La gestione del demanio marittimo in Toscana

Page 1

Anci Toscana

la gestione del demanio Marittimo in toscana a cura di Enrico Amante



INDICE Prefazione Umberto Buratti

p. 5

Premessa Alessandro Pesci

p. 7

Il ruolo degli Uffici comunali nella gestione del demanio marittimo oggi, in Toscana Enrico Amante, INU sez. Toscana

p. 9

1. L’eterno divenire del demanio marittimo 2. Le sacre sponde devono essere affidate con evidenza pubblica 3. Le quattro possibili modalità di gestione del demanio 4. principi che informano l’evidenza ai fini della individuazione del concessionario 5. Quando un’opera è di facile o di difficile rimozione: verso il superamento dei tradizionali canoni. 6. Gli attuali regimi di proroga (2012 e 2015) 7. Demanio, governo del territorio, paesaggio

p. 9 p. 10 p. 11 p. 13 p. 14 p. 15 p. 16

Dieci anni di amministrazione dei beni del demanio marittimo da parte dei comuni costieri della Toscana. Spunti di riflessione in vista dell’attuazione dei provvedimenti relativi al federalismo demaniale di Gabriele Lami, Comune di Follonica Premessa 1. L’individuazione delle aree della competenza 2. La produzione normativa regionale per l’esercizio delle funzioni 3. Le problematiche della gestione. Le aree demaniali escluse 4. Le problematiche della gestione. La determinazione dei canoni 5. Le problematiche della gestione. La dominicalità 6. Le problematiche della gestione. L’incameramento delle opere non amovibili 7. Prime conclusioni 8. Le discipline normative avanzate 9. I Comuni 10. I motivi della crisi: l’Unione Europea 11. I motivi della crisi: l’Unione Europea e il recepimento della Direttiva Bolkestein 12. Una prima proposta: il Federalismo demaniale 13. Primi spunti della criticità del trasferimento dei beni Conclusioni

p. 19 p. 20 p. 24 p. 27 p. 28 p. 30 p. 31 p. 32 p. 33 p. 33 p. 35 p. 37 p. 39 p. 41 p. 42

Le recenti novità dell’ordinamento regionale di Fabrizio Morelli, Regione Toscana L’eterno divenire del demanio marittimo

p. 43

La progettazione di opere portuali di interesse regionale in Toscana di Gianfranco Boninsegni, Regione Toscana

p. 47

1. Contesto normativo 2. Definizioni e concetti importanti 3. Le fasi di definizione di un porto o un’opera portuale di interesse regionale 4. Accordo di Pianificazione 5. Piano Regolatore Portuale 6. Progetto di un porto o di un’opera portuale 7. Elementi di progettazione portuale 8. Scelta del sito 9. Dimensionamento dello specchio acqueo e delle aree a terra 10. Progetto della configurazione portuale 11. Progetto delle opere di difesa esterne e interne 12. Consolidamento e messa in sicurezza delle infrastrutture esistenti 13. Materiali costituenti un’opera portuale e loro degrado

p. 47 p. 50 p. 52 p. 52 p. 53 p. 55 p. 59 p. 60 p. 60 p. 62 p. 64 p. 64 p. 66

ALLEGATO

p. 67

BIBLIOGRAFIA

p. 81

p. 43

3



Prefazione È trascorso poco più di un decennio dalla “devoluzione” della gestione del demanio marittimo da parte dell’Amministrazione statale. È stato un decennio a dir poco burrascoso: gli Uffici comunali hanno dapprima dovuto fronteggiare un passaggio di consegne scarsamente organizzato, se non caotico; ai Comuni è stato spesso chiesto di modificare la qualificazione delle opere (e quindi aggiornare i canoni) che, per decenni, non aveva trovato contestazioni da parte delle Amministrazioni; da ultimo, gli Enti locali hanno dovuto inventarsi - non si può usare altro termine - procedure di evidenza pubblica per l’assegnazione dei beni. La risposta dei Comuni toscani è stata alta: intensi corsi di formazione ed aggiornamento hanno visto impegnati gli Uffici; frequenti collaborazioni e scambi di opinioni hanno interessato tutti Comuni costieri; si è dunque costruita una vera e propria rete che, ancora oggi, mantiene in eccellenza il livello qualitativo dell’azione amministrativa, in un quadro normativo in continua evoluzione. Anci Toscana è orgogliosa di questa esperienza, che intende coltivare e sostenere: il volume - che non ha pretese di esaustività, anche se affronta gran parte delle tematiche gestionali del demanio toscano - vuole essere un piccolo contributo in questo senso. Umberto Buratti Responsabile Demanio Anci Toscana Sindaco di Forte dei Marmi

5



Premessa Anci Toscana prosegue la pubblicazione dei manuali tematici con un nuovo volume sulla gestione del demanio marittimo nell’ultimo decennio. Lo scopo di questa pubblicazione, come di tutta la collana de “I manuali”, è duplice: fare il punto della situazione sul lavoro svolto, dando conto delle tante eccellenze che ogni giorno mandano avanti i nostri Comuni e gli Uffici dell’Associazione; fornire una guida con i principi - spesso sempre meno chiari - di una determinata materia di competenza comunale. Il demanio marittimo è argomento quanto mai ostico: non solo perchè il passaggio di competenze dall’Autorità statale verso i Comuni non ha brillato per efficacia, come giustamente ricorda Umberto Buratti nell’introduzione; non solo perché la stratificazione normativa, sempre estemporanea, ha generato un vero e proprio rebus; ma anche perché gli Enti locali sono stati chiamati a gestire le concessioni nel momento in cui lo Stato, costretto dall’Europa, ha preteso - dopo sessanta anni di immobilismo - di metterle a gara, senza neppure dirci come. Anci Toscana ha dunque voluto offrire il giusto spazio di riflessione agli Uffici comunali: per ricordarci da dove siamo partiti, per analizzare il percorso fatto e per guardare avanti, alla ricerca del quadro che sarà. Il volume è stato elaborato in sinergia con Regione Toscana e INU Toscana: il mio augurio è che anche il lavoro quotidiano prosegua su questa fertile base di collaborazione interistituzionale. Alessandro Pesci Segretario generale Anci Toscana

7



Il ruolo degli Uffici comunali nella gestione del demanio marittimo oggi in Toscana di Enrico Amante, presidente INU sez. Toscana 1. L’eterno divenire del demanio marittimo

Nell’ultimo decennio, insieme all’acquisizione comunale delle competenze gestorie, le concessioni demaniali marittime sono state interessate da almeno tre ordini di problematiche di rilevante impatto, sistematico e pratico: da una lato si è consolidato l’orientamento giurisprudenziale che, facendo leva anche su canoni comunitari, assume la necessità di individuazione del concessionario attraverso procedura concorsuale; d’altro canto, è stata profondamente messa in discussione la distinzione codicistica tra opere di facile e difficile rimozione, con ogni conseguente corollario in termini di forma dell’atto, di incameramento e di quantificazione del canone; infine, hanno assunto sempre maggior rilevanza le strutture per la nautica da diporto, per la concessione delle quali è stata invocata - da parte degli operatori - l’equiparazione con il regime turistico-ricreativo. Il triplice ordine di problematiche ha inciso in profondità sul sistema interno del demanio marittimo, già fortemente compromesso negli architravi tradizionali dal trasferimento delle funzioni e dai conseguenti dubbi sulla titolarità effettiva dei beni, da tempo enucleati dalla dottrina ed affrontati dalla giurisprudenza costituzionale: sullo sfondo, difatti, aleggia la tensione ultradecennale tra Stato e Regioni sulla titolarità del demanio marittimo e, comunque, sulle competenze in materia di porti ed approdi turistici. D’altronde, il quadro è mutato nella sostanza: il sistema del 1942, ispirato a logiche di difesa e salvaguardia strategica delle coste, con fatica riesce a disciplinare una realtà permeata da esigenze di coordinamento del razionale sfruttamento turistico/commerciale dei beni; il tradizionale modello concessorio fondato su un sostanziale (ed insindacabile) affidamento sine die dell’arenile trova oggi ostacolo nell’attribuzione esclusiva di un bene demaniale suscettibile di sfruttamento economico; gli interessi pubblici da tutelare non sono più collegati solamente alla difesa ed alla navigazione, quanto - piuttosto - al corretto sviluppo urbanistico (ed alla tutela paesaggistica) delle fasce costiere; all’unica amministrazione statale competente corrisponde l’attuale pluralità di fonti di riferimento (comunitarie; statali; regionali e locali). Mentre il sistema del Codice appare, dunque, superato nei fatti dal mutato contesto storico ed economico, una sorta di “eterno divenire” osta alla formulazione di un nuovo quadro definitivo: i reiterati sforzi del legislatore statale e regionale per una organica risistemazione della materia paiono destinati a scontrarsi con l’incertezza sistematica, da un lato, e le pressioni delle categorie di settore, dall’altro: ne risulta un ordinamento demaniale frammentato, retto da provvedimenti estemporanei, incapace di offrire certezza agli operatori e, ancor prima, agli Uffici deputati ad applicarlo. 9


In simile contesto, l’analisi non può che limitarsi ad un presente circoscritto “all’oggi” ed alla legislazione toscana, nella consapevolezza che nelle more di pubblicazione dello scritto il lavoro potrebbe rivelarsi già superato per effetto di sopravvenienze normative o giurisprudenziali.

2. Le sacre sponde devono essere affidate con evidenza pubblica (principio generale e deroghe)

Uno dei pochi dati acquisiti in materia attiene al necessario svolgimento dell’evidenza ai fini della individuazione del concessionario: ancor prima dell’abrogazione del diritto di insistenza in seno all’art. 37 del Codice della navigazione, la giurisprudenza amministrativa1 ha chiarito che l’affidamento in esclusiva, sia pur temporaneo, di un bene pubblico suscettibile di sfruttamento economico comporta ex se l’obbligo della procedura concorsuale ai fini della selezione del concessionario. L’obbligo dell’evidenza sussiste per ogni nuovo affidamento nonché - in genere - tutte le volte in cui il pregresso titolo si riveli decaduto o comunque privato di efficacia, a prescindere dal nomen della fattispecie: anche in ipotesi di rinnovo occorre procedere con l’evidenza pubblica all’individuazione del beneficiario2; parimenti, dovrà svolgersi l’evidenza in ipotesi di subconcessione a privati, ove l’Ente si sia riservato il titolo principale. Le selezione concorsuale del concessionario costituisce oggi principio generale operante per tutti i beni pubblici: si tratti di concessioni con finalità turistico ricreativa ovvero per la nautica da diporto, l’individuazione del privato deve sempre conseguire ad evidenza pubblica. Il canone trova fondamento nell’attribuzione in esclusiva di un bene pubblico suscettibile di sfruttamento economico: laddove simile caratterizzazione non sussista, legittimamente l’Amministrazione potrà omettere la procedura concorsuale (ad esempio, in ipotesi di concessione di bene pubblico obiettivamente connesso ad altro, la concessione del primo potrà essere affidata al titolare del secondo, senza necessità di gara3). Tra le prime, TAR Lazio, Latina Sez. I, 8 settembre 2006, n. 610, secondo cui "Le concessioni di beni pubblici vanno sottoposte anch'esse ai principi dell'evidenza pubblica anche se non necessariamente nelle modalità della gara, e ciò anche nell'ipotesi in cui il procedimento inizi non già per volontà dell'amministrazione, bensì sulla base di una specifica richiesta di uno dei soggetti interessati all'utilizzazione del bene; ed invero, a livello sia comunitario che di legislazione ordinaria interna (cfr. art. 1 legge 7 agosto 1990, n. 241, come modificata dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15) il rilascio di una concessione di natura demaniale non può mai dare luogo a una procedura lesiva dei principi di imparzialità, trasparenza, non discriminazione e "par condicio", atteso che con la concessione di area demaniale marittima si fornisce un'occasione di guadagno a soggetti operanti sul mercato, tale da imporre una procedura competitiva ispirata ai principi di trasparenza e non discriminazione, e ciò sia nel caso di affidamenti superiori e inferiori alla soglia comunitaria; tali principi fungono da parametro di interpretazione e limitazione del diritto di cui all'art. 36 c.n.. 2 Si sottrae al canone dell'evidenza la sola proroga del titolo (sempreché di proroga, in effetti, si tratti: protrazione - per modesto arco temporale - dell'efficacia del pregresso titolo). 3 si pensi all'ipotesi di concessione per l'allocazione di un distributore carburanti accessorio ad

1

10


3. Le quattro possibili modalità di gestione del demanio

In concreto la prassi, avallata dalla giurisprudenza amministrativa, ha elaborato quattro possibili modalità di affidamento a privati dei beni demaniali. La prima soluzione ipotizzabile è che il Comune svolga una procedura ad evidenza pubblica preordinata ad individuazione del soggetto in favore del quale adottare la concessione demaniale. La procedura ad evidenza pubblica, ancorché non direttamente disciplinata dal Codice dei contratti pubblici, deve comunque rispondere ai principi generali della materia e, se ritenuto necessario, potrebbe svolgersi sulla falsariga degli appalti pubblici (cfr. infra, punto 4). Una seconda prospettazione prevede che il Comune riservi a sé le concessioni demaniali relative alle strutture per la nautica da diporto e, successivamente, conceda a soggetti privati sub-concessioni per la gestione dei beni oggetto della concessione. La durata della sub-concessione è legata a quella del titolo principale, salva la facoltà di revoca di cui all’art. 42 c.n.. Peraltro, l’adozione della subconcessione richiede, comunque, il previo espletamento di una procedura ad evidenza pubblica, equivalente a quella da espletarsi nel caso di rilascio della concessione4. Una terza ricostruzione postula che il Comune riservi a sé l’area oggetto della concessione demaniale e le relative strutture (possibilità riconosciuta espressamente dalla giurisprudenza: v. T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, 12.04.2010, n. 19145): in questo caso l’Amministrazione può affidare ad un soggetto privato la gestione della relativa attività tramite concessione di pubblici servizi. In simile prospettazione, la concessione altra, più ampia, concessione di titolo demaniale per il cantiere navale. Ovvero al caso di concessione di tratto di arenile per la posa di ombrelloni antistante la struttura turistica insistente su proprietà privata. In tali casi, l'Ufficio dovrà adeguatamente motivare il mancato ricorso alla gara in ragione dell'obiettiva insussistenza di una pluralità indifferenziata di soggetti potenzialmente interessati all'affidamento. Poiché si tratta di eccezione al canone generale, le ipotesi di esclusione dell'evidenza pubblica devono essere individuate restrittivamente. 4 La giurisprudenza ha, infatti, affermato che «siccome a livello sia di interpretazione comunitaria sia costituzionale che di legislazione ordinaria (cfr. L. n. 241/90, come modificata dalla L. n. 15/05) il rilascio di una (sub)concessione di natura demaniale non può mai dare luogo ad una procedura lesiva dei principi di imparzialità, trasparenza, non discriminazione e par condicio deve ragionevolmente concludersi nel senso della non praticabilità di una opzione interpretativa che, connotando il procedimento avversato di profili di chiaro contrasto con i superiori dettami europei ed ordina mentale interni, finisca per conformare la normativa di settore (id est, art. 37, del Cod. nav.) di profili di privilegio in capo a taluni, particolari soggetti: sub specie di sottrazione ad ogni forma di concorrenza per definizione pregiudiziale all’inaugurazione di una procedura realmente competitiva. D’altra parte, la sottoposizione della fattispecie ai principi di evidenza pubblica (non necessariamente nelle modalità della gara) trova il suo presupposto sufficiente nella circostanza che con la concessione di area demaniale marittima si fornisce un’occasione di guadagno a soggetti operanti sul mercato» (T.A.R. Lazio, Latina, sez. I, 05.05.2006, n. 310). 5 Secondo cui spetta al Comune valutare «la rispondenza o meno all’interesse pubblico di un’assegnazione in concessione a un soggetto privato dell’area demaniale»; Cons. Stato, sez. VI, 21.05.2009, n. 3145, secondo cui «i Comuni sono in primo luogo liberi di decidere se procedere, o meno, al rinnovo delle concessioni potendo anche optare per non rinnovare (a nessuno) la concessione».

11


involge l’uso di un bene demaniale unicamente come compendio strumentale allo svolgimento del servizio (concessione “su” e non “di” beni pubblici) il cui oggetto è costituito dalla gestione di una attività che è anche attività dell’amministrazione e che questa ben potrebbe svolgere in monopolio se non prevalessero, sul piano organizzativo, ragioni di convenienza per la sua esternalizzazione6. Le modalità di affidamento sinora prospettate presuppongono il previo espletamento di una procedura ad evidenza pubblica. Un’altra soluzione ipotizzabile, che invece esclude la necessità dell’evidenza pubblica, consiste nel ricorso al c.d. in house providing, ovverosia l’affidamento del servizio ad un soggetto formalmente terzo rispetto all’Amministrazione ma sul quale l’Ente esercita un controllo analogo a quello svolto sui propri Uffici. Tale possibilità è stata riconosciuta dalla giurisprudenza, la quale ha affermato che la «regola-base, in tema di concessioni demaniali marittime, è quella della loro attribuzione ad una controparte privata mediante espletamento di una procedura che debba essere rispettosa dei ricordati principi comunitari, consegue, per converso, che costituisce eccezione a tale regola la già accennata possibilità, per il concedente di diritto pubblico, di operare mediante il sistema del c.d. “in house providing”; ovvero di servirsi per la gestione del servizio pubblico locale (nella specie quello avente ad oggetto le attività collegate alla nautica da diporto, per cui è necessario il possesso di beni del demanio marittimo; a sua volta conseguibile esclusivamente attraverso un atto concessorio), di un soggetto soltanto formalmente distinto da sé, ma nella sostanza costituente, in presenza di determinati e stringenti indici, una sua derivazione o longa manus» (T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 15.10.2008, n. 21241; si è espresso nello stesso senso, anche il Consiglio di Stato con la sentenza n. 2932/07). Affinché l’Amministrazione comunale possa rilasciare la concessione demaniale senza il previo espletamento di una procedura ad evidenza pubblica è, però, necessario che ricorra effettivamente un’ipotesi di in house providing (requisiti che, per inciso, le sentenze che si sono occupate di ipotesi in cui era in discussione la legittimità del rilascio di concessione di beni demaniali senza previo espletamento dell’evidenza pubblica hanno sempre ritenuto inesistenti nel caso concreto)7. 6 La giurisprudenza ha avuto modo di esaminare tale soluzione giungendo a soluzioni opposte. Il T.A.R. Lazio è giunto ad affermarne la legittimità, salvo precisare che, data la rilevanza economica del servizio, non era possibile procedere al suo affidamento diretto, ma è necessario lo svolgimento di procedura ad evidenza pubblica che garantiscano condizioni di trasparenza ed imparzialità dell’azione amministrativa (T.A.R. Lazio, Latina, sez. I, 05.05.2006, n. 310. La fattispecie esaminata dal T.A.R. Lazio atteneva al servizio di ormeggio di imbarcazioni da diporto, che è stato considerato assimilabile, sotto il profilo funzionale, a quello di parcheggio e, quindi, rientrante a pieno titolo tra i servizi pubblici locali). Il T.A.R. Calabria Catanzaro 24.11.2011, n. 1422 ha, invece, escluso che l’attività di “gestione, manutenzione e valorizzazione” del porto di Tropea potesse configurarsi comune un servizio pubblico locale, dovendosi considerare un’attività imprenditoriale priva dei caratteri del servizio pubblico. 7 Si tratta, come noto, di requisiti particolarmente stringenti. La giurisprudenza comunitaria richiede, infatti, che l’Amministrazione eserciti sull’ente distinto un

12


La necessità di assicurare il pieno rispetto dell’art. 23-bis del D.L. 112/2008 anche in materia di concessioni demaniali trova conferma nella sentenza del T.A.R. Toscana 162/11.

4. I principi che informano l’evidenza ai fini della individuazione del concessionario

L’individuazione del concessionario, eccettuati casi del tutto particolari, è pertanto sempre preceduta da selezione comparativa del privato. L’evidenza pubblica in materia demaniale, nell’attesa di indicazioni reiteratamente annunciate (e mai concretizzate) da parte del Legislatore statale e regionale, deve svolgersi secondo i principi generali in tema di procedimento concorsuale: le norme sugli affidamenti dei contratti pubblici (d. lgs. 163/06) e la relativa elaborazione giurisprudenziale trovano applicazione, invece, solo se espressamente richiamate nel bando (ovvero in quanto espressione di principi generali dell’ordinamento). Occorre dunque assicurare, in primis, adeguata pubblicità: è diffusa la prassi della pubblicazione sul BURT e/o su quotidiani di rilievo nazionale; è in ogni caso insufficiente la pubblicazione della procedura all’albo pretorio comunale. Devono, poi, predeterminarsi i criteri sulla cui base le offerte saranno valutate: si trattecontrollo analogo a quello che esercita sui propri servizi e che l'ente svolga la parte più importante della sua attività con l'amministrazione o con gli enti pubblici che lo detengono (ex multis, C.G.CE, 18 novembre 1999, causa C - 107/98; 11 gennaio 2005, causa C - 26/03; 13 gennaio 2005, causa C - 84/03; 10 novembre 2005, causa C - 29/04; 11 maggio 2006, causa C - 34004; 19 aprile 2007, causa C - 295/05; 8 aprile 2008, causa C - 337/05; 17 luglio 2008, causa C - 371/05). La sussistenza del controllo analogo viene, peraltro, esclusa in presenza di una compagine societaria composta anche da capitale privato, essendo necessaria la partecipazione pubblica totalitaria. Infatti, la partecipazione (pure minoritaria) di un'impresa privata al capitale di una società, alla quale partecipi anche l'amministrazione aggiudicatrice, esclude in ogni caso che tale amministrazione possa esercitare su detta società un controllo analogo a quello che essa svolge sui propri servizi (Corte Giust. CE: sez. II, 19 aprile 2007, C295/05).

Inoltre, il legislatore nazionale, nella versione vigente dell'art. 23-bis del D.L. n. 112/2008, per l'affidamento diretto in house dei servizi pubblici, non soltanto richiede espressamente la sussistenza delle condizioni poste dal diritto comunitario, ma esige il concorso delle seguenti ulteriori condizioni: a) una previa "pubblicità adeguata" e una motivazione della scelta di tale tipo di affidamento da parte dell'ente in base ad un'"analisi di mercato", con successiva trasmissione di una "relazione" dall'ente affidante alle autorità di settore, ove costituite (testo originario dell'art. 23-bis), ovvero all'Agcm (testo vigente dell'art. 23-bis), per un parere preventivo e obbligatorio, ma non vincolante, che deve essere reso entro 60 giorni dalla ricezione; b) la sussistenza di "situazioni che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento" (commi 3 e 4 del testo originario dell'art. 23-bis), ovvero di "situazioni eccezionali che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento" (commi 3 e 4 del testo vigente del medesimo art. 23-bis), "non permettono un efficace ed utile ricorso al mercato”.

13


rà di criteri obiettivi afferenti miglior sfruttamento del bene, correlati - ad esempio - al maggior numero di ore di apertura, ovvero alla qualità dei servizi offerti, all’impegno del concessionario di eseguire opere od attività di pubblico interesse (pulizia di tratti di arenile; riserva di taluni posti in favore di determinate categorie di soggetti; disponibilità delle strutture o del personale per iniziative pubbliche; etc.). Un rilievo particolare assume la legittimità - o meno - del ricorso al criterio selettivo dell’incremento sul canone: è difatti possibile che l’Amministrazione preveda l’attribuzione di punteggi aggiuntivi correlati alla disponibilità dell’aspirante concessionario di corrispondere incrementi sul canone dovuto in misura legale. Simile criterio appare senza dubbio legittimo, se non doveroso, in specie alla luce di alcuni pronunciamenti della magistratura contabile: sono stati, difatti, ritenuti responsabili di danno erariale, sotto il profilo dei minori introiti percepiti dallo Stato, dirigenti degli Uffici che non hanno espletato, prima del rinnovo della concessione, i doverosi procedimenti concorsuali, che avrebbero garantito un più proficuo sfruttamento economico del bene (Corte dei Conti, Sez. giurisd. Lazio, 30 marzo 2009, n. 486)8.

5. Quando un’opera è di facile o di difficile rimozione: verso il superamento dei tradizionali canoni

Ulteriore problematica di estrema attualità attiene alla natura delle opere: difatti, ai fini dell’individuazione della forma dell’atto di concessione e soprattutto, della quantificazione del canone dovuto e del regime dei beni il Codice della navigazione distingue tra “impianti di difficile sgombero” o “non amovibili” (art. 36 e 49 c.n.) ed opere di agevole rimozione. A causa dell’assenza di puntuali indicazioni legislative, e stante l’evoluzione nel tempo - delle tecniche costruttive, dottrina e giurisprudenza hanno a lungo dibattuto sull’individuazione delle opere di difficile rimozione e manufatti agevolmente amovibili. Al riguardo sono intervenute numerosi circolari ministeriali9, che - con indicazioni non sempre univoche o di agevole coordinamento - concorrono ad offrire il complesso quadro della materia. Da ultimo, l’adunanza 21 settembre 2011 della III Sezione del Consiglio superiore dei lavori pubblici, su richiesta della Direzione porti del Ministero delle infrastrutture e trasporti, ha sostanzialmente auspicato, sotto il profilo tecnico, il superamento della distinzione tra opere di agevole rimozione o inamovibili: ciò in quanto “allo stato 8 La responsabilità erariale conseguente all’omissione delle procedure concorsuali non equivale ad assumere doverosa la previsione, in sede di bando, di un criterio di “rialzo” rispetto al canone: il più proficuo sfruttamento, anche economico, del bene può in ogni caso essere garantito attraverso l’individuazione di servizi od attività di pubblico interesse a carico del concessionario. Anzi: mentre la mera dazione di denaro si limita ad accrescere le entrate per l’Erario, la previsioni di servizi aggiuntivi consente di “territorializzare” i benefit della concessione. 9 Un'esaustiva elencazione dei pronunciamenti ministeriali succedutisi dal 1962 ad oggi è contenuta nell'Adunanza 21 settembre 2011 della III Sezione del Consiglio superiore dei lavori pubblici, richiamata nel testo.

