti), così come il tempo necessario a raggiungere altra sede della stessa Azienda Ospedaliera ove svolgere parte del proprio lavoro, dovrebbe essere considerato orario di lavoro. Infatti, ad esclusione del telelavoro (es, refertazione esami radiologici al domicilio di notte) il tragitto per raggiungere l’ospedale si rende necessario ed obbligatorio per sostanziare l’intervento richiesto ed è soggetto a limitazioni di tempo (i famosi 30 minuti). Appare chiaro che la cancellazione di fatto del riposo continuativo di “almeno 11 ore” nelle 24 dal momento di inizio dell’attività è sicuramente contraria alla definizione di riposo adeguato. “Il fatto che i lavoratori dispongano di periodi di riposo regolari, la cui durata è espressa in unità di tempo, e sufficientemente lunghi e continui per evitare che essi, a causa della stanchezza, della fatica o di altri fattori che perturbano la organizzazione del lavoro, causino lesioni a se stessi, ad altri lavoratori o a terzi o danneggino la loro salute a breve o a lungo termine” (art. 1 comma 2, j). E i terzi nel nostro lavoro sono i pazienti non piatti, bulloni o tazzine difettosi. A chi ipotizzi catastroficamente disastri economici applicando la Direttiva ricordiamo la premessa della Direttiva 2003/88 Ce stessa: “Il miglioramento della sicurezza, dell'igiene e della salute dei lavoratori durante il lavoro rap14

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presenta un obiettivo che non può dipendere da considerazioni di carattere puramente economico”. Chi deve vigilare su tutto ciò? In Italia la Corte Costituzionale, in sintonia con la Corte di Giustizia europea, è stata, infatti, molto chiara sul punto: tutte le autorità nazionali, e perciò non solo i giudici in sede contenziosa, ma anche tutte le amministrazioni centrali, regionali e locali, sono tenute ad assicurare l’immediata applicazione delle norme comunitarie dotate di effetto diretto (C103/88 Fratelli Costanzo). La Direttiva sull’Orario di Lavoro è stata più volte riconosciuta nelle sentenze della Corte di Giustizia come “direttamente applicabile” nei paesi membri della Comunità indipendentemente dal suo recepimento nel singolo Stato. Anzi, se non recepita, è applicabile a maggior ragione e senza deroghe. Quindi signori Direttori Generali attenti perché il profilo di responsabilità vi lascia con il cerino in mano ma attenti anche i sindacati perché un’evidente stortura negoziale accettata potrebbe porli in regime di sanzionabilità: “Il consenso espresso dalla parte sindacale nell’ambito di un contratto o di un accordo collettivo non equivale a quello dato dal lavoratore medesimo ai sensi dell’art. 18, n. 1, lett. b), sub i), primo trattino, della Direttiva 93/104 Ce” (punto 7 Sentenza Simap della Corte di Giustizia europea C 303/98) (Nda: per togliere dubbi interpretativi faccio presente che la Corte di Giustizia europea esercita il proprio operato seguendo le regole di diritto del Common Law anglosassone ovvero la sentenza diviene giurisprudenza. “Per Common Law si intende un sistema giuridico di diritto non codificato che si basa su un modello di ‘precedente giurisprudenziale’, attraverso il quale i giudizi vengono stabiliti sulla base di altre precedenti sentenze di casi tra loro molto simili, consolidandosi nel tempo”). Infatti, in tutte le sentenze successive a quelle Simap e Jaeger i principi di giudizio vengono citati e riutilizzati creando così un’uniformità spesso sconosciuta nel nostro paese, ove vige la Civil Law, tipica dei paesi che abbiano subito l’influenza del Diritto Romano, che in sostanza si riconduce all’interpretazione dei 4 Codici) Taking home message: • la deroga dell’articolo 41 della Legge 133/08 sulle reperibilità appare discutibile. Abolite le deroghe sul riposo giornaliero e sull’orario massimo settimanale non può permanere attiva, una norma irrispettosa del riposo minimo continuativo, come se niente fosse. Infatti, non tiene neppure conto dell’attività già prestata durante la giornata e non prevede un riposo supplementare, in caso di chiamata prolungata, immediatamente successivo • la reperibilità non è orario di lavoro ma non è neppure riposo quindi non si può sospendere un riposo che non è in essere • per non creare il caos va fatta una ricognizione di tutti i servizi in reperibilità per valutare quanti siano realmente in reperibilità e non guardie travestite, e trovare una via negoziale per mantenere le attività necessarie degli ospedali senza per questo violare il diritto alla salute dei medici e dei pazienti garantito in primis dall’art. 31 della Costituzione italiana e dalla Direttiva 2003/88 Ce della Comunità europea. n

