DIRIGENZA MEDICA N. 11/2014

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I L M E N S I L E D E L L’ A N A A O A S S O M E D

NUMERO 11 - 2014

dm dirigenzamedica DAY

ANAAO GIOVANI

Interviste

Convegno Nazionale a Pescara

Parlano i segretari regionali L’atto medico Il manifesto programmatico Anaao Molise e Calabria

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Rapporto Oasi 2014 dell’Università Bocconi Il Rapporto di quest’anno realizzato dall’ateneo milanese registra che per la prima volta in venti anni la spesa sanitaria pubblica italiana diminuisce sia in termini assoluti che in rapporto al Pil

SPENDIAMO SEMPRE DI MENO PER LA SANITA

Dirigenza Medica - Anno XIII - n. 11 - 2014 - Poste Italiane Spa - Sped. in Abb. Postale D.l. 353/2003 (Conv. in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, dr Commerciale Business Roma - www.anaao.it


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Rapporto Oasi 2014 / Università Bocconi

Per la prima volta in 20 anni scende la spesa sanitaria

Nel 2013 la spesa

Considerando le addizionali Irpef incassate nell’anno successivo a ripiano del

pubblica in sanità è diminuita, per la deficit dell’anno precedente, c’è addirittura un avanzo di 518 mln nel 2012 e di prima volta in qua- 811 mln nel 2013. Ed ora con i conti a posto, dicono alla Bocconi, c’è tutta la si 20 anni, sia in tertranquillità per riorganizzare i servizi allineandoli all'epidemiologia emergente mini assoluti (i 112,6 miliardi spesi rappresentano una riduzione dell’1,2% rispetto al ramento dei conti non è, però, senza costi. Il Gli italiani hanno cominciato a trattare la pro2012), sia in rapporto al Pil (passando dal 7,3% Sistema sanitario nazionale ha visto ridursi le pria salute come un bene di lusso. Le spese nei al 7,2%). Il disavanzo si è ridotto a circa l’1% del- spese per il personale di circa l’1,5% l’anno ne- beni di lusso sono le prime a essere tagliate la spesa corrente e anzi, se si contabilizzano le gli ultimi tre anni a causa della mancata sosti- quando si riduce il potere d’acquisto e la speaddizionali Irpef incassate nell’anno successi- tuzione di chi va in pensione, del blocco degli sa in sanità ha seguito questa stessa parabola vo a ripiano del deficit dell’anno precedente, si stipendi e dell’esternalizzazione di molte atti- negli ultimi anni. La minore spesa pubblica non può addirittura contabilizzare un avanzo di 518 vità alle cooperative sociali. Nelle regioni tir- è, infatti, sostituita da maggiore spesa privata, milioni nel 2012 e di 811 milioni nel 2013. Sono reniche soggette a Piano di rientro (Lazio, che è anzi diminuita dell’1,5% nel 2012 e del questi i dati emersi dal Rapporto Oasi 2014 di Campania, Calabria e Sicilia), il personale a 5,3% nel 2013, nonostante il forte aumento dei Cergas e Sda Bocconi che evidenzia la strada tempo indeterminato si è ridotto del 15% dal ticket. Se l’ammontare complessivo dei ticket che rimane da fare. 2006 al 2012 e quello a tempo determinato o è rimasto più o meno stabile fino al 2007, da “Le Aziende sanitarie – hanno spegato i cura- interinale del 27%. La dinamica della spesa far- allora al 2013 è praticamente raddoppiato, pastori del Rapporto, Elena Cantù e Francesco maceutica convenzionata è stata, se possibile, sando da 1,6 a 3 miliardi di euro, con la forte Longo - hanno compiuto un piccolo miracolo: ancora più marcata: essa è diminuita del 7,6% discontinuità dovuta all’introduzione, nel 2011, pareggio di bilancio e assenza di incremento l’anno negli ultimi tre anni. del cosiddetto superticket sulla specialistica. di spesa da 5 anni con una sostanziale tenuta Il contenimento della spesa è avvenuto anche La maggiore spesa per i ticket è stata, però, più del sistema nonostante invecchiamento della attraverso forme di razionamento quali le liste che controbilanciata dalla diminuzione delle popolazione, peggioramento epidemiologico, di attesa o i tetti sui volumi di prestazioni ero- altre spese private. Inoltre, all’indomani delnuove tecnologie e incremento della povertà. gabili dai privati accreditati. A motivo di tali l’introduzione del superticket, la domanda di Il sistema è ora pienamente sostenibile. Dalla vincoli, i privati accreditati si trovano a utiliz- prestazioni da parte dei cittadini si è ridotta. fase di rapido contenimento della spesa pre- zare, in media, poco più del 70% della propria Nel clima economico corrente, evidenzia invalentemente con logiche input based, dob- capacità produttiva, con evidenti minacce al fine il Rapporto, si è notevolmente ridotta la biamo ora riorganizzare i servizi allineandoli loro equilibrio economico. Più in generale, a capacità di investimento del Sistema sanitario all'epidemiologia emergente: è un lavoro di me- risentire dei tagli è tutto il settore sanitario nazionale, che oggi è pari al 5% della spesa sadio periodo, ora possibile, solo perché abbia- privato, che in Italia impiega più di 110mila nitaria corrente. Se, ad oggi, l’Ocse valuta pomo messo a posto i conti. Questa è la sfida che persone e nel quale il Sistema sanitario nazio- sitivamente lo stock tecnologico della sanità attende il Ssn e le aziende sanitarie devono gio- nale riversa più del 60% dei propri finanzia- italiana, è chiaro che il dato suggerisce incercare un ruolo centrale”. Il processo di miglio- menti. te prospettive per il futuro.


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IL MANIFESTO PROGRAMMATICO ANAAO GIOVANI CHIEDE DI:

In prima linea per far crescere il sindacato Claudia Pozzi Responsabile Settore Anaao Giovani Regione Toscana Coordinatrice Settore Anaao Giovani Macro-Regione Centro

Sembra lontano nel tempo, ma a pensarci bene sono passate solo poche settimane da mercoledì 19 novembre scorso quando è stato "celebrato" l’Anaao Giovani Day, il primo vero impegno del Settore, una sorta di ingresso ufficiale nel “pianeta sindacato”. Abbiamo sentito l'esigenza di condividere con tutti gli iscritti questo evento non per una mera commemorazione, bensì per il bisogno di fare un bilancio dell’attività del Settore che dal congresso di Abano Terme ad oggi ha dimostrato di saper camminare con le proprie gambe, sebbene ancora fragili, verso la sua affermazione. L’Anaao Giovani Day ha rappresentato un importante momento di confronto sui temi che noi giovani medici riteniamo al momento più rilevanti: la storia del sindacato, la formazione, la responsabilità professionale, i problemi dell’occupazione, i carichi di lavoro, l’organizzazione del lavoro, il vademecum fiscale per i non laureati. Questi sono stati gli argomenti sui quali abbiamo concentrato la nostra attenzione, facendo emergere dubbi e interrogativi e discutendone alla presenza dei “senior” che, con la loro esperienza, hanno arricchito i momenti di dibattito ed anche il nostro sapere. La giornata è stata aperta a tutti, iscritti e non iscritti, ed ha visto la partecipazione di giovani medici impegnati nel settore, medici in formazione specialistica e anche giovani che si affacciavano per la prima volta al sindacato. Con successo siamo riusciti a organizzare questo evento in 13 regioni italiane: a Torino, Genova, Padova, Bologna, Firenze, Roma, Chieti, Ancona, Campobasso, Napoli, Lamezia Terme, Palermo c'è stata una partecipazione soddisfacente che ci ha ripagati dell’impegno profuso. Organizzare questa giornata, infatti, non è stato semplice. Ci sono volute settimane di grande impegno e dedizione, di tempo ed energie, un impegno condiviso con tutto il gruppo dei responsabili regionali Anaao giovani presenti e pronti a supportare vicendevolmente sconforto e stanchezza. Indispensabile è stato anche il

sostegno e la collaborazione non solo della segreteria nazionale, che ci ha messo a disposizione il supporto culturale e logistico, ma anche dei Segretari Regionali e Aziendali che hanno creduto insieme a noi a questo progetto. Contattare i colleghi e far in modo che potessero garantire la loro presenza ha richiesto uno sforzo notevole, ma alla fine la risposta è stata positiva, segno che queste iniziative stimolano la partecipazione e che questo gruppo di lavoro, nato da poco e basato su una collaborazione che avviene prevalentemente attraverso la corrispondenza via mail, sta funzionando. Lavorare in gruppo permette di trovare la forza di portare avanti le piccole e grandi battaglie che l’esercizio della nostra professione ci impone ogni giorno. Ed è importante sapere di non essere soli a combatterle! Anche di questo si è parlato nel corso della giornata, dell’importanza e della necessità di creare sempre più spesso occasioni di confronto. L'Anaao ha saputo interpretare le esigenze di noi giovani medici anzitutto offrendoci un luogo, fisico e virtuale, dove dare spazio alle nostre idee e ai nostri progetti. Da questa esperienza e dalle altre attività dell’ultimo anno abbiamo imparato molto. Soprattutto che abbiamo molto da imparare, con umiltà e pazienza. Ma questo è solo il "primo tempo"! Il gruppo di lavoro che si è creato, attraverso il coordinamento nazionale e capillarmente nel settore giovani di ciascuna regione, sta lavorando a nuovi progetti che verranno presto condivisi non solo sul sito nazionale e delle singole regioni, ma anche sulle pagine facebook che ciascun settore giovani ha creato nella propria regione. Fare sindacato in prima linea non è comodo come stare dietro le quinte, delegando ad altri il successo e l’affermazione delle idee e delle rivendicazioni. Fare sindacato vuol dire metterci la faccia, vuol dire credere in un progetto e nelle persone che lo portano avanti pur tra mille difficoltà. Noi ci crediamo! Allora grazie a tutti coloro che hanno deciso di condividere insieme a noi un impegno, forse ambizioso, ma concreto e a tutti coloro che presto decideranno di seguirci.