14


attuale della tecnica possono essere realizzati manufatti di grossa importanza (terminal crociere, strutture per porti e approdi turistici, pontili per attracco) con strutture e materiali nuovi (es. legno lamellare) che possono essere di rimozione banale se non addirittura mobili come per il caso degli approdi galleggianti”. Su tale rilievo, il Consiglio superiore dei lavori pubblici ha invocato un prossimo “superamento” dell’attuale contesto normativo, in parte qua fondato sulla distinzione tra opere di agevole o difficile rimozione “perché di fatto la differenza è di altro genere ma non può essere tecnica”. Il pronunciamento apre dunque la strada ad una prossima revisione dei criteri, da tempo auspicata in dottrina e tra gli operatori: è peraltro scontata la constatazione che, sino all’emanazione della nuova disciplina, gli Uffici hanno l’obbligo di applicare il (l’inattuale e superato) precedente quadro ricostruttivo10.

6. Gli attuali regimi di proroga (2012 e 2015)

In uno con l’abrogazione del c.d. diritto d’insistenza il Legislatore, statale e regionale, ha previsto un meccanismo di “atterraggio” verso i nuovi canoni dell’evidenza. L’art. 1, comma 18, d.l. 194/09 ha difatti disposto che “[...] il termine di durata delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto e in scadenza entro il 31 dicembre 2015 è prorogato fino a tale data, fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 03, comma 4-bis, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494”. Un accesso dibattito ha investito l’ambito di applicazione del decreto: è difatti stata proposta un’interpretazione estensiva dell’art. 1, comma 18, d.l. 194/09 tale da ricomprendervi concessioni demaniali anche con finalità diversa dalla turistico ricreativa (come invece desumibile dall’incipit della previsione). Una soluzione di compromesso è stata recepita dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che, con circolare della Direzione Porti 6105/10, ha ritenuto suscettibili di proroga ex lege anche i titoli relativi a strutture per la nautica da diporto allorché - in concreto - riferiti a strutture di modesta dimensione e di scarsa rilevanza economica. La giurisprudenza amministrativa pare, tuttavia, aver proteso per un’esegesi restrittiva: alcune pronunce hanno tout court disapplicato il decreto legge per manifesto contrasto con i canoni comunitari (Tar Sardegna, Sez. I, ordinanza n. 473 del 2010), mentre altre decisioni hanno ritenuto la proroga applicabile solo ai titoli con finalità turistico ricreativa in senso stretto (Tar Toscana, Sez. III, 11 gennaio 2012, n. 22)11. 10 Sul quale cfr. C.A. Nebbia Colomba, La classificazione delle opere realizzate sul demanio marittimo, in C. Lami, C.A. Nebbia Colomba, S. Villamena, Le concessione demaniali marittime tra presente e futuro, Padova 2010. 11 Anche il Legislatore toscano è intervenuto in materia con l’art. 16, co. 1, l.r. 77/2009, prevedendo che “nelle more dell’adeguamento della legislazione nazionale sul demanio marittimo … le concessioni demaniali marittime ad uso turistico-ricreativo in essere alla data di entrata in vigore della presente legge sono prorogate al 31 dicembre 2015”. Il co. 2 dell’art. 16 prevedeva inoltre che “su richiesta del concessionario la durata della proroga può essere estesa fino ad un massimo di venti anni, in ragione

15


Una seconda proroga ex lege di efficacia delle concessioni demaniali, al 2012, è conseguita, invece, al d.l. 29 dicembre 2011, n. 216: l’art. 13bis dispone che “le concessioni sul demanio marittimo, lacuale e portuale, anche ad uso diverso da quello turistico-ricreativo, in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto e in scadenza entro il 31 dicembre 2012, sono prorogate fino a tale data, fermo restando quanto disposto dall’articolo 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25”. Dal dato proposto consegue la coesistenza di un duplice regime di proroga: al dicembre 2015, per i titoli aventi finalità turistico-ricreativa; al dicembre 2012 per la generalità delle (altre) concessioni demaniali.

7. Demanio, governo del territorio, paesaggio

Nel vigore della Legge urbanistica fondamentale, sino al 1963, l’opinione prevalente anche in giurisprudenza assumeva irrilevanti le implicazioni urbanistiche delle opere realizzate sul demanio marittimo e negava la necessità del rilascio della concessione edilizia per le opere realizzate dai privati concessionari12. Con decisione del 1 febbraio 1963, n. 1, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha, invece, stabilito che «le opere di privati, che pur costituendo una migliore utilizzazione del bene, apprezzata attraverso la concessione del suolo, non possono considerarsi un mezzo per il conseguimento dello specifico fine che è a fondamento della demanialità, non si differenziano dalle attività edilizie svolgentisi sul suolo privato e sono sottoposte alla licenza edilizia» (distinzione poi fatta propria dall’art. 81, d.P.R. n. 616/1977, su cui infra). Conseguentemente, la l. 6 agosto 1967, n. 765 (c.d. “Legge ponte”) ha modificato l’art. 31 della Legge urbanistica, introducendo la previsione per cui «per le opere da costruirsi da privati su aree demaniali deve essere richiesta sempre la licenza del sindaco». Il principio è oggi confluito nell’art. 8 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, secondo cui «la realizzazione da parte di privati di interventi edilizi su aree demaniali è disciplinata dalle norme del presente testo unico». Il privato deve pertanto munirsi di titolo per la realizzazione di qualunque tipologia di opera che comporti un rilevante mutamento dell’assetto edilizio ed urbanistico del territorio comunale, ancorché demaniale. dell’entità degli investimenti realizzati e dei relativi ammortamenti”. La Corte Costituzionale, con sentenza 26 novembre 2010, n. 340, ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 16, co. 2, lr. 77/2009, “per contrasto con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario in tema di diritto di stabilimento e di tutela della concorrenza. Infatti la norma regionale prevede un diritto di proroga in favore del soggetto già possessore della concessione, consentendo il rinnovo automatico della medesima. Detto automatismo determina una disparità di trattamento tra gli operatori economici in violazione dei principi di concorrenza, dal momento che coloro che in precedenza non gestivano il demanio marittimo non hanno la possibilità, alla scadenza della concessione, di prendere il posto del vecchio gestore se non nel caso in cui questi non chieda la proroga o la chieda senza un valido programma di interventi”. 12 Cfr. M.L. Corbino, Il demanio marittimo. Nuovi profili funzionali, Milano, 1990, p. 62.

16


Con riferimento alla valutazione di compatibilità paesaggistica dovranno seguirsi gli ordinari procedimenti delineati dal Codice (d. lgs. 42/04) e dal d.P.R. 139/10. Poiché la concessione demaniale e l’autorizzazione paesaggistica non hanno eguale efficacia temporale, è possibile che il titolo paesaggistico concerna strutture già in essere, senza che ciò renda necessario procedere ad accertamento postumo di compatibilità ai sensi dell’art. 167 del Codice dei beni culturali e paesaggistici. La conformità edilizia deve essere, invece, delibata alla luce degli strumenti di pianificazione vigente: a seconda che l’opera debba essere installata sull’arenile o in ambito portuale muta lo strumento di riferimento. Gli arenili sono difatti interessati dai relativi piani di settore, variamente denominati (Piano spiagge; Piano utilizzazione arenili; etc.); l’assetto dei porti e degli approdi turistici deve, invece, essere delineato in Piani regolatori portuali ai sensi della legge regionale 1/05. Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, l’assenza del Piano spiagge, comunque denominato, non costituisce ex se causa ostativa all’adozione delle concessioni (Cons. St., sez. II, 2.4.2003, n. 2364); contrariamente, è opinione diffusa che, in difetto di Piano regolatore portuale non possano essere rilasciati titoli demaniali per l’installazione di strutture nell’ambito portuale, stante l’impossibilità di verificare la conformità edilizia dei manufatti con lo strumento generale. Il dato assume concreta rilevanza, poiché in difetto dell’atto di pianificazione generale è stata ritenuta impossibile la valutazione di conformità edilizia dell’impianto e, conseguentemente, l’adozione della concessione demaniale13: in tale evenienza - tutt’altro che infrequente - l’Ufficio potrà rilasciare solamente titoli precari, come tali irrilevanti sotto il profilo edilizio-urbanistico.

13 La tesi - oltre che contrastante con l'orientamento giurisprudenziale in tema di Piano spiagge - appare di incerto fondamento teorico: in assenza dello strumento generale nessuna norma osta al rilascio del permesso di costruire; nelle c.d. zone bianche, l'ordinamento consente difatti trasformazioni legittime, sia pure nei limiti dell'indice legale.

17



Dieci anni di amministrazione dei beni del demanio marittimo da parte dei comuni costieri della Toscana Spunti di riflessione in vista dell’attuazione dei provvedimenti relativi al federalismo demaniale di Gabriele Lami, Comune di Follonica Premessa

Sono ormai trascorsi dieci anni dall’assunzione delle competenze in materia di demanio marittimo da parte dei comuni della Regione Toscana. L’acquisizione di tale competenza è stata profondamente traumatica per la peculiarità della materia ma soprattutto per il sistema di gestione che in modo unitario era stato esercitato dalla struttura “militare” dell’Autorità marittima in un quadro normativo sostanzialmente autonomo. Il “mondo giuridico” del Demanio marittimo è stato infatti oggetto di una normativa specifica e del tutto peculiare in cui nel corso degli anni si sono sviluppate le attività imprenditoriali degli stabilimenti balneari e delle altre strutture turistico ricettive, unitamente ed in parallelo con le attività riconducibili agli altri usi pubblici del mare, porti, commercio e navigazione. Una realtà in cui l’intervento dei comuni è stato prima inibito totalmente 1 e comunque fortemente osteggiata dal sistema centrale di controllo ministeriale fino ad epoche recenti. 2 In questa configurazione si è inserito il trasferimento delle funzioni agli enti locali delle competenze in materia di Demanio marittimo al momento del quale si sono subito manifestati problemi di vario ordine e genere che possono così riassumersi: A) individuazione delle aree oggetto della competenza: dove esercitare le funzioni attribuite; B) modalità di esercizio delle funzioni attribuite da intendersi come le Regioni si sono 1 Cassazione Sezioni Unite 12 dicembre 1967 n.2926 : < Anteriormente alla entrata in vigore della Legge 06/08/1967 n.765, cui non può attribuirsi efficacia retroattiva, non poteva riconoscersi al Comune alcun potere d’imporre la propria disciplina urbanistica ed edilizia sui beni del demanio marittimo e sulle costruzioni comunque da sorgere nell’ambito di questo, anche ad opera di privati concessionario. > Una citazione importante: prima del 1967 il Comune non esiste come soggetto giuridico a cui viene riconosciuto un qualunque della disciplina urbanistica potere per il demanio marittimo 2 Consiglio di Stato Sez.IV 16/01/1973 n.26 ha ritenuto che < al fine di determinare la disciplina regolatrice delle costruzioni poste su terreni demaniali occorre avere riguardo alla finalità della costruzione, talchè, mentre l’attività edilizia, sia pubblica che privata diretta alla creazione del bene demaniale stesso o che accede all’impianto demaniale o ne integra la funzionalità, è soggetta alla disciplina esclusiva della autorità statale, le costruzioni da effettuarsi nell’ambito della concessione non strumentali alla demanialità non sono sottratte alla disciplina urbanistica che compete al comune >

19


organizzate per lo svolgimento di queste nuove competenze, in particolare attraverso la delega di funzioni od il conferimento diretto agli enti locali; C) la normativa applicabile alla gestione e la prevalenza delle norme statali o regionali in particolare per quanto attiene ai contenuti del regime dominicale dei beni. Come si può notare da questa prima indicazione, non si trattava di problemi di scarsa rilevanza ma erano invece elementi fondamentali per un corretta azione amministrativa e gestionale proveniente soprattutto da una struttura militare che non conosceva ai confini amministrativi tra enti locali, con tutte le conseguenze del caso nelle diverse scelte operative. Nella Regione Toscana primo approccio operativo e direttivo fu di collegare direttamente la gestione alla pianificazione urbanistica o meglio definire il rilascio, rinnovo, modifica o variazione comunque delle aree demaniali in relazione alla destinazione d’uso impressa dal Comune alle aree stesse. Tale scelta fu sicuramente opportuna in quanto poteva dare immediata indicazione delle potenziali operazioni di sistemazione delle aree demaniali che erano o meno autorizzabili in connessione con la possibilità di rilascio di titoli edilizi abilitativi.

1. l’individuazione delle aree della competenza

La piena attività amministrativa dei Comuni in materia di demanio marittimo, si manifesta nel quadro normativo disegnato dalle c.d. Leggi Bassanini che hanno cercato di sviluppare, a “Costituzione vigente”, un forte decentramento amministrativo in favore delle Regioni ed Enti Locali di competenze e funzioni prima intestate alle strutture centrali dei ministeri statali. Tale obiettivo si collega al contenuto dell’articolo 105 del D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 112 che dispone un ampio trasferimento delle competenze in materia di demanio marittimo, molto più esteso di quello precedente disegnato dal legislatore del D.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, limitato al solo demanio turistico ricreativo. La scelta del legislatore del 1977 fu di indirizzare per l’assegnazione di una delega alle Regioni in materia di demanio marittimo, limitando però la sua “ampiezza” al c.d. turistico ricreativo che in questa espressione trovava la sua prima codificazione legislativa. 3 Tale scelta si inseriva nella logica di affidare le funzioni amministrative nelle materie di legislazione concorrente che la Costituzione, nel testo dell’articolo 117 all’epoca vigente, riconosceva alle Regione. 3 Articolo 59 D.P.R. 24 luglio 1977 :< sono delegate alle regioni le funzioni amministrative sul litorale marittimo, sulle aree demaniali immediatamente prospicienti, sulle aree del demanio lacuale e fluviale, quando la utilizzazione prevista abbia finalità turistiche e ricreative”. Sono escluse (art. 59, comma 2, DPR 616) (dalla delega) le funzioni esercitate dagli organi dello Stato in materia di navigazione marittima, di sicurezza nazionale e di polizia doganale ed i porti ed aree di preminente interesse nazionale in relazione agli interessi della sicurezza dello Stato e alle esigenze della navigazione marittima. L'identificazione delle aree predette è effettuata, entro il 31 dicembre 1978, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri per la difesa, per la marina mercantile e per le finanze, sentite le regioni interessate. Col medesimo procedimento l'elenco delle aree predette può essere modificato.

20


L’avere riconosciuto, nella gestione del demanio marittimo la rilevanza della qualificazione anche per finalità turistico - ricreative, apriva comunque la strada ad una produzione normativa di rango primario da parte delle Regioni di carattere attuativo dei principi desumibili dalle norme generali dello Stato che però non fu pienamente avviata da parte delle Regioni stesse. 4 La piena attuazione delle competenze amministrative regionali in questa materia era comunque subordinata alla emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri al quale si affidava il compito di individuare le aree escluse dalla delega di funzioni.5 In pratica il Legislatore delegato del 1977, nella definizione delle modalità per stabilire gli ambiti ed i limiti del passaggio di funzioni amministrative alle Regioni, definì un procedimento in cui attraverso dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanarsi previo parere delle Regioni interessate, si provvedeva alla individuazione delle aree di rispettiva competenza. Nell’ambito del demanio costiero a destinazione turistica e ricreativa, in cui si sono trovati a concorrere ed interferire fra loro competenze statali e competenze regionali, si è disciplinato in linea di principio attraverso la previsione di una delega generale alle Regioni, limitata dalla riserva allo Stato delle funzioni in materia di navigazione marittima (sicurezza nazionale e polizia doganale a cui è stata aggiunta l’esclusione della delega con riguardo ad aree determinate, caratterizzate dalla preminenza di interessi nazionali). Il provvedimento fu emanato solo nel 1995, a cui è seguito un forte contenzioso con le Regioni che hanno contestato le modalità con le quali sono stati formati gli elenchi delle aree escluse, 6 in cui la Consulta si è più volte espressa in favore delle autono4 “La problematica della capacità della regione di legiferare anche senza una legge quadro direttamente emanata sulla materia è stato uno dei primi argomenti sui quali la Corte costituzionale è stata chiamata a dirimere delle controversie. In sede di prima applicazione per le regioni a statuto speciale, già istituite fin dal 1948 grazie agli statuti approvati con le Leggi costituzionali, la Corte si pronunciò in modo restrittivo evidenziando l’impossibilità di legiferare in assenza della normativa nazionale di riferimento. La legge 281\1970 ribaltò il principio sopra indicato, proveniente dalla Legge del 1953 (c.d. legge Scelba) stabilendo che se nel biennio lo Stato non avesse provveduto alla emanazione delle leggi quadro le regioni potevano legiferare desumendo principi da quelli presenti nell’ordinamento”, F. Ghelarducci, Lezioni di diritto pubblico regionale, Pisa, 1991. 5 < Non avendo il Governo provveduto entro il termine stabilito all’emanazione del decreto ivi previsto (31/12/1978), é prevalsa la tesi, affermata anche da questa Corte nell’ordinanza n. 579 del 1988, secondo cui la delega restava inoperante in attesa della individuazione delle aree escluse > . Cfr. Sentenza della Corte Costituzionale 18 luglio 1997 n. 242 - < che tale potere di identificazione non può ritenersi sottoposto a termini perentori (<entro il 31 dicembre 1978>), poichè esso é attribuito in via permanente allo Stato, che può in ogni tempo modificare l'elenco delle aree escluse dalla delega (art. 59, comma secondo, ultima parte); Ordinanza della Corte Costituzionale n. 579 del 19.05.1988 su un conflitto di attribuzione sollevato dalla Regione Veneto in conseguenza del rilascio di concessioni demaniali marittime nell’anno 1979 da parte del Ministero della Marina Mercantile. 6 < L’individuazione di tali aree é dunque un procedimento volto tipicamente alla delimitazione in concreto e alla composizione di interessi facenti capo rispettivamente ad attribuzioni statali e ad attribuzioni regionali: coerentemente pertanto il legislatore ha previsto un procedimento destinato bensì a sfociare in un atto delle

21


mie secondo un principio qualificante le diverse sentenze pronunciate in questa prima fase, inerente la lesione del principio di leale collaborazione: «per avere il Governo sostanzialmente omesso di attuare modalità di consultazione della Regione conformi a tale principio>.7 È opportuno ricordare, che nella fase contenziosa sopraindicata era vigente il testo originario degli articoli 117 e 118 della Costituzione del 1948, in cui le potestà delle Regioni ordinarie erano comunque subordinate ad una serie di principi generali desumibili dalle norme statuali in materia. 8 L’articolo 105 del D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 112 nel disporre il più ampio trasferimento della facoltà di rilasciare concessioni demaniali, limita ancora l’ambito spaziale riferendosi allo stesso DPCM 21 dicembre 1995 che si ripropone come parametro di riferimento per le aree di competenza.9 Ecco quindi il primo problema oggettivo da affrontare al momento del trasferimento: autorità centrali di governo, ma nel cui ambito si colloca, a presidio degli specifici interessi regionali coinvolti, un parere obbligatorio, benchè non vincolante, delle Regioni interessate. Tale partecipazione procedimentale rappresenta la modalità concreta con cui si realizza, nel caso, il contemperamento dei diversi interessi, e dunque una modalità di concorso e di confronto che deve rispondere al canone costituzionale della leale cooperazione. La partecipazione regionale al procedimento, di cui la legge stabilisce le modalità, é perciò costituzionalmente indefettibile, deve essere resa effettivamente e non solo formalmente possibile, e il provvedimento governativo deve tener conto dei risultati di tale partecipazione > - Cfr. Corte Costituzionale Sentenza n. 242 del 18.07.1997 7 Corte Costituzionale Sentenza n. 242 del 18.07.1997 – Conflitto di attribuzione promosso dalla Regione Liguria avverso il Dpcm concluso con il suo annullamento < limitatamente alla parte che concerne aree del territorio della ricorrente Regione Liguria > in quanto < non spetta allo Stato, e per esso al Presidente del Consiglio dei ministri, adottare il decreto di individuazione delle aree demaniali escluse dalla delega di cui all’art. 59, primo comma, del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all’art. 1 della l. 22 luglio 1975, n. 382), senza il prescritto parere delle Regioni interessate, da acquisire con modalità conformi al principio di leale cooperazione >. 8 Nel testo originario l’articolo 117 della Costituzione attribuiva alle regioni potestà legislativa concorrente in materia di turismo ed industria alberghiera da esercitare nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dallo Stato 9 1. Sono conferite alle regioni e agli enti locali tutte le funzioni non espressamente indicate negli articoli del presente capo e non attribuite alle autorità portuali dalla legge 28 gennaio 1994, n. 84. 2. Tra le funzioni di cui al comma 1 sono, in particolare, conferite alle regioni le funzioni relative: l) al rilascio di concessioni di beni del demanio della navigazione interna, del demanio marittima e di zone del mare territoriale per finalità diverse da quelle di approvvigionamento di fonti di energia; Tale conferimento non opera nei porti finalizzati alla difesa militare e alla sicurezza dello Stato, nei porti di rilevanza economica internazionale e nazionale, nonchè nelle aree di preminente interesse nazionale individuate con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 21 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 136 del 12 giugno 1996, e successive modificazioni. Nei porti di rilevanza economica regionale ed interregionale il conferimento decorre dal 1o gennaio 2002. Nell'esercizio delle funzioni amministrative afferenti il rilascio di concessioni di beni del demanio marittimo ricadenti nei porti di rilevanza economica regionale ed interregionale, le regioni acquisiscono, con riferimento alla compatibilità dell'uso delle aree e delle opere portuali con gli interessi marittimi, il parere della competente autorità marittima

22


i territori dei comuni erano interessati o meno a queste aree escluse ed in caso affermativo con quale estensione o configurazione? Quasi tutti i comuni della costa hanno visto parti di territorio o zone di mare inserite in questi elenchi delle aree escluse, per i diversi motivi elencati nei provvedimenti, riferendosi al caso della sicurezza nazionale o della navigazione. Purtroppo però gli elenchi contengono anche situazioni paradossali, come zone in cui le condizioni morfologiche del terreno si erano profondamente modificate già al momento dell’emanazione del provvedimento, così come fattispecie in cui vi erano strutture escluse perché destinate alla difesa nazionale ed in realtà corrispondenti a strutture turistico ricreative a tutto tondo. Questa situazione, poi, si è particolarmente aggravata per il contenzioso dei porti ed approdi turistici inseriti negli elenchi, che solo dopo una lunga disputa con la Corte Costituzionale, sono stati ascritti alla competenza regionale in luogo di quella statale rivendicata con circolari ministeriali. 10 Con i decreti attuativi il policentrismo dell’amministrazione delle aree demaniali si amplia in modo esponenziale, con nuove problematiche e maggiori conflitti tra le amministrazioni dello Stato interessate ai diversi procedimenti e il comparto Regioni - Enti locali, soggetti destinatari delle nuove funzioni amministrative e gestionali, con una vera e propria “esplosione” della conflittualità conseguente sia alla non chiara trasposizione legislativa sia anche alla resistenza alla riduzione delle competenze statali. La coeva attività della Corte costituzionale, chiamata a dirimere i conflitti tra lo Stato e le Regioni sulle disposizioni attuative della legislazione del 1977 emanate con forte ritardo, si è rivelata quindi fondamentale per tracciare i primi elementi sui quali sono state definite la risoluzione delle controversie che fatalmente sono insorte. L’assegnazione della competenza, infatti, alle Regioni e da li poi agli Enti Locali è avvenuto non solo a “ Costituzione vigente” ma soprattutto a “normativa nazionale preesistente” redatta e pensata con la struttura organizzativa dello Stato, che conosce di interferenze e possibilità di intromissione solo per quelle in essa espressamente ammesse e consentite. L’attribuzione delle funzioni in materia di demanio marittimo ha quindi visto gli enti a cui è stata affidato lo svolgimento della gestione, muoversi in quadro amministrativo con una legislazione scarna e limitata, guidata da un gran numero di circolari mini10 (Sentenza 6 marzo 2006 n.89 Regione Toscana per Porto di Viareggio, sentenza 10 marzo 2006 n. 90 sul conflitto di attribuzione promosso dalla Regione Campania per la competenza al rilascio delle concessioni nei porti turistici della regione; sentenza 20 giugno 2007 n. 255 sul conflitto di attribuzione promossa dalla Regione Emilia Romagna per il porto turistico di Cattolica; sentenza 19 ottobre 2007 n.344 sul conflitto di attribuzione promosso sempre dalla Regione Toscana per il riconoscimento della potestà su tutti i porti di rilevanza economica regionale ed interregionale oltre che turistici della Regione – la problematica della dominicalità Corte costituzionale, che ha trovato la sua prima chiara definizione con la sentenza 14 novembre 2008 n. 370 – Regione Molise – affermando in modo definitivo che le funzioni trasferite in materia non comprendono anche i profili attinenti la dominicalità che è e resta di esclusiva competenza dello Stato.

23


steriali e disposizioni interpretative alle quali nel tempo era stato affidato un ruolo integrativo per la definizione e lo svolgimento delle procedure svolte dell’Autorità marittima, da un lato risolto con norme proprie regolamentari ma creando i presupposti di un possibile contrasto con le Autorità statali nel caso di un loro interesse al mantenimento di potestà o di capacità di influenza nella materia o nel caso di rivendicazione di proprie attribuzioni 11.

