Dirigenza Medica - Il mensile dell’Anaao Assomed - Anno XX - n. 8 - 2021 - Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Roma - www.anaao.it
Numero 8 - 2021
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Assemblea Generale FEMS
I medici ospedalieri europei uniti sulla vaccinazione obbligatoria 12 Anaao giovani
I fatti… e le parole 14 Dirigenza sanitaria
Reazioni avverse da vaccinazione anti SARS-CoV-2 Il mensile dell’Anaao Assomed
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CAMPAGNA ISCRIZIONI ANAAO ASSOMED ESPONI LE LOCANDINE NEL TUO LUOGO DI LAVORO LE TROVI NELLE PAGINE CENTRALI E IN ULTIMA
Intervista a Carlo Palermo segretario nazionale Anaao Assomed
E ORA PRESENTIAMO IL CONTO + + +
Assunzione di personale Ruolo decisionale Valorizzazione economica
Pat Carra per l’Anaao Assomed
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Il personale del Ssn ha salvato l’Italia da una Caporetto sanitaria.
Ora presentiamo il conto
+SALARIO +VOCE
IN CAPITOLO Il segretario nazionale dell’Anaao Assomed fa il punto a quasi due anni dall’inizio della pandemia: “La sanità, oggi, è, in pratica, governata alla insaputa dei medici e degli operatori sanitari, fattori produttivi estorti del valore del proprio lavoro, numeri chiamati a produrre altri numeri”. “La crisi della sanità pubblica si sovrappone e si confonde con la crisi del medico pubblico, sull’orlo di un burnout che lascia spazio solo alla fuga, verso l’estero per i giovani e verso il privato per i meno giovani” “Veniamo da un modello aziendalistico fallimentare dove si misura tutta la distanza tra la retorica degli eroi e la condizione di dipendenti pubblici, schiacciati da una macchina che esige troppo e nemmeno li ascolta, frustrati da una organizzazione del lavoro che non ha tra le sue priorità i loro bisogni e le loro necessità”. Non ci gira intorno Carlo Palermo, segretario nazionale dell’Annao Assomed, “la sanità, oggi, è, in pratica, governata alla insaputa dei medici e degli operatori sanitari”. E adesso è ora di cambiare: “Innanzitutto assumere personale, facendo saltare tutti gli impedimenti normativi ancora vigenti; riconoscimento ai medici e ai dirigenti sanitari di un ruolo decisionale nella governance delle aziende e poi valorizzare economicamente le professioni”.
Intervista a carlo palermo segretario nazionale Anaao Assomed
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Dottor Palermo, si avvicina la fine del secondo anno segnato da questa pandemia e tra gli addetti, e soprattutto tra molti operatori, si sta rafforzando la sensazione di essere, nonostante i tanti elogi ricevuti, di fatto ininfluenti nell’indirizzare le politiche sanitarie del post pandemia, con i medici attori inascoltati e invisibili, rispetto alle politiche dei governi, nazionali e regionali… Partiamo da un dato inoppugnabile.
Il personale del SSN ha salvato l’Italia da una Caporetto sanitaria. Ad inizio pandemia, abbiamo lavorato senza dispositivi di protezione individuale, perché non erano stati stoccati, senza tamponi, se non in caso di malattia conclamata, senza limiti negli orari di lavoro, per non lasciare i pazienti senza assistenza, e perfino con l’esonero dalla quarantena, obbligatoria per il resto della popolazione, in caso di contatto stretto con pazienti risultati poi positi-
vi al Sars-CoV-2. Combattendo contro un nemico sconosciuto, subdolo e altamente diffusivo, abbiamo pagato un prezzo pesantissimo in termini di sanitari contagiati, oltre 140 mila, e morti, almeno 400. Con sacrificio, tra delusioni e speranze, alla fine siamo riusciti a trovare il miglior trattamento e la migliore organizzazione ospedaliera per contrastare la malattia COVID-19. Una prova straordinaria di abnegazione, generosità e altruismo ma anche di capacità di azione collegiale e di autogoverno, reinventandosi nuove organizzazioni negli ospedali, nuovi reparti e posti letto che non esistevano. Eppure veniamo da un modello aziendalistico fallimentare dove si misura tutta la distanza tra la retorica degli eroi e la condizione di dipendenti pubblici, schiacciati da una macchina che esige troppo e nemmeno li ascolta, frustrati da una organizzazione del lavoro che non ha tra le sue priorità i loro bisogni e le loro necessità. La sanità, oggi, è, in pratica, governata alla insaputa dei medici e degli operatori sanitari, fattori produttivi estorti del valore del proprio lavoro, numeri chiamati a produrre altri numeri. In una condizione di scarsa democrazia, con non celate forme di autoritarismo, che ha trasformato in inutile ferrovecchio competenze e saperi, due dimensioni in cui si incardina il ruolo e la stessa autorevolezza sociale dei med!rigenza medica
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Intervista a Carlo Palermo
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IN CAPITOLO
dici. Una sofferenza acuita dalla pandemia, che ha aumentato carichi di lavoro e complessità assistenziale, stress fisico e psichico. Non a caso i medici fuggono dagli ospedali. La crisi della sanità pubblica si sovrappone e si confonde con la crisi del medico pubblico, sull’orlo di un burnout che lascia spazio solo alla fuga, verso l’estero per i giovani e verso il privato per i meno giovani. Senza soluzioni alla seconda non c’è futuro possibile per la prima. In sostanza, il lavoro dei medici e dei dirigenti sanitari del SSN reclama oggi un diverso valore, anche salariale, diverse collocazioni giuridiche e diversi modelli organizzativi che riportino i professionisti, e non chi governa il sistema, a decidere sulle necessità del malato. La rivoluzione copernicana di cui giustamente parla il Ministro Speranza deve partire da qui e ora. Quali parole d’ordine e quali bandiere sceglierebbe per un progetto politico di riorganizzazione della sanità nel post pandemia? Ora occorre mettere il SSN nelle condizioni di affrontare eventuali nuovi traumi senza pagare un alto tributo in termini di vite umane e senza interrompere le attività ordinarie. Per quanto riguarda il versante ospedaliero, se si esclude l’incremento dei contratti di formazione post-laurea per il concorso 2021, fortemente voluto dal Ministro Speranza, ancora non scorgiamo nei provvedimenti del Governo una piena consapevolezza di questa sfida. A partire dal PNRR che cerca, con finanziamenti insufficienti, di risolvere tutte le criticità emerse durante la pandemia in merito allo stato delle strutture sanitarie, vetuste e poco flessibili, all’obsolescenza delle tecnologie diagnostiche e al ritardo digitale. Non basta, però, l’adeguamento strutturale degli edifici per migliorare la cura dei pazienti, così come tecnologia e posti letto, senza il personale necessario, rischiano di ridursi a semplici arredi. Non vi è nel PNRR alcun accenno, nemmeno in una prospettiva futura, alla necessità di aumentare le dotazioni organiche, anche per affrontare con finanziamenti strutturali, ovviamente a carico del FSN, la pandemia sommer2
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Avviare una stagione concorsuale che copra la spaventosa carenza di personale
sa creata dalle decine di milioni di prestazioni negate e rinviate causa Covid19, al ruolo dei medici e dei dirigenti sanitari in una rinnovata governance delle aziende sanitarie, alla riorganizzazione della rete ospedaliera e dei servizi di prevenzione, specie nelle regioni meridionali dove il numero dei posti letto in rapporto agli abitanti continua ad essere inferiore alla media nazionale, a sua volta inferiore alla media dei Paesi della Comunità Europea. Le criticità disvelate dalla pandemia, figlie della scure di ieri che ha minato la sanità nelle sue basi economiche e umane, richiedono, a nostro parere, politiche aggiuntive. Perché la questione decisiva sono i medici, i dirigenti sanitari, gli infermieri quel capitale umano senza il quale nessun ridisegno e potenziamento del SSN è immaginabile, anche ai fini della produttività dei servizi sanitari per l’abbattimento di liste di attesa che oramai si avviano ad essere misurate in anni. L’obiettivo, innanzitutto, è quello di avviare una stagione concorsuale che copra la spaventosa carenza di personale, offra prospettive al precariato, di rendere strutturale il rapporto di lavoro con il SSN dei medici in formazione specialistica, di valorizzare economicamente le professioni che rappresentiamo attraverso il rinnovo del loro CCNL, la cui discussione deve essere accelerata, evitando che finisca in coda ad altri contratti, con il rinvio degli adeguamenti economici addirittura al