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lettere al direttore

Gli ospedali del 2000 tra feudalesimo e medicina di precisione

Gentile Direttore, maria chriStina cox Membro del Centro Studi Anaao Assomed Lazio

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colgo l’occasione dell’acceso dibattito che ha scatenato tra noi medici il comma 566 sui rispettivi Ruoli e Competenze di medici e infermieri, per sollevare la questione dell’organizzazione del lavoro all’interno delle stesse equipe mediche che in Italia ha un grave ritardo con tipico gradiente Nord-Centro-Sud del paese. Gli enormi progressi della medicina moderna, comportano che in ogni disciplina medica e chirurgica, siano sempre più necessarie delle figure professionali -medici e altri professionisti - caratterizzate da una sempre più elevata specializzazione e specificità. Il direttore di unità operativa, da decenni non è più il massimo detentore del sapere e del saper fare, ma dovrebbe invece soprattutto avere - tra le altre doti - l’abilità di coordinare altri medici di pari dignità professionale ma con ruoli, responsabilità e competenze di ordine diverso. Nel lavoro di equipe, infatti, l’autonomia professionale dei singoli componenti - se ben coordinata dalle figure apicali - costituisce la principale fonte di efficienza del sistema. L’attuale contratto collettivo di lavoro, pur definendo in modo chiaro il ruolo unico della dirigenza sanitaria, la necessità e il diritto allo sviluppo professionale dei singoli medici, lascia altresì un’ampia zona grigia nel delineare le responsabilità assistenziali e i rapporti tra il direttore dell’unità operativa e i suoi collaboratori. Se la qualità delle figure apicali è elevata, queste promuovono collaboratori capaci e la crescita dell’intera equipe. Troppo spesso invece, complice l’ambiguità normativa e un’assuefazione molto Italiana a un modello burocratico ostile al merito e alle capacità professionali, vengono nominati responsabili non adatti al ruolo dirigenziale. Essi derogano eccessivamente dalle loro responsabilità organizzative (soprattutto di coordinamento e di valorizzazio-

ne) o di contro ingeriscono in modo improprio nelle competenze dei loro collaboratori. In alcuni casi –non pochi per chi conosce la realtà degli ospedalisembrano più interessati a imbrigliare i colleghi dirigenti, specie se capaci, ostacolandone l’autonomia e lo sviluppo professionale. Così, non solo l’ambiente di lavoro diventa “tossico” ma diminuisce inesorabilmente la qualità delle prestazioni erogate. Lo stesso modello arcaico si riproduce anche nella formazione dei medici specialisti. Negli altri paesi occidentali sono dipendenti a tempo determinato con autonomia e responsabilità crescenti, in Italia solo medici in formazione con ruolo e responsabilità indefinite. Lo scarso tirocinio pratico dei giovani chirurghi, in Italia rispetto ai colleghi europei, è un esempio lampante di come il saper-fare venga ancora gelosamente custodito da pochi. Questo ostacolo alla crescita professionale dei medici in Italia, affonda le sue origini in una cultura arcaica e in concreti interessi economici: nel centro-sud infatti i professionisti della sanità pubblica e privata per lo più coincidono. Purtroppo negli ultimi 15 anni l’aziendalizzazione degli ospedali pubblici è sconfinata in un estrema politicizzazione della sanità regionale che ha determinato la predominanza di un apparato burocratico-amministrativo spesso poco attento al suo core-business e quindi poco determinato a reclutare e tutelare la formazione del più elevato numero di professionisti con il più alto grado di capacità tecnico-professionali. A dispetto di altre classifiche più ottimistiche, per la Health Consumer Power House, società svedese accreditata da molti come la più autorevole fonte di dati sulla sanità europea (www.healthpowerhouse.com), il sistema sanitario italiano negli ultimi 10 anni non