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ANAAO GIOVANI #UNITISIPUO

RIDURRE IL PRECARIATO IN SANITÀ IN CHE MODO? Definendo il numero di specialisti necessari per ogni singola Regione sulla base di una analisi dei carichi di lavoro e dei pensionamenti, modulando il numero dei contratti di specialità sulla base di tali dati. Anaao Giovani sta raccogliendo dati che descrivono la realtà degli ospedali italiani ed è disponibile a condividere il suo “know how”. RIFORMARE IL LAVORO DEI MEDICI. IN CHE MODO? Riducendo al minimo le assunzioni con contratto atipico e garantendo i diritti fondamentali ad ogni profilo contrattuale, eliminare le autorizzazioni regionali per i concorsi. Anaao Giovani, consapevole della peculiarità lavorative dei medici, è disponibile a lavorare in tavoli tecnici per un vero Jobs Act dedicato. MANTENERE IL NUMERO CHIUSO E MODIFICARE IL PERCORSO DI STUDIO NEL CORSO DI LAUREA IN MEDICINA E CHIRURGIA. IN CHE MODO? Programmando il numero di posti nelle Scuole di Medicina sulla base degli spazi e dell’offerta formativa degli Atenei, in rapporto al numero degli stessi in specialità e agli sbocchi lavorativi. Informare e creare percorsi formativi propedeutici già dagli ultimi anni delle Scuole Superiori. Inserimento e organizzazione di tirocini pratici professionalizzanti e strutturati fin dai primi anni del corso di laurea, in modo da acquisire gradualmente abilità e competenze nelle diverse aree. RIFORMARE LE MODALITÀ DI ACCESSO E PERCORSO FORMATIVO NELLE SCUOLE DI SPECIALITÀ DELL’AREA MEDICA. IN CHE MODO? Prevedendo il concorso con graduatoria nazionale e modalità certe ed eque. Valutazione dei candidati attraverso quiz a risposta multipla con bibliografia ed uso di supporti informatici adeguati. Anaao Giovani propone inoltre che il voto di laurea e le altre componenti del punteggio del curriculum siano statisticamente aggiustate in modo che i criteri siano uniformi in tutte le Regioni. Il medico in formazione specialistica dovrà ricevere una formazione mista che vede Università, Ospedali e Territorio come attori fondamentali. SANARE IL MANCATO RICONOSCIMENTO DELLE PROGRESSIONI DI CARRIERA SIA COME MODALITÀ CHE DAL PUNTO DI VISTA ECONOMICO PER I 5 E 15 ANNI SENzA PENALIzzARE ULTERIORMENTE I GIOVANI MEDICI IN CHE MODO? Eliminando la discrezionalità delle singole aziende ospedaliere rispetto al riconoscimento economico e giuridico degli scatti di anzianità e riconoscimento degli arretrati. APPLICAzIONE DELLA LEGGE CON OBBLIGO IMMEDIATO DI ASSICURAzIONE PER LE ASL PER LA RESPONSABILITÀ PROFESSIONALE MEDICA. IN CHE MODO? Penalizzazioni pesanti per le Strutture inadempienti e per le Regioni che favoriscano il fenomeno dell’autoassicurazione.


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Molise, Calabria

Interviste ai segretari Regionali Giuseppe Attademo Segretario regionale Anaao Assomed Molise

“Viviamo in uno stato di totale incertezza si va avanti grazie ai dirigenti medici che operano nel Ssr” Dottor Attademo, se dovesse indicare le principali criticità della sua regione, su quali punterebbe maggiormente l’attenzione? La regione Molise è da sette anni in Piano di rientro dal debito sanitario e ancora non è riuscita ad azzerarlo. Sono passati cinque commissari ad acta (l’ultimo è l’attuale presidente della Giunta, Paolo di Laura Frattura, coadiuvato da un subcommissario) e tre direttori generali (l’ultimo, Mario Pirazzoli, è stato nominato da venti giorni e proviene dall’Università di Tor Vergata di Roma) ma la situazione rimane ferma. Non è stato elaborato un Piano sanitario regionale (in quanto il tavolo di confronto col ministero dell’Economia e delle Finanze ha sempre dato esito negativo) e di conseguenza non esiste un Atto aziendale. Questo fa sì che le strutture esistenti operano in uno stato di incertezza e si procede solo grazie alla consapevolezza dei dirigenti medici che operano nel Ssr. La crisi finanziaria però sta diventando strutturale in assenza di linee programmatiche. Del resto la presenza di tre strutture (Fondazione Giovanni Paolo II – Istituto Neurologico Neuromed – Facoltà di Medicina dell’Università del Molise), che non sono integrate nel Ssr,

appesantisce ulteriormente la funzionalità di un sistema sottodimensionato come bacino di utenza regionale. Il passaggio da un’assistenza ospedalocentrica ad una territoriale pertanto non avendo una governance adeguata provoca solo confusione di ruoli assistenziali. Quali sono le azioni che state mettendo in campo per superare queste criticità? Come organizzazione sindacale stiamo cercando di offrire idee progettuali relativamente alla organizzazione della rete ospedaliera integrata con l’assistenza territoriale in linea con quelle che sono le indicazioni fornite dalle linee guida e dal recente regolamento sugli standard ospedalieri. Inoltre stiamo affrontando il problema del precariato medico (che nel Molise incide per oltre il 30%) al fine di una stabilizzazione anche parziale pur se nelle regioni in Piano di rientro le difficoltà sono maggiori. Infine rimane sul tappeto il problema degli incarichi dirigenziali che si sta cercando di dare pratica soluzione. Se invece dovesse indicare delle urgenze, quali sarebbero? La prima urgenza è logicamente il pronto recupero del debito sanitario regionale a cui è legata la funzionalità del sistema. Ma anche agire per una razionalizzazione dell’assistenza ospedaliera collegata allo sviluppo di un’efficace ed efficiente rete per le emergenzeurgenze in un territorio prevalentemente montano. Inoltre, occorre attuare, perché non più dilazionabile, un’assistenza territoriale pienamente operativa che sgravi gli ospedali di funzioni assistenziali non più congrue (cronicità, riabilitazione, disagio sociale). Le sue parole d’ordine come responsabile regionale? Avverto il peso della responsabilità di Segretario regionale in un momento veramente critico non solo per il sindacato ma per l’intera società. È in atto una fase di trasformazione che coinvolge tutti ed il sistema sanitario subisce forti scossoni in quanto le risorse limitate richiedono soluzioni innovative che però rispettino un diritto costituzionalmente tutelato come è quel-

lo della salute. Pertanto, le parole d’ordine in un contesto così frammentato potrebbero avere una valenza contraddittoria. Comunque le dico: tutela del diritto alla salute; ruolo medico come riconoscimento della duplicità professionale/gestionale e infine innovazione dell’assistenza sempre più legata alla multiprofessionalità.

Domenico Saraceno Segretario regionale Anaao Assomed Calabria

“Il Piano di rientro ci ha imposto un feroce blocco del turnover, una rottamazione selvaggia e lo straordinario non retribuito” Dottor Saraceno, qual è lo stato dell’arte della sanità calabrese? Grazie all’attuazione del piano di rientro il deficit della sanitario della Calabria, leader delle regioni “canaglia” con bilanci “orali”, è passato da 263 mln di euro nel 2009, a soli 31 mln nel 2013, con un avanzo tendenziale di 29 mln per l’anno in corso. Questo risultato è stato ottenuto con una “cura da cavallo”, stile Grecia imponendo, a beffa dei contribuenti onesti, addizionali regionali Irpef nella misura massima consentita per un quadriennio. Ed è stato reso possibile anche grazie al combinato disposto di un feroce blocco del turn-over e di un ricorso selvaggio alla rottamazione nel biennio 2010/11. Ciò ha portato a un depauperamento senza pre-

cedenti di personale oltretutto frustrato dall’applicazione distorta, se non punitiva, della Legge 122/10 con saccheggio dei fondi della retribuzione accessoria, compreso quello per le particolari condizioni di disagio lavorativo e mancata attribuzione dei Fondi aggiuntivi. Conseguenza: migliaia di ore di lavoro straordinario imposto, ma non retribuito, per evitare l'interruzione di servizi essenziali con conseguente diluvio di ricorsi e relativo danno erariale da spese di giudizio. Quali azioni state mettendo in campo per superare queste criticità? Devo dire che l’attività sindacale è stata condizionata negativamente dall'assenza dell’interlocutore istituzionale. Il Governo infatti, ha impiegato sei mesi per designare il nuovo Commissario per l'attuazione del Piano di rientro. Nomina avvenuta il 19 settembre. Il precedente Commissario, presidente della Giunta regionale, avendo subito una condanna penale in primo grado, è decaduto il 27 marzo scorso per effetto della “Legge Severino”. Inoltre nello stesso periodo la metà delle Aziende è rimasta acefala, per la scadenza naturale dei contratti dei relativi direttori generali senza che gli stessi fossero tempestivamente rimpiazzati per un conflitto istituzionale tra Governo e Regione sui poteri/criteri di nomina dei commissari/sostituti. Ciononostante è stata alacremente svolta attività di reclutamento iscritti , e interlocuzione col competente dipartimento a difesa di istituti contrattuali e fondi. Se dovesse invece indicare delle urgenze quali sarebbero? L’immediato sbocco del turn-over e la stabilizzazione di 357 precari da destinarsi prioritariamente alla rete dell'emergenza-urgenza che ormai è al collasso nonostante l'abnegazione del personale, che è allo stremo per i turni massacranti, e la negazione del diritto alle ferie, anche quelle degli anni precedenti. Infine le sue parole d'ordine come responsabile regionale Più programmazione e coinvolgimento, meno tagli indiscriminati e lineari per erogare livelli essenziali di assistenza in condizioni sia di appropriatezza che di sicurezza.