2023, e un corposo intervento economico in Legge di Bilancio in modo da ridurre il gap con i paesi dell’ovest europeo, una delle motivazioni principali che portano i nostri giovani medici all’emigrazione. Bisogna, poi, pensare ad interventi di sistema come il riconoscimento ai medici e ai dirigenti sanitari di un ruolo decisionale nella governance delle aziende, ripensando l’attuale modello, un potere assoluto verticistico e monocratico su cose e persone, ormai giunto al capolinea senza migliorare la qualità del servizio e senza mettere in ordine i conti, introducendo forme di partecipazione a modelli organizzativi ed operativi che riprendano il tema del “governo clinico”. La complessità del mondo sanitario non può, in sostanza, essere governata con i soli strumenti della cultura aziendalista, usati anche con non celate forme di autoritarismo, escludendo dai processi decisionali le categorie professionali nella illusione di costruire maxi aziende con mini medici. È importante sotto questo aspetto una riforma dello stato giuridico che accentui fortemente il carattere “speciale” della dirigenza del S.S.N., delineato dall’art.15 del D.lgs 229/1999, rafforzandone la autonomia, sia nel profilo professionale che gestionale, e valorizzando la peculiarità della “funzione” svolta a tutela di un bene costituzionale. Il cambiamento, come ha scritto recentemente Enrico Rossi su QS, donumero 8 - 2021
vrebbe essere determinato da forme di autogoverno in modo che il personale dipendente di un’azienda sanitaria diventi protagonista del suo funzionamento, partecipando alle scelte con le sue conoscenze e, al contempo, realizzandosi come lavoratore il cui scopo ultimo è la salute dei cittadini. Lavorare come dirigente medico e sanitario pubblico non deve essere una punizione o una sofferenza. Perché il disagio crescente dei professionisti e la crisi di fiducia dei cittadini nell’affidabilità del sistema sanitario rappresentano una miscela in grado di eroderne la sostenibilità, quali che siano le risorse investite. Il peggioramento delle condizioni di lavoro negli ospedali è sotto gli occhi di tutti ma non è un destino inevitabile. Quali soluzioni politiche ritiene idonee ad arrestare un fenomeno che erode il consenso dei professionisti verso la sanità pubblica alimentandone le fughe? Il SSN è arrivato in affanno all’appuntamento con l’epidemia da SarsCoV-2, penalizzato da anni di sotto-finanziamento, di tagli dei posti letto e del personale e da scelte politiche, in alcune regioni, che hanno portato allo smantellamento dei servizi territoriali e di prevenzione. Il sotto-finanziamento del periodo 2009/2019, si è tradotto in un calo delle dotazioni organiche di circa 50 mila unità e in un taglio di oltre 40 mila posti letto, che si sono aggiunti ai circa 50 mila tagliati nei primi anni del nuovo secolo. Le condizioni di lavoro sono conseguentemente nettamente peggiorate e l’accesso alle cure per i cittadini reso sempre più difficile. I turni di lavoro notturno e festivo sono diventati asfissianti, con scarsa possibilità di recupero dalla fatica fisica e psichica, i fine settimana quasi sempre occupati in ospedale tra turni e reperibilità, perfino la difficoltà di poter godere delle ferie estive per la necessità di garantire i servizi con dotazioni organiche risicate. È necessaria una svolta decisa. Innanzitutto assumere personale, facendo saltare tutti gli impedimenti normativi ancora vigenti. Purtroppo non è disponibile sufficiente personale medico e sanitario specializzato da assumere per i grossolani errori di programmazione della formazione post laurea del decennio passato. Allora, piuttosto che assumere neo laureati, è meglio rivolgersi ai quasi specialisti, agli specializzandi del 3°, 4° e 5° anno. Sono circa 13 mila. Vanno contrattualizzati e chiamati al lavoro nell’intera rete ospedaliera e territoriale e non solo in quella formativa gestita dall’Università. Siamo di fronte al rischio di crollo del SSN numero 8 - 2021
sabino cassese Giudice emerito della Corte costituzionale
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Il diritto alla salute di un calabrese non ha una portata giuridica diversa dal diritto alla salute di un piemontese
e ogni resistenza auto referenziale va superata così come le obiezioni relative al blocco del percorso formativo. Gli specializzandi impareranno lavorando sul campo. Siamo in emergenza e in queste condizioni “il meglio è nemico del bene” come diceva Voltaire. Il regionalismo sanitario è, ormai, irreversibile? E la china del sistema sanitario verso la privatizzazione effettivamente inarrestabile come teme qualcuno? Quali strumenti il sindacato intende mettere in campo per restituire alla sanità le caratteristiche di sistema nazionale e pubblico fissate dalla legge. 833? Penso che la pandemia abbia dimostrato come sia pericolosa una deriva federalista. Basti pensare alle difficoltà incontrate dagli Usa nella gestione del contrasto al Sars-CoV-2 con le diverse politiche adottate dai singoli stati che compongono l’Unione. Fondamentale sarebbe stato, invece, assicurare una unica ed esclusiva regia nazionale. Le misure di contrasto possono anche essere differenziate per territorio, ma debbono essere omogenee ed ispirarsi agli stessi criteri generali. Purtroppo, anche in Italia, almeno nelle prime fasi della diffusione epidemica, non sempre si sono seguiti questi principi, tra l’altro consacrati da due pronunce recenti della Corte costituzionale. Questa ha stabilito in modo inoppugnabile che il contrasto alla pandemia è materia di competenza esclusiva dello Stato. Inoltre, la pandemia ha messo in luce tra le Regioni persistenti e rilevanti diseguaglianze nella esigibilità di un diritto unico ed indivisibile come quello alla salute e la chiara violazione di quella norma dell’articolo 120 della Costituzione che prevede la tutela dell’unità giuridica ed economica “e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali”. Come ha ben scritto Sabino Cassese, “la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni, che concerne diritti civili e sociali, non tollera una diversità di questi diritti sul territorio. Il diritto alla salute di un calabrese non ha una portata giuridica diversa dal diritto alla salute di un piemontese. Se questo è vero, non si può mettere in dubbio la necessità, da un lato, di un servizio sanitario che sia autenticamente nazionale; dall’altro, di livelli essenziali delle prestazioni che vanno obbligatoriamente assicurati per tutto il territorio nazionale a beneficio di tutti i cittadini e residenti sul territorio nazionale”. La regionalizzazione della sanità è stata basata sul presupposto che avvicinare i livelli decisionali ai luoghi dove vivono i cittadini avrebbe mi-
