DIRIGENZA MEDICA 10/2013

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I L M E N S I L E D E L L’ A N A A O A S S O M E D

NUMERO 10 - 2013

dm dirigenzamedica Convegno Cosmed Ecco le nostre scelte per uscire dalla crisi

Servizi Anaao Copertura assicurativa completa

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RAPPORTO OCSE 2013

IN ITALIA SI SPENDE SEMPRE MENO PER LA SANITA’ Colpa della crisi, ma anche della politica di tagli lineari. Ma restiamo il popolo più longevo. Prima di noi solo la Svizzera Dirigenza Medica - Anno XII - n. 10 - 2013 - Poste Italiane Spa - Sped. in Abb. Postale D.l. 353/2003 (Conv. in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, dr Commerciale Business Roma N.11/2006 - www.anaao.it In caso di mancato recapito inviare al CMP/CPO di Roma - Romanina per la restituzione al mittente previo pagamento resi


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Convegno Cosmed

“Ecco le nostre scelte indis per uscire dalla crisi” Dare lavoro buono a tut- “Bisogna fare partecipare i dirigenti del Ssn ai processi decisionali. Loro conoscono i punti di ti i disoccupati e i preforza e di debolezza dei processi produttivi. Se così non si farà si rischieranno tagli lineari cari attraverso la semplificazione delle as- che metteranno in crisi i servizi e i diritti costituzionali”. Questo il monito rivolto al sunzioni e la riduzione Governo nel corso del convegno. La Confederazione chiede di essere coinvolta nelle scelte del carico fiscale sul la- che dovrebbero portare a risparmi pari a 32 miliardi da qui al 2016. voro, compensata dal recupero dell’evasione fiscale e da una proporzionale riduzione della spe- essere coinvolta. Per questo ha lanciato anche un relli, che dovrà trovare risorse per 32 miliardi di sa pubblica inefficiente. Chi ha ricevuto o trat- appello all’unità ai propri iscritti e alla sanità in- euro entro il 2016 con risultati significativi (60 tenuto indebitamente denaro pubblico deve ren- tera. “Il quadro politico sta avviandosi ad una milioni) già nel 2014. “Cottarelli – osserva la Coderlo perché lo si possa dare a chi lo merita sot- frammentazione ulteriore e si stanno delineando smed nel documento – riconosce che sarebbe imto forma di occupazione produttiva. Lottare con- crisi di tutti i gruppi dirigenti che storicamente possibile ottenere risultati concreti cercando di tro l’evasione fiscale che costa allo Stato, quindi hanno governato – ha affermato la Cosmed nel agire genericamente ‘contro’ la pubblica ammia quelli che le tasse le pagano, 120 miliardi di eu- documento elaborato in occasione dell’evento – nistrazione e la sua spesa e afferma che la reviro ogni anno. Lottare contro la corruzione e il questo a tutto vantaggio di gruppi emergenti che sione di spesa si farà “assieme” alla pubblica ammalcostume amministrativo che costa 60 miliar- raccolgono il malcontento e la rassegnazione di ministrazione. Siamo persuasi anche noi dirigendi di euro l’anno ai contribuenti, mediante rego- una popolazione stremata e umiliata dall’iniqui- ti della Pubblica Amministrazione che una aziole semplici ed estremamente rigorose per espel- tà sociale e dalla disonestà dilagante nel Paese, nel ne non mirata e la riedizione dei tagli lineari prolere la politica affaristica e clientelare dalle pub- mondo politico e nella pubblica amministrazio- vochino, da una parte, la reazione corporativa delbliche amministrazioni. Riaprire la stagione con- ne. Nel contempo, si stanno affacciando alla gui- l’apparato burocratico alle imposizioni dall’esterno trattuale, per mettere mano a processi di riorga- da dei Partiti nuovi gruppi dirigenti che si candi- e, dall’altra resistenze trasversali, sindacali e ponizzazione ed efficientamento della pubblica am- dano alla guida del Paese con ricette vecchie e litiche. Invece, un’azione mirata sugli sprechi e le ministrazione attraverso un maggior riconosci- nuove, di diversa inclinazione politica, di diffici- inefficienze potrà spezzare la resistenza passiva mento del merito e di specifiche aree di contrat- le radicamento in una società disaffezionata da e mettere in gioco le forze migliori della dirigentazione per le responsabilità dirigenziali e pro- sistemi elettorali parlamentari centralizzati e de- za del Paese”. fessionali della sanità. Riconsiderare la “questio- responsabilizzanti, peraltro delegittimati anche Su questa strada la Cosmed, è disposta ad assune previdenziale” ed in articolare la previdenza dalla Corte Costituzionale”. Di fronte a questo mere un ruolo di parte sociale responsabile e prointegrativa. Investire sulla formazione delle nuo- scenario assai preoccupante ritorna ad essere un attiva. D’altra parte, secondo la Confederazione, ve generazioni di lavoratori ed in particolare di valore basilare l’associazionismo sindacale auto- “nelle amministrazioni sono i dirigenti che codirigenti. Coinvolgere la Cosmed, quale rappre- nomo che, democraticamente e con la piena par- noscono meglio di chiunque altro i punti di forsentanza della dirigenza, nel processo di consul- tecipazione ai diversi livelli di rappresentanza, za e di debolezza dei processi produttivi, sono lotazione e motivazione delle parti sociali per la re- supplisce ad una funzione di aggregazione socia- ro che detengono le informazioni necessarie per visione della spesa. le, orientamento ideale, mobilitazione creativa e analizzare i problemi e proporre interventi corSono queste le scelte indispensabili, che lo Stato progettualità politico economica. E la Cosmed si rettivi. Perché il percorso virtuoso che si vuole deve fare per far fronte alle persistenti difficoltà inserisce in questo scenario per dare voce alla di- imboccare non si inceppi, occorre responsabilizeconomiche del Paese, indicate dalla Cosmed, la rigenza, per farla partecipare ai processi decisio- zare e motivare la dirigenza delle pubbliche amConfederazione che riunisce i medici e i dirigen- nali, per assicurare un coinvolgimento collettivo ministrazioni e non mancherà il nostro impegno ti del Ssn, nel corso del convegno promosso a Ro- nell’impresa non facile di ridare forza e credibili- di Confederazione responsabile sulle ‘scelte inma dal titolo”L’impatto della crisi sulla Pubblica tà al nostro Paese, per assicurare a tutti lavoro, dispensabili’ se avremo riconosciuto il ruolo che Amministrazione e sul Welfare. La Cosmed e i previdenza, sanità, sicurezza sociale. In una pa- desideriamo svolgere”. Altrimenti, avverte la CoPartiti a confronto sulle scelte indispensabili”. rola, per difendere il nostro welfare solidale”. smed, “sarà difficile ottenere risultati se la diriScelte imprescindibili perché “i tagli della spesa genza non sarà motivata a cooperare perché il sipubblica non devono essere riduzioni dei servizi Sulla spending review stema di fare revisione della spesa e di prendere che occorrono per garantire i diritti costituzio- Un impegno che la Cosmed ribadisce anche in vi- decisioni a livello centrale ha già manifestato le nali di salute, istruzione, giustizia, previdenza, or- sta del processo di Spending Review che il Go- sue debolezze in passato. Non funzionando l’apdine pubblico” e sulle quali la Cosmed chiede di verno ha affidato al Commissario Carlo Cotta- proccio centralistico si rischia di tornare ai disa-


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I NUMERI DELLA CRISI Potere di acquisto sceso del 10%, taglio di 130 mila dipendenti pubblici nel 2012, pensionati sempre più poveri. Sono queste alcune delle conseguenze dei provvedimenti legislativi degli ultimi anni presentati dalla Cosmed.

pensabili strosi tagli lineari”. Ma se i tagli verranno fatti con il bisturi e con precisione chirurgica, analizzando le criticità comparto per comparto per superare la logica delle riduzioni lineari, “la sanità potrà averne un enorme beneficio in termini di risparmi, di efficienza, di qualità delle prestazioni e di soddisfazione del personale sanitario la cui valutazione di merito è quanto mai facile (costi standard, esiti e tempi) e talvolta drammaticamente evidente”. “Cottarelli – ricorda infine la Cosmed – si è soffermato su un tema spinoso, quello dei manager pubblici affermando che ‘debbano avere maggiore capacità gestionale e credo che occorra trovare il modo di penalizzare se certi risultati non vengono raggiunti e di premiare invece chi va bene’. Se questo vuol dire responsabilizzare tutti i dirigenti, Cosemd è d’accordo; perché quella condivisione che si sta realizzando tra Governo e Regioni, si riproduce anche a livello aziendale di Asl o di Ospedale dove, analogamente, si deve saldare tra dirigenza generale e dirigenti medici e sanitari. Al livello delle strutture complesse delle Asl/Ao – ribadisce la Cosmed – i centri di spesa devono essere revisionati da chi li dirige che, responsabilmente, potrà proporre risparmi e averne il meritato riconoscimento contrattuale”.

POTERE D’ACQUISTO, con la PENSIONATI POVERI. Quasi la crisi -10%. Il potere d’acquisto metà dei pensionati Inps (il delle famiglie nel 2012 ha tocca- 45,2%) ha un reddito da pento il -10% dal 2008. Il bilancio so- sione inferiore ai 1.000 euro al ciale Inps, presentato nei giorni mese. Su quasi 7,2 milioni di scorsi, conferma che tra il 2011 pensionati che non arrivano a e il 2012 il calo è stato del 4,9%. 1.000 euro ce ne sono 2,26 milioni (il 14,3% del Nel complesso nei quattro anni consiDipendenti pubblici complesso) che derati il reddito ditagliati nel 2012 non arriva a 500 euro. Possono insponibile delle famivece contare su più glie ha perso in medi 3.000 euro al media l’1,8% (-2% tra il se poco più di 2011 e il 2012). La 650.000 pensionati. spesa per gli ammortizzatori sociali Spesa per gli EFFETTO FORNEammortizzatori RO. L’applicazione nel 2012 è aumensociali nel 2012 della riforma sulle tata del 19% rispetpensioni ha “radito al 2011 superancalmente modificado quota 22,7 miliarto” il sistema e prodi. La spesa princidotto un “freno ai pale, secondo l’Inps, è quella per la disocReddito mensile nuovi pensionacupazione con per il 45,2% di menti”. Nell’ambito 13,811 miliardi, oltre pensionati Inps previdenziale si registrano 629.774 due miliardi in più rinuovi trattamenti, spetto agli 11,684 miconsiderando anliardi spesi nel 2011. NEL 2012 TAGLIATI 130MILA che le nuove pensioni ex Inpdap DIPENDENTI PUBBLICI. Una ed ex Enpals, con un calo comemorragia di dipendenti pubblici. plessivo del 7,4% rispetto al Nell’anno passato i lavoratori pub- 2011. Il numero delle nuove preblici sono diminuiti, a causa del stazioni assistenziali (516.566) è blocco del turnover e dei nume- invece salito del 21,8% rispetto rosi pensionamenti, di 130.000 all’anno precedente (+23,4% i unità (-4%) passando da 3,23 mi- trasferimenti agli invalidi civili). Le lioni a 3,1 milioni. Nel 2012 le en- pensioni liquidate nel 2012 sotrate contributive ex Inpdap sono no state complessivamente 1.146.340 (il 55% pensioni precalate di 4,78 miliardi (-8,2%).