ha fatto che perdere posizioni rispetto agli altri paesi europei in termine di qualità, efficienza, accessibilità e soddisfazione degli utenti. In base al complesso European Health Consumer Index (Ehci) nel 2014 l’Italia è solo al 22° posto su 36 paesi europei e al 28° in termini di rapporto Beneficio/Costo. Negli ultimi anni siamo stati superati da paesi come il Portogallo o la Slovenia che hanno dovuto affrontare una crisi economica non meno grave della nostra. Tornando al “piccolo problema” del ruolo del medico penso sia auspicabile che anche in Italia il medico specialista così come avviene in paesi più moderni, sia individuato chiaramente come “l’ultimo responsabile del percorso diagnostico-terapeutico del paziente a lui affidato”. Questo spingerebbe i medici ad una più forte collaborazione, e incentiverebbe “il Capo” a scegliere i professionisti più adatti a gestire specifiche esigenze del reparto, essendo in capo a lui non le singole scelte terapeutiche, ma la scelta e il coordinamento delle persone. Le capacità professionali non dovrebbero sottostare alle gerarchie organizzative ma solo a quella del sapere e del saper fare. Bisognerebbe incentivare le aziende sanitarie a favorire lo sviluppo delle professionalità ivi compresa l’autonomia della ricerca clinica, perché questo coincide con l’interesse dei pazienti e della sanità pubblica. Gli infermieri hanno avuto il grande merito, in questi ultimi anni, di essere molto più consapevoli di quanto lo siamo stati noi, di condividere identità professionale e interessi di categoria. Ma sono convinta che fino a quando non si farà chiarezza sull’autonomia e responsabilità del medico all’interno delle stesse equipe mediche, sarà difficile per noi medici sviluppare una costruttiva sinergia con le altre professioni sanitarie. d!rigenza medica

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tutela lavoro

Avv. Francesco Maria Mantovani consulente legale Anaao Assomed

Le graduatorie dei concorsi Sono sempre più frequenti situazioni di compresenza di più graduatorie, ponendosi il problema di scegliere da quale di queste ultime attingere per le assunzioni. Sul punto si è espressa la Corte di Cassazione. In generale, le graduatorie dei concorsi pubblici per il reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche rimangono vigenti per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione (v. art. 35, co. 5-ter, D.lgs. n. 165/2001). Durante tale periodo di efficacia, la graduatoria può essere utilizzata dall’amministrazione per eventuali coperture di posti per i quali il concorso è stato bandito e che, successivamente, dovessero rendersi disponibili. La legge, prevede inoltre, la possibilità per le amministrazioni sanitarie di attingere personale da una graduatoria vigente di altra azienda, purché vi sia un accordo su base regionale e tra le stesse amministrazioni. Per le amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni, e solo per queste, le graduatorie concorsuali approvate dopo il 30.09.2003 sono tuttora valide per effetto di una serie di proroghe stabilite dal legislatore nel corso degli anni (v. L. n. 102/2009, art. 17, co. 19; L. n. 25/2010, art. 2, co. 8; L. n. 10/2011, art. 1, co. 1; Dpcm 28 marzo 2011; L. n. 14/2012, art. 1, co. 1; L. n. 228/2012, art. 1, co. 388; Dpcm 19 giugno 2013, art. 1, co. 1 lettera c), e da ultimo sono state prorogate fino al 31 dicembre 2016 (v. art. 4, co. 4, della L. n. 125/2013).Tale allungamento del termine di validità delle graduatorie è principalmente finalizzato al contenimento della spesa. Al riguardo, nel nostro ordinamento si è ormai realizzata la sostanziale inversione del rapporto tra l’opzione per un nuovo concorso e la decisione di scorrimento della graduatoria preesistente ed efficace. Quest’ultima modalità di reclutamento rappresenta ormai la rego16

