COSTUIRE HIFI N° 193 - May 2015

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RIVISTA PER AUTOCOSTRUTTORI DI SISTEMI AUDIO DI ALTA QUALITÀ www.costruirehifi.net

HIFI N.193

NARDI: PRE CON STADIO “SCARRAFONO” TEORIA: ▲ AMPLIFICATORE ZEN 10 WATT SINGLE-ENDED IN

CLASSE A ▲ IL RITORNO DELLO ZEN: UPGRADE DELL’AMPLIFICATORE A MOSFET SINGLE-STAGE SINGLE-ENDED CLASSE A ▲ LA CONTROREAZIONE VISTA DA UN (SEMI)PROFANO

PRATICA: ▲ NUVICD 1. LETTORE CD DAL RISULTATO SORPRENDENTE ▲ OHMETRO PER BASSI VALORI

Italy ONLY € 6.00 - Austria € 12.00 - Spagna € 9.80 - Distribuito anche in: Brasile, Polonia, Repubblica Ceca, Taiwan



COSTRUIRE HIFI Periodico mensile Reg. Trib. Terni n° 14/1992

S OMMARIO

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Mauro Accorsi, Bartolomeo Aloia, Alberto Bellino, Marco Bonioli, Piercarlo Boletti, Francesco Callegari, Giorgio Campagna, Luca Comi, Gianni Cornara, Ciro Cravetto, Mattia D’Antonio, Andrea Damiani, Giuseppe Diamantini, Paolo Franceschi, Carlo Franzini, Alessandro Furlanetto, Marco Gilardetti, Alberto Guerrini, Alberto Maltese, Pierluigi Marzullo, Paolo Mattei, Alberto Minarelli, Davide Munaretto, Diego Nardi, Maurizio Natoli, Claudio Negro, Sandro Perusini, Claudio Petucco, Ari Polisois, Paolo Pontello, Marco Polizzi, Giacomo Pruzzo, Gianluca Romani, Valerio Russo, Diego Sartori, Marco Schiaffino, Giovanni Schiavon, Roberto Vagli, Paolo Viappiani, Giancarlo Zunino.

Tontardo Claravatto di Diego Nardi

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Amplificatore Zen 10 Watt Single-ended in Classe A di Nelson Pass

DIRETTORE GENERALE Andrea Bassanelli abassanelli@blupress.it T +39 0744 44.13.39 F +39 0744 43.20.18

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La controreazione vista da un (semi)profano di Giovanni Repetti

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Ohmetro per bassi valori di Daniele Carta

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NUVICD 1. Lettore CD dal risultato sorprendente di Federico Carioligi - Nuvistorclub

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Editoriale

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UNI EN ISO 9001:2000

TEORIA

Il ritorno dello Zen. Upgrade dell’amplificatore a MOSFET Single-Stage Single-Ended Classe A di Nelson Pass

Finito di stampare nel mese di maggio 2015

Casa Editrice BLU PRESS: Via F. Mancini, 23 – 05100 Terni (TR) - Iscrizione R.O.C. n° 13.343 Web: www.blupress.it - E-mail: info@blupress.it

COVER STORY

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CHF193

Responsabile di progetto Cristina Cuomo ccuomo@costruirehifi.net T +39 0744 44.13.39 F +39 0744 43.20.18

PRATICA

VARIE

In copertina: "Winter, New York" - 36 x 36 in. - Oil on Panel, Jeremy Mann


EDITORIALE

Lo scarrafono: un nome che è tutto un programma

A

pre le danze questo mese un articolo di Nardi che di certo sarà molto ben accolto dai suoi numerosissimi fans. Il nostro Diego infatti, piuttosto che rivisitare qualche prodotto vintage, si ripropone oggi nella veste di progettista, come sempre creativo e controcorrente, a cominciare dal nome che attribuisce alle sue creature. A proposito di nomi, riteniamo che in questa circostanza abbia superato se stesso: al suo “scarrafono” va tutta la nostra simpatia, non fosse altro che per l’epiteto che gli ha attribuito; in realtà la validità della proposta va ben oltre la particolarità del suo nome. Del lavoro di Nardi ho apprezzato non solo l’idea e la qualità della implementazione progettuale, quanto anche il ritmo che il suo autore ha saputo dare alla scritto: nonostante sia

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Costruire Hi-Fi N. 193

piuttosto lungo, lo si legge molto volentieri tutto d’un fiato: è stato questo il motivo per il quale ho deciso di pubblicarlo per intero in un unico numero della rivista, piuttosto che spaccarlo in due come spesso viene fatto per non tediare il lettore sempre con il medesimo argomento: in questo caso, tale pericolo è assolutamente da escludere. Prima di passare ad altro argomento una piccola precisazione in merito al titolo che ho attribuito a questo mio editoriale. Potrebbe apparire denigratorio nei confronti della realizzazione di Nardi; tutt’altro! Infatti, quello che secondo me è tutto il programma che si cela dietro il nome è la originalità del progetto che utilizza un tubo impiegato poco o niente in tale ruolo, ruolo che a quanto pare è in grado di svolgere egregiamente.

di Fulvio Chiappetta

Un altro articolo, anzi due sui quali voglio indirizzare la vostra attenzione sono quelli nei quali Nelson Pass ci parla dell’amplificatore Zen. Questi due scritti, che sono i primi di una interminabile serie realizzata da Pass nel corso degli anni, sono dedicati ad illustrare una amplificazione essenziale, veramente essenziale, trattandosi di un monostadio, che semplice ma niente affatto semplicistica ha interessato, e continua a fare adepti, una incredibile quantità di auto costruttori intrigati dalla eccezionale resa sonica non solo in rapporto alla sforzo profuso per la realizzazione quanto anche in assoluto. L’amplificatore Zen più che un progetto è una vera e propria filosofia. Noi, con il placet ufficiale di Nelson Pass, abbiamo organizzato cronologicamente tutti i suoi scritti in merito all’argomento, senza tralasciarne nessuno e vi proporremo nel tempo la traduzione integrale di quello che in qualche modo può essere a giusta ragione considerato un vero e proprio pilastro nell’ambito della moderna progettazione di sistemi di amplificazione e preamplificazione a stato solido. Buona lettura a tutti.


Piccoli annunci di autocostruttori... e non solo

ANNUNCIO IMPORTANTE

annunci@costruirehifi.net

Costruire HiFi offre ai propri lettori la possibilità di vedere pubblicata la propria recensione del prodotto del cuore. Nella nuova rubrica “Recensore per un giorno” verrà inserito l’articolo che, a insindacabile giudizio della redazione, sarà ritenuto il migliore del mese e verrà premiato con un abbonamento all’edizione digitale di Costruire HiFi. Buon lavoro!

Vendo Lowther Medallion PM6A, Euro 1.300. Preamplificatore SRPP 5Y3/6SN7/ECC83, tre ingressi linea + phono, Euro 300. Mestre. Roberto - Tel. 3341483449 – 3381370322 - Email rd59@libero.it

Vendo causa inutilizzo testina GOLDRING 2100. Nuova. Usata una decina di ore. Stefano Franchini - Tel. 339-3899375 - Email: franchini@moba.de

Vendo i seguenti amplificatori: Normende PA 991 - 80 Euro, Philips 22 RH 590 - 80 Euro,

COMPRO & VENDO

Technics SU 7100 – 80 Euro, Kenwood KA 800 – 55 Euro; inoltre, sinto Philips RH 694 – 100 Euro. Prezzi trattabili. Quasi tutti gli apparecchi (tranne il Kenwood) sono in ottime condizioni estetiche, e perfettamente funzionanti (posso fornire foto su richiesta). Giuseppe - Tel. 3290159536 - Email bikerpeppe@tiscali.it Vendo causa upgrade impianto completo AUDIOLAB composto da lettore/pre 8200CDQ, finale 8200P e lettore di rete M-NET. Colore argento. Condizioni pari al

nuovo. Consegna a mano zona Ve n e z i a / Tr e v i s o / P a d o v a . Richiesta 1.200 euro. Fabio - Tel. 3405642637 - Email: starbuck967@gmail.com

Vendo ampli SHINDO LAB APETITE + 4 valvole finali a Euro 2000, ampli MARANTZ PM410 a Euro 150,ampli KENWOOD KA 1200B a Euro 120, diffusori POLKAUDIO RT 1000i con sub amplificato a Euro 500,diffusori vintage KENWOOD KL5080 a Euro 200, diffusori ALTEC CHALLENGER ribordate a Euro 200, diffusori BOSE 501 MKIII ribordate a Euro 350, diffusori EMINENT TECHNOLOGY LFT III a Euro 2000. Giuseppe - Tel. 0331 240631 - Email: giuseppe.martinelli01@gmail.com

JBL L200 Studio MASTER. Vendo previo ascolto e ritiro in sede non avendo imballo. Prezzo intrattabile euro 1600 euro molto al di sotto della quotazione, pertanto non chiedete sconti. Dario - Tel. 3298138725 - Email: arch.dariogaballo@gmail.com Vendo Lowther Medallion PM6A, Euro 1.300. Pre SRPP 6X5/6SN7/3CC83 due ingressi linea + phono. Euro 300. Roberto - Tel. 3341483449 - Email: rd59@libero.it

Vendo bellissimi preamplificatore e finale Sonic Frontiers LINE 1 e Power 1, perfettamente funzionanti e come nuovi. Ingressi ed uscite sbilanciate e XLR, rivalvolati nelle parti preamplificatrici quest’anno con 6x E88CC Tesla Gold Pin e 6x ECC88 Amperex (disponibili le valvole originali del pre), il finale monta 4x 6550 Svetlana S Costruire Hi-Fi N. 193

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COMPRO & VENDO logo in ottime condizioni (anno 2011). Gli apparecchi sono stati usati da amatore, mai riparati o modificati. Dispongono degli imballi originali. Euro 1700 per il pre, euro 2000 per il finale, in coppia 3500. Francesco - Tel. 3294370431 - Email: info@alteraudio.it

Vendo a Roma ampli Audio Analogue Crescendo € 300. Regalo all’acquirente ampli AV Pioneer VSX-819H. Ambedue gli apparecchi sono in condizioni perfette. Fausto - Tel. 3355793490 - Email: fausto.51@alice.it

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Costruire Hi-Fi N. 193

sia da amplificatori a stato solido che valvolari. William - Tel. 3396686644 - Email: wallis50@gmail.com

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Vendo Vandersteen Model 2, riconate e non più usate. Prezzo 900 euro Alberto - Tel. 335366727 - Email: liliakennel@gmail.com

PRE AUDIO Research sp8 mk7 ultima serie E1980+Finali Jadis30 mk5/2013 E3950+Pre Audio Research Ls7 Gold S.E. 4valv E1250+Fin A.Research D350B 500w ha3 vu-meter E2850+Cd valv con Preamplif 2valv Conrad Johnson df1 TUBES special edition E1850+Fin Music Angel 2valv Triodi 211+845 Classe A con 2valv ricambio E1450+casse Dalquist dq10 5vie/altoparlanti E1550+Cavi potenza mt3,70 x2 Copia identica Mitici Nordost Odin G&BL 42 poli piatti largh cm7 Studio Master3 vendo E300 a Roma Pamela - Tel. 3920519123 - Email: pamela79b@live.it

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Vendo i seguenti amplificatori :Pioneer sa 606 - 130 Euro ,Normende pa 991 - 80 Euro, Philips 22 rh 590 - 80 euro, Pioneer sa 500 a – 80 Euro, Technics su 7100 – 80 Euro Philips rh 594 – 120 Euro, Kenwood ka 800 – 75 Euro; inoltre sinto Philips rh 694 – 100 Euro. Quasi tutti gli apparecchi sono in ottime condizioni estetiche, e perfettamente funzionanti:(posso fornire foto su richiesta). Per ulteriori info contattare Giuseppe. - Tel. 329 0159536 - Email: bikerpeppe@tiscali.it



COVER STORY

Tontardo Claravatto

di Diego Nardi

Realizzazioni di preamplificatori nel telaio riciclato di un vecchio registratore a cassette se ne sono già viste. Questo però è un vero e proprio travestimento, anzi quasi una trasfigurazione...

D

opo il finale Fristillo Deravatto è venuto il diffusore Bauferno Pneravatto, ed erano entrambi esempi di come, con accurata progettazione e realizzazione di “scientifica” furbizia, si possano trarre risultati egregi da materiali e componenti eterogenei non scelti a priori in funzione di un certo progetto... addirittura si trattava in parte di veri e propri scarti di risulta, per esempio la struttura portante del Fristillo erano 100% ritagli di legno, teoricamente da buttar via. In tutti questi casi bisogna procedere esattamente al contrario di come si farebbe impostando un progetto da zero: normalmente prima si stabilisce un capitolato che definisca che tipo di oggetto s’inten8

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de realizzare e che caratteristiche debba avere, e poi si decide di conseguenza quali siano i materiali, i componenti, le forme e le tecniche più idonee per ottenere un oggetto concreto che soddisfi i requisiti del capitolato. Invece quando si realizza un oggetto “deravatto”(1) si hanno a disposizione solo materiali accatastati senza alcun particolare criterio, e nessun capitolato ma soltanto una tipologia generica: per esempio se si hanno degli altoparlanti è ovvio che si penserà di farne delle casse e non serviranno certo per un amplificatore, mentre se ci si ritrovano delle valvole sarà il contrario ma, al di là di questo, le caratteristiche specifiche dell’oggetto sono indeterminate a priori e rappresentano la conclusione

da trarre, invece che il punto di partenza. Quindi la consequenzialità è invertita: prima si esamina attentamente cosa si ha a disposizione e poi, su questa base, s’imposta il capitolato, che è la conseguenza dei materiali, invece che l’opposto come in un progetto normale. In questo caso la procedura seguita è stata una via di mezzo, dato che un capitolato esisteva: intendevo realizzare un preamplificatore che completasse il trittico dei “deravatti”, sì da poter affermare d’aver sviluppato il tema anche sul terzo fronte. Che fosse fatto in larga percentuale di materiali di riciclo era uno dei punti del capitolato, ma non l’aveva determinato; si trattava di definire un progetto che si