gliorato qualità ed efficienza dei servizi erogati. La riforma puntava ad un federalismo solidale ma ha prodotto una deriva regionalista, di cui il regionalismo differenziato rappresenta l’ulteriore evoluzione egoistica, con 21 differenti modelli organizzativi facendo perdere al nostro sistema sanitario il suo carattere nazionale ed anche la sua capacità di coordinamento degli interventi di sanità pubblica. Da qui bisognerebbe ricominciare, eventualmente anche conservando la sanità tra le materie concorrenti, ma in modo che le Regioni non vadano ognuna per conto proprio, costituendo dei veri propri servizi sanitari regionali autonomi, riconoscendo allo Stato maggiori poteri di indirizzo e verifica nelle politiche sanitarie. Anche sul versante delle privatizzazioni le acque non sono tranquille. Durante la pandemia si è accumulato un immenso arretrato di prestazioni sanitarie con ricadute negative sulla salute dei cittadini che stiamo già scontando e continueremo a pagare nei prossimi anni con un incremento della morbilità e della mortalità. Del resto la ripresa delle attività ordinarie nel SSN è molto lenta per la mancanza di personale e per il persistere di ricoveri legati a casi di Covid 19 a carico prevalentemente di pazienti non vaccinati. Di conseguenza, il settore privato, che poco ha risentito della crisi epidemica, si sta rapidamente attrezzando per dare risposte alle esigenze dei cittadini per le visite specialistiche, per le indagini diagnostiche e per la chirurgia elettiva. Anche gli investimenti previsti dal PNRR per la domiciliarità dell’assistenza rischiano di essere dirottati verso organizzazioni di tipo privato che entreranno in concorrenza con quelle pubbliche costrette a partire da posizioni di svantaggio per la cronica carenza di personale infermieristico. Si rischia di indebolire la presa in carico globale e integrata dei problemi di salute dei cittadini da parte dei servizi pubblici e di frammentare i processi di assistenza e cura. La prospettiva è quella di una privatizzazione strisciante e progressiva del nostro SSN per arrivare ad un sistema duale: uno povero e residuale per i poveri ed uno ricco in risorse, tecnologie e professionalità, sostenuto da assicurazioni e fondi “integrativi”, per i ricchi. Una delle lezioni della pandemia è rappresentata dalla necessità di integrazione tra cure primarie e cure specialistiche in un unico sistema di cura. Ciò presuppone anche un’alleanza tra le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. Crede sia fattibile? Su d!rigenza medica
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Intervista a Carlo Palermo
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IN CAPITOLO
quali presupposti? Purtroppo oggi la discussione è incentrata solo sullo stato giuridico dei medici di medicina generale come se il passaggio alla dipendenza fosse una condizione indispensabile per migliorare l’offerta sanitaria nei nuovi modelli organizzativi territoriali disegnati e finanziati con il PNRR. A mio parere sarebbe più proficuo discutere di funzioni da svolgere e di obiettivi da raggiungere, come la gestione della cronicità attraverso lo strumento della medicina di iniziativa, la gestione delle acuzie non complicate attraverso un modello di risposta assistenziale h24, la domiciliarità delle cure e dell’assistenza per garantire prossimità ai pazienti fragili, la sorveglianza epidemiologica delle malattie infettive e così via. Dal punto di vista degli ospedalieri, è importante migliorare la risposta dei servizi sia nella fase pre-ospedaliera che in quella postospedaliera incrementando la capacità di filtro verso l’ospedalizzazione e favorendo la presa in carico dei pazienti dimessi sia a domicilio che nelle strutture di cure intermedie dove gli specialisti, in particolare di medicina interna e geriatria, potrebbero svolgere un ruolo efficace. Questa circolarità delle cure e dell’assistenza non può che basarsi su una piena integrazione tra cure primarie e cure specialistiche.Dovremmo assumere il CCNL e l’ACN come strumenti di innovazione del sistema, di un progetto comune rifondativo dell’impianto unitario del SSN, di governo partecipato ed elementi costitutivi del PNRR. Per questo auspichiamo lo spostamento dei tavoli di confronto al Ministero della Salute per meglio governare gli obiettivi di integrazione tra la fase ospedaliera e quella territoriale. La sanità italiana è sempre più rosa, un fenomeno che impatta sull’organizzazione del lavoro e sulle aspettative dei professionisti in merito al tempo di vita ed alle carriere professionali. Quali risposte l’Anaao pensa di dare alla maggioranza dei medici e dei suoi stessi iscritti? Il Conto annuale dello Stato relativo al 2019 certifica tra la Dirigenza medica e sanitaria del SSN il sorpasso, seppur per poche decine di unità, della componente femminile su quella ma4
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schile. Nei prossimi anni questa forbice si allargherà sempre di più e saranno principalmente le donne a doversi far carico degli squilibri e delle problematiche connesse alle difficoltà organizzative e all’aumento dei carichi di lavoro negli ospedali e nei servizi territoriali. Le donne hanno da sempre sulle proprie spalle il peso più consistente del caregiving in ambito familiare, la cura dei figli e dei genitori anziani. Su questo scenario si è innestato l’impatto devastante della pandemia che ha accentuato per le donne la necessità di disporre di tempo per la cura e l’assistenza dei propri cari, sia per la chiusura delle scuole e dei centri per l’infanzia, sia per l’impossibilità di delegare ad altri la gestione dei propri famigliari per il rischio di contagio. Le donne hanno bisogno di più tempo per conciliare vita famigliare e lavorativa. In questa prospettiva, le sirene del privato appaiono certamente più allettanti per chi opera nella sanità pubblica. Si tratta di un aspetto che i decisori politici non possono più trascurare sia per la carenza attuale di specialisti, sia per la prevalenza crescente di donne tra i laureati in materie sanitarie. È necessario, pertanto, che le Aziende sanitarie mettano in campo politiche di conciliazione dei tempi vita/lavoro sfruttando gli strumenti del welfare aziendale. In particolare, bisogna puntare ad un incremento di flessibilità negli orari di lavoro, ad una concessione meno rigida di aspettative, part-time e congedi parentali, alla creazione di asili nido e promozione di attività per i figli nei periodi di chiusura delle scuole, elimi-
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Bisogna rompere il “soffitto di cristallo”, quella barriera invisibile che impedisce alle donne di avanzare nella carriera oltre certi livelli
nando ogni discriminazione, diretta e indiretta, nei confronti della maternità. Alcune scelte tecniche possono contribuire a raggiungere questi obiettivi, come riformare la modalità di calcolo del fabbisogno di personale parametrandolo anche sulle caratteristiche anagrafiche e di genere e promuovere tra gli obiettivi da raggiungere per le Aziende sanitarie il cosiddetto “bilancio di genere” al fine di garantire le pari opportunità all’interno delle strutture partendo da una matura analisi delle diverse ricadute che le scelte organizzative hanno sulle donne rispetto ai maschi. Un altro aspetto a cui dare soluzione è quello della carriera delle donne medico e biologhe: solo il 16,5% delle strutture complesse nel SSN è diretta da figure femminili. Bisogna rompere il “soffitto di cristallo”, quella barriera invisibile discriminatoria che impedisce alle donne di avanzare nella carriera oltre certi livelli. La gestione “fordista” della sanità, dove l’importante è produrre, dimettere, codificare andando anche oltre gli orari di lavoro contrattuale mal si concilia con l’attitudine alla “cura” tipicamente femminile. Bisognerebbe considerare, allora, altri valori come l’empatia, la capacità di ascolto e presa in carico dei problemi, non solo clinici, manifestati dai pazienti, la propensione all’innovazione, la creazione di un clima di collaborazione efficace e sereno negli ambienti di lavoro, l’attitudine ad una leadership condivisa. Infine, se dopo la pandemia niente sarà come prima, cosa c’è dietro l’angolo per il sindacalismo medico? Con l’attuale frammentazione delle rappresentanze rischiamo di avere crescenti difficoltà nelle discussioni e nei confronti che portano alle scelte di politica sanitaria a tutti i livelli: aziendale, regionale e nazionale. Per meglio difendere le legittime aspettative delle categorie che rappresentiamo bisogna puntare a processi di aggregazione tra le attuali associazioni sindacali. Meglio che siano il frutto ora di un sereno confronto politico piuttosto che affrontarli sotto la spinta di una modifica legislativa sulla rappresentatività sindacale.