130.000

+19%

-1.000€

videnziali e il 45% prestazioni di natura assistenziale) con un aumento del 3,8% rispetto al 2011. LAVORATORI DOMESTICI. Diminuiscono i lavoratori domestici iscritti all’Inps: nel 2012 ammontavano a 686.880 con una riduzione di 12.077 unità rispetto al 2011 (-1,7%), con una riduzione più marcata per gli uomini (-6,7%) rispetto alle donne (-1,1%). Solo il 23,3% dei lavoratori domestici è italiano mentre il restante 76,7% è straniero. La componente italiana è cresciuta del 1,2% e quella straniera si è ridotta del 2,2%. Gli stranieri sono occupati prevalentemente nell’assistenza agli anziani e ai disabili; le donne rappresentano l’89,3% del totale. I lavoratori domestici sono concentrati per oltre il 51% nel nord, per quasi il 30% al centro e per la restante parte al sud. IL DISAVANZO. Il saldo tra entrate e uscite è negativo con un disavanzo complessivo di 9,8 miliardi, determinato per lo più dalla parte corrente. Sono i dati economici del 2012 dell’Inps. Il disavanzo del 2012 è stato determinato, come si legge nel rapporto, da un aumento delle uscite complessive di oltre 17 miliardi, dovuto anche all’integrazione dell’ex Inpdap, di cui circa 7 miliardi per prestazioni istituzionali. Le entrate sono aumentate di 6,7 miliardi, incremento quasi interamente determinato dall’aumento del trasferimento dello Stato, più 9,7 miliardi e dalla riduzione delle entrate da contributi, meno 2,4 miliardi.

LE “LEGGI SPECIALI” CONTRO I DIPENDENTI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE “Tutte le leggi degli ultimi 5 anni hanno previsto penalizzazioni specifiche per i dipendenti pubblici diventati bersaglio fisso”. La denuncia arriva dalla Cosmed, secondo la quale “il dipendente pubblico è diventato un cittadino di serie B: il diritto al lavoro, alla retribuzione, all’equità fiscale e le stesse norme costituzionali non si applicano integralmente ai dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni”. Dal Ddl “legge di stabilità 2014” • Proroga della soppressione del contratto di lavoro per il 5° anno consecutivo, senza possibilità di recupero economico. Solo per i dipendenti pubblici. • Proroga del blocco delle retribuzioni individuali per il 4° anno consecutivo. Solo per i dipendenti pubblici. • Blocco dei fondi per la contrattazione decentrata con riduzione proporzionale agli organici per il 4° anno consecutivo. Solo per i dipendenti pubblici • Soppressione dell’indennità di vacanza contrattuale per 4 anni fino al 2017. Solo per i dipendenti pubblici. • Blocco del turnover fino al 2018 con

riduzione della spesa per il personale precario. Solo per i dipendenti pubblici. Pagamento della liquidazione differito in tre rate posticipate annuali ( fino a 48 mesi di pagamenti differiti). Solo per i dipendenti pubblici

Dai precedenti provvedimenti (Legge stabilità 2013 - leggi 125/2013 - 214/2011 - 111/2011 122/2010, accordi sul costo del lavoro, legge 150/2009). • Incarichi aggiuntivi non retribuiti. Solo per i dipendenti pubblici • Revoca dei precedenti aumenti contrattuali già stipulati superiori al 3.2%. 0,8% solo per i dipendenti pubblici.

• Demansionamento discrezionale con facoltà di modifica degli incarichi dirigenziali alla scadenza, anche in presenza di valutazione positiva e senza ristrutturazione aziendale, con riduzione stipendiale in deroga ai contratti di lavoro. Solo per i dipendenti pubblici. • Revoca degli incarichi dirigenziali in qualunque momento. Solo per i dipendenti pubblici • Pensione di vecchiaia per le donne a 65 anni. Solo per le donne della pubblica amministrazione • Esclusione dei dipendenti pubblici dal pensionamento anticipato ex art.15 bis legge “Fornero”. Solo per i dipendenti pubblici. • Esclusione dei dipendenti pubblici da parte delle detrazioni fiscali per la previdenza integrativa. Solo per i dipendenti pubblici. • Penalizzazioni economiche in caso di malattia. Solo per i dipendenti pubblici. • Precariato a vita senza ammortizzatori sociali in caso di licenziamento. Solo

per i dipendenti pubblici. • Aumenti contrattuali secondo le disponibilità della finanza pubblica ovvero del datore di lavoro. Solo per i dipendenti pubblici. • Recupero dell’inflazione nel triennio contrattuale successivo. Solo per i dipendenti pubblici. • Assenza di detrazioni fiscali per il salario di produttività. Solo per i dipendenti pubblici. • Salario di risultato a scaglioni predeterminati a prescindere dagli effettivi risultati ottenuti. Solo per i dipendenti pubblici. • Pubblicità dei redditi e dati di carriera. Solo per i dipendenti pubblici. • Massima riservatezza sulla denuncia dei redditi, condoni per capitali e beni di lusso all’estero. Solo per evasori non dipendenti pubblici. • Contributi di solidarietà: dichiarati illegittimi dalla Corte Costituzionale. Erano riservati ai dipendenti pubblici e ai pensionati. Ci riprovano con i pensionati.


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Ocse. Il Rapporto sanità Health at a Glance 2013

Spesa sanitaria italiana Ma restiamo i più longevi dopo la La spesa sanitaria pro-capite italiana si è ridotta

del 2% in termini reali nel 2011. Si stima poi che un’ulteriore riduzione pari allo 0,4% si sia verificata nel 2012. E questo nonostante nel biennio 2009-2011 la media Ocse registri un incremento, seppur limitato allo 0,2%. La diminuzione italiana, comunque, è un fenomeno che riguarda almeno altri 10 paesi Europei nel biennio 2009-2011 a seguito della crisi e della conseguente necessità di consolidamento fiscale. Sono questi i dati contenuti nell’edizione 2013 di Health at a Glance, il rapporto dell’Ocse che fotografa la situazione e le performance sanitarie dei diversi paesi aderenti.Secondo l’Ocse, questa condizione richiede all’Italia, così come agli altri Paesi, di migliorare la produttività, l’efficienza e la sostenibilità finanziaria del sistema sanitario. L’Italia ha messo in atto misure al fine di contenere i costi e migliorare l’integrità fiscale: il Patto per la Salute 2010-12 ha posto una gran-

Il rapporto Health at a Glance 2013 in sintesi

GLI SCENARI NEI PAESI OCSE Il rapporto presenta i trend e i fattori che hanno un impatto sullo stato di salute, sui servizi e le politiche sanitarie nei Paesi dell’Ocse e nei Paesi Briics. Sebbene indicatori quali la speranza di vita e la mortalità infantile indichino un miglioramento nell’insieme, le disuguaglianze di reddito, l’istruzione e altri indicatori sociali incidono ancora in modo significativo sullo stato di salute e l’accesso ai servizi sanitari. Disparità nel campo della salute pubblica che possono trovare una spiegazione nelle differenze di condizioni di vita e di lavoro, come anche nelle differenze riscontrate nei dati sanitari collegati agli stili di vita qui presentati (p.

Contrazioni in altri 10 Pesi europei a seguito della crisi e della

conseguente necessità di consolidamento fiscale. Tra i rilievi dell’Ocse al nostro Paese: ancora alterato il rapporto mediciinfermieri, pochi farmaci generici, troppi cesarei, obesità infantile. Ma per l’influenza i nostri anziani si vaccinano più di molti altri. de enfasi sul controllo della spesa pubblica attraverso la riduzione del numero di posti letto, dei ricoveri e della durata delle degenze. In Italia si vive più a lungo È il secondo Paese più longevo tra i paesi Ocse, con un’aspettativa di vita media di 82,7 anni, come il Giappone. Va meglio, ma davvero per poco, solo agli svizzeri, dove l’aspettativa di vita raggiunge gli 82,8 anni. La speranza di vita supera comunque gli 80 anni nella gran maggioranza dei paesi Ocse (media 80,1 anni). Tuttavia, un po’ ovunque, Italia compresa, ad avere la meglio so-

es. fumare, consumo dannoso di alcolici, scarsa attività fisica e obesità). Dal rapporto emergono notevoli variazioni della spesa sanitaria dei diversi Paesi esaminati in termini di spesa pro capite, di quota rispetto al Pil e nei trend recenti. In media nell’insieme dei Paesi dell’Ocse, la spesa sanitaria pro capite è aumentata annualmente del 4,1% in termini reali durante il periodo 2000-2009. Negli anni 2009-10 e 201011, tuttavia, la spesa sanitaria pro capite è rallentata facendo registrare un tasso di crescita pari allo 0,2% poiché nei suddetti periodi molti Paesi hanno tagliato la spesa sanitaria al fine di ridurre i disavanzi di bilancio e il debito pubblico, specie in Europa. I Paesi non europei dell’area Ocse hanno continuato a registrare un aumento della spesa sanitaria, sebbene in molti casi il ritmo di aumento sia stato più lento, specie in Canada e negli Stati Uniti. Diversi settori di spesa sono stati colpiti in modo differente: nel 2010-11, la spesa farmaceutica e quella destinata alla prevenzione sono diminuite dell’1,7%, mentre i costi ospedalieri sono aumentati dell’1.0%.

no le donne: se infatti l’aspettativa di vita degli uomini italiani non raggiunge gli 80 anni, le donne sfiorano gli 85. Ma il gap non si limita al confronto uomini-donne. Anche chi è più istruito vive mediamente più a lungo. In media, nei Paesi Ocse, gli uomini istruiti vivono 7,8 anni di più di quelli poco istruiti (in Italia la distinzione si ferma a 5 anni), mentre tra le donne il gap è di 3,8 anni (2,8 in Italia). Medici e infermieri In Italia, nel 2011, c’erano 4,1 medici ogni 1.000 abitanti (tra professionisti che assistono i pa-

Aumenta la speranza di vita nei Paesi dell’Ocse, ma cresce il peso delle malattie croniche. • La speranza di vita media ha superato gli ottanta anni nell’area dell’Ocse nel 2011, un aumento di dieci anni dal 1970. La speranza di vita delle persone nate in Svizzera, Giappone, Italia è la più lunga dell’area dell’Ocse. • Nei Paesi dell’area Ocse, le donne hanno una speranza di vita superiore di 5,5 anni rispetto agli uomini. Le persone con il livello d’istruzione più alto hanno una speranza di vita superiore di sei anni rispetto a quelle che hanno il livello più basso d’istruzione. • Le malattie croniche come il diabete o la demenza sono sempre più diffuse. Nel 2011, quasi il 7% dei 2079enni nei Paesi Ocse, oltre 85 milioni di persone, erano diabetici. Aumenta il numero dei medici pro capite, ma quello degli specialisti è due volte superiore a quello dei medici di base. • Dal 2000 il numero di medici è cre-

sciuto in quasi tutti i Paesi dell’Ocse, sia in termini assoluti sia di rapporto pro capite, ad eccezione di Estonia e Francia in cui il numero dei medici pro capite non è cresciuto e di Israele in cui è diminuito. • Nel 2011, nei Paesi dell’Ocse vi erano in media due specialisti per ogni medico di base. La lenta crescita o la riduzione del numero dei medici di base è fonte di preoccupazione circa l’accesso alle cure sanitarie primarie per tutta la popolazione. Degenze meno lunghe in ospedale. Cresce l’uso dei medicinali equivalenti • Nei Paesi dell’Ocse, la durata di degenza ospedaliera è diminuita da 9,2 giorni nel 2000 a 8,0 giorni nel 2011. • In molti Paesi, la quota di mercato dei farmaci equivalenti (o generici) è aumentata in modo significativo negli ultimi dieci anni. Tuttavia, i medicinali generici rappresentano ancora oggi una quota inferiore al 25% del mercato farmaceutico in Lussemburgo, Italia, Irlanda, Svizzera,