2. La produzione normativa regionale per l’esercizio delle funzioni -

In questo quadro gestionale confuso, le Regioni hanno attuato in modo diverso le potestà in materia demanio marittimo ad esse attribuite dalla normativa statale secondo scelte politiche in cui vi è stata l’introduzione di norme in leggi in materia di turismo varate in precedenza, oppure decisioni anche più strutturate, con approvazioni di legislazioni specifiche.12 Si tratta di una scelta che già di per se indica l’approccio politico nell’acquisizione della nuova competenza intendendo con questo evidenziare che l’adozione di provvedimento legislativi organici rappresenta una manifestazione della volontà di segnare in modo specifico la materia con norme di propria origine disapplicando quelle statali fino a quel momento vigenti. In questo ambito i legislatori regionali si sono variamente applicati nella scelta delle diverse possibili soluzioni ad annosi problemi del settore oppure assumendo scelte rilevanti anche di compiti non pienamente ascrivibili nel trasferimento di funzioni. Si può prendere ad esempio le normative della Regione Calabria in cui viene rimarcata una precisazione sulle funzioni delle amministrazioni locali < riguardanti l’esercizio delle funzioni e dei compiti di cui all’art. 12 del Regolamento Codice della Navigazione e in particolare il rilascio del parere relativo alla facile rimovibilità delle opere demaniali marittime

11 Un esempio di particolare interesse di questa situazione paradossale è riscontrabile nella novità rappresentata dalla scoperta della competenza delle Autorità doganali nell’ambito del Demanio marittimo. L’articolo 14 del Regolamento di esecuzione del Codice della Navigazione (D.P.R. 15 febbraio 1952 n. 352) impone di richiedere il parere dell’autorità doganale competente sulla domanda di concessione, a cui si aggiunge la disposizione dell’articolo 19 del del D.Lgs 8 novembre 1990 n.374 che prescrive l’obbligo di autorizzazione preventiva del Direttore della Circoscrizione doganale per ogni e qualsiasi realizzazione in prossimità della linea doganale e nel mare territoriale. Il problema di immediata rilevanza nella gestione delle competenze da parte dei Comuni è stato quello di individuare dove si era situata la linea doganale, che non corrisponde necessariamente con la linea demaniale marittima, cioè il confine tra il demanio marittimo e le proprietà finitime, ma assume andamenti diversi in relazione alle sue finalità proprie di garanzia e tutela del rispetto delle leggi sulle importazioni e suoi traffici commerciali. 12 Hanno seguito il primo indirizzo di integrazione: - Regione Abruzzo – L.R. n.141 del 17 dicembre 1997 - Regione Basilicata – L.R. n. 7 del 04 Giugno 2008 - Regione Lazio - L.R. n. 13 del 06 Agosto 2007 - Regione Marche – L.R. n. 10 del 17 maggio 1999 (poi modificata nel 2010) - Regione Veneto – L.R. n. 33 del 4 novembre 2002; hanno seguito il secondo indirizzo di un testo dedicato: - la Regione E. Romagna – L.R. n. 9 del 31 maggio 2002; - la Regione Liguria - L.R. n. 13 del 28 Aprile1999 - la Regione Friuli – L.R. n. 22 del 13 Novembre 2006; - la Regione Puglia – L.R. n. 17 del 23 Giugno 2006 - la Regione Molise – L.R. n.5 del 5 Maggio 2005 - la Regione Calabria – L.R. n. 17 del 21 dicembre 2005

24


> con ciò assumendo scelte incidenti sul regime dominicale della proprietà pubblica. 13 Si aggiunge a puro titolo esemplificativo, la Regione Lazio che ha riconosciuto le funzioni inerenti l’applicazione dell’articolo 55 del Codice della Navigazione all’autorità marittima solo nel caso di interventi che possano interferire con la sicurezza della navigazione, acquisendo per i comuni l’altro importante profilo gestionale in caso di normali servitù a carico del demanio. Altro elemento qualificante nell’ambito della legislazione regionale, è rappresentato dai diversi istituti adottati per l’esercizio delle funzioni che possono essere così riassunti: A) Delega delle funzioni; B) Delega delle funzioni per le sole concessioni turistico ricreative; C) Conferimento ai Comuni delle funzioni limitato nelle possibilità gestionali (es. solo turistico ricreativo) D) Conferimento senza alcuna limitazione La differenza tra le due modalità di attribuzione non è di poco conto in quanto denota una tendenza di voler mantenere una potestà di controllo o di verifica delle attività svolte dal soggetto delegato, in luogo di una maggiore autonomia operativa nel caso del conferimento. Nel caso della delega infatti vi è la possibilità per il soggetto delegante di poter indirizzare le scelte del soggetto delegato con apposite direttive ed addirittura di modificare le sue determinazioni in caso di ricorso gerarchico.14 Diversa è la logica del conferimento in cui il soggetto a cui viene attribuita la funzione (la Regione) assegna la totale gestione ed i compiti operativi ad altro soggetto mantenendo una possibilità in influenzare le determinazioni attraverso atti di pianificazione sovraordinata (Masterplan logistica e trasporti come nel caso della Toscana per la parte relativa alla nautica da diporto; pianificazione sovraordinata di origine comunitaria per 13 Legge n. 42 - BURA n. 71 del 6 dicembre 2006 - Articolo 1 < La Regione conferisce ai Comuni costieri le funzioni amministrative in materia di demanio marittimo per finalità turistico – ricreative, delegate alle Regioni con D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 e conferite con l’art. 105, comma 2, lett. l), del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 riguardanti l’esercizio delle funzioni e dei compiti di cui all’art. 12 del Regolamento Codice della Navigazione e in particolare il rilascio del parere relativo alla facile rimovibilità delle opere demaniali marittime > Si noti la precisazione della funzione attribuita inerente la qualificazione delle opere da realizzare sulle aree demaniali, attraverso l’attribuzione diretta della competenza agli enti titolari della funzione amministrativa: si tratta di una importante determinazione che trova riscontro solo nella Legge della Regione Puglia con la qualificazione diretta delle opere ammissibili e che quindi denota una particolare attenzione alla problematica. Non è noto se la disposizione sia stata impugnata da parte dello Stato, ma risulta evidente la sua assoluta rilevanza nella consistenza dei beni demaniali, in cui la scelta se un’opera sia di facile – difficile rimozione è fondamentale nella futura acquisizione tra le pertinenze che una regione si attribuisce come competenza con procedura diversa dalle altre in cui si rimanda ad asseveramento di tecnici incaricati, una funzione così importante per quanto afferente la dominicalità. 14 Nel primo gruppo della Delega rientrano : Regione Emilia Romagna – Regione Molise - Regione Abruzzo (fino alla L.R. 4 dicembre 2006, n. 42) Regione Marche – (fino alla L.R. 20 febbraio 2010 n. 7 ) -Regione Lazio – Organizzazione del sistema turistico – L. R. 6 agosto 1999, n. 14 modif. 2007 - Regione Campania –

25


la protezione delle aree sensibili etc.) con esclusione di interventi di amministrazione diretta.15 E’ un meccanismo giuridico in cui la scelta è propria della Regione che, nell’ambito della propria discrezionalità politica, indirizza verso una o l’altra soluzione di attribuzione dei compiti agli enti locali destinatari della funzione. In alcuni casi vi è stata una “divisione” con il conferimento / delega delle sole funzioni agli enti locali del demanio turistico ricreativo mantenendo alla Regione la competenza sulle altre sfere del demanio marittimo, come in particolare il portuale, l’attività di pesca o di utilizzi diversi. Anche in questo caso la scelta è influenzata sia dalla condizione generale del territorio regionale, con la maggiore o minore prevalenza dell’una o dell’altra funzione sulle aree demaniali, sia con la valutazione di opportunità che alcune funzioni siano esercitate ad un livello di governo ritenuto più adeguato. In questo caso comunque, la scelta di attribuire l’esercizio della funzione è avvenuto nei confronti dell’ente locale per quanto concerne il demanio turistico ricreativo seguendo la linea di avvicinare la potestà con l’ente territoriale più vicino al cittadino. Una menzione particolare merita comunque, la Regione Toscana la quale, se da un lato ha scelto la strada del conferimento dall’altro praticamente ha il premio della sintesi. Con un solo comma contenuto in un articolo di una delle tante leggi attuative del Decreto Bassanini, ha attribuito le funzioni concernenti le concessioni demaniali ai Comuni, senza altre particolari formalità. 16 Una prima sintesi dell’esperienza a livello nazionale del trasferimento delle funzioni dalle Regioni agli Enti Locali, è possibile riassumere alcuni elementi ormai definiti. La modalità di affidamento delle competenze da parte delle Regioni, è stata divisa equamente tra la delega ed il conferimento delle funzioni anche se limitatamente ad alcune parti della più ampia materia. Elemento comune è stata comunque l’attribuzione del compito in materia di concessioni turistico ricreative agli Enti Locali come indicato dall’indirizzo costituzionale dell’articolo 118 nella sua nuova formulazione post riforma del Titolo V°, trasposto dalla normativa nazionale con la L. 96/1999 la quale disponeva norme di immediata applicazione in caso di mancata emanazione delle leggi regionali attuative della riforma Bassanini. Questa impostazione si ricollega comunque ad un disegno orientato alla c.d. sussidiarietà ed in particolare di quella verticale finalizzato alla valorizzazione ed al riconoscimento della importanza per il territorio locale delle scelte per la destinazione d’uso delle aree demaniali. L’attribuzione del compito di gestire direttamente le competenze amministrative in 15 La scelta immediata del conferimento : Regione Liguria; Regione Toscana; Regione Calabria; Regione Sardegna; Regione Friuli Venezia Giulia – (solo turistico ricreativo) Regione Veneto 16 L. R. Toscana 1 dicembre 1998, n. 88: art. 27 c. 3 < Sono attribuite ai comuni le funzioni concernenti le concessioni di beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale > …… e nulla più….

26


materia di demanio marittimo conclude quindi un percorso di unificazione amministrativa iniziato molti anni or sono con una serie di interventi legislativi che riconoscevano un ruolo all’Ente locale prima sconosciuto nell’ambito demaniale. 17 Solo con la c.d. Legge Bucalossi si è reso esplicito il ruolo dei Comuni e l’importanza della pianificazione urbanistica anche per le aree demaniali marittime: con l’affidamento dei compiti di gestione delle concessioni si chiude appunto il percorso avviato nel 1967 con la Legge Ponte. 18 In conclusione di questo paragrafo possiamo dire, anche in relazione agli esiti delle determinazioni della Corte Costituzionale, di fatto, i Comuni delle Regioni costiere sono i soggetti competenti alla gestione delle funzioni in materia di demanio marittimo, in particolare per quello turistico ricreativo.

3. Le problematiche della gestione. Le aree demaniali escluse

Numerose le problematiche scaturite nella effettiva gestione delle funzioni ma anche in relazione alle modalità di trasferimento delle funzioni stesse. Un primo problema, come già accenato, è stato la esatta individuazione delle aree in cui estendere la competenza per l’esercizio delle funzioni attribuite. Nella norma del 1998 fu introdotto il richiamo per le aree escluse al DPCM 21.12.1995 che si è subito manifestato errato nella sua effettiva rispondenza alla realtà. Il secondo problema si è presentato nella reale estensione delle potestà nelle materie attribuite alle Regioni in particolare sotto due profili: la dominicalità e l’autonomia sui canoni di concessione In questa circostanza il ricorso l’arbitro delle controversie è stato costante: in pratica dal 2002 fino al 2010 la Corte Costituzionale è stata chiamata a svolgere un ruolo sistematico di supplenza e di interpretazioni secondo canoni costituzionalmente orientati del trasferimento delle funzioni alle Regioni ed enti locali provvedendo a colmare le lacune di una normativa alluvionale. Una considerevole attività della Corte Costituzionale negli ultimi anni è stata quindi assorbita dall’esigenza di dirimere ricorsi promossi dalle Regioni in conflitti di attribuzione verso provvedimenti amministrativi statali o vere e proprie impugnazioni di leggi 17 Cassazione Sezioni Unite 12 dicembre 1967 n.2926 < Anteriormente alla entrata in vigore della Legge 06/08/1967 n.765, cui non può attribuirsi efficacia retroattiva, non poteva riconoscersi al Comune alcun potere d’imporre la propria disciplina urbanistica ed edilizia sui beni del demanio marittimo e sulle costruzioni comunque da sorgere nell’ambito di questo, anche ad opera di privati concessionario. > - Una citazione importante: prima del 1967 il Comune non esiste come soggetto giuridico a cui viene riconosciuto un qualunque potere nella disciplina urbanistica per il demanio marittimo. 18 Legge 28.01.1977 – Articolo 4 - < La concessione è data dal Sindaco al proprietario dell'area o a chi abbia titolo per richiederla con le modalità, con la procedura e con gli effetti di cui all'articolo 31 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modificazioni ed integrazioni, in conformità alle previsioni degli strumenti urbanistici e dei regolamenti edilizi e, nei comuni sprovvisti di detti strumenti, a norma dell'articolo 41-quinquies, primo e terzo comma, della legge medesima, nonché delle ulteriori norme regionali. Per gli immobili di proprietà dello Stato la concessione è data a coloro che siano muniti di titolo, rilasciato dai competenti organi dell'amministrazione, al godimento del bene. >

27


statali ritenute lesive delle nuove potestà conferite con la modifica del Titolo V° della Costituzione: l’esito è stato il necessario chiarimento dei confini per l’esercizio delle funzioni, sia per lo Stato ma anche per le Regioni. Sono già state citate in precedenza sentenze della Corte Costituzionale che hanno deciso su controversie tra Regioni e lo Stato, ma in particolare sono da ricordare la sentenza n. 89/2006 la quale chiude la discussione sulla validità all’attualità degli elenchi contenuti nel DPCM 1995. 19

4. Le problematiche della gestione. la determinazione dei canoni

Altro rilevante elemento oggetto di discussione nella fase di assestamento è la problematica della determinazione dei canoni demaniali. Come è noto dopo l’introduzione del sistema tabellare del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494 ed il DM n.342/98 il meccanismo ha avuto una tranquilla applicazione fino al settembre 2003 momento in cui fu emanato il D.L. 30 settembre 2003, n.269, convertito con modificazioni dalla Legge 24.11.2003 n.326 e successive modificazioni ed integrazioni. Tale comma fu poi sostituito con la Legge 24 dicembre 2003 n.350 in altra formulazione mantenendo però la medesima impostazione, con l’aumento del 300% delle misure unitarie di cui al DM 342/98, quale base di calcolo per i canoni demaniali marittimi, con una quadruplicazione delle somme fino a quel momento corrisposte dai concessionari. La questione è stata portata davanti alla Corte Costituzionale con impugnazione della norme statali da parte di alcune Regioni; questione è stata decisa con la Sentenza n. 286 del 28 Luglio 2004 in cui la Corte ha praticamente respinto le tesi delle regioni con delle motivazioni così sintetizzabili: A) < E’ di esclusiva competenza dello Stato e ad esso solo spetta il diritto di fissare le modalità di calcolo e di riscossione dei canoni dovuti, in quanto ente proprietario dei beni demaniali, secondo una prevalenza del principio “dominicale” su quello “funzionale > 19 Sono interessanti le motivazioni della Corte per dirimere il conflitto di attribuzione tra la Regione Toscana e lo Stato < Il rinvio ad un mero atto amministrativo è stato utilizzato dal legislatore unicamente per identificare le aree escluse dal decentramento. Non si intendeva così, però, né promuovere quest'ultimo al rango di atto avente forza di legge né congelare nel tempo il novero delle aree dallo stesso indicate. Il D.P.C.M. 21 dicembre 1995, continua pertanto a vivere nell'ordinamento giuridico, ma soltanto nei limiti della sua perdurante validità, cioè esclusivamente nelle parti non derogate da fonti successive dello stesso rango o di rango addirittura superiore. La logica conseguenza è che il conflitto con la L. n. 88/2001 non potrà risolversi che a favore di quest'ultima e che il D.P.C.M. 21 dicembre 1995 dovrà considerarsi illegittimo per violazione di legge in relazione ad ogni sua parte in cui risultino menzionate aree per le quali il conferimento di funzioni alle Regioni è stato previsto a partire dal 1° gennaio 2002> , ed ancora < l'appartenenza al Comune delle relative funzioni amministrative, ogni qual volta non ne sia stata esplicitamente prevista l'allocazione ad un livello superiore, conduce inoltre a escludere in radice, indipendentemente dalle previsioni del D.P.C.M., la possibilità di una loro riappropriazione da parte dello Stato. Il provvedimento ministeriale contrasta sia con il parametro Costituzionale che con la normativa primaria >.

28


B) Le Regioni “sono chiamate a classificare le aree del demanio marittimo in ragione della diversa valenza turistica delle stesse” secondo un quadro aderente alle disposizioni costituzionali vigenti. In pratica non vi deve essere, per il Demanio marittimo quella condizione che invece si è creata e da nessuno contestata, delle competenze sul demanio idrico in cui lo Stato proprietario ha rinunciato ad ogni provento delle concessioni rilasciate dal soggetto competente: la Regione. Qui la differenza tra dominicalità e funzione esercitata è stata il parametro utilizzato dalla Corte Costituzionale per dirimere la controversia. La stessa categoria logica è stata poi utilizzata per la prima decisione sull’altro conflitto aperto sulla determinazione dei canoni demaniali dopo il ripristino delle modalità tabellari di calcolo, ad esclusione delle pertinenze ad uso commerciale cioè i beni immobili dello Stato compresi nel perimetro del Demanio marittimo.20 Con la Legge 27 dicembre 2006 n.296 infatti è stato reintrodotto il sistema di calcolo tabellare abrogando l’incremento del 300% ma inserendo una specifica disciplina per le pertinenze ad uso commerciali prevedendo un collegamento diretto con valori di mercato per la determinazione dei canoni di concessione. Contro tale decisione sono insorte alcune Regioni, promuovendo anche in questo caso un ricorso alla Corte Costituzionale la quale, con sentenza n. 94 del 11 Aprile 2008, ha risolto la controversia respingendo la contestazione regionale con la seguente motivazione: < Le tesi della Regione ricorrente non sono condivisibili, posto che la loro accettazione porterebbe alla confusione della «proprietà del bene con il potere di disciplinare l’uso del bene stesso non prevista né indicata dalle norme oggetto di impugnazione >. Questa prima conclusione sulla controversia troverà poi ulteriore conferma con altra rilevante sentenza con la quale la Corte mette la parola fine sulla contestazione della legittimità della nuova disciplina di calcolo dei canoni demaniali introdotta nel 2006. Si tratta della Sentenza 18 ottobre 2010 n. 1040 con la quale la Corte Costituzionale decide sulla questione di legittimità delle norme introdotte nell’anno 2006 in particolare per le modalità di calcolo relativo alle pertinenze ad uso commerciale, ritenuto, dal Tribunale di Sanremo non manifestamente infondata in relazione alla disparità di trattamento tra situazioni simili. In pratica il ricorrente eccepiva che la conduzione di un pertinenza demaniale ad uso commerciale poneva il concessionario in una condizione di disparità rispetto al conduttore di un immobile privato per gli oneri che gravano su di esso (es. manutenzione straordinaria) non presenti per l’altra casistica: da qui la eccezione di illegittimità costituzionale delle norme per il calcolo del canone secondo parametri non tabellari. La Corte Costituzionale, in pratica coglie l’occasione di questa remissione da parte del Tribunale di Sanremo per mettere la parola fine al contenzioso sull’argomento, 20 Articolo 29. Pertinenze del demanio marittimo. Le costruzioni e le altre opere appartenenti allo Stato, che esistono entro i limiti del demanio marittimo e del mare territoriale, sono considerate come pertinenze [c.c. 817, 818, 819] del demanio stesso.

29


iniziato con l’introduzione dell’aumento del 300% e poi trasferito su questo nuovo meccanismo di calcolo. Le argomentazioni sono lapidarie: l’aumento dei canoni non risulta incostituzionale in quanto si colloca in < una linea di valorizzazione dei beni pubblici, che mira ad una loro maggiore redditività per lo Stato, vale a dire per la generalità dei cittadini, diminuendo proporzionalmente i vantaggi dei soggetti particolari che assumono la veste di concessionari > ed inoltre, il concetto sopra indicato < porta alla logica conseguenza che non si può accogliere la censura basata su una presunta discriminazione tra utilizzatori di pertinenze demaniali marittime e soggetti locatari di aree di proprietà privata. Non solo non vi è discriminazione nel tendenziale avvicinamento delle due situazioni, dal punto di vista del costo dell’utilizzazione, ma si deve riconoscere che l’intervenuto aumento dei canoni riduce l’ingiustificata posizione di vantaggio di chi possa, nel medesimo contesto territoriale, usufruire di concessioni demaniali rispetto a chi, invece, sia costretto a rivolgersi al mercato immobiliare > in pratica ribaltando la contestazione del Tribunale remittente.21 Con questa Sentenza quindi si è chiuso un ciclo delle contestazioni promosse dalle Regione o da privati concessionari sull’argomento della determinazione dei canoni, che in assenza di interventi legislativi, come l’attuazione del c.d. Federalismo demaniale, è ormai acclarato essere nella piena ed esclusiva competenza dello Stato.

5. Le problematiche della gestione. la dominicalità

Ultimo, ma non meno importante, argomento della conflittualità tra Stato e Regioni in questo ambiguo trasferimento, è stato il problema della dominicalità: inteso come ampiezza della potestà legislativa regionale nella determinazione della consistenza dei beni demaniali marittimi. Anche questa fattispecie ha avuto la sua definizione solo con una sentenza del Giudice delle Leggi la quale è stata chiamata a dirimere una questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale del riesame di Campobasso, in merito ad una norma introdotta dalla Regione Molise in cui la stessa aveva indicato di sua iniziativa il limite del demanio marittimo. In pratica, la Regione aveva sostanzialmente “delimitato” il Demanio marittimo con legge regionale in modo autonomo, senza le procedure previste dal Codice della Navigazione e le parti private, in sede di contenzioso penale eccepirono < nel merito che la Regione si era limitata ad esercitare, sia pure con legge, una funzione ad essa spettante in via amministrativa, quale quella della delimitazione del demanio marittimo, poiché la delega comprende 21 Prosegue la sentenza < Si deve ricordare in proposito la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, laddove sottolinea che una mutazione dei rapporti di durata deve ritenersi illegittima quando incide sugli stessi «in modo improvviso e imprevedibile», senza che lo scopo perseguito dal legislatore ne imponesse l’intervento (sentenza 29 aprile 2004, in cause C-487/01 e C-7/02). Per i motivi illustrati sopra, l’intervento del legislatore non è stato né improvviso e imprevedibile, né ingiustificato rispetto allo scopo perseguito di assicurare maggiori entrate all’erario e di perequare le situazioni dei soggetti che svolgono attività commerciali, avvalendosi di beni pubblici, e quelle di altri soggetti che svolgono le identiche attività, ma assoggettati ai prezzi di mercato relativi all’utilizzazione di beni di proprietà privata >

30


anche “le funzioni di organizzazione e le attività connesse e strumentali all’esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti” (art. 1, comma 2, D.lgs. n. 112 del 1998), implicitamente trasferendo alle Regioni anche le funzioni relative alla delimitazione delle zone demaniali, quale presupposto per l’ordinato esercizio delle prime. La Corte, con sentenza del 14 novembre 2008 n. 370 in modo lapidario scolpisce due principi fondamentali: a) < La Corte ha più volte affermato che la titolarità di funzioni legislative e amministrative della Regione in ordine all’utilizzazione di determinati beni non può incidere sulle facoltà che spettano allo Stato in quanto proprietario e che la disciplina degli aspetti dominicali del demanio statale rientra nella materia dell’ordinamento civile di competenza esclusiva dello Stato > quindi illegittimità costituzionale della norma regionale ed esclusione totale dal considerare trasferita nella competenza regionale anche il potere di delimitazione; b) < Inoltre, secondo la giurisprudenza di legittimità, da considerarsi diritto vivente, il demanio marittimo è demanio cosiddetto naturale derivante direttamente dalle caratteristiche del bene e il provvedimento formale di delimitazione, al contrario di quello di sdemanializzazione, ha solo natura ricognitiva e non costitutiva. Ne consegue che se un bene presenta le caratteristiche naturali del lido del mare o della spiaggia deve considerarsi appartenente al demanio marittimo dello Stato anche senza alcun provvedimento formale di delimitazione, mentre va esclusa la possibilità di una sdemanializzazione tacita, atteso che la cessazione della demanialità è possibile soltanto mediante uno specifico provvedimento di carattere costitutivo da parte dell’autorità amministrativa competente > in questo caso si conferma il contenuto di lex specialis del Codice della Navigazione e delle sue procedure. Ancora una volta il Giudice delle Leggi ha determinato la scelta strategica evidenziando i rispettivi ruoli e competenze nella ambiguità complessiva del trasferimento delle funzioni e nelle azioni di rivendicazione spesso promosse sulla base di esigenze politiche non sostenute da argomentazioni giuridiche sostanziali. In questo ambito specifico, in particolare viene definitivamente statuito e rappresentato che: a) Spetta allo Stato la funzione di delimitazione delle aree demaniali marittime, mai stata oggetto di trasferimento; b) Compito dello Stato e dei suoi organi ad esso deputati, la definizione della qualificazione dei beni presenti sulle aree demaniali in particolare per gli aspetti connessi all’applicazione dell’articolo 49 del Codice della Navigazione

6. Le problematiche della gestione. L’incameramento delle opere non amovibili

Questa sentenza ha avuto un effetto indiretto per la soluzione anche dell’altro argomento rilevante di questa materia cioè la questione degli incameramenti. Al momento dell’acquisizione delle competenze in materia, la problematica degli inca31


meramenti era sostanzialmente sconosciuta e nessuno, nell’ambito comunale, poteva immaginare il formidabile contenuto dell’articolo 49 del Codice della Navigazione. 22 La questione assunse subito una radicalizzazione in relazione alle richieste dell’Agenzia del Demanio, esplicitate con interpretazioni normative in apposite circolari, finalizzate alla valutazione della difficile rimozione e quindi della incamerabilità di beni realizzati sul demanio marittimo. La motivazione era da ricercare nell’impatto sulla determinazione dei canoni di un bene incamerato rispetto a quello non incamerato e quindi dei riflessi finanziari per l’Erario. Con queste circolari, l’Agenzia del Demanio tentava di indirizzare il comportamento degli enti gestori verso la valutazione generale dei beni nella categoria di difficile rimozione per ottenere la massima redditività del patrimonio immobiliare, con una estesa applicazione dell’articolo 49 e di sentenze variamente espresse sull’argomento dalla corte di cassazione. Tale azione però contrastava sia con la “lettera” delle disposizioni del Codice della Navigazione ma anche con lo spirito logico del trasferimento delle funzioni, come valutato dalle successive sentenze della Corte Costituzionale. Con la Sentenza del 14 novembre 2008 n. 370 il Giudice delle Leggi ha definito anche questo tipo di problematica affidando in modo esplicito allo Stato e quindi all’Agenzia del Demanio, la competenza di tutelare e valutare la consistenza del patrimonio demaniale, con la conseguente esigenza di procedere (speditamente) alla qualificazione dei beni realizzati sul Demanio e pertanto della loro incamerabilità o meno tra le pertinenze del Demanio marittimo.