COVER STORY Il Tontardo Claravatto in funzione, sopra al vecchio Yamaha CA-1010 in quel caso impiegato come finale, entrando dal Main In. La grafica del frontale rifatta solo in parte passa abbastanza inosservata e si vede lo strano effetto dato dall’illuminazione a LED “bianchi” -in realtà bluastri- dell’ex vano cassetta entro cui si scorgono gli alberini dei controlli di tono, al momento della foto non ancora provvisti di manopole. Al posto del VU-meter sinistro sta ora il selettore degli ingressi, mentre dove stava il destro ora ci sono dei LED di vari colori che segnalano l’ingresso in uso. In basso a destra le vecchie prese microfono sono riutilizzate per l’ingresso linea ausiliario, che torna comodo avere sul frontale invece che sul retro insieme agli altri.

adattasse a ciò che c’era disponibile, ma per esempio in uno stadio già avanzato come lo sbroglio della scheda - quando cioè il circuito era già completamente definito - mancava ancora un elemento vitale come il contenitore, che è saltato fuori in seguito. Quindi, buona parte dell’ingegnerizzazione è consistita nel disegnare a priori la scheda in modo che fosse installabile nel primo cadavere di apparecchio dismesso fosse capitato a mano, in altre parole avrei dovuto in seguito adattare il contenitore alla scheda invece che la scheda al contenitore, e dovevo farla in maniera da facilitarmi questo lavoro il più possibile. Se mi consentite, c’è voluta una certa arte. A titolo di ulteriore difficoltà tecnica, il pre che avevo progettato non era affatto minimalista: al contrario lo volevo ben equipaggiato, con ingresso Phono sia MM che BM, un numero ragione-

vole di ingressi linea e perfino un essenziale ma efficace controllo dei toni. Sì, proprio quella cosa che vi avevano scippato sull’altare del “degrado sonico” appena fu inventata l’audiozia, laddove la vera intenzione era degradarvi cervella e finanze facendovi comprare un cavo nuovo ogni volta che volevate fare uno scatto di Treble. Usando i cavi come succedanei dei toni che vi avevano tolto, il suono si degrada di più che coi toni stessi, ma vuoi mettere che mercato... Qui mi accontentavo di un controllo da minimo sindacale a solo due bande fisse, niente di complicato, naturalmente escludibile alla bisogna: quel poco però doveva esserci, l’atteggiamento bacchettone di mettere selettore, volume e nient’altro è solo una foglia di fico per nascondere la circostanza che una buona sezione dei toni è ostica da progettare, e di quelli che bazzicano in ambiente esoterico

sarebbe divertente contare quanti ne sarebbero capaci (non molti, mi sa). Sta di fatto che in questo progetto bisognava alloggiare, e rendere facilmente utilizzabili, ben più delle solite due manopole e tre coppie di connettori. Alcuni componenti già a disposizione (valvole, FET, trasformatore di alimentazione, vari passivi) hanno condizionato il progetto elettrico, mentre per minimizzare i problemi d’installazione bisognava raggruppare tutto su una scheda sola riducendo al minimo possibile il numero dei componenti montati al di fuori, ed essa doveva stare su un solo foglio trasferibile a caldo in modo da sbrogliarla, inciderla, forarla e metterci tutti i componenti in un colpo. Sia lo sbroglio che l’esecuzione fisica della scheda non sono stati una passeggiata, specie gli 823 fori eseguiti a mano col trapanino - di cui parecchie decine dello 0,8 - riaffilando la punta Costruire Hi-Fi N. 193

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COVER STORY in media ogni 50~60 perché la vetronite è dura e la mangia subito; d’altronde, se la punta non taglia viene più bava che foro. Facevo affidamento che un qualche “cadavere” adatto a fare da donatore del telaio prima o poi lo si rimedia sempre, e stavolta mi è capitato un vecchissimo registratore a cassette Technics RS-615US da cui dovevo solo recuperare i VU-meter a lancetta, peraltro di ottima qualità e bella grafica, che servivano per un altro scopo. Una volta eseguito l’espianto rimaneva tutto il resto dell’apparecchio, che sul motore portava una data di gennaio 1979 e tra l’altro a stretto rigore non era neanche un “cadavere” visto che funzionava ancora, però così com’era non serviva più a niente: ottimo candidato a questa trasfigurazione, addivenendo così alla sua sorprendente seconda vita.

OTTIMA SCATOLA, DA SPOLPARSI PER BENINO Quel vecchio Technics aveva un telaio leggerissimo ma robusto, delle dimensioni adatte e molto ben disegnato; la struttura portante interna è di plastica -probabilmente ABS- il che la rende molto facile da lavorare, inoltre l’apparato è così a doppio isolamento. All’esterno invece il frontale è di alluminio -non plastica!mentre sopra e sotto ci sono due pannelli di copertura in acciaio: sottolineo due, non uno, cioè il telaio è aperto di sotto e si può asportare anche il fondo, dettaglio importantissimo e niente affatto scontato. In altre parole questo è un telaio vero e proprio, non una semplice vasca di latta. Non solo questo ex registratore, una volta svuotato e ristrutturato in maniera opportuna, si prestava perfettamente a contenere la scheda che avevo già realizzato, ma strada facendo ho trovato il modo di sfruttarne molte altre parti oltre al telaio. I comandi originali, tranne solo il 10

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contatore e la tastiera meccanica, sono tutti rimasti al loro posto, ma hanno cambiato funzione; gli unici che continuano a fare lo stesso lavoro di prima sono il pregiato- interruttore d’accensione a leva, e l’apertura dello sportellino. Il potenziometro che era per il livello di registrazione è diventato il volume, ed essendo a due sezioni coassiali regolabili separatamente a frizione fa anche da Balance; poi le tre levette che facevano ingresso (linea o microfono) Dolby sì/no e selettore tipo di nastro sono diventate toni sì/no, Phono MM/BM, attenuatore 0/-15/-30 dB. I componenti restano fissati al telaio con tutti i particolari meccanici originali, e non li ho dissaldati dalla vecchia scheda: invece ho segato via da essa dei piccoli rettangoli così da eseguire comodamente le connessioni su tratti delle piste, riarrangiate alla bisogna. Le prese microfono le ho usate per l’ingresso ausiliario, che così è disponibile sul frontale da collegare al volo, invece che sul retro; sono su jack da ¼” ma con dei comuni adattatori che si trovano in commercio gli si possono collegare spinotti RCA. I controlli di tono invece li ho messi dietro allo sportellino della meccanica, sul piano inclinato sotto l’ex vano cassetta che era l’unico posto libero; i comandi celati dietro a sportellini sono sempre un po’ sacrificati come spazio e visibilità, per contro fanno scena e risultano eleganti... in fondo è così anche negli apparati commerciali più stilosi. E non basta ancora: sempre sullo stampato originale ho trovato parecchi tra resistenze e condensatori di valori che mi servivano, per cui ho riciclato sulla nuova scheda addirittura un bel po’ di componentistica prelevata dalla vecchia, perfino uno dei transistor regolatori nell’alimentazione arriva da lì. L’elettronica era tutta a componenti discreti, compreso

il Dolby, e ben realizzata. Anche se non servivano per il Tontardo Claravatto ho comunque ricuperato e conservato transistor, resistenze, condensatori a film e ceramici, bobinette varie e gli ottimi trimmer: tutte cose che possono tornare utili come ricambi o per divertirsi a mettere assieme qualche altra elettronica deravatta.

MIMETISMO Sul frontale ho cancellato con l’alcool parte delle serigrafie originali, solo dove i comandi erano cambiati, e rifatto poi a china le scritte con la nuova funzione; invece ho lasciato integre le diciture ancora valide, comprese marca e modello del registratore d’origine, con sopra aggiunto in piccolo “Una volta era un...”. Poi ho fissato tutto con una mano di smalto trasparente spray, mascherando con cura le cornici in plastica. Le nuove scritte sono apposta poco vistose, in modo da passare il più possibile inosservate; ovviamente in alto a sinistra ho scritto “Tontardo Claravatto” senza però alcun riferimento al fatto che si tratti di un pre, cosa niente affatto intuitiva visto il suo aspetto. A prima vista continua, apposta, a sembrare null’altro che un vecchio registratore; alla seconda occhiata s’intuisce che c’è qualcosa di strano, ma non è chiaro cosa: poi ci si rende conto che manca la meccanica, le cave da dove fuoriuscivano i tasti sono chiuse dall’interno con una placchetta d’alluminio e le scritte sono state cancellate, per cui è evidente che lì dentro il registratore non c’è più, ma non è automatico capire “invece” cos’altro ci sia. Solo dopo aver osservato bene comandi e connessioni si chiarisce la sua natura. Dopo aver tolto i VU-meter, dietro alle finestrelle vuote rimaneva il nero del telaio; nella sinistra ho piazzato il selettore d’ingressi, e nella destra una fila di LED di


COVER STORY vari colori che si accendono a seconda dell’ingresso selezionato. Poi ho ritagliato da una vecchia scatola da CD dei vetrini che ho smerigliato all’interno colla paglietta in modo da renderli opalescenti, poi li ho incollati al frontale da dentro, praticando nel sinistro un foro da dove sbuca l’alberino del selettore; il destro invece lascia i LED seminascosti, si vedono solo come punti luminosi dai contorni sfocati su un fondo scuro. In mezzo tra i due strumenti c’era già un piccolo LED rosso che segnalava la registrazione e che ho riciclato come spia di accensione, non ce n’era bisogno perché tanto ci sono altre luci che la segnalano, ma sta

meglio acceso che lasciato staccato. L’effetto più strano l’ho ottenuto nel vano cassetta. Era illuminato dall’alto con due lampadine alquanto luminose - una però interrotta - infilate in una sede ricavata nel telaio, chiusa da uno schermino di plastica azzurra traslucida; quelle le ho cambiate con dei LED bianchi, che accesi a circa 12 mA fanno una luce bluastra piuttosto fioca. A parte i controlli di tono -per i quali tale illuminazione basta e avanza a trovarli- in quel vano non c’è più nient’altro, rimaneva solo una finestra aperta verso l’interno dove prima stava la meccanica: quella andava per forza chiusa in

qualche modo, perché proprio lì sotto c’è il fusibile di rete, e dovevo impedire che infilando inavvertitamente la mano nel buco si potesse correre il pericolo di andarlo a toccare. Dunque dalla stessa scatola di CD ho tagliato un coperchio trasparente che, fissato con due viti, chiude il vano senza impedire di sbirciare all’interno; l’effetto più curioso è che fa da specchio e riflette in avanti il bagliore dei due LED. Ne risulta un suggestivo gioco di luci che contribuisce all’aspetto un po’ sconcertante di questo pre poiché, osservandolo in penombra da una certa distanza, il riflesso dei LED confonde le idee: se non ci si avvicina per osservare

Togliendo il coperchio si notano i LED messi dove prima stavano due lampadine. La cassetta si infilava di piatto nel vano lì sotto facendola scorrere sul piano inclinato dove ora stanno i comandi dei toni, si notano ancora le guide che aiutavano a farla entrare; adesso il vano è chiuso da una lastrina di plastica trasparente. Costruire Hi-Fi N. 193

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Figura 1 - Phono Tontardo Claravatto


COVER STORY meglio, d’acchito non si capisce cosa ci sia dentro al vano. In realtà, questo apparecchio deravatto nel suo improbabile travestimento concilia benissimo l’estetica colla funzione. L’organizzazione degli spazi interni è razionale, consente totale accesso al lato rame e quasi qualsiasi riparazione è possibile senza staccare la scheda dal telaio: i componenti che restano imprigionati sono solo tre o quattro in tutto e per arrivarci basta sollevare un po’ la scheda, in nessun caso ci sarà bisogno di separarla dal tutto. Dall’esterno la disposizione dei comandi rimane la stessa dell’apparecchio d’origine, col vantaggio delle levette, la cui posizione si scorge anche da lontano. L’ingresso in uso lo precisa a tambur battente il colore del LED acceso, Phono rosso, Radio verde, CD blu, Aux arancione; solo il Tape ripete lo stesso colore di Radio perché sono quattro in tutto, avrei potuto aggiungerne un altro bianco per fare il quinto colore ma non sono stato lì a strafare.

RISTRUTTURAZIONE C’è stato bisogno di qualche adattamento per ospitare la mia scheda nella struttura portante di plastica, ma la possibilità di lavorarla a caldo l’ha resa un’operazione divertente dove ho riesumato il mio antico hobby di plastimodellista. Una vecchia punta di saldatore, ormai un po’ corrosa e non più abile al suo scopo originario, è servita bene come lama per tagliare via svariati particolari che andavano eliminati o spostati: per esempio una traversa con sezione ad “H”, che serviva da supporto per un rinvio meccanico, l’ho tolta da dov’era e segata in spezzoni che, incollati in tutt’altri punti, sono diventati i supporti per la scheda. Inoltre per far spazio alla scheda ho dovuto in parte abbattere una parete che separava l’area desti-

nata alla meccanica da quella dell’elettronica. Quel tipo di plastica s’incolla in modo inamovibile con adesivi da plastimodellismo, contenenti un solvente che attacca la resina creando una vera e propria saldatura, sciolto in un legante trasparente che fa da riempitivo. Per quanto riguarda i fissaggi a vite ho riciclato le autofilettanti originali, eseguendo i fori d’invito con la stessa punta di saldatore che avevo usato per tagliare; sono servite per assicurare la scheda ai nuovi supporti che le avevo preparato, e pure uno dei due trasformatori di alimentazione al fianco sinistro. Le pareti del telaio sono spesse circa 3 mm e se le autofilettanti sono ben installate, cioè passanti e con foro d’invito della misura corretta, reggono carichi e coppie di serraggio più che sufficienti alla bisogna. Gli originari connettori di ingresso / uscita sul retro li ho riutilizzati per gli ingressi Phono MM / BM, sempre con la stessa tecnica di segar via dal vecchio stampato un settore coi nodi e parte delle piste a cui potermi collegare; quanto agli altri, che erano da aggiungere per gli ingressi linea e l’uscita, il vantaggio del telaio di plastica è che ho potuto eseguirci direttamente i fori per poi avvitarcene di non isolati, senza bisogno di aggiungere alcuna controbasetta. Per forare quella plastica va benissimo una comune punta HSS per acciaio, purché sia ben affilata e giri a bassa velocità, 200~300 min-1, così i fori vengono perfetti e con pochissima bava; occhio che invece vengono male se la punta è usurata e/o gira troppo forte, perché scalda e fonde il materiale anziché tagliarlo.