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in calo. Svizzera zienti, manager, ricercatori e professori). Un medico in più di quanto si registri nella media Ocse (3,2 x 1.000 abitanti). Solo Austria (4,8) Russia (5) e Grecia (6,1) hanno più medici di noi. Anche Spagna, Francia e Germania sono sopra la media. Il numero di medici per 1.000 abitanti è invece pari a 2,8 nel Regno Unito. L’Italia non si caratterizza solo per l’alto numero di medici, ma anche per la loro età avanzata. Il 43% ha infatti più di 55 anni (la media Ocse è 32). Più basso della media, invece, il numero di laureati in Medicina per ogni medico, pari a 27,6 contro la media del 33,7. Ma se gli italiani possono contare su più medici che negli altri Paesi Ocse, lo stesso non avviene con gli infermieri. Se la media Ocse è infatti di 8,8 infermieri ogni 1.000 abitanti, il dato italiano si ferma a 6,3, ben al di sotto della Germania, dove gli infermieri ogni 1.000 abitanti sono 11,4, ma anche della Francia (8,7) e del

Giappone e Francia, rispetto al 75% registrato in Germania e nel Regno Unito. • Ampie variazioni nel tasso di utilizzazione di diverse procedure diagnostiche e chirurgiche non possono essere spiegate da differenze nelle esigenze cliniche. Per esempio, nel 2011, i parti cesarei hanno rappresentato più del 45% dell’insieme delle nascite in Messico e in Turchia, il triplo rispetto all’Islanda e i Paesi Bassi, suggerendo possibili utilizzi eccessivi. Migliora la qualità delle cure intensive e primarie, ma c’è ancora molto da fare • I progressi compiuti nel trattamento di patologie che mettono a repentaglio la vita come, gli infarti, gli ictus cerebrali e il cancro, hanno condotto a tassi più alti di sopravvivenza nella maggior parte dei Paesi Ocse. In media, i tassi di mortalità a seguito di un ricovero in ospedale per infarto sono diminuiti del 30% tra il 2001 e il 2011 e nel caso degli ictus cerebrali sono diminuiti

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Regno Unito (8,6). Sotto l’Italia è invece la Spagna, dove gli infermieri sono solo 5,5. I nuovi laureati per ogni infermiere sono, in Italia, 29,6. Ben più basso della media Ocse, dove nel 2011 ci sono stati per ogni infermiere attivo 53,7 nuovi infermieri laureati. Incrociando i due dati, dunque, si ricava che se nei Paesi Ocse ci sono 2,8 infermieri ogni medico, in Italia il rapporto è quasi alla pari: 1,6 infermieri ogni medico. In coda a tutti i Paesi Ocse c’è la Grecia, con un rapporto 0,5 a 1. Anche la Francia è sotto la media Ocse, ma di poco, con 2,6 infermieri ogni medico. Il Regno Unito e la Germania superano invece la linea Ocse rispettivamente con 3,1 infermieri ogni medico e 3 infermieri ogni medico. L’Italia, il Paese dei parti cesarei Il 37,7% dei parti, in Italia, avviene con parto cesareo. Un pessimo risultato, se si considera che la media Ocse si ferma al 26,9% e che peggio dell’Italia ci sono solo la Turchia con il 46,2% e il Messico con il 49% (il Cile registra lo stesso dato italiano). Ben diversa la situazione negli altri Paesi europei assimilabili all’Italia. Se è vero che la quota tedesca di cesarei è sopra la media Ocse, è anche vero che è al di sotto dell’Italia di oltre 6 punti percentuali (31,1%). In Spagna la quota è del 24,9%, nel Regno Unito del 24,1%, in Olanda al 15,6% e in Islanda, il Paese con il miglior risultato, i parti cesarei sono solo il 14,7% del totale. Ancora contenuta la quota dei farmaci generici nel mercato farmaceutico italiano Negli ultimi anni, l’Italia é riuscita a contenere la propria spesa farmaceutica grazie all’aumentata competitività e alla riduzione dei prezzi. Ciononostante, la quota di farmaci generici resta una delle più basse tra i paesi Ocse, con meno di un sesto del volume complessivo dei farmaci venduti. Tale quota è assai più bassa di quanto non si registri in altri paesi europei quali Germania, Regno Unito o Danimarca dove i

di quasi il 25%. Il tasso di sopravvivenza è altresì migliorato per molti tipi di cancro, tra cui il cancro cervicale, i tumori del seno e del colonretto. • Nella maggior parte dei Paesi è ugualmente migliorata la qualità delle cure primarie, come indicato dalla diminuzione dei ricoveri ospedalieri evitabili nel caso di malattie croniche come l’asma e il diabete. Ciò nonostante vi è ancora un margine di manovra per ridurre i ricoveri costosi in ospedale collegati alle suddette patologie. Sistema di assistenza sanitaria universale in quasi tutti i Paesi, ma molte le differenze • Tutti i Paesi dell’Ocse hanno un sistema universale (o quasi universale) di assistenza sanitaria per un insieme di servizi sanitari e di beni essenziali, fuorché il Messico e gli Stati Uniti. Dopo le riforme del 2004, in Messico, la percentuale della popolazione assicurata è cresciuta rapidamente per raggiungere quasi il 90%. Da gennaio 2014, negli Stati

farmaci generici rappresentano circa i tre quarti del mercato. Influenza. Gli anziani si vaccinano più in Italia che in altri Paesi A fronte di una copertura media nei Paesi Ocse pari al 50% nella popolazione over 65, infatti, in Italia, nel 2011, si era sottoposto a vaccinazione contro l’influenza il 63% delle persone con più di 65 anni di età. La copertura, pur sopra la media in gran parte di Europa, si ferma al 55% in Francia, al 56% in Germania, al 58% in Spagna. In Europa il risultato migliore se lo aggiudica però il Regno Unito, con una copertura pari al 74%. Va meglio solo in Australia (75%), Korea (80%) e Messico (94%). Alti tassi di obesità tra i bambini italiani L’incremento dei livelli di obesità nei paesi Ocse è uno dei maggiori problemi di sanità pubblica. “Health at a Glance 2013” mostra che mentre l’obesità tra gli adulti in Italia è piuttosto contenuta, la situazione tra i bambini risulta essere preoccupante, suggerendo quindi alti tassi di obesità anche per la popolazione adulta negli anni a venire. Più di un bambino su tre è attualmente considerato sovrappeso. Ciò pone l’Italia al secondo posto dopo la Grecia tra i paesi Ocse. È pertanto necessario agire per migliorare i costumi alimentari dei bambini e per aumentarne l’attività fisica, che risulta essere la più bassa tra i paesi Ocse. Le precedenti analisi dell’Ocse hanno mostrato che è possibile mettere in atto una serie di misure volte a ridurre l’obesità per un costo medio annuale di 22 dollari per persona. Tali misure dovrebbero contemporaneamente includere la promozione dell’educazione sanitaria nelle scuole, l’auto-regolamentazione della pubblicità rivolta ai bambini di prodotti alimentari, l’introduzione di un sistema di etichettature dei prodotti alimentari nonché l’attività di orientamento a migliorare gli stili di vita effettuato dai medici di medicina generale.

Uniti, in cui il 15% della popolazione non era ancora assicurato nel 2011, l’Affordable Care Act estenderà ulteriormente la copertura dell’assicurazione sanitaria. • L’onere della spesa a carico delle famiglie è una barriera all’accesso alle cure sanitarie in alcuni Paesi. In media, il 20% della spesa sanitaria è pagato direttamente dai pazienti; tale quota varia tra il 10% nei Paesi Bassi e in Francia a oltre il 35 % in Cile, Corea e Messico. • Nel 2011, circa il 19% dei costi vivi per le cure sanitarie nei Paesi dell’Ocse era dovuto alle cure odontoiatriche, mentre il 22% corrispondeva a occhiali, protesi acustiche e altre apparecchiature medico terapeutiche. • Si stima che le persone con un basso reddito abbiano meno probabilità di soddisfare le loro esigenze di cure mediche e odontoiatriche, rispetto alle persone di reddito più alto, e che abbiano ancora meno possibilità di consultare un medico specialista o un dentista.

Aumenta la domanda di lungodegenza • Nel 2011, la speranza di vita per chi ha compiuto 65 anni continua ad aumentare: è di circa 21 anni per le donne e 18 anni per gli uomini nei Paesi dell’Ocse. Tuttavia, molti degli anni di vita aggiuntivi sono vissuti in condizioni di malattia cronica. Per esempio, oltre un quarto degli 85enni e oltre è affetto da demenza. • Nei Paesi dell’Ocse, più del 15% dei cinquantenni e oltre prodigano cure a un parente o a un amico che ha perso l’autonomia; la maggioranza dei badanti è di sesso femminile. • Nell’insieme dell’area dell’Ocse, la spesa pubblica per cure sanitarie di lungodegenza è aumentata annualmente del 4,8% tra il 2005 e il 2011, facendo registrare una quota più alta rispetto alla spesa totale delle cure sanitarie.


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Precariato: il commento Anaao Assomed

Troise:“ Bene la proroga,

ma occorre vigilare e tenersi pronti alla protesta” La direttiva del Ministero della Salute che invita le Regioni a

prorogare fino al 31 dicembre 2016 tutti i contratti a tempo determinato, e che arriva dopo il Dpcm per l’attuazione della legge 125/2013, è una buona soluzione. Ma non bisogna abbassare la guardia fino a quando il provvedimento non completerà l’iter per la definitiva approvazione. “Per il precariato molto è stato fat-

to, ma molto resta da fare”. Commenta così il Segretario Nazionale Anaao Assomed, Costantino Troise, la direttiva alle Regioni con la quale il Ministero della Salute invita a prorogare fino al 31 dicembre 2016 tutti i contratti a tempo determinato. L’iniziativa già anticipata nell’incontro al ministero della salute del 3 dicembre è un ulteriore tassello positivo dopo il Dpcm per l’attuazione della legge 125/2013. “È positivo ed importante – dichiara Troise - l’invito alla proroga per tutte le tipologie di lavoro flessibile, senza distinzione tra contratti a tempo determinato propriamente detti e le numerose forme di contrati atipici esistenti. Come del resto il richiamo alla priorità del mantenimento dei livelli essenziali di assistenza come elemento, non strettamente subordinato alle disponibilità finanziarie”. Grazie anche all’azione dell’Anaao Assomed, sono state inserite nel dispositivo di legge le professionalità del Ssn, inizialmente escluse, è stata migliorata la proposta di Dpcm e si è ottenuto il mantenimento del posto di lavoro anche per i sempre più numerosi contratti atipici. È finalmente maturata la consapevolezza nella classe politi-

ca che il precariato è presente non solo nel comparto ma anche nelle professionalità mediche e sanitarie e nelle figure dirigenziali, e che è necessario non riproporre nuovi inserimenti nel sistema sanitario di quei contratti atipici che in questi anni hanno pesantemente penalizzato, sul piano economico, professionale e previdenziale, una generazione di giovani. Occorre comunque vigilare pronti alla mobilitazione in attesa che: - il Dpcm completi l’iter per essere definitivamente approvato; - Regioni ed aziende proroghino di fatto i contratti in essere, come già avvenuto nel Lazio, sia pur limitatamente al 2014; - il processo di stabilizzazione venga effettivamente realizzato a partire dall’immissione in ruolo dei vincitori di concorso. Rimane aperto, invece, il fronte della formazione medica, specialistica e generale, e della dirigenza sanitaria, per la quale occorre garantire le risorse necessarie al futuro dei giovani e allo stesso sistema sanitario, anche a scapito del finanziamento dei Policlinici privati come peraltro richiesto da una petizione online firmata da migliaia di medici giovani e non.

