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QUANTO VALE IL NOSTRO LAVORO?
Di nuovo alle porte dell’estate ci prepariamo al periodo di maggiore intensità lavorativa. Sempre lavorando dietro le quinte, consapevoli che in caso contrario nessuno spettacolo potrà essere messo in scena.
Infatti i cieli vuoti del periodo pandemico sono oramai un ricordo e già l’estate ’23 è stata da record, contando su un incremento europeo del 7% su base ’22.
E considerando che i ritardi/volo sono stati similari e che al meteo è stato imputato un contributo pari al 18%, da noi riassorbito per tecnica e capacità, appare evidente che l’operativo ATM ha fatto la sua sporca figura.
Con questo quindi vorrei sottolineare come in un’epoca di profondi mutamenti sociali, economici e finanziari il comparto ATM rappresenta una di quelle fondamenta di cui non è possibile fare a meno.
Vero è infatti che un mondo interconnesso, di gente che viaggia per lavoro o per diletto, è un mondo che può aspirare alla pace.
Simbolo negativo ne è il cielo ucraino, nero e senza tracce di aerei civili.
Allora, aumentando il traffico aereo, ripetendo che di noi non si può fare a meno, quanto vale il nostro contributo? Poco, nulla, tanto? È quantificabile?
Non lo so questo, altri potrebbero avere le risposte, ma penso che si debba partire dall’approccio alla questione e per questo mi soffermo su una considerazione che già in passato mi sono trovato a fare.
La voce del personale nei bilanci aziendali viene inserita come “costo”. Il costo, volendo defiirne l’ontologia finanziaria, è dato dalla somma di tutti i salari pagati ai dipendenti, dei benefit aziendali loro corrisposti e delle tasse pagate dal datore di lavoro. Si parla inoltre del personale sotto forma di “voce di spesa” a cui far fronte. Costo o spesa che dir si voglia, risulta chiaro che l’accezione utilizzata è prettamente negativa. Il personale costa, fa perdere competitività all’azienda, per questo va ridotto e contenuto nelle retribuzioni.
Così facendo però, nel lungo periodo, qualsiasi azienda si avviterà in quella stessa spirale negativa di rincorsa al ribasso che voleva rifuggire, perché il personale è l’unico cespite in grado di produrre valore aggiunto. L’unico investimento su cui veramente puntare per crescere qualsivoglia sia l’arco temporale considerato. Nel lungo periodo, pianificando e progettando. Nel breve periodo, per far fronte agli scenari tattici più sfidanti.
Ecco perché un operatore andrebbe valorizzato, tutelato, financo coccolato e vezzeggiato. Ascoltato. Nell’interesse dell’azienda e del sistema paese.
Chiudo allora l’editoriale come l’ho iniziato, chiedendo:
Quanto vale il nostro lavoro?