7. Prime conclusioni

Le prime conclusioni sul decennio di lavoro degli Enti Locali, possono essere così riassumibili. Per quanto concerne il processo attuativo da parte delle Regioni, non vi sono stati schemi comuni ma si sono sviluppate scelte diverse in base alle specifiche realtà, perseguendo l’obiettivo generale di inserire la nuova funzione gestionale attribuita dalla Legge nazionale all’interno del proprio ordinamento o con legge organica o modifica di normative esistenti. Analogamente, il trasferimento della funzione agli enti locali si è manifestato con modalità diverse, con trasferimento attraverso delega o conferimento più o meno ampio di competenza in relazione appunto alla realtà locale di ogni singola Regione. 22 Articolo 49 del Codice della Navigazione - Devoluzione delle opere non amovibili. 1. Salvo che sia diversamente stabilito nell'atto di concessione, quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell'autorità concedente di ordinarne la demolizione con la restituzione del bene demaniale nel pristino stato. 2. In quest'ultimo caso, l'Amministrazione, ove il concessionario non esegua l'ordine di demolizione, può provvedervi d'ufficio a termini dell'articolo 54

32


Unico elemento unitario è stato comunque l’affidamento della funzione ai Comuni. Le prime conclusioni in relazione alle determinazione della Corte Costituzionale nella materia, arbitro delle controversie, possono essere così riassunte. In primo luogo lo Stato non può surrettiziamente recuperare aree o zone di competenza senza un confronto con gli enti regionali secondo i principi di leale collaborazione, vedasi l’annullamento delle note ministeriali in merito ai porti turistici inseriti a suo tempo nel DPCM. Analogamente, le Regioni non hanno alcun potere di stabilire le modalità di calcolo dei canoni demaniali ma solo una potestà di loro qualificazione in base alla valenza turistica ai sensi della normativa costituzionale e legislativa vigente, sia pre che post riforma del Titolo V°.

8. Le discipline normative avanzate

In questo scenario di una azione legislativa regionale molto “individualista” non si è notata l’introduzione di disposizioni la cui applicazione hanno dato l’avvio all’attuale fase di incertezza del quadro normativo nazionale ed alla fibrillazione del settore ora stabilizzata (momentaneamente) con la L. 28.02.2010 n. 25 La Regione Friuli Venezia Giulia con la Legge regionale 13 novembre 2006 n. 22 (Norme in materia di demanio marittimo con finalità turistico-ricreativa e modifica alla legge regionale 16/2002 in materia di difesa del suolo e di demanio idrico) – ha introdotto un principio di cui nessuno nel momento ha intuito la portata dirompente 23 In pratica una disciplina che scardina lo schema normativo articolato sulle previsioni della Legge 23.03.2001 n.88 cioè del diritto al “rinnovo automatico” introdotto nel quadro della disciplina gestionale delle concessioni turistico ricreative punto della definitiva stabilizzazione da parte degli operatori del settore. Questa legge regionale ha di fatto reso evidente il principio generale dell’affidamento tramite gara di una concessione demaniale marittima anche per il settore turistico ricreativo anticipando le successive azioni giurisdizionali che hanno prima demolito il diritto di insistenza e portato poi alla abrogazione implicita del rinnovo automatico con il D.L. Milleproroghe

9. I Comuni

In tutto questo percorso, iniziato ancora prima del 2001 con il contenzioso avviato sui contenuti del DPCM del 21.12.1995, i Comuni sono rimasti praticamente spettatori, vista la competenza del contenzioso a livello sovraordinato Stato – Regione, ma non passivi, in quanto hanno stimolato o comunque promosso, in conseguenza della gestione effettiva, le condizioni per avviare alcune di queste controversie. Sono stati altresì la “prima linea” del conflitto con l’utenza e con i concessionari in un 23 Articolo 9 - < 1. ferme restando le disposizioni di cui all’articolo 6, comma 2 bis della legge regionale 16 gennaio 2002 n.2 (Disciplina organica del turismo), come inserito dall‘articolo 106, comma 6, della legge regionale n.29/2005, l'autorità concedente procede, di regola, all'affidamento in concessione mediante selezione, nel rispetto dei principi di trasparenza, pubblicità e concorrenza.. >

33


quadro normativo in cui hanno lavorato secondo schemi non omogenei, utilizzando come parametro di riferimento la pianificazione urbanistica locale e gli indirizzi regionali di questa materia ma in una condizione di “debolezza” nei confronti dell’Autorità Marittima e dell’Agenzia del Demanio L’attribuzione delle competenze è stato sicuramente una scelta corretta e logica nell’obiettivo di avvicinare il momento decisionale delle scelte territoriali (urbanistica) con quello della disponibilità delle aree; Questa operazione è avvenuta però in un quadro normativo e di prassi che era configurato per la gestione dell’unico attore fino al momento presente: l’Autorità marittima soggetto che in modo unitario aveva il compito di svolgere l’attività di amministrazione attiva e del controllo. Il quadro normativo limitato a poche norme del Codice della Navigazione, ad una Legge speciale, strutturato prioritariamente per il turistico ricreativo e da moltissime circolari ministeriali, con procedure molto spesso confliggenti con quelle degli Enti locali chiamati alla gestione amministrativa della materia con applicazione di istituti desueti o addirittura non più previsti.24 Le difficoltà del sistema sono rese evidenti anche dalle innumerevoli determinazioni della Corte Costituzionale in un breve lasso di tempo sui più disparati argomenti che interessavano la materia in una lotta costante tra Regioni e Stato. In questo quadro di difficoltà gestionale si sono inserite le fibrillazioni derivanti: a) dall’azione della giurisprudenza amministrativa e dell’Unione Europea che hanno portato alla demolizione di istituti, di tutele e garanzie costruite nel corso degli anni per il sistema del turistico balneare; b) Dai comportamenti spesso contraddittori delle amministrazioni statali nello svolgimento dei loro residui compiti istituzionali che interferiscono con le competenze affidate agli enti locali c) Dai Comuni stessi, che si sono trovati spesso ad operare tra le esigenze e le pressioni delle categorie del settore ed i vincoli imposti dal quadro normativo nazionale e/o regionale, per l’esercizio di gravi incombenze procedimentali prima svolte dagli organi dello Stato, con schemi legislativi inadeguati ma prassi da loro gestite senza altre interferenze esterne. Si deve quindi trovare una soluzione strategica alle criticità del settore, con una legislazione al “passo con i tempi” che nel contemplare le esigenze della categoria provveda alla definizione del quadro normativo per superare istituti arcaici ormai in conflitto con la qualificazione imprenditoriale del settore, il tutto in stretta collaborazione con gli Enti locali che in questi anni hanno gestito le funzioni attribuite con diversa logica dal passato. 24 Si pensi alla problematica della differenza tra Capo Compartimento e Direttore Marittimo nel rilascio dei titoli di concessione: oggi l’unificazione della figura è avvenuta nel Dirigente comunale competente ma non è stato semplice definire la trasposizione dei soggetti dal Codice della Navigazione al Testo Unico degli Enti Locali.

34


10. I motivi della crisi: l’Unione Europea

Tutto si apre in un modo banale ma dirompente quale dimostrazione pratica di una situazione giunta ad un punto di non ritorno di cui nessuno voleva rendersi conto. In applicazione delle disposizioni della legge regionale, fu indetta una procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento di una concessione demaniale marittima alla quale hanno partecipato il concessionario uscente ed un aspirante: il risultato è stato il riaffidamento del titolo al precedente beneficario, con applicazione del diritto di insistenza. L’aspirante concessionario ha segnalato lo svolgimento della procedura alla Commissione dell’Unione Europea manifestando la condizione di violazione della concorrenza. Con apposita comunicazione (Nota C(2009) 0328 del 29 gennaio 2009 indirizzata al Ministro degli Esteri) la Commissione europea notificò la costituzione in mora ex art. 226 nei confronti della Repubblica Italiana in relazione alla normativa italiana in materia di concessioni del demanio pubblico marittimo. La nota, firmata dal Commissario Charlie McCreevy evidenziava che la procedura, avviata in seguito alla presentazione di una “denuncia”, oltre a rilevare la presenza dell’articolo 37 del Codice della navigazione citava espressamente le norme della Legge della Regione Friuli Venezia Giulia ed in particolare il punto g) dell’articolo 9 della normativa regionale laddove mantiene la preferenza in favore dei concessionario uscente anche in caso di procedura comparativa. 25 Come sopra accennato nessuno immaginava l’effetto dirompente dell’applicazione delle norme regionali: una gara avviata nella piena vigenza dell’istituto del “rinnovo automatico” ha creato le condizioni per l’attivazione di una procedura di infrazione perché un potenziale competitore si è sentito impedito alla partecipazione per la presenza del diritto di insistenza. Di fronte a questa azione dell’Unione Europea lo Stato ha risposto, con la sostanziale accettazione delle critiche evidenziate dalla Commissione europea, confermando l’esistenza nel < diritto di insistenza di profili di chiaro contrasto con i superiori dettami europei > e < per quanto precede, la norma sarà riformulata in modo rispondente ai principi comunitari in sede di prossima revisione della parte marittima del codice della navigazione > 26 Come applicazione pratica della posizione ministeriale, viene inserita una apposita disposizione nel D.L. 30 dicembre 2009 n. 194 poi convertito con modificazioni, nella L. 26 febbraio 2010 n. 25 In tale normativa, dopo un ampia premessa, viene sancito che: < il termine di durata delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto e in scadenza entro il 31 dicembre 2015 e’ prorogato fino a tale data, fatte salve le disposizioni di cui 25 <…. Per tali motivi la commissione ritiene che (con) un diritto di preferenza a favore del concessionario uscente nell’ambito della procedura di attribuzione delle concessioni del demanio pubblico marittimo, in particolare l’adozione dell’articolo 37 del Codice della Navigazione …… la Repubblica Italiana sia venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi dell’articolo 43 del trattato CE > 26 Nota 26/03/2009 prot. 12881 dell’Ufficio Legislativo del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti al Dipartimento delle politiche comunitarie

35


all’articolo 03, comma 4-bis, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494. All’articolo 37, secondo comma, del codice della navigazione, il secondo periodo e’ soppresso > 27 I risultati pratici di questa normativa sono facilmente intuibili: 1) il termine di durata delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto e in scadenza entro il 31 dicembre 2015 è prorogato fino a tale data, 2) sono fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 03, comma 4-bis, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494. 28 3) All’articolo 37, secondo comma, del Codice della Navigazione, il secondo periodo è soppresso cioè viene abrogato espressamente il diritto di insistenza ! Il risultato, per la parte turistico ricreativa del demanio marittimo, è rivoluzionario. Questa normativa però non è stata ritenuta sufficientemente efficace dall’Unione Europea per il superamento della procedura di infrazione per la presenza dell’inciso in cui viene fatto salvo il comma 2 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494 cioè quello modificato con il sistema di rinnovo automatico. Il risultato è stato una nuova procedura, avviata il 5 maggio 2010, in cui la contestazione è stata promossa proprio nell’obiettivo di eliminare anche questo residuo di potenziale conflitto con le norme sulla concorrenza. A tale proposito è opportuno riportare il preambolo della proposta di legge con la quale la Regione Veneto ha introdotto i principi della legislazione comunitaria nella sua normativa in materia di demanio marittimo con gli indirizzi di affidamento tramite procedure aperte. 29 27 La premessa …… Ferma restando la disciplina relativa all'attribuzione di beni a regioni ed enti locali in base alla Legge n. 42/09, nonché alle rispettive norme di attuazione, nelle more del procedimento di revisione del quadro normativo in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi con finalità turistico -ricreative, da realizzarsi, quanto ai criteri e alle modalità di affidamento di tali concessioni, sulla base di intesa in sede di Conferenza Stato - Regioni ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 131/03, che è conclusa nel rispetto dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento, di garanzia dell'esercizio, dello sviluppo, della valorizzazione delle attività imprenditoriali e di tutela degli investimenti, nonché in funzione del superamento del diritto di insistenza di cui all'articolo 37, secondo comma, secondo periodo, del codice della navigazione. 28 Il comma 4-bis dell’art. 03 del D.L. 400/93, inserito dal comma 253 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296 dispone: < Ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 01, comma 2, le concessioni di cui al presente articolo possono avere durata superiore a sei anni e comunque non superiore a venti anni in ragione dell'entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare e sulla base dei piani di utilizzazione delle aree del demanio marittimo predisposti dalle regioni. > 29 Il rinnovo automatico delle concessioni non è più consentito dalla direttiva n. 123/2006 e qualora sia già stato rilasciato, la durata delle concessioni eventualmente rinnovate automaticamente deve cessare nel più breve tempo possibile, per passare, entro un termine di ragionevole applicazione, alla nuova disciplina del rinnovo delle concessioni tramite pubblicità della domanda. Infatti la mole di concessioni in scadenza e i tempi connessi allo svolgimento di una regolare attività economica dell'impresa che gestisce la concessione, obbliga all'introduzione di tale previsione normativa, e ciò al fine di permettere da una lato,

36


L’incipit è quello di rinviare ai contenuti della direttiva servizi (c.d. Bolkestein) il principio secondo il quale l’affidamento delle concessioni deve avvenire con procedure ad evidenza pubblica: si tratta di una limitata visione della questione in quanto la problematica trova il suo fondamento direttamente nei principi del Trattato dell’ Unione ( articolo 43) come giustamente evidenziato nella stessa comunicazioni di messa in mora della Commissione. Ad ogni modo, in funzione di tale principio, la normativa della Regione Veneto apre alle procedure ad evidenza pubblica già nell’anno 2010 prima ancora della esplicita abrogazione del meccanismo del rinnovo automatico, avvenuto con la Legge 12.12.2011 n.217 (comunitaria 2010) entrata in vigore il 17 gennaio 2012, eliminando dopo solo 10 anni, l’istituto più importante ottenuto dalla categoria balneare. 30

11. I motivi della crisi: l’Unione Europea il recepimento della Direttiva Bolkestein

Ma cosa dice di preciso questa famosa direttiva Bolkestein? In pratica si tratta di una disciplina emanata dall’Unione Europea con la finalità di ridurre, eliminare o comunque limitare il più possibile i vincoli all’esercizio delle quattro libertà commerciali riconosciute dai Trattati dell’Unione cioè libertà di stabilimento di impresa o attività commerciale, di circolazione di uomini, di servizi e di capitali, sul presupposto che una economia priva di limiti alla concorrenza sia più “efficiente” e crei le condizioni di una più equa ripartizione della ricchezza grazie alle maggiori occasioni di “economia”. Come accennato, la Direttiva, che ha preso il nome dal Commissario dell’Unione all’epoca incaricato del Dipartimento della Concorrenza, fu emanata nel 2006 con la previsioni di un recepimento, per gli stati membri, nell’arco temporale di cinque anni. L’Italia ha avviato le procedure per il recepimento arrivate a conclusione con il D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59 < Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno> Per quanto concerne la problematica delle aree demaniali, l’elemento rilevante si rinviene nell’articolo 12 laddove tratta delle modalità di selezione dei candidati in relazione al numero limitato di autorizzazioni disponibili. Il testo riporta le condizioni in cui si rende necessario effettuare procedure ad evidenza pubblica per l’attribuzione di “autorizzazioni” per lo svolgimento di attività evidenziando che ciò è necessario nel caso in cui il loro numero sia limitato per diverse ragioni. 31 ai comuni di disporre del tempo necessario per adottare le misure organizzative più idonee per l'applicazione della nuova normativa di pubblicità e comparazione delle domande sulle concessioni demaniali, dall'altro, ai concessionari di pianificare la propria attività economica, di valorizzare l'attività aziendale ed organizzare l'impresa sulla base delle nuove disposizioni previste dal presente disegno di legge. 30 Con tale normativa è stato abrogato il 2° comma del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494 31 Articolo 12 – 1° comma D.Lgs. 59/2010 < Qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una

37


Analogamente stabilisce che l’autorizzazione, rilasciata in seguito alle procedure ad evidenza pubblica perché ricadente nella condizione di limitata disponibilità, avrà < una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico né accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami >. In pratica elimina ogni possibilità di durata “perpetua” del titolo autorizzativo, imponendo sistemi selettivi continui al fine di non consentire il consolidamento di rendite di posizione ingiustificate dallo sviluppo tecnologico o dall’offerta economica più appropriata collegando la durata della concessione al tempo di remunerazione dell’investimento effettuato. Si tratta dell’applicazione di un principio generale già comunque presente nell’ordinamento nazionale, sia nelle leggi di contabilità generale dello Stato ma anche in particolare nello stesso Codice della Navigazione, il cui articolo 18 del Regolamento di esecuzione indica la procedura per il loro affidamento ed è tutt’ora vigente. 32 Il Decreto Legislativo di attuazione della c.d. Direttiva Bolkestein contiene anche indicazione delle categorie o attività per le quali non si applicano i principi da essa introdotti.33 L’articolo 2 indica le categorie ed attività escluse ma anche una clausola di salvaguardia da attivare su iniziativa “politica” mediante un provvedimento interministeriale per determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento > 32 Pubblicazione della Domanda < 1. Quando si tratti di concessioni di particolare importanza per l' entità o per lo scopo, il capo del compartimento ordina la pubblicazione della domanda mediante affissione nell' albo del comune ove è situato il bene richiesto e la inserzione della domanda per estratto nel Foglio degli annunzi legali della provincia. 2. Il provvedimento del capo del compartimento che ordina la pubblicazione della domanda deve contenere un sunto, indicare i giorni dell' inizio e della fine della pubblicazione ed invitare tutti coloro che possono avervi interesse a presentare entro il termine indicato nel provvedimento stesso le osservazioni che credano opportune.3. In caso di opposizione o di presentazione di reclami la decisione spetta al ministro dei trasporti e della navigazione. 4. In ogni caso non si può procedere alla stipulazione dell' atto se non dopo la scadenza del termine indicato nel provvedimento per la presentazione delle osservazioni e se, comunque, non siano trascorsi almeno venti giorni dalla data dell' affissione e dell' inserzione della domanda. 5. Nei casi in cui la domanda di concessione sia pubblicata, le domande concorrenti debbono essere presentate nel termine previsto per la proposizione delle opposizioni. 6. Il ministro dei trasporti e della navigazione può autorizzare l' esame delle domande presentate anche oltre detto termine per imprescindibili esigenze di interesse pubblico. 7. Quando siano trascorsi sei mesi dalla scadenza del termine massimo per la presentazione delle domande concorrenti senza che sia stata rilasciata la concessione al richiedente preferito per fatto da addebitarsi allo stesso, possono essere prese in considerazione le domande presentate dopo detto termine. 8. Le disposizioni del presente articolo si applicano in ogni altro caso di presentazione di domande concorrenti > 33 Le disposizioni del presente decreto non si applicano: a) alle attività connesse con l'esercizio di pubblici poteri, quando le stesse implichino una partecipazione diretta e specifica all'esercizio del potere pubblico e alle funzioni che hanno per oggetto la salvaguardia degli interessi generali dello Stato e delle altre collettività pubbliche; b) alla disciplina fiscale delle attività di servizi; c) ai servizi d'interesse economico generale assicurati alla collettività è in regime di esclusiva da soggetti pubblici o da soggetti privati, ancorché scelti con procedura ad evidenza pubblica, che operino in luogo e sotto il controllo di un soggetto pubblico.

38


escludere dalla sua applicazione altre materie o attività. 34 È l’aspettativa delle categorie balneari, un provvedimento finale e conclusivo della fase di assoluta criticità mai attraversata fino ad ora: ma sarebbe definitivo? Può un provvedimento amministrativo eliminare un rischio così strutturato e reggere di fronte ad un potenziale contenzioso? Sono elementi tutti da verificare ma la prova della giurisdizione amministrativa di questi ultimi anni si muovono verso direzione diametralmente opposte agli obiettivi perseguiti con l’eventuale provvedimento di deroga.

12. Una prima proposta: il c.d. Federalismo demaniale

Cosa ci dice il documento legislativo che prende le mosse dall’obiettivo di attuare l’articolo 119 della Costituzione introdotto con la riforma del Titolo V° della Costituzione? La Legge 5 maggio 2009, n. 42 si pone appunto l’obiettivo di attuare le previsioni costituzionali per attribuire un proprio patrimonio ai diversi livelli degli enti previsti dall’articolo 114 della Costituzione. Si tratta della potenziale soluzione ai conflitti illustrati in precedenza? E’ una domanda alla quale non vi è immediata risposta e possiamo solo provare a valutare la situazione in relazione all’esperienza di questi anni e le soluzioni variamente rinvenute. Abbiamo visto che i problemi, dal 1977 all’attualità si sono snodati lungo tre fattispecie principali: a) Quelli inerenti l’individuazione concreta dell’area di competenza con il DCPM del 1995; b) Riguardo alla dominicalità dello Stato quindi del regime giuridico dei beni realizzati sul demanio marittimo; c) Riguardo alla disciplina normativa per i canoni da applicare. L’articolo 19 della Legge n.42 indica la procedura con la quale si cerca di raggiungere l’obiettivo, attraverso dei Decreti Legislativi da emanare con criteri direttivi ben precisi.35 34 Il Ministro per le politiche europee ed i Ministri interessati dalle disposizioni del presente decreto possono adottare uno o più decreti interministeriali ricognitivi delle attività di servizi che, in applicazione delle disposizioni del presente decreto, sono comunque escluse dall'ambito di applicazione dello stesso. 35 Legge 5 maggio 2009, n. 42 – Articolo 19 (Patrimonio di comuni, province, Città metropolitane e regioni) 1. I decreti legislativi di cui all'articolo 2, con riguardo all'attuazione dell'articolo 119, sesto comma, della Costituzione, stabiliscono i principi generali per l'attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: a) attribuzione a titolo non oneroso ad ogni livello di governo di distinte tipologie di beni, commisurate alle dimensioni territoriali, alle capacità finanziarie ed alle competenze e funzioni effettivamente svolte o esercitate dalle diverse regioni ed enti locali, fatta salva la determinazione da parte dello Stato di apposite liste che individuino nell'ambito delle citate tipologie i singoli beni da attribuire; b) attribuzione dei beni immobili sulla base del criterio di territorialità; c) ricorso alla concertazione in sede di Conferenza unificata, ai fini dell'attribuzione dei beni a comuni,

39


La Legge ha trovato la sua attuazione con il Decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85 < Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, in attuazione dell’articolo 19 della Legge 5 maggio 2009, n. 42 > (G.U. n. 134 dell’11 giugno 2010) . Lo specifico del Decreto attuativo, che interessa in particolare, si trova nell’articolo 3 dove si precisa, seguendo uno schema ormai consolidato, che attraverso uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri < sono trasferiti alle Regioni, unitamente alle relative pertinenze, i beni del demanio marittimo di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a) > L’articolo 5 dello stesso decreto elenca i beni oggetto di trasferimento prevedendo espressamente tra di essi < i beni appartenenti al demanio marittimo e relative pertinenze, come definiti dall’articolo 822 del codice civile e dall’articolo 28 del codice della navigazione, con esclusione di quelli direttamente utilizzati dalle amministrazioni statali > pur con delle eccezioni quali < i porti e gli aeroporti di rilevanza economica nazionale e internazionale, secondo la normativa di settore > 36 Questo schema, apparentemente semplice e senza particolari difficoltà, in realtà si è immediatamente inceppato per la sua intrinseca complessità nell’individuare beni effettivamente trasferibili, ripresentandosi le stesse argomentazioni e contestazioni di oltre trenta anni or sono in merito ai contenuti del DPCM 1995, aggravati dalla competenza amministrativa ormai consolidata. In secondo luogo, lo status ambiguo e poco aderente alla condizione di patrimonio proprio che assumerebbero i beni oggetto del trasferimento, si aggiunge quale elemento di forte disincentivo alla pratica attuazione delle disposizioni sul federalismo demaniale. L’articolo 4 del citato Decreto dispone che i beni trasferiti < con tutte le pertinenze, accessori, oneri e pesi, salvo quanto previsto dall’articolo 111 del codice di procedura civile, entrano a far parte del patrimonio disponibile dei Comuni, delle Province, delle Città metropolitane e delle Regioni, ad eccezione di quelli appartenenti al demanio marittimo, province, citta' metropolitane e regioni; d) individuazione delle tipologie di beni di rilevanza nazionale che non possono essere trasferiti, ivi compresi i beni appartenenti al patrimonio culturale nazionale. 36 Art. 5. Tipologie dei beni 1. I beni immobili statali e i beni mobili statali in essi eventualmente presenti che ne costituiscono arredo o che sono posti al loro servizio che, a titolo non oneroso, sono trasferiti ai sensi dell'articolo 3 a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni sono i seguenti: a) i beni appartenenti al demanio marittimo e relative pertinenze, come definiti dall'articolo 822 del codice civile e dall'articolo 28 del codice della navigazione, con esclusione di quelli direttamente utilizzati dalle amministrazioni statali; 2. Fatto salvo quanto previsto al comma 4, sono in ogni caso esclusi dal trasferimento:….. i porti e gli aeroporti di rilevanza economica nazionale e internazionale, secondo la normativa di settore; 6. Nelle città sedi di porti di rilevanza nazionale possono essere trasferite dall'Agenzia del demanio al Comune aree già comprese nei porti e non più funzionali all'attività portuale e suscettibili di programmi pubblici di riqualificazione urbanistica, previa autorizzazione dell'Autorità portuale, se istituita, o della competente Autorità marittima.