LA SINTESI DEL DPCM SULLA STABILIZZAZIONE DEI PRECARI L’emanazione della Direttiva ministeriale e l’accordo sui contenuti del Dpcm, che definirà le procedure di stabilizzazione dei precari della sanità che da anni sono impegnati a garantire la tutela della salute e lo sviluppo della ricerca in sanità, sono il frutto dell’intesa raggiunta tra il Ministero della Salute e tutti i sindacati del comparto sanità. “Per la prima volta da decenni, al Ministero della Salute – ha dichiarato dichiara il Sottosegretario di Stato alla Salute Paolo Fadda – è stato realizzato un unico tavolo di confronto con tutti i sindacati dei medici e dell’altra dirigenza con quelli del comparto, e delle altre professioni sanitarie e del personale tecnico ed amministrativo. Non è più tempo di separazioni: insieme si può difendere, qualificare e potenziare il sistema pubblico di tutela della salute, che è la più grande conquista di civiltà del nostro Paese. Con quest’accordo si inizia ad invertire la tendenza per quanto riguarda la conclamata fuga dei cervelli dando prime risposte di certezza e di futuro nella proroga e nelle stabilizzazioni di quanti con rapporti precari facciano attività di ricerca in sanità”. Questi in sintesi i punti principali del provvedimento che ha recepito gran parte delle richieste dei sindacati. Entro il 31 dicembre 2016 si potranno bandire concorsi per titoli ed esami per le assunzioni, sempre a tempo indeterminato, del personale del comparto sanità, di tutti i livelli, dai medici agli amministrativi. Salta la previsione del tempo indeterminato con contratti di lavoro a tempo parziale e si specifica che le norme valgono secondo le previsioni sui concorsi “per ciascuna categoria di personale”. Le procedure sono attivate tenendo presente il fabbisogno e dando garanzia di un “adeguato accesso dall’estero” nel limite dl 50% delle risorse “assunzionali” (non più finanziarie quindi) e le relative graduatorie sono utilizzabili in ambito regionale. Prevista la proroga per i contratti a tempo determinano del personale in funzione del fabbisogno e nel rispetto dei vincoli finanziari e non avranno più come limite l’espletamento delle procedure concorsuali. Il personale dedicato alla ricerca, avrà una riserva di posti che varrà anche per le discipline come biotecnolgie, scienze chimiche ecc. per l’accesso alla riserva varranno anche il dottorato di ricerca e l’attività di almeno 5 anni anche non consecutivi per progetti finanziati con fondi internazionali. Proroga poi anche per i contratti a tempo determinato dei ricercatori Ssn, Iss compreso, sempre fino al 31 dicembre 2016. Il personale medico in servizio da almeno 5 anni “senza apprezzabile interruzione” presso i servizi di emergenza sanitaria, potrà partecipare ai concorsi anche senza il diploma di specializzazione.


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Domenico Montemurro Anaao Giovani

Introduzione L’inconsapevolezza lucida gioca dei brutti scherzi e quando decisi di iscrivermi all’Anaao Assomed non fu per caso, infatti la sua fama precedeva di gran lunga la mia scelta. Mi accorsi però che nome e operatività, erano parole estranee ai più e al sottoscritto, che “militava” come attivista specializzando in una associazione (Federspecializzandi), la cui sigla al contrario era ben presente ai giovani colleghi. Ma allora perché un debito di riconoscenza dei giovani medici verso questo gigante di un sindacato? Era il tempo delle manifestazioni in cui si inneggiavano slogan del tipo “chi non salta strutturato è” (un po’ dispregiativo), ma era anche il tempo dei comunicati, chiesti per ottenere il contratto o per opporsi a diritti violati. È attraverso questo incontro “privilegiato” che ho compreso come questo grosso sindacato, poteva interessarsi dei giovani e del loro mondo, anche se con linguaggi diversi, e come i giovani potevano insegnare al grosso sindacato a comprendere le proprie problematiche e a mettere in campo competenze corrette. In questo modo si ponevano le basi per il continuum intergenerazionale, passando attraverso un debito di riconoscenza e una percezione inesistente, vissuta come “contrapposizione” tra giovani e vecchi. Attraverso i ricordi il giovane incontra il vecchio Si sa che quando qualcuno chiama per una causa e tu reputi che questa sia giusta, non ci si può sottrarre. Mi venne proposto di far parte della Commissione Statuto e che i compiti da assolvere non erano semplici. Fin dall’inizio il clima mi era apparso collaborativo e accogliente. Mi sbagliavo. Certamente accogliente, ma spesso la collaborazione faceva spazio ad un grosso mal di testa. Spesso ero presente come osservatore, cercando di capire e seguire la memoria storica. Adesso però mi piacerebbe ricordare chi era lì, come colui che ha contribuito con la sua personalità e gesti e nei momenti di tensione e relax, alla scrittura del nostro statuto, quello di una grande associazione. Si passava dall’essere minuziosi al quasi maniacali, dall’essere prolissi al totale mutismo, dall’ostinatezza all’arrendevolezza, dallo sconforto all’eccitato, dal duro al tenero, dalle rivoltelle alle piume d’oca, dal negoziatore al bombarolo, dall’amarcord al rottamatore, dal confusionario al logico per eccellenza. Beh, pensavate di riconoscervi, in realtà ognuno di noi durante la stesura di questo statuto ha attraversato queste fasi transizionali, senza mai mollare. Un compito è un compito e lo si è portato a termine. Da Articolazione a Settore: l’inizio Al Capo I, art 1 comma 3, punto 5 si recita: “l’Associazione si articola in settori omogenei per caratteristiche professionali o per età anagrafica dotati di autonomia organizzativa”.

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ANAAO

GIOVANI

associazione

medici dirigenti

Perché un Settore Anaao Giovani nel nuovo Statuto? Il perché Occorreva dare identità a dei volti che all’interno dell’Associazione stanno crescendo e mi riferisco ad Anaao Giovani, costituita da iscritti sotto i quaranta anni che sparsi ovunque per l’Italia, si iscrivono al sindacato e chiedono di essere rappresentati ma soprattutto coinvolti. Se è vero che nel sindacato vi è uno stillicidio cronico di iscritti per i graduali pensionamenti, allora motivare i più giovani deve costituire un atto di imperio per non perderli, offrire loro preparazione competente e contribuire ad organizzare un settore la cui “benzina” è il seme della sua nascita. Formazione, programmazione, comunicazione, incontri di orientamento al lavoro, progetti per una sostenibilità previdenziale, rapporti con la Fnomceo, l’Enpam, l’Onaosi, incontro con i nuovi iscritti, contrattualistica e precariato, conoscenza dei sistemi sanitari europei, saranno le principali sfere d’azione. La costituzione Stanti le premesse sopra scritte, il settore almeno al suo inizio dovrà prevedere una struttura verticale, tale da essere rappresentato con le sue componenti e in maniera eterogenea all’interno degli organi nazionali e delle strutture decentrate. I coordinamenti a livello nazionale e periferico rappresentano il trait d’union per mantenere salda la cornice del settore. Al Capo III, art 25, comma 1 - Anaao Giovani, comprende iscritti di età non superiore ai quaranta anni in rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, dipendente a tempo determinato, convenzionati, rapporto di lavoro atipico, dottorandi, assegnisti, rapporto di formazione lavoro, medici in formazione specialistica. Il limite di età potrà essere superato nell’ambito di un solo mandato qualora si ricoprano cariche nazionali, regionali e aziendali. Oltre a dotarsi di autonomia organizzativa, lo stesso potrà beneficiare di finanziamenti, indirizzati alla costituzione di progetti con una vision sindacale. Il Coordinamento Nazionale Al Capo I, art 13, comma 1 l’Esecutivo Naziona-

le prevede un componente Anaao Giovani eletto dal Congresso Nazionale. La sua elezione sarà funzionale a partecipare alle decisioni dell’Associazione e garantirne la linea politica fissata dal Congresso Nazionale e dalla Direzionale Nazionale, in particolare per il settore Anaao Giovani. Al Capo I, art 15, comma 3 e 4 la Direzione Nazionale, comprende tra i suoi componenti il responsabile Anaao Giovani e il coordinamento. Tale coordinamento dovrà per quanto possibile, essere espressione di aree geografiche o Regioni e interfacciarsi con i coordinamenti regionali. Al Capo I, art 16, comma 3 punto a e b Anaao Giovani partecipa in via ordinaria attraverso la Segreteria Nazionale ed i componenti l’Esecutivo Nazionale e la Direzione Nazionale. In questa sede il Settore Anaao Giovani in maniera armonica e con più ampio respiro, insieme con gli atri partecipanti, avrà funzioni propositive, consultive e di verifica in materia di indirizzo della politica nazionale dell’Associazione. Al Capo II, art 6, comma 4 punto g il Congresso Nazionale prevede la presenza dei coordinatori di Anaao Giovani o di una parte, con diritto di voto se sono anche delegati regionali e sempre di parola, in numero definito dal Regolamento. Potranno recepire e votare se aventi diritto, gli atti deliberativi del Congresso stesso. Il Coordinamento decentrato Al Titolo III, capo II, art 29, comma 1 punto a e b, è prevista in via generale e poi declinata nei successivi articoli, la presenza di Anaao Giovani nei Consigli Regionali e nelle Segreterie Aziendali. Per essere più chiari, al comma 4 punto b e comma 5 punto c, si esplicita come negli almeno cinque componenti le Segreterie (Aziendali e Regionali), vi debba essere prevista una componente del Settore Anaao Giovani che sarà responsabile degli iscritti ed esercitare una azione sindacale che risponda non solo alle linee dettate dal coordinamento nazionale del Settore, ma in armonia con quella dei Segretari. Cari colleghi inizia la sfida.