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Compenso straordinario notturno e festivo

A buon fine la richiesta dei medici dell’Irccs di Genova di Michela Conti Avvocato

Un punto fermo, nell’ambito dei diritti azionabili da parte dei dirigenti medici, sembra essere sempre più quello del riconoscimento dei crediti maturati in relazione alle ore di lavoro eccedenti il debito contrattuale prestate nello svolgimento dei turni di guardia notturni e festivi: la giurisprudenza si è assestata su una posizione sostanzialmente favorevole alle istanze dei medici e le stesse aziende sanitarie, dal canto loro, se messe alle strette, sembrano percorrere volentieri una soluzione conciliativa. La disciplina collettiva applicabile alla materia sancisce alcuni princìpi fondamentali: 1) l’obbligo di svolgimento del servizio di guardia notturna e festiva da parte dei dirigenti medici di primo livello (art. 14 Ccnl 3.11.2005); 2) lo svolgimento della guardia durante il normale orario di lavoro (art. 16 Ccnl 3.11.2005); 3) la remunerazione del servizio prestato al di fuori del normale orario di lavoro quale straordinario o nelle forme del riposo compensativo (art. 16 Ccnl 3.11.2005 e art. 28 Ccnl integrativo 10.02.2004); 4) la fruibilità del riposo compensativo, a domanda dell’interessato, entro il mese successivo a quello di svolgimento delle ore eccedenti il debito contrattuale (art. 28 Ccnl integrativo 10.02.2004); 5) la monetizzazione della prestazione di guardia quale sistema ordinario attraverso il quale l’Azienda deve remunerare il servizio prestato dal medico (art. 28 Ccnl integrativo 10.02.2004).

Nella controversia patrocinata da Anaao promossa da n. 12 dirigenti medici dell’Irccs di Genova innanzi al Tribunale del Lavoro al fine di ottenere, da parte della propria Azienda, la corresponsione di quanto dovuto in relazione all’effettuazione dei turni di guardia notturni e festivi in regime di lavoro straordinario, il Tribunale di Genova, con la sentenza n. 1402 del 29.06.2006 (confermata da App. Genova, 16.10.2008 n. 796) ha stabilito - accogliendo la domanda dei medici ricorrenti sulla base di una normativa ritenuta incontrovertibile (“poche disposizioni dal chiaro tenore letterale e dalla disciplina sostanziale non complessa”) - che “la monetizzazione della prestazione per guardia medica rappresenta nella volontà delle parti contrattuali il sistema ordinario attraverso il quale l’Ospedale darà remunerazione al servizio prestato a tale titolo dai suoi dirigenti medici, il riposo compensativo l’eccezione, da fruirsi dietro domanda dell’interessato”. “Questi potrà dunque decidere, a sua discrezione, se preferire tale corrispettivo in luogo della monetizzazione della prestazione lavorativa. L’ospedale potrà, per contro, per esigenze organizzative solo differirne il godimento oltre il mese di competenza”. La monetizzazione della prestazione per guardia medica prescinde, è il caso di ricordarlo, dalla eventuale incapienza del fondo deputato alla retribuzione del lavoro straordinario: circostanza, questa, talvolta addotta dalle Aziende a

tentato contenimento delle istanze dei medici ma, in verità, non opponibile ai lavoratori. Il principio secondo il quale non può essere effettuata alcuna spesa pubblica se non è prevista la relativa copertura finanziaria, è infatti un principio programmatico che riguarda l’agere della pubblica amministrazione, la quale deve tener conto dei fondi disponibili e non operare al di fuori di essi. L’eventuale superamento della copertura non potrà essere opposto al lavoratore che abbia in buona fede eseguito la propria prestazione, non potendo questi subire un pregiudizio del proprio diritto (costituzionalmente garantito ex art. 36 Cost.) per mala gestio della P.A. Le norme contrattuali del resto (art. 62 del Ccnl 5.12.1996, art. 51 del Ccnl 8 giugno 2000) indicano il Fondo al quale attingere per il pagamento, ma non affermano che il lavoro straordinario possa essere compensato solo nei limiti di capienza dello stesso. E anche la giurisprudenza ha spesso ribadito che le norme di contabilità pubblica disciplinano l’operato del soggetto che gestisce la relativa spesa e pongono a quest’ultimo vincoli di corretta gestione, ma non comportano la vanificazione del diritto dei dipendenti alla retribuzione (Cons. Stato, Sez. V, 13.1.2005 n. 78, Tar Sicilia, Palermo, I, sent. n. 1438 del 12.6.2006). I princìpi di cui si è brevemente dato conto sono quelli che si ricavano dalle disegue a pagina 11


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Convegno Nazionale a Pescara

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L’atto me Riceviamo e volentieri pubblichiamo l’intervento di Antonio Ciofani al Convegno Nazionale “L’Atto Medico” che si è svolto a Pescara nel maggio 2014

di Antonio Ciofani Responsabile struttura complessa di nefrologia e dialisi, Ospedale Spirito Santo - Pescara Consigliere Nazionale Anaao Assomed

Perché e come è nata l’idea di organizzare un con-

vegno dal titolo “L’atto medico”? Va evidenziato che è la prima volta anche a livello nazionale che si affronta esplicitamente questo argomento, questo tema specifico dell’atto medico, che non è definito dalla legge; è definito, anzi delineato molto chiaramente dalla giurisprudenza consolidata, dalla Cassazione, che ricorrentemente è intervenuta con esplicite sentenze, lo vedremo. Da dove è nata l’idea? A dire il vero è derivata da un impetuoso intervento di chiamata alla guerra contro i medici, del senatore Annalisa Silvestro in un convegno uf-

ficiale del giugno 2013: “È finita la stagione dell’autoreferenzialità basata sulla mitologia della centralità e primazia del medico !! è necessario un cambio di marcia !! ci dicano in cosa consiste l’atto medico e su quali basi giuridiche, disciplinari, formative, si sostengono certe posizioni professionali” !!. A queste bellicose e quanto mai superficiali affermazioni nonché alla domanda “ci dicano che cosa si intende per atto medico”, nessuno ha replicato. Doveva assolutamente rispondere in primis la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici e in particolare il suo presidente Amedeo Bianco, perché è


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Il buon samaritano, illustrazione del XVIII secolo

dico l’organo che rappresenta per mandato tutti i medici ed ancor più la professione medica. Ma non ha risposto nessuno, nessuno dei rappresentanti delle varie categorie ed istituzioni mediche. Questo attacco così perentorio e diretto portato da un senatore della Repubblica, un componente della Camera Alta del nostro Parlamento, ad una intera categoria professionale, la nostra, è rimasto nell’aria e si è aggiunto al vergognoso clima creato da tutti gli altri attacchi di cui siamo continuamente oggetto e che è alla base dell’arcinoto forte malessere dei medici. Ecco, l’idea di intitolare un convegno “l’At-

to Medico” nasce proprio dall’esigenza di dare delle risposte al tema oggi quanto mai attuale del ruolo del medico e del suo presunto cambiamento che sarebbe in corso, al suo accerchiamento da parte delle tante figure del mondo della sanità e dalle svariate figure esterne alla sanità: la verità è che il medico, ed in particolare il medico clinico, che è sempre lo stesso da 2.500 anni e cioè quello che cura chi sta male, infastidisce molti ed infastidisce vieppiù man mano che la complessità della medicina e del suo contesto aumentano accrescendo la complessità delle decisioni da assumere sul malato e le relative responsabilità. Infatti il suo rapporto con il paziente è tuttora l’asse centrale attorno a cui ruota tutto il resto, tutto il resto deve facilitare l’opera del medico e questo infastidisce ancora di più. Peraltro oggi sempre di più il paziente ricerca un medico che si faccia carico adeguatamente del suo problema. Ma vediamo come stanno le cose, partiamo da un velocissimo sguardo al passato, perchè Confucio, nel 500 avanti Cristo diceva di studiare il passato se si vuole capire il futuro, e da qualche emblematico riferimento giurisprudenziale che, come vedremo, definisce la funzione medica oggi in modo chiaro, inequivocabile e del tutto sovrapponibile a ciò che è stata nel corso dei millenni. Questa storia, la storia della medicina di oggi, comincia da Ippocrate, è stata sempre scandita da medici e coincide con la loro storia. Ippocrate: • Rivoluzionò concetto di medicina associata a teurgia e filosofia • Insegnò ad affrontare razionalmente le manifestazioni morbose • È l’inventore della cartella clinica • È il fondatore della scienza medica conferendole per la prima volta carattere autonomo • Insegnò lo studio sistematico delle conoscenze mediche (Corpus Hippocraticum) • Stabilì la medicina come professione • Pose i fondamenti dell’etica medica con il Giuramento tuttora valido a livello internazionale. Poi potremmo indicare Galeno, dell’epoca romana, punto di riferimento per secoli, per la farmacologia e molto altro, come fu anche Avicenna con il suo “Canone della Medicina” medico e filosofo del medioevo di origine musulmana-islamica. Citerei Giovan Battista Morgagni, del XVII secolo e la definitiva correlazione tra i quadri anatomo-patologici e quelli clinici, Robert Koch e lo studio etiopatogenetico delle grandi malattie, Alexander Fleming e l’inizio dell’era degli antibiotici, George Papanicolaou e la grande diagnostica, quello del Pap Test e arriviamo all’epoca moderna della grande ricerca molecolare e la nostra Rita Levi Montalcini e della medicina dei trapianti con Chri-

