TRASPARENZA > OPACITà
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RIVISTA DI ARCHITETTURE, CITTà E ARCHITETTI
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settembre dicembre
2009
TRASPARENZA > OPACITà
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e d i t r i c e
ateliers jean nouvel stefano boeri hof tabanlioglu assadi pulido rafael moneo fuksas zaha hadid dap studio salvatore re arquitectos anónimos® valerio olgiati
AND Rivista quadrimestrale di architetture, città e architetti n°16 settembre/dicembre, 2009 direttore responsabile Francesca Calonaci direttore editoriale Paolo Di Nardo comitato scientifico Giandomenico Amendola, Gabriele Basilico, Miranda Ferrara, Maurizio Nannucci, David Palterer, Sergio Risaliti, Giorgio Van Straten redazione Tommaso Bertini, Filippo Maria Conti, Samuele Martelli, Elisa Poli, Pierpaolo Rapanà, Daria Ricchi, Eugenia Valacchi
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16 sommario/summary Trasparenza > Opacità
Trasparenza e leggerezza?, Maria Grazia Eccheli
Quasi architettura, Paolo Di Nardo
Trame sensibili, Azzurra Macrì
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Ibrido lussureggiante, Alessandro Melis
Eye catching, Veronica Balutto
Doppio MAC, Guido Incerti
Sulla riva sinistra, Vittorio Savi
ARCHITETTURA. L’Opaco. IL Trasparente, Vittorio Savi
Dynamo Camp, Paolo Di Nardo
Piazza SANTA MARIA NOVELLA, Fabio Rosseti
opacità, Gianni Cavallina
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FUKSAS, Complesso parrocchiale San Paolo
Zaha Hadid, Burnham Pavilion
DAP Studio, Biblioteca Elsa Morante
Salvatore Re, Residenza Praticelli
Arquitectos anonimos, Casa FFTA
Valerio Olgiati, Atelier Bardill
EcocenTrico, Intervista a James Wines
EcocenTrico, Intervista a Stefan Tischer
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EDITORIALE, Paolo Di Nardo
EDITORIALE
Random [03] RANDOM, Diego Barbarelli
AND COMICS, Giorgio Fratini
CAM
Doppio MAC Assadi Pulido, Padiglione per la XVI Biennale cilena di architettura
testo di/text by
Guido Incerti
foto di/photos by Felipe Assadi, Nicolás Saieh For the 16th Architecture Biennial in Santiago, Chile, held in 2008, architects Felipe Assadi and Francisca Pulido were engaged to design a tempo-
Nell’ambito della XVI Biennale di Architettura di Santiago del Cile, tenutasi nel 2008, gli architetti Felipe Assadi e Francisca Pulido ricevettero l’incarico per il progetto di un padiglione espositivo temporaneo, che potesse ampliare l’insufficiente superficie a disposizione entro il Museo d’Arte Contem-
rary exhibition pavilion to expand the inadequate space that was available in the Chilean capital’s Museo de Arte Contemporáneo. Located across from the museum in the city’s main park, Parque Forestal, the pavilion designed by Assadi and Pulido is a unique paradigm of the «relationship between transparency and opacity, accessibility and inaccessibility, scrutability and inscrutability».1 That’s because this small pavilion has laid bare the logic behind a kind of architecture – the experimental architecture found at biennials – that is often cryptic to most people, hidden away within the spaces of museums and galleries, invisible from the outside, or better yet, in old, isolated infrastructures that are hard to reach. The same thing probably would have happened with the Chilean Biennial as well, had it been held only within the MAC. But the need to expand the area available for the event made this project necessary. The design conceived by the Chilean architects thus managed to ‘transfer’ the proportions of what would have been the main exhibit hall to the outside, turning space into architectural material, a temporary, attention-grabbing, landmark space that can be passed through and enjoyed by everyone. Its aim was to render visible and transparent not the building itself, but what the building was
poranea della capitale cilena. Posizionato di fronte allo stesso Museo, nel Parco Forestale della città, il padiglione ha avuto la peculiarità di essere un paradigma nel «rapporto fra trasparenza e opacità, fra accessibilità e inaccessibilità, fra perscrutabilità e imperscrutabilità».1 Questo piccolo padiglione infatti ha portato allo scoperto le ragioni di un’architettura, quella della ricerca e delle biennali, che spesso risulta criptica ai più, si nasconde entro gli spazi, invisibili dall’esterno, dei musei e delle gallerie o meglio ancora in quelli ben isolati, di vecchie infrastrutture difficilmente raggiungibili. Forse la stessa cosa si sarebbe verificata anche per la Biennale cilena, se questa si fosse tenuta esclusivamente all’interno degli spazi del MAC. Ma la necessità dell’ampliamento delle superfici necessarie alla manifestazione, ha reso necessario il progetto. L’edificio immaginato dagli architetti cileni poté così ‘traslare’ all’esterno, all’aperto, la volumetria di quella che sarebbe stata la sala principale dell’esibizione, trasformando di fatto lo spazio in materia architettonica, landmark attrattore temporaneo, fruibile ed attraversabile da tutti. Con lo scopo di rendere visibile e trasparente, più che l’oggetto in sé, quello che l’oggetto avrebbe contenuto: «l’Architettura che dovrebbe guidare la nostra Terra».2 Ecco quindi la sospensione del volume libero, compositivamente voluta per non intralciare l’attraversamento dello spazio sottostante, e creare contemporaneamente una piazza coperta inferiore ‘evento’ collettivo, nonché la trasparenza del rivestimento, che rompe l’opacità delle pareti rendendo visibile il contenuto del volume, dando luce così ad un sentimento di curiosità ‘voyeristica’, necessaria ad attrarre il pubblico, spalancando la disciplina verso l’esterno. Così da permettere la circolazione di una nuova conoscenza, da sempre l’obiettivo ultimo della trasparenza. Se la generazione dello spazio è figlia di questo concetto, coerentemente anche l’aspetto tecnico realizzativo ne segue la via. Una via che grazie all’uso di materiali sostenibili e totalmente riciclabili, quali il laminato in allumini zincato per la pelle esterna, il cartone pressato in blocchi per la costruzione delle pareti, la moquette di pavimentazione e la struttura portante in tubi da ponteggio, porterà la trasparenza del padiglione, mano a mano a rarefarsi fino a svanire nel riciclo. Lasciando come unica eredità il nucleo stesso della trasparenza. La conoscenza autentica. Note 1 Tomás Maldonado, Memoria e conoscenza: sulle sorti del sapere nella prospettiva digitale, Feltrinelli, Milano 2005, p. 37. 2 Hacía una Arquitectura que Cuide Nuestra Tierra [Verso un’architettura che guidi la nostra Terra] era il titolo della Biennale di Architettura cilena in oggetto.