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Costi standard Chiara Di Lauro Consigliere Nazionale Anaao Giovani

Gli utili idioti L’articolo che pubblichiamo in queste pagine si basa su analisi riguardanti i costi

standard nella sanità, già apparse nei numeri 9/2008, 2/2013 e 8-9/2013 di Dirigenza Medica e fa tesoro degli ultimi sviluppi della materia. Sono due i presupposti su

cui si fonda la materia relativa ai costi standard in sanità. Sono considerate migliori le Regioni che garantiscono l’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea) in condizioni di appropriatezza, efficacia, efficienza ed equilibrio economico, vale a dire con le sole risorse ordinarie stabilite dalla vigente legislazione a livello nazionale, comprese le entrate proprie regionali (risorse ordinarie derivanti per circa il 90% da Irap, Irpef, Iva e accise)1. Per tanto, gli indicatori di performance di queste Regioni sono il punto di riferimento per valutare tutte le altre, e quindi determinare tanto l’ammontare del trasferimento di risorse da parte dello Stato centrale quanto la loro ripartizione. In secondo luogo, a differenza di quanto parzialmente avvenuto finora2 le differenze interregionali nella domanda di salute derivanti da particolari condizioni ambientali e socio-economiche non vengono più prese in considerazione, in quanto gli unici fattori di ponderazione rimasti sono la consistenza e la struttura demografica (al netto della mobilità sanitaria). Sulla base di tali presupposti e di quanto già scritto su questa rivista, si tenterà di ribadire come l’applicazione al Ssn dei costi standard serva a: (1) de-finanziare il Ssn, premiando l’erogazione dei servizi sanitari da parte dei privati (con o senza convenzione); (2) eliminare l’accesso universalistico alle prestazioni sanitarie e diminuirne la qualità, depotenziando ancor di più i Lea (si ricordi che già oggi sei regioni non sono in grado di garantirli). Il tutto senza risolvere il pro-

blema dei costi molto diversi per prestazioni molto simili. Al fine di non generare equivoci, è il caso di ribadire come i due obiettivi di cui sopra costituiscono precise linee politiche la cui ultima redazione si trova all’interno della nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza approvata il 20 settembre 2013. A pagg. 72-73 è ufficialmente scritto che “occorre ripensare un modello di assistenza finalizzato a garantire prestazioni non incondizionate, rivolte principalmente a chi ne ha effettivamente bisogno… occorrerà potenziare il ruolo delle farmacie convenzionate e in particolare la Farmacia dei servizi, concentrando in essa l’erogazione di nuovi servizi di valenza socio-sanitaria. Tale nuovo ruolo delle farmacie potrà comportare effetti positivi in termini di risparmi finanziari laddove contribuirà a limitare l’accesso alle strutture ospedaliere… Il sistema sanitario dovrà cioè essere sempre più ‘selettivo’, occorrendo in particolare ridisegnare il perimetro dei Lea e adottare l’approccio del c.d. Health Technology As-

sessment (Hta), al fine di identificare le opzioni assistenziali dimostratesi non solo maggiormente costo-efficaci [sic!] ma anche preferite da pazienti e cittadini”. Tuttavia, per dare a questo indirizzo politico una forma accettabile è necessario dotarsi di metodologie ed indicatori opportunamente costruiti. Per tanto è stato messo in piedi un sistema per determinare la ripartizione delle risorse fatto di tre fasi. Innanzi tutto è necessario circoscrivere le regioni che possono assurgere a punto di riferimento. Per far parte della platea di Regioni candidabili a diventare “migliori” bisogna: a) ottenere un punteggio nell’erogazione dei Lea - sulla base di una griglia di ventuno indicatori ponderati - pari o superiore a quello mediano; b) avere un bilancio sanitario in equilibrio economico; c) non essere soggetti a piano di rientro e d) vedersi valutare positivamente dal tavolo di verifica degli adempimenti regionali (adempimenti per la maggior parte di tipo economico-finanziario)3. Come si vede, quindi, tre indicatori su quattro sono di carattere finanziario. Il secondo step consiste nello scegliere, tra le potenziali “migliori”, le cinque regioni da cui la Conferenza Stato-Regioni sceglierà le tre di riferimento (nel caso vi siano meno di cinque regioni in equilibrio economico, l’unico criterio atto ad integrare la cinquina è quello del “miglior risultato economico”). E questo viene fatto attraverso l’utilizzo di diciannove indicatori non pesati, ben undici dei quali di tipo finanziario, i quali, tra l’altro, sono costruiti per misurare unicamente l’entità dei costi e non il rapporto costo-efficacia. Tra gli otto restanti, inoltre, la valutazione dell’erogazione dei Lea è inclusa solo in uno di essi. Per tanto, anche senza entrare nei dettagli delle formule statistiche (contenute nella delibera del Consiglio dei Ministri dell’11 dicembre 2012, allegato 1), è facile concludere che puntare sul rispetto dell’universalismo e della qualità dei Lea diventa fallimentare dal momento che questo indicatore contribuisce a determinare la prestazione regionale solo per 1/19. Una volta individuate le tre regioni benchmark,


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il terzo step consiste nell’applicare a tutte le altre regioni i valori di costo rilevati nelle regioni di riferimento, pesando unicamente: a) la popolazione, b) la quota di spesa finanziata dalle maggiori entrate proprie regionali, c) la quota di spesa che finanzia livelli di assistenza superiori ai livelli essenziali e d) le quote di ammortamento che trovano copertura ulteriore rispetto al finanziamento ordinario del Ssn. Per tanto, le regioni, non potendo utilizzare altre entrate per ripristinare/garantire l’equilibrio economico e ancor meno potendo investire sull’aumento del numero e tipo di prestazioni erogate si vedranno costrette a competere riducendo i costi, essendo il fabbisogno nazionale standard (pari alla somma dei fabbisogni regionali standard) e i Lea, predeterminati. A farne le spese saranno i livelli essenziali di assistenza, dal momento che il tanto agognato “equilibrio economico” si determina in riferimento alle spese per erogare i Lea e nient’altro4. E questo quando il calcolo del “contenuto finanziario dei livelli essenziali delle prestazioni”5 non è ancora completato né è stato reso pubblico6 e per tanto non è ancora possibile “determinare l’utilizzo dei criteri direttivi in ordine alla determinazione dell’entità e del riparto del fondo perequativo a favore delle regioni a minor capacità contributiva”7. Di contro, queste stesse regioni potranno migliorare la propria posizione in classifica attraverso il finanziamento delle attività capaci di incrementare gli altri 18 indicatori di performance (diminuire la spesa pro-capite per assistenza sanitaria di base, la spesa per prestazione per assistenza specialistica, il costo medio per ricovero post-acuto, etc).

duzione dei costi delle singole terapie o dei singoli prodotti? Da ciò che si è detto è quantomeno lecito dubitarne dal momento che la riduzione di costo che si avrà per adeguarsi alle regioni migliori verterà necessariamente su un taglio dei servizi, non essendo affrontati i nodi che determinano i prezzi molto diversi per prestazioni molto simili. Questo problema, inoltre, è comune a tutta la Pubblica Amministrazione e la metodologia dei costi standard in sanità non introduce alcun elemento correttore, in primis la centralizzazione degli acquisti di beni e servizi e delle convenzioni. Recentemente, una critica ai costi standard che verte sullo spiccato economicismo e la mancata soluzione al problema della gestione degli acquisti è emersa anche nel documento elaborato dalla Regione Toscana e approvato dalla Conferenza delle Regioni. In esso si arriva a proporre la sostituzione dell’approccio dei costi standard con uno basato su “standard di qualità e livelli obiettivi di servizio che tutte le regioni sono chiamate a garantire” calcolati, una volta passata la crisi e sistemati i bilanci, sulla “media delle regioni con risultati superiori alla media nazionale” in modo da garantire il necessario “miglioramento della qualità dei servizi e il miglioramento complessivo dei rendimenti del sistema sanitario nazionale”. Questa proposta, sebbene ancora non rappresenta il passaggio a un finanziamento incentrato sulla valutazione degli esiti invece che sulle prestazioni, tuttavia “prova a percorrere una strada innovativa e già per questo bisognerebbe incoraggiarla”, come scrive Ivan Cavicchi, sul sito di Quotidiano Sanità. In conclusione, con la crisi economica si afferma la necessità di far dipendere la tutela dei livelli essenziali di assistenza e prestazioni dalle contingenze macro-economiche e dai vincoli di bilancio e si individua nei costi standard lo strumento per attuare questa subordinazione, ribaltando priorità e prospettive rispetto alla configurazione originaria data al Ssn come strumento per garantire il diritto alla salute. Non ci si chiede più quanto costa, a tecnologia data, garantire le prestazioni sanitarie atte ad assicurare l’universalità del diritto ad un buono stato di salute bensì quante e quali prestazioni sanitarie è possibile erogare, con una data tecnologia, senza minare la stabilità finanziaria dello Stato. Pertanto è il rispetto dei vincoli economico-finanziari che definisce il grado di differenziazione dei sistemi sanitari regionali e il livello di tutela del diritto alla salute e non le diverse esigenze della popolazione. Note 1. Vedere la Relazione generale sulla situazione economica del paese 2. Comma 34, Art. 1, Legge 23 dicembre 1996, n. 662 3. Vedasi art. 12 dell’Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005 che rimanda all’art 1, comma 184 lettera c della legge 30 dicembre 2004, n. 311 http://www.normattiva.it/urires/N2Ls?urn:nir:stato:legge:2004;311 4. Art. 27, D.lgs 6 maggio 2011, n. 68. A differenza dei Piani di rientro, il cui obiettivo è ristabilire l’equilibrio economico-finanziario ristrutturando le spese sfuggite al controllo della regione al di là dei LEA. 5. Art. 20, Legge 5 maggio 2009, n.42. 6. Vedere il Nuovo Sistema Informativo Sanitario: http://www.nsis.salute.gov.it/ 7. Vale a dire quelle con minor gettito da IRAP, IRPEF, IVA e accise varie. Vedasi l’articolo 9, Legge 5 maggio 2009, n.42.

In ricordo di Alfonso Bizzarri Domenico Ronga Consigliere Nazionale Anaao Assomed

Il 10 novembre 2012 Alfonso Bizzarri, Fofò per

tutti noi, ad eccezione dei Colleghi suoi coetanei, Pietro Paci e Giancarlo Mainardi che lo chiamavano alla maniera toscana Foffo, lasciò la sua famiglia e la famiglia dell’Anaao. Fofò che fu tra i fondatori dell’Associazione, oltre 50 anni sono, fino all’ultimo giorno della sua vita ha servito l’Anaao. Il giorno prima di quel 10 novembre aveva trascritto, con la collaborazione della Sig.ra Angela Numeroso, l’ultimo verbale del Consiglio Regionale della Campania dell’Anaao Assomed, di cui era il Presidente. Alfonso Bizzarri nacque il 25 settembre del 1929 a Rocchetta S. Antonio all’epoca in provincia di Avellino, oggi in provincia di Foggia e per la sua ubicazione territoriale quasi in Basilicata. Fu proprio questa interregionale appartenenza e cultura di Fofò che lo portò ad essere non solo un napoletano di adozione, bensì, in tutto il suo essere e quindi anche in seno all’Anaao, uno del Sud, del Sud migliore. Fofò era un signore nella forma e nella sostanza. Negli anni ’70 e fino la metà degli anni ’80 fu componente della Segreteria Nazionale per il Coordinamento Regionale, in tale veste, con la sua auto “la mitica Renault 5 di colore grigio”, percorreva migliaia di chilometri per recarsi personalmente presso le sedi regionali dell’Associazione per partecipare ad incontri, dibattiti e per formare altri dirigenti sindacali (oggi si chiama formazione quadri). Ho avuto l’onore di conoscerlo nel 1973 quando la gloriosa sede Anaao di Napoli di Via Santa Lucia n.15 era la “fucina” di tutto il sindacalismo della medicina pubblica di Napoli e della Campania. Mi piace ricordare, per il loro fondamentale contributo associativo la generazione dei: Toto Parise, Paolo Cirino Pomicino, Nando De Sanctis, Tullio Gigliotti, Aldo Vigorito, Clemente Romano, …. Era l’ottobre del 1978 quando, proprio a casa di Fofò, in Via Girolamo Santacroce a Napoli, fui indicato dai colleghi di Napoli uno dei delegati al Congresso Nazionale dell’Anaao tenutosi a Firenze a Novembre; da allora la mia vicinanza con Fofò fu continua. Fu mio amico carissimo e mio maestro. In tempi recenti fui ospite nella sua bellissima casa-museo di segue a pag 12