stian Barnard; e ancora l’epoca degli organi artificiali: la medicina è stata fatta e coincide con l’azione e l’intuizione di singoli medici che hanno interpretato, adattato i progressi della scienza, della tecnologia, della società, della politica, li hanno adattati al loro lavoro, alla cura del paziente, alle esigenze riscontrate e osservate sul campo. Ci sono state tante rivoluzioni in tutti i campi nel corso di questi 2500 anni, da quando Ippocrate teneva le sue lezioni sotto il famoso platano, ma la funzione dei medici noti e meno noti è sempre la stessa. Ma tornando alla storia iniziata nel V secolo avanti Cristo, dicevamo dell’era attuale degli organi artificiali; citerei l’olandese Wilelm Kolff, che nei primi anni ‘40 ha inventato il rene artificiale e non ha neanche avuto il Nobel anche se milioni di persone vivono grazie a lui. Dopo tanti studi e tentativi clinici sul campo, ha messo a punto il prototipo di dializzatore che poi è stato prodotto su larga scala fino ad arrivare, nei decenni successivi, al rene artificiale di oggi. Pensate che in Italia il costo della terapia dialitica ammonta a circa il 2% della spesa sanitaria, quindi intorno ai due miliardi su 110. Questo per dimostrare, come dicevo prima, che sono sempre i medici in prima persona gli artefici del progresso della medicina, ma anche nel progresso industriale, organizzativo, gestionale di ciò che la riguarda: c’è sempre qualche singolo medico partito dalla cura dei pazienti, dalla loro osservazione e dal loro studio. Sulla peculiarità e sul primato della clinica vi riporto 3 riflessioni molto indicative: • L’arte medica è costitutivamente legata all’incertezza e al rischio e il ragionamento clinico è sempre un ragionamento incerto. (Giovanni Federspil, clinico medico ed epistemologo Università di Padova, 1938-2010) • Il paziente che il clinico ha davanti costituisce un unicum nella storia del mondo; ogni processo morboso realmente esistente in un certo individuo è il risultato di un intrecciarsi di fenomeni che non ha esempi in natura. (Augusto Murri, clinico medico Università di Firenze, 1841-1932) • Una gran parte di ciò che i medici sanno è insegnato loro dai malati. (Marcel Proust, scrittore francese, 1871-1922) Cos’altro mi è venuto in mente quando ho letto le dichiarazioni del senatore Annalisa Silvestro? Che quotidianamente in tante sale operatorie e in tante corsie, i medici praticano e/o dirigono attività chirurgiche, mediche, terapeutiche, organizzative per il bene dei pazienti, migliaia e migliaia di noi impegnati quotidianamente in prima linea mentre in altri luoghi più comodi e tranquilli si pensa a come attaccarli, sminuirli, derubricarne il ruolo centrale assimilandolo a quello, ovviamente ugualmente onorevole, di tutti gli altri operatori. Poi però, quando qualcosa non va per il verso giusto i capri


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espiatori perseguiti con avvisi di garanzia e titoloni nelle prime pagine cartacee e dei TG sono solo i medici e tutti gli altri attori della sanità, quelli che qualcuno definisce “la galassia”, rimangono fuori, come pure manager, amministrativi, burocrati dei vari livelli, commentatori ed osservatori vari e quant’altro. E così si lavora per demolire il naturale primato della clinica. Ma come, noi rispondiamo così direttamente dei pazienti ma poi quando si deve decidere qualcosa non contiamo più nulla? Da qui il malessere, il senso di frustrazione, il rancore, spesso la rassegnazione, l’indignazione ma anche la reazione ed il crescente fenomeno della medicina difensiva, che viene calcolata per un costo sul Ssn di circa 13 miliardi, il 9% del fondo sanitario. C’è qualcosa che non torna, qualcosa non quadra, dobbiamo rivedere alcune cose; decine di migliaia di medici clinici non si sentono più rappresentati e c’è un’evidente inadeguatezza a mantenere la barra della funzione medica da parte di chi ha il mandato di farlo. Attenzione, se sentite qualcuno che dice di “ripensare” il ruolo del medico oggi... o altre minchiate del genere, diffidate, in realtà aiuta premeditatamente o inconsapevolmente chi intende derubricare e svilire la funzione clinica e cioè il nostro ruolo. Ma proprio la funzione medica, l’“atto medico”, ancorché in assenza di una specifica legge, sono chiaramente delineati dalla Corte Costituzionale e dalla Suprema Corte di Cassazione e con elementi riscontrabili nella Costituzione; quella autoreferenzialità che tanto infastidisce è in realtà un obbligo del medico, che addirittura ha il “dovere” di disattendere qualsiasi disposizione contrastante a suo giudizio con l’interesse del paziente, il medico è il garante del paziente. E proprio quella magistratura, da molti di noi vista come uno dei “nemici” da cui difendersi, delinea perentorie definizioni della funzione medica, quelle definizioni che molti di noi hanno smarrito, altri temono, altri combattono sottotraccia per interessi di bottega o per carriere politico-amministrative; ebbene si evince chiaramente che il ruolo medico non fa parte di quella “galassia” citata da Carlo Lusenti, è definita e sancita come peculiare. Ma i più anziani di noi sono divenuti incapaci di indicare ai giovani medici le connotazioni fondanti della nostra professione e, imbambolati ed avvitati su se stessi in preda ad una grave forma di incertezza cronica e timore di dire cose troppo forti o scomode, vanno ripetendo che bisogna “ripensare” la nostra professione ed il nostro ruolo. Ebbene non c’è un bel niente da ripensare cari Colleghi, basta leggere (e riflettere) con un po’ di attenzione quanto sancito da una giurisprudenza in materia più che consolidata e da pareri di au-

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torevoli giuristi. Nota: alcuni riferimenti che seguono, alla Costituzione, a sentenze della Corte Costituzionale e a sentenze della Cassazione Penale, sono state redatte prendendo spunti dall’articolo del sottoscritto pubblicato sul n. 47/48 dic 2013/gen 2014 de Il Sole 24 Sanità e dall’articolo di Gianfranco Iadecola pubblicato sullo stesso periodico il 15/21 aprile 2014. Va rimarcato, che la nostra funzione viene ricorrentemente citata come “Arte Medica”. Riferimenti alla Costituzione il diritto all’autonomia tecnico-operativa del medico nell’esercizio della sua attività trova fondamento costituzionale sul piano scientifico, negli articoli 9, c.1° e 33, c. 1°, che tutelano la ricerca scientifica e la libertà della scienza e della sua applicazione pratica, sul piano della solidarietà sociale, nell’articolo 2. Ma l’aspetto più qualificante dell’indipendenza professionale del medico è funzionale alla realizzazione dell’interesse costituzionale del diritto alla salute sancito dall’articolo 32 della Costituzione, che consegna al ruolo di garanzia del medico la tutela di questo diritto. Riferimenti a sentenze della Corte Costituzionale (Corte Costituzionale: sentenze 185/98 - 121/99 - 188/2000 e più esplicitamente 282/2002 338/2003) La Corte Costituzionale ha stabilito il principio dell’autonomia terapeutica del medico rispetto persino al legislatore: “Non è di norma il legislatore a dover stabilire quali sono le pratiche ammesse, con quali limiti e a quali condizioni poiché la pratica dell’arte medica si fon-

da sulle acquisizioni scientifiche e sperimentali che sono in continua evoluzione. La regola di fondo di questa materia è costituita dall’autonomia e dalla responsabilità del medico che con il consenso del paziente opera le scelte professionali basandosi sullo stato delle conoscenze a sua disposizione” È riservata al medico la scelta terapeutica e la libera valutazione del singolo caso sottoposto al suo esame e l’adeguamento dei protocolli alle condizioni particolari del paziente che ha in cura. Riferimenti a sentenze della Corte di Cassazione Cassazione penale (IV sezione): sentenze 2865/2011 - 1873/2010 - 11493/2013 - 26966/2013 “.... l’arte medica, mancando per sua stessa natura, di protocolli a base matematica e cioè di pre-dimostrata rigorosa successione di eventi, spesso prospetta diverse pratiche o soluzioni che l’esperienza ha dimostrato efficaci, da scegliere oculatamente in relazione a una cospicua quantità di varianti che, legate al caso specifico, solo il medico, nella contingenza della terapia, può apprezzare”. “....questo concetto non può essere compresso a nessun livello nè disperso per nessuna ragione, pena la degradazione del medico a livello di semplice burocrate, con gravi rischi per la salute di tutti”. “..... è doveroso attenersi a un complesso di esperienze che va solitamente sotto il nome di dottrina, quale compendio della pratica nella materia, sulla base della quale si formano le leges artis, cui il medico deve attenersi dopo attenta e completa disamina di tutte le circostanze del caso specifico, scegliendo, tra le varie condot-


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schio insito in ogni scelta terapeutica in sé, ignorandosi a quale esito l’altra possibile opzione avrebbe approdato”. (2865/2011) “... la direttrice del medico non può che essere quella di rapportare le proprie decisioni solo alle condizioni del malato, del quale è, comunque, responsabile. .... i principi fondamentali che regolano, nella vigente legislazione, l’esercizio della professione medica, richiamano da un lato il diritto fondamentale dell’ammalato di essere curato ed anche rispettato come persona, dall’altro, i principi dell’autonomia e della responsabilità del medico, che di quel diritto si pone quale garante nelle sue scelte professionali. ...... a nessuno è consentito di anteporre la logica economica alla logica della tutela della salute, nè di diramare direttive che, nel rispetto della prima, pongano in secondo piano le esigenze dell’ammalato. Mentre il medico, che risponde anche ad un preciso codice deontologico, che ha in maniera più diretta e personale il dovere di anteporre la salute del malato a qualsiasi altra diversa esigenza e che si pone, rispetto a questo, in una chiara posizione di garanzia, non è tenuto al rispetto di quelle direttive, laddove esse siano in contrasto con le esigenze di cura del paziente e non può andare esente da colpa ove se ne lasci condizionare, rinunciando al proprio compito e degradando la propria professionalità e la propria missione a livello ragionieristico”. ....Nel praticare la professione dunque, il medico deve, con scienza e coscienza, perseguire un unico fine: la cura del malato... ....senza farsi condizionare da esigenza di diversa natura, da disposizioni, considerazioni, valutazioni, direttive che non siano pertinenti rispetto ai compiti affidatigli dalla legge ed alle conseguenti relative responsabilità. (1873/2010) “... le linee guida “non devono essere ispirate a esclusive logiche di economicità della gestione, sotto il profilo del contenimento delle spese, in contrasto con le esigenze di cura del paziente”. “... il medico ha il dovere di disattendere indicazioni stringenti dal punto di vista economico che si risolvano in un pregiudizio del paziente”. (11493/2013) - Il medico deve manifestare formalmente il dissenso verso determinazioni di colleghi gerarchicamente sovraordinati se ritiene le loro scelte contrastanti con leggi aggiornate dell’arte medica. (diritto/dovere di dissenso). (26966/2013) Molto indicative anche le due seguenti sentenze (massime): te terapeutiche, quella che l’esperienza indica come la più appropriata”. “...Una volta effettuata la scelta, il medico deve restare vigile osservatore dell’evolversi della situazione in modo da poter subito intervenire ove dovessero emergere concreti sintomi e far ritenere non appropriata, nello specifico, la scelta operata e necessario un aggiustamento di rotta o proprio una inversione”. “...Quando tutto ciò sia stato realizzato, il medico non può poi rispondere dell’insuccesso,..... e pagare non per un errore nella cura ma per il verificarsi del ri-