40


idrico e aeroportuale, che restano assoggettati al regime stabilito dal codice civile, nonché alla disciplina di tutela e salvaguardia dettata dal medesimo codice, dal codice della navigazione, dalle leggi regionali e statali e dalle norme comunitarie di settore, con particolare riguardo a quelle di tutela della concorrenza > precisando poi < Per i beni trasferiti che restano assoggettati al regime dei beni demaniali ai sensi del presente articolo, l’eventuale passaggio al patrimonio è dichiarato dall’amministrazione dello Stato ai sensi dell’articolo 829, primo comma, del codice civile. Sui predetti beni non possono essere costituiti diritti di superficie > Con questa formulazione non si comprende il motivo per cui una Regione dovrebbe acquisire il demanio pubblico dello Stato visti i limiti gestionali imposti al suo utilizzo anche dopo il trasferimento nel proprio patrimonio. Il motivo di questa particolare configurazione non è stato esplicitato in modo chiaro ma è facilmente intuibile nell’evitare uno spezzettamento del Demanio marittimo tra le diverse realtà regionali con discipline diverse proprio appunto, sulla sua potenziale dismissione e modalità di costituzione di diritti reali o personali di godimento. In pratica lo Stato non si è fidato delle Regioni che hanno correttamente risposto rinviando al mittente l’elenco dei beni che era stato proposto nella prima Conferenza Unificata. Il rinvio alla legislazione di settore con il richiamo esplicito al diritto comunitario è poi altro campanello di allarme nella costruzione logica per il successivo utilizzo dei beni demaniali.

13. Primi spunti della criticità del trasferimento dei beni

Come accennato, il Federalismo demaniale, così congegnato, è di fatto bloccato: si trova ormai in ritardo di quasi due anni dalla data prevista entro cui adottare i DPCM attuativi < entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore > del decreto legislativo. Tra i motivi della mancata adozione vi è la mancata individuazione dei porti di interesse nazionale ancora effettuata secondo gli indirizzi della Corte Costituzionale e senza una normativa ormai improcrastinabile con adeguati criteri tecnici. Il già citato regime giuridico dei beni: in pratica si disegna un trasferimento condizionato sia sotto il profilo giuridico (riguardo alle leggi applicabili es. concorrenza) sia sotto l’aspetto patrimoniale propriamente detto (es. il diritto di superficie che non si consente di costituire. Si tratta di una formula molto più restrittiva di quella del trasferimento dei beni avvenuto con la prima e la seconda regionalizzazione, rispettivamente del 1972 e del 1977, in cui il patrimonio dello Stato fu conferito senza condizioni particolari tanto che nel corso degli anni sono stati avviati importanti programmi di dismissione da parte delle Regioni senza alcun limite. Possiamo azzardare che questi limiti disposti per il Demanio marittimo discendono dal fatto che lo stesso è anche “confine doganale dello Stato” e quindi merita una particolare attenzione? Però questo risulta contraddittorio con la sua previsione di trasferirlo ad altri soggetti. 41


Oppure siamo di fronte ad una cautela disposta per evitare “fughe in avanti” sotto la spinta di richieste delle categorie interessate al suo utilizzo economico? Probabilmente un mix di condizioni che creano una situazione di stallo, che comunque non consentirebbe visti i particolari limiti disposti al suo utilizzo e circolazione di poter avere ampi spazi di manovra per il legislatore regionale per eventuali azioni per limitare l’impatto delle procedure ad evidenza pubblica. Tralascio l’aspetto della facile difficile rimozione che si questo versate si inquadra a pieno titolo tra i problemi e gli elementi che in assenza di soluzione non portano certo verso la possibilità di utilizzare il federalismo demaniale quale elemento di ricucitura di tessuti sociali ed economici. L’impatto sulla consistenza patrimoniale di una scelta su questo fronte è di assoluto rilievo per i riflessi sull’incameramento dei beni tra le pertinenze che un Ente destinatario alla sua acquisizione non può certo non considerare le responsabilità erariali connesse a tali scelte.

Conclusioni

Il settore presentava delle criticità proprie fin dal momento in cui il sistema si è spostato da una attività di tipo quasi artigianale ad un ambito commerciale di impresa. L’introduzione di importanti investimenti per stabilimenti balneari e strutture pesanti sulle aree demaniali in un quadro normativo estremamente limitato e disegnato per finalità diametralmente opposte a quelle poi effettivamente sviluppate, sono la criticità alla quale oggi si cerca di porre rimedio per non applicare gli indirizzi comunitari ormai acquisiti. Siamo in un ambito normativo in cui si vogliono introdurre delle regole di concorrenza e di “mercato” laddove erano presenti norme definite per una gestione sostanzialmente “immobile” praticamente monopolistica. In queste circostanze è necessario dettare delle soluzioni che permettano di traghettare l’attualità alla prospettiva gestionale prevista dai nuovi indirizzi, creando quelle condizioni che non siano penalizzati in modo ingiustificato nei confronti degli attuali concessionari né che si creino delle “barriere”all’entrata nel nuovo mercato altrettanto artificiose o illegittime. Soluzioni? In questo caso i Comuni si trovano ad essere il terminale di scelte da assumere altrove ma possono ritenersi soddisfatti per come sono state gestite le procedure di trapasso dall’Autorità Marittima ai nuovi soggetti amministrativi, effettuando anche moltissime sistemazioni organizzative e procedimentali per dare garanzia ai concessionari delle loro attività.

42


Le recenti novita’ dell’ordinamento regionale di Fabrizio morelli, Regione Toscana L’eterno divenire del demanio marittimo In data 15 Maggio 2012 è stata approvata in Consiglio Regionale la legge di istituzione dell’Autorità Portuale Regionale che avrà competenze dirette per la gestione dei quattro porti (Viareggio, Marina di Campo, Porto Santo Stefano e Giglio) classificati dal Masterplan – La rete dei Porti toscani allegato al Piano di Indirizzo Territoriale della Regione Toscana - come porti di interesse regionale ed interregionale. In particolare : - Viareggio con funzioni commerciali per la cantieristica e funzioni dedicate alla pesca; - Marina di Campo con funzioni di porto dedicato alla pesca; - Porto Santo Stefano con funzioni di porto dedicato alla pesca, cantieristica e collegamento con le isole; - Giglio con funzioni di collegamento passeggeri con Porto Santo Stefano. Attraverso questa legge la Regione intende, con la costituzione di un Ente dedicato, realizzare una regia unica per una ottimizzazione delle risorse e per un aumento dell’efficienza e dell’efficacia nella gestione delle funzioni dei suddetti porti, in una visione di riallocazione delle competenze, sino ad oggi attribuite ai Comuni a seguito della Legge Regionale 88/98, in attuazione del D.Lgs. n.112/98, secondo principi di adeguatezza, sussidiarietà e differenziazione. Obiettivo è quindi la valorizzazione dei porti regionali rendendoli sempre più importanti in special modo per il settore della nautica da diporto di cui Viareggio rappresenta un’eccellenza a livello nazionale e mondiale. Le competenze dell’Autorità Portuale Regionale saranno principalmente quelle di elaborare il piano annuale delle attività, svolgere attività di pianificazione attraverso la redazione dei Piani regolatori portuali e loro varianti, progettare e realizzare, in coerenza con essi, le nuove opere portuali provvedere alla gestione e manutenzione delle aree portuali. A queste funzioni si aggiungono infine quelle relative alla gestione ed al rilascio delle concessioni per le attività e di autorizzazioni per lo svolgimento di lavori nelle aree portuali. L’Autorità Portuale Regionale sarà diretta da un Segretario di comprovata esperienza in materia nominato dal Presidente della Regione Toscana di intesa con i Comuni interessati che sarà supportato per gli aspetti prettamenti tecnici da una struttura regionale all’uopo dedicata. Ad esso spettano le funzioni di elaborare il piano regolatore portuale, il piano annuale delle attività e la relazione annuale sull’attività svolta e sulla gestione del porto e 43


predisporre il bilancio di esercizio e preventivo annuale e pluriennale. Al nuovo Ente viene pertanto riconosciuto il ruolo di gestore globale della vita istituzionale, amministrativa ed economica del porto; un ente pertanto fortemente specializzato che assicura l’ottimizzazione delle professionalità esistenti avvalendosi, come detto, degli uffici della Regione e degli enti locali. La partecipazione degli Enti locali allo sviluppo delle aree portuali si esplica attraverso la rappresentanza nel Comitato Portuale, uno per ogni porto, organo di indirizzo dell’Ente, al quale spettano le funzioni di adottare il piano regolatore portuale, approvare indirizzi e direttive per il rilascio delle concessioni demaniali e delle autorizzazioni, approvare la relazione annuale sull’attività svolta e sulla gestione del porto oltre ad esprimere parere sul piano annuale delle attività dell’Autorità e sul bilancio preventivo annuale e pluriennale e sul bilancio di esercizio. Oltre le funzioni richiamate in precedenza, il Segretario in qualità di rappresentante dell’Ente cura i rapporti con le amministrazioni statali, regionali e locali, istruisce gli atti di competenza di ciascun comitato portuale ed attua gli indirizzi e le direttive che da questi vengono deliberati. All’interno di ciascun comitato portuale è garantita la compresenza di diversi livelli di governo, pertanto accanto ad una componente stabile di livello regionale (Presidente ed Assessore ai Trasporti) è prevista la partecipazione degli enti locali di volta in volta interessati (Presidente della Provincia e Sindaco del Comune) a seconda dell’ambito territoriale coinvolto oltre la presenza del Presidente della Camera di Commercio. Tale costituzione renderà così possibile il coordinamento delle esigenze regionali con quelle locali nonché assicurare uno stretto collegamento con le esigenze economiche ed imprenditoriali del territorio, garantendo altresì impulso e speditezza delle procedure. Sugli atti di competenza del Comitato Portuale, per un maggior coinvolgimento delle imprese e dei lavoratori alle strategie di sviluppo del porto, esprime preliminarmente un parere obbligatorio consultivo un’apposita Commissione composta da rappresentanti delle associazioni sindacali ed imprenditoriali nonché delle organizzazioni della pesca ove costituite. L’aspetto della gestione delle concessioni demaniali assume un ruolo strategico e complesso anche alla luce degli aspetti normativi in continua evoluzione. Appare determinante un rapporto diretto con le utenze che gestiscono le aree demaniali in concessione. In considerazione del fatto che l’Autorità Portuale avrà la sua sede principale a Viareggio, per la gestione negli altri tre porti, la legge prevede che, previa la stipula di apposite convenzioni, l’Autorità possa avvalersi degli uffici dei Comuni di Isola del Giglio, Monte Argentario e Campo nell’Elba. In materia di programmazione delle risorse la Giunta regionale individua, per ciascun ambito portuale, le risorse finanziarie disponibili, con le quali l’Autorità Por44


tuale elaborerà il Piano annuale delle attività individuando l’ordine di priorità degli interventi su cui ciascun Comitato Portuale esprimerà il proprio parere per l’ambito di rispettiva competenza. L’attività di pianificazione risulta assai concertata. Ciascun Comitato Portuale infatti adotta il Piano Regolatore Portuale redatto dall’Autorità Portuale che si avvarrà del supporto della struttura regionale individuata allo scopo, previa intesa con il Comune interessato. Qualora l’intesa non venga raggiunta entro novanta giorni è possibile il ricorso ad uno specifico Accordo di Pianificazione. E’ importante evidenziare che l’Autorità Portuale oltre che della struttura regionale competente potrà avvalersi anche del supporto tecnico – scientifico dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale (ARPAT). Come ogni atto di governo del territorio dopo l’adozione si apre il confronto con la cittadinanza che può in un periodo di 60 giorni, dal deposito presso la sede dell’Autorità, presentare le proprie osservazioni in merito. Dopo la trasmissione alla Giunta Regionale degli atti, delle osservazioni pervenute e della relativa istruttoria da parte dell’Autorità Portuale, la Giunta invia al Consiglio Regionale il Piano Regolatore Portuale per la sua definitiva approvazione. In materia di Valutazione Ambientale Strategica, in coerenza con i disposti normativi della Legge Regionale di riferimento (n.10 del 12 febbraio 2010) le funzioni di soggetto proponente sono rappresentate dall’Autorità, mentre quelle di autorità competente e procedente sono rappresentate, rispettivamente, dal Nucleo Unificato Regionale di Valutazione e Verifica (NURV) e dal Consiglio Regionale. In definitiva la Legge disciplina un percorso organico per i quattro porti regionali sotto la regia dell’Autorità Portuale Regionale, per pianificare, programmare e realizzare le opere portuali in una visione di insieme per lo sviluppo economico della portualità della Regione Toscana.

45



La progettazione di opere portuali di interesse regionale in Toscana di Gianfranco Boninsegni, Regione Toscana Premessa

Un porto può essere definito come uno specchio d’acqua, più o meno ampio, sufficientemente protetto da una favorevole conformazione della costa o da opere artificiali o da una combinazione di entrambe. Dunque, un porto è prima di tutto una zona protetta, nella quale le imbarcazioni possono trovare un ormeggio sicuro rispetto a quelli che possono essere definiti i cosiddetti fattori meteomarini (moto ondoso, correnti, venti, effetti di marea). Questa riflessione offre lo spunto per mettere immediatamente in evidenza la funzione fondamentale e forse più scontata di un’infrastruttura portuale, cioè quella di rappresentare un’area “sicura” (entro certe condizioni) per le imbarcazioni. Ciascun porto, poi, sviluppa la propria funzione rifugio per raggiungere degli obiettivi: ad esempio, per definire un’area attrezzata con particolari strutture fisse per ricevere e ormeggiare le navi oppure al fine di predisporre un sistema di opere e mezzi mobili per trasferire merci e passeggeri dalle navi alla terraferma (e viceversa). Le funzioni e gli obiettivi prefissati per un’infrastruttura portuale costituiscono i principi a cui si ispira la progettazione di tutte le opere che ne fanno parte. Nel seguito verrà fornita una breve descrizione dei principali aspetti progettuali e normativi da seguire per la progettazione di un porto o di un’opera portuale di interesse regionale ed in allegato, insieme alla descrizione delle principali tipologie delle opere di difesa esterne e interne dei porti toscani, sono riportate, a titolo d’esempio, alcune formule che possono essere utilizzate nella pratica progettuale.

1. Il contesto normativo

La normativa di riferimento per le infrastrutture portuali è composta da leggi nazionali e regionali, che classificano i porti, definiscono gli strumenti di pianificazione e stabiliscono le modalità delle fasi di progettazione. Partendo dalla classificazione, la principale norma di riferimento è rappresentata dalla Legge 28 gennaio 1994 n° 84 “Riordino della legislazione in materia portuale”, il cui testo è da diversi anni in fase di revisione. In particolare, la L. 84/1994 classifica1 i porti marittimi nazionali in due categorie (I e II), distinguendo quelli finalizzati alla difesa militare e alla sicurezza dello stato (I) dagli altri (II) e individua all’interno dei porti di II categoria 3 classi (I, II e III) a seconda della rilevanza economica. La stessa legge2 stabilisce che i porti sede di Autorità Portuale appartengono ad una 1 L. 84/1994 art. 4 comma 1 2 L. 84/1994 art. 4 commi 1bis e 3

47


delle prime due classi della categoria II e individua come possibili funzioni dei porti di II categoria le seguenti: - commerciale; - industriale e petrolifera; - di servizio passeggeri; - peschereccia; - turistica e da diporto. Le strutture dedicate alla nautica da diporto sono, inoltre, classificate dal Decreto del Presidente della Repubblica del 2 dicembre 1997, n° 509 “Regolamento recante disciplina del procedimento di concessione di beni del demanio marittimo per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto, a norma dell’articolo 20, comma 8, della L. 15 marzo 1997, n. 59” che individua3: - il «porto turistico» come il complesso di strutture fisse e rimovibili, con opere sia a terra che a mare, destinate alla nautica da diporto, anche mediante servizi complementari; - l’«approdo turistico», come la sezione destinata alla nautica da diporto di un porto avente più funzioni (polifunzionale); - i «punti d’ormeggio», come le aree demaniali marittime e gli specchi acquei dotati di strutture di non difficile rimozione, destinati all’ormeggio, alaggio, varo e rimessaggio di piccole imbarcazioni e natanti da diporto. A livello regionale, il Master Plan dei Porti, allegato al Piano di Indirizzo Territoriale (PIT) della Regione Toscana approvato con Delibera del Consiglio Regionale n° 72 del 2007, definisce ed individua il sistema dei porti toscani secondo la seguente gerarchia: - i porti di interesse regionale, nazionale e internazionale di Livorno, Carrara e Piombino sede di Autorità Portuale; - i porti di interesse regionale e interregionale di Viareggio, Marina di Campo, Porto Santo Stefano (Valle), Porto Azzurro, Giglio; - i porti e approdi turistici, che ai sensi della Legge Regionale Toscana del 3 gennaio 2005 n° 1 “Norme per il governo del territorio”, sono di interesse regionale4. In base ai disposti della L.R. 1/2005 per le opere e le infrastrutture dei porti possono esistere tre fasi di definizione: l’Accordo di Pianificazione, il Piano Regolatore Portuale (PRP) e il progetto delle opere portuali. La L.R. 1/20055 ha sancito che per la definizione del Piano Regolatore Portuale dei porti di II categoria (ai sensi della L. 84/1994), che non hanno funzione turistica e da diporto, si deve procedere mediante Accordo di Pianificazione, così come è ne3 D.P.R. 509/1997 art. 2 4 L.R. 1/2005 art. 47 bis comma 1 5 L.R. 1/2005 art. 21 comma 4: Per la definizione del piano del porto, di cui all' articolo 5 della legge 28 gennaio 1994, n. 84 (Riordino della legislazione in materia portuale), si procede mediante accordi di pianificazione di cui al presente capo, a cui partecipano comunque i comuni e la provincia interessati

48


cessario ricorrervi6 qualora si voglia prevedere nuovi porti o ampliare o qualificare gli esistenti e tali previsioni non sono inserite nel PIT. Successivamente all’Accordo di Pianificazione o anche contestualmente ad esso, come previsto dalle recenti modifiche alla L.R. 1/20057, si entra nella fase del Piano Regolatore Portuale. Il PRP è definito dalla Legge 84/19948 per i porti di II categoria, ad esclusione di quelli aventi funzione turistica e da diporto, come lo strumento con cui vengono delimitati e disegnati “l’ambito e l’assetto complessivo del porto, ivi comprese le aree destinate alla produzione industriale, all’attività cantieristica e alle infrastrutture stradali e ferroviarie e con cui vengono individuate le caratteristiche e la destinazione funzionale delle aree interessate”. La L.R. 1/20059 definisce il PRP per i porti di interesse regionale, introducendolo di fatto anche per i porti aventi funzione esclusivamente turistica: in essa il PRP viene individuato “come atto di governo del territorio di competenza del Comune”, con cui viene definito “l’assetto complessivo del porto, individuando le aree destinate alla produzione industriale, all’attività cantieristica, di servizio passeggeri, alla pesca, e le aree dedicate alla nautica da diporto, ai relativi servizi commerciali e turistici e la relativa destinazione funzionale” e in cui devono essere localizzati “gli interventi da realizzare per lo svolgimento delle funzioni dello scalo marittimo, compresi i servizi connessi”. Con le modifiche apportate alla L.R. 1/2005 dalla Legge Regionale Toscana 9 novembre 2009 n°66, è stato introdotto il “parere obbligatorio e vincolante sull’idoneità tecnica delle previsioni contenute nel Piano Regolatore Portuale” per i porti di interesse regionale, che viene rilasciato dalla struttura regionale competente prima dell’approvazione del piano da parte del Comune. In presenza di Piano Regolatore Portuale approvato è possibile passare alla fase di progettazione vera e propria. Infatti, l’art. 47 quater della L.R. 1/2005 ha sancito che tutti i progetti delle opere dei porti di interesse regionale devono essere conformi al PRP e sono approvati dal Comune, dopo aver ottenuto la valutazione dell’idoneità tecnica da parte della struttura regionale competente. Le norme di riferimento per la redazione del progetto sono le “Norme Tecniche per le Costruzioni” (NTC), approvate con Decreto Ministeriale del 14/01/2008, che definiscono i principi per il progetto, l’esecuzione e il collaudo di tutte le costruzioni, mentre i requisiti dei progetti dei porti e approdi turistici sono stabiliti dal Decreto Ministeriale del 14/04/1998 “Approvazione dei requisiti per la redazione dei progetti da allegare ad istanze di concessione demaniale marittima per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto”. Oltre alle norme elencate nel presente paragrafo esistono poi dei riferimenti, privi di 6 L.R. 1/2005 art. 47 bis comma 3 7 Modifiche intervenute sul comma 2 dell’art. 47 quater della L.R. 1/2005 ad opera della Legge Regionale Toscana 27 dicembre 2011 n° 66 8 L. 84/1994 art. 5 comma 1 9 L.R. 1/2005 art. 47 ter

49


valore normativo, che possono essere seguiti nelle varie fasi e che verranno descritti nel seguito.

2. Definizioni e concetti importanti

Le funzioni e l’operatività di un porto si raggiungono attraverso la disposizione planimetrica ad hoc di opere di difesa esterne, che proteggono lo specchio acqueo dagli agenti marini e di opere interne, che consentono l’esercizio delle funzioni specifiche del porto (ormeggio, movimentazione merci, ecc). In base alla loro ubicazione sulla costa, i porti si possono distinguere in: - porti esterni: sulla costa ed aperti direttamente al mare; sono suddivisi a loro volta in porti naturali (rade o baie naturalmente protette) e porti artificiali, creati in corrispondenza di litorali esposti, che possono essere stati interamente conquistati al mare o ottenuti per escavazione in zone inizialmente occupate dalla terraferma; - porti interni: situati lungo il corso di fiumi, o lungo canali, o all’interno di laghi o lagune collegati al mare. In ambito portuale si definiscono: - imboccatura portuale: porta di accesso al bacino portuale, rappresenta l’interfaccia tra il mare e lo specchio acqueo protetto; - canale di accesso: canale esterno al porto, eventualmente escavato, con fondali congruenti con il pescaggio massimo delle imbarcazioni ospiti del porto; - avamporto: porzione iniziale del porto che fornisce il primo riparo dalle azioni meteomarine, così da consentire alle navi in ingresso di fare manovra per dirigersi verso le aree interne; - cerchio o bacino d’evoluzione: spazio interno al bacino portuale destinato alle manovre d’inversione di marcia o variazione di rotta delle imbarcazioni; - canali di manovra: canali interni al porto che consentono il movimento delle imbarcazioni e il loro accesso ai rispettivi posti barca; - darsena: specchio d’acqua limitato da opere fisse, attrezzato per l’ormeggio e la sosta di imbarcazioni; - dighe marittime: opere esterne che proteggono il bacino portuale dal moto ondoso, si dividono in • moli: opere di difesa radicate a riva; • dighe foranee o frangiflutti: opere di difesa costruite in mare aperto senza alcun collegamento a riva; - banchina: opera interna del porto destinata, insieme con i pontili, all’attracco delle imbarcazioni. La banchina normalmente delimita il perimetro interno del bacino portuale e sostiene il retrostante terrapieno per la formazione dei piazzali; - pontile: struttura interna al porto, fissa o galleggiante, destinata, insieme con le banchine, all’accosto o all’ormeggio delle imbarcazioni; - posto barca: porzione dello specchio acqueo, adiacente ad una banchina o ad un pontile, destinata all’ormeggio di una imbarcazione; 50


- settore di traversia: porzione di mare da cui possono potenzialmente provenire le perturbazioni, in termini di stati di vento e di moto ondoso; - briccola: struttura vincolata al fondale usata per segnale o per ormeggiarvi imbarcazioni. Costituita di solito da pali o gruppi di pali infissi nel fondale; - finger o cat-way: piccolo pontile di ormeggio posto trasversalmente al pontile, e quindi parallelamente all’imbarcazione ormeggiata, il cui scopo è quello di facilitarne l’ormeggio e l’accessibilità; - minifinger o asta d’ormeggio: finger di dimensioni ridotte, normalmente non percorribile a piedi, avente il solo scopo di assicurare l’ormeggio laterale dell’imbarcazione; - trappa o pendino: sistema di ormeggio delle imbarcazioni costituito da una catena posta sul fondale, davanti alla prua delle imbarcazioni e fissata a corpi morti, alla quale vengono assicurati i cavi (non galleggianti) per l’ormeggio di punta delle singole imbarcazioni. In base alle caratteristiche del bacino portuale, possono essere definiti cinque schemi tipo: 1. porti a bacino: costituiti da un molo di sopraflutto (principale) radicato alla riva e parallelo alla costa, destinato a proteggere il bacino portuale dalle onde provenienti dal settore di traversia principale e da un molo di sottoflutto (secondario), a volte anche assente, destinato prevalentemente ad impedire l’ingresso delle onde dalla traversia secondaria. E’ uno schema molto utilizzato; 2. porti con diga foranea principale e distaccata da terra: questo schema è adottato in località senza problemi di trasporto solido (quindi senza problemi di possibile insabbiamento) e con settore di traversia ristretto, è spesso utilizzato su coste alte e rocciose e con fondali ripidi oppure in aggiunta alla protezione già offerta da baie naturali (ad esempio, La Spezia); 3. porti con moli convergenti: composti da due moli radicati alla riva e convergenti verso l’imboccatura. Il vantaggio di questo schema è la facilità di entrata delle navi che subito dopo l’imboccatura hanno un ampio spazio per fare manovra, l’inconveniente maggiore è la minor protezione del bacino interno a causa dell’imboccatura aperta centralmente. Spesso, in questo schema, si crea un avamporto dal quale poi è possibile accedere al porto interno che risulta così completamente protetto; 4. porti canale: porti interni posti lungo fiumi o lagune, in cui l’accesso è garantito da due moli paralleli e pressochè ortogonali a riva che hanno il compito di mantenere aperta la foce. Il vantaggio di questo schema è la grande economia sulle opere esterne ma gli svantaggi sono rappresentati dalle difficoltà di accesso e dai costi di gestione, dovuti principalmente al progressivo interramento del bacino e dell’imboccatura a causa del trasporto solido; 5. porti isola: il bacino è realizzato su alti fondali, ad una certa distanza da costa ed è collegato a terra da pontili o addirittura anche solo per via marittima. E’ uno sche51


ma consigliato per siti caratterizzati da elevato trasporto solido litoraneo o laddove si vuole allontanare da terra l’infrastruttura portuale. Lo svantaggio principale è rappresentato dai maggiori costi di realizzazione delle opere di difesa esterne per effetto delle profondità elevate. Utilizzato per diversi porti commerciali, non è ancora diffuso per la portualità turistica.