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nome progetto/project name Padiglione per la XVI Biennale dell’Architettura Cilena/Pavilion for XVI Biennale of Chilean Architecture progetto/project design Felipe Assadi + Francisca Pulido Architects collaboratori/collaborators Pablo Casals, Francisco Duarte consulenti/consultants Arbol Color, Hunter Douglas, Interfaceflor luogo/place Parque Forestal s/n, MAC [Museo de Arte Contemporaneo], Santiago, Cile data/date 30 ottobre/October-9 novembre/November www.assadi.cl
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pianta livello 0/level 0 plan
a
meant to contain: «architecture that cares about our planet».2 Thus the open-plan structure is raised up so as not to block pedestrian traffic below, creating a cov-
pianta livello +4,70 ml+4,70 m level plan
prospetto sudlsouth elevation
ered plaza underneath the collective ‘event’, while the transparent skin breaks the opacity of the walls and makes their content visible, inspiring a sense of ‘voyeuristic’ curiosity that attracts the public and opening the discipline up to the outside world. As a result, it allows the circulation of a new kind of knowledge, which is always the ultimate goal of transparency. While the generation of space is the outgrowth of this concept, the technical aspects of the building’s construction follow the same approach. An approach that by using sustainable, fully recyclable materials such as aluzinc sheeting for the outer skin, corrugated cardboard blocks for the walls, carpeting for the floors, and a weight-bearing structure made of scaffolding, will make the pavilion gradually become more and more transparent until it disappears and is recycled. Leaving the very essence of transparency as its only legacy. Authentic knowledge.
Notes 1 Tomás Maldonado, Memoria e conoscenza: sulle sorti del sapere nella prospettiva digitale, Feltrinelli, Milan 2005, p. 37. 2 Hacia una Arquitectura que Cuide Nuestra Tierra [Towards an Architecture That Takes Care of our Planet] was the title of the Chilean Architecture Biennial in question. sezione aalsection aa
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la passerella di accesso al padiglione the access foot bridge to the pavilion sopra: vista dalla piazza above: view from the square
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fasi di montaggio/building phases
1 montante in alluminio zincato di 1,2 mm con pittura poliestere; larghezza 110 mm, lunghezza massima 3 m 2 chiusura del tubo in alluminio zincato, 0,8 mm con pittura poliestere; diametro 88 mm 3 tubo in alluminio zincato con pittura poliestere 0,6 mm, lungo 6 m 4 nastro in alluminio zincato perforato con pittura poliestere 0,5 mm di spessore [perforazioni 103 (2,95 mm); perforato 110 m1 (3,9 mm)] 5 nastro in alluminio zincato con pittura poliestere 0,5 mm di spessore senza perforazioni 6 anello di plastica in ABS, diamtero interno 43 mm
1 aluzinc mullion 1.2 mm with polyester paint; 110 mm wide and max 3 m lenght 2 closing of the zinc coated aluminium pipe, 0.8 mm with polyester paint; 88 mm diameter 3 zinc coated aluminium pipe with polyester paint 0.6 mm, 6 m long 4 zinc coated perforated aluminium tape with polyester paint 0.5 mm thikness [perforations 103 (2.95 mm); perforated 110 m1 (3.9 mm)] 5 zinc coated perforated aluminium tape with polyester paint 0.5 mm thikness without perforations 6 ABS plastic ring, interior diameter 43 mm
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6 fasi produttive del nastro di alluminio zincato productive phases of the aluzinc stripes
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Sulla riva sinistra Rafael Moneo, Biblioteca universitaria di Deusto, Bilbao
testo di/text by
Vittorio Savi
foto di/photos by Duccio Malagamba On the left side The old district located beyond the estuary, on the left bank of the Nervión is called Deusto. The University gets its name from this dis-
Di là dell’estuario il vecchio quartiere in riva sinistra del Nervión si chiama Deusto. L’Università prende il nome dal quartiere. Sempre l’Università Deusto è stata culla di illustri giuristi e, insieme, protagonista della vita culturale
trict. The University of Deusto has always been the cradle of illustrious jurists as well as protagonist of the city’s cultural life – bearing witness to the solid civic commitment towards its city, Bilbao, in the sphere of the Basque metropolitan area. Although from this side of the estuary the location appears to be favourable to the urban cut of its architecture, the difference between the block (large) and the site (smaller), has made the issue of urban settlement rather complex. If we add the invasive presence of the indistinct Guggenheim Museum to this, the uncertainty worrying the architect is understandable (an uncertainty destined to be resolved with a choice that is coherent with the geography and history of the place, yet with the Rafael Moneo’s poetic vicissitude). From a formal point of view, the Library’s project and building do not propose to compete with the protagonism of the Museum (a category like any other). From a standpoint of their contents, they would not want to relinquish public statute essential to the renovation of this portion of the urban landscape. Regarding this second aspect, the Library does not intend to establish liaisons dangereuses with the adjacent Museum, but appropriate associations with this relatively distant ‘University Centre’ that is to be accessed by way of the well-designed foot bridge by engineer Fernandez, that can almost be
cittadina – dando così testimonianza di un forte impegno civico verso la città, Bilbao, nell’ambito dell’area metropolitana basca. Sebbene, di qua dall’estuario, il luogo appaia favorevole al taglio urbanistico dell’architettura, la differenza tra l’isolato (grande) e il sito (più piccolo), ha reso complesso il problema insediativo. Se a ciò aggiungiamo la presenza invasiva del pur sfuggente museo Guggenheim, si capirà l’incertezza che ha afflitto l’architetto (destinata a risolversi nella scelta coerente con la geografia e con la storia, ancora con la vicissitudine poetica di Moneo). Dal punto di vista formale, il progetto e l’edificio della Biblioteca non intenderanno competere con il protagonismo del Museo (una categoria come un’altra). Dal punto di vista contenutistico, non vorranno rinunciare allo statuto pubblico, essenziale al rinnovamento di questa parte del paesaggio urbano. Per questo secondo aspetto, la Biblioteca non vuole allacciare liaisons dangereuses, bensì corrette relazioni sia con il Museo contermine, sia con il relativamente lontano organismo ‘centrale dell’Università’, al quale porta il garbato ponte pedonale dell’ingegner Fernandez, quasi passerella – che sarà sorvegliata dal totem ferrigno di Chillida. Queste, altre intenzioni, meno poetiche che critiche, nonché il consiglio di Belem e di Jeff Brock (figlia e genero, vedi di loro l’architettura-manifesto, Terme di Panticosa, And 15), hanno condotto Moneo ad accostarsi alla materia o pietra artificiale come il diffusore di vetro pressato. Secondo il Tailor Made predisposto dall’azienda produttrice, questo glassblock avrebbe potuto essere disegnato dall’architetto nella specifica veste originale. Così è stato. Il suo genio di designer improvvisato gli ha suggerito il vetromattone percorso di scanalature profonde venti centimetri, ragion per cui sarà detto Dorico: elemento neutro ma fotosensibile, illuminato del bianco o del grigio monocromatico. La produzione nello stabilimento della gran quantità di pezzi. La posa in opera di altrettanti, consentiranno di istaurare la facciata continua, monocromatica, collegata alla struttura di cemento armato, non senza debito intervallo. Darà vita all’involucro totale, salvo eccezioni. Niente di meglio per individuare la struttura volumetricamente autonoma, capace di epifenomeni quali, di giorno, l’attenuazione dei bagliori rimandati dalle lastre di titanio, lucide e opache, di cui è rivestito il Museo, e l’ambientazione all’interno del parco fluviale cioè dell’insieme dei giardini che si stabiliranno di qua e di là dal Nervión. Forse il gesto progettuale più efficace è rappresentato dalla produzione, messa in opera dei vetro-