1) responsabilità medica, colpa grave, omicidio colposo, direttive scientifiche

Cassazione penale, sez. IV, sentenza 09.04.2013 n° 16237 Le linee guida, per avere rilevanza nell’accertamento della responsabilità del medico, devono indicare standard diagnostico-terapeutici conformi alla regole dettate dalla migliore scienza medica a garanzia della salute del paziente e non devono essere ispirate ad esclusive logiche di economicità della gestione, sotto il profilo del contenimento delle spese, in contrasto con le

esigenze di cura del paziente. Solo nel caso di linee guida conformi alle regole della migliore scienza medica sarà poi possibile utilizzarle come parametro per l’accertamento dei profili di colpa ravvisabili nella condotta del medico ed attraverso le indicazioni dalle stesse fornite sarà possibile per il giudicante - anche, se necessario, attraverso l’ausilio di consulenze rivolte a verificare eventuali particolarità specifiche del caso concreto, che avrebbero potuto imporre o consigliare un percorso diagnostico-terapeutico alternativo - individuare eventuali condotte censurabili. 2) sul nesso causale in caso di responsabilità del medico per morte del paziente

Cassazione penale, Ss.Uu, sentenza 11.09.2002 n° 30328 (sentenza Franzese)In tema di reato colposo omissivo improprio, con particolare riguardo alla materia della responsabilità professionale del medico chirurgo, il nesso causale può essere ravvisato quando, alla stregua del giudizio controfattuale condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica - universale o statistica -, si accerti che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa impeditiva dell’evento hic et nunc, questo non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva. Non é consentito dedurre automaticamente dal coefficiente di probabilità espresso dalla legge statistica la conferma, o meno, dell’ipotesi accusatoria sull’esistenza del nesso causale, poiché il giudice deve verificarne la validità nel caso concreto, sulla base delle circostanze del fatto e dell’evidenza disponibile, così che, all’esito del ragionamento probatorio che abbia altresì escluso l’interferenza di fattori alternativi, risulti giustificata e processualmente certa la conclusione che la condotta omissiva del medico è stata condizione necessaria dell’evento lesivo con ‘alto o elevato grado di credibilità razionale’ o ‘probabilità logica’. L’insufficienza, la contraddittorietà e l’incertezza del riscontro probatorio sulla ricostruzione del nesso causale, quindi il ragionevole dubbio, in base all’evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionante della condotta omissiva del medico rispetto ad altri fattori interagenti nella produzione dell’evento lesivo, comportano la neutralizzazione dell’ipotesi prospettata dall’accusa e l’esito assolutorio del giudizio. Da riportare anche i seguenti inequivocabili ed autorevoli pareri, evidenzianti proprio due basilari aspetti della succitata “peculiarità”: 1) “Se il medico riscontra la non conferenza delle indicazioni provenienti dalla comunità scientifica rispetto alle particolarità del suo caso, o la non efficacia delle applicazioni di esse, avrà non solo la facoltà, bensì l’obbligo di discostarsene e di abbandonarle, per porre in essere altri e diversi tentativi di trattamento terapeutico.

L’autonomia responsabile del medico, con la posizione di garanzia che l’ordinamento gli assegna, conducono alla conclusione che il medi-


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co, e solo lui, rimane il dominus incontrastato e incontrastabile del caso del paziente che assiste “. (Gianfranco Iadecola) 2)... i medici “ possono non ottemperare alle norme dell’ordinamento qualora queste contrastino con gli scopi della professione medica”. (Vincenzo Carbone)

Il sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione dott. Pasquale Fimiani ci chiarirà meglio questo punto ma ce n’è un altro correlato a quanto esposto. Quante volte è capitato che qualcuno di noi protesti oppure rilasci dichiarazioni; veniamo subito censurati dalla direzione, talune direzioni generali addirittura emettono disposizioni e talora veniamo minacciati di essere deferiti al consiglio di disciplina se diciamo che una tal struttura non va e perchè, oppure che l’organico è carente, o altro. Si dimentica che il medico ha il dovere di farlo perché non risponde a nessuno quando si muove nell’interesse del malato e se qualcosa può danneggiare il paziente lo deve dire, altrimenti ne risponde; ricordo che l’articolo 25 di quello che viene considerato il codice deontologico europeo, recita che il medico è tenuto a rivolgersi all’opinione pubblica quando ritiene che ci siano delle disfunzioni nella struttura in cui lavora e vengono ignorate le richieste di rimediare. E daltronde il paziente, come ribadito ripetutamente in tutti i contesti possibili, ha il diritto di essere adeguatamente informato sul dove e come ricevere in sicurezza le cure più adeguate al suo caso e questo è di competenza medica. Queste cose le abbiamo dimenticate, travolti come siamo dalla vita di tutti i giorni nella prima linea dei reparti e dai rapporti con le amministrazioni, abbiamo dimenticato, anzi spesso ignoriamo quanto ci è assegnato e riconosciuto dalla giurisprudenza consolidata, non sappiamo adeguatamente evidenziarlo e farlo pesare. Volevo citare l’ultimissimo caso, drammatico e doloroso al tempo stesso, di un bimbo di 3 anni deceduto dopo essere stato mandato a casa dal pronto soccorso dell’ospedale di Tarquinia; ho letto che il ministro Lorenzin ha inviato degli ispettori per vedere e capire se ci sono delle anomalie o inadempienze della struttura relativamente alle possibilità o meno di affrontare le emergenze pediatriche; bene, però nel frattempo cosa era successo, che due medici erano stati raggiunti dall’avviso di garanzia, con conseguente processo mediatico sulla stampa e sulla TV, intanto hanno risposto quei due medici, poi si vedrà. Allora quale dovrebbe essere il messaggio, anzi i due messaggi? Il primo è che chiunque arriva per febbre al pronto soccorso deve essere ricoverato; ma con quale impatto finanziario ed organizzativo lo lascio intuire. Il secondo che per qualsiasi cosa intanto rispondo-

no i medici, il resto si vedrà. Un altro recente caso a Roma ha visto condannato un medico neurologo in Cassazione per il decesso di un paziente che si era rivolto al pronto soccorso per cefalea ed al quale, secondo i periti, non era stata prescritta un’angiografia cerebrale. Significato: a tutti quelli che si rivolgono al pronto soccorso per una cefalea deve essere prescritta, non si sa mai, un’angiografia, ovviamente dopo essere stati ricoverati: ma ne risponde ancora il medico, in drammatiche decisioni sulla vita umana, sulla persona malata o che riferisce di stare male, questo sembra essere l’unico punto fermo ed è l’ennesima conferma della peculiarità del medico: dobbiamo farlo pesare e pretendere conseguenti riconoscimenti nell’interesse dei pazienti che assistiamo e della necessaria serenità del nostro lavoro. Ma nel corso del 2013 ci sono stati altri elementi sintomatici del tentativo di portare ad una derubricazione della funzione medica, perchè questo è in corso cari colleghi, bisogna solo saperlo rilevare ma è nettamente in corso. Durante il 2013 si è posta sul tappeto la discussione del nuovo codice deontologico e vari giornali hanno titolato, “si rivede il codice deontologico, il paziente diventa persona assistita”. Su questo emblematico argomento è intervenuto più volte il presidente degli ordini dei medici (ma su altri tace) specificando che il cambio di termine non va inteso in senso puramente lessicale ma sottende contenuti; e cosa potrà mai sottendere? Forse significa che “basta col paziente (che ricorda troppo il valore centrale del rapporto medico/paziente) c’è la persona assistita, in senso globale; ma questa esigenza è prevista nel Codice da sempre e ce lo ha ricordato il professor Splendiani, esiste già anche nel nostro giuramento. Si vuole intendere una presa in carico globale della persona e dimentichiamo che il codice deontologico è il codice deontologico dei medici, non di altri. Altri professionisti o altre istituzioni pubbliche seguiranno altri principi deontologici o altre norme relative ai loro compiti, ma rimane il fatto che il medico deve essere dotato del suo codice deontologico, che riguarda il suo rapporto col malato e trasformarlo in qualcos’altro per depistare l’attenzione dalla centralità della clinica e del rapporto medico/paziente si inquadra proprio in quel piano di derubricazione della funzione medica cui accennavamo. Il termine paziente, che tutti sappiamo derivare dal latino, è ciò che caratteriz-

za il rapporto con il medico, in tutte le principali lingue; ho fatto una piccola ricerca, ha la stessa radice, “patient” in inglese, “patient” in francese, “paciente” nelle lingue spagnolo e portoghese, e persino la lingua universale esperanto ha ripreso la radice latina per coniare il termine “pacienca”. Nei principali dizionari, anche nel “wiktionary”, il dizionario della rete web, che è internazionale, la definizione di paziente è “malato che è curato da un medico”; dal Garzanti “chi è affetto da una malattia”, “chi si sottopone alle cure di un medico”, dalla Treccani “chi è affidato alle cure di un medico o di un chirurgo”. Ma purtroppo solo in Italia questa cosa dà fastidio a qualcuno. Vi ho fin qui esposto quali sono stati alcuni importanti ed emblematici elementi che nel corso del 2013 hanno sostenuto l’evidente deriva derubricante della funzione del medico ma finalmente, tra dicembre e gennaio di quest’anno, si è mosso qualcosa, sempre nel perdurante e più completo silenzio ufficiale della Fnomceo e del suo presidente, le organizzazioni sindacali mediche, l’Intersindacale, si sono sorprendentemente svegliate ed accorte che qualcosa non quadrava ed hanno prodotto un buon documento sulla “titolarità del medico nella responsabilità unitaria dei percorsi clinici ed assistenziali e degli assetti organizzativi”. Ma ancora più recentemente come segreteria organizzativa di questo Convegno siamo stati contattati dalla Fism (Federazione italiana delle società medico-scientifiche), che, prendendo atto della situazione, ha ritenuto doveroso intervenire producendo una chiara definizione di atto medico e di funzione medica, richiedendo contestualmente alla Fnomceo di inserirla all’articolo 3 del Codice deontologico. Ho