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d!rigenza medica

la generale, mentre l’indizione del nuovo concorso costituisce l’eccezione e richiede un’apposita e approfondita motivazione, che dia conto del sacrificio imposto ai concorrenti idonei e delle preminenti esigenze di interesse pubblico. In questo quadro, sono molto frequenti situazioni di compresenza di più graduatorie, ponendosi il problema di scegliere da quale di queste ultime attingere per le assunzioni. Una recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione (la n. 280 del 12.01.2016) è intervenuta sulla questione. Per la Corte, la compresenza di più graduatorie costituisce una “situazione patologica” che va “gestita in linea con […] la finalità di fare uso della procedura a scorrimento in modo da evitare – o comunque ridurre – l’evenienza della scadenza delle graduatorie”. Sempre secondo la Corte, il criterio che maggiormente tutela “il legittimo affidamento degli idonei inseriti in graduatorie” è utilizzare per le assunzioni la graduatoria formata in data anteriore. Trova applicazione quindi un criterio “cronologico”, il quale può essere derogato dalle Amministrazioni solo a fronte di particolari “circostanze di fatto o ragioni di interesse pubblico prevalenti”. Per la giurisprudenza amministrativa tali circostanze particolari devono essere esplicitate mediante analitica motivazione, tenuto conto che l’obbligo di motivare i provvedimenti, introdotto in via generale dalla L. 241/1990, deve essere rigorosamente ottemperato proprio nei casi in cui l’Amministrazione ha dinanzi a sé una pluralità di opzioni, e quando vengono in rilievo l’aspettativa

all’assunzione, giuridicamente riconosciuta e protetta dall’ordinamento, di chi è inserito nelle graduatorie (Cons. Stato, Sez. V, 28.09.2007 n. 4974; Cons. Stato, Sez. III, 26.03.2013 n. 1692; Tar Lazio, Sez. I bis, 13.03.2014 n. 2801; Tar Lazio, Sez. III, 19.10.2015 n. 11888). Il principio della priorità della graduatoria più risalente nel tempo va coordinata con la regola della priorità dell’espletamento delle procedure di mobilità rispetto all’indizione di nuovi concorsi. Nello specifico, l’art. 30, comma 2 bis, D.lgs. 165/2001 impone alle Amministrazioni, compresi gli Enti locali, che devono coprire eventuali posti vacanti del proprio organico, di avviare le procedure di mobilità prima di procedere all’espletamento delle procedure concorsuali. Peraltro, anche quest’ultima regola può essere derogata dall’Amministrazione, che può optare per l’indizione di un nuovo concorso, sempre assolvendo l’obbligo di indicare le specifiche ragioni di interesse pubblico, che rendono necessaria tale scelta rispetto allo scorrimento delle graduatorie preesistenti (Cass., Sez. lav., 13.06.2008 n. 16035). La priorità della mobilità non esiste, invece, nel caso in cui la graduatoria concorsuale sia già esistente. In questa ipotesi, infatti, la mobilità esterna non comporta alcun risparmio di spesa pubblica (Consiglio di Stato, Sez. V, 31.07.2012 n. 4329). Dunque, l’Amministrazione può scegliere liberamente se attingere alla graduatoria, ovvero ricorrere alla mobilità di personale esterno, fermo restando l’obbligo di fornire una congrua motivazione in merito alla scelta effettuata. numero 1 - 2016


d!rigenza medica 3 La Cosmed si rinnova Giorgio Cavallero è il nuovo segretario 12 Pronto Soccorso Il fenomeno degli “appoggi”: un rischio per medici e pazienti 14 Tutela lavoro I permessi mensili della legge 104

UN ANNO VISTO DA DIRIGENZA MEDICA

Il mensile dell’Anaao Assomed

Uno studio Anaao Assomed

Una sanità efficiente e competitiva. MIRAGGIO PER IL FUTURO O OPPORTUNITÀ PER IL PRESENTE?

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Numero 4 - 2015

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Criticità

Presentato il “libro bianco” sul San Camillo Forlanini di Roma 12 Giovani e intramoenia

L’esperienza dell’Aorn al “A. Cardarelli” di Napoli 14 Tutela lavoro

Conversione a tempo indeterminato dei contratti a termine Il mensile dell’Anaao Assomed

Intervista al ministro Lorenzin

Dal 2016 più soldi per la sanità e il personale

Il commento di Costantino Troise

Bene, ma siamo stanchi di parole e promesse

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Il mensile dell’Anaao Assomed

La Fnomceo indice gli “Stati generali della Professione medica e odontoiatrica”

Stato di mobilitazione generale

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Cosmed

Le proposte di revisione del sistema pensionistico 9

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Fondo Sanitario Nazionale

Ssn sotto attacco 13 Giovani e pensioni

La pensione dei giovani dirigenti medici è davvero un miraggio? 15 Tutela lavoro

L’accesso al regime part-time del dirigente medico Il mensile dell’Anaao Assomed

Quando il medico si ammala

Parabola di una professione in tempo di crisi tra disagio umano e professionale

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Sicilia

Esplorazione all’interno del sindacato 15 Tutela lavoro

Malattia. Diritti e garanzie del dirigente sanitario Il mensile dell’Anaao Assomed