SCARRAFONO E SELETTORE Lo schema del Phono è mostrato in Figura 1, che comprende anche il selettore d’ingressi. Avverto che questi sono gli schemi che ho

adoperato per eseguire lo sbroglio, per cui sono anteriori alla realizzazione finale e non comprendono alcuni adattamenti apportati in corso d’opera. Si tratta comunque di differenze di dettaglio che non riguardano la topologia circuitale. Avere sottomano dei triodi-pentodi ECF80 mi ha portato a riesumare un progetto che avevo sperimentato nel lontano 1997 attorno a questa valvola, al quale avevo appioppato fin d’allora l’autoironico nome Scarrafono. Di esso mi rimaneva solo qualche scartafaccio, non ricordo se allora lo costruii in forma più o meno definitiva e comunque non conservo alcuna memoria di che fine abbia fatto; rammentavo però che funzionava benissimo e ne avevo avuto conferma rifacendolo di recente. Per impiegarlo nel Tontardo Claravatto bastava dunque sbrogliarlo in modo da farlo stare sulla scheda, per il resto era una cosa già ben collaudata. Il tubo ECF80 sarebbe più per alta frequenza e strumenti di misura -per esempio capita di trovarlo impiegato negli oscilloscopi- ma se si scelgono condizioni di lavoro opportune ha ottima linearità anche per l’audio, col vantaggio di una transconduttanza piuttosto alta sia nella sezione pentodo che nel triodo. L’ho usato varie volte con risultati più che positivi, anche nel Fristillo Deravatto aveva dato ottima prova. Lo Scarrafono come vedete è un circuito molto tradizionale con pentodo in ingresso, rete di equalizzazione RIAA passiva e triodo in uscita, entrambi a catodo comune e con normali carichi passivi RC senza né stadi ibridi, né carichi attivi, né niente: valvolare plain vanilla come direbbero gli anglosassoni. Quindi c’è poco da commentare, dal punto di vista circuitale sono tutte soluzioni di scuola; ci sono anche dei pre commerciali che utilizzano strutCostruire Hi-Fi N. 193

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Figura 2 – Linea di toni Tontardo Claravatto


COVER STORY ture molto simili, sebbene con altri tipi di tubi. Siccome gli stadi di amplificazione sono solo due e l’uscita è direttamente dal secondo, senza buffer, questo risulta l’unico mio Phono da oltre vent’anni a questa parte colla RIAA in una rete sola: eccezione che conferma la regola visto che tutti gli altri che ho fatto, con qualsiasi tecnologia, compresa anche la Dendastilza con operazionali integrati -a tutt’oggi inedita- ce l’hanno divisa in due (“splittata”). Ripreso adesso, si è rivelato ancora validissimo, con un buon suono vivace e regolare dall’ottima dinamica. Bisogna fare attenzione al punto di lavoro del pentodo, che può richiedere qualche aggiustamento al partitore che alimenta la griglia schermo per avere una corrente anodica ottimale e buona accettazione; per il resto la sua messa a punto è alla portata di un tecnico di media abilità. Nella versione sperimentata nel ‘97 avevo ottenuto anche un ingresso per testine BM mettendo il pentodo d’ingresso in Cascode ibrido con un transistor; tecnicamente questo metodo funziona benissimo e l’ho applicato più di una volta, ma rende un po’ complicato realizzare una commutazione dall’esterno tra le due configurazioni. Finora me l’ero cavata lasciandola solo interna (per passare da MM a BM bisognava togliere il coperchio e spostare dei ponticelli da hard disk su un pettine posto sulla scheda) ma risulta senz’altro più comodo poterla azionare da fuori, ed è questa l’unica ragione per cui, nelle realizzazioni degli ultimi anni, mi sono risolto a fare uno stadio pre-pre separato. Così è anche qui: la levetta che selezionava l’ingresso (quadro D11) ora aziona dei relais (colonna 5) che collegano l’ingresso MM direttamente alle relative prese d’ingresso, oppure all’uscita del prepre. Siccome avevo a disposizione parecchi relais con solo un

contatto normalmente aperto, e non uno scambio, ne ho dovuti adoperare quattro di cui due (uno per canale) aprono mentre gli altri due chiudono, alternativamente; altrimenti ne sarebbe bastato uno solo a due scambi. Anche nel selettore degli altri ingressi (colonne 12, 13 e 14) c’è lo stesso tipo di relais. Sempre per semplificare non ho implementato la funzione di Tape Monitor, utile solo con registratori analogici, che pochi usano ancora; io sono uno di quelli ma ritengo di non fare massa critica. Però ho ovviamente mantenuto l’uscita registratore, che può servire per parecchi altri scopi tra cui la connessione con un registratore digitale, la scheda audio di un computer eccetera. Dato che si ritrova direttamente in parallelo al comune degli ingressi, è provvista di un relais che la stacca quando è selezionato l’ingresso Tape per evitare che, selezionando Tape sul pre, finisca connessa direttamente col suo ingresso; a parte questo, l’ingresso Tape è uguale a tutti gli altri linea e si può usare per qualsiasi sorgente, incluso ovviamente un registratore analogico, a bobine o cassette; l’unica scomodità sarà che, se ha tre testine, quando si registra il monitor in tempo reale sarà disponibile solo tramite la sua stessa presa cuffia.

FET D’OLTRECORTINA Il pre-pre (colonne 3 e 4) in questo caso è a singolo JFET a source comune, la configurazione più semplice possibile, già impiegata nel Qusfendro (presentato su queste pagine come SuperP.I.P.P.O.); con la commutazione sul frontale si rendono disponibili due ingressi indipendenti ai quali è possibile lasciare permanentemente collegati due giradischi, uno con testina MM e l’altro BM. Il doppio ingresso Phono era tipico degli ampli di una volta, oggi fa tanto vintage...

L’unica caratteristica inusuale è il tipo di dispositivo, il KP 303V, un JFET russo -che potrebbe tranquillamente risalire al periodo sovietico- in contenitore metallico TO-18 a 4 piedini di cui uno collegato al corpo, che così fa da schermo. È dato suppergiù per un equivalente del 2N5459, e non è stato immediato capirne la piedinatura perché l’unico data sheet trovato era in russo e tra l’altro di ciascun piedino indicava solo l’iniziale, non il nome esteso. Conosco l’alfabeto cirillico e qualche parola di bulgaro ma non la lingua russa, e non sapevo quali delle tre lettere С, И, З corrispondessero a gate, source e drain: c’è voluto di interpretare attentamente i dati e fare qualche ricerca per capire che З (S aspirata, come in “cosa”) era il gate, И (I) il source e С (S) il drain. Per essere sicuro dell’ordine dei piedini e farmi un’idea delle prestazioni di questo FET, prima di decidere per il suo impiego e disegnare la footprint da inserire nel programma di sbroglio ho costruito un circuitino sperimentale a source comune, onde valutare guadagno e distorsione con due o tre configurazioni e valori di carico. Ho così constatato che funzionava più che bene e, già che c’ero, ne ho approfittato per selezionare quelli che avevo (una ventina) in base al guadagno e dividerli in tre sottoclassi, identificate tingendoli con un colpo di pennarello rosso, verde o blu. Tuttavia era un lavoro poco più che accademico visto che la costanza tra uno e l’altro era piuttosto buona: a parità di carico la differenza da minimo a massimo guadagno effettivo era inferiore a 2 dB.

TONI La mia intenzione era d’impiegare questi strani FET sovietici anche nell’amplificatore dei toni, che è il primo di questo genere che presento; schema in Figura 2, Costruire Hi-Fi N. 193

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COVER STORY L’unica aggiunta sul retro sono i connettori per gli ingressi e l’uscita, fissati direttamente sulla plastica del telaio; quelli originali servono ora per i due Phono, MM e BM. Al momento di scattare la foto non avevo ancora installato il morsetto di massa per il Phono né il connettore per l’alimentatore esterno dei filamenti, che è andato a finire sulla destra. Ovviamente ho tolto il cambiatensione, ma il cavo di rete attraversa ancora il passacavo originale.

nelle colonne fino alla 12, dalla 13 in poi c’è la linea. A priori si trattava di decidere quale configurazione usare, dal momento che ne sono possibili parecchie; non c’è molto da inventare al proposito, dopo aver studiato svariati amplificatori degli anni dai Sessanta agli Ottanta che implementavano i controlli di tono colle tecniche più svariate, si trattava di sceglierne una di base da cui trarre spunto per sviluppare una sezione adatta alla bisogna. La tecnica del tone stack passivo tra due stadi di amplificazione, d’uso comune nelle testate per strumenti musicali, era esclusa da subito perché troppo imprecisa e rozza, inoltre i controlli interagiscono tra loro: può andare per un ampli da chitarra, dove i toni non serve che siano simmetrici e possono anche non azzerare mai, ma qui sarebbe venuta una porcheria solenne... non l’ho 16

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presa in considerazione. Ci voleva una struttura di specifica impostazione hi-fi e, dopo varie riflessioni, per qualche soluzione tecnica ho preso esempio da Yamaha, per qualche altra da Kenwood, ovviamente riferendomi a quelli veri, dei tempi d’oro, mica quelli che fanno adesso... Riguardo il posizionamento complessivo dello stadio ho fatto come sullo Yamaha CA-1000, cioè ho scelto di realizzare un ampli dei toni completamente distinto da quello di linea e posto a monte del medesimo. Va impostato in modo che abbia guadagno unitario coi controlli in flat, così se si decide di non usarlo si può scavalcare tout court senza salti di volume nella commutazione. Questa struttura si adattava al contesto meglio di altre possibili alternative, per esempio integrarlo nell’ampli di linea come nel CA-1010 (il modello immediata-

mente successivo della stessa marca) o porlo a valle di quest’ultimo come in vari Kenwood. Questi altri due metodi presentavano degli svantaggi rispetto alla struttura prescelta: il primo non era adatto allo stadio di linea che avevo intenzione di adottare e consente solo di azzerare i controlli, ma non di saltare tutto lo stadio; il secondo invece comporta che, coi toni attivi, il vero stadio d’uscita diventa quello dei toni e non più quello di linea. La specifica topologia dello stadio invece ha in comune con alcuni Kenwood -per esempio i due integrati Model 600 e KA8100- il fatto che i due controlli dei bassi e degli alti sono realizzati con due amplificatori distinti posti uno dietro l’altro, ciascuno col suo anello di controreazione; la specifica topologia degli amplificatori però è un po’ diversa, single-ended come nel KA-


COVER STORY 8100, ma a JFET invece che a bipolari. In realtà la stessa identica struttura è ripetibile pari pari anche a valvole, adattando solo i valori di alcuni componenti e la tensione di alimentazione, cosa che ho fatto in un altro pre molto più sofisticato di questo (il Ciunghilisma Scaffidarto) il cui amplificatore dei toni è a valvole e dispone di alti e bassi a doppio turnover bypassabili separata-

mente. Oltre a questa ha varie altre particolarità, e forse più avanti lo presenterò. Tornando a parlare in generale, di solito entrambi i controlli sono invece implementati con un solo stadio; inoltre negli ampli commerciali, col passare degli anni, si sono visti sempre più casi dove sia l’ampli di linea che quello dei toni come unità a sé stanti erano del tutto eliminati, e le loro fun-

zioni integrate nell’anello di controreazione del finale stesso. Circa l’azione dei controlli qui le frequenze di turnover sono fisse e, per ridurre il numero di commutazioni, è possibile solo scavalcare l’intero ampli dei toni ma non i singoli stadi uno alla volta, che sullo schema sono molto facilmente distinguibili: prima quello dei bassi (colonne 4-7) e poi quello degli acuti (colonne 8 e

L’interno visto dall’alto, inquadrato da dietro verso l’avanti, mostra il posizionamento della scheda. Per farle spazio ho in parte aperto la parete longitudinale che divideva la zona meccanica da quella elettronica. All’estrema sinistra si scorgono i due supporti della scheda, ottenuti tagliando a spezzoni una specie di binario che in origine stava di traverso a circa un terzo della profondità e supportava il perno di un leveraggio che, tramite il tasto di registrazione, azionava la slitta di commutazione rec/play. Si nota il percorso dei flat cable avvolti in lamierino di ottone che collegano i selettori dei toni alla scheda; con un altro flat cable il selettore d’ingressi comanda i relativi relais. A sinistra (che in realtà è la destra se si guarda dal frontale) il Phono, con dietro il pre-pre a FET e tra i due le coppie di relais che fanno la commutazione. Al centro c’è dietro il selettore degli ingressi linea, a metà profondità l’amplificatore dei toni, verso l’avanti il banco di relais che selezionano se passarci o scavalcarlo e per finire l’alimentatore a bassa tensione. A destra, verso il retro lo stadio linea e più avanti il resto dell’alimentazione. Costruire Hi-Fi N. 193

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COVER STORY Da sotto si nota ancora meglio il posizionamento della scheda. Sembra sbrogliata apposta proprio per questo telaio, invece era nata per potersi ospitare in un telaio di recupero generico tenendo presente che la disposizione coll’alimentazione a sinistra e gli ingressi a centro-destra, di cui il Phono più a destra della linea, è uno standard di fatto della scuola giapponese.

9). A valle ce ne sta un terzo che non implementa alcun controllo ma serve solo per recuperare i circa 6 dB che vanno persi nei due precedenti. L’intervento è a passi, non a regolazione continua: a differenza del volume, che non è mai soddisfacente quando realizzato a passi, per i toni questa tecnica va benissimo ed evita di andare a cercare altri potenziometri, bastano dei semplici selettori rotativi, più facili da reperire. Siccome ne ho usati di molto comuni a 6 posizioni, non ne ho certo sprecata una per prevedere un’inutile posizione di flat: se si 18

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vuole una risposta piatta si disinseriscono i toni e basta, non ha senso lasciarli inseriti ma regolati in flat. Sia bassi che alti hanno dunque tre scatti da circa 1,5, 3,5 e 7,5 dB in attenuazione più altri tre in esaltazione, con cerniera fissa a circa 600 Hz e risposta “a gradino”, non a campana; all’ascolto l’azione è estremamente dolce e misurata, varia solo il “colore” del suono senza stravolgerne il timbro, nemmeno nelle posizioni estreme. Come di prammatica, prima di realizzare fisicamente questo stadio l’ho studiato con cura in simulazione,

e quando poi l’ho messo in pratica ha funzionato esattamente come previsto, riguardo sia al guadagno che all’intervento dei controlli. L’unico posto libero sul frontale per piazzare i selettori rotativi era l’ex-vano cassetta, e ciò ha comportato che finissero un po’ lontani dall’area della scheda di loro competenza, ma vicini alla zona che porta la tensione di rete... cosicché lasciandoli scoperti ovviamente captavano ronzio in grandi dosi. Perciò li ho rinchiusi in una scatolina schermante realizzata piegando e saldando fogli


COVER STORY di sottile lamierino di ottone; con lo stesso lamierino ho creato una “manichetta” attorno ai flat-cable che collegano i due selettori alla scheda. È stato un po’ laborioso, ma ha risolto il problema. La funzione di esclusione è operata con un banco di relais che smistano il segnale, a loro volta comandati dalla levetta che prima, nel registratore, selezionava l’ingresso tra linea e microfono; quando i toni sono inseriti chiudono i relais pari (K702, K704, K802, K804) mentre restano aperti quelli dispari, viceversa per disinserire i toni, col che il segnale viene invece inviato diretto dall’ingresso verso l’uscita. Nello schema mi ero dimenticato di mettere le resistenze di scarico dall’armatura negativa di C711 e C811 a massa, il che provocava un imbarazzante botto all’inserzione dei toni dovuto alla carica di detti condensatori... in un progetto simile qualche dimenticanza può starci. Le ho dovute aggiungere al volo a

posteriori sul lato rame della scheda; un valore compreso tra 150k e 220k va bene.