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anche parlato con Franco Vimercati, presidente della Fism e Giampiero Benetti, componente del direttivo, che mi hanno chiesto di presentare anche a questo convegno la definizione. Questa iniziativa di una organizzazione clinico-scientifica così importante e che rappresenta 184 Società e oltre 100mila medici, do-

segue da pagina 5

A buon fine la richiesta dei medici dell’Irccs di Genova sposizioni che normano la materia e dalle decisioni giurisprudenziali sino ad oggi intervenute sull’argomento. Sul fronte, invece, dei contenziosi per il pagamento delle ore eccedenti il debito contrattuale relative allo svolgimento dei turni di guardia che, dopo esser stati radicati innanzi al Tribunale del Lavoro, si sono risolti con il perfezionamento di un accordo conciliativo, si segnala quello che, con il patrocinio di Anaao, n. 27 dirigenti medici e biologi hanno recentemente raggiunto con l’“Ospedale Galliera” di Genova per il riconoscimento dei crediti maturati tra il 2006 e il 2012. L’Ente, nello specifico, non aveva mai nemmeno adottato un sistema di timbratura differenziata che consentisse la tracciabilità delle ore di guardia, con il risultato che, per un verso, risultava estremamente difficile la quantificazione dei turni di guardia effettuati da ogni singolo ricorrente nell’arco di 7 anni e, per altro verso, appariva egualmente arduo lo scorporo, all’interno del “monte ore guardia” complessivo, tra le ore effettuate dai

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vrebbe dirla lunga sulla situazione che è in corso e della sua percezione presso la comunità dei medici clinici. Comunque la definizione è questa: “Nell’ottica della promozione alla salute spettano alla competenza esclusiva e non delegabile del medico la prevenzione, la diagnosi e la terapia delle malattie, ottenibili sulla base di un’attenta valutazione clinica e di una ragionata e documentata prescrizione di esami diagnostici e procedure terapeutiche o riabilitative utili alla gestione ottimale del quadro clinico in atto e finalizzato alla possibilità di guarigione. L’attuazione di tale principio è di fatto strettamente collegata a contenuti disciplinari che sono oggetto di abilitazione alla professione del medico chirurgo e/o dell’odontoiatra”. Dunque il mondo medico si è svegliato finalmente, ma rimane sempre il silenzio ufficiale dell’ordine dei medici su questo specifico tema, tanto che Ivan Cavicchi scrive il 20 gennaio su Quotidiano Sanità “...alle rappresentanze dei medici rimprovero un pensiero incerto e confuso. Dietro la loro fragile unità intersindacale resa ancor più fragile da un Ordine nazionale muto, si nascondono le loro debolezze strategiche...” ripeto forse la domanda clou a cui dovremmo provare a rispondere nel corso del convegno è proprio: “è peculiare o no la funzione medica? Oppure il medico è uno dei tanti operatori che si occupa di chi sta male?” Se è peculiare, come è peculiare? Come delineato inequivocabilmente dalle Magistrature, che configurano il medico come leader indiscusso dell’azione sul malato ? Potrebbe essere utile una legge vera e propria o è più appropriato lasciare le cose così come sono e cioè che sia la giurisprudenza caso per caso a valutare i contenziosi sul modello del diritto anglosassone del “com-

mon law” e del “case law”, che è poi l’orientamento della maggior parte dei Paesi avanzati? Su questo ed altro ascolteremo il dottor Pasquale Fimiani, sostituto Procuratore generale presso la Corte di Cassazione; una panoramica su ciò che accade negli altri Paesi europei sarà invece l’oggetto trattato dal dr. Salvatore Ramuscello, primario chirurgo a Chioggia e vice presidente dell’Uems (Unione Europea dei Medici Specialisti). Infatti il “malessere medico” che noi conosciamo è cosa diffusa tra i colleghi europei ma forse non si usano questi argomenti per ascese sociali e/o politiche, né ci sono senatori che vanno alla guerra contro i medici ! E a testimonianza delle comuni problematiche dei medici europei, L’Uems ha redatto un’appropriata e completa definizione di atto medico, approvata nella seduta del 25 aprile 2013: “L’atto medico ricomprende tutte le attività professionali, ad esempio di carattere scientifico, di insegnamento, di formazione, educative, organizzative, cliniche e di tecnologia medica, svolte al fine di promuovere la salute, prevenire le malattie, effettuare diagnosi e prescrivere cure terapeutiche o riabilitative nei confronti di pazienti, individui, gruppi o comunità, nel quadro delle norme etiche e deontologiche. L’atto medico è una responsabilità del medico abilitato e deve essere eseguito dal medico o sotto la sua diretta supervisione e/o prescrizione”. Non abbiamo parlato ancora del futuro ma abbiamo già detto che quando si sta male l’esigenza di avere un medico che se ne faccia carico è sempre più forte, lo possiamo vedere tutti i giorni nei nostri luoghi di lavoro; il paziente è quotidianamente alla ricerca affannosa di un medico, uno specialista che segua i suoi problemi, è sempre più così e tutto lascia pensare che anche per il medico del futuro sarà così.

medici entro l’orario di servizio e quelle svolte al di fuori di esso (da retribuirsi, queste ultime, in regime di straordinario). Per quanto l’Azienda adducesse proprio la mancata tracciabilità delle ore a tentata dimostrazione della impossibilità di ricostruire il credito dei medici, l’ammontare delle ore di guardia prestate da ciascuno degli istanti in regime di straordinario è risultato comunque determinabile sulla scorta delle timbrature quotidiane individuali. Siffatto ammontare – monetizzato alla stregua delle diverse tariffe che i contratti di categoria stabiliscono, aggiornandole progressivamente, per il lavoro straordinario “notturno” e per quello “notturno e festivo” – è divenuto la base di una trattativa con l’Ente che si è conclusa con il riconoscimento, a favore di ciascun medico e biologo, di un importo corrispondente al 60% del credito individuale, maggiorato degli interessi legali e della rivalutazione monetaria maturati, sulla somma capitale, tra il 2006 e il 2014. Il pagamento delle somme concordate è stato sottoposto a tassazione separata (ai sensi e per gli effetti di quanto stabilito dall’art. 17 comma 1 lett. B) del T.U.I.R. vigente a proposito degli “emolumenti arretrati per prestazioni di

lavoro dipendente riferibili ad anni precedenti”) e l’Ente datore di lavoro si è altresì fatto carico di tutti gli oneri contributivi e previdenziali conseguenti al versamento delle somme concordate (Cass. Civ. n. 19790/2011). Un benefico effetto scaturito (non dalla sottoscrizione del verbale di conciliazione, ma, già prima) dalla sola instaurazione del contenzioso, è stato poi quello di indurre l’Azienda ospedaliera ad effettuare finalmente lo scorporo, mediante timbratura differenziata, tra le ore di lavoro “ordinarie” prestate da ciascun dipendente e quelle effettuate per l’espletamento dei turni di guardia: il che permetterà ad ogni medico, in futuro, di conoscere l’ammontare dello straordinario maturato per il titolo che si considera senza doversi fare carico di complicati conteggi che non gli competono. L’esperienza genovese sul fronte del pagamento delle ore eccedenti il debito contrattuale relative allo svolgimento dei turni di guardia ha sortito dunque risultati di grande soddisfazione e dimostra come nel contesto complessivo dei sacrifici economici oggi più che mai richiesti ai dirigenti medici, residui pur sempre un ambito di diritti incomprimibili di cui essi possono, a buon ragione, pretendere tutela.


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Responsabilità medica

Giovanni Pasceri Avvocato

La “nuova” responsa extracontrattuale de La Sezione I Civile del Tribunale di Milano, con la sentenza n. 10261 emessa in data

18 agosto 2014, ha affermato che l’art. 3, comma 1, della c.d. Legge Balduzzi ha qualificato il rapporto medico-paziente, in assenza della prova dell’esistenza di un contratto d’opera stipulato tra paziente e professionista, come extracontrattuale La Sezione I Civile del

Tribunale di Milano, con la sentenza n. 10261 emessa in data 18 agosto 2014, ha affermato che l’art. 3, comma 1, della c.d. Legge Balduzzi (Legge 8 novembre 2012, n. 189, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, recante disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute, in Gazzetta Ufficiale n. 263 del 10 novembre 2012 – Suppl. Ordinario n. 201) ha qualificato il rapporto medicopaziente, in assenza della prova dell’esistenza di un contratto d’opera stipulato tra paziente e professionista, come extracontrattuale. Come è noto, sin dalla sua entrata in vigore,il Decreto Balduzzi è stato oggetto di numerose interpretazioni e soprattutto di severi giudizi, spesso del tutto ingiustificati e forse eccessivi. Fra i tanti severi giudizi, poche voci hanno riconosciuto l’onestà di intenti del legislatore e una dimostrata volontà di arginare (per la prima volta) il fenomeno crescente della responsabilità medica e della medicina difensiva. Dopo aver superato il vaglio della lamentata incostituzionalità della norma, la Cassazione ha riconosciuto che la novella legislativa costituisce una vera e propria esimente in ambito penale sicché il medico che si attiene alle linee guide e alle buone pratiche è esente da responsabilità penale, in caso di colpa diversa da dolo o colpa grave.