In Gazzetta Ufficiale il regolamento sugli standard ospedalieri

Nessun cambio di passo

Numero 6/7 - 2015

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Anaao Giovani

Seconda conferenza nazionale: i giovani in una sanità che cambia 14 Tutela lavoro

Dubbi e certezze sul rimborso della tassa ordinistica Il mensile dell’Anaao Assomed

Manovra sanità: approvati i tagli di 2,352 miliardi per il 2015 e il 2016

Anaao:“La sanità è un bancomat che non conosce limiti” ne È mobilitazio

per il sistema ospedaliero

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Dirigenza Medica - Anno XIV - n. 9 - 2015 - Poste Italiane Spa - Sped. in Abb. Postale D.l. 353/2003 (Conv. in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, dr Commerciale Business Roma - www.anaao.it

Dirigenza Medica - Anno XIV - n. 8 - 2015 - Poste Italiane Spa - Sped. in Abb. Postale D.l. 353/2003 (Conv. in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, dr Commerciale Business Roma - www.anaao.it

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I risultati della Survey

2015 Dirigenza Medica - Anno XIV - n. 5 - 2015 - Poste Italiane Spa - Sped. in Abb. Postale D.l. 353/2003 (Conv. in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, dr Commerciale Business Roma - www.anaao.it

Dirigenza Medica - Anno XIV - n. 4 - 2015 - Poste Italiane Spa - Sped. in Abb. Postale D.l. 353/2003 (Conv. in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, dr Commerciale Business Roma - www.anaao.it

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Dirigenza Medica - Anno XIV - n. 3 - 2015 - Poste Italiane Spa - Sped. in Abb. Postale D.l. 353/2003 (Conv. in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, dr Commerciale Business Roma - www.anaao.it

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Dirigenza Medica - Anno XIV - n. 6/7 - 2015 - Poste Italiane Spa - Sped. in Abb. Postale D.l. 353/2003 (Conv. in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, dr Commerciale Business Roma - www.anaao.it

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Numero 9 - 2015

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Legge di stabilità

Ecco tutte le novità per la sanità 10 Cure palliative

I risultati della survey proposta a 175 anestesisti 12 Anaao Giovani

Anaao Giovani entra in Europa e partecipa al meeting dell’European Junior Doctors

Il mensile dell’Anaao Assomed

Per la sanità pubblica Per il valore del nostro lavoro 28 novembre Manifestazione a Roma con i cittadini 16 dicembre Sciopero nazionale

Dirigenza Medica - Anno XIV - n. 10 - 2015 - Poste Italiane Spa - Sped. in Abb. Postale D.l. 353/2003 (Conv. in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, dr Commerciale Business Roma - www.anaao.it

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Orario di lavoro

Come l’Assessorato piega ai suoi voleri la Direzione Territoriale del Lavoro di Torino

ua La protest protesta contin testa continua 9

Anaao Giovani

Quando si confonde Management con Clinical Leadership

10 Dirigenza sanitaria

Sicurezza e qualità nell’impiego di sorgenti laser in medicina

Il mensile dell’Anaao Assomed

La categoria, coesa come non mai, pronta a non abbassare la guardia

Verso altre 48 ore di sciopero


Maurizio, 39 anni Napoli. Iscritto dal 2012 Eustachio, 53 anni Matera. Iscritto dal 1998

Gabriele, 52 anni Torino. Iscritto dal 1998

Filippo, 57 anni L’Aquila. Iscritto dal 1993

Alessandra, 39 anni Roma. Iscritta dal 2009

Laura, 58 anni Trieste. Iscritta dal 1993

Giuseppe, 60 anni Bari. Iscritto dal 1987

Michela, 40 anni Cagliari. Iscritta dal 2012

Campagna iscrizioni 2016

Domenico, 40 anni Padova. Iscritto dal 2011

Anita, 59 anni Reggio Emilia. Iscritta dal 1984

La campagna iscrizioni è stata prorogata. Se ti iscrivi per la prima volta entro il 29 febbraio 2016 potrai avere vantaggi esclusivi

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