3. Le fasi di definizione di un porto o un’opera portuale di interesse regionale

Come descritto in precedenza, per le opere e le infrastrutture dei porti di interesse regionale possono esistere tre fasi di valutazione: - l’Accordo di Pianificazione; - il Piano Regolatore Portuale; - il progetto delle opere portuali. Supponendo per esempio di dover realizzare un nuovo porto, in base alla normativa attuale le tre fasi si distinguono perché: - tramite l’Accordo di Pianificazione viene individuato il sito ove realizzare la nuova infrastruttura portuale; - tramite il Piano Regolatore Portuale deve essere individuata e definita la configurazione delle opere del porto, - tramite il progetto vengono definite compiutamente tutte le caratteristiche delle opere (geometria, tipologia, materiali, ecc). Affrontiamo nello specifico i contenuti di ciascuna fase.

4. Accordo di Pianificazione

I principali riferimenti per la fase di Accordo di Pianificazione possono essere dedotti dalla Disciplina di Piano, allegato del Master Plan dei Porti della Regione Toscana. In particolare, l’articolo 7 definisce le condizioni per le previsioni di nuovi porti o approdi turistici, le condizioni di ampliamento delle infrastrutture esistenti e le condizioni di riqualificazione dei porti e approdi esistenti che devono essere contenute negli strumenti di pianificazione territoriale. Con particolare riferimento agli aspetti inerenti le opere portuali, l’articolo citato stabilisce che è possibile prevedere la realizzazione di un nuovo porto a condizione che: - “non incida negativamente sull’equilibrio costiero e ove questo avvenga vi è l’obbligo di ripascimento e di ricostituzione periodica della linea originaria di costa”; - “venga progettato in coerenza ai criteri di cui all’allegato I e alle direttive e standard di cui all’allegato II della Disciplina di Piano”; pertanto, rimandando ovviamente gli aspetti progettuali alle fasi specifiche, nell’Accordo di Pianificazione la previsione di un nuovo porto deve essere supportata da una valutazione circa gli effetti sull’equilibrio costiero che ne metta in evidenza la sostenibilità in relazione alle dinamiche esistenti. 52


Analogamente, la previsione di ampliamento di un’infrastruttura portuale esistente è consentita a condizione che: - “concorra al riequilibrio del fenomeno erosivo della costa”; - “venga progettata in coerenza ai criteri di cui all’allegato I e alle direttive e standard di cui all’allegato II della Disciplina di Piano”; quindi anche una previsione di ampliamento deve essere supportata in fase di Accordo di Pianificazione da una valutazione sugli effetti sulla costa adiacente. Per quanto riguarda, invece, le previsioni di riqualificazione dei porti e approdi turistici, non sono richieste particolari valutazioni sulle opere portuali in fase di Accordo di Pianificazione ed è possibile demandare alle successive fasi il rispetto dei criteri e delle direttive e standard contenute nella Disciplina di Piano.

5. Piano Regolatore Portuale

L’unico riferimento attualmente a disposizione per la redazione di un PRP è rappresentato dalle Linee Guida per la Redazione dei Piani Regolatori Portuali (nel seguito indicate semplicemente Linee Guida), pubblicate a giugno 2004, in seguito alle verifiche e integrazioni della Commissione nominata con D.M. n° 11680 del 10/07/03 e n° 735 del 19/01/04, eseguite sulla prima versione delle Linee Guida proposta dal Gruppo di Lavoro del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Tale documento (non cogente) si riferisce però ai Piani Regolatore Portuali di cui al comma 1 dell’art. 5 della L. 84/1994, pertanto non è stato pensato per i porti turistici e da diporto. Ciò non toglie che, eliminando o semplicemente sfumando i contenuti che si riferiscono palesemente a funzioni non turistiche, questo documento non possa essere utilizzato anche per le infrastrutture dedicate alla nautica da diporto. A giudizio dello scrivente, infatti, lo schema di Piano Regolatore Portuale proposto dalle Linee Guida ed alcuni contenuti degli elaborati tipo possono essere tranquillamente utilizzati anche per un porto turistico. Qualora invece si decida di seguire altre strade nella definizione del PRP, si deve tener presente che comunque devono essere rispettati i disposti normativi citati in precedenza (L. 84/1994 e L.R. 1/2005), per cui il PRP deve definire l’assetto complessivo del porto, le destinazioni delle aree individuate e gli interventi da effettuare e tali previsioni devono essere supportate da studi attestanti l’idoneità tecnica delle stesse, studi che sostanzialmente sono gli stessi indicati nelle Linee Guida, almeno per quel che riguarda gli effetti delle opere foranee, sia in termini di protezione dello specchio acqueo (agitazione) che in termini di impatto sulle coste adiacenti. Nel seguito viene riportata una breve descrizione degli elaborati tipo componenti il PRP fornita dalle Linee Guida, concentrandosi sugli aspetti inerenti le opere portuali e rimandando direttamente al documento per ogni altro aspetto non espressamente riportato. Gli elaborati tipo del PRP sono: 1. relazione generale; 53


2. elaborati grafici di piano; 3. elaborati integrativi di piano; 4. norme d’attuazione; 5. allegati: 5.1 elaborati di documentazione; 5.2 studi di settore. La relazione generale del PRP ha i seguenti obiettivi primari: • fornire una adeguata testimonianza del percorso metodologico adottato nelle fasi di formazione della proposta di PRP, anche con riferimento ai distinti sotto ambiti; • descrivere i contenuti della proposta di PRP; • fornire una ragionata sintesi degli studi di settore a supporto del percorso di pianificazione; • indicare le fasi attuative del piano nel tempo e la stima dei costi dei correlati interventi. Gli elaborati grafici di piano hanno valore normativo e solitamente comprendono: a) la delimitazione dell’ambito di PRP con l’individuazione dei sotto-ambiti; b) l’indicazione delle aree demaniali marittime, della cinta doganale e dei confini amministrativi tra Comuni limitrofi; c) l’individuazione delle aree funzionali, interne ai sotto-ambiti, essendo ciascuna area caratterizzata dalla propria destinazione d’uso e dalla famiglia di destinazioni d’uso compatibili ad essa eventualmente correlate; d) il sistema dei vincoli sovraordinati e di nuova definizione; e) i generali caratteri plano-altimetrici: canali di accesso, avamporto, specchi acquei interni, opere portuali (esterne e interne), piazzali e opere a terra; f) l’individuazione degli specchi acquei soggetti a dragaggi e delle aree eventualmente destinate a colmata, con indicazione di massima dei volumi in gioco; g) l’indicazione degli spazi, delle aree di servizio e delle attrezzature di uso collettivo; h) gli innesti e gli affacci urbani e le direttrici della viabilità stradale e ferroviaria interna ai sotto-ambiti (esistente e pianificata); i) le interconnessioni infrastrutturali stradali e ferroviarie (esistenti e pianificate) all’interno dell’ambito con le reti di trasporto terrestre, esterne all’ambito (esistenti e pianificate o programmate), opportunamente gerarchizzate; j) l’individuazione delle aree oggetto di operazioni attuative unitarie, di regimi concessori o d’uso particolari; k) l’articolazione temporale e l’evidenziazione delle varie fasi attuative. Gli elaborati integrativi di piano sono elaborati di inquadramento territoriale a carattere propositivo, senza valore normativo e di specificazione delle proposte. Le norme d’attuazione costituiscono il nucleo fondante del Piano Regolatore Portuale. Esse stabiliscono, nelle parti generali, contenuti, elaborati ed efficacia del piano e nelle parti specifiche, i regimi di uso e trasformazione delle aree nonché delle 54


opere infrastrutturali ad esse connesse, le dotazioni di servizi collettivi ed i requisiti ambientali, le priorità, le procedure, gli indirizzi progettuali e gli strumenti d’attuazione dei programmi d’intervento. Nelle parti specifiche, si articolano in prescrittive (a carattere impegnativo e se modificate oltre i limiti implicano variante al piano) e d’indirizzo (riguardano le procedure e i protocolli operativi per i sottoambiti e i piani collegati, ad esempio il monitoraggio degli effetti). Infine, gli allegati, come detto, si suddividono in elaborati di documentazione e studi di settore. Gli elaborati di documentazione sono documenti, privi di valore normativo, riguardanti il quadro conoscitivo di riferimento e descrivono lo stato di fatto (fisico, storico, ambientale, morfologico, urbanistico, funzionale e relazionale) relativo all’area portuale ed i suoi rapporti con l’area urbana e regionale, comprendendo gli atti di programmazione e pianificazione territoriale e locale ed i vincoli sovraordinati vigenti, tra cui la planimetria del contesto territoriale di area vasta, l’eventuale PRP vigente e la planimetria dello stato di fatto dell’area portuale, il sistema dei vincoli e il sistema infrastrutturale. Gli studi di settore, privi di valore normativo, sono quelli i cui risultati sono sintetizzati nella relazione generale, ovvero: 1. statistica e studio previsionale dei traffici merci e passeggeri; 2. analisi della compatibilità dei traffici marittimi in relazione alla configurazione di piano; 3. studio meteomarino; 4. analisi delle ripercussioni indotte dalle nuove opere esterne sulle spiagge adiacenti; 5. analisi del potenziale insabbiamento dell’imboccatura portuale; 6. studio con simulatore di manovra delle operazioni di ingresso/uscita ed accosto delle navi; 7. studio dell’agitazione ondosa all’interno del porto; 8. studio idrologico e idraulico dei corsi d’acqua che interferiscono con il porto; 9. inquadramento idrogeologico, geologico e geotecnico; 10. studio dell’inserimento urbanistico ed architettonico; 11. studio dei collegamenti stradali e ferroviari; 12. studio delle modalità di trasporto interne all’ambito.

6. Progetto di un porto o di un’opera portuale

Per un’opera pubblica il progetto deve seguire l’impostazione fornita nel Decreto Legislativo del 12 aprile 2006 n° 163 “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE” e nel Decreto del Presidente della Repubblica del 5 ottobre 2010 n° 207 “Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo del 12 aprile 2006 n° 163 recante …”. Per un’opera privata tale obbligo ovviamente non sussiste ma per un’opera complessa, quale ad esempio un porto, può essere riproposta la stessa impostazione, in modo da affrontare efficacemente i vari aspetti e livelli della progettazione. Nel caso particolare di infrastrutture dedicate alla nautica da diporto, ai sensi del 55


D.P.R. 509/1997, il D.M. 14/04/1998, mantenendo comunque l’impostazione progettuale di un’opera pubblica, specifica i requisiti del progetto preliminare e definitivo. In particolare, il progetto preliminare è composto dai seguenti elaborati: a) relazione generale; b) relazione tecnica; c) studio di inserimento ambientale e paesaggistico; d) planimetria generale e schemi grafici, anche con riferimento ad elementi di pianificazione (eventuali piani paesaggistici, territoriali ed ambientali sia a carattere generale che settoriale); e) calcolo sommario della spesa; f) piano economico-finanziario preliminare. Il progetto preliminare stabilisce i profili e le caratteristiche più significative degli elaborati dei successivi livelli di progettazione, in funzione delle dimensioni economiche e della tipologia delle opere. Il D.M. 14/04/1998 propone anche una serie di schemi tipo per gli elaborati del progetto preliminare, entrando nel dettaglio di ciascun elaborato. Ponendo l’attenzione sugli aspetti inerenti la progettazione delle opere portuali e rimandando comunque direttamente al D.M. 14/04/1998 per quanto non espressamente riportato, di seguito si evidenziano i principali contenuti di alcuni elaborati del progetto preliminare: - la relazione generale descrive i lavori da realizzare, illustra le ragioni della soluzione prescelta, espone la fattibilità dell’intervento, formula gli indirizzi per la redazione del progetto definitivo, stabilisce il cronogramma, fornisce le indicazioni necessarie per garantire l’utilizzo e la manutenzione delle opere e della costa, esplicita i parametri-indice del porto; - la relazione tecnica riporta lo sviluppo degli studi di prima approssimazione, dei quali le conclusioni sono sintetizzate nella relazione generale e particolare attenzione dev’essere dedicata alla redazione dello studio idraulico marittimo preliminare, che potrà essere articolato secondo la seguente struttura base:  inquadramento geografico del paraggio;  individuazione del settore di traversia principale e di quello secondario, se esistente;  fetches geografici ed efficaci;  fonti di dati meteomarini a disposizione;  regime anemologico locale;  clima del moto ondoso al largo;  statistica degli eventi estremi al largo;  considerazioni sulla rifrazione del moto ondoso, con l’ausilio di apposita modellistica matematica;  considerazioni sulle variazioni del livello medio mare;  individuazione delle altezze d’onda di progetto in corrispondenza delle opere foranee e dell’imboccatura portuale; 56


 dimensionamento di massima delle opere foranee;  considerazioni sul regime della dinamica litoranea locale (trasversale e longitudinale) in assenza e in presenza della progettata opera, con l’ausilio di apposita modellistica matematica per la predizione dell’evoluzione temporale della costa interessata dall’opera, a meno di particolari accertate condizioni morfologiche, sedimentologiche, meteomarine e strutturali per le quali la proposta opera non esercita rilevanti effetti sull’equilibrio dinamico dei settori costieri adiacenti. Considerazioni sugli eventuali fenomeni di insabbiamento della imboccatura portuale. Individuazione degli eventuali provvedimenti mitigatori;  considerazioni sulla agitazione interna portuale;  considerazioni sulla agibilità dell’imboccatura portuale e degli specchi acquei interni ai fini della navigazione;  considerazioni sulla qualità delle acque interne portuali, con individuazione degli eventuali provvedimenti mitigatori; - lo studio di inserimento ambientale e paesaggistico comprende la verifica di compatibilità con i piani paesaggistici, territoriali ed urbanistici, lo studio sui prevedibili effetti di realizzazione e di esercizio dell’opera, la relazione esplicativa della scelta del sito e delle possibili alternative, le misure di compensazione ambientale e le norme di tutela ambientale; - il piano economico-finanziario preliminare deve evidenziare il piano di finanziamento, costruzione e gestione del porto. Il progetto definitivo, invece, è finalizzato al rilascio della concessione ed è composto dai seguenti elaborati: a) relazione generale; b) relazioni geologica, geotecnica, sedimentologica, idrologica, idraulica, sismica; c) relazione idraulica-marittima e studi su modello; d) elaborati grafici; e) studio di impatto ambientale; f) calcoli delle strutture e degli impianti; g) disciplinare descrittivo degli elementi prestazionali, tecnici ed economici; h) stima dei lavori; i) quadro economico; j) piano economico finanziario definitivo; k) piano di monitoraggio e manutenzione. Analogamente, anche per il progetto definitivo nel D.M. 14/04/1998 sono proposti una serie di schemi tipo. Nel seguito vengono affrontati gli elaborati i cui aspetti risultano importanti per la progettazione delle opere portuali, rimandando anche in questo caso per ogni ulteriore approfondimento direttamente al decreto citato: 1. la relazione generale fornisce i chiarimenti atti a dimostrare la rispondenza del progetto alle finalità dell’intervento, il rispetto del prescritto livello qualitativo, dei conseguenti costi e dei benefici attesi; 57


2. la

relazione idraulico-marittima è il risultato di un opportuno approfondimento degli aspetti e delle problematiche tecniche già affrontate in sede di progettazione preliminare, essa deve garantire la piena fattibilità tecnica del proposto intervento e la salvaguardia del bene demaniale marittimo interessato dalle opere e può essere strutturata in un testo base e in studi di settore allegati, secondo la seguente impostazione:  inquadramento geografico del paraggio;  individuazione del settore di traversia principale e di quello secondario, se esistente;  fetches geografici ed efficaci;  fonti di dati meteomarini a disposizione;  regime anemologico locale;  clima del moto ondoso al largo, con individuazione del vettore risultante associato al flusso di energia del moto ondoso;  statistica degli eventi estremi al largo, per settori di provenienza del moto ondoso;  rifrazione del moto ondoso, con l’ausilio di apposita aggiornata modellistica matematica;  studio delle variazioni del livello medio mare e determinazione del livello mare di progetto per il dimensionamento delle opere foranee;  individuazione delle altezze d’onda di progetto in corrispondenza delle opere foranee e della imboccatura portuale (correlate a un determinato tempo di ritorno T);  studio del regime della dinamica litoranea locale (trasversale e longitudinale) in assenza e in presenza della progettata opera, con l’ausilio di apposita modellistica matematica per la predizione dell’evoluzione temporale della costa interessata dall’opera. Ricerca storica sull’evoluzione del litorale e sugli apporti solidi fluviali. Studio sugli eventuali fenomeni di insabbiamento della imboccatura portuale, con modellistica fisica e/o matematica. Individuazione degli eventuali provvedimenti mitigatori e loro dimensionamento;  studio della agitazione interna portuale (propagazione delle onde corte e delle onde lunghe), con l’ausilio di appositi modelli matematici. Verifica della sicurezza degli ormeggi;  studio sulla agibilità dell’imboccatura portuale e degli specchi acquei interni ai fini della navigazione con l’eventuale uso di modelli matematici. Il ricorso a questo studio è strettamente necessario qualora il porto o approdo turistico ospiti imbarcazioni di rilevanti dimensioni in relazione alle locali condizioni meteomarine e alla geometria dell’imboccatura e degli specchi acquei interni;  studio su modello matematico sulla qualità delle acque interne portuali, con individuazione degli eventuali provvedimenti mitigatori e loro dimensionamento. 3. i calcoli delle strutture (verifiche idrauliche, geotecniche e statiche delle opere marittime esterne ed interne; verifiche geotecniche e statiche dei principali edifici; dimensionamento degli arredi portuali, tra i quali bitte, parabordi, pavimentazioni e torri-faro) devono consentirne il dimensionamento ad un livello di definizione tale 58


che nella successiva progettazione esecutiva non si abbiano apprezzabili differenze sia dal punto di vista tecnico che economico; 4. il piano di monitoraggio e manutenzione deve garantire nel tempo una inalterata funzionalità e sicurezza dell’infrastruttura nel suo complesso e nei suoi elementi costitutivi, nel rispetto dell’ambiente. Per quanto riguarda le azioni e le verifiche da eseguire per il progetto delle opere portuali è necessario riferirsi alle NTC, approvate nel 2008, che però non entrano nel merito degli aspetti idraulici marittimi. A tal proposito, un riferimento importante per le opere portuali regionali è rappresentato dalle Direttive e standard di cui all’allegato II della Disciplina di Piano del Master Plan dei Porti della Regione Toscana, che forniscono, in particolare, indicazioni e parametri per la progettazione delle opere esterne, interne e per il dimensionamento dello specchio acqueo. Ulteriori riferimenti possibili in questo settore sono:  le Raccomandazioni tecniche per la progettazione di porti turistici, redatte dalla Sezione Italiana dell’AIPCN - PIANC nel 2002;  le Istruzioni tecniche per la progettazione delle dighe marittime, redatte dal Ministero dei Lavori Pubblici e dal CNR nel 1996;  i vari report pubblicati dall’AIPCN – PIANC;  il Coastal Engineering Manual (2002) dell’U.S. Army Corps of Engineers, che contiene tutte le nozioni e le procedure per pianificare, progettare, realizzare e mantenere delle strutture costiere, risultando il principale riferimento per l’Ingegneria Costiera;  l’Overtopping Manual (2007), che riunisce in un unico documento i risultati delle più recenti ricerche europee in merito ai fenomeni di tracimazione delle dighe marittime;  il Rock Manual (2006), prodotto dal CIRIA, CUR e CETMEF, che tratta della progettazione di opere idrauliche tramite elementi lapidei.

7. Elementi di progettazione portuale

Supponendo per semplicità di voler realizzare un nuovo porto turistico, le fasi da seguire durante la progettazione possono essere riassunte nell’elenco seguente (si veda Tomasicchio 2002): 1. scelta del sito; 2. dimensionamento dello specchio acqueo e delle aree a terra; 3. progetto della configurazione portuale; 4. progettazione delle opere di difesa esterne e di quelle interne; 5. progettazione architettonica, impiantistica e di arredo urbano; Tralasciando la quinta ed ultima fase che esula dagli aspetti marittimi e rimandandola a trattazioni più specifiche, nel seguito saranno descritte e analizzate le prime quattro fasi.

59


8. Scelta del sito

La scelta del sito di realizzazione di un nuovo porto (ad esempio, come detto, avente funzione turistica) deve risultare da uno studio di fattibilità di tutte le ipotesi di localizzazione possibili, che deve comprendere i seguenti aspetti: - inquadramento territoriale e socio-economico del progetto; - analisi della domanda attuale e prevista; - analisi dell’offerta attuale e prevista; - descrizione e verifica dell’investimento; - analisi delle alternative possibili; - analisi di fattibilità finanziaria, economica e sociale; - analisi dei possibili impatti ambientali. Alla base dello studio di fattibilità e delle successive valutazioni iniziali vi devono essere alcune indagini preliminari ed in particolare quelle inerenti gli aspetti idraulici marittimi e geomorfologici, fondamentali per un corretto inquadramento territoriale e per una stima delle possibili conseguenze ambientali. A tal proposito, è molto importante che la localizzazione del sito sia supportata dai risultati dello studio meteomarino (esposizione del paraggio, regime dei venti, regime del moto ondoso a largo, previsione degli eventi estremi, variazioni del livello marino, stima del regime delle onde e correnti sottocosta) e dello studio di evoluzione morfologica del litorale (caratteristiche del litorale, evoluzione storica, dinamiche attuali).

9. Dimensionamento dello specchio acqueo e delle aree a terra

Individuato il sito di realizzazione del nuovo porto, è necessario fissare le caratteristiche e gli obiettivi della struttura, determinando il numero di posti barca complessivo e il tipo di servizi da assicurare. Il calcolo del numero dei posti barca del nuovo porto e la scelta del tipo di servizi da realizzare devono tenere conto di tutti gli elementi affrontati nello studio di fattibilità (analisi finanziarie, caratteristiche della domanda e dell’offerta, ecc) e degli effetti socio-economici derivanti dalla realizzazione delle opere. Tali valutazioni hanno un’importanza fondamentale e devono essere condotte già a livello di pianificazione. Fissati gli obiettivi della progettazione, deve essere eseguito un dimensionamento di massima del porto, prevedendo le aree a terra e dello specchio acqueo. Le aree a terra possono essere calcolate sulla base dei parametri urbanistici derivanti dagli strumenti di pianificazione. Lo specchio acqueo, invece, deve essere dimensionato in base alla flotta di progetto ed in modo da rispettare i requisiti dimensionali stabiliti dal Master Plan dei Porti e dalla letteratura di riferimento, al fine di assicurare il necessario spazio tra le imbarcazioni, per la sicurezza della navigazione e per la sicurezza dello stazionamento all’ormeggio. In particolare, dall’allegato II - Disciplina di Piano del Master Plan dei Porti della Regione Toscana si evince che: - il canale di accesso al porto deve avere una larghezza (calcolata alla quota di fondo) indicativamente non inferiore a 5 volte la larghezza della più grande imbarcazione 60


(per doppio senso di circolazione); - l’ imboccatura portuale deve avere una larghezza (calcolata alla quota di fondo del canale di accesso) indicativamente non inferiore a 5 volte la larghezza dell’imbarcazione più grande (per doppio senso di circolazione), comunque non inferiore a 1 volta la lunghezza dell’imbarcazione più grande e mai meno di 30 m. E’ importante sottolineare inoltre che la larghezza dell’imboccatura deve essere supportata dagli studi idraulico-marittimi ed in particolare deve essere valutata ai fini dell’accesso delle imbarcazioni in porto; - i canali di manovra devono essere larghi almeno 1,3 volte la lunghezza del posto barca più grande a cui si accede dal canale se in presenza di dispositivi d’ormeggio laterali (briccole, finger o cat-way, minifinger.) oppure almeno 1,7 volte la lunghezza del posto barca più grande in presenza di dispositivi d’ormeggio solo longitudinali (corpi morti con trappe o pendini o simili); - le dimensioni dei posti barca devono essere definite in funzione degli ingombri specifici delle imbarcazioni costituenti la flotta di progetto e dei dispositivi di ormeggio scelti, avendo cura di assicurare i necessari margini di sicurezza. A livello generale vengono consigliati i seguenti rapporti dimensionali dei posti barca rispetto alle dimensioni delle imbarcazioni: Dimensioni massime delle imbarcazioni [largh x lungh in m] 2,3 x 6,5 2,8 x 8,0 3,2 x 9,5 3,7 x 11,0 4,1 x 12,0 5,0 x 16,5 5,5 x 19,5 5,9 x 22,0 6,4 x 26,0 6,8 x 29,0 7,2 x 33,0

Posto barca [largh x lungh in m] 2,5 x 7,0 3,0 x 8,5 3,5 x 10,0 4,0 x 11,5 4,5 x 13,0 5,5 x 18,0 6,0 x 21,0 6,5 x 24,0 7,0 x 28,0 7,5 x 32,0 8,0 x 36,0

Tabella 1 – dimensioni dei posti barca in funzione delle dimensioni delle imbarcazioni (da Disciplina di piano del Master Plan dei Porti, allegato al PIT della Regione Toscana approvato con D.C.R. 72/2007)

- i pontili fissi e galleggianti devono avere larghezza almeno di 2 m per pontili di lunghezza inferiore a 100 m e/o per l’ormeggio di imbarcazioni di lunghezza inferiore a 10 m; oppure almeno pari a 2,5 m per pontili di lunghezza contenuta tra 100 e 150 m e/o per l’ormeggio di imbarcazioni di lunghezza compresa tra 10 61


m e 20 m e infine almeno pari a 3 m per l’ormeggio di imbarcazioni di lunghezza superiore a 20 m. Traendo spunto dalle Raccomandazioni tecniche per la progettazione di porti turistici (AIPCN – PIANC, 2002), si ottengono anche i seguenti riferimenti: - il valore di riferimento dello specchio acqueo può essere determinato a priori considerando che l’area complessiva del bacino protetto dev’essere pari alla somma dei quadrati delle lunghezze dei posti barca, tenendo presente comunque che per una flotta di progetto caratterizzata da imbarcazioni medio-grandi, il criterio sopra esposto può condurre a sovradimensionamenti. A livello generale l’area raccomandata per posto barca dev’essere pari a 100-200 mq, comprendendo anche gli spazi di manovra; - il diametro raccomandato del cerchio di evoluzione è pari ad almeno 1,5 volte la lunghezza della più grande imbarcazione ospite del porto, con un valore minimo di 50 m.