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Assemblea Generale FEMS
Oltre il 90% dei medici intervistati in Europa ha dichiarato che ritiene necessaria la vaccinazione. Solo la Romania si mantiene distante da questa posizione, con il 72% dei medici intervistati che dichiara di essere contrario alla vaccinazione obbligatoria, sia per il personale sanitario che nella popolazione generale
Europa. Una sola voce per i medici ospedalieri sulla necessità della vaccinazione obbligatoria Compatta e unanime la posizione dei professionisti della salute in Europa. È questo il dato emerso prepotentemente nel corso della Conferenza “Covid. Quale obbligo per il personale sanitario?” organizzata in occasione dell’Assemblea Generale FEMS, a Dubrovnik il 23 settembre 2021 Oltre il 90% dei medici intervistati in Europa ha dichiarato che ritiene necessaria la vaccinazione non solo per chi lavora in sanità ma anche per altri settori professionali, quali quello dell’istruzione e delle altre forme di assistenza residenziale. Solo la Romania si mantiene distante da questa posizione, con il 72% dei medici intervistati che dichiara di essere contrario alla vaccinazione obbligatoria, sia per il personale sanitario che nella popolazione generale. L’incongruenza di questo dato pone numerosi punti interrogativi sulla qualità della comunicazione politica e sociale in Romania poiché, accanto alla bassa percentuale di immunizzazione si accompagna, in questo paese, un’elevata occupazione dei posti letto di terapia intensiva tanto che, in una differente sessione della conferenza, i medici rumeni auspicano un aumento dei posti letto intensivi per far fronte all’elevato numero di malati. numero 8 - 2021
Fortunatamente, negli altri paesi della UE che hanno partecipato alla Conferenza (Austria, Croazia, Francia, Germania, Italia, Nord Cipro, Olanda e Portogallo) la percentuale di medici vaccinati si mantiene elevatissima, superiore al 90% come anche la volontà di proporre ai propri governi l’obbligatorietà del vaccino per tutta la popolazione, con percentuali che si aggirano al di sopra dell’80%. Da cosa nasce una posizione così compatta, che raramente si è vista in una categoria professionale? L’ipotesi più accreditata è che la vaccinazione, essendo parte di un percorso scientifico e non un’idea politica o una questione di opinioni, non incontri nei medici alcun ostacolo di natura confabulatoria o cospirazionista. A questo si aggiunge l’esperienza sul campo che i professionisti della salute pubblica hanno vissuto negli ultimi 20 mesi, le cicatrici, la fatica, il burnout che questa malattia ha lasciato nei medici ospedalieri. Tutti fattori che stanno spingendo i medici a promuovere la vaccinazione affinchè non si riviva nelle corsie l’incubo del Covid-19. Nel corso della Conferenza si è discusso anche riguardo i numerosissimi medici che hanno vissuto la pandemia anche in veste di pazienti. Dai dati presentati, è emerso che la per-
alessandra spedicato Capo Delegazione Anaao in FEMS
centuale di medici che ha contratto il virus è almeno il doppio se confrontata con la popolazione generale. Purtroppo, si rileva una difficoltà ad avere dati completi su questo tema, non solo in Italia ma in tutte le realtà europee. Questo elemento non permette di studiare approfonditamente gli effetti che il Covid ha avuto su un’intera categoria professionale e alimenta ulteriormente il dibattito se debba essere riconosciuta come malattia professionale. Attualmente 17 paesi dell’UE la riconoscono come malattia professionale (Bulgaria, Cipro, Croazia, Cechia, Estonia, Francia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia e Svezia), mentre Italia, Slovenia e Spagna la considerano un infortunio sul lavoro e altri Paesi valutano caso per caso. All’attenzione dei sindacati di categoria medica che aderiscono alla FEMS (Federazione Europea dei medici salariati) vi è la possibilità di indagare se anche il long Covid possa essere annoverato nel gruppo delle malattie professionali. Non solo la pandemia, ma anche la forte adesione all’immunizzazione tra i medici (al momento la vaccinazione è obbligatoria nelle corsie solo in Francia e Italia, mentre rimane raccomandata in Austria e Croazia) dimostra una volta di più lo spirito etico che anima questa categoria, e la volontà di mantenere fede al giuramento di Ippocrate che, nelle sue versioni più moderne invita i medici a “evitare la malattia quando la prevenzione è preferibile”. Alla fine della Conferenza una sola domanda è rimasta disattesa: “Riguardo la necessità di vaccinarsi, cosa aspettano i decisori politici ad ascoltare la voce di chi, anche nella difficoltà, ha sempre posto l’interesse altrui davanti alla propria sicurezza?”. d!rigenza medica
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Un successo la prima edizione del Festival della Sanità Pubblica
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Non solo i nostri iscritti, ma anche i musicisti, i movimenti di giovani che
ci hanno aiutato nell’organizzazione, il Politecnico che ci ha ospitato, le ONG che hanno esposto negli stands, perfino i tecnici del suono e delle luci, hanno sostenuto convintamente l’iniziativa, perché hanno creduto nella necessità di difendere il SSN pubblico e hanno visto in Anaao Assomed un interlocutore credibile, indipendente e determinato
Il 4 settembre a Torino abbiamo voluto parlare di sanità in modo diverso, con la musica. Abbiamo voluto coinvolgere la popolazione, le associazioni di pazienti, i movimenti, consapevoli che nei momenti critici, l’alleanza fa la forza. Ad evento concluso, possiamo dire che ci siamo riusciti Eravamo e siamo fortemente convinti che fosse necessario essere insieme, contro ogni tentativo di svalutazione del Sistema Sanitario e contro logiche di mercato, pubbliche e private. L’attuale momento di grande disagio ri6
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chiara rivetti Segretaria Regionale Anaao Assomed Piemonte
chiedeva a nostro avviso un approccio leggero: volevamo che le parole dei sanitari, accompagnate dall’armonia delle note, trasmettessero fiducia nella possibilità di un miglioramento del lavoro medico e della universalità del SSN. Chi è contro il welfare state non si lascia mai sfuggire una buona crisi, dice Naomi Klein. E la pandemia da covid 19, è stato un momento di grande crisi, sanitaria, economica, sociale. Dobbiamo credere che anche chi è a favore del welfare state, approfitta delle buone crisi. Per aumentare i diritti, per cambiare l’esistente e per migliorare le vi-
1 Orchestra Alta Felicità 2 Tavola rotonda con Costantino Troise, Presidente Nazionale Anaao Assomed 3 Eugenio Finardi
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4 Tavola Rotonda con Gabriele Gallone, Responsabile Dipartimento Organizzativo Anaao Assomed
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5 Chiara Rivetti, Segretaria Anaao Piemonte
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te, dei medici e dei pazienti. Abbiamo pensato che come in tutte le crisi, fosse il momento di inventarsi una formula nuova, che unisse la critica alla speranza, i problemi alle soluzioni, i medici con la società civile. Abbiamo cercato soprattutto alleanze, e le abbiamo trovate. Non solo i nostri iscritti, ma anche i musicisti, i movimenti di giovani che ci hanno aiutato nell’organizzazione, il Politecnico che ci ha ospitato, le ONG che hanno esposto negli stands, perfino i tecnici del suono e delle luci, hanno sostenuto convintamente l’iniziativa, perché hanno creduto nella necessità di difendere il SSN pubblico e hanno visto in Anaao Assomed un interlocutore credibile, indipendente e determinato. Il festival ha previsto tre Tavole Rotonde. La prima riservata alla difesa dell’ambiente come azione per tutelare numero 8 - 2021
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Il festival ha dato energia. Ha dato motivazione. Ora siamo certamente più uniti, più numerosi, più forti
6 Marina Civita, presidentessa SIMEU Piemonte e Valle d’Aosta Marco Romanelli, Segretario Aziendale Anaao Città della Salute di Torino la salute. Dalla relazione degli illustri ospiti è emerso chiaramente che stiamo vivendo una situazione di gravità straordinaria rispetto ai pericoli per la salute che derivano dai cambiamenti climatici. Il 10-15% delle patologie sono attribuibili a inquinamento ambientale, e di queste l’80% è da attribuirsi alla polluzione atmosferica, le cui conseguenze non riguardano solo le patologie a carico dell’apparato respiratorio e cardiovascolare ma sono oramai chiare anche le correlazioni con le patologie neurologiche degenerative, in primis Parkinson e Alzheimer, le patologie psichiatriche, il basso peso alla nascita di neonati esposti nella vita intrauterina. Il secondo dibattito era incentrato sul diritto alla salute: pur essendo un diritto tutelato dalla Costituzione, la strategia pare essere chiaramente quella di sottofinanziare il Sistema Sanitario pubblico, renderlo inefficiente, determinare un crescente malcontento tra operatori e utenti, per avere così un buon motivo per dichiarare il sistema fallito e sostituirlo con uno meno universalistico. Il rischio concreto è che il
SSN venga confinato a ruoli marginali: un sistema povero per i poveri, con lavoratori poveri. L’ultimo dibattito è stato pensato come un confronto con la popolazione: eccellenti esperti hanno risposto a tutte le domande del pubblico sulla pandemia Covid-19 e la campagna vaccinale. È stata ribadita l’efficacia e la sicurezza dei vaccini, la mancanza di evidenze a supporto di ventilate terapie miracolose domiciliari, si è discusso dei possibili rischi della didattica in presenza e della situazione allarmante del personale del pronto soccorso. Il concerto previsto la sera era gratuito, aperto alla popolazione, con il rigido rispetto della normativa Covid. Tutti i cantanti, tra cui Eugenio Finardi, hanno alternato la musica con interventi a difesa del SSN pubblico. Il festival ha dato energia. Ha dato motivazione. Ora siamo certamente più uniti, più numerosi, più forti. E se le condizioni di lavoro dei sanitari peggiorano e se il pubblico rischia di lasciare indietro sempre più pazienti, sappiamo che a difendere gli uni e gli altri siamo in tanti. d!rigenza medica
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CI SONO COSE A CUI NON SI È MAI DEL TUTTO PREPARATI. PER QUESTO CI SIAMO NOI. ANAAO ASSOMED TI FORNISCE TUTTA L’ASSISTENZA E I SERVIZI NECESSARI A FRONTEGGIARE AL MEGLIO OGNI CIRCOSTANZA. –––– ISCRIVITI AD ANAAO ASSOMED: FINO AL 1 GENNAIO 2023 LA POLIZZA RC COLPA GRAVE È GRATUITA.