LINEA E CONTROLLO DI VOLUME Per l’amplificatore di linea (colonne 13-15), come per il Phono, sono andato su un circuito già largamente collaudato, l’SRPP ibrido che avevo messo a punto alla fine degli anni Novanta e poi utilizzato tante volte con soddisfazione, dove il generatore di corrente che fa da carico al tubo (un banale ECC82) è un transistor che ha come riferimento di tensione un LED a bassissima corrente, a cui basta circa 1 mA per trovarsi già oltre il suo “ginocchio” di conduzione. Questo stadio guadagna più che abbastanza da solo, e grazie all’impedenza d’uscita di poche centinaia di ohm non c’è bisogno di aggiungergli a valle un buffer. Con carichi di qualsiasi valore, scendendo anche fino a pochi kilo ohm, non perde swing di

tensione mentre il suo guadagno resta vicino al “µ” del tubo, circa 18~20x cioè 24~26 dB, il valore tradizionale di quando gli ingressi linea avevano una sensibilità di 100~150 mV rms per la massima potenza. Con le sorgenti digitali da 2 V rms sembra perfino eccessivo, oggi nei pre di linea si tende a valori molto più bassi anche per far finta di rendere accettabile l’azione estremamente grossolana dei ridicoli attenuatori a passi che al giorno d’oggi impazzano tanto. Qui invece il guadagno “vecchio stile” non costituisce alcun imbarazzo perché c’è un gruppo di attenuazione degno di questo nome, che permette sempre un utilizzo confortevole e graduale della manopola del volume anche per ascolti a basso livello con finali sensibili e casse efficienti. Il valore del condensatore di accoppiamento in uscita, 0,47 µF, è sufficiente per evitare tagli prematuri in gamma bassa pilotando finali con impedenza d’ingresso

Lo Scarrafono implementato sulla scheda del Tontardo non occupa molto spazio. Molte delle resistenze sono riciclate dalla scheda del vecchio registratore. A sinistra si notano i relais della commutazione MM/BM; il pre-pre sta ancora più a sinistra, fuori dal quadro. Costruire Hi-Fi N. 193

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COVER STORY Per riciclare i connettori d’ingresso ho ritagliato dalla vecchia scheda il rettangolino che li ospitava.

minima di 30k circa; il circuito in sé non mostra alcun incremento di distorsione anche a farlo lavorare su solo 2 o 3 k, è soltanto questione di frequenza di taglio che sarebbe bene tenere sotto ai 10 Hz per cui, se il finale ha impedenza inferiore a 15k, comincia a convenire un condensatore di capacità più alta. Nei casi che si possono realmente incontrare in pratica non credo che ci sarà mai bisogno di andare oltre i 2,2 µF, e per condizioni medie il classico mezzo microfarad è un buon compromesso. L’attenuatore del volume è a due stadi, anche questa è una soluzione ripresa da alcuni ampli d’epoca e presente, per esempio, sullo Yamaha CA-1010 e sul Kenwood 600, entrambi analizzati in passato su queste pagine. Nello sbrogliare la scheda avevo previsto il posto per un potenziometro a quattro sezioni che avevo già; se ci fosse stato spazio sul frontale avrei potuto azionarlo direttamente prolungandogli l’alberino con un opportuno raccordo, però in questo specifico telaio andava a finire in un punto non accessibile. Per contro disponevo “in dote” del potenziometro originale del registratore e della levetta ex-selettore nastro già al loro posto, sicché ho riarrangiato il tutto in maniera da adattarli alla 20

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situazione. Subito dopo il selettore d’ingressi c’è il tradizionale potenziometro (quadri I-J3-4 ed E3-4), per l’appunto il logaritmico da 50k che serviva come controllo del livello di registrazione e che si era conservato benissimo, gli è bastata una pulita per riprendere servizio. A valle, nello schema vedete l’altra sezione (quadri I12 e DE12) che nel circuito pratico è stata rimpiazzata da un banale partitore a tre soli livelli di “postattenuazione”: diretto, -15 dB, -30 dB commutati dalla levetta a tre posizioni che, come ho raccontato sopra, prima serviva da selettore del tipo di nastro (bias ed equalizzazione). L’attenuatore a tre livelli è un’altra dotazione di tipica memoria kenwoodiana, in alcuni modelli era 0/-15/-30, in altri 0/-10/-20, però loro lo ottenevano variando il fattore di controreazione dello stadio linea, mentre qui è passivo. Non è la prima volta che lo realizzo: la prima volta fu nel 1999 in un pre (mai pubblicato) dove avevo provato a mettere un (costosissimo!!) controllo di volume a 40 passi al posto del potenziometro. Malgrado fossero di gran lusso rispetto ai soliti ridicoli 21 che usano tutti (24 geometrici di cui uno occupato dal fermo, e due che sono tutto aperto e

tutto chiuso, quindi non contano come passi), a basso volume erano lo stesso troppo distanziati e la regolazione estremamente rozza cosicché per renderla un po’ meno inaccettabile dovetti ricorrere al preattenuatore, anche se per fortuna bastarono solo due posizioni (0 e -30). Però in quel contesto l’attenuatore stava a monte del controllo principale mentre qui, più che altro per ragioni di rumore, è risultato più conveniente piazzarlo a valle; fa le veci della seconda sezione di potenziometro prevista all’inizio. L’ho realizzato al volo sul pezzetto di scheda ritagliato intorno alle levette, senza star a fare disegni né aggiornare gli schemi, ma si tratta solo di qualche resistenza, niente di che. Non chiamerei questo dispositivo “muting” perché non è di utilizzo solo occasionale, ma consente di usare il volume principale con maggiore agio; in realtà si usa più sovente a -15 che a pieno livello e se riesce comodo già qui, dove c’è un potenziometro a variazione continua, diventa del tutto irrinunciabile se si ha la velleità di usare un attenuatore a passi. Io gli attenuatori a passi sul volume li detesto cordialmente, se volessi potrei scrivere un intero articolo a parlarne male ma non è questa la sede per perderci del


COVER STORY tempo. Adesso dovrebbe risultare definitivamente chiarito che l’amplificatore dei toni, quando è inserito, sta tra i due attenuatori, mentre quando non lo è i relais connettono direttamente il cursore del potenziometro all’ingresso del “post-attenuatore”; l’esperimento di metterli nell’ordine opposto (attenuatore a monte, potenziometro a valle) l’ho fatto per vedere cosa succedeva ma, come appena spiegato, dal punto di vista del rumore la configurazione scelta si è rivelata più vantaggiosa. TRASFORMATORI DERAVATTI, VICENDE E MORALI Un deravatto genuino non dovrebbe mai avere trasformatori custom: bisogna sapersela cavare con pezzi raccogliticci. Naturalmente il buon Tontardo ottempera a questo requisito e fa di necessità virtù. Il trasformato-

re principale è un ricambio sbagliato che mi spedì Audio Note cinque anni fa, rimasto lì perché non c’entrava niente con quello che mi sarebbe servito: c’era uno dei loro primi CD player al cui trasformatore di alimentazione toroidale, dopo parecchi anni d’uso, erano andate in corto alcune spire, per cui andava per forza sostituito. Siccome il resto dell’apparecchio sembrava andare ancora provai a richiedere un ricambio, lo pagai in anticipo e pure caro, ma invece del toroidale per quel CD mi arrivò questo che non ci quagliava neanche di sguincio a partire dalla costruzione, non era toroidale ma EI... forse apparteneva a qualche altro modello. Non aveva nemmeno l’avvolgimento ad alta tensione per l’anodica del tubo in uscita, e pure le altre tensioni erano completamente diverse, non me ne facevo niente. Quel lettore CD finì rottamato perché francamen-

te m’era passata la voglia di insistere a richiedere un ricambio; quell’inutile trasformatore avevo in mente di restituirlo al buon Peter in occasione del Top Audio che ci sarebbe stato di lì a qualche mese, probabilmente mi avrebbe rimborsato, e chiudere lì la faccenda. Ma me ne dimenticai quella fu colpa mia- per cui rimase ammonticchiato tra i ravatti. En passant, questa vicenda ha più di una morale. Primo: sui lettori CD in generale -non ha nessuna importanza di che marca siano, l’esperienza a questo proposito è assolutamente trasversale- bisogna sempre spendere il meno possibile perché la loro vita media supera di poco il decennio, che per i miei standard vuol dire usa e getta, soldi a perdere (qualsiasi apparato analogico di buona costruzione invece raggiunge e supera i quarant’anni in scioltezza) laddove i prodotti più economici durano esattamente tanto

Altri due pezzi ritagliati dalla scheda del registratore. Uno consente di riutilizzare i vecchi selettori a leva, di cui due azionano solo dei relais mentre il terzo l’attenuatore, implementato sfruttando il più possibile nodi e piste esistenti. L’altro ospita il vecchio potenziometro del livello di registrazione, riciclato per il volume, e le prese a jack per i microfoni riutilizzate per l’ingresso Aux. In questa maniera è risultato tutto ben ordinato; se invece avessi staccato i componenti dalla vecchia scheda e cablato tutto in aria sarebbe venuto un orrido groviglio, inaffidabile e fragile oltre che brutto e complicato da assemblare. Costruire Hi-Fi N. 193

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Figura 3 – Alimentazione Tontardo Claravatto


COVER STORY quanto quelli cari e la mia esperienza è che quando, invecchiando, cominciano a non andare più, trovarne dei ricambi è una frustrante partita a poker che porta spesso e volentieri alla loro rottamazione, a prescindere da quanto costassero da nuovi. Sempre ammesso che almeno da nuovi funzionassero, cosa che, alla luce di almeno un paio di esperienze dirette, non è sempre verificata: ci sono modelli che nascono con problemi strutturali hardware o software per cui fin dal primo giorno vanno quando vogliono loro, e nemmeno il loro costruttore è in grado di risolvere. Quelli invenduti se li ripigliano, ma a chi li ha già comprati propongono di ritirarli in cambio del modello nuovo “aggiornato”... cacciando la differenza di prezzo, che può essere di “n” mila euro. Evito accuratamente di far nomi perché si dice il peccato e non il peccatore, anche perché su queste cose “non ci sono vergini al mondo” e si può incappare in situazioni del genere con oggetti di qualunque marca, anche la più eminente, nella maniera più casuale. Comunque vi assicuro che succede davvero, e non per sentito dire: ci sono stati casi con cui me la sono vista direttamente. A volte dipende dalla meccanica di lettura d’origine, che ha qualche bug di suo -i costruttori esoterici si servono da due o tre fornitori in tutto, che fanno il bello e il cattivo tempo- altre volte da qualche modifica più o meno autolesionista messa in atto dal marchio esoterico stesso, o da qualche suo errore d’ingegnerizzazione. Seconda morale: i trasformatori toroidali sono piuttosto incompatibili colle valvole e cogli avvolgimenti ad alta tensione in genere, per una ragione strutturale molto semplice: per loro costituzione hanno le spire tutte accavallate, invece che allineate una di fianco all’altra come in un avvolgimen-

to su rocchetto. Ogni singola spira interseca svariate di quelle adiacenti, isolata da esse solo da due strati di smalto, e per di più dato che si avvolgono intorno alla circonferenza ci sono moltissime spire per strato e pochi strati; a parità di numero di spire, diametro del filo e sezione del ferro, il gradiente di tensione tra inizio e fine strato è molto più elevato che in un equivalente tradizionale. Per evitare gli accavallamenti bisognerebbe avvolgere le spire affiancate sulla circonferenza interna, ma così si ottiene un coefficiente di riempimento assai scarso. Finché sono avvolgimenti a tensione bassa o media, cioè non troppe spire di filo abbastanza grosso, anche se le spire sono accavallate non c’è problema; quando invece comincia a trattarsi di secondari per l’anodica, con moltissime spire di filo sottile e per giunta in più strati, l’isolamento diventa un problema. In altre parole nei toroidali gli avvolgimenti ad alta tensione o sono male isolati, o male riempiti. Se si prendono rischi ad accavallare le spire poi basterà un’incrinatura nello smalto grossa come una punta di spillo perché sia tutto da buttare, il che, se ci sono molte migliaia di spire di filo sottile, ha letteralmente molte migliaia di probabilità di succedere. E basta che se ne verifichi una sola.