10. Progetto della configurazione portuale

La configurazione di un porto è il risultato del progetto delle principali parti che lo compongono, ossia: l’imboccatura (interfaccia tra il bacino e il mare aperto), il bacino, il perimetro ed i sistemi di ormeggio. E’ evidente che per affrontare correttamente questa fase è necessario disporre degli studi di dettaglio inerenti la propagazione del moto ondoso sotto costa ed i principali fenomeni che possono interagire con le nuove strutture, cioè diffrazione, riflessione e correnti (si veda a l’allegato). Con particolare riferimento ai cosiddetti porti “esterni” o costieri, realizzati lungo un tratto di litorale aperto, la forma del bacino portuale è delimitata dalle opere di difesa esterne e dev’essere progettata in modo tale da raggiungere un buon compromesso fra le esigenze di protezione dello specchio acqueo interno ed i possibili impatti causati dalle opere rigide sulla costa adiacente, specialmente nel caso di coste basse e sabbiose. Allo stesso modo, la posizione dell’imboccatura deve essere individuata in modo da: - garantire un sufficiente tirante idrico per la navigazione delle imbarcazioni (la profondità deve essere maggiore, con un franco adeguato, del pescaggio massimo della flotta di progetto); - evitare un’eccessiva persistenza di onde frangenti durante l’anno che potrebbero limitare fortemente il tempo di operatività del porto; - ridurre, lungo i litorali sabbiosi, i problemi di insabbiamento dell’imboccatura stessa che compromettono la funzionalità del porto e rendono necessari costosi interventi di dragaggio. Tali esigenze si rivelano spesso contrapposte: infatti, la necessità di garantire l’accesso delle imbarcazioni in sicurezza implica il posizionamento dell’imboccatura in corrispondenza di profondità elevate (in presenza di imbarcazioni lunghe più di 30 m è facile che debbano esser previsti fondali con profondità dell’ordine dei 5 m 62


all’ingresso del porto). Raggiungere tali profondità implica la realizzazione di opere di difesa esterne con una forte estensione rispetto alla linea di riva, con costi elevati (anche perché fondali elevati comportano onde incidenti maggiori) e un probabile forte impatto sulla costa adiacente, con tutti i problemi e gli oneri conseguenti (vedi le condizioni previste per la realizzazione di nuovi porti in base al Master Plan dei Porti). In alternativa, potrebbero essere realizzati moli di lunghezza minore, prevedendo interventi periodici di dragaggio dell’imboccatura per assicurare comunque il giusto tirante d’acqua: questa soluzione ha il pregio di comportare un minor impatto sul litorale ma proprio per questo espone il porto ha una maggior tendenza all’insabbiamento (la minor lunghezza dei moli consente un maggior flusso di sedimenti di fronte al bacino) e implica interventi di dragaggio, anche con frequenze elevate. Per quanto riguarda, invece, la sistemazione del perimetro interno del bacino, essa deve rendere stabile la separazione della terra dall’acqua, individuando la tipologia migliore allo scopo e verificando che i fenomeni di riflessione interna forniscano valori di agitazione accettabili. I sistemi di ormeggio, infine, devono essere scelti in funzione delle dimensioni delle darsene e dei canali di accesso e delle variazioni di livello interne. In conclusione, la progettazione della configurazione portuale, elemento fondamentale del PRP, è il risultato di una valutazione comparata di fattori spesso contrastanti tra loro, che dev’essere eseguita attraverso studi specialistici. Tali studi sono gli studi idraulici marittimi e di dinamica costiera, indicati ad esempio anche dalle Linee Guida, che possono essere così riassunti:  Inquadramento del sito: studio dell’esposizione del paraggio e analisi del settore di traversia;  Analisi regime anemometrico, clima ondametrico e variazione dei livelli;  Elaborazione statistica del moto ondoso;  Propagazione del moto ondoso a costa;  Studio del regime delle correnti e del trasporto solido (per coste basse) in presenza delle condizioni di onda più significative;  Stima del possibile insabbiamento dell’imboccatura e dei dragaggi necessari;  Studio dell’agitazione interna: verifica della massima altezza d’onda all’interno del bacino per condizioni d’onda con periodo di ritorno variabile. A questo proposito, è opportuno rilevare che le Raccomandazioni tecniche per la progettazione dei porti turistici (AIPCN – PIANC, 2002) forniscono i seguenti valori di riferimento :  condizione di “comfort”: Hs = 0.15 m per eventi con frequenza massima complessiva indicativamente non superiore a 5 giorni/anno; • condizione di “sicurezza”: Hs = 0.30 m per eventi con periodo di ritorno indicativamente non inferiore a 5 anni; • condizione “limite”: Hs = 0.50 m per eventi con periodo di ritorno indicativamente non inferiore a 50 anni.

63


È importante sottolineare che lo studio dell’agitazione interna deve analizzare sia le condizioni di moto ondoso che si instaurano nel bacino del porto a causa delle onde provenienti dal settore di traversia, sia il campo d’onda che si può verificare a causa di venti locali aventi direzioni anche ai limiti del settore di traversia vero e proprio, come, ad esempio, succede all’interno di baie o golfi. Inoltre, è importante che nello studio sia affrontata anche l’agitazione indotta dalle sesse10 o da fenomeni di risonanza in generale, che possono interessare il bacino.

11. Progetto delle opere di difesa esterne e interne

La progettazione delle opere di un porto deve rispondere ai criteri di funzionalità, stabilità e durabilità. I parametri geometrici delle opere di difesa esterne (quota, larghezza, pendenze dei lati obliqui, ecc) devono essere determinati in modo da contenere i possibili fenomeni di tracimazione della diga durante le mareggiate di progetto (verifiche di overtopping e run-up, descritte nell’allegato). La tipologia e le caratteristiche strutturali delle dighe foranee (opere in scogliera o in cemento armato, forma e dimensioni degli elementi, ecc) devono essere verificate in funzione dell’altezza d’onda di progetto, dell’azione sismica e degli altri parametri previsti dalla normativa vigente. In allegato vengono proposte alcune delle formule più diffuse nelle fasi progettuali Le opere interne dei porti (banchine, pontili, ecc) devono essere progettate in modo da rispettare il coefficiente di riflessione verificato come accettabile nello studio di agitazione interna e devono essere dimensionate in funzione dell’altezza d’onda prevista, delle variazioni di livello e di tutti i carichi esterni agenti (spinta del terreno, sovraccarico dovuto al transito di automezzi, urto di navi, , tiro all’ormeggio, azione sismica, ecc). I materiali di tutte le opere di un porto (sia esterne che interne) devono essere scelti in modo da assicurare un’adeguata durabilità in ambiente marino, al fine di evitare una rapida perdita di efficienza dell’opera stessa.

12. Consolidamento e messa in sicurezza delle infrastrutture esistenti

Le necessità di intervenire sulle infrastrutture portuali esistenti derivano principalmente da: - mutamento delle condizioni d’uso dell’area portuale o di parte di essa; - mutamento delle condizioni esterne dell’area portuale (fondali esterni, aree a terra, ecc); - degrado dei materiali costituenti le opere; - inefficienza di base dell’opera stessa. 10 Sessa: onda oscillatoria stazionaria in un corpo d'acqua chiuso che permane a mò di pendolo, dopo la cessazione della forza sismica o atmosferica che l'ha prodotta. Ovvero, oscillazione di un corpo fluido in risposta alla forza di disturbo avente la stessa frequenza del sistema fluido. Le maree sono considerate sesse indotte da forze periodiche di natura astronomica (attrazione del sole e della luna) (Tomasicchio, 2001 pag. 167)

64


Qualsiasi tipo di opera marittima richiede un controllo costante della propria funzionalità e dei possibili effetti indotti nelle aree adiacenti, in quanto anche la semplice evoluzione dei fondali antistanti può compromettere nel tempo la sua efficacia. Per quarto riguarda un’infrastruttura portuale, se le opere esterne non sono più in grado di garantire il corretto utilizzo del bacino interno, è necessario prevedere un intervento di messa in sicurezza, mentre se le opere esterne o interne risultano ancora efficienti ma necessitano di alcuni interventi per preservarne nel tempo la funzionalità, è necessario prevedere interventi di consolidamento o di semplice manutenzione, a seconda del caso. In ogni caso, la definizione di un qualsiasi tipo di intervento a carico di un’opera portuale richiede preliminarmente un’analisi di efficienza dell’opera stessa. Infatti, per progettare un intervento di messa in sicurezza di un porto è necessario effettuare una verifica complessiva della sicurezza del bacino. Tale verifica deve essere effettuata partendo da un accurato rilievo dello stato attuale (sia topografico che batimetrico), dai dati storici a disposizione (progetti iniziali, evoluzione dei fondali interni e della costa adiacente, dragaggi, ecc) e tenendo conto delle condizioni di utilizzo e di conseguenza delle azioni di progetto previste. Le verifiche da effettuare sono le stesse necessarie per la progettazione della configurazione portuale, scegliendo caso per caso quelle da scartare a seconda delle criticità. Ad esempio, in caso di problemi di insabbiamento il percorso logico da seguire consiste nell’analizzare i dati storici di evoluzione del litorale e dei fondali ed i dati meteo marini per poi effettuare uno studio sul regime delle correnti e del trasporto solido intorno all’area portuale. Sulla base dei risultati dello studio sarà possibile poi formulare una proposta di intervento che, evidentemente, non potrà che consistere o in una modifica delle opere di difesa esterne o in un intervento di dragaggio (anche periodico) o infine nella realizzazione di opere aggiuntive. Nel caso invece di problemi di eccessiva agitazione interna del bacino, gli studi dovranno porre particolare attenzione all’analisi dei dati meteo marini, anche da un punto di vista statistico e all’analisi dei fenomeni di riflessione che avvengono all’interno del bacino. I possibili interventi da realizzare, in questo caso, possono consistere in una modifica dell’imboccatura, in una modifica delle caratteristiche delle opere interne (rifacimento banchine con maggiori capacità assorbenti) oppure nella realizzazione di opere aggiuntive, con cui creare ad esempio un avamporto. Nel caso infine di problemi di eccessiva tracimazione, le verifiche devono essere concentrate sul fenomeno dell’overtopping e sulle caratteristiche delle onde che possono raggiungere la diga. Le possibili soluzioni di un problema di questo tipo consistono nella modifica della sagoma dell’opera di difesa (adeguando la mantellata, il muro paraonde o realizzando ad esempio una vasca di dissipazione) oppure, come soluzione estrema, nella realizzazione di un’ulteriore opera di protezione da accoppiare a quella esistente. Per quanto riguarda invece il consolidamento di un’opera portuale esistente è necessario verificare l’efficienza della singola opera, in modo da individuarne le pro65


blematiche e i punti critici. Tale verifica deve essere effettuata sulla base del rilievo dello stato attuale (sia topografico che batimetrico), dei dati storici a disposizione (progetti iniziali, evoluzione dei fondali, ecc) e tenendo conto delle condizioni di utilizzo e di conseguenza delle azioni di progetto previste. Anche in questo caso, le verifiche da effettuare sono le stesse necessarie per la progettazione dell’opera, da ridurre a seconda delle effettive criticità.

13. Materiali costituenti un’opera portuale e loro degrado

Il possibile degrado dei materiali è un aspetto fondamentale di un’opera marittima: le particolari condizioni ambientali di esercizio e l’elevato impegno economico per la loro realizzazione rendono fondamentale la durabilità delle opere progettate, pertanto sin dalle prime fasi della progettazione deve essere posta particolare attenzione alla scelta dei materiali da utilizzare. I principali materiali da costruzione per le opere marittime sono: · massi naturali: in acqua marina possono essere soggetti all’azione di organismi capaci di forare le rocce più tenere: E’ necessario ricorrere ad elementi lapidei di elevata compattezza, di alto peso specifico e con caratteristiche di non gelività e inalterabilità alla salsedine; · calcestruzzo (semplice o armato): in acqua marina è sottoposto ad attacco chimico (dovuto agli ioni e all’ossigeno disciolto), biologico (dovuto agli acidi organici di vegetazione in decomposizione), ad effetti di fatica e a tensioni termiche. La difesa si realizza attraverso un’attenta progettazione, sia come carichi agenti che come composizione11; · metalli o leghe: (acciaio, ferro zincato, alluminio, rame, ecc) la scelta del tipo di metallo o di lega da utilizzare deve’essere fatte in funzione del grado di corrodibilità. Per quanto riguarda le strutture ferrose, sono molto facilmente corrodibili in ambiente marino ed è necessario prevedere un metodo di protezione, come ad esempio la protezione catodica per la parte sommersa e il rivestimento protettivo organico per la parte esposta agli spruzzi; · legno: immerso in acqua marina è soggetto all’azione di organismi parassiti, particolarmente aggressiva per alcune tipologie. Pertanto, la scelta della tipologia di legno da utilizzare dev’essere particolarmente accurata (ad esempio, per il camminamento dei pontili galleggianti vengono usate specie esotiche, tipo il Teak) e eventualmente devono essere previsti trattamenti superficiali di protezione; · materiali plastici: non molto diffusi nelle opere portuali, ad eccezione dei geotessili usati come filtro e rinforzo.

11 Per la progettazione fare riferimento alle Norme Tecniche per le Costruzioni approvate con D.M. 14/01/2008, alla norma UNI EN 206-2006 e alla norma UNI 11104

66


ALLEGATO Cenni di moto ondoso e correnti

Rimandando a testi specialistici per una trattazione approfondita e completa delle varie tematiche affrontate, nel seguito vengono riportati alcuni delle principali nozioni inerenti il moto ondoso e le correnti, ossia in merito ai principali fattori meteomarini con cui un porto deve interagire.

Onde e effetti della propagazione verso riva

Innanzitutto, si definisce moto ondoso un’ondulazione della superficie del mare intorno al livello medio che si verifica al variare dello spazio e del tempo. Tali ondulazioni sono irregolari (vedi figura 6) e possono presentare caratteristiche periodiche, pertanto risulta necessario introdurre delle semplificazioni riferendosi a singole onde di caratteristiche regolari e a parametri rappresentativi.

figura 1 – Nomenclatura base di un’onda (fonte: Kamphuis, 2000)

Con riferimento alla figura 1, i principali parametri utilizzati per la caratterizzazione di una singola onda sono:  H: altezza d’onda, distanza verticale dal cavo (punto più basso) alla cresta (punto più alto);  a: ampiezza, metà dell'altezza dell'onda;  L: lunghezza d'onda: distanza orizzontale tra due creste o due cavi consecutivi;  H/L: ripidità dell’onda, rapporto tra altezza e lunghezza;  T: periodo, tempo che intercorre fra il passaggio di due creste successive per un punto fisso;  c: celerità di fase, rapporto tra lunghezza e periodo d'onda;  d: profondità del fondale. Le onde del mare possono avere origini diverse. Di particolare interesse sono le onde generate dal vento, “onde di gravità che comprendono dimensioni molto diverse tra loro e che vengono generate per effetto del trasferimento di energia dal vento al mare operato sia dalle pressioni normali che dalle azioni tangenziali al profilo d'onda” (Tomasicchio 2001 pag. 61). L'estensione longitudinale del tratto di mare su cui il vento, spirando per una certa durata in direzione costante, genera il moto ondoso viene indicato con il nome di fetch. Le onde generate dal vento sono note anche come wind sea. Quando non subiscono più l'azione dei venti che le hanno generate, le onde si propagano verso la costa sotto forma di treni d'onde lunghe (onde di mare “morto” o swell) ed una volta uscite dalla zona di generazione le onde riducono gradualmente l’energia. Anticipando che il frangimento è il fenomeno di "rottura" dell'onda, come verrà spiegato più dettagliatamente nel seguito, nella propagazione del moto ondoso in genere si distinguono tre zone (Noli & Mita 2005 pag. 59):

67


le acque profonde, in cui le perdite di energia, dovute essenzialmente a perdite per attriti interni (viscosità) e per frangimenti parziali, sono trascurabili; 2. le acque basse, aventi fondali inferiori alla metà della lunghezza d’onda, in cui la propagazione del moto ondoso risente della presenza del fondale e degli ostacoli, ma non giunge al frangimento; 3. la zona dei frangenti, in cui si verifica la rottura delle onde con conseguente dissipazione di energia ed il moto ondoso oscillatorio si trasforma in moto traslatorio. Secondo la teoria di prima approssimazione, nel passaggio da acque profonde a basse le traiettorie delle particelle lungo la colonna d'acqua da circolari diventano ellittiche Le principali modifiche che avvengono durante la propagazione verso riva nelle acque basse sono dovute essenzialmente ai fenomeni di rifrazione e di shoaling, invece, i principali effetti sul moto ondoso dovuti agli ostacoli sono i fenomeni di diffrazione, riflessione e trasmissione. Tali fenomeni sono brevemente descritti nel seguito. Shoaling: quando un’onda si propaga in acque sempre più basse, la sua altezza e la sua lunghezza vengono alterate a causa dell'interazione del fondale. Procedendo verso riva, un’onda aumenta la propria altezza H e le creste diventano più aguzze, mentre i cavi si fanno sempre più piatti. L'onda subisce un incremento di ripidità (H/L) fino a che non raggiunge il limite fisico di stabilità. Inoltre, dato che le particelle che si muovono nello strato superficiale sono meno soggette ad attrito rispetto a quelle che si muovono in prossimità del fondo, l'onda avanza più velocemente nella parte alta; le creste diventano quindi asimmetriche e l’effetto aumenta fino a che l'onda non cade su se stessa: è il fenomeno del frangimento, che comporta una dissipazione dell'energia trasportata dal moto ondoso. Le onde in condizioni di frangimento (o frangenti) possono essere classificate in base al numero di Iribarren, noto anche come parametro surf-similarity (Battjes, 1974), definito per le onde regolari come: 2π ⋅ H 0 tan α ξ0 = con s 0 = g ⋅T 2 s0 1.

dove - α è la pendenza del fondale (vedi ad esempio figura 2); - s0 è la ripidità dell'onda in acque profonde (H0/L0); - H0 è l'altezza d'onda in acque profonde; - T è il periodo dell'onda; - g è l'accelerazione di gravità. In base ai valori assunti da ξ0, si possono distinguere:  ξ0 < 0.5: frangenti di tipo spilling con turbolenza in cresta;

figura 2 – frangente di tipo spilling (fonte: Coastal Engineering Manual, 2002)

0.5 < ξ0 < 3: frangenti di tipo plunging, in cui la cresta ricade nel cavo e la turbolenza interessa la parte bassa della colonna d’acqua;

68


figura 3 - frangente di tipo plunging (fonte: Coastal Engineering Manual, 2002)

3 < ξ0 < 3.5: frangenti di tipo collapsing, in cui la cresta non riesce a cadere in avanti per effetto del fondale;

figura 4 - frangente di tipo collapsing (fonte: Coastal Engineering Manual, 2002)

3.5 < ξ0: frangenti di tipo surging, in cui la turbolenza è generata dall’attrito sul fondo .

figura 5 - frangente di tipo surging (fonte: Coastal Engineering Manual, 2002)

In prima approssimazione, riferendosi cioè a onde teoriche regolari, si può assumere come criterio di frangimento la condizione di H/h=0.8, cioè un’onda frange quando la sua altezza (H) è pari a circa l’80% della profondità del fondale (h) su cui si trova. Nella realtà, il frangimento delle onde si verifica per rapporti più bassi di 0.8. Rifrazione: le onde provenienti dal largo avanzano disposte secondo linee di cresta parallele tra loro ma non, in generale, alla linea di battigia, pertanto può accadere che un’onda si trovi ad avere tratti di cresta che ricadono a profondità diverse. Quando questo si verifica, i diversi tratti si propagano con celerità differenti, poiché la celerità dipende dalla profondità e il fronte d’onda tende così a ruotare, disponendosi parallelamente alle batimetriche. Diffrazione: quando un'onda deve attraversare un varco di ampiezza minore della propria lunghezza, esso diventa origine di un'onda circolare che si propaga diluendo nella massa d'acqua retrostante l'energia associata a un tratto di onda lungo quanto il varco. In pratica, la diffrazione è il processo che conduce all'esistenza di moto ondoso nella zona a valle di un ostacolo di dimensioni finite che intercetta un treno d'onde incidenti. Processi di questo tipo si hanno in corrispondenza della testata di dighe all'ingresso dei porti e in corrispondenza dei varchi che separano i vari tratti delle scogliere parallele poste a difesa della costa: le spiagge ad andamento curvilineo, che si producono in questi casi, sono dovute proprio alla diffrazione delle onde. Riflessione: quando un'onda incidente arriva su una parete verticale, si riflette dando luogo ad un'onda che si propaga in verso opposto (onda riflessa). Nello specchio acqueo antistante l'ostacolo si genera quindi uno stato di agitazione ondosa ben più evidente di quello che compete all'onda incidente. La riflessione di un'onda può essere anche parziale, in tal caso l'energia che compete all'onda riflessa è minore di quella posseduta dall'onda incidente. Trasmissione: la trasmissione del moto ondoso è quel fenomeno che può avvenire quando un treno d'onde investe un ammasso poroso, che, essendo in materiale sciolto, riflette parte dell’energia incidente e ne trasmette una frazione a causa della porosità dei materiali lapidei (naturali o artificiali) che lo compongono. Correnti Le correnti possono essere distinte generalmente in due tipi: - correnti di largo o di circolazione generale, proprie delle acque profonde esterne alla zona dei frangenti;

69


correnti litoranee, proprie delle acque basse e collegate con il moto ondoso alla zona dei frangenti. Il sistema di correnti litoranee, che si sviluppa nei pressi della costa, è senza dubbio il più importante ai fini del trasporto solido litoraneo, cioè del trasporto dei sedimenti lungo riva. La formazione delle correnti litoranee è essenzialmente dovuta al frangimento delle onde: il moto ondoso si presenta raramente con le creste parallele a costa, anzi nella maggior parte dei casi presenta una certa inclinazione che tende a ridursi man mano che il fondale diminuisce e gli effetti della rifrazione aumentano. Spesso accade che l'onda raggiunga il punto di frangimento (ossia la condizione limite di stabilità) mantenendo una certa inclinazione rispetto alla costa, ne consegue che l'onda risultante ha una componente lungoriva che induce una corrente nella stessa direzione (corrente longshore o parallela alla costa). Oltre alle correnti longshore, nel sistema di correnti litoranee vi sono anche correnti di tipo trasversale (correnti di rip, ortogonali alla costa), la cui origine può avere cause diverse (si veda ad esempio Noli & Mita 2005 pag. 88). Il movimento dei sedimenti è dovuto all'effetto combinato dell'azione di onde e correnti: in estrema sintesi, il moto ondoso determina l'inizio del movimento e la messa in sospensione delle particelle di sabbia, mentre le correnti ne costituiscono il vettore di trasporto.

-

Moto ondoso reale e dati disponibili Il moto ondoso reale si presenta irregolare, per cui non è possibile definire una singola altezza d’onda ed un singolo periodo.

figura 6 – esempio di registrazione del livello medio marino (fonte: Coastal Engineering Manual, 2002)

Le caratteristiche delle singole onde di una registrazione possono essere individuate in base alle intersezioni della superficie marina con il livello medio (cosiddetti metodi zero-crossing) oppure approssimando l'oscillazione reale come una sommatoria di oscillazioni regolari di caratteristiche note e diverse tra loro, ciascuna con il proprio peso sul totale (metodi di analisi spettrale). In generale, comunque, è possibile caratterizzare il moto ondoso di un certo intervallo di tempo solo tramite parametri statistici e difatti, ad esempio, si parla di: - Hs: altezza d’onda significativa, pari alla media del terzo delle onde più alte registrate durante un intervallo; - Tm: periodo medio, pari alla media dei periodi registrati durante un intervallo. Per un sito oggetto di realizzazione di un porto o di una qualsiasi opera marittima, attualmente possono essere a disposizione dati di moto ondoso essenzialmente di due tipi: - dati ricostruiti da campi di vento, in cui le onde sono generate tramite formule empiriche (intensità, direzione, durata del vento e lunghezza di mare interessata) o modelli matematici complessi che usano i dati meteorologici;

70


dati derivanti da misure, che a loro volta possono essere suddivisi in: o misure puntuali (ad esempio, boe); o misure estese (basate ad esempio su immagini radar). In Italia esiste la Rete Ondametrica Nazionale (RON), costituita da 15 boe oceanografiche dislocate lungo le coste della penisola ed ormeggiate in posizioni fisse riportate sulle carte nautiche in aree interdette alla pesca ed alla navigazione (tipicamente con raggio di circa 250 metri). Ciascuna boa è equipaggiata con un ondametro direzionale accelerometrico (TRIAXYS), con una stazione meteorologica completa e in alcuni casi anche di un misuratore della conducibilità elettrica dell'acqua di superficie. Le boe più vicine alla Toscana sono La Spezia e Civitavecchia (Capo Linaro fino al 2006), che sono in funzione, rispettivamente, dal 1 luglio 1989 e dal 2 gennaio 2004. La Regione Toscana recentemente si è dotata di una propria rete di monitoraggio ed ha installato due boe ondametriche nei pressi dell’Isola di Gorgona (attiva dal 1 ottobre 2008) e dell’Isola del Giglio (attualmente disormeggiata, attiva dal 26 maggio 2009 all'11 settembre 2011) e due correntometri-profilatori in acque basse nei pressi del Gombo (non attivo attualmente) e nei pressi di Castiglione della Pescaia (attivo dal 12 gennaio 2012). Tutti gli strumenti sono gestiti dal Centro Funzionale Regionale del Servizio Idrologico della Regione Toscana e le boe, in particolare, munite di piattaforme inerziali stabilizzate meccanicamente e accelerometro per la misura dell'elevazione, forniscono parametri di moto ondoso ogni 30 minuti. Inoltre, la Regione Toscana ha recentemente acquistato 12 anni di dati di moto ondoso in corrispondenza di 9 punti lungo la costa toscana, ottenuti tramite un modello di ricostruzione a larga scala di dati di vento e di onde, calibrato su misure satellitari (World Wave Atlas, WWA). I dati forniscono i principali parametri del moto ondoso ogni 6 ore per ciascuno dei 9 punti disponibili nel periodo che va dal 1 luglio 1992 al 31 dicembre 2004. -

Progettazione e/o verifica delle opere esterne di un porto Le opere esterne di difesa possono ricondursi a diverse tipologie strutturali, tra le quali le più diffuse sono:  opere a gettata di massi (costituite da elementi naturali o artificiali, con eventuale sovrastruttura di calcestruzzo);

figura 7 – diga a gettata (fonte: Tomasicchio, 2001)

opere a paramento verticale;

71


figura 8 – diga a parete verticale (fonte: Tomasicchio, 2001)

opere non tradizionali quali, ad esempio: o i frangiflutti a berma; o i frangiflutti galleggianti, da utilizzarsi solo in caso di onde incidenti di limitata altezza (in genere non superiori al metro).