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described as a catwalk – that will be watched over by Chillida’s iron totem. These other intentions, less poetic than critical, along with advice from Belem and Jeff Brock (daughter and son-in-law. See their architecture-demonstration, Panticosa Spa, And 15) led Moneo to approach matter or artificial stone as a diffuser for pressed glass. According to Tailor Made, made available by the company, this glassblock could have been designed by the architect in its specific, original aspect. This came to pass. His genius as an improvised designer prompted the glass-brick along the 20 centimetre-deep grooves, the reason behind its being called Doric: a neutral, yet photosensitive element illuminated by white or a monochromatic grey. The production of a large quantity of pieces at the planimetria generale/site plan
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plant. The installation of many pieces allow the construction of the continuous, monochromatic façade connected to the reinforced concrete structure, not lacking the proper interval. This will create a total enclosure, exceptions aside. There is no better way to detect the volumetrically independent structure, able of epiphenomena as – during the day – the reduction of the glare reflected by both the shiny and opaque titanium sheets covering the Museum, and the setting layout in the Fluvial Park – with the combination of gardens that will be created on both sides of the Nervión. Perhaps the most effective planning sign is represented by the production and installation of the angular Doric glass-bricks confirming the geometric identity of the architectural structure as one that is
mattoni angolari dorici, che sapranno confermare alla fabbrica architettonica l’identità geometrica di solido cubizzante dagli spigoli arrotondati – ineffabile. Neppure fossimo nella Berlino espressionista degli anni dieci e venti del Novecento, anziché nella Bilbao decostruttivista degli anni zero del duemila, codesta facciata di vetro pressato, una volta retroilluminata, la sera, trasformerà il blocco nella grande lampada o nel faro imprevisto, eppure sarà in grado di oscurare il Museo e di consegnare la spettacolare massa volumetrica alle fenditure più nere del nero, anziché al brillio della pelle, fatta di lastre di titanio. Viceversa la ‘distanza concettuale’ tra Museo e Biblioteca andrà riducendosi, se si considererà quanto l’architettura sgusciante di Gehry abbia influito sull’orientamento impresso da Moneo alla planimetria della Biblioteca. Ogni sala di lettura lavorerà sulla diagonale fino ad aprirsi nello spicchio di cristallo su cui incombe la veduta della macchina spettacolare. Lo spicchio ripetuto di piano in piano, determinerà il vuoto annesso, il patio di cristallo. Al patio di cristallo farà da riscontro lo spicchio degli uffici sopra l’accesso, quello contrassegnato dalla scritta Biblioteca Deusto. Mentre dovrebbe risultare perfetto il deposito librario, spazio servente per eccellenza, racchiuso come sarà dalla parete cementizia e dalla controparete vetrocementizia. [NdR Lo scritto di Savi traduce e rielabora liberamente il testo della relazione progettuale anonima]
pianta piano terra/ground floor plan
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solid, almost cube even if rounded – ineffable. It is almost like being in the Expressionist Berlin of the 1910’s and 1920’s instead in the Deconstructivist Bilbao of the early 21st century! That pressed glass façade, once retro-illuminated in the evenings, will transform the block into a large lamp or an unexpected lighthouse. Yet, it will be able to overshadow the Museum and deliver its spectacular volumetric mass to the blacker-than-black crevices, instead of to the shimmer of its skin composed of titanium sheets. Viceversa, the ‘conceptual distance’ between the Museum and the Library will be reduced, if we consider to what degree the smooth architecture of Gehry has had an influence upon the orientation impressed by Moneo on the Library’s plans. Each reading room will be placed on a diagonal axis until they open onto the crystal segment overlooking the spectacular machine. This segment, duplicated from one floor to the next, will determine the attached cleft: the crystal patio. This crystal patio will be corresponded by the segment of the offices located above the entrance, indicated with the sign Biblioteca Deusto. The library deposit, a service area par excellence, seems to be perfect: closed off by a cement wall and by a counter wall in glass cement. [Editor’s Note This article by Savi is a loose translation and re-elaboration of an anonymous planning report]
nome progetto/project name Biblioteca dell’Università di Deusto/Deusto Universitary Library progetto/project design José Rafael Moneo architetto responsabile/project architect Valerio Canals Revilla collaboratori/collaborators Santiago de Molina, Alberto Brito, José Ortiz, Angela Pang, Gabriel Fernández-Abascal, Alberto Montesinos strutture/structures NB 35 Jesús Jiménez Cañas ingegneria meccanica/mechanical engineering PGI Ingeniería modello/model makers Estudio Rafael Moneo – Juan de Dios Hernández y Jesús Rey committente/client Universidad de Deusto/ Deusto University luogo/place Bilbao Spagna superficie netta/usable area 19.000 mq/sqm superficie totale/total area 25.000 mq/sqm data progetto/design date 2002-2005 realizzazione/construction 2005-2008 a
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pianta piani 2, 3 e 4/2nd 3rd and 4th floor plan
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una sala lettura/a reading room pagina seguente: un deposito libri following page: a deposit of books
vista assonometrica lato sud axonometric view of the south side vista assonometrica lato nord axonometric view of the north side
spaccato assonometrico axonometric view sezione aa/section aa
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20 m
Dynamo Camp
di/by Paolo Di Nardo foto di/photos by Arrigo Coppitz
Recreational architecture
Dynamo Camp
Architettura ricreativa
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laboratori/labs teatro/theatre
mensa/dining hall
uffici/offices mensa/dining hall
residenze/housing
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planimetria generale/general plan fattoria cavalli/horses’ farm
piscina/swimming pool
nome progetto/project name Dynamo Camp progetto/project Elio Di Franco collaboratori/collaborators Luigi Pacciani strutture/structures Pietro Mele impianti tecnici/technical systems Francesco Sadovsky impianti elettrici/electrical systems Studio Tecnico 71 impianti idrotermosanitari/hydrotermosanitary systems Francesco Sadovsky direzione lavori/works management Elio Di Franco coordinatore della sicurezza/safety coordinator Stefano Finetti committente/client KME proprietà/owner KME impresa/general contractor CPF Costruzioni luogo/place Limestre (PT) superficie/area 10.000 mq/sqm data progetto/design date 2006 realizzazione/realization 2006/2007 costo/cost 13 milioni euro