Più ardua è parsa l’applicabilità – nel senso limitativo della responsabilità- della norma in ambito civile in quanto il legislatore si è limitato a richiamare l’art. 2043 c.c. (norma che definisce la responsabilità extracontrattuale o anche detta aquiliana) senza intervenire chiaramente sul “diritto vigente” in materia di responsabilità medica in ambito sanitario. Parlo di diritto vigente perché, è bene precisare, che il concetto di responsabilità medica in termini contrattuali non si rinviene nel nostro ordinamento, ma è stata “creata” dalla giurisprudenza (Cass., Sez. III Civile, n. 589/1999) mediante una finzione giuridica che vuole il “contatto sociale” tra medico e paziente determinativo di un rapporto contrattuale. Ancora oggi, i più minimizzano la portata della recente giurisprudenza segno evidente che la responsabilità medica costituisce una tavola imbandita in cui tutti possono trarre qualche beneficio. Passando al merito della questione, in seguito alla pubblicazione della norma si rinvengono due distinti indirizzi interpretativi.

Il primo, maggioritario e tradizionale, privilegia il rapporto contrattuale sicché, secondo tali interpreti, il decreto Balduzzi non modificherebbe i criteri di imputazione della responsabilità civile del medico (Cass. civ., Sez. III, 19 febbraio 2013, n. 4030; Trib. Arezzo, 14 febbraio 2013; Trib. Cremona, 19 settembre 2013; Trib. Rovereto, 29 dicembre 2013; Trib. Bari, Sez. III, 14 febbraio 2014), restando fermo il concetto di “contatto sociale” e il conseguente criterio di imputazione della responsabilità del medico. Tale orientamento può ritenersi ben sintetizzato dalla Suprema Corte di Cassazione: “L’art. 3, comma 1, del d.l. 13 settembre 2012, n. 158, come modificato dalla legge di conversione 8 novembre 2012, n. 189, nel prevedere che “l’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve”, fermo restando, in tali casi, “l’obbligo di cui all'articolo 2043 del codice civile”, non esprime alcuna opzione da parte del legislatore per la configurazione della responsabi-


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abilità l medico lità civile del sanitario come responsabilità necessariamente extracontrattuale, ma intende solo escludere, in tale ambito, l'irrilevanza della colpa lieve” (Cass. civ., Sez. VI, ord. 17 aprile 2014, n. 8940). Il diverso orientamento, al contrario, valorizza il tenore letterale della legge e l’interpretazione finalistica imposta dall’art. 12 delle preleggi in cui vengono anche in risalto le finalità perseguite dal decreto Balduzzi. In quest’ottica, il richiamo all’art. 2043 c.c. del legislatore, secondo tali interpreti, non può considerarsi un richiamo atecnico o come si è detto una mera dimenticanza, ma ha quale scopo quello di fornire una precisa indicazione sui criteri di imputazione della responsabilità civile degli esercenti la professione sanitaria. Il ritorno a una interpretazione aderente ai canoni ermeneutici emerge chiaramente nella sentenza n. 10261/2014 del Tribunale di Milano la quale sul punto evidenzia “Ritiene questo giudice che la disposizione normativa appena richiamata – interpretata alla luce del chiaro intento del legislatore di restringere e di limitare la responsabilità (anche) risarcitoria derivante dall’esercizio delle professioni sanitarie per contenere la spesa sanitaria ed in conformità del criterio previsto dall’art. 12 delle preleggi, che assegna all’interprete il compito di attribuire alla norma il senso che può avere in base al suo tenore letterale e all’intenzione del legislatore – sia da interpretare nel senso di ricondurre la responsabilità risarcitoria del medico (al pari di quella degli altri esercenti professioni sanitarie) nell’alveo della responsabilità da fatto illecito ex art. 2043 c.c. (con tutto ciò che ne consegue, principalmente in tema di riparto dell’onere della prova, di termine di prescrizione e del diritto al risarcimento del danno)”. Dopo aver indirettamente criticato l’orientamento giurisprudenziale tradizionale, poco aderente al dato normativo e alle finalità espresse dal legislatore, il giudice meneghino ha congruamente motivato la ragione per cui si è voluto scientemente discostare da tale indirizzo: “Questo giudice pur consapevole del contrario avviso recentemente espresso dalla Corte di

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Cassazione in merito al significato da attribuire alla disposizione contenuta nell’art. 3 sopra citato (cfr. ord. 8940/2014, secondo la quale il legislatore si è soltanto preoccupato di escludere l’irrilevanza della colpa lieve anche in ambito di responsabilità extracontrattuale civilistica), ritiene che ove il legislatore avesse voluto solo escludere l’irrilevanza della colpa lieve nella responsabilità aquiliana, il richiamo all’obbligo risarcitorio di cui all’art. 2043 c.c. sarebbe del tutto superfluo ed ingiustificato. Per tali ragioni ove, come nel caso di specie, gli attori agiscono solo nei confronti dei medici, senza allegare l’esistenza di un contratto d’opera professionale con gli stessi concluso, deve ritenersi che il rapporto gli stessi sia di natura extracontrattuale”. A irrobustire l’orientamento che identifica la responsabilità sanitaria come responsabilità extracontrattuale partecipa il Tribunale di Enna con sentenza del 18 maggio 2013 la quale chiarisce che: “In tema di colpa medica, alla luce delle recenti novità legislative, la responsabilità sanitaria è da escludersi per colpa lieve, laddove siano rispettate le linee guida e le buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica; in sede civile, invece, anche in caso di colpa lieve, è ammessa lìazione ex art. 2043 c.c.”. Dello stesso tenore il Tribunale di Torino che, con sentenza del 26 febbraio 2013, sul punto, ha statuito: “Il fatto che, in materia di responsabilità medica, “resti fermo”l’obbligo di cui all’art. 2043 cod. civ., secondo il disposto di cui all'art. 3 l. n. 189/2012, non può che significare che tale obbligo sia dato per scontato nei casi penalmente rilevanti, ove la condotta del medico sia qualificabile nei termini della colpa “non lieve” e del dolo; dunque, che l'art. 2043 c.c. sia la norma che disegna i criteri per la individuazione della responsabilità del medico pubblico dipendente e della struttura pubblica nel quale questi opera (a tali soggetti, operatori del Servizio Nazionale, è dedicata la novella in esame, non essendo ipotizzabile un diverso regime di responsabilità tra il medico e la struttura”. Meritano di essere ricordate, infine, le recenti pronunce del Tribunale di Milano 20 novembre 2013 e 10 giugno 2014 nonché la sentenza n. 1406 del 29 novembre 2012 emessa dal Tribunale di Varese che ha statuito: “L’art. 3 l. n. 189 del 2012 - prevedendo che nei casi in cui il medico non risponda penalmente, comunque sia tenuto all'obbligazione civile del risarcimento, ai sensi dell'art. 2043 c.c. - suggerisce l'adesione al modello di responsabilità civile medica come disegnato anteriormente al 1999, in cui, come noto, in assenza di contratto, il paziente poteva richiedere il danno iatrogeno esercitando l'azione aquiliana”). In dottrina, si è espresso in questi termini il giudice Dott. Gattari (Profili civilistici della legge Balduzzi: il « senso » del richiamo all'art.2043 c.c., in Responsabilità Civile e Previdenza, fasc. 3, 2014, pag. 1040B) in un saggio pubblicato sulla rivista Responsabilità Civile e Previdenza: “(…) È pur vero che nella previsione normativa in esame non può rinvenirsi un'opzione a favore di una qualificazione della responsabilità medica «necessariamente come responsabilità extracontrattuale» (per richiamare le parole della

Cassazione), ma compito dell'interprete non è quello di svuotare di significato l'art. 3, comma 1, bensì di attribuire alla norma il senso che può avere in base al suo tenore letterale e all'intenzione del legislatore (art. 12 delle preleggi)…..… se non si ritiene l’art. 3, comma 1, della Balduzzi, una «legge penale» o «eccezionale» (interpretazione non condivisibile e che porrebbe forti dubbi di legittimità costituzionale della norma), il tenore letterale della norma e l’intenzione del legislatore — diversamente da quanto sinora affermato dalla Cassazione (in particolare nella pronuncia n. 8940/2014) — sembrano condurre a ritenere che la responsabilità del medico (e quella degli altri esercenti professioni sanitarie) per condotte che non costituiscono inadempimento di un contratto d’opera (diverso dal contratto concluso con la struttura) venga ricondotta dal legislatore del 2012 alla responsabilità da fatto illecito ex art. 2043 c.c. e che, dunque, l’obbligazione risarcitoria del medico possa scaturire solo in presenza di tutti gli elementi costitutivi dell'illecito aquiliano (che il danneggiato ha l’onere di provare)…… se dunque il paziente/danneggiato agisce in giudizio nei confronti del solo medico con il quale è venuto in «contatto» presso una struttura sanitaria, senza allegare la conclusione di un contratto con il convenuto, la responsabilità risarcitoria del medico andrebbe affermata soltanto in presenza degli elementi costitutivi dell’illecito ex art. 2043 c.c. che l’attore ha l’onere di provare; se nel caso suddetto oltre al medico viene convenuta dall’attore anche la struttura sanitaria presso la quale l’autore materiale del fatto illecito ha operato, la disciplina delle responsabilità andrà distinta (quella ex art. 2043 c.c. per il medico e quella ex art. 1218 c.c. per la struttura), con conseguente diverso atteggiarsi dell’onere probatorio e diverso termine di prescrizione del diritto al risarcimento; tuttavia, essendo unico il «fatto dannoso» (seppur distinti i criteri di imputazione della responsabilità), qualora risultino provati i fatti costitutivi della responsabilità di entrambi i convenuti essi saranno tenuti in solido al risarcimento del danno, a norma dell’art. 2055 c.c. (cfr., fra le altre, Cass. civ., 16 dicembre 2005, n. 27713)”. Tale argomentazione è poi stata ripresa nella sentenza emessa dal Tribunale di Milano del 17.7.2014. A mio parere il “ritorno” della responsabilità medica all’alveo della responsabilità extracontrattuale è stato commentato dai più in modo superficiale laddove l’autore si è limitato ad evidenziare lo spostamento dell’ago della bilancia in favore del medico in seguito alla riduzione dei termini prescrizionali (da 10 a 5 anni) nonché per la rideterminazione dell’onere della prova che spetta ora al danneggiato (onere della prova della responsabilità del medico, prova del nesso causale e dei danni patiti), al contrario l’impostazione giurisprudenziale ha determinato il venire meno del diritto ad ottenere la prestazione sanitaria nel senso di avere diritto di pretendere (da qui l’inversione dell’onere probatorio) la guarigione dalla malattia o il miglioramento sperato ma al contrario, sussistendo un rapporto extracontrattuale, il paziente ha diritto a ottenere un risarcimento solo nel caso in cui dimostri di aver subito un “danno ingiusto”.