ALIMENTAZIONE Comunque, per questo progetto il trasformatore deravatto in qualche modo sono riuscito a riciclarlo. Aveva tre avvolgimenti: uno con su scritto “13,1 V” a presa centrale, di filo abbastanza grosso; sulla densità di corrente non ho fatto il Signor Sottile, sono andato a spanne, come va va, anche perché in quel momento il convento non passava altro. Poi ce n’era un altro con su scritto “32 V”, di filino fino fino, e per finire un altro ancora, sempre

smilzo, con scritto “5 V”. Con lavoro da orologiaio ho dissaldato e svolto dalle pagliette gli spezzoni terminali dei fili del secondario “grosso” e li ho ricollegati in parallelo invece che in serie, così da avere un unico secondario di sezione doppia senza presa centrale; da quello ho prelevato la tensione per alimentare i filamenti e gli ho collegato anche il secondario di un altro trasformatorino con nucleo a C, anche lui deravatto, in modo che usandolo al contrario e prelevando tensione dal primario ottenevo l’anodica. Il secondario a “32 V” è servito per l’alimentatore degli stadi a FET (toni e pre-pre per testine BM) e quello a “5 V” per l’impianto d’illuminazione a LED. Cosa intendessero per “13,1 V” non lo so, forse la tensione a vuoto, perché sotto carico non quagliava molto già a tavolino misurando il rapporto spire e le varie resistenze in CC, infatti in pratica s’è confermato che la tensione indicata col cavolo che si poteva sfruttare. Anche se il primario era a 240 V nominali, da lì ai 229 circa che ho in casa balla meno del 5% e potevo aspettarmi un 12,5, 12,6 V rms: invece effettivamente utilizzabili sotto carico c’erano solo undici volt e qualcosa... e non è che stessi assorbendo poi quest’enormità di corrente. A proposito di quelli che chiedono a scimmia “le tensioni dei trasformatori”... sono quasi vent’anni che vado ripetendo che una tensione sparata lì senza precisare altro sta a zero, anche quando è scritta con l’etichettina sul componente stesso, ed eccone l’ennesima conferma. Non è la prima e non sarà l’ultima. Buttando così, per l’alimentazione filamenti ho fatto il possibile. Per ridurre la richiesta di corrente avevo previsto una linea che in teoria sarebbe dovuta essere a 12,6 V, con la ECC82 accesa in serie e le due ECF80 in serie tra Costruire Hi-Fi N. 193

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COVER STORY Anche la placca metallica che in origine portava cambiatensione e trasformatore è rimasta al suo posto, ed è tornata utile come dissipatore per i transistor che fanno da carico al tubo della linea: perfino i fori M3 a cui sono avvitati c’erano già, più o meno al posto giusto, e non c’è stato nessun bisogno di rifarli. I pezzetti di cavo schermato che portano il segnale dalla scheda alle prese d’uscita sono anche loro riciclati dal registratore. Ovvio che il cavo di rete, pur sostituito con uno nuovo, sia fissato al serracavo originale. La paglietta a saldare in basso a destra invece l’ho aggiunta io, sotto una delle viti originali, e serve come punto di massa comune.

loro, per un assorbimento totale sui 650 mA: ma il secondario che passava il convento non ce la faceva a darmi più di 13 V a carico già sul primo condensatore di filtro, per cui di regolarli con un 317 come predisposto sulla scheda neanche a parlarne visto che per funzionare bene il 317 ha bisogno che ci cadano almeno 4 V, se no lascia passare le valli del ripple. Anche se quei 13,1 V in CA di targa ci fossero stati per davvero sotto carico, sarebbe stato comunque scarso perché ne avrei avuti una quindicina scarsa sul filtro (2), però forse ce la facevo a regolare stirato stirato a 11,5 che andava quasi bene... tanto non era fattibile ottenere un altro po’ di tensione aggiungendo in serie l’avvolgimento da 5 V, era di filo troppo sottile per la corrente richiesta. Dunque, oltre a rivelarsi inutile allo scopo per cui l’avevo comprato, quel pezzo di ferro era abbastanza scioperato anche dietro il tentativo di renderlo utile a qualcos’altro. Dopo aver notato che usando questo secondario 24

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per accendere i filamenti, oltre a dovermi accontentare della tensione che passava il convento, il pezzo stava anche abbastanza caldo, alla fine mi sono risolto ad aggiungere una presa sul retro (che sulla foto non vedete perché le ho scattate prima) e fornire la tensione ai filamenti da un alimentatore esterno, deravatto pure lui. Nel telaio al posto del 317 mi sono accontentato di un moltiplicatore di capacità attivo con singolo transistor di potenza e rete RC sulla base (un BD243 deravatto da cassettino) che avesse la minimissima caduta di tensione possibile senza regolare un bel niente; anche l’alimentatore esterno era un po’ avaro di tensione ma diciamo che poteva bastare. Così il transistor dissipa molto poco; anche il radiatorino che lo raffredda è deravatto, fissato con due colonnette sotto la scheda in un punto che è andato a finire dietro a dove il registratore aveva la tastiera. Per fortuna le valvole sono di bocca buona e vanno lo stesso coi catodi abbastanza ben caldi; intanto sul tra-

sformatore di bordo quel secondario è rimasto ad alimentare solo l’altro trasformatorino usato alla rovescia, coll’anodica presa dal primario. Per quanto riguarda l’anodica e l’altra bassa tensione per i FET, per fortuna, nessun problema. Avevo sottomano un MOSFET di potenza gemello dell’altro usato per regolare la tensione di griglia schermo nel Fristillo Deravatto, atrocemente surdimensionato per quest’impiego, ma che andava benissimo per mangiare tutto il ripple dal filtro dell’anodica con una semplice rete RC sul gate. Sulla scheda il posto per mettere gli zener e stabilizzare la tensione l’avevo predisposto, ma già in simulazione avevo poi decretato che era solo dissipazione totalmente inutile, per cui niente zener: non aveva nessuna importanza il valore esatto della tensione anodica, bastava che fosse il massimo possibile, quello che serviva era solo che fosse ben pulita e priva di ripple, e questa “batteria virtuale” va benissimo allo scopo. Così il MOSFET non



COVER STORY Questa è la scatoletta schermante in lamierino di ottone che circonda i controlli di tono, ripresa prima di chiuderla col suo opportuno coperchietto. Si nota anche il primo tratto della “manichetta” nello stesso lamierino attorno ai flat-cable che dai selettori vanno alla scheda.

ha pressoché niente da dissipare e quindi nessun bisogno di radiatore. L’alimentazione per gli stadi a FET invece ho preferito stabilizzarla, perché i KP303 tengono solo 30 V di Vds massima, e senza regolazione la tensione disponibile ci andava troppo vicino. Quindi, regolatorino a transistor di scuola con zener sulla base: il transistor è recuperato dalla scheda del registratore dove svolgeva la stessa identica funzione, è un TO-92 con una piccola aletta d’alluminio già resinata sul case, che porta un foro per poterlo all’occorrenza fissare su un dissipatore più grande. In questo montaggio, dato il modestissimo assorbimento degli stadi a FET, è bastato lasciarlo esposto in aria così com’era. Infine la parte scenica: l’illumina26

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zione. I LED accesi in alternata non stanno bene perché danno una luce troppo tremolante, così ho segato via dalla scheda del Technics ancora un altro rettangolino dove stava l’alimentatore e, riciclando anche i vecchi diodi e condensatori, ho accrocchiato un raddrizzatore a semionda con filtro che, tramite opportune resistenze di caduta, alimenta tutti i LED con una luce bella continua e riposante. Il francobollo di scheda è fissato su una sede già presente nel telaio e basta allentare una vite per spostarlo fuori dai piedi, se servisse. L’interruttore d’accensione originale era un pregiato doppio deviatore bipolare a leva, e stava in perfette condizioni, per cui l’ho riutilizzato con piacere. Quel povero vecchio registratore l’ho sfruttato quasi come un maiale...

CONCLUSIONI Fare un oggetto deravatto non vuol mica dire raffazzonarlo; anzi va progettato col doppio della cura e considerazione precisa di ogni minimo dettaglio sia elettrico che meccanico, sia come schema che come ingegnerizzazione fisica. La scheda è nata prima che si rendesse disponibile il telaio, prevedendo specificamente che fosse adattabile alla prima scatola che capitava sottomano, e questo è stato un primo punto di attento studio. A posteriori, l’adattamento del telaio reperito -che in questo caso non era una semplice scatola ma un telaio vero e proprio, e che fosse fatto di plastica era un vantaggiol’ho eseguito dall’osservazione diretta senza più stare a fare alcun disegno preliminare, ma


COVER STORY pianificando a mente ogni singola procedura, ed eseguendola solo quando avevo ben chiaro inizio, prosecuzione e fine. Il risultato è che la scheda calza a pennello nel telaio come se fosse stata disegnata apposta per stare dentro lì, tutti i particolari sono accessibili e facilmente smontabili, e l’apparecchio è pratico e comodo da installare, da usare e se mai ce ne sarà bisogno- anche da riparare, come se fosse stato ingegnerizzato tutto in una volta. È il lavoro concettualmente più sofisticato che abbia mai presentato; altri erano altrettanto studiati, ma con la notevole facilitazione che la meccanica l’avevo progettata io insieme al circuito, cioè partivano da zero. In quel caso è molto più semplice ingegnerizzare bene perché si può studiare ogni cosa tenendo presenti le altre, che si possono decidere, mentre se una parte vitale come il telaio a priori rappresen-

ta un’incognita, l’integrazione va ottenuta a posteriori. Adattare una cosa esistente a svolgere una funzione diversa da quella che era stata prevista in origine è di gran lunga più difficile che disegnarla da zero!! Chi è ancora fermo al telaio Pecora, con la cornicetta perimetrale di legno, la placca di metallo sopra e tutto il circuito cablato in aria a piatto di bucatini di sotto, almeno non abbia la pretesa di chiamarlo un “progetto”... “Progettare” è una cosa, diciamo, “leggermente” diversa. Ma l’aspetto più interessante è che gli unici componenti che davvero mi mancavano erano i due selettori rotativi dei regolatori di tono, e solo quattro valori di resistenze, per una spesa totale minore di dieci euro: TUTTO il resto era roba già in giro, da una parte o dall’altra, usata, di riciclo o d’avanzo. Anche il registratore che ha fatto da donatore di un

sacco di parti era di risulta: di esso servivano solo i vu-meter, il resto non aveva alcuna collocazione ed era abbandonato al suo destino. Col tempo è inevitabile accumulare materiali eterogenei che capitano a mano a vario titolo e nelle circostanze più diverse: tirare periodicamente una riga per metterne insieme almeno una parte con qualche costrutto è una vera e propria specialità, una tecnica di progettazione a sé. L’unico pezzo che non si è rivelato soddisfacente è il trasformatore di alimentazione principale, ma non si può aver tutto: c’è la scomodità dei due cavi di alimentazione, e dei filamenti che vanno spenti staccando la spina dell’alimentatore esterno. Per risolvere questo problema ci sarebbe voluto un trasformatore disegnato e realizzato apposta, che non rientra nel concetto di “deravatto”. Il Tontardo Claravatto avrebbe

Qui la stessa scatolina è ormai chiusa. A destra si nota il piccolo dissipatore, avvitato alla scheda, che raffredda il transistor moltiplicatore di capacità sull’alimentazione filamenti. Costruire Hi-Fi N. 193

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COVER STORY motivo di esistere anche solo a livello astratto, per questa ragione. Ma in più si permette anche di funzionare, con qualità sonica a livello di qualsiasi prodotto commerciale “hi-end” da qualche migliaio di euro, anzi rispetto alla media del segmento risulta molto più versatile, e malgrado questo non perde nulla in comodità di utilizzo. Inoltre ha il buffo di quest’estetica ingannevole, che lo fa sembrare ancora quello che era ma non è più.

NOTE (1) Parola che ho inventato io e che significa “fatto di ravatti”. A sua volta “ravatto” è una parola ligure

che denomina un avanzo o scarto, in generale un oggetto abbandonato e che non serve più. (2) La formuletta che dice che al filtro si otterrebbe la tensione in CA moltiplicata per 1,41 è una fanfaluca colossale. Primo, già senza carico non tiene conto della caduta sul ponte diodi, che è mediamente di 1,4 V e per basse tensioni fa da sola una bella percentuale. Secondo, sotto carico non tiene conto della caduta nella resistenza in CC degli avvolgimenti che, considerata la corrente di picco nel periodo di conduzione dei diodi pari mediamente a 6~8 volte la CC assorbita, fa sempre un’altra bella percentuale. Terzo, sempre sotto carico non tiene conto del rip-

ple, specie se a valle si intende mettere un regolatore: la tensione che esso può usare per regolare con sicurezza è pari a quella dei minimi del ripple, che può facilmente essere un 20% più bassa del valor medio. Nei casi pratici, specie in un alimentatore a bassa tensione, è già di grandissimo lusso se sul filtro si riesce a sfruttare una continua pari alla tensione RMS in CA moltiplicata per 1,1~1,2; spesso è 0,9~1 e qualche volta parecchio meno. Colla regoletta dell’1,41 si va a sovrastimare la CC utilizzabile da un minimo del 20% fino, in alcune situazioni, a più del 50%: di fatto pia illusione, non buona nemmeno nella più grossolana delle prime approssimazioni!

Donatore, travestimento, e - già che ci siamo - un po’ di voli storico-pindarici, perfino sovietici

Il Technics 615 evoca il periodo di espansione dell’hi-fi, quando aveva ormai dismesso la sua aura di oggetto di lusso e stava via via diventando alla portata del grande pubblico. Questo registratore è stato prodotto dal 1977 al ‘79 e costava sulle 200 mila lire che sono più o meno 400~500 euro di adesso, per allora era di fascia medio-economica; robusto e senza gadget ma con tutto l’essenziale, selettore per tre tipi di nastro (normale, ferrocromo e cromo, non ancora metal), Dolby B, ingressi microfonici e pure un dispositivo meccanico per avviarsi sotto timer. Se ne vendettero camionate e tuttora non è difficile reperirne qualche esemplare, che qualche volta addirittura funziona ancora, a prezzi poco più che simbolici. L’aspetto più curioso è la sua struttura di transizione, adottata solo per poco tempo. Fino a circa il 1975 i registratori a cassette stereo, in ambito hi-fi, erano solo degli accessori che non avevano ancora prestazioni tali da venir presi del tutto sul serio; erano fatti come quelli di uso generico, cioè orizzontali col vano cassetta e tutti i comandi raccolti sul pannello superiore. Le loro prestazioni - e soprattutto quelle dei nastri - andavano però rapidamente migliorando, nella seconda metà del decennio raggiunsero un livello sufficiente per entrare a far parte dello stereo in pianta stabile soppiantando i modelli a bobine. A quel punto era giunta l’ora che cambiassero forma per potersi incolonnare insieme alle altre elettroniche, facendo pendant coi sintonizzatori e gli amplificatori: tutti i controlli che prima stavano sopra andavano spostati sul frontale, e dal punto di vista costruttivo il cambiamento più radicale riguardava il caricamento della cassetta, in subordine l’azionamento delle funzioni della meccanica. Tra le possibili soluzioni la più logica, che diventò in seguito quella definitiva, era riposizionarla in verticale; però non tutti i costruttori se ne convinsero subito e Technics -con lei anche qualche altra marca- dapprima tentò una via intermedia che insisteva a mantenerla ancora sostanzialmente orizzontale, solo un po’ inclinata e con accesso da un vano ricavato nel frontale, riparato da uno sportellino. Il 615 faceva parte di quella generazione, che comprendeva svariati modelli fino all’esagerato RS-9900US a due telai: la cassetta si caricava guidandola a mano lungo un breve piano inclinato finché entrava dentro la sua sede. Per espellerla c’era una piastra che la spingeva fuori di piatto, in modo un po’ rude e rumoroso a dire il vero, facendola scivolare verso un opportuno spallamento sul fondo del vano, contro cui si fermava. Il risultato era però insoddisfacente e poco razionale. Cacciata là dentro la cassetta era scomoda da caricare e poco visibile, anche se il vano era illuminato; la visibilità della cassetta è molto più importante di quello che sembri perché per capire a che punto sta il nastro non c’è sostituto all’ispezione diretta, il contatore è di utilità relativa e da solo non basta. In aggiunta, questa disposizione rendeva scomodo e farraginoso pulire testine e rulli pressori per il poco spazio, la difficoltà di accesso e perché la loro superficie di lavoro non era a favore di vista; nei modelli più costosi si tentò di aiutare incorporando uno specchietto, ma l’operazio-