I fattori che inducono la scelta di una tipologia rispetto ad un’altra sono la batimetria, il terreno di fondazione, la disponibilità dei materiali e le attrezzature per la costruzione Oltre alla stabilità strutturale e geotecnica dell'opera deve essere verificata anche la sua funzionalità idraulica (prestazioni in termini di riflessione, diffrazione, trasmissione e tracimazione del moto ondoso). In particolare, i principali fenomeni idraulici per la progettazione delle opere esterne sono:  Wave run-up: calcolo dell’altezza di risalita dell’onda su una scarpata, è il parametro di riferimento per la quota dell’opera di difesa e può essere calcolato tramite prove in vasca o formule empiriche.

figura 9 - Run-up e run-down su una superficie impermeabile (fonte: Burcharth, 1993)

Per il calcolo dell'altezza di run-up, Ru, esistono diverse formulazioni, in funzione anche delle possibili opere di difesa. A livello generale, il valore dipende dalla pendenza della scarpata, dall'altezza d’onda di progetto al piede della scarpata, dal periodo dell’onda di progetto, dalla scabrezza e permeabilità della scarpata, dalla presenza di berme (tratti orizzontali) e dall'angolo d'attacco del moto ondoso rispetto all'opera. Rimandando per ogni ulteriore approfondimento ai testi specialistici, a titolo d'esempio viene fornita in questa sede la formula proposta dal Delft Hydraulics (1989), riproposta nel Coastal Engineering Manual (Burcharth e Hughes, 20021). Tale formula è valida per dighe in massi, soggette a onde irregolari frontali e consente di stimare il valore dell'altezza di runup in corrispondenza di diversi valori di superamento espressi in termini percentuali, pertanto un valore del run-up al 2% indica che quell'altezza di risalita ha il 2% di probabilità 1

Burcharth e Hughes. 2002. Fundamentals of Design. In: S. Hughes (editor), Coastal Engineering Manual, Part VI, Design of Coastal Project Elements, Chapter VI-5, Engineer Manual 1110-2-1100, U.S. Army Corps of Engineers, Washington, DC.

72


di essere superata nelle condizioni di progetto studiate. La formula è la seguente in caso di dighe impermeabili: A ⋅ ξ om 1 < ξ om < 1.5 Rui % = per C 1/ C B ⋅ (ξ om ) 1.5 ≤ ξ om < (D / B ) Hs ed invece in caso di dighe permeabili diventa: A ⋅ ξ om 1 < ξ om < 1.5 Rui % C 1/ C = B ⋅ (ξ om ) per 1.5 ≤ ξ om < (D / B ) Hs 1/ C D ( D / B) ≤ ξ om < 7.5 dove:  Hs è l'altezza d'onda significativa,  ξ om è il parametro legato alle condizioni di frangimento (parametro di surfsimilarity), in questo caso il pedice m indica che è relativo a onde irregolari e alle condizioni medie del moto ondoso, per cui è pari a: 2π ⋅ H s tan α con s om = ξ om = g ⋅ Tm2 s om dove: - α è la pendenza della scarpata; - Tm è il periodo medio.  i coefficienti A, B, C e D sono determinati dalla tabella 1, tenendo presente che in caso di dighe permeabili i valori di A, B e C devono essere ridotti del 12%: Livello di superamento 0.1 % 2% 5% 10 % significativo 50 %

A 1.12 0.96 0.86 0.77 0.72 0.47

B 1.34 1.17 1.05 0.94 0.88 0.60

C 0.55 0.46 0.44 0.42 0.41 0.34

D 2.58 1.97 1.68 1.45 1.35 0.82

tabella 1 – coefficienti per la stima del run-up (fonte: Coastal Engineering Manual, 2002)

Per le opere a gettata, l'indice di permeabilità di una diga è funzione della sua configurazione, come verrà illustrato più avanti. 

Wave overtopping: tracimazione dell’opera, parametro fondamentale che determina la dimensioni e la forma di una diga ed è strettamente legato alla sicurezza delle imbarcazioni.

figura 10 – overtopping su una diga (fonte: Overtopping Manual, 2007)

73


La portata di overtopping può essere determinata tramite formule empiriche o attraverso prove in vasca, di maggior affidabilità rispetto alle semplici formule. A livello generale la portata di overtopping è funzione essenzialmente della pendenza, permeabilità e scabrezza della scarpata, delle caratteristiche del moto ondoso al piede della scarpata, della presenza e larghezza di berme (tratti orizzontali) o di vasche di dissipazione in testa alla mantellata, della presenza e forma del muro paraonde, dell'angolo d’attacco del moto ondoso rispetto alla scarpata e della durata del fenomeno. Anche in questo caso le formule a disposizione per le verifiche sono numerose e ciascuna con il proprio campo di validità, tanto che spesso è consigliabile utilizzare più formule e poi scegliere un valore in base ai risultati ottenuti (ad esempio, il valor medio o il massimo ottenuto). Pertanto, per una trattazione esauriente della problematica è opportuno rimandare ai testi specialistici, limitandosi in questa sede a fornire, a titolo d'esempio, la formula proposta nell'Overtopping Manual (2007, pagg. 118120) per il progetto di dighe in massi, tenendo conto della presenza di berma in sommità ma non del muro paraonde. La formula è la seguente: ⎛ ⎞ Rc q ⎟ ⋅ C r = 0.2 ⋅ exp⎜ − 2.3 ⋅ ⎜ ⎟ 3 γ γ H ⋅ ⋅ g ⋅ H m0 m0 f β ⎠ ⎝ dove: o q è la portata di overtopping; o Hm0 è l'altezza d'onda significativa stimata con l'analisi spettrale; o Rc è la massima quota della diga; o γ è il fattore di riduzione per attacco di onde inclinato (pari a 1 se frontale); o γf è il fattore di riduzione per rugosità che per le dighe in massi può essere desunto dalla seguente tabella: β

Tipo di mantellata 1 strato di massi, nucleo permeabile 1 strato di massi, nucleo impermeabile 2 strati di massi, nucleo permeabile 2 strati di massi, nucleo impermeabile

γf 0.45 0.60 0.40 0.55

Tabella 2 – fattore di riduzione per rugosità (da Overtopping Manual)

o Cr è il coefficiente di riduzione per la presenza della berma pari a: ⎛ G ⎞ C r = 3.06 ⋅ exp⎜⎜ − 1.5 ⋅ c ⎟⎟ H m 0 ⎠ ⎝ dove Gc è la larghezza della berma. Una volta determinata la portata di tracimazione nelle condizioni di progetto della diga, il valore ottenuto (in termini di mc/s per metro lineare di sviluppo della diga oppure in litri/m come volume massimo) deve essere confrontato con i riferimenti di letteratura per capire se le condizioni ottenute sono accettabili o meno. Ad esempio, l'Overtopping Manual (2007) fornisce i seguenti valori limite per la sicurezza delle strutture retrostanti e dell'area portuale: Condizione di danno Danni significativi e possibilità di affondamenti anche per le grosse imbarcazioni Possibili affondamenti di piccole imbarcazioni poste a non più di 10 m dalla diga e danni alle grosse imbarcazioni

74

Portata media [l/s/m]

Volume max [l /m]

50

5.000 - 50.000

10

1.000 - 10.000


Danni agli elementi strutturali delle costruzioni retrostanti la diga Danni all'equipaggiamento delle imbarcazioni poste a non più di 10 m dalla diga

1

-

0.4

-

tabella 3 – valori limite della portata di overtopping (da Overtopping Manual, 2007)

Dighe a gettata: le dighe a gettata sono di facile realizzazione, si costruiscono versando elementi di dimensioni crescenti dall’interno verso l’esterno, ottenendo una sezione complessiva in cui si distinguono principalmente:  una sottostruttura o imbasamento avente funzione di filtro;  uno strato di mantellata esterna, costituita da blocchi il cui peso dev’essere funzione della sollecitazione ondosa;  una sovrastruttura di coronamento, quale eventuale muro paraonde. Le principali modalità di rottura di una diga a gettata, illustrate nella figura 11, riguardano sia i problemi di stabilità globale dell'opera che la stabilità dei vari strati o elementi che la compongono, anche in relazione ai possibili fenomeni di tracimazione che possono comunque arrecare dei danni.

figura 11 – modalità di rottura di una diga a gettata (Fonte: Tomasicchio, 2001)

Conseguentemente, le verifiche di stabilità a cui sottoporre una diga a gettata sono quelle necessarie a scongiurare tutte le possibili modalità di rottura che si possono verificare. Tali verifiche possono variare da caso a caso, a seconda delle caratteristiche dei vari strati ed è bene ricordare che devono essere condotte tenendo conto oltre che dei carichi idraulici marittimi (azione del moto ondoso), anche dell'azione sismica, dei parametri geotecnici e degli eventuali sovraccarichi presenti. In linea di massima, le principali verifiche di una diga a gettata sono:  verifica di stabilità degli elementi della mantellata;  stabilità degli elementi del filtro e del nucleo rispetto ai "vuoti" lasciati dagli elementi della mantellata;  verifica della protezione al piede;  verifica del muro paraonde;  verifiche a ribaltamento, a scorrimento e di stabilità globale,  calcolo dei cedimenti. Gli elementi della mantellata, in particolare, che possono essere di tipo naturale (massi) o artificiale (costruiti in cemento), devono essere proporzionati in modo da restare stabili il più possibile durante l’azione del moto ondoso. Per il dimensionamento è possibile utilizzare uno dei diversi modelli di calcolo disponibili in letteratura, altrimenti anche in questo caso è possibile ricorrere a prove in vasca per testare (in scala, ovviamente) la stabilità degli elementi componenti la diga di progetto.

75


A livello generale, il peso degli elementi viene determinato in funzione delle caratteristiche del moto ondoso di progetto al piede dell’opera, della tipologia degli elementi da utilizzare (forma, peso specifico, ecc), della pendenza della mantellata e del numero di onde della mareggiata. Una formula particolarmente diffusa per il dimensionamento degli elementi della mantellata è quella proposta da Van der Meer (1988) per dighe con mantellata in massi disposti a doppio strato, soggette a onde irregolari frontali e non tracimabili. La formula è la seguente: Hs −0.1 = 6,2 ⋅ S 0.2 ⋅ P 0,18 ⋅ N z ⋅ ξ 0−m0,5 per onde frangenti di tipo plunging, cioè per ξ 0 m < ξ mc e Δ ⋅ D50 Hs −0.1 = 1.0 ⋅ S 0.2 ⋅ P −0,13 ⋅ N z ⋅ cot α ⋅ ξ 0Pm per onde frangenti di tipo surging, cioè per ξ 0 m > ξ mc Δ ⋅ D50

(

con ξ mc = 6.2 ⋅ P 0.31 ⋅ (tan α )0.5  

)(

1 / P +0.5 )

dove:

Dn50 è il diametro nominale del masso di peso mediano; S è il parametro di danno, definito come S=A/Dn502 dove A è la superficie di elementi rimossi dalla mareggiata e il cui valore può essere assegnato, in funzione del danno atteso per le condizioni di progetto, secondo la tabella 4 valida per scogliere in massi naturali: Pendenza scarpata 1 : 1.5 1:2 1:3 1:4–1:6

Inizio del danno 2 2 2 3

Valori da assegnare a S Danno intermedio 3-5 4-6 6-9 8 – 12

tabella 4 – valori del parametro di danno S (da Van der Meer, 1988)

Crollo 8 8 12 17

I livelli del danno riportati in tabella hanno il seguente significato: o inizio del danno: pochi elementi della mantellata (non superiori al 5% del totale) vengono spostati; o danno intermedio: gli elementi della mantellata vengono spostati ma senza causare un’esposizione dello strato sottostante (filtro o nucleo) all’attacco diretto delle onde; o crollo: lo strato sottostante è esposto all’attacco delle onde. P è il parametro che indica la permeabilità della diga, il cui valore può variare tra 0.1 e 0.6 secondo la figura 12:

76


figura 12 – indici di permeabilità P (fonte: Coastal Engineering Manual, 2002)

 

Nz è il numero di onde della mareggiata; Δ = γ s / γ w − 1 dove γs è il peso specifico dei massi e γw è il peso specifico dell’acqua.

Dighe a parete verticale: le dighe a parete verticale si oppongono all’azione delle onde incidenti riflettendole verso il largo. Si distinguono principalmente:  uno scanno di imbasamento con eventuale cuscino di sabbia sottostante;  un’infrastruttura verticale costituita da grossi blocchi artificiali sovrapposti oppure da cassoni in cemento armato;  una sovrastruttura di coronamento. Anche per le dighe a parete verticale vale quanto già detto per le dighe a gettata circa la tipologia di carichi da considerare nel dimensionamento (moto ondoso, sisma, ecc). Ciò premesso, le principali verifiche a cui sottoporre una diga a parte verticale sono:  verifica di stabilità globale dell’infrastruttura verticale;  dimensionamento degli elementi (cassoni, massi sovrapposti) che compongono la parete verticale;  verifica della sovrastruttura;  verifiche a ribaltamento, a scorrimento e di stabilità globale del complesso diga;  verifica della sottostruttura e calcolo dei cedimenti. In particolare, l’elemento verticale che costituisce la diga deve risultare stabile sotto le azioni delle forze indotte dal moto ondoso di progetto, che possono essere valutate sia come pressioni agenti sulla superficie sia come forze equivalenti o in termini di momenti ribaltanti. La determinazione della forza esercitata dalle onde su una parete verticale non è di semplice risoluzione, in quanto le forze possono variare notevolmente in funzione delle condizioni locali e della geometria della struttura: basti pensare, ad esempio, alle diversa spinta generata da un’onda frangente rispetto ad una non frangente. In letteratura esistono diverse formule, frutto di esperimenti in laboratorio, che possono essere utilizzate per il predimensionamento di una diga a parete verticale, avendo cura di rispettare i campi di validità indicati e i livelli d’incertezza associati alla formula. E’ fortemente consigliabile che la progettazione definitiva di dighe di questo tipo sia supportata da una campagna di prove specifiche in vasca, volte a indagare le particolari condizioni di progetto dell’opera. Tra le varie formule disponibili, vale la pena di ricordare in questa sede l’approccio proposto da Goda (1974), riportato in tutti i testi specializzati, per il calcolo delle pressioni agenti su una diga a parete verticale impermeabile, soggetta a onde irregolari, non stazionarie.

77


figura 13 – schema di calcolo per la formula di Goda (fonte: Coastal Engineering Manual, 2002)

Con riferimento alla figura 13 le pressioni agenti sulla diga sono: p1 = 0.5 ⋅ (1 + cos β ) ⋅ α 1 + α 2 cos 2 β ⋅ ρ w ⋅ g ⋅ H

(

dove

)

η * − hc p 2 = p1 η* p3 = α 3 ⋅ p1 pu = 0.5 ⋅ (1 + cos β ) ⋅ α1 ⋅ α 3 ⋅ ρ w ⋅ g ⋅ H

η * = 0.75 ⋅ (1 + cos β ) ⋅ H 4π ⋅ hs / L ⎞ ⎟⎟ ⎝ sinh(4π ⋅ hs / L ) ⎠ ⎛

2

α1 = 0.6 + 0.5 ⋅ ⎜⎜

⎛ hb − d ⎛ H ⎞ 2 2d ⎞ ⋅ ; ⎟ ⎜ 3 ⋅ hb ⎜⎝ d ⎟⎠ H ⎟ ⎝ ⎠ ⎞ hw − hc ⎛ 1 ⎟⎟ α3 = 1− ⋅ ⎜⎜1 − hs ⎝ cosh (2π ⋅ hs / L ) ⎠

α 2 = min⎜

con

 

L lunghezza d’onda corrispondente alla profondità hb alla distanza di 5Hs dalla diga; H è l’altezza d’onda di progetto che secondo le Istruzioni tecniche per la progettazione delle dighe marittime è pari al minimo fra 1.8Hs e Hf pari a: ⎛ 3π 2 ⋅ hb gT 2 ⎛⎜ 4 / 3 ⎞ ⎞ 1 − exp⎜⎜ 1 + 15(tan ϑ ) ⎟⎟ ⎟ con ϑ inclinazione del fondo H f = 0.18 2 ⎜ ⎟ 2π ⎝ gT ⎝ ⎠ ⎠ β è l’angolo di inclinazione del fronte d’onda rispetto alla parete decurtato di un franco di sicurezza di 15°.

(

)

Progettazione e/o verifica delle opere interne di un porto

Le opere interne di un porto sono costituite dalle banchine, disposte lungo il perimetro dello specchio acqueo ed i pontili posti all’interno del bacino, che possono essere di tipo fisso o di tipo galleggiante. Le banchine possono essere realizzate in tanti modi diversi e la scelta della tipologia da utilizzare è funzione dell’utilizzo previsto (attraccabile o non attraccabile), dei valori di agitazione interna del

78


porto (riflettente o antiriflettente) e delle spinte agenti dal terreno retrostante. In particolare, quando è necessario contenere il moto ondoso all’interno dello specchio acqueo e non è possibile intervenire sulla configurazione planimetrica delle opere di difesa esterne, è frequente il ricorso a banchine del tipo antiriflettente. Le banchine possono essere suddivise nelle seguenti tipologie: - banchina a scogliera, non attraccabile e non riflettente

figura 14 – sezione tipo di una banchina a scogliera (fonte: Milano, 2008)

-

banchina a giorno, attraccabile e non riflettente

figura 15 – sezione tipo di una banchina a giorno (fonte: Milano, 2008)

-

banchina a cassoni, struttura a gravità attraccabile, più o meno riflettente (possono essere utilizzati cassoni con camere assorbenti in modo da dissipare le onde incidenti e ridurre l’effetto di riflessione)

figura 16 – sezione tipo di una banchina a cassoni classici (riflettenti) (fonte: Berriolo e Sirito, 1972)

-

banchina a massi sovrapposti, struttura a gravità riflettente

79


Figura 17 – sezione tipo di una banchina a massi sovrapposti (fonte: Milano, 2008)

-

banchina a paratie, attraccabile e riflettente

figura 18 – sezione tipo di una banchina a paratie I pontili possono essere di tipo fisso o galleggiante (

figura 19), la scelta tra le due tipologie è legata non solo ad aspetti tecnici ma anche ad aspetti economici ed ambientali, senza trascurare i problemi di uso, di gestione e di manutenzione programmata nel tempo di vita utile dell’opera.

figura 19 – sezione tipo di un pontile fisso ( a sinistra) e immagine di un pontile galleggiante (a destra)

80


I pontili, fissi e galleggianti e le banchine devono sopportare in condizioni di sicurezza, oltre al peso proprio e agli altri carichi permanenti, le azioni trasmesse dal moto ondoso residuo, dalle correnti, dai tiri d'ormeggio, dai venti, da sollecitazioni sismiche, dai sovraccarichi variabili verticali e da tutte le azioni che in genere possono verificarsi. Le azioni di verifica di un’opera interna devono essere determinate caso per caso in funzione della tipologia della stessa, delle destinazioni d'uso, delle condizioni meteorologiche locali, dell'agitazione interna, delle variazioni del livello marino, delle caratteristiche delle imbarcazioni, del sistema di ormeggio adottato e delle caratteristiche geotecniche dei terreni retrostanti. Pertanto, le verifiche variano notevolmente e non è possibile definire una casistica esaustiva. Per quanto riguarda i carichi da utilizzare nelle verifiche, oltre al riferimento fornito dalle NTC, è necessario tener conto di quanto raccomandato nella Disciplina di Piano Master Plan dei Porti della Regione Toscana e dalle Raccomandazioni tecniche per la progettazione di porti turistici (AIPCNPIANC, 2002). In particolare, i pontili fissi devono essere dimensionati tenendo conto delle seguenti caratteristiche: - il sovraccarico variabile verticale non deve essere inferiore a 4 kN/m2 (400 kg/m2) a meno che non si debbano prevedere sovraccarichi maggiori in relazione all'utilizzo ed all'ubicazione del pontile (occorre distinguere tra i pontili solo pedonabili e quelli carrabili); - la larghezza e i sovraccarichi variabili verticali dei pontili fissi carrabili vanno anche stabiliti in base alle esigenze connesse all'eventuale transito in sicurezza dei mezzi di soccorso; - la quota del pontile (distanza tra il livello medio marino e il piano di calpestio) è da valutare in relazione alle dimensioni delle imbarcazioni da ormeggiare e alle variazioni del livello del mare. Tuttavia si raccomanda un valore minimo di 1 m sul livello medio mare e indicativamente, non inferiore a 0.50 m in condizioni di massimo livello del mare. Invece, il dimensionamento dei pontili galleggianti deve tener conto di: - i sovraccarichi variabili verticali (fino al completo affondamento dei galleggianti posti sotto il piano di calpestio) non devono essere inferiori a 2 kN/m2 (200 kg/m2) a meno che non si debbano prevedere sovraccarichi maggiori (ad esempio "folla compatta"), in relazione all'utilizzazione ed all'ubicazione del pontile; - il bordo libero, in assenza di sovraccarichi variabili verticali (distanza tra il livello del mare e il piano di calpestio), deve essere valutato in relazione alle dimensioni delle imbarcazioni da ormeggiare. Si raccomanda comunque un valore minimo di almeno 0.50 m; - le azioni orizzontali devono essere calcolate in relazione alle condizioni d'uso e indicativamente, non possono essere inferiori a 1 kN/m (100 kg/m); - la stabilità trasversale minima del singolo elemento galleggiante, non collegato agli altri, deve essere tale da sopportare un carico di 1.5 kN/m2 (150 kg/m2) distribuito su metà larghezza del piano di calpestio mantenendo, altresì, un bordo libero residuo di almeno 0.05 m; - i pontili, compresi i relativi dispositivi di ormeggio, devono possedere caratteristiche di alta resistenza nei confronti delle aggressioni dell'ambiente marino e devono avere sistemi di galleggiamento inaffondabili e di idonea resistenza alla combustione (classe di reazione al fuoco 1); - il piano di calpestio deve essere dimensionato per sopportare il sovraccarico accidentale verticale sopra indicato e deve essere realizzato con materiale antiscivolo di provata durabilità in ambiente marino e di uso sicuro anche a piedi nudi. Bibliografia A.I.P.C.N.-P.I.A.N.C. , SEZIONE ITALIANA. 2002. Raccomandazioni tecniche per la progettazione dei porti turistici.

81


BATTJES, J. A. 1974. “Surf Similarity,” Proceedings of the 14th International Coastal Engineering Conference, American Society of Civil Engineers, Vol 1, pp 466-479. BERRIOLO G., SIRITO G. Spiagge e Porti Turistici. Hoepli Milano, 1972. BURCHARTH, H. F. 1993. The Design of Breakwaters. Department of Civil Engineering, Aalborg University, Denmark. CIRIA, CUR, CETMEF. 2006. The Rock Manual. The use of rock in hydraulic engineering (2nd edition). C683, CIRIA, London. CONSIGLIO SUPERIORE LL.PP. E CNR. 1996. - Istruzioni tecniche per la progettazione delle dighe marittime. Pubblicazione CNR-GNDCI. CONSIGLIO SUPERIORE LL.PP. 2004. - Linee Guida per la redazione dei Piani Regolatori Portuali (art. 5 L. 84/1994). GODA, Y. 1974. New Wave Pressure Formulae for Composite Breakwaters. Proceedings of the 14th International Coastal Engineering Conference, Vol 3, pp 1702-1720. KAMPHUIS, J.W., 2000. Introduction to Coastal Engineering and Management. World Scientific, Singapore. MARAVIGNA P. Porti turistici e marina. Dario Flaccovio Editore, 2002. MILANO V. Idraulica marittima. Maggioli Editore, 2008. REGIONE TOSCANA. 2007. Master Plan dei Porti, allegato A - elaborato 5 del Piano di Indirizzo Territoriale approvato con D.C.R. 72 del 2007. Quadro conoscitivo, Documento di Piano, Disciplina di Piano, Allegati. PODIS - PROGETTO OPERATIVO DIFESA SUOLO - Difesa delle Coste e Salvaguardia dei Litorali Analisi delle caratteristiche meteo-marine al largo e a riva e valutazione dei processi evolutivi costieri, Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio-Direzione Generale per la Difesa del Suolo-Progetto Operativo Difesa Suolo. PROF. ING. ALBERTO NOLI, ING. MARIO MITA. Roma 2005 Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A. – Salario OVERTOPPING MANUAL, 2007. EurOtop; Wave Overtopping of Sea Defences and Related Structures – Assessment Manual. UK: N.W.H. Allsop, T. Pullen, T. Bruce. NL: J.W. van der Meer. DE: H.Schüttrumpf, A. Kortenhaus. www.overtopping-manual.com. TOMASICCHIO U. Manuale di ingegneria portuale e costiera, seconda edizione. Editoriale Bios, 2001. TOMASICCHIO U. La progettazione dei porti turistici. Editoriale Bios, 2002. U.S. ARMY CORPS OF ENGINEERS. 2002. Coastal Engineering Manual. Engineer Manual 1110-21100, U.S. Army Corps of Engineers, Washington, D.C. (in 6 volumes). VAN DER MEER, J. W. 1988. Rock Slopes and Gravel Beaches Under Wave Attack. Ph.D. diss., Delft University of Technology, The Netherlands. (Also Delft Hydraulics Publication No. 396).

82


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.