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Lombardia
La questione dei piccoli ospedali e la riforma sanitaria lombarda
dire la classificazione degli ospedali (vedi box), pubblici e privati accreditati, indispensabile per la definizione di una rete ospedaliera, mai presa in considerazione. Infatti l’organizzazione secondo livelli gerarchici di complessità definita dal Decreto con il coinvolgimento di tutti gli ospedali che erogano prestazioni per il SSN, pubblici e privati accreditati, rappresenta l’atto preliminare, fondamentale e irrinunciabile per definire “chi fa che cosa” in un determinato territorio, con quali servizi, con quali competenze ed esperienza. Operazione che porta per naturale conseguenza all’ottiL’impressione che si ricava è che la necessità di dare miglioramento mizzazione delle risorse e soprattutto all’offerta, renderla più appropriata, aderente agli standard di sicurezza, permette di individuare in modo obietcoerente ai bisogni della comunità vada unicamente nella direzione di tivo le strutture ospedaliere prive dei retagliare la spesa, con chiusure e ridimensionamenti, senza un progetto quisiti per fornire prestazioni specialidi riorganizzazione complessiva di rete ospedaliera stiche sicure ed efficaci rendendone in tal modo utile il cambio di utilizzo. La riforma sanitaria lombarda ha ini- sione complessiva di riorganizzazione Al contrario, quanto messo in campo fin ziato in Giunta il suo percorso di ap- generale e soprattutto di rete ospedaqui dalla Regione in applicazione del provazione tralasciando completamente liera. Si è invocato alle responsabilità D.M. 70 non solo non ha prodotto quel il problema della rete ospedaliera a cui del DM 70/2015, Regolamento recante miglioramento atteso, ma ha realizzaè collegata, fra l’altro, l’annosa que- definizione degli standard qualitativi, to un’organizzazione fumosa basata apstione dei piccoli ospedali. strutturali tecnologici e quantitativi reparentemente sulla volontà di riorgaÈ fuori di dubbio infatti che in Lom- lativi all’assistenza ospedaliera, i cui stannizzare l’offerta, in realtà ancora una bardia, e non solo, vi sia una sensibili- dards (di cui fortunatamente si è avvolta sovrastata da criteri economici e tà diffusa intorno alla questione ampia- viata la revisione) ci hanno relegato tra da provvedimenti spot. Quali il tentamente dibattuta e mai avviata a solu- gli ultimi Paesi in Europa e la cui framtivo di individuare reti di patologia con zione, che riguarda innanzitutto i cit- mentaria e confusa applicazione lompresidi Hub/Spoke senza aver definito fabio tadini, il territorio, ma anche medici e barda ha portato al ridimensionamen- florianello i livelli di complessità delle strutture, la professionisti sanitari che vi lavorano. to di unità operative specialistiche tra chiusura di unità specialistiche senza Esecutivo Nazionale La modalità di affrontare la questione, cui terapie intensive, terapie intensive Anaao Assomed una relazione con il territorio, forzati peraltro in modo parziale, è stata fino- neonatali, pneumologie, reparti di maaccorpamenti tra reparti, la frettolosa ra essenzialmente di tipo economico, lattie infettive, scelte rivelatesi quanto introduzione di alcune soglie minime con i tagli lineari della spending review mai fallimentari come evidenziato neldi prestazioni. che dal 2010 in poi hanno determina- la recente emergenza. E gli esempi potrebbero continuare. Il to un complessivo arretramento del Ser- E uno dei pochi aspetti positivi che tutto andando ad aggravare un’orgavizio Sanitario Regionale, senza una vi- avrebbe dovuto essere applicato, vale a nizzazione già precaria soprattutto nel10
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Quanto messo in campo fin qui dalla Regione in applicazione del D.M. 70 non solo non ha prodotto quel miglioramento atteso, ma ha realizzato un’organizzazione fumosa basata apparentemente sulla volontà di riorganizzare l’offerta, in realtà ancora una volta sovrastata da criteri economici e da provvedimenti spot
la mancanza di una visione positiva del rapporto ospedale/territorio e allontanando in tal modo una soluzione adeguata proprio della questione dei piccoli ospedali. L’impressione che si ricava è che la necessità di dare miglioramento all’offerta, renderla più appropriata, aderente agli standard di sicurezza, coerente ai bisogni della comunità vada unicamente nella direzione di tagliare la spesa, con chiusure e ridimensionamenti, senza un progetto di riorganizzazione complessiva di rete ospedaliera, basata su strutture pubbliche e private accreditate con adeguati servizi, sicure per l’utenza ed il personale, come premessa indispensabile per avviare la definizione dei rapporti col territorio. Tutto questo ha determinato e sta determinando l’incomprensione e la non accettazione da parte delle cittadinanze e delle istituzioni locali dei provvedimenti di ridimensionamento, riconversione o chiusura di strutture ospedaliere storicamente presenti. L’innescarsi del braccio di ferro che ne deriva rischia di prescindere dall’organizzazione sanitaria e dalla tutela della salute, avventurandosi su un terreno di scontro esclusivamente politico. Si allontana così la soluzione della questione che in ogni caso non potrà essere trovata senza l’adozione di una visione complessiva, con una informazione preventiva a cittadinanza, istituzioni locali e basata obbligatoriamente su un’analisi, sintetizzabile in dieci punti, degli aspetti sanitari, epidemiologici, sociali ed infrastrutturali del territorio coniugata alle caratteristiche dell’ospedale: 1. Profilo numerico e anagrafico degli abitanti del territorio afferente al Presidio. 2. Analisi epidemiologica territoriale 3. Classificazione del Presidio secondo i livelli di complessità. 4. Situazione del Presidio dal punto di vista edilizio, della sicurezza, della degenza, dei servizi. 5. Casistica storica, in urgenza e in elezione. numero 8 - 2021
Le Strutture Ospedaliere sec. D.M. 70/2015 Presidi Ospedalieri di base
Presidi di II livello
bacino di utenza tra 80.000 e 120.000 ab.
bacino di utenza tra 600.000 ed 1.200.000 ab.