A rischio il sistema universalistico e pubblico Da questa metodologia emerge con chiarezza che non solo l’erogazione dei Lea è obiettivamente marginale, ma è messa in pericolo la stessa possibilità di garantire un sistema universalistico e pubblico. Questo anche in considerazione del fatto che i finanziamenti alle strutture convenzionate e il peso della sanità privata non vengono presi in considerazione da nessun indicatore. Come emerge, ad esempio, dall’ultimo Patto per la Salute redatto (2010-2012), è considerata anomala una spesa di personale, con oneri a carico del Ssn (quindi inclusi i precari di ogni tipo), di valore medio pro-capite (calcolato sulle unità di personale), superiore al valore medio delle regioni “migliori”. Ciò significa premiare le regioni con alti tassi di privatizzazione del servizio dal momento che il personale delle strutture private e convenzionate non rientra in tale computo sebbene, almeno per le seconde, il loro finanziamento è a carico della collettività. Che almeno questa metodologia permetta la ri-

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LA PRESENTE SCHEDA HA VALORE VALORE INDICATIVO INDICA IND DICAATIVO E NON SOSTITUISCE IN ALCUN MODO LE CONDIZIONI CONTRATTUALI CONTRA ATTUALI INDICATE INDICAATE NELL’ORIGINALE NELL’OR ORRIGINALE DI POLIZZA, CHE POSSONO ESSERE SCARICATE SCARICA ARICA ATE COLLEGANDOSI AL SITO WWW.ANAAO.IT WWW.ANAAO.ITT


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Il caso Orbetello

Gli ispettori e l’uso improprio della documentazione dei sistemi di segnalazione La bufera seguita alle ispezioni del Ministero della Salute a seguito della morte

di una giovane ragazza presso l’Ospedale di Orbetello ripropone la questione della tutela degli operatori sanitari nell’ambito dei sistemi di segnalazione degli eventi avversi. Sino a oggi non ancora affrontata a livello politico. Sergio Bovenga, Presidente Ordine dei Medici di Grosseto Antonio Panti, Presidente Ordine dei Medici di Firenze

Carlo Palermo, Segretario Anaao Toscana Riccardo Tartaglia, Direttore Centro Grc Regione Toscana

Numerose sono le norme a livello europeo e nazionale che introducono nei servizi sanitari i sistemi di segnalazione degli eventi avversi. La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità promuove da anni il principio, coerentemente ad altre istituzioni sanitarie, dell’importanza di segnalare gli eventi avversi per poter imparare dagli errori ed evitare che si ripetano. I codici deontologici di FnomCeO e Ipasvi hanno ormai da tempo evidenziato il valore morale della segnalazione e valutazione degli errori al fine del miglioramento della qualità delle cure. Nonostante tutto questo continua a verificarsi l’inopportuno uso a fini giudiziari della documentazione relativa ad audit clinici e audit per eventi significativi, consegnata direttamente da parte di organismi ispettivi aziendali o ministeriali (come nel caso di Orbetello) all’autorità giudiziaria o sequestrata direttamente dalla magistratura inquirente, con la speranza di acquisire prove utili all’indagine giudiziaria, nonostante che l’audit e la “mortality and morbidity review” costituiscano analisi effettuate col “senno di poi” e quindi non utilizzabili in sede giudiziaria. È opportuno precisare che l’audit clinico e l’au-

segue da pag 9

Rocchetta Sant’Antonio. Fofò non era legato a nessun potere; alla sua scuola si formò tutta una generazione di colleghi che volevano fare sindacalismo medico. Quando a Roma al Congresso Nazionale Anaao del 1984, gli fu chiesto di lasciare la Segreteria Nazionale in quanto anziano (aveva solo 55 anni!), accettò con il sorriso, seppure con amarezza interiore, di fare spazio

dit per eventi significativi, come si evince dal documento del Ministero della Salute del Maggio 2011, sono strumenti per l’analisi della pratica clinica e non certo pensati per svolgere inchieste ai fini della ricerca di responsabilità professionali. Il loro impiego non prevede l’uso di strumenti investigativi per la ricerca di responsabilità ma è fondamentale per migliorare la qualità e sicurezza delle cure. Del resto la gestione del rischio clinico ha il dovere di evitare che l’evento avvenuto possa ripetersi e non si può certo aspettare la conclusione di un lungo iter giudiziario per mettere in sicurezza processi o ambienti. È ovvio che l’uso improprio della documentazione derivante dall’utilizzo di questi strumenti è fortemente destabilizzante circa il loro impiego con effetti molto negativi sulla qualità e sicurezza delle cure dissuadendo, rispetto al loro uso in caso di eventi avversi, gli operatori sanitari. Quanto avvenuto a Orbetello, ma già si erano verificati casi simili in altri servizi sanitari, ha bisogno di un chiarimento urgente. Solo regole e procedure precise, che definiscano il ruolo degli ispettori ministeriali e il corretto uso dell’audit clinico, possono risolvere il problema, riavvicinando di nuovo gli operatori sanitari ai sistemi di segnalazione nei quali hanno sempre creduto ma che devono dare maggiori garanzie Massimo Martelloni, Presidente Coordinamento medici legali aziende sanitarie

a colleghi più giovani e “rampanti” che successivamente, però, non brillarono né per competenza sindacale, né per spirito di sacrificio per l’Associazione, come, invece, aveva dato ampia dimostrazione Alfonso Bizzarri. Fofò continuò a servire l’Associazione nella Commissione Controllo per molti anni e successivamente, sempre in quota Anaao, fu eletto più volte al Consiglio dell’Ordine dei Medici della provincia di Na-

di tutela ai professionisti sul diritto di difesa. A rimetterci alla fine è la qualità e la sicurezza delle cure e quindi i cittadini. Ci auguriamo che l’analisi svolta dagli ispettori del Ministero della Salute serva a introdurre subito dei miglioramenti alla sicurezza delle cure per evitare future tragedie piuttosto che individuare delle responsabilità dato che gli strumenti d’indagine utilizzati dalla magistratura hanno la capacità di riconoscere le stesse con specifica metodologia giuridica e medico legale. Una buona proposta La proposta che l’Assessore alla sanità della Toscana, Luigi Marroni ha fatto al Ministro della Salute in una lettera sul caso di Orbetello è quello che gli operatori sanitari italiani si aspettano da tempo e a lui va il merito di averla formalmente presentata. L’auspicio di tutti è che il Ministro della Salute presenti quanto prima una norma in materia, la sicurezza delle cure non può attendere. “Diritto alla giustizia e diritto alla salute non devono entrare in conflitto – dice – emerge quindi la necessità di un chiarimento sulla materia a livello del quadro legislativo nazionale. La Regione Toscana ha già introdotto, in alcune delibere, provvedimenti a tutela dei sistemi di segnalazione, ma occorre una legge nazionale che sancisca la legittimità dei sistemi di reporting e learning e il loro utilizzo a fini esclusivi di analisi e miglioramento organizzativo: in sostanza, che regolamenti le procedure di utilizzo delle informazioni derivanti dalle inchieste interne”.

poli. L’ultima sua carica fu quella di Presidente del Consiglio Regionale della Campania dell’Anaao Assomed. Rispettoso di tutti, lavorava in silenzio al servizio dell’Associazione; tante volte anteponeva l’Anaao alle esigenze della sua famiglia. Nel silenzio della notte del 10 novembre 2012 Fofò ci lasciò. Mi piace ricordare ancora che pochi giorni prima di lasciarci, Fofò ebbe il tempo di leggere l’ultima bozza del mio libro

che il 14 dicembre era nelle librerie. Sul plico che conteneva i fogli così scrisse: “Al dottor Domenico Ronga con complimenti e ringraziamenti A. Bizzarri”. Questo ricordo non è solo per i colleghi più anziani che hanno avuto il piacere di conoscerlo, ma soprattutto per i più giovani perché la figura e l’opera di Alfonso Bizzarri venga ricordata e possibilmente rinverdita dai colleghi che rappresentano l’Anaao ed i suoi valori.


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TUTELA LAVORO

Avv. Francesco Maria Mantovani Servizi Anaao Assomed

Dirigenza medica: collocamento in quiescenza tra vecchie e nuove regole Il recente decreto legge n. 101 del 2013, convertito nella legge 125 del 2013 (articolo 2 commi 4 e 5), è intervenuto nuovamente sul regime di collocamento a riposo dei dipendenti pubblici. Il comma 4 recita che “L’art. 24, comma 3, primo periodo, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214, si interpreta nel senso che il conseguimento da parte di un lavoratore dipendente delle pubbliche amministrazioni di un qualsiasi diritto a pensione entro il 31 dicembre 2011 comporta obbligatoriamente l’applicazione del regime di accesso e delle decorrenze previgente rispetto all’entrata in vigore del predetto articolo 24”. Il comma 5 prevede poi che “L’articolo 24, comma 4, secondo periodo, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214, si interpreta nel senso che per i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni il limite ordinamentale, previsto dai singoli settori di appartenenza per il collocamento a riposo d’ufficio e vigente alla data di entrata in vigore del decreto-legge stesso, non è modificato dall’elevazione dei requisiti anagrafici previsti per la pensione di vecchiaia e costituisce il limite non superabile, se non per il trattenimento in servizio o per consentire all’interessato di conseguire la prima decorrenza utile della pensione ove essa non sia immediata, al raggiungimento del quale l’amministrazione deve far cessare il rapporto di lavoro o di impiego se il lavoratore ha conseguito, a qualsiasi titolo, i requisiti per il diritto a pensione”. In sintesi, tali disposizioni stabiliscono l’obbligo di collocare in quiescenza i dipendenti pubblici che, prima dello 01.01.2012, hanno maturato i requisiti per il pensionamento secondo il sistema previgente all’ultima riforma pensionistica, operata dal d.l. 201/2011. Al riguardo, l’originaria formulazione testuale del comma 3 dell’art. 24 d.l. 201/2011 faceva salvo il diritto del lavoratore “che maturi entro il 31 dicembre 2011 i requisiti di età e di anzianità contributiva, previsti dalla normativa

vigente, prima della data di entrata in vigore del presente decreto”, 201/2011 “alla prestazione pensionistica secondo tale normativa”. In altri termini, la disposizione in esame sembrava semplicemente affermare la facoltà del dipendente di richiedere il pensionamento secondo i più favorevoli requisiti del sistema pensionistico anteriore alla riforma di cui al d.l. 201/2011. Al contrario, la medesima disposizione non sembrava stabilire l’obbligo delle amministrazioni di collocare obbligatoriamente a riposo tali dipendenti al raggiungimento di tali requisiti. Era sorto quindi il problema di coordinare quest’ultima disposizione con l’art. 72 del d.l. 112/2008, il quale attribuisce alle pubbliche amministrazioni il potere di collocare a riposo d’ufficio i pubblici dipendenti al raggiungimento dei requisiti per il pensionamento. Le prime pronunce giurisprudenziali avevano affermato che tale potere di collocamento in quiescenza d’ufficio andasse esercitato tenendo conto dei nuovi requisiti pensionistici introdotti dal d.l. 201/2011 anche per i dipendenti che avevano maturato entro il 31.12.2011 il diritto a pensione secondo il sistema previgente. In altri termini, secondo la giurisprudenza in esame, tali dipendenti, che hanno diritto a chiedere il pensionamento per aver maturato i 65 anni di età entro il 31.12.2011 ai sensi dell’art. 24, comma 3, d.l. 201/2011, avrebbero potuto invece essere collocati a riposo d’ufficio dalle Amministrazioni solo al raggiungimento della superiore anzianità anagrafica dei 66 anni, in conformità ai nuovi requisiti pensionistici dettati dal d.l. 201/2011. Ora, l’art. 2, comma 4, d.l. 101/2013 ha annullato tale interpretazione giurisprudenziale, sancendo il potere delle pubbliche amministrazioni di collocare a riposo i pubblici dipendenti che, entro il 31.12.2011, hanno maturato il diritto a pensione secondo il più favorevole previgente regime previdenziale (65 anni di età a prescindere dall’anzianità contributiva maturata; il raggiungimento della c.d. quota 96, quale somma delle anzianità contributiva ed ana-