sopra: vista generale delle residenze above: general view of the residential buildings nella pagina seguente: la mensa in the following page: the dining hall
Alla fine degli anni ‘80 Paul Newman dette vita in America al primo Hole in the Wall Camp il cui obiettivo era quello di rendere migliore la vita dei bambini affetti da gravi patologie che oltre a minarli nel fisico tolgono loro la forza e la gioia della vita sociale, del gioco e dello svago propri della loro età. Dopo 20 anni nasce il primo Camp italiano: su iniziativa della Fondazione Dynamo, una fondazione di venture philantrophy nata nel 2003 da un idea di Vincenzo Manes, viene recuperato e convertito il complesso degli edifici industriali della ex SMI Società Metallurgica Italiana, divenuta Europa Metalli del gruppo KME, a Limestre, alle pendici dell’Appennino Pistoiese. Per una volta il recupero di una vasta area industriale dismessa, situata in un contesto ambientale di assoluto rilievo, dichiarato Oasi Naturale dal WWF, non è finalizzato al suo sfruttamento speculativo, ma alla filantropia. La ‘terapia ricreativa’ è la base scientifica che ispira l’attività di questo Camp, come degli altri sparsi per il mondo. Questo tipo di terapia spinge i bambini affetti da gravi patologie a partecipare attivamente all’avventura del Camp, coinvolgendoli in esperienze in grado di valorizzare la socializzazione con altri bambini e di far riscoprire loro le proprie capacità. Gli effetti di tale terapia sono tali da mutare, positivamente, la capacità di questi bambini di confrontarsi con la propria malattia. Nella primavera del 2006 per il progettista, l’architetto Elio Di Franco, e per l’impresa, CPF Costruzioni, che ha realizzato l’intervento, inizia la sfida: ripulito il complesso da tutto ciò che non era funzionale e congruo alla nuova destinazione ma anche alla memoria del luogo, si trattava di creare nuovi spazi o adattare gli esistenti per facilitare la terapia ricreativa. Spazi stimolanti, facilmente riconoscibili, accessibili in ogni parte, in grado di favorire quelle attività così importanti per i piccoli ospiti, ed in grado di integrare gli spazi di vita quotidiana con l’ambiente naturale in cui il complesso è immerso. Il complesso si articola in 3 nuclei funzionali: le residenze, gli spazi ricreativi e di socializzazione, le strutture sportive. Gli spazi ricreativi e sociali sono di fatto il baricentro simbolico e funzionale dell’intero complesso, sottolineando così il loro ruolo fondamentale nella terapia. Il grande edificio della mensa, di nuova realizzazione, con la sua struttura trilitica, mista in legno e cemento armato, sembra voler richiamare simbolicamente gli elementi naturali che lo
In the late ‘80s, actor Paul Newman created the first Hole in the Wall Camp in America, a project aimed at improving the lives of children with serious medical conditions that not only undermine their health, but rob them of the energy and joy of socializing, playing and having fun like other kids their age. Twenty years later, a camp has now been founded in Italy: Fondazione Dynamo, a venture philanthropy foundation created in 2003 at the initiative of Vincenzo Manes, has recovered and converted the industrial complex that formerly belonged to SMI Società Metallurgica Italiana (later Europa Metalli – KME Group) in Limestre, on the slopes of the Pistoian Appennines. For once, the conversion of a vast, abandoned industrial area, located in a significant environmental setting that is a WWF nature preserve, is not geared towards speculation, but philanthropy. ‘Recreational therapy’ is the scientific idea behind the activity of this camp, like the other Hole in the Wall camps around the world. This type of therapy helps children with serious medical conditions become active participants in the adventure of camp life, engaging them in experiences that encourage socialization with other children and help them rediscover their own abilities. The effects of this therapy have a positive influence on the children’s capacity to deal with their illnesses. In spring 2006, the real challenge began for the architect, Elio Di Franco, and the construction company, CPF: once the complex had been cleared of everything that was not useful for its new purpose or for preserving the memory of the place, it was a task of creating new spaces or adapting existing ones for ‘recreational therapy’. These spaces needed to be stimulating, easily recognized, and completely accessible, both facilitating the activities that are so important for the young campers, and integrating daily living spaces with the natural surroundings. The complex is divided into three functional clusters: the dormitories, the recreational and social spaces, and the sports facilities. The spaces for recreation and socialization are the symbolic and functional heart of the entire complex, emphasizing their fundamental role in therapy. The large cafeteria building, which is a new trilithic structure made of wood and reinforced concrete, seems to symbolically echo the natural elements around
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pianta della mensa/plan of the dining building
circondano, gli alberi e la pietra, e la ‘semplicità’ formale che questi esprimono. Come in un gioco di costruzioni le imponenti travi si incastrano e si appoggiano l’una sull’altra; la pulizia delle linee, la trasparenza delle pareti, sembrano concentrare l’attenzione sullo spettacolo naturale circostante... Poi ti rendi conto che gli aspetti funzionali, tecnologici e costruttivi di una struttura in grado di, tenere libero da qualsiasi ingombro strutturale uno spazio di poco più di 1.000 mq in cui i bambini mangiano, si incontrano e giocano; di permettere l’uso di pareti vetrate, su 3 lati, senza soluzioni di continuità, che danno la sensazione di uno spazio aperto; di creare, con gli aggetti esterni, coperti, di 4 metri, degli spazi di transizione protetti fra interno ed esterno, sono forse più importanti della loro essenziale, seppur raffinata ed indiscutibile, qualità estetica. Lo stesso concetto si ritrova ovviamente anche negli altri immobili, anche se si tratta di ristrutturazioni: le residenze, ad esempio, o la piscina od il centro medico adiacente alla mensa. Le prime, ricavate in uno dei vecchi edifici industriali, molto rassicurante con la sua forma tradizionale, così simile ai disegni dei bambini, ma ugualmente divertente, stimolante ed originale con le sue numerose finestre, ognuna con un vetro di colore diverso: un ‘gioco’ architettonico, ma anche uno strumento terapico forte, in grado di stimolare i sensi e la fantasia con una forte spinta simbolica – il mondo esterno che appare colorato, ma che al tempo stesso entra all’interno attraverso le tantissime finestre. Allo stesso modo la piscina coperta, che sfrutta tecnologie bioclimatiche per il suo riscaldamento, ha le pareti in gran parte vetrate, su cui scende in modo asimmetrico, la falda del tetto come una coperta, protettiva. Il progetto residenze, interno ed esterno housing building, interior and exterior nella pagina seguente: la piscina in the following page: the swimming pool
del centro medico ha, da parte sua, fatto convivere gli aspetti più strettamente funzionali e tecnologici, con il desiderio di trasformare questo spazio in qualcosa di divertente, di accogliente, che fosse il più lontano possibile dall’idea di ‘cura’ od ‘ospedale’. è evidente come in questo caso il progetto, l’architettura, del Dynamo Camp di Limestre, pur presentandosi ai suoi livelli più alti, sia prima di tutto uno strumento per migliorare la qualità della vita di questi bambini, rompendo, simbolicamente, ma anche fisicamente, quell’isolamento dal mondo esterno che la malattia ed il suo trattamento creano.
