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PILLOLE DI STORIA ALBERTO GIACOMELLI
DALL’INTERVENTO
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DEL
L’Associazione è in buona salute, altrettanto non si può dire per il settore in cui le imprese sono chiamate ad operare. L’economia italiana ha un’autentica palla al piede, che pare inamovibile: l’ammontare della spesa pubblica improduttiva, che permane oltre i livelli di guardia. I tagli sinora identificati, peraltro non ancora completamente attuati, sono insufficienti visti i livelli del disavanzo. Devo riaffermare che sono convinto che fino a quando le gestioni assistenziali o pseudoassistenziali, nelle loro varie forme e tipologie, non verranno drasticamente ridimensionate, non si potrà realizzare un rilancio concreto e di adeguate dimensioni all’economia italiana. Occorre prendere coraggiose decisioni in tema di debito pubblico, tagliare con determinazione le uscite che non si traducono in adeguati servizi per i cittadini, consentire un diverso orientamento al risparmio, indirizzare maggiormente risorse statali verso gli investimenti produttivi. Non mancano le possibilità di governare meglio l’emergenza, di attuare alcune misure che non comportino oneri per la collettività e che, nel contempo, consentano alle imprese di operare in situazione di maggiore equilibrio.
In sede nazionale i problemi concernenti gli appalti delle opere pubbliche sono di particolare importanza e delicatezza. Le imprese italiane dispongono di strutture organizzative, professionali e finanziarie tali da garantire una quantità e qualità di produzione sicuramente non inferiore a quella di altre realtà. Guardano però con giustificata preoccupazione e si oppongono con fermezza a provvedimenti che, ad esempio, tendono a privilegiare imprese a partecipazione statale o cooperative di produzione.
In sede locale siamo impegnati costantemente a richiedere agli enti pubblici un più attento esame circa le imprese da invitare alle gare ed una estensione di metodi di gara che consentano aggiudicazioni in condizioni più equilibrate. Non siamo favorevoli naturalmente ad una assegnazione dei lavori che segua unicamente criteri geopolitici. Non ci pare corretto né sostenibile (in particolare per lavori che richiedono tecnologie avanzate e competenza specifica nonché per infrastrutture), affermare che in Lombardia debbano operare solo imprese lombarde, a Brescia solo bresciane e così via. È anche vero però che, qualora si tratti di interventi di limitata importanza, del tutto ordinari, e che comunque, di seguito, quasi necessariamente saranno eseguiti per la loro natura da strutture del posto, non ci sembra il caso di invitare alle gare imprese la cui sede dista centinaia di chilometri. I costruttori bresciani sono impegnati a sensibilizzare gli enti committenti in merito alle modalità di aggiudicazione degli appalti. È auspicabile un ricorso più diffuso a quei sistemi che fanno riferimento alla media delle offerte. Per le opere private, che nonostante tutto continuano ad alimentare il lavoro della maggioranza delle piccole imprese, un intervento in grado di attenuare parzialmente gli effetti della crisi può essere realizzato subito: non ha costi, è auspicato in ogni frangente, viene sollecitato quotidianamente dagli associati, ma non viene approvato. Mi riferisco al progetto di legge governativo noto come “Qualificazione delle imprese”, che prevede la necessità dell’iscrizione, attuata naturalmente con la opportuna gradualità, all’Albo nazionale anche per l’esecuzione di opere private. Mi permetto di insistere su questo argomento in quanto, se è vero che in periodi di recessione anche noi, pur di mantenere in vita l’azienda, pratichiamo prezzi in linea con un mercato negativo, è però anche vero che i prezzi più bassi, assolutamente insufficienti a remunerare l’impegno imprenditoriale, vengono offerti quasi sempre dalle imprese più improvvisate, meno qualificate professionalmente e che talvolta durano lo spazio di un lavoro.