grafica, con almeno 60 anni di età e 35 di contributi) prima ed a prescindere dal raggiungimento dei requisiti pensionistici attualmente dettati dal d.l. 201/2011. Va precisato che a disposizione in esame non ha alcuna portata innovativa rispetto alla dirigenza medica, alla quale non si applica il potere di collocamento a riposo d’ufficio di cui all’art. 72 d.l. 112/2008. Infatti, la legge 4 novembre 2010, n. 183, all’art. 22, ha introdotto rilevanti modifiche all’art. 15nonies del D.lgs. n. 502 del 1992 (normativa speciale sulla dirigenza medica), disciplinante il limite massimo di età per il pensionamento del dirigente medico. Nello specifico, è stato stabilito che “Il limite massimo di età per il collocamento a riposo dei dirigenti medici e del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale, ivi compresi i responsabili di struttura complessa, è stabilito al compimento del sessantacinquesimo anno di età, ovvero, su istanza dell’interessato, al maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo. In ogni caso il limite massimo di permanenza non può superare il settantesimo anno di età e la permanenza in servizio non può dar luogo ad un aumento del numero dei dirigenti”. In tal modo, la novella del 2010, in deroga alla regola dettata dall’art. 72, comma 11, legge n. 133 del 2008 per la generalità dei pubblici dipendenti, ha reintrodotto il diritto soggettivo del dirigente medico a permanere in ruolo, a domanda, fino al maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo e comunque non oltre i 70 anni di età. Tale limite ordinamentale per il collocamento a riposo è confermato dal comma 5 dell’art. 2, d.l. 101/2013. Quest’ultima disposizione previene l’innalzamento dei limiti ordinamentali, previsti nei singoli settori del pubblico impiego per il collocamento a riposo d’ufficio e vigenti anteriormente all’entrata in vigore del d.l. 102/2011, per effetto dell’elevazione dei requisiti anagrafici richiesti per la pensione di vecchiaia da quest’ultimo decreto. In altri termini, il comma 5 impone il collocamento a riposo d’ufficio dei pubblici dipendenti al raggiungimento del limite di età, generalmente coincidente con i 65 anni per la maggioranza dei dipendenti pubblici, sebbene il d.l. 201/2011 richieda un’età anagrafica più elevata per il conseguimento della pensione di vecchiaia. Ebbene, se la disposizione in esame stabilisce la perdurante vigenza dei limiti ordinamentali previgenti al d.l. 201/2011, essa conferma che per i dirigenti medici continua a valere il limite dei 40 anni di servizio per il collocamento in quiescenza, secondo quanto previsto dall’art. 22 l. 183/2010.


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Assistenza transfrontaliera

Enrico Reginato presidente Fems

Luci e ombre della direttiva sulle cure transfrontaliere La Direttiva europea 24/2011 sulle cure transfrontaliere è stata adottata nel febbraio 2011 dopo

anni di discussione e riguarda i diritti dei pazienti che cercano cure sanitarie in Paesi della UE diversi dal loro al di fuori dei diritti comunque già garantiti ai cittadini europei (trattamenti per le urgenze, trattamenti ai pazienti da tempo domiciliati nello Stato membro diverso dal proprio, trattamenti autorizzati preventivamente dai propri governi). La Direttiva conferma ed espande norme relative ai seguenti aspetti: 1. il diritto dei pazienti al rimborso nel caso ricevano assistenza sanitaria transfrontaliera, incluse le cure mediche, sia per andare fisicamente in un altro Stato membro, sia attraverso servizi sanitari elettronici di e-health; 2. il diritto degli Stati membri di stabilire i propri criteri in materia di organizzazione e fornitura e del pagamento di servizi sanitari e di sicurezza sociale, sulla base dell’interesse nazionale, delle capacità e delle esigenze di pianificazione; 3. le responsabilità degli Stati membri o di affiliazione e di Stati membri dove vengono erogate le cure, per quanto riguarda la fornitura di informazioni, di trattamento e servizi di follow–up; 4. la cooperazione tra gli Stati membri nei settori di assistenza sanitaria transfrontaliera (ad esempio prescrizioni elettroniche, e-Health, reti di esperti sulle malattie rare). Fornendo un quadro giuridico per le decisioni personali di pazienti che desiderano ricevere cure sanitarie transfrontaliere, la Direttiva va oltre il regolamento UE relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, che si applica ai cittadini comunitari già residenti all'estero, i casi in cui i pazienti vengono deliberatamente inviati in un altro Stato membro per il trattamento, nonché per i pazienti che richiedono un trattamento di emergenza, pur essendo temporaneamente all'estero. La situazione, che nei fatti riguarda per ora un numero relativamente basso di persone, non è così semplice e vantaggiosa per tutti. Ci sono quattro principali gruppi su cui la Direttiva avrà un impatto: • pazienti • gestori del sistema sanitario • operatori sanitari • gruppi vulnerabili Pazienti La Direttiva stabilisce che i pazienti disposti o bi-

sognosi di farsi curare all'estero hanno il diritto di farlo, ed è loro prerogativa decidere se desiderano consultare un settore pubblico o privato fornitore di assistenza sanitaria nello Stato membro scelto per il trattamento. Gran parte delle incertezze che esistevano in passato per i pazienti transfrontalieri - soprattutto per quanto riguardava le regole di rimborso e la natura dei servizi che possono essere effettuati in un altro sistema sanitario - saranno rimosse. Questa sarà una modifica benvenuta soprattutto per le persone che vivono nelle zone di confine dove il presidio sanitario più vicino può essere fisicamente situato in un altro Stato membro o se - in particolare nei paesi più piccoli - alcuni trattamenti o servizi di indagine non esistono. Allo stes-

so tempo, i pazienti che necessitano di ricevere urgentemente un trattamento possono rivolgersi ad un professionista sanitario all'estero, se questo significa una cura più veloce, e non dovranno preoccuparsi, se non parzialmente, come vedremo, di questioni finanziarie. La Direttiva chiarisce che i pazienti hanno il diritto di ricevere medicinali o dispositivi medici prescritti ed autorizzati per la commercializzazione nello Stato membro di cura e nello Stato membro di origine, ed hanno anche diritto al necessario follow-up di cura nei loro sistemi nazionali. Il principio di non discriminazione in base alla nazionalità ed etnia si applica su tutta la linea. Aspetti negativi non chiariti dalla Direttiva Vi è il pericolo che la Direttiva possa amplifica-

QUANDO L’EUROPA CHIAMA, CHI RISPONDE? È entrata in scena la Direttiva Europea 2011/24/UE sull’assistenza sanitaria transfrontaliera per i cittadini dell’Unione Europea. Ma sono tantissimi i punti sui quali occorre fare chiarezza e che coinvolgono in primis i medici che continuano ad essere tenuti fuori dai processi politici e gestionali che li riguardano.

Alessandra Spedicato Anaao Giovani

Il 4 dicembre 2013 è diventata operativa la Direttiva Europea 2011/24/UE sull’assistenza sanitaria transfrontaliera per i cittadini dell'Unione Europea. Da questo momento viene così garantito al paziente il diritto di libera scelta del luogo di cura nell’ambito dei

Paesi UE. Naturalmente vi sono dei “paletti” all’esercizio di questa scelta – al fine di evitare fughe di massa da e verso Paesi ai due estremi per qualità del servizio assistenziale – ma, in buona sostanza, numerose sono e saranno le occasioni per un cittadino italiano di avvalersi di questo diritto, anche solo per la lunghezza delle liste di attesa. Da tempo, l’Unione Europea – tramite il sito web – e diverse Associazioni di cittadini si stanno preoccupando di formare e informare i potenziali pazienti sui loro diritti in materia di assistenza sanitaria e sull’ iter da seguire nel caso voglia essere utilizzata questa opportunità. Agli occhi di chi scrive appare invece paradossale il silenzio ed il mancato coinvolgimento che vi è nei confronti del medico (o per meglio dire il professionista sanitario come viene definito nella Direttiva e che comprende non solo il medico ospedaliero, ma tut-


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re le disuguaglianze di salute dal momento che prevede solo il rimborso per il costo che avrebbero applicato nel Paese di origine (senza risarcire i costi effettivi del trattamento sanitario ricevuto) e l'eventuale differenza deve essere a carico del paziente. Anche il viaggio comporta costi aggiuntivi significativi, e dato l'attuale clima economico, è poco probabile che i sistemi sanitari saranno disposti a pagare per il trasporto, il soggiorno e alloggio, se non in casi eccezionali. Il pericolo insito è che la Direttiva sarà in pratica solo a vantaggio di coloro che hanno i mezzi per impegnarsi in 'turismo sanitario', in quanto spingerà la ricerca di un’assistenza di qualità verso paesi a più elevato costo. Gestori del sistema sanitario La Direttiva coinvolge i gestori del sistema sanitario, stabilendo che tipo di cura hanno diritto a ricevere i pazienti transfrontalieri, consentendo ai sistemi nazionali di mantenere il controllo sull’organizzazione e la fornitura della loro assistenza sanitaria, in linea con l'articolo 168 (7) del TFUE. Tuttavia, questo significa anche che gli Stati membri di origine sono autorizzati ad andare al di là di quello che sarebbe normalmente previsto nei propri confini, ad esempio, il rimborso delle spese sostenute nello Stato membro scelto per le cure, o anche l’intero costo di un servizio. Gli Stati membri sono liberi di decidere autonomamente sulle condizioni, procedure e criteri di ammissibilità da seguire per la presentazio-

te quelle figure sanitarie che ruotano attorno al paziente) su come cambierà la sua relazione con il paziente e soprattutto i suoi obblighi. Eppure la Direttiva 2011/24/UE recita chiaramente che (Capo II Art. 4 comma b) “i prestatori di assistenza sanitaria forniscano informazioni pertinenti per consentire ai pazienti di compiere una scelta informata”. Se persino le complicanze di una venipuntura sono divenute fonte di contenzioso medico legale immaginiamo le possibili conseguenze giudiziarie a carico di un medico che ometta o non fornisca le corrette indicazioni sulla possibilità di cura all'estero in strutture appropriate. È imputabile di incompleto consenso informato? Di errore clinico per omissione terapeutica? Sul sito della UE (http://europa.eu/ youreurope/citizens/health/plannedhealthcare/get-moreinfo/index_it.htm) è chiaramente ri-