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COVER STORY ne rimaneva oltremodo antipatica e dissuadeva l’utente medio dall’eseguirla, laddove però le prestazioni di un registratore si degradano molto rapidamente se non lo si tiene ben pulito. Inoltre dal punto di vista costruttivo questo modo di piazzare la meccanica utilizzava molto male lo spazio nel telaio, ne occupava troppo in profondità sottraendolo all’elettronica mentre buona parte dell’altezza al di sopra era posto vuoto, sprecato... ma andava per forza lasciato libero per consentire di caricare la cassetta. Fu questione di due o tre anni perché i fautori di questa via “alternativa” si risolvessero ad abbandonarla e passassero pure loro alle meccaniche verticali, di gran lunga più comode per l’utente ma anche per il progettista, che dispone -a parità di ingombri esterni- di parecchio più spazio libero all’interno del telaio giacché una meccanica verticale ne occupa, in pianta, circa metà rispetto ad una orizzontale di prestazioni equivalenti. Ecco perché questi registratori semi-orizzontali rimasero una soluzione di transizione dalla vita così breve. Tuttavia, proprio la loro provvisorietà concettuale e quel modo illogico di introdurre la cassetta nel fondo di un loculo seminascosto e vagamente misterioso dona loro uno strano fascino, che io trovo molto simpatico. Perlomeno dal punto di vista estetico il Technics 615 è molto più attraente e proporzionato dei modelli a meccanica verticale che in seguito l’hanno sostituito, prima l’M05, ancora a comandi meccanici, e poi l’M205 servoassistito a camme; quest’ultimo l’ho anche posseduto dall’’82 fino all’’85, poi lo vendetti ad un compagno di scuola. Non è un caso che questi due modelli appena citati fossero molto meno profondi del 615, grazie al minore ingombro della meccanica; ma proprio per questa ragione non mi sarebbero andati bene per questo lavoro. Nel periodo della maturità del formato Compact Cassette in campo hi-fi, cioè in pratica dal 1979-80 fino alla metà degli anni 2000 che coincide col fine carriera, la meccanica orizzontale rimase pressoché esclusiva dei portatili professionali e degli apparecchietti economici per uso generico, mentre nei modelli hi-fi divenne l’eccezione che confermava la regola, adottata qualche volta quando si volevano frontali eccezionalmente ribassati. Una soluzione semplice e funzionale consistette nel montare su un cassetto motorizzato l’intero gruppo della meccanica, col che non c’era più bisogno né di coperchio né di alcun dispositivo che estraesse la cassetta: questa poteva introdursi direttamente a mano nella sua sede. Questa soluzione piacque soprattutto agli europei, per esempio erano fatti così pressoché tutti i Bang & Olufsen degli anni 80 e ricordo alcuni Grundig e Schneider, ma ce ne furono anche di giapponesi tra cui un esempio particolarmente elegante fu il Sony TC-K88. Perfino oltrecortina fu prodotto qualche registratore costruito in questo modo, per esempio conoscevate il sovietico Radiotehnika M-201? La stessa formula fu proposta anche su alcuni modelli della polacca Unitra. Negli anni Settanta-Ottanta la produzione hi-fi dell’est europeo era molto più interessante e qualificata di quanto si creda in Occidente, c’erano un sacco di marche con alcuni prodotti davvero rimarchevoli tra cui, a campione, mi piace citare l’ampli integrato Одиссей (Odissei) U-010, il giradischi a trazione diretta Корвет (Karvjét) 038, il registratore a cassette Маяк (Majàk) 011 e le casse Электроника (Eljektronika) 100AS-060; fu fatto di tutto compresi registratori a bobine, amplificazioni sia a valvole che a transistor, diffusori elettrostatici e tweeter a nastro. Gli standard sia progettuali che costruttivi di vari prodotti hi-fi sovietici mostrano un’evidente parentela con apparecchiature militari, medicali e scientifiche; in genere non si concedevano alcun lusso su estetica e finiture, accontentandosi di un aspetto tozzo e militaresco, ma non mancarono esempi di stile abbastanza avanzato e qualcuno si spinse a parodiare, senza però copiarli, perfino prodotti occidentali di design. Notevole per esempio il giradischi tangenziale Eljektronika B1-04, elegante reinterpretazione del Bang & Olufsen Beogram 4000 con lo stesso impianto generale sia estetico che tecnico, ma largamente rivisto con anche un vago tocco di Pioneer nel braccio... chissà mai che funzionasse anche meglio dell’originale. I Beogram tangenziali li conosco anche troppo bene, ne ho avuti per le mani un paio e non ne ho un buon ricordo: eleganti, scenici, iperingegnerizzati, ipercomplicati e delicatissimi... specialmente il 4002 ha messo davvero a dura prova la mia pazienza con le sue bizze. Sul tema del tangenziale superautomatico la quadra la trovò Technics, che rifece tutto in modo più semplice e lo rese affidabile: ne posseggo uno (SL-DL1) rivelatosi molto più facile da mettere a punto di un B&O, e funziona alla perfezione. Negli ultimi periodi della sua storia il registratore a cassette provò anche a scimmiottare il lettore CD, tramite un cassettino motorizzato che tirava dentro e fuori solo la cassetta, non tutta la meccanica. Se la questione è chi scimmiottava chi, diamo atto che aveva cominciato prima il lettore CD col registratore a cassette, negli esemplari di primissima generazione del 1982-83 dove il disco stava verticale e si caricava in uno sportellino; in quel modo però il frontale veniva troppo alto, minimo 13 cm, e fu subito ovvio passare alla meccanica orizzontale col cassettino. Invece lo stesso passaggio applicato al registratore a cassette risultava molto antifunzionale non solo perché la cassetta rimaneva imboscata all’interno, del tutto invisibile, ma soprattutto perché per ispezionare e pulire testine e pressori si era costretti a togliere il coperchio, una farragine assurda. Tutto senza neanche la soddisfazione di un’altezza ridotta, visto che i modelli di questo tipo che erano stati proposti avevano ingombri analoghi a quelli normali. Chi si ricorda l’effimero flop della cassetta DCC, proposta a metà anni Novanta e subito sparita, rammenterà che il relativo registratore fu anch’esso presentato in questa forma. I corsi e ricorsi della storia talvolta seguono logiche davvero demenziali... Costruire Hi-Fi N. 193

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TEORIA

Amplificatore Zen 10 Watt Single-ended in Classe A

di Nelson Pass

Ci sono due principi essenziali per la progettazione amplificatore audio. Il primo è la semplicità. Il secondo è la linearità. Einstein disse: “Everything should be made as simple as possible, but no simpler” (Tutto dovrebbe essere ridotto al minimo indispensabile, ma non ancora di più, N.d.T.).

L

a semplicità è un elemento comune dei migliori e più raffinati progetti. Essa si preferisce per ragioni puramente estetiche, ma anche perché un minor numero di elementi colorano meno il suono, e si perdono meno informazioni. Molti audiofili, me compreso, sono disposti a sacrificare alcune performance per raggiungere una sorta di “intimità” con il suono, attraverso un circuito semplice.

QUAL È IL SUONO DI UN SINGOLO TRANSISTOR? Un amplificatore dovrebbe essere semplice, ma deve anche essere lineare. Una certa quantità di distorsione in un amplificatore è inevitabile e trascurabile se si tratta del tipo meno “offensivo”, ma è importante che la prestazione di distorsione misurata sia ragionevolmente bassa. Il vantaggio di un circuito semplice si perde se il suono viene sovrapposto a un eccesso di dannosa colorazione. Molte topologie complesse sono state giustificate dall’alta qualità delle prestazioni misurate. Secondo criteri oggettivi, questo è un approccio perfettamente valido. Ci sono molte applicazioni in cui la necessità di precisione nella misurazione è importante, mentre non lo sono affatto le prestazioni soggettive. Qualsiasi applicazione in cui la prestazione è fondamentale per ottenere numeri precisi, dovrebbe essere giudicato con mezzi oggettivi. Ma questa non è scien30

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za missilistica; il nostro obiettivo è quello di fare in modo che gli ascoltatori abbiano un suono godibile: potremmo giustificare questo approccio chiamandolo arte invece di scienza, il che sarebbe non solo perfettamente corretto, ma persino preferibile. Risolvere l’apparente conflitto tra semplicità e prestazioni oggettive è il nostro obiettivo. Gli amplificatori di potenza disponibili in commercio hanno 7 stadi di guadagno in serie; il più semplice che conosco ne ha 3. Tale successione di stadi di guadagno è essenziale per costruire un eccesso di guadagno che può essere utilizzato per il feedback negativo. Il feedback viene utilizzato per correggere le prestazioni degli stadi di guadagno. Paradossalmente, il guadagno extra viene utilizzato per correggere la distorsione aggiuntiva degli stadi di guadagno supplementari. Quanto possiamo semplificare un circuito e avere ancora buone performance? Ovviamente un amplificatore con un solo stadio di guadagno sarà quanto di più semplice possiamo creare dal punto di vista topologico, ma la domanda è: “Quanto può essere performante un unico dispositivo di guadagno?”

SINGLE ENDED CLASSE A Solo un approccio è possibile per ottenere prestazioni lineari da un circuito così semplice: la configurazione single-ended in Classe A, una topologia già usata nei primi

utilizzi di dispositivi di guadagno (tubi, naturalmente), ma che non è stata molto impiegata nelle fasi di uscita degli amplificatori di potenza solid-state, a causa della sua inefficienza energetica. Il single-ended in Classe A è una configurazione che ha ricevuto una crescente attenzione solo negli ultimi tempi, soprattutto da parte di appassionati di tubi, e recentemente un certo numero di aziende hanno introdotto sul mercato amplificatori a valvole single ended in Classe A. Essi sono caratterizzati da potenza limitata, costo elevato, e più stadi di guadagno. Nel 1977 pubblicai su Audio Magazine, il disegno di un bipolare da 20 watt Singleended Classe A che aveva quattro stadi di guadagno. Pass Labs produce la serie Aleph di amplificatori single-ended Classe A dal 1992, e si hanno tre stadi di guadagno. La semplicità non è l’unica ragione per l’uso della topologia single-ended. La caratteristica di uno stadio di guadagno singleended è quella di una musicalità estremamente naturale. La sua asimmetria è simile alla caratteristica di compressione/rarefazione dell’aria, in cui, per un dato sfasamento, si osserva una pressione leggermente più alta nella fase positiva (compressione) rispetto alla negativa (rarefazione). L’aria stessa si rivela essere un mezzo per il single-ended, in cui la pressione può diventare molto elevata, ma mai scendere sotto lo 0. La distorsione armoni-


TEORIA

Figura 1

ca di un tale mezzo è di seconda armonica, cioè del tipo meno offensivo. Talvolta può nascere l’equivoco che gli amplificatori single-ended intenzionalmente distorcano il segnale con la seconda armonica per ottenere un carattere falsamente eufonico, ma ciò non corrisponde al vero. La bassa distorsione è ancora un obiettivo importante, ed è mia convinzione che l’aggiunta intenzionale di seconda armonica in un segnale musicale non migliora la qualità del suono. L’amplificazione single-ended si distingue dai disegni push-pull in quanto vi è un solo dispositivo di guadagno per ogni stadio di guadagno, che porta da solo il segnale completo. Le circuitazioni lineari single-ended funzionano solo in Classe A. Al contrario, i push-pull condividono il segnale tra due dispositivi opposti, uno dedicato alla metà positiva, l’altro a quella negativa. Questa suddivisione

positiva/negativa di un segnale audio è un artificio imposto dal desiderio di gestire efficacemente un unico segnale AC, senza componente continua. La maggior parte dei disegni di push-pull in Classe A offrono efficienza energetica del doppio rispetto a quello della maggior parte dei modelli single-ended, e offrono anche una buona misura di annullamento della distorsione. Una coppia push-pull ben assortita di dispositivi di guadagno avrà una distorsione misurata inferiore a causa dell’annullamento, e concentrerà il contenuto armonico in terza armonica e nelle altre armoniche “dispari”, grazie alla simmetria tra la metà positiva e quella negativa della forma d’onda. Il funzionamento è possibile in modalità Classe A, Classe B e Classe AB. Il più lineare di questi è in Classe A, in cui il circuito dissiperà a minimo regime più di due volte la potenza nominale. I circuiti push-pull hanno una

maggiore efficienza, e hanno anche il vantaggio di saper estrarre la corrente in eccesso rispetto al regime minimo, passando a una classe inferiore di funzionamento (da A a B). Un amplificatore Push-Pull Classe A con un regime minimo di 1 amp di corrente polarizzata può fornire picchi da 2 amp prima di lasciare la Classe A, e può fornire correnti ancora superiori, come un amplificatore in Classe AB, in cui una metà dell’amplificatore sperimenta il cutoff, e non trasporta il segnale per una porzione della forma d’onda. Al contrario, gli amplificatori single-ended Classe A non possono linearmente fornire corrente oltre il loro punto di polarizzazione, e in genere devono dissipare al minimo regime un valore quattro volte superiore la loro potenza nominale. L’efficienza tipica è di circa il 20% al massimo. Questa tremenda inefficienza basta da sola a spiegare perché il single-ended Classe A abbia ricevuto una così scarsa considerazione, anche se un più un attento esame dei possibili circuiti, rivela di fatto come sia realistico raggiungere un’efficienza che si avvicini al 50%. In aggiunta, ci sono molti modi in cui un amplificatore single-ended Classe A può funzionare come dispositivo push-pull oltre il suo punto di polarizzazione, partendo dal presupposto che una performance push-pull sia preferibile al clipping. La Figura 1 mostra un semplice esempio di un circuito singleended Classe A. In questo caso il dispositivo guadagno è un FET, sebbene il concetto si applichi ugualmente bene sia per un tubo sia per il transistore bipolare. Il segnale di ingresso è applicato al gate, e il transistor fornisce guadagno di corrente e tensione al drain. Lo stadio di guadagno è influenzato da una qualche forma di impedenza che genera Costruire Hi-Fi N. 193

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TEORIA dalle prestazioni rispetto all’uso di un resistore, anche se non ogni designer predilige il singleended.