it, the trees and stone, and the ‘simplicity’ of their forms. Like a construction toy, it has massive interlocking beams that rest on each other; its clean lines and transparent walls seem to focus attention on the spectacular natural surroundings... Then one realizes that the functional, technological, and structural aspects of this building design—which manages to eliminate all obstructions from a space of just over 1000 sqm, where the children eat, play, and spend time together; that allows for seamless glazed walls on three sides, to give the feeling of an open space; that uses roofed, four-meter external projections to create sheltered transitional spaces between the inside and outside – are perhaps more important than their pared-down, yet unquestionably sophisticated aesthetic quality. The same concept can obviously be found in the other buildings, even though they are renovations: the dormitories, for example, or the swimming pool and the medical center adjoining the cafeteria. The former, located in one of the old industrial buildings, have a very reassuring, traditional form, quite similar to children’s drawings, but are also fun, stimulating and original, featuring a large number of windows, each with different coloured glass. This architectural ‘game’ is a powerful therapeutic tool that spurs the senses and the imagination through a strong symbolic stimulus: the outside world becomes a colourful place, and also makes its way inside through the many windows. In a similar way, the indoor pool, which is heated using bioclimatic technology, has walls made mostly of glass, and an asymmetrical pitched roof that descends over them like a sheltering blanket. The design for the medical center also combines strictly functional, technological elements with the desire to make this space fun and inviting, as far removed as possible from the idea of ‘doctors’ or ‘hospital’. One can clearly see how the design and architecture of the Dynamo Camp in Limestre, though of outstanding quality, is first and foremost a tool for improving these children’s lives, breaking down the symbolic and physical barriers that illness and medical treatment have placed between them and the outside world.
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a
pianta della piscina/plan of the swimming pool
prospetto sud/south elevation
sezione aa/section aa
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prospetto ovest/west elevation
La scatola sacra FUKSAS, Complesso parrocchiale San Paolo a Foligno
Ceux qui ont plus de choses que de mots – c’est le commun. Ceux qui ont plus de mots que de choses – l’écrivain, l’orateur. Ceux qui ont plus de formes que de mots – les intérieurs. Paul Valery, Cahiers, D 615-616
testo di/text by Elisa Poli foto di/photos by Moreno Maggi
The sacred box Making the sacred speak is always
Far parlare il sacro è sempre un compito particolarmente difficile. Le cattedrali, costruite con le pietre
a particularly difficult task. Cathedrals, built in the stone of the centuries, sit unchanging – even when
dei secoli, risiedono immutabili – anche quando non ancora finite – nei luoghi più intimi ed esposti delle città; sono il simbolo della nostra cultura, il segno di uno spazio oggettivo, uno dei pochi forse
not yet finished – in the most intimate and the most exposed places in the city; they are the sym-
che oggi ci rimane. Le chiese storicamente erano la casa dei fedeli – quando la religione rappresentava un aspetto condiviso e condivisibile della società – uno spazio simbolico e al contempo vivibile,
bol of our culture, the sign of an objective space,
vissuto, consumato dal fumo delle candele e dal passaggio dei piedi degli uomini. Non è cambiato di
perhaps one of the few which are left nowadays. Historically, the churches were the house of the
molto questo atteggiamento anche quando ai luoghi sacri se ne sono aggiunti altri, fortemente evocativi del bisogno che il pubblico dimostra nei confronti della propria sintassi minima, come i musei, gli
faithful – when religion was a shared and shareable aspect in society – a space which is at the
stadi, le stazioni e gli aeroporti. Ma le chiese sono rimaste. Anche nel Novecento, quando la fabbrica ha rappresentato il nuovo culto delle città, anche quando Michelucci ha progettato il suo capolavoro
same time symbolic and accessible, experienced,
non più all’interno di una piazza ma nel movimento futurista dell’autostrada, anche allora il sacro ha
consummated and consumed by the smoke of the candles and the passage of the feet of mankind.
mantenuto la sua forza, forse l’ha accresciuta. Il primo ostacolo al concepimento dello spazio sacro risiede proprio in una dialettica insolubile: accogliere da una parte le numerosissime voci dei fedeli
This attitude has not changed a great deal even when other places have joined the ranks of those
che l’abiteranno e trasformarle in un oggetto ermetico, capace di contenere il silenzio, la preghiera interiore. Il secondo ostacolo consiste invece nel concetto di limite: il perimetro della chiesa non può
which are religious, strongly evocative of the need that the public shows in relation to its minimal syntax, such as museums, stadiums, stations and
essere approcciato se non con un taglio netto, una variazione di ritmo improvvisa. Non ci si avvicina al sacro, non lo si può omettere nell’attesa di una processione di eventi visivi che ce lo rendano meno totalizzante, lo si può solo vivere. Il terzo ostacolo, questo inerente alla nostra epoca, riguarda il lin-
airports. But there are still churches. Even in the twentieth century, when the factory represented the new cult of the city, even when Michelucci designed his masterpiece no longer in a city square but on the futurist movement of the highway, even then the sacred kept its strength, indeed perhaps it increased. The first hurdle at the conception of the sacred space truly lies in an insoluble dialectic: accommodate on one side the multitudinous voices of the faithful that will use it and transform it into an impenetrable object, able to contain silence, interior prayer. The second hurdle consists instead in the concept of limit: the edge of the space cannot be approached if not with a clear break, a sudden variation in rhythm. The sacred cannot be approached, it cannot be ignored waiting for a succession of visual events, making it somehow less all-encompassing, it can only be experienced. The third hurdle, this time inherent to our period, concerns communication: how can we
guaggio: come farlo parlare pur concedendogli il grande privilegio del silenzio? A far parlare il sacro ci ha provato di recente Massimiliano Fuksas attraverso il progetto per la Chiesa di Foligno. Un compito difficile, svolto con totale consapevolezza e dedizione. Il programma prevedeva la costruzione di un complesso parrocchiale costituito da un corpo principale destinato a chiesa, uno secondario occupato dalla sacrestia, mentre un terzo elemento, che unisce questi ultimi due, ospita la cappella feriale. Fuksas ha immaginato un edificio costituito da due parallelepipedi inseriti uno nell’altro, di cui il maggiore, esterno, cubico e silente è attraversato nella parte bassa da una larga e bassa feritoia che costituisce l’ingresso principale, a cui si accede tramite una rampa, mentre il secondo, come una scatola aperta e sollevata da terra, racchiude al suo interno l’altare e lo spazio di culto. La parte esterna, in calcestruzzo armato a vista è interrotta da una serie di aperture che richiamano metaforicamente antichi rosoni e concedono allo sguardo di penetrare la massa solida della chiesa. La parte interna – un velario con struttura in acciaio e finitura in intonaco di cemento alleggerito – viene appesa per mezzo di travi in acciaio posizionate in copertura. Questo elemento, che definisce la forma a pianta centrale, costituisce al contempo – proprio per la sua forma – l’idea di un peristilio interno senza colonne, suddividendo il percorso dell’atrio da quello della navata laterale e del presbiterio. L’idea molto forte di smaterializzare all’interno il senso dell’edificio lasciando che sia la luce, filtrata sapientemente, a formarne le gradazioni d’intensità, bilancia la geometria forte e pulita dell’edificio esterno che annuncia, nel paesaggio tutto triangolare delle montagne, la presenza del sacro contemporaneo. Le forme, in questa nuova opera di grande intensità, raccontano il senso di un percorso interiore che ha saputo coniugare i rimandi storici e le suggestioni di un’architettura archetipica.