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ne dei rimborsi delle cure sanitarie transfrontaliere, ad esempio l'esigenza di vedere un medico di medicina generale prima di consultare un medico specialista o di andare in ospedale, in linea con le norme nazionali. Aspetti negativi non chiariti dalla Direttiva Vi è un aspetto che, a mio parere, ha contenuti molto negativi: le cure transfrontaliere sono state regolamentate per garantire maggiori diritti ai cittadini della UE, soprattutto per coloro che non sono in grado di ricevere nel loro Paese prestazioni sanitarie adeguate. Ha, in altre parole, un significato soprattutto di tipo solidaristico nei confronti delle persone più deboli. Ma noi sappiamo dall’economia sanitaria che, anche ammettendo un costo standard medio complessivo di una prestazione, abbiamo un costo fisso che si aggira attorno al 70% del costo complessivo, per cui ogni prestazione sanitaria aggiuntiva ha un costo (detto “costo marginale”) pari al 30% del costo complessivo. Certamente la proporzione 70/30% cambierebbe se il numero di prestazioni aggiuntive diventasse molto elevato, ma sappiamo che il movimento transfrontaliero non ha dimensioni molto ampie, per ora stimato attorno all’1%. Di conseguenza, un paziente che proviene da un altro Paese membro, non solo paga i costi marginali della sua prestazione, ma anche una cifra che aumenta i profitti della struttura che lo riceve. Se, come abbiamo visto, il Paese d’origine rimborsa la prestazione in base ai propri tariffari, il paziente transfrontaliero finanzia il profitto della struttura che lo riceve. I professionisti Sul lato del fornitore di prestazioni, l'accordo offre la possibilità di aumentare il loro reddito offrendo più servizi ai pazienti di altri Stati membri, in linea con le loro capacità operative. Potrebbe essere redditizio soprattutto nei casi in cui sono disponibili specifica competenza clinica o strutture ben attrezzate per affrontare particolari gruppi di pazienti.

portato che gli operatori sanitari sono tenuti a dare (cit.) ‘tutte le informazioni necessarie per fare una scelta informata riguardo alla cura (le diverse opzioni disponibili, qualità e sicurezza, autorizzazione/registrazione)’ ma se nessun organo istituzionale si sta preoccupando di informare e formare i medici in tal senso, chi ci aiuterà? Il silenzio del Ministero, dell’Ordine dei Medici, ma anche dell’Asl di riferimento, potrà essere considerata un'attenuante davanti all’accusa di un paziente? Ma i punti interrogativi non finiscono qui. Tralasciando l’annoso dubbio su chi, quando e come selezionerà le strutture di riferimento a cui accedere per la cura (la dicitura sportello nazionale per l’Italia è, al momento, solo un link vuoto nella pagina dedicata sul sito dell’Unione Europea), dopo averne individuate sarà necessario fornire loro tutta la documentazione relativa al pa-

La Direttiva richiede una maggiore collaborazione e la condivisione di conoscenze in settori legati alla salute transfrontaliera, ad esempio, lo sviluppo di reti di riferimento europee per le malattie rare sulla base di linee guida definite dalla Commissione europea, il che sarà anche vantaggioso per lo sviluppo di esperienza professionale in un contesto internazionale. La Direttiva rende obbligatorio il riconoscimento delle prescrizioni da un altro Stato membro, il che implica che ci deve essere una gestione efficace delle prescrizioni transfrontaliere: una prescrizione transfrontaliera deve essere valida in modo tale che i farmacisti in tutta l'UE siano in grado di valutarla, validarla ed elaborarla, anche per poter registrare le informazioni pertinenti ai fini del rimborso. La Direttiva deve tener conto delle differenze nazionali, ad esempio anche quelle concernenti le denominazioni dei nomi commerciali e dei sostituti generici. Gruppi vulnerabili Almeno in teoria, l'aumento della mobilità dei pazienti potrebbe anche stimolare l'azione a favore di un accesso più armonizzato alla sanità per l'Europa di più gruppi svantaggiati, compresi quelli non assicurati, le persone che vivono in povertà (ad esempio i disoccupati, i senza tetto), i migranti irregolari, quelli con status di residenza incerto, popolazioni nomadi, così come gli individui vincolati da fisico o disabilità mentale. Data l'esistenza, negli Stati membri, di una legislazione e di prassi differenti riguardo a questi gruppi, la Direttiva potrebbe servire per evidenziare i migliori sistemi di trattamento e contribuire a sradicare la discriminazione. Aspetti negativi non chiariti dalla Direttiva La Direttiva non riguarda le persone la cui capacità di viaggiare è limitata (i pazienti con malattie rare sono un'eccezione), ma si applica ai pazienti che hanno i mezzi e la capacità di farsi curare all'estero, vale a dire un gruppo relativamente benestante.

ziente come chiaramente riportato al CAPO II Art. 4 comma f “al fine di garantire la continuità della cura, i pazienti che hanno ricevuto un trattamento abbiano diritto ad una cartella clinica, scritta o elettronica, in cui si è registrato il trattamento in questione.” In quale lingua sarà necessario scrivere la relazione medica? Italiano, inglese o la lingua ufficiale dello stato di destinazione? Quanti medici possono vantare una conoscenza affinata, fluente o più semplicemente certificata di inglese oppure tedesco, olandese o qualsivoglia lingua romanza, idonea a validare il contenuto dell’atto medico? Sarà necessario rivolgersi ad un ‘esperto’ che certifichi la perfetta corresponsione tra la relazione medica scritta in italiano e la corrispondente traduzione nella lingua richiesta? Questo problema verrà a crearsi anche quando si presenteranno nei nostri ospedali cittadini stranieri che,

forniti già di diagnosi e/o esami personali, refertati nella lingua del paese di provenienza, chiederanno il nostro intervento partendo da quanto già accertato senza voler (e poter) ripetere il percorso diagnostico con un inutile dispendio di soldi, tempo ed energie. Qualche risposta a tutti questi punti interrogativi potrebbe essere data prendendo come riferimento la rete per le Malattie Rare, che viaggia su binari internazionali già da molti anni e vanta un successo in termini di efficacia, sostenibilità e appropriatezza. Rimane solo un ultimo punto interrogativo che non trova risposta già da qualche anno. Perché il medico ospedaliero, vero trait d’union tra il bisogno di cura del paziente e il suo accesso alle cure (siano esse, poi, al di qua o al di là delle Alpi), continua ad essere tenuto fuori dai processi politici e gestionali che lo riguardano?


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Salvaguardare quello vigente al momento della pensione

Trattamento pensionistico

Domenico Ronga Consigliere Nazionale Anaao Assomed

La Corte Costituzionale con sentenza n. 116/ 2013 ha

accertato l’illegittimità costituzionale dell’art.18 comma 22-bis del D L 98/2011 convertito, con modificazioni della legge 111/2011, come modificato dall’art. 24 comma 31 bis, del DL 201/2011 (disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 2014/2011. In effetti la suddetta norma si pone in evidente contrasto con gli articoli 3 e 53 della Costituzione, violando “ il principio della parità di prelievo a parità di presupposto di imposte economicamente rilevanti”. La suddetta norma disponeva che, dal primo agosto 2011 e fino al 31 dicembre 2014, i trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatoria i cui importi superassero i 90,000 mila euro lordi annui, fossero assoggettati a un contributo di perequazione del 5% della parte eccedente fino a 150mila mila euro; pari al 10% per la parte eccedente 150mila euro; e al 15% per la parte eccedente 200milamila. La Consulta ha ricordato, fra l’altro, che “i redditi derivanti dai trattamenti pensionistici non hanno, per questa loro origine, una natura diversa “minoris generis” rispetto agli altri redditi presi a riferimento, ai fini dell’osservanza dell’art. 53 Cost. il quale non consente trattamenti in pejus di determinante categorie di redditi di lavoro”. I rilievi e le relative sentenze della Corte Costituzionale hanno fatto giustizia di una norma chiaramente iniqua e quindi anti costituzionale. La norma fu emanata nell’agosto 2011 dell’allora Governo Berlusconi su precisa proposta del Ministro per le Riforme: Sen. Umberto Bossi, il quale affermò che non poteva esserci differenza e quindi iniquità tra dipendenti ed ex dipendenti pubblici in pensione in quanto con precedente legge, sempre del Governo Berlusconi, da gennaio 2010 fu previsto l’identico prelievo del 5% oltre il reddito di euro 90.000 per i dipendenti, successivamente revocato sempre dalla medesima Corte Costituzionale. Se il nostro è ancora uno Stato di diritto, la nuo-

dm dirigenzamedica sede di roma: via XX Settembre, 68 tel. 06.4245741 Fax 06.48.90.35.23 sede di milano: via D. Scarlatti, 27 dirigenza.medica@anaao.it www.anaao.it

va norma è iniqua e ancora più afflittiva, in quanto il contributo di solidarietà imposto non è più del 5%, bensì del 6% e, quindi, dovrebbe essere dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale in quanto “integrando un prelievo di natura tributaria viola il principio di uguaglianza e di capacità contributiva, realizzando un intervento impositivo, irragionevole e discriminatorio ai danni di una sola categoria di cittadini”. Supposto che fino ad euro 89.999,00 non trattasi di pensioni d’oro perché tale termine si associa “solo” alle pensioni che vanno da euro 90.000,00 in su, l’osservazione più importante è la seguente. Nella platea dei pensionati d’oro da euro 90.000,00 in su vi sono anche molti medici pubblici oggi pensionati che, quando erano in servizio, usufruivano di trattamenti economici in applicazione di Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (Ccnl) all’epoca vigenti. Successivamente l’importo della loro pensione è stato direttamente calcolato in rapporto al loro trattamento economico ed in applicazione della normativa previdenziale in vigore al momento della loro messa in quiescenza ovvero delle loro dimissioni volontarie dal servizio. Poiché giorni or sono era stato previsto il prelievo del contributo di solidarietà del 5% oltre la soglia di euro 150.000,00, in tal caso, probabil-

direttore Costantino Troise

coordinamento redazionale Ester Maragò

direttore responsabile Silvia Procaccini

Progetto grafico e impaginazione

comitato di redazione: Giorgio Cavallero Domenico Iscaro Mario Lavecchia Carlo Palermo

mente, nessun medico pubblico in pensione sarebbe stato assoggettato al famigerato prelievo di natura tributaria, oggi denominato “contributo di solidarietà per la perequazione con le pensioni di importo minimo”. L’Anaao Assomed ha il dovere di porre in evidenza che le pensioni cosiddette d’oro oltre 90.000,00 dei medici pubblici oggi pensionati, discendono da contratti di lavoro firmati anche molti anni prima del loro pensionamento e sono anni che non si provvede al rinnovo dei Contratti di lavoro in uno con il mancato adeguamento degli indici inflattivi per le pensioni superiori a 4 volte il minimo. Non bisogna entrare nel merito del giudizio di quale sia l’importo da essere considerato d’oro della pensione percepita, bensì di salvaguardare le pensioni che discendono dall’applicazione di contratti di lavoro con la normativa previdenziale vigente al momento della pensione. Lo Stato può, per l’attuale crisi economica, non essere in grado di rinnovare i contratti di lavoro e di provvedere all’erogazione riferita agli indici inflattivi oltre certi importi pensionistici, ma non può ridurre oggi per il 6%, e domani potrebbe accadere anche di andare oltre, quanto legittimamente già percepito e da continuare a percepire . Sarebbe una vera “reformatio in pejus” e quindi ingiusta e intollerabile.

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Registrazione al Tribunale di Milano n.182/2002 del 25.3.2002. Sped. in abb. postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, dcb Roma

Costo a copia: euro 2,50

stampa STRpress, Pomezia (Rm)

Finito di stampare nel mese di dicembre 2013


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