n Dotazione di Pronto Soccorso, Medicina Interna, Chirurgia Generale, Ortopedia, Anestesia e servizi di supporto in rete di guardia attiva con Pronta Disponibilità H24 di Radiologia, Laboratorio, Emoteca n Letti di Osservazione breve intensiva
Presidi Ospedalieri di I livello bacino di utenza tra 150.000 e 300.000 n DEA di I livello con Medicina Interna, Chirurgia Generale, Anestesia e Rianimazione, Ortopedia e Traumatologia, Ostetricia e Ginecologia (se prevista per n. di parti/anno) Pediatria, Cardiologia con UTIC, Neurologia, Psichiatria, Oculistica, Otorino, Urologia n Servizi H24 di Radiologia con TAC ed Ecografia, Laboratorio, Immunotrasfusionale n Per le Patologie Complesse cardiovascolari, i traumi, lo stroke devono essere previste forme di consultazione, trasferimento immagini e protocolli e trasferimento pazienti presso centri di II livello
n DEA II livello con tutte le strutture previste per il I livello n Cardiologia con emodinamica interventistica, Neurochirurgia, Cardiochirurgia, Chirurgia Vascolare, Chirurgia toracica, Maxillo- Facciale, Plastica, Endoscopia Digestiva e Broncoscopia, Radiologia interventistica, Rianimazione Neonatale, n Servizi H24 di Radiologia con TAC, ecografia e presenza medica, Medicina Nucleare, Laboratorio, Immunotrasfusionale, altre eventuali discipline di alta specialità
Ospedale di comunità n Struttura con un numero limitato di posti letto (15-20) gestito da personale infermieristico, in cui l’assistenza medica è assicurata dai medici di medicina generale o dai pediatri di libera scelta o da altri medici dipendenti o convenzionati con il SSN; la responsabilità igienico-organizzativa e gestionale fa capo al distretto che assicura anche le necessarie consulenze specialistiche
n Letti di osservazione breve intensiva e sub intensiva multidisciplinare
6. Competenze professionali del personale medico, infermieristico e tecnico. 7. Valutazione delle apparecchiature e della tecnologia. 8. Flussi di prestazioni verso l’interno e verso l’esterno del territorio. 9. Infrastrutture territoriali quali strade di accesso, trasporti, vicinanza o meno ai centri abitati. 10. Distanza da una struttura ospedaliera maggiore. A seguito di questa analisi si potrà stabilire l’utilità o meno di procedere ad un eventuale processo di chiusura/riconversione dell’ospedale ed insieme
fornire l’informazione alla cittadinanza e alle istituzioni locali rendendo più facilmente accettabile la decisione di rinunciare alla struttura sanitaria sottocasa o di condividerne il suo rilancio e potenziamento. Diversamente il sospetto è che il criterio adottato sia solo di opportunità economica, di scelte elettorali, con scarsa attinenza ai problemi di salute e di efficacia delle prestazioni e si risolva nell’ennesimo “taglio” di risorse al Servizio Sanitario Regionale presentato sotto il profilo del miglioramento degli standard di sicurezza e di ottimizzazione delle risorse. d!rigenza medica
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I fatti… e le parole Il medico ai nostri tempi è capro espiatorio di una deriva organizzativa di un sistema che annaspa e non riesce a sopportare il mutamento repentino delle esigenze di cure. Il medico ai nostri tempi è indiziato, accusato, e perché no, malmenato in quanto bersaglio delle frustrazioni di una popolazione sempre più insoddisfatta e soggiogata dall’infodemia incipiente e dilagante Secondo i dati Ocse negli ultimi 8 anni sono più di 9.000 i medici che, dopo essersi formati in Italia hanno deciso di andare all’estero a lavorare. Gli ultimi dati Anaao, in linea con i dati Ocse confermano che solo nell’ultimo anno 1.500 medici sono emigrati dal nostro Paese. Curiosi questi dati, soprattutto alla luce delle politiche di integrazione e sviluppo della professione che il Governo sembra voler intraprendere nell’ultimo periodo. Cerchiamo di capire il perché allora A fronte di un aumento netto di posti in scuole di specialità (nell’ultimo anno accademico 14.000) che di fatto riduce all’osso lo storico ed endemico imbuto formativo, emergono problematiche inerenti l’occupazione post specialità dei medici italiani. Senza voler cadere in un discorso puramente economicistico, che attrarrebbe critiche e accuse di venialità, è indubbio constatare come il trattamento economico dei medici in Italia sia inferiore a quello riservato ai colleghi che vivono in altre parti del globo. E’ sempre l’Ocse a fornirci dati su cui riflettere, l’Italia è penultima in Europa in quanto a retribuzione dei medici. Ma quindi è solo un problema di soldi? No certo che no, o meglio non solo. Il problema ha radici organizzative, gestionali e professionali molto più profonde. Il medico oggi, soprattutto nel nostro Paese ha perso quell’appeal e quella forza sociale che possedeva un ventennio fa’. Il medico in Italia ha perso quella credibilità sociale ed istituzionale che lo ha accompagnato in altri periodi storici ed ha contribuito negli anni allo sviluppo del nostro siste12
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pierino di silverio Responsabile Nazionale Anaao Giovani
ma sanitario. Quel medico che nel dopoguerra era un deus ex machina, quel medico che negli anni ‘80 era l’illuminato, oggi ha subito una trasformazione sociale preoccupante e fumettistica. Da supereroe buono a cattivo. Il medico ai nostri tempi è capro espiatorio di una deriva organizzativa di un sistema che annaspa e non riesce a sopportare il mutamento repentino delle esigenze di cure. Il medico ai nostri tempi è indiziato, accusato, e perché no, malmenato in quanto bersaglio delle frustrazioni di una popolazione sempre più insoddisfatta e soggiogata dall’infodemia incipiente e dilagante. L’unico medico che riesce a salvarsi, il medico che ha sostituito la ormai vecchia figura del dottore, è il giovanissimo, caparbio e aitante dottor Google. Medico più amichevole, più semplice, che niente ha a che vedere però con la scienza e con la medicina reale. Insomma nel nuovo mondo in cui gli ologrammi prendono gradualmente il posto della realtà, anche la figura del medico è stata di fatto soppiantata dall’idea metropolitana dello stesso. Ma queste sono solo ragioni sociologiche che ci sforziamo di ricercare ed analizzare da non esperti del settore. In realtà a contribuire alla trasformazione del medico ci sono anche ragioni politiche. L’aziendalizzazione ha indubbiamente contribuito a chiudere gradualmente spazi alla carriera dei colleghi italiani, mentre in altri Paesi la crescita professionale ancora oggi è quasi naturale ed obbligata, anzi favorita dalla necessità di ricambio generazionale, in Italia le logiche aziendalistiche fanno da numero 8 - 2021
anaao giovani
9.000 Medici negli ultimi 8 anni sono andare all’estero a lavorare
1.500 Nell’ultimo anno
tappo alla crescita. Il ristagno economico del Paese ed il peso fiscale hanno gradualmente assottigliato, insieme al caro vita, quella differenza stipendiale che tempo fa’ poteva esistere, i mutati paradigmi organizzativi ed il regionalismo scellerato che ha assunto i caratteri di una devolution asettica e cinica ha completato il quadro di differenze tra regioni in termini di assistenza sanitaria determinando un quadro complessivo di insoddisfazione bipartisan. Da un lato i pazienti che non riescono ad attingere alle cure, dall’altra medici che insoddisfatti, impauriti, demotivati ricorrono alla medicina difensiva sempre più spesso e appena possono vanno via.
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Le aziende ospedaliere, costrette a rispondere ad esigenze di bilancio, tagliano il capitolo di spesa più oneroso, La vita in ospedale oggi è dura, è ovvero il vero. Detta così sembrerebbe scontato. personale I non addetti penseranno: “certo che è dura, hai scelto una professione pesante, impegnativa mentalmente e fisicamente”. Ma non sono questi i motivi che stanno lentamente consumando la passione e la vocazione del medico italiano. La vita in ospedale è dura a causa dell’organizzazione delle cure che appartiene ad un’epoca ormai trascorsa. Le aziende ospedaliere, costrette a rispondere ad esigenze di bilancio, tagliano il capitolo di spesa più oneroso, ovvero il personale, le infrastrutture stentano ad adeguarsi alle nuove cure, l’organizzazione del numero di presidi sul territorio, e tipologia di ospedali, legata a vincoli economici e di risparmio, non tiene conto dell’incidenza territoriale e della prevalenza territoriale di patologie, e così se oggi facciamo un giro negli ospedali vediamo medici che si sdoppiano tra ambulatori iperaffollati e reparti con barelle, in perenne carenza di personale, pronto soccorsi che in alcuni territori italiani ricordano assetti di guerra. E nel frattempo il Covid ha sferrato il colpo di grazia ad una struttura organizzativa in crisi, i tempi di attesa per una visita raddoppiano, raggiugendo e superando per alcune prestazioni anche i due anni, l’aspettativa di vita me-
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dia si riduce di 1,2 anni (dati Istat) e la popolazione si rivolge sempre più frequentemente alle cure private. Il rapporto «State of health in the Eu» della Commissione europea e dell’Oecd sottolinea che in Italia la spesa out of pocket è la più alta dell’Ue con una media del 23,5% (2017) contro il 16% degli altri Stati membri. Un cittadino su 10 secondo l’Istat rinuncia alle cure per mancanza di denaro o tempi di attesa.