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planimetria/site plan
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pianta piano terra/ground floor plan
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pianta primo piano/first floor plan
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sezione aa/section aa
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sezione bb/section bb
make it speak in order to deliver the great privilege of silence? Massimiliano Fuksas has recently attempted to
to create degrees of intensity, balances the strong, clear geometry of the external building which announces, in the totally triangular landscape of
make the sacred speak through the project for the Church of Foligno. A difficult task, carried out with total awareness and dedication. The plan aimed at the construction of a parish complex made up of a main body for a church, a second occupied by the sacristy, whilst a third element, joining these two, houses the weekday chapel. Fuksas has imagined a building made up of two rectangular blocks placed one inside the other, of which the larger, external, one, cubic and silent, is crossed at the bottom by a large low loophole which creates the main entrance, entered via a ramp, while the second, like an open box, lifted off the ground, encloses within it the altar and the worship area. The external part, in reinforced concrete has a view broken up by a series of openings which metaphorically bring to mind ancient rosettes and allow the eye to penetrate the solid mass of the church. The internal part – a veil in steel and finished in plastering of lightened concrete – is suspended by means of steel girders in a covering position. This element, which defines the form of the central plan, produces at the same time – precisely due to its shape – the idea of an internal peristyle without columns, subdividing the path of the entrance from that of the lateral nave and the presbytery. The excellent idea of dematerializing the meaning of the building to the interior, leaving the light, skilfully filtered,
the mountains, the presence of a contemporary sacredness. The shapes, in this new grandly intense work, communicate the sense of an internal journey which has known how to marry together the historical references with suggestions of an archetypical architecture.
nome progetto/project name Complesso Parrocchiale San Paolo/San Paolo Parish Complex progetto/project Massimiliano e Doriana Fuksas strutture/structures Gilberto Sarti impianti/systems A.I. Engineering interventi artistici/artistic contribution Enzo Cucchi, Mimmo Paladino impresa di costruzione/contractor Ediltecnica committente/client Conferenza Episcopale Italiana – Diocesi di Foligno arredi sacri in pietra Fuksas Design/sacred stone furnitures by Fuksas Design Scalpellino Maurizio Volpi arredi in legno Fuksas Desing/wooden furnitures by Fuksas Design Falegnameria Bertini corpi illuminanti Fuksas Desing/lights by Fuksas Design iGuzzini illuminazione luogo/place Foligno (PG) progetto/design 2001-2009 fine lavori/completion 2009 superficie lotto/site area 20.690 mq/sqm chiesa/church 610 mq/sqm complesso parrocchiale/parish complex 1.300 mq/sqm volume utile lordo/usable volume 87.000 mc/cm costo/cost 3.600.000 euro www.fuksas.it
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sezione cc/section cc
sezione dd/section dd
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10 m
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Interazione e interferenza DAP Studio, Nuova biblioteca civica Elsa Morante
testo di/text by Azzurra Macrì foto di/photos by Luigi Filetici
Interaction and interference What happens when a
E se un’architettura contemporanea si accosta ad un oratorio dei primi del Novecento? DAP studio di
piece of contemporary architecture is placed alongside an oratory from the beginning of the twentieth
Milano (Elena Sacco, Paolo Danelli) ha dimostrato che la cosa non solo è possibile, ma che si possono creare delle interazioni fra il linguaggio della contemporaneità e quello della memoria senza produrre
century? DAP studio of Milan (Elena Sacco, Paolo Danelli) has shown that the thing is not only pos-
ferite, senza strappi. Anzi, coinvolgendo le due architetture in un unico gioco di volumi e di richiami, facendole diventare l’una anima dell’altra. Accade a Lonate Ceppino, in provincia di Varese, dove DAP
sible, but that it can be created in the interactions
studio è stato impegnato in un lavoro di restauro dell’ex oratorio di San Michele e nella realizzazione
between the languages of both the here and now and of memory, seamlessly and without damaging
di un ampliamento. Fra i due si inserisce un nuovo volume nel quale si trova l’ingresso. Con copertura vetrata, il corpo di congiunzione diventa, con il buio, una grande lampada che proietta la luce
the two. Indeed, involving the two architectures in a single game of volumes and recollections, each
interna verso l’alto, nel vuoto che separa i due volumi. Nell’edificio storico, ormai sconsacrato, è stata collocata la biblioteca civica Elsa Morante. Al piano superiore la sala delle capriate è uno spazio poli-
is made to become the soul of the other. It is all happening at Lonate Ceppino, in the province of
funzionale e flessibile destinato ad ospitare convegni ed esposizioni. L’ampliamento accoglie invece i collegamenti verticali, i locali di servizio, il magazzino, i bagni per il pubblico e il bagno per il perso-
Varese, where DAP studio has been involved in a
nale. Inoltre, all’ultimo livello, lì dove la copertura diventa in un angolo trasparente, quasi a catalizzare
restoration project at the old oratory of San Michele and in the creation of an extension. Between the
la luce esterna e a proiettare quella artificiale di notte, si trova uno spazio per una lettura più intima. I due volumi sono collegati al primo piano tramite una passerella in legno.