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GIURISPRUDENZA

A cura di Paola Carnevale

Incompatibilità Il Consiglio di Stato conferma il punto di vista dell’Anaao Il Consiglio di Stato con sentenza n. 5583/2014 di

recente pubblicazione, ribadisce il concetto di specificità e specialità della dirigenza medica nell’ambito della Pubblica Amministrazione, e lo fa in riferimento alla disciplina legislativa introdotta nel 2013 con il D.lgs. n. 39/2013 che dispone l’incompatibilità degli «incarichi dirigenziali, interni e esterni, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico» con determinate cariche elettive negli enti locali. Il massimo organo di giustizia amministrativa rigetta la pronuncia del Tar di Napoli (n. 4983/2014) che aveva dichiarato l’impossibilità, per un direttore di struttura complessa, a ricoprire la carica di consigliere comunale. Il Tar aveva infatti rilevato che il legislatore, nell’enucleare i criteri direttivi della legge delega, ha riservato una specifica disciplina per il settore sanitario considerando espressamente solo la dirigenza di vertice nelle figure del Direttore Generale, Amministrativo e Sanitario delle aziende sanitarie locali e ospedaliere; tuttavia, per identità di ratio e competenze, anche altri dirigenti sanitari possono avere, oltre a compiti di tipo strettamente medico-professionale, responsabilità di natura amministrativa e gestionale e che, per tale motivo, non devono essere trattati diversamente dal complesso della dirigenza nella pubblica amministrazione. Il riferimento dei giudici era ai dirigenti di Distretto, ai direttori di Dipartimento e di Presidio e, in generale, di strutture complesse, nonché, qualora sia comunque riconosciuta una significativa autonomia gestionale e amministrativa, anche ai dirigenti di struttura semplice. Pertanto, nel ragionamento del giudice amministrativo, anche a tali professio-

dm dirigenzamedica Sede di Roma: via XX Settembre, 68 tel. 06.4245741 Fax 06.48.90.35.23 Sede di Milano: via D. Scarlatti, 27 dirigenza.medica@anaao.it www.anaao.it

nisti si applicherebbe il regime di incompatibilità. Il Consiglio di Stato non è d’accordo e, ribadendo che l’incompatibilità vale solo con riferimento agli incarichi di Direttore Generale, Direttore Amministrativo e Direttore Sanitario, motiva la sua decisione sia sotto il profilo esegetico che sotto quello di merito. In primo luogo, sostiene il massimo organo di giustizia amministrativa, a fronte della generica formulazione dell’articolo 12 del D.lgs. 39/2013 che dispone l’incompatibilità con determinate cariche elettive negli enti locali degli «incarichi dirigenziali, interni e esterni, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico», vi è il successivo articolo 14 il cui disposto prevede esplicitamente l’incompatibilità in questione solo con riferimento agli incarichi di Direttore Generale, Direttore Amministrativo e Direttore Sanitario. Tra l’altro appare chiaro che il legislatore delegato, dettando una disciplina speciale per il personale delle Aziende sanitarie locali, nel momento stesso in cui assoggetta al regime delle incompatibilità i tre incarichi di ver-

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tice, implicitamente ma inequivocamente esclude da quel regime il personale dirigenziale medico e sanitario che, pur se rivestito di funzioni “dirigenziali”, non ha quali competenze primarie quelle provvedimentali e gestionali, se non forse in misura del tutto secondaria e limitata al momento organizzativo interno, dovendo rispondere ad un compito primario ossia quello di “produrre salute”. Questo rende la dirigenza medica e sanitaria una dirigenza speciale nell’ambito della pubblica amministrazione. Al riguardo già l’Anaao Assomed si era più volte pronunciata sul punto chiarendo la portata applicativa delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 39 in riferimento al sistema degli incarichi della dirigenza sanitaria. In particolare l’art. 12, comma 1, del D.lgs. stabilisce che gli incarichi dirigenziali, interni e esterni, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico, sono incompatibili con l'assunzione e il mantenimento, nel corso dello stesso incarico, della carica di componente dell'organo di indirizzo nella stessa amministrazione o nello stesso ente

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GIURISPRUDENZA pubblico che ha conferito l'incarico, ovvero della carica di presidente e amministratore delegato nello stesso ente di diritto privato in controllo pubblico, che ha conferito l'incarico. Inoltre gli stessi incarichi dirigenziali, interni ed esterni, a seconda del livello regionale, provinciale o locale delle pubbliche amministrazioni, sono incompatibili: a) con la carica di componente della giunta o del consiglio della regione interessata; b) con la carica di componente della giunta o del consiglio di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15mila abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione, ricompresi nella stessa regione dell'amministrazione locale che ha conferito l'incarico; c) con la carica di presidente e amministratore delegato o di componente di organi di indirizzo di enti di diritto privato in controllo pubblico da parte della regione, nonché di province, comuni con popolazione superiore ai 15mila abitanti o di forme associative tra comuni aventi la medesima popolazione della stessa regione. Ma cosa sono gli incarichi dirigenziali interni? Nel decreto legislativo vengono definiti come “gli incarichi di funzione dirigenziale, comunque denominati, che comportano l’esercizio in via esclusiva delle competenze di amministrazione e gestione, nonché gli incarichi di funzione dirigenziale nell’ambito degli uffici di diretta collaborazione, conferiti a dirigenti o ad altri dipendenti, ivi comprese le categorie di personale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, appartenenti ai ruoli dell’amministrazione che conferisce l’incarico ovvero al ruolo di altra pubblica amministrazione”. Va da sé che le incompatibilità dettate per gli “incarichi dirigenziali interni” cui fa riferimento il decreto, sono riferite alle posizioni di livello dirigenziale che hanno esclusivamente contenuto di carattere gestionale, e non anche agli incarichi dirigenziali il cui contenuto unisce le funzioni gestionali e funzioni di natura prettamente professionale. Conseguentemente, la disposizione in esame non può trovare applicazione nei confronti dei dirigenti medici e sanitari titolari di incarico di struttura complessa, cui sono attribuite, oltre alle funzioni derivanti dalle specifiche competenze professionali, quelle di direzione e organizzazione della struttura, e non anche funzioni di amministrazione e gestione. Analoga conclusione vale per i medici titolari di incarichi di struttura semplice, a valenza o meno dipartimentale, le cui attribuzioni gestionali possono anche prevalere sulle funzioni professionali sanitarie, ma non possono mai escluderle del tutto. Tali argomentazioni sono altresì suffragate dal dato sistematico delle disposizioni contenute nel D.lgs. 39/2013 laddove il riferimento esplicito è solo per gli “incarichi di Direttore Generale, Direttore Sanitario e Direttore Amministrativo”.

Avv. Vincenzo Bottino Consulente legale Anaao Assomed

Ferie Il dirigente responsabile di Uoc ha diritto all’indennità sostitutiva. L’Anaao vince in Corte di Appello L’appellante ha provato di aver più volte e inutilmente denunciato ai vertici della Asl la condizione di grave carenza di organico del personale medico della struttura complessa da lui diretta

I dirigenti medici che siano titolari del potere di attribuirsi il periodo di fe-

rie senza alcuna ingerenza del datore di lavoro, come i direttori di struttura complessa, hanno il diritto, una volta cessato il rapporto di lavoro, a vedersi corrisposta l’indennità sostitutiva per ferie non godute, qualora il mancato esercizio di detto potere e quindi la non fruizione del periodo di riposo, siano dipesi da necessità aziendali eccezionali ed obiettive, ostative alla suddetta fruizione, ed in ogni caso indipendenti dalla volontà del lavoratore. In questi termini, si è pronunciata la Corte di Appello dell’Aquila, con la recente sentenza del 20 novembre 2014, accogliendo il ricorso presentato da un dirigente medico responsabile di struttura complessa di una Asl, assistito dai legali Anaao, avverso la sentenza emessa dal Giudice del Lavoro, la quale aveva rigettato il ricorso in prima istanza. Nella fattispecie in oggetto, l’appellante ha provato di aver più volte e inutilmente denunciato ai vertici della Asl la condizione di grave carenza di organico del personale medico della struttura complessa da lui diretta, nonché di aver predisposto (in tempo utile, prima del suo pensionamento) un piano di fruizione delle ferie residue che l’Amministrazione non ha prontamente autorizzato, determinando così l’impossibilità di godere delle ferie maturate prima della cessazione del rapporto di lavoro. Su tali basi, il Collegio dopo aver richiamato il principio costituzionale di irrinunciabilità del diritto alle ferie (art. 36 Cost.) e la normativa contrattuale applicata alla dirigenza medica (art. 21, Ccnl 5.12.1996), ha affermato che il divieto di monetizzazione delle ferie non godute non può considerarsi assoluto, nel senso di proibire radicalmente il pagamento del compenso sostitutivo laddove l’impossibilità del godimento delle ferie non sia attribuibile in alcun modo alla volontà del lavoratore, ma piuttosto a carenze organizzative o a comportamenti omissivi dell’amministrazione.


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