Figura 2

la corrente di polarizzazione al transistor. Tale impedenza può essere un resistore, o una sorgente di corrente costante, o potrebbe essere qualche altro carico, come un altoparlante. Poiché questo elemento porta la corrente di polarizzazione DC, è improbabile che si voglia usare un altoparlante per questo, ma si preferirà attaccarlo in parallelo con l’elemento di polarizzazione, in serie con un condensatore di blocco. Se l’elemento di polarizzazione è un resistore, l’efficienza sarà di circa il 4%. Questo significa che il circuito gira al minimo a 100 watt e ha una potenza massima di 4 watt. Possiamo migliorare drasticamente l’efficienza se separiamo la corrente di polarizzazione dalla corrente di segnale, così la sorgente di polarizzazione gestisce esclusivamente la DC, e naturalmente, il nostro condensatore di blocco assicura che il diffusore 32

Costruire Hi-Fi N. 193

veda solo la parte AC del segnale. Tutto ciò può essere ottenuto polarizzando il circuito con una sorgente di corrente costante e l’efficienza sale a circa il 20% circa. La sorgente di corrente costante fornisce solo corrente continua che non varia con il segnale. Oltre al miglioramento dell’efficienza, le sorgenti di corrente costante rimuovono il rumore di alimentazione dalla polarizzazione e forniscono all’alimentazione un carico perfettamente costante. Come risultato di questa portata assolutamente costante di alimentazione, diventa relativamente poco importante quale resistenza viene impiegata nel circuito di alimentazione, e due canali possono prelevare da un alimentatore senza modulare il rispettivo segnale. Ovviamente, l’uso di una sorgente di corrente costante per il bias è giustificato

MOSFET È necessario considerare quale tipo di dispositivo di guadagno sia adatto per questa applicazione. In realtà la scelta è semplice: i dispositivi bipolari hanno l’impedenza d’ingresso troppo bassa e i tubi hanno troppo poco guadagno per poter essere utilizzati in un amplificatore di potenza single stage. L’unico dispositivo utilizzabile è il MOSFET di potenza, che è un dispositivo a transconduttanza come il tubo, ha un’alta impedenza di ingresso e opera con sufficiente guadagno a correnti abbastanza elevate per essere pilotato direttamente dal segnale di linea. Casualmente, il MOSFET è il dispositivo di guadagno che scelgo di più in generale. Anche i transistori con circuiti bipolari più complessi non hanno la necessaria caratteristica di transconduttanza, e i tubi richiedono un trasformatore di accoppiamento, con relativa degrado del segnale. L’uso di trasformatori come carico per un circuito single-ended è molto problematico, in quanto la corrente continua che passa attraverso il trasformatore tende a saturare il nucleo. La soluzione che è stata impiegata è quella di utilizzare un nucleo con un traferro d’aria, col risultato che le bobine primarie e secondarie diventano solo debolmente accoppiate, con un peggioramento delle prestazioni. I MOSFET non sono stati adeguatamente apprezzati per le loro caratteristiche nell’ambito dell’audio high end; credo che questo sia dovuto in parte al suono relativamente poco brillante che producono, in parte alle numerose offerte commerciali disponibili ad oggi, non per colpa dei MOSFET, però: infatti, un attento esame degli


TEORIA amplificatori sul mercato rivela due gravi carenze nel modo in cui vengono utilizzati i MOSFET per l’amplificazione. In primo luogo, quasi tutti i progettisti hanno semplicemente sottostimato i MOSFET impiegandoli nelle stesse (complesse) topologie che erano state sviluppate per dispositivi bipolari, senza riguardo per le loro caratteristiche particolari. L’uso così impersonale e privo di ingegno di un nuovo dispositivo di guadagno determina un suono solo leggermente diverso rispetto al circuito bipolare originale, e apporta ben poco in termini di miglioramento. I disegni MOSFET disponibili sul mercato sono quindi modelli di Classe AB. La curva di trasferimento del MOSFET rivela gravi nonlinearità a basse correnti di polarizzazione, con conseguente nonlinearità del crossover nei disegni push-pull. Questo difetto di progettazione comporta una firma sonora che molti definiscono “la foschia del MOSFET”, in cui è evidente una perdita di dettaglio. Per realizzare appieno i vantaggi dei transistor MOSFET, questi devono operare in Classe A; quindi non sorprende che i MOSFET non abbiano incontrato il favore dell’audiofilo, come invece avrebbero meritato. Mi aspetto che, in un prossimo futuro, questa tendenza possa cambiare, in particolare per quanto riguarda l’uso dei Mosfet negli amplificatori single-ended Classe A.

mentazione. Poiché la corrente passa attraverso Q2, si sviluppa una caduta di tensione attraverso R1, e quando questo calo di tensione raggiunge circa 0,66 volt (2 amp attraverso Q2 / R1), si accende la giunzione di Q3, e quindi Q3 limita la tensione presente al gate Q2 a circa 4 volt. Questo piccolo ciclo opera per mantenere la corrente attraverso Q2 costantemente a 2 ampere. R3 e R4 servono per aggiungere stabilità alla rete e prevenire l’oscillazione parassita del MOSFET Q2. Questa corrente costante di 2 amp viene trasmessa a Q1. Il resistore R8 e il potenziometro P1 formano un anello di retroazione DC che fa funzionare il gate di Q1 a circa 4 volt e colloca il potenziale di drain di Q2 a metà della tensione dell’alimentazione, o a circa 17 volt. Il segnale di ingresso

passa attraverso C6 e R5 fino al gate del Q1, e il segnale di uscita passa attraverso C3 e C4 in parallelo all’altoparlante. R9 e R2 servono a scaricare DC, ma non sono particolarmente essenziali. Invece, Z1 è essenziale per assicurare che un transiente d’ingresso non superi il valore nominale di 20 V del gate del MOSFET. La La Figura 3 mostra lo schema del PC per due canali. Il modello è per una costruzione single-side (ovviamente!), ma io avevo schede realizzate con un piano di massa sul lato superiore della scheda e fori passanti placcati, dato che la differenza di costo è minima. Si noti che le connessioni di uscita hanno polarità invertite. Poiché la topologia inverte la polarità, i morsetti positivi degli altoparlanti devono essere collegati a massa e i morsetti negativi

Figura 3

IL CIRCUITO La Figura 2 mostra il circuito completo dell’amplificatore. Q1 è lo stadio di guadagno, polarizzato dalla corrente costante di Q2. Per quanto riguarda il generatore di corrente, si noti la circuiteria associata a Q2. Q3 viene utilizzato per regolare il drive del gate di Q2. La corrente (polarizzata) viene fornita da R6 / R7; C5 è utilizzato per filtrare il ripple di ali-

Costruire Hi-Fi N. 193

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TEORIA Figura 4

attaccati all’uscita attiva dell’amplificatore. La Figura 4 mostra il posizionamento dei componenti. Si noti che il trasformatore T1, il fusibile F1 e i ponti a diodi B1 non sono sulla scheda PC. Le etichette dei collegamenti della scheda L POWER e R POWER attribuiscono al ponte di diodi + e -. E’ certamente possibile apportare sostituzioni di alcune parti. Il primo requisito per il MOSFET è la capacità di dissipare 30 watt continuamente, senza interruzioni, il che significa selezionare dispositivi con un valore nominale di 125 watt o più. I MOSFET devono avere una tensione nominale di 50 volt o più, e suggerisco 34

Costruire Hi-Fi N. 193

potenza creato caricando i condensatori di alimentazione dà origine a una dissipazione del trasformatore superiore rispetto a quella suggerita dai 2 amplificatori. Nella Figura 5 si può vedere, che il trasformatore di alimentazione consigliato ha una bobina secondaria per ogni canale, ma è accettabile far pilotare entrambi i canali da un unico ponte secondario a diodi.

che abbiano corrente di drain continua di 10 ampere o più. Un elemento molto importante è il dissipatore di calore, che deve essere in grado di dissipare, per ciascun canale, 70 watt in continuo, e fare fronte ad un aumento di temperatura di circa 25 gradi centigradi: una minore dissipazione ridurrebbe la durata del MOSFET. Se vi accorgeste di non poter toccare il dissipatore durante il funzionamento perché troppo caldo, suggerisco l’uso di un ventilatore. Il trasformatore di alimentazione deve fornire circa 25 volt AC a 6 ampere per ogni canale. Mentre l’assorbimento di DC effettivo è esattamente 2 ampere per canale, il fattore di

OPERATIVITÀ Una volta completata la costruzione, bisogna ovviamente collegarla. Se il fusibile dell’alimentazione non salta, dovrete cercare di avere circa 0,66 volt attraverso R1, nessuna tensione CC in uscita, e circa 17 volt ai drain (pin centrali) del MOSFET. Con un segnale di ingresso e un carico di 8 ohm, è necessario regolare P1 per ottenere un clipping simmetrico, ed eseguire un ulteriore aggiustamento dopo che l’amplificatore si è riscaldato. La Figura 6 mostra la curva di distorsione armonica da 10 milliwatt a 20 watt a 1 kHz e 8 ohm. Sotto ai 10 watt la distorsione è puramente di seconda armonica. La Figura 7 mostra la distorsione a 2 watt attraverso tutta la banda audio. La Figura 8 mostra la risposta in frequenza. L’ampiezza è circa


TEORIA Figura 6-7-8

0,25 dB fino a 20 Hz e circa 0,5 dB fino a 20 kHz. L’impedenza di uscita dell’amplificatore è di circa 1 ohm, con un fattore di smorzamento di circa 8. Ci saranno altoparlanti i cui carichi non sono adatti per questo amplificatore, perché hanno bisogno di un alto fattore di smorzamento, o perché hanno un fattore d’impedenza sotto gli 8 ohm, o perché richiedono più di 10 watt. Con carichi di impedenza inferiore a 8 ohm, l’uscita dell’amplificatore non aumenterà, anzi, scenderà: questo perché il disegno singleended può generare solo il valore della corrente di polarizzazione, e non opererà linearmente oltre il punto di bias. Ci sono alcuni altoparlanti con impedenze di 816 ohm e sensibilità nella gamma dei 90100 dB che sono abbastanza a d a t t i . L’amplificatore trova quindi buona collocazione come pilota del midrange

o del tweeter, ed è particolarmente efficace con i driver caricati a tromba. Se si desidera pilotare carichi da 4 ohm con il doppio della potenza, consiglio semplicemente di parallelare i due canali in mono ai terminali in ingresso e in uscita. L’impedenza d’ingresso è 4,75 K ohm, e il guadagno è di circa 8,5 dB. Questo significa che l’amplificatore deve essere pilotato da una sorgente attiva in grado di erogare 3,5 volt a 700 microampere. La caratteristica di ingresso può essere regolata, per sorgenti con più tensione e meno corrente, aumentando R5, mentre, per sorgenti con più corrente e meno tensione, può essere regolata diminuendo R5 in maniera proporzionale. Come suona? Con l’altoparlante giusto, il suono è semplicemente meraviglioso. Al fine di affinare l’amplificatore, si è liberi di utilizzare qualsiasi parte che si ritenga essere migliorativa. E’ altamente improbabile che si cerchi di ottenere un amplificatore più piccolo, e se si desidera un amplificatore più grande, suggeriscono di trovare parti più grandi e costruirlo. Tutti gli elementi qui sono facilmente ridimensionabili, e si possono trovare o MOSFET più grandi o far funzionare quelli esistenti a valori più vicini ai loro limiti. Ho costruito grandi versioni di questo circuito utilizzando package di MOSFET industriali con potenza nominale di 600 watt a testa, e funzionano bene. La semplicità dell’amplificatore consente una grande tolleranza alle modifiche. A differenza di molti disegni, non è “critico”, e non è necessaria alcuna compensazione di stabilizzazione per feedback e frequenza. Quando si prende in considerazione un ricambio per una versione maggiorata, la dissipazione e tensione nominale dei componenti sono gli elementi che meritano attenzione. Costruire Hi-Fi N. 193

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TEORIA TAVOLA 1

Resistori R1 0.33 2W R2 100 1W R3 221 1/4W R4 221 1/4W R5 4.75k 1/4W R6 4.75k 1/4W R7 4.75k 1/4W R8 22.1k 1/4W R9 47.5k 1/4W

Condensatori C1 10,000uF 35V Digi-Key P6485

C2 10,000uF 35V Digi-Key P6485 C3 2,200uF 35V Digi-Key P6481 C4 2,200uF 35V Digi-Key P6481 C5 47uF 25V Digi-Key P5976 C6 47uF 25V Digi-Key P5976

Miscellanea Q1 IRFP140, MOSFET canale N, min. 50V, 10A, 125W Q2 IRFP9240, MOSFET canale P, min. 50V, 10A, 125W Q3 MPSA92, transistor PNP, min. 50V, 10mA, TO92 Z1 1N5239, 9.1V 500mW 5% P1 10k Potenziometro, Digi-Key

INCORNICIATO

3386P-103-ND BR1 25A 50V ponte a diodi, DigiKey GBPC12005 F1 5-6A fusibile tipo 3AG fast blow T1 Avel Lindberg # D4040 (2 canali) T1,T2 Toroid Corp. # 617.242 (1 per ciascun canale) Trasformatore circa 24-25V AC @ 5A secondari (c) Nelson Pass, Pass Labs

Traduzione di Cristina Cuomo

Il ritorno dello Zen. Upgrade dell’amplificatore a MOSFET SingleStage Single-Ended Classe A Esistono aree critiche al design dell’amplificatore Zen che riguardano le performance oggettive e misurabili, e, nel tentare di risolvere tali criticità, ho scoperto che le prestazioni soggettive miglioravano con le misurazioni. Tutte le modifiche sono state eseguite senza alterare la topologia originale del progetto dell’amplificatore.