two, a new volume has been inserted, forming the entrance. Covered in glass, the body of this linking area becomes, with the onset of night, a great lamp
L’aspetto delle due architetture è decisamente diverso, ma il loro accostamento è avvenuto con garbo e sensibilità, sfruttando colori e materiali come strumenti di interazione. Entrambe candide, le due architetture si confrontano adottando materiali diversi, eppure vicini per gradazioni e tonalità. Il con-
which shines the internal light upwards into the emptiness which separates the two volumes. The historical building, now deconsecrated, now holds the local library, Elsa Morante. On the upper floor a wooden-raftered room is a flexible multi-function area for meetings and exhibitions. The extension on the other hand contains the utilities, the storeroom, the public conveniences and the staff bathroom. Furthermore, at the final level, in the corner where the covering becomes transparent, pretty much increasing the external light and projecting the artificial light at night, there is a more private reading area. The two volumes are connected on the first
fronto avviene anche per interferenze: la ricerca decorativa della facciata opaca dell’oratorio trova nel nuovo volume una superficie di rivestimento liscia, addirittura riflettente. «La dialettica tra edificio storico e nuovo ampliamento è la chiave di lettura di tutto l’intervento – spiegano i progettisti – ed è il tema che ha orientato le scelte progettuali. Il rapporto tra le due presenze è stato giocato contrapponendo matericità e leggerezza, solidità ed instabilità, materiali opachi e materiali riflettenti». Il nuovo volume è pensato come un guscio leggero in lamiera bianca forata su tutti i lati. In corrispondenza delle retrostanti aperture la lamiera si sovrappone alterando il diametro dei fori, i quali si allargano per fare passare la luce all’interno. Dall’esterno, l’effetto prodotto è quello di una perdita di consistenza dell’involucro. C’è un altro elemento, questa volta immateriale e dinamico, che predispone i due corpi al dialogo: è la luce, che di giorno li abbaglia e li distingue, producendo un’atmosfera di nitore quasi etereo, e di notte li avvicina attraverso un gioco di equilibri luminosi votato a sposare le due architetture in un unico corpo.
planimetria/site plan
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10 m
pianta piano terra/ground floor plan
b a
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pianta mezzanino mezzanine plan
pianta primo piano/first floor plan
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nome progetto/project name Nuova biblioteca civica Elsa Morante/New Local Library Elsa Morante progetto/design Dap Studio – Elena Sacco, Paolo Danelli progetto allestimento/interior design Dap Studio – Elena Sacco, Paolo Danelli collaboratori/collaborators Alessia Mosci, Paolo Vimercati, Fabio Pelizzari strutture/structures G.B. Scolari impianti/systems M. Piantoni, A. Bronzoni committente/client Comune di Lonate Ceppino (VA) impresa costruttrice/general contractor Gruppo Edilia allestimento/interior installation Habitat Italiana data progetto/design date 2006-2007 realizzazione/realization 2007-2008 costo/cost 460.000 euro www.dapstudio.com
sezione aa/section aa
0
5m
floor by a wooden walkway. The appearance of the two architectural styles is decisively different, but they have been placed together with taste and sen-
sezione bb/section bb
prospetto sud/south elevation
sitivity, making use of colours and materials as tools of interaction. Both distinct, the two architectural styles contrast with one another through the use of materials which are different, but nevertheless near each to the other in nuance and tone. The relationship also works in terms of contrast. the decoration of the opaque facade of the oratory finds in the new structure a surface which is smooth, even reflective. «The dialectic between the historical edifice and the new extension is the key to understanding the whole work» explain the planners «and is the theme that has directed the design choices. The relationship between the two has been played with by juxtaposing weight and lightness, solidity and instability, both opaque and reflective materials». The new part is conceived as a light shell in white pierced sheet on all sides. In line with the rear opening the sheet overlaps, altering the sizes of the gaps, which widen to allow the light to enter. From the outside, the effect produced is one in which there is a loss of consistency in the outer shell. There is another element, this time intangible and dynamic, which aids the two in their dialogue. The light, which in the daytime dazzles the eye and distinguishes the two, producing an atmosphere of almost ethereal clarity, at night brings them together by playing on an illuminated balance which ultimately succeeds in marrying the two architectures into a single body.
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interno: il salone al primo piano e le connessioni verticali nella nuova annessione interior: the hall on the first floor and the vertical connections in the new annexion
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localizzazione dei mobili libreria al piano terra/location of the book-cases on the ground floor
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abaco delle librerie/abacus of the book-cases
[mobile al primo piano/book-case on the first floor]
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Hanno collaborato a questo numero / Contributions to this issue
Veronica Balutto
architetto/architect
Laura Luperi
architetto/architect
Udine, 1976. Si laurea in architettura presso lo IUAV di Venezia nel 2002. Architetto, ma anche designer e giornalista pubblicista attiva nel campo del design e dell’architettura, collabora con diverse aziende ricevendo vari riconoscimenti, ricordiamo quello al concorso Young & Design 2006 al Salone del Mobile di Milano 2006/ Udine, 1976. She graduated in architecture from the University IUAV of Venice in 2002. She collaborates with various companies in her capacity as an architect, but also as a designer and freelance journalist in the fields of design and architecture, and her talents have been acknowledged on various occasions, including the 2006 Young & Design competition at the Salone del Mobile 2006 in Milan
Pisa,1981. Si laurea in Architettura nel 2008 presso l’Università degli Studi di Firenze, indirizzo Restauro e Conservazione dei Beni Architettonici, con una tesi sperimentale in Restauro Archeologico. Svolge attività professionale, in collaborazione con lo studio Heliopolis 21 Architetti Associati, sia nel campo del restauro architettonico che in quello della progettazione/Pisa, 1981. She graduated in 2008 from Florence’s Università degli Studi with a degree in Architecture, her Major being Restoration and Preservation of Architectural Heritage with an experimental thesis in Archaeological Restoration. She is active professionally and collaborates with Heliopolis 21 Architetti Associati in the field of architectural renovation as well as project design
Diego Barbarelli
Azzurra Macrì
Perugia, 1975. Redattore di PresS/Tletter e PresS/Tmagazine, collaboratore di Compasses/Perugia, 1975. Editor of PresS/Tletter and PresS/Tmagazine, contributor to Compasses
Finlandia, 1975. Dopo avere studiato in Italia per diventare architetto, ha deciso di essere giornalista. Osserva e scrive di architettura per profonda passione. Interessata alle forme di comunicazione dell’architettura nei paesi non ancora sedotti dalle suggestioni mediatiche, pubblica su diverse riviste di settore in Italia e all’estero/ Finland, 1975. After having studied architecture in Italy, she decided to become a journalist. She observes architecture and writes about it with a deep passion. Particularly interested in the forms of communication of architecture in countries that have not been seduced by the influence of media, she publishes in various magazines dedicated to the field in Italy and abroad