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Medici che si sdoppiano tra ambulatori iperaffollati e reparti con barelle, in perenne carenza di personale, pronto soccorsi che in alcuni territori italiani ricordano assetti di guerra
In questo quadro la domanda che ci facciamo è: che responsabilità ha il medico? Oggettivamente poche, soggettivamente, per i pazienti, la maggior parte, visto il trattamento che a noi viene riservato molto spesso. Forse la responsabilità maggiore è quella di aver continuato a lavorare senza avere la forza di scendere in piazza, bloccare il sistema di cure. La regionalizzazione ha contribuito sicuramente ad acuire le diversità territoriali. Il confronto tra Nord e Sud nella distribuzione del finanziamento, e la molto più variegata geografia della salute, «mette in luce lo squilibrio tra i bisogni potenziali di assistenza sanitaria e i criteri allocativi delle risorse adottati», osserva l’Istat. Nelle Regioni del mezzogiorno la quota pro-capite di finanziamento non raggiunge i 1.900 euro, con il minimo di 1.755 in Campania, mentre in altre aree del Paese supera i 2 mila euro. I valori massimi, superiori ai 2.300 euro, si rilevano in Valle d’Aosta, Bolzano e Trento, dove sono anche più elevate le dotazioni medie di personale sanitario, a fronte di prevalenze nettamente più basse di popolazione in cattive condizioni di salute. La situazione è «critica» nelle Regioni che devono far fronte a piani di rientro, che hanno bassi livelli di dotazione di personale sanitario e ricevono un finanziamento inferiore a quello correlato al bisogno (1.810 euro per abitante in Puglia, 1.890 nelle Marche e 1.915 in Sardegna). Ma la fuga di medici non appartiene solo al sud Italia. È un fenomeno ormai diffuso in tutto il Paese. Soluzioni? La domanda amletica cui rispondere è: Occorre investire in sanità o in salute? Questo dilemma è all’ordine del giorno della discussione politica da anni. Non basta investire in sanità. Occorre investire in salute. Per farlo prima di tutSegue a pagina 16 d!rigenza medica
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Reazioni avverse da vaccinazione anti SARSCoV-2
COSA DICONO I DATI
Dopo che in Europa e negli Usa sono state somministrate centinaia di milioni di dosi di vaccini è possibile, grazie ai capillari sistemi di farmacovigilanza messi in opera dalle agenzie di controllo, tracciare un primo bilancio sui più significativi effetti avversi collegati alla vaccinazione. Nel complesso, è confermato che i benefici della vaccinazione sono nettamente superiori ai rischi. Molti degli effetti avversi osservati nei vaccinati, come le trombosi o la miocardite, si presentano infatti con frequenza e gravità maggiore tra i pazienti Covid-19
concetta castilletti Dirigente Biologo, Responsabile UOS Virus Emergenti articolazione del Laboratorio di Virologia e Laboratori di Biosicurezza, Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani, IRCCS
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I vaccini rappresentano una delle più grandi conquiste di salute pubblica della medicina moderna. L’obiettivo della vaccinazione è quello di simulare l’infezione, stimolando in questo modo il sistema immunitario a reagire. Non deve quindi sorprendere il fatto che la vaccinazione possa portare a reazioni dell’organismo che altro non sono che gli effetti dell’infiammazione necessaria per attivare la risposta immunitaria. La maggior parte di questi effetti collaterali sono lievi: dolore, gonfiore o rossore nel sito di iniezione, oppure reazioni sistemiche come febbre, malessere, dolori muscolari, cefalea. Sono eventi che si risolvono nell’arco di 24/48 ore e non comportano alcun pericolo. I vaccini devono superare soglie di efficacia e sicurezza rigorose e predeterminate prima di essere autorizzati, ma quando si passa dalla sperimentazione clinica, che coinvolge qualche migliaio di persone, alla vaccinazione di massa di milioni di persone di ogni tipo, età e condizioni di salute, cominciano ad emergere anche le segnalazioni di eventi avversi più rari. Per questo motivo è
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essenziale sorvegliare la sicurezza postmarketing per rilevare eventi avversi rari o gravi associati ai vaccini. Negli Usa è stato realizzato un sistema di segnalazione volontaria denominato Vaers (Vaccine Adverse Event Reporting System), approvato dai Cdc e da Fda. La segnalazione volontaria ha tuttavia delle limitazioni, dovute da una parte ad una minore notifica dei casi e dall’altra alla reale determinazione del rapporto di causa-effetto tra il vaccino e l’evento riportato. Per affrontare questi problemi, il Cdc ha progettato il sistema Vsd (Vaccine Safety Datalink), che realizza valutazioni della sicurezza dei vaccini all’interno di una popolazione definita, e che ha permesso di valutare con elevata efficacia gli ultimi
vaccini realizzati, come il difterite-tetano-pertosse acellulare, il meningococco coniugato, l’influenza stagionale, ed altri. In Europa dal 2001, con qualche anno di anticipo rispetto agli Usa, l’Ema e le autorità nazionali competenti (Nca) degli Stati membri monitorano le reazioni avverse ai vaccini secondo uno specifico piano di farmacovigilanza, utilizzando il sistema EudraVigilance che raccoglie le notifiche e l’analisi delle sospette reazioni avverse ai farmaci ed ai vaccini e fornisce accesso pubblico alle segnalazioni di sospette reazioni avverse. Tali segnalazioni sono essenziali per valutare i benefici e i rischi dei medicinali durante il loro sviluppo e per monitorare la loro sicurezza dopo la loro autorizzazione nell’Ue. numero 8 - 2021
dirigenza sanitaria
Questa condizione, denominata Vitt (vaccine induced immune thrombotic thrombocytopenia) sembra essere causata da un anticorpo del fattore 4 delle piastrine (PF4). In uno studio condotto su 280.000 vaccinati con la prima dose del vaccino Vaxzevria in Danimarca e Norvegia, confrontando gli episodi di eventi avversi gravi verificatisi tra i vaccinati con quelli attesi nella popolazione generale sulla base dei dati storici, sono stati osservati 59 eventi tromboembolici contro 30 attesi, e sette casi di trombosi venosa cerebrale contro 0,3 attesi.
In considerazione dell’urgenza e delle vaste campagne di vaccinazione contro Covid-19, Ema e Nca hanno messo a punto un piano di farmacovigilanza specifico per i vaccini anti Sars-CoV-2, in modo da garantire che tutte le nuove informazioni raccolte dopo l’immissione in commercio siano prontamente revisionate e che qualsiasi nuova informazione emergente sia condivisa con il pubblico in modo tempestivo. L’esperienza acquisita durante la pandemia di influenza (H1N1) del 2009 ha facilitato notevolmente il compito di revisione ed elaborazione di questi dati. In Italia, l’Aifa pubblica mensilmente un rapporto di sorveglianza sui vaccini Covid-19, nel quale vengono elaborati i dati su tutte le segnalazioni pervenute dalla rete di farmacovigilanza in merinumero 8 - 2021
to a eventi e reazioni avverse e ad effetti indesiderati dei vaccini Covid-19. Gli ultimi dati disponibili, relativi al periodo 27 dicembre 2020 – 27 luglio 2021, evidenziano un totale di 84.322 sospette reazioni avverse su 65.926.591 somministrazioni, pari allo 0,13%. Di queste, 10.805, pari a 16 casi su 100.000, sono state classificate come gravi e al momento della chiusura del rapporto il 58% di esse era risolto o in miglioramento. I decessi complessivi sono stati 498 (0,75 per 100.000), di cui il 59,9% non correlabile alla vaccinazione, il 33,2% indeterminato e il 4,5% inclassificabile. In definitiva, nei primi 7 mesi, il decesso è stato classificato come correlabile alla vaccinazione in sette casi, pari a 0,11 casi di decesso per milione di somministrazioni vaccinali. Tra gli eventi avversi gravi, il più noto al momento è un possibile collegamento tra i vaccini Vaxzevria (AstraZeneca) e Janssen (Johnson & Johnson) e una rara forma tromboembolica in soggetti di età perlopiù inferiore ai 50 anni.