Gianni Cavallina
architetto/architect
Firenze, 1942. Svolge attività scientifica e didattica presso la Facoltà di Architettura di Firenze dal 1969. è docente di Composizione Architettonica dal 1991. Ha partecipato a laboratori e convegni in Italia ed all’estero. Tra i suoi libri citiamo Firenze, Università e Centro Storico, 1976, Simbolo, Funzione e Scala, 1991, Dal Significato al Progetto, 1995, Il margine inesistente, 1999/Florence, 1942. He has been a faculty member of the Architecture Department in Florence since 1969, active in scientific spheres as well as in education. He has been teaching Architectural Composition since 1991. He has also participated in workshops and conventions in Italy and abroad. Among his published works we would like to mention: Firenze, Università e Centro Storico, 1976, Simbolo, Funzione e Scala, 1991, Dal Significato al Progetto, 1995 and Il margine inesistente, 1999
Paolo Di Nardo
architetto/architect
Firenze, 1958. Fondatore e direttore editoriale della rivista And, nel 2002 fonda lo studio ARX che si occupa di progettazione e ricerca architettonica; collabora con studi quali Coophimmelb(l)au, Diener & Diener, Obermayer Planen + Beraten. è professore a contratto di progettazione presso la Facoltà di Architettura di Firenze e autore di numerosi articoli e saggi sull’architettura contemporanea/ Florence, 1958. Founder and editor of And magazine. In 2002 Di Nardo founded studio ARX, which is concerned with architectural research and design; he also works with studios such as Coophimmelb(l)au, Diener & Diener, Obermayer Planen + Beraten. He is a temporary professor of design with the Faculty of Architecture in Florence and has authored numerous articles and essays on contemporary architecture
Maria Grazia Eccheli
architetto/architect
Docente presso il Dipartimento di Progettazione di Architettura della Facoltà di Firenze. Ha svolto numerosi programmi di ricerca e pubblicato vari testi. Dal 2000 è direttrice della rivista Firenze Architettura, edita dal Dipartimento di Progettazione. Svolge attività professionale ed ha partecipato a numerosi concorsi nazionali ed internazionali ricevendo riconoscimenti/Professor at the Architectural Project Design Department in Florence, she has carried out numerous research programmes and published various articles. She has been editor of Firenze Architettura magazine since 2000, edited by the Project Design Department. She is very active professionally and has participated in many national and international competitions, receiving acknowledgements
Giorgio Fratini
architetto/architect
Prato, 1976. è architetto, illustratore e autore di fumetti. Vive e lavora a Firenze. è stato pubblicato in Italia e Portogallo il suo primo romanzo grafico Sonno elefante – I muri hanno orecchie, Edizioni BeccoGiallo (It) e Campo das Letras (Pt)/Prato, 1976. He is an architect, illustrator and comic-book writer. He lives and works in Florence. His first graphic novel, Sonno elefante – I muri hanno orecchie (Edizioni BeccoGiallo (It) and Campo das Letras (Pt)) was published in both Italy and Portugal
Guido Incerti
architetto/architect
San Donà di Piave (VE),1972. Dopo studi allo IUAV e alla TU Delft, collabora con studi internazionali quali DillerScofidio+Renfro. Rientrato in Italia nel 2004 fonda a Firenze, con altri, nEmoGruppo. Si occupa della relazione architettura/corpo, in particolare di UMIC, Unità di Minimo Intervento Corporeo. Ha curato con D. Simpson e D. Ricchi la monografia su DS+R. Dottore di Ricerca presso la Facoltà di Architettura di Firenze/San Donà di Piave (VE),1972. After studying at IUAV and at TU Delft, he collaborates with international studies such as DillerScofidio+Renfro. Upon returning to Italy in 2004 he founded, along with others, nEmoGruppo. He is involved in architecture/body relations, particularly of UMIC, Unit of Minimum Body Intervention. With D. Simpson and D. Ricchi, he edited the monograph on DS+R. PhD graduate at the Faculty of Architecture in Florence
giornalista/journalist
Alessandro Melis
architetto/architect
Cagliari, 1969. Si laurea a Firenze e fonda nel 1995 Heliopolis 21 a.a. con sedi a Pisa e Cagliari. Alterna all’attività professionale l’attività didattica e di ricerca alla Facoltà di Ingegneria di Pisa e alla Facoltà di Architettura di Firenze. Ha pubblicato monografie e saggi. Ha curato mostre, tenuto conferenze, visiting critic e lectures presso istituti italiani ed esteri. Docente presso la Angewandte di Vienna/Cagliari, 1969. After graduating in Florence, he founded Heliopolis 21 a.a. in 1995 with branches in Pisa and Cagliari. He alternates his professional activity with didactic and research pursuits at the University of Pisa and at the University of Florence. Besides having published monographs and essays, he has directed exhibitions, held conferences, visiting critics and lectures at both Italian and foreign institutes. He is a teacher at the Angewandte in Wien
Elisa Poli
critica/critic
Bologna, 1979. Dottore di ricerca in Storia dell’architettura presso l’Università degli Studi di Firenze in cotutela con l’Université de Paris1 Pantheon-Sorbonne. Si occupa di critica architettonica. Sta attualmente compiendo ricerche presso il CAC (Canadian Architecture Collection) di Montréal. Nel 2002 ha partecipato alla pubblicazione Il volto nascosto della città/Bologna, 1979. Graduated from a Florence University programme in the History of Architecture organised with l’Université de Paris1 Pantheon-Sorbonne. Now an architectural critic, she is conducting research at the CAC (Canadian Architecture Collection) in Montréal. In 2002 she participated in the publication of Il volto nascosto della città
Pierpaolo Rapanà
architetto/architect
Lecce, 1978. Svolge attività professionale in collaborazione con lo studio ARX di Firenze e attività di ricerca come Cultore della Materia nel corso Laboratorio di Architettura II presso la Facoltà di Architettura di Firenze. Fa parte della redazione di And/Lecce, 1978. Works in partnership with studio ARX of Florence and conducts research as a scholar with the Architectural Workshop of the Faculty of Architecture in Florence. A member of the And editorial staff
Fabio Rosseti
architetto/architect
Viareggio (LU), 1961. Vive e lavora a Firenze, rivolgendo la sua attenzione al rapporto fra architettura e tecnologie dell’informazione. è coordinatore della redazione di And con la quale ha collaborato fin dal primo numero. Ha scritto vari articoli per And e per altre testate/Viareggio (LU), 1960. Lives and works in Florence, focusing on the relationship between architecture and information technologies. Editorial staff coordinator of And, he has worked with the magazine since its very first issue, writing various articles for And and for other publications
Eugenia Valacchi
architetto/architect
Firenze, 1975. Si laurea a Firenze nel 2003. Dottore di Ricerca presso il Dipartimento di Storia dell’Architettura dell’Università di Firenze. Lavora attualmente nel team dello studio di architettura ARX e collabora fin dai primi numeri con la rivista And/Florence, 1975. She graduated from Florence in 2003. PhD graduate at the Department of History of Architecture at the University of Florence. She works as part of the ARX architectural studio team and has collaborated with And magazine since the early issues