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L’Aifa pubblica mensilmente un rapporto di sorveglianza sui vaccini Covid-19, nel quale vengono elaborati i dati su tutte le segnalazioni pervenute in merito a eventi e reazioni avverse e ad effetti indesiderati dei vaccini Covid-19
L’Ema, confrontando rischi e benefici della vaccinazione con Vaxzevria in contesti di bassa, media ed elevata prevalenza del virus, è comunque giunta alla conclusione che i benefici di questi vaccini sono largamente superiori ai rischi. L’Aifa ha pubblicato sul proprio sito un documento, strutturato in forma di Faq, contenente le conclusioni di un gruppo di esperti in patologie della coagulazione, finalizzato a fornire ai medici non specialisti e al personale sanitario le informazioni attualmente disponibili per identificare precocemente e gestire nel modo più appropriato questo evento avverso. Un secondo evento avverso di natura ematica collegato sempre ai vaccini a vettore adenovirale è lo sviluppo di casi di porpora trombocitopenica immune e di perdita capillare, per i quali è stata stimata una incidenza di 1,13 casi per 100.000 dosi somministrate, che hanno indotto l’Ema a emanare raccomandazione affinché siano inserite come possibili eventi avversi di questi vaccini. Con la somministrazione del vaccino Janssen è stato osservato un lieve incremento del rischio di sviluppare la Sindrome di Guillain-Barré (GBS). Sia la Fda che l’Ema, sulla base di un’analisi del sistema di sorveglianza Usa, che ha segnalato 100 casi di GBS su circa 12,5 milioni di dosi somministrate, di cui 95 gravi, con un decesso, hanno anSegue a pagina 16 d!rigenza medica
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I fatti… e le parole to è assolutamente necessario iniziare a guardare la sanità non come un costo ma come un risorsa ineluttabile per poter continuare a produrre. Gli elementi produttivi sono gli operatori sanitari e senza una adeguata retribuzione e luoghi di lavoro ed ambienti idonei la produttività cala inevitabilmente. Se volessimo seguire una logica puramente economicistica, che probabilmente appartiene maggiormente ai legislatori della logica eticistica, il risultato sarebbe simile. I fattori produttivi essenziali sono macchine e operatori sanitari. Se non hai fattori produttivi non ha produttività. Il prodotto che ogni azienda ospedaliera dovrebbe ‘vendere’ ma a noi piace ancora utilizzare il termine ‘erogare’, è la salute, ma se il prodotto non viene ‘acquistato’ dal cittadino che fugge al pari del medico, l’azienda fallisce. Possiamo continuare con circonvoluzioni metaforiche che porterebbero tutte allo stesso risultato: senza investimenti può esistere solo la banca rotta. Ma non è certamente questa la volontà
del legislatore, né tanto meno possiamo immaginare che il legislatore voglia shiftare verso una sanità privatistica o mista, come in altri stati che apparentemente potrebbe risultare più proficua in termini economici o meglio meno dispendiosa. Non vogliamo immaginare che discussioni di altra natura possano occupare il residuo tempo a disposizione dei legislatori, al punto da non vedere la crisi del sistema di cure. Non vogliamo immaginare che il legislatore pensi di risolvere il problema della fuga dei medici eliminando il numero chiuso per l’accesso alla facoltà di medicina e il problema delle cure con gli ospedali di comunità. Sarebbe miope e scellerato. Ma siamo convinti invece che il legislatore sia conscio dello stato del nostro amato sistema sanitario nazionale, siamo convinti che il legislatore abbia pronta una riforma dell’organizzazione delle cure che non appartenga solo al territorio, croce e delizia di un’epoca pandemica in cui tutti sono concentrati a guardare il dito mentre la luna piena illumina il mondo.
Siamo convinti che il legislatore stia pensando a come gratificare, incoraggiare, premiare quegli eroi che sono stati insigniti di targhe, quegli eroi silenziosi che ancora oggi continuano a lavorare, quegli eroi, che tali sono stati considerati solo durante la pandemia ma che eroi erano ancor prima del Covid. Si perché gli eroi, e non i cattivi ma quelli buoni, solo gli eroi buoni subiscono denunce (il 95% delle quali si rivela senza senso), subiscono percosse (le aggressioni al personale sanitario sono in continua crescita), lavorano almeno 300 ore in più del normale ogni anno, non intravedono grandi prospettive di crescita, e nonostante tutto continuano lavorare. Ma anche i super eroi possono andare in pensione. Anzi ci vanno. Come in ogni fumetto che si rispetti, arriva il momento in cui il super eroe lascia la scena. Siamo sicuri che però è questo l’epilogo che vogliamo?
Segue da pag. 15
Reazioni avverse da vaccinazione anti SARS-CoV-2 nunciato la revisione delle schede informative di questo vaccino, includendovi l’indicazione dell’aumento del rischio di contrarre GBS dopo la vaccinazione. Riguardo i vaccini a mRNA (PfizerBioNTech e Moderna), un effetto avverso attualmente sotto investigazione è legato ad alcuni casi di pericardite o miocardite riscontrati perlopiù in adolescenti e giovani adulti di sesso maschile, che si manifesta più spesso dopo la seconda dose vaccinale e si risolve in pochi giorni e con esito benigno. Un nesso causale chiaro non è stato ancora individuato, tuttavia l’Oms ha riportato che, in base ai dati di farmacosorveglianza provenienti dagli Stati Uniti, all’11 giugno 2021 sono stati registrati 40,6 casi di miocardite per milione di seconde dosi tra i maschi di età compresa tra 12 e 29 anni, e 4,2 casi per milione tra le femmine della stessa età. Per le persone di età superiore a 30 an16
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ni il numero di casi scende rispettivamente a 2,4 e un caso per milione di seconde dosi. Sulla base di queste e di altre evidenze, l’Ema ha segnalato che la pericardite e la miocardite possono manifestarsi, in rarissimi casi, dopo la vaccinazione a mRNA, ed ha raccomandato queste manifestazioni cliniche tra i possibili effetti avversi. Tuttavia, tanto l’Ema che l’Oms hanno ribadito che i benefici della vaccinazione continuano ad essere superiori ai rischi, ed a questo proposito va sottolineato che uno studio condotto in Israele su circa 1,9 milioni di persone, suddivise tra vaccinati e non vaccinati, ha evidenziato che il rischio di miocardite è notevolmente superiore nei pazienti Covid-19 rispetto ai vaccinati.
Vsd, che includono dati dettagliati su popolazioni ampie e diverse, è essenziale per una solida e corretta valutazione della sicurezza dei vaccini. Essi inoltre svolgono la funzione fondamentale di informare il pubblico ed aiutare a superare l’esitazione alla vaccinazione, specialmente in situazioni come quella che stiamo vivendo, in cui la somministrazione su larga scala è fondamentale per la risoluzione dell’evento pandemico.
Le persone che in Ue e negli USA hanno ricevuto il vaccino anti Sars-CoV-2 sono oggi più di 400 milioni, la maggior parte con vaccini a mRNA. Il sostegno a programmi come EudraVigilance e numero 8 - 2021
contratto ILIl CONTRATTO che vogliamo CHE VOGLIAMO 21_0 iniziativa 20
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Supplemento 1 Medica 6/202 a Dirigenza ed l’Anaao Assom il mensile del
INIZIATIVLAIERA OSPEDA TA LA RIVISA AO DELL’AN D ASSOME
INDIRIZZIL DEL CCN21 2019-20 e eppe Montant A cura di Gius lavoro di per il Gruppo i e Formazione ud del Centro St ed Anaao Assom
www.anaao.it
Le richieste dell’Anaao per il Ccnl 2019-2021
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