RUMORE Il difetto più sgradevole che ho riscontrato è quello che il rumore, in particolare il ronzio che si presenta in uscita a circa 5 mV, ha reso il suono più simile a quello di un amplificatore a tubi single-ended. La risoluzione a tale problema consiste semplicemente nel pulire l’alimentatore, muovendosi in due direzioni. In primo luogo, far funzionare l’amplificatore con un alimentatore stabilizzato: posso garantire che questo sistema risolve perfettamente il problema. In secondo luogo, creare un filtro π nell’alimentatore esistente utilizzando ulteriori 10.000 uF di

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Costruire Hi-Fi N. 193

capacità di alimentazione e una bobina a nucleo d’aria da 1 o 2 Millihenry che li separa. Questo circuito è mostrato nella parte di alimentazione della Figura 1. Ho comprato le bobine dalla MCM. Il risultato è stato una riduzione del ronzio di circa 26 dB, il che l’ha reso impercettibile. Ho trovato preferibile il suono del filtro π sull’alimentatore stabilizzato, anche se non riesco a spiegarne il perché. In entrambi i casi, l’amplificatore suonava un po’ meglio che con l’alimentazione originale, non solo perché non si sente il ronzio, ma anche perché il ripple non si presenta quando l’amplifica-

tore è in overdrive, rendendo il clip meno udibile.

CONDENSATORI Eliminare i condensatori dal circuito non è molto pratico, ma ci sono miglioramenti che possono facilmente essere apportati in questo settore. Innanzitutto, è perfettamente accettabile bypassare i condensatori elettrolitici con tipi di film di qualità superiore, come mostrato in Figura 1. In secondo luogo, è facile ristrutturare il loop del feedback dell’amplificatore in modo da racchiudere i condensatori d’ingresso e di uscita nel loop, riducendo le loro distorsioni


TEORIA

Incorniciato Figura 1

per mezzo della quantità di feedback impiegata. Questo è chiaramente mostrato dalla Figura 1, dove i valori di P1 e R8 sono stati aumentati, e due nuovi resistori, R10 e R11, formano un loop di feedback separato al di fuori dei condensatori. R8 e P1 sono ancora necessari al fine di stabilire il punto di polarizzazione DC del sistema, ma, aumentandone i valori dell’impedenza rispetto a R10 e R11, R10 e R11, si riesce a dominare le prestazioni. Racchiudere l’ingresso e l’uscita DC del circuito nel loop di feedback R10 e R11 ci permette anche di regolare il guadagno del circuito indipendentemente dalla regolazione della polarizzazione DC, il che tornerà utile in seguito. DISTORSIONE

Probabilmente l’aspetto delle prestazioni più criticato da parte di persone che non hanno né costruito né ascoltato l’amplificatore è quello della distorsione, com’è documentato nell’articolo. Alcune persone sono confuse circa la fonte della distorsione, incolpando il funzionamento single-ended per la Distorsione Armonica Totale (THD), quando, in realtà, il colpevole è la semplice natura del singolo stadio di guadagno. Ci sono cose che possiamo certamente fare per migliorare la distorsione dell’amplificatore, sia dal punto di vista del livello che della frequenza. Innanzitutto, la scelta del MOSFET avrà un’influenza significativa sulla distorsione. Ho costruito il circuito utilizzando IRF240, IRF140 e IRF040. Questi dispositivi sono molto simili,

ma sono stati in un certo qual modo diversamente “drogati” ai fini della tensione nominale. Maggiore è la tensione, minore è la transconduttanza, e maggiore è la distorsione nel circuito. Le curve originali sono relative allo 040, e l’utilizzo successivo di un 140 ha dato alla distorsione armonica valori superiori di circa il 50%, mentre il 240 ha dato valori maggiori del 100% circa. Per esempio, a 1 watt a 1 kHz, il 040 ha dato una distorsione armonica dello 0,6% circa, il 140 0,9% circa, e il 240 1,2% circa. In secondo luogo, la quantità di polarizzazione sul MOSFET farà una differenza apprezzabile: la Figura 2 mostra un IRF140 polarizzato a 2 amp (curva in alto) e a 3 amp (curva di mezzo), e la distorsione è scesa della metà. L’aumento di corCostruire Hi-Fi N. 193

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TEORIA

Incorniciato Figura 2

rente viene realizzata riducendo R1 da 0,33 ohm a 0,22 ohm. La dissipazione dei transistor di potenza sale da circa 30 watt ciascuno a 45 watt, e se si apporta questo tipo di modifica, sarà necessario aumentare la dissipazione di calore in modo appropriato. Inoltre, ci si dovrà preparare all’idea che l’amplificatore avrà una vita un po’ più breve. In terzo luogo, è possibile regolare i valori di R10 e R11 per ridurre il guadagno dell’amplificatore, aumentando il feedback. La Figura 3 mostra un IRF140 operato con 2 amp di bias (in alto la curva) e 3 amp di bias (curva al centro) con R10 a 1 KOhm e R11 a 3,3 KOhm. Il guadagno dato qui è di 8,5 dB, e ci vogliono 3 volt per guidare l’amplificatore. In quarto luogo, è possibile parallelare i canali in ingresso e le uscite per ottenere valori di distorsione ancora più bassi. Le curve in basso di Figura 2 e Figura 3 sono state ottenute mettendo in parallelo i canali con 3 amp di bias. Nel caso della curva inferiore della Figura 3, otteniamo una distorsione 38

Costruire Hi-Fi N. 193

di 20 dB inferiore rispetto al circuito originale, dando all’amplificatore Zen un manto di rispettabilità oggettiva. Queste curve si riferiscono al Incorniciato Figura 3

IRF140, e misurazioni leggermente migliori si ottengono utilizzando un 040. La scelta del dispositivo a canale P è molto meno importante, poiché esso è configurato semplicemente come un generatore di corrente costante. La distorsione in funzione della frequenza è essenzialmente una funzione dell’impedenza della rete input/feedback. Dal momento che la rete deve caricare la capacità non lineare del MOSFET, impedenze inferiori daranno valori migliori. Poiché la rete riveduta e corretta di Figura 1 ha circa 1/5 dell’impedenza, il fattore di distorsione in funzione della frequenza è ridotto di un fattore 5 circa. L’esecuzione di correnti maggiori e canali paralleli migliora il fattore di smorzamento nello stesso tipo di proporzione. Nel caso del test, il fattore di smorzamento è passato da circa 8 a circa 30. È accettabile ridimensionare, in più o in meno, R10 e R11, o cambiare il loro rapporto e il guadagno, in modo di interfacciare al meglio la sorgente. Sentitevi liberi di sperimentare! (c) Nelson Pass, Pass Labs Traduzione di Cristina Cuomo



PRATICA

La controreazione vista da un (semi)profano

di Giovanni Repetti

Il presente scritto nasce “a caldo” subito dopo la lettura dell’articolo di copertina del numero di CHF 188, e precisamente il testo a firma di Mauro Accorsi sulla controreazione. Ci tengo a precisare che l’ho scritto prima del recente articolo di Marzullo, apparso sul numero 192.

P

remessa: sono ben lungi dall’essere un tecnico progettista di amplificatori, sono semplicemente un appassionato con un po’ di infarinatura tecnica, niente più. Mi piace molto l’autocostruzione, ma mi rifaccio sempre a progetti fatti da altri. Per cui non ho la certezza di essere nel giusto riguardo a quanto scrivo qui, ma tant’è, se verrò corretto ne sarò ben felice, avrò imparato qualcosa. Ma veniamo all’articolo in questione. Diverse cose mi hanno lasciato molto perplesso. La prima nota va ai grafici 2, 3 e 4. Siamo sicuri che la differente forma d’onda che vediamo ai capi della resistenza sia dovuta alla forza contro elettromotrice dell’altoparlante? Lo stesso Autore asserisce: “il più veloce altoparlante sarà sempre immensamente più lento dell’amplificatore più scarso e il segnale che genera iniziando a muoversi si sovrapporrà a segnali di pilotaggio successivi nel tempo”. Ma allora come mai i due segnali sono perfettamente in fase? Non stiamo in realtà vedendo alterazioni dovute all’induttanza dell’altoparlante, ecc. ecc.? Proseguendo, troviamo la seguente frase: “l’altoparlante, a causa delle caratteristiche elastiche delle sue sospensioni e la sua massa continua ad oscillare generando segnali anche dopo il termine dell’impulso.” Vero, ma solo se non sopraggiungono altri impulsi. Se alla fine di un impulso, mentre 40

Costruire Hi-Fi N. 193

l’altoparlante tende a proseguire l’oscillazione propria, ne sopraggiunge un altro, l’altoparlante va a seguire quest’ultimo, poiché il segnale che arriva è certamente molto più elevato della FCEM. Detta frase prosegue con la seguente conclusione: “Essendo il segnale musicale una serie di transienti e non un segnale continuo, si comprende come il sistema controreazione non sia una tecnica priva di controindicazioni molto serie se applicata a sistemi ad alta fedeltà.” Perché? Non l’ho capito, non vedo il nesso fra controreazione e auto smorzamento dell’altoparlante, non vedo come si deduca la negatività della controreazione da detti grafici. Forse Foto 1 - 807 Single Ended

servirebbe vedere gli stessi con e senza controreazione. Ma veniamo al punto ben più importante. Il test di Figura 5 nello stesso articolo. Non so per cosa Nelson Pass abbia approntato questo test, ma qui a mio modesto avviso (tenere presente la premessa), è completamente fuori luogo. Perché tutto questo casino? Stiamo parlano della controreazione, no? Perché devo andare a vedere cosa succede a monte di un ampli se la controreazione serve a correggere l’uscita? E poi, non è lo stesso circuito di controreazione che mi riporta il segnale in ingresso, anche se in controfase? Non sono in effetti in controfase gli spike dei grafici 9 e


PRATICA

Foto 2 - Audiostatic ES240 modificate

10? Ma analizziamoli, questi grafici: l’Autore sembra dar loro molta importanza. Parentesi: a parte che non capisco il grafico 8, che, a meno di errori, è fatto nelle stesse condizioni del grafico 9 con la sola differenza che a fronte di un segnale iniettato più alto ci ritroviamo con un segnale in ingresso ad ampli 2 più basso e non viene detto perché. Chiusa parentesi. Sembra di capire che l’Autore deduca che il grafico 10, a 1 kHz, sia migliore del grafico 1, che è fatto a 10 kHz, concludendo che la controreazione lavori meglio su segnali a bassa frequenza. I grafici 9 e 10 sono invece a mio avviso identici. Infatti la base tempi del grafico 10 è di 250 microsec/div, mentre quella del grafico 9 è di 25 microsec/div. Ne consegue che, se osserviamo gli impulsi blu del grafico 10, vediamo che si estinguono in meno di un decimo della durata dell’onda

quadra, cioè in circa 25 microsec, esattamente come succede nel grafico 9. Il fatto che la forma d’onda di questi spike è identica, mi porta invece a supporre che possano essere attribuiti ad un altro fenomeno. E’ noto, forse non tanto in campo hi-fi, che gli impulsi “viaggiano”, cioè si propagano facilmente un po’ dappertutto. Se si accende un motorino elettrico munito di collettore a spazzole e questo è privo degli appositi soppressori di disturbi, gli impulsi generati dalla commutazione del collettore si propagano per tutta la casa e sono chiaramente visibili sul televisore o udibili sull’impianto HiFi. In campo industriale, una delle prove a cui vengono sottoposte le apparecchiature elettriche dei sistemi di distribuzione di energia è il cosiddetto Surge test, o B.I.L. test, che sarebbe la prova di tenuta all’impulso atmosferico. In pratica, agli isolanti della apparecchiatura viene applicato un impulso la cui forma d’onda ha un andamento che riproduce quella dell’impulso generato da un fulmine, come illustrato dal Grafico 1. La scarica deve avere il tratto più verticale del fronte di

Foto 3 - Electrovoice 12trx

salita di circa 1,2 microsecondi e una coda volutamente sostenuta di 50 microsecondi. Se guardiamo il grafico di Accorsi di figura 9, vediamo che gli impulsi rilevati all’ingresso dell’ampli 2, con una base tempi di 25 microsec/div, hanno un fronte di salita presumibilmente simile a quello dello del Grafico 1 mentre la coda è più breve. Ciò è dovuto al fatto che le prove di impulso atmosferico sono prove di potenza e la lunghezza della coda è volutamente “lunga” proprio per evidenziare l’eventuale perdita di isolamento del materiale in prova. Infatti se l’isolante cede e avviene una scarica attraverso di esso, succede

Foto 4 - Philips 97100

Costruire Hi-Fi N. 193

41


PRATICA Grafico 1

quello che si vede nel Grafico 2, ossia la coda si estingue ben più velocemente. Ora quello che a mio avviso è

errato è la conclusione che l’Autore trae dai grafici 9, 10 e 15 dove si osservano questi impulsi. L’Autore dice: “Gli oscillogrammi Grafico 2

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Costruire Hi-Fi N. 193

9, 10 e 15 indicano chiaramente come al transiente l’impedenza sia piuttosto elevata per poi assestarsi su un segnale tendente a zero a causa della impedenza dello stadio di uscita bassa per effetto della controreazione”. A mio avviso gli impulsi si trovano lì a causa di quanto spiegato sulla propagazione degli impulsi. Ma ammettiamo che in effetti siano tali per effetto della controreazione. Ciò significa che la controreazione fa male? Casomai il contrario, dimostra che la controreazione funziona, e molto bene. Infatti, a parte l’impulso iniziale, assolutamente giustificabile poiché un ritardo di intervento, seppur breve, deve per forza esserci, sia per il percorso più lungo che per il fatto che se non venisse rilevato non verrebbe corretto, dopo lo spike iniziale l’impulso sparisce. Cosa succederebbe senza controreazione? Avremmo tutta l’onda quadra in ingresso? Non ci è dato di sapere, quindi questa prima conclusione non mi pare adeguata. Non capisco se Accorsi si aspetti nulla all’ingresso oppure tutta l’onda quadra. L’Autore poi prosegue con: “L’impedenza di base dello stadio è dunque evidentemente piuttosto alta e variabile dinamicamente con la frequenza, e, nel tempo, e viene pesantemente condizionata dalla velocità dei transienti.” E’ giusta questa conclusione? Non mi suona bene e non si capisce bene da cosa nasca. E ancora: “Il suo impiego (della controreazione) su amplificatori di qualità elevata è, a parere di chi scrive, da sconsigliare per le evidenti alterazioni che impone al segnale in transito.” A mio avviso queste alterazioni non le abbiamo viste. Vorrei vedere gli stessi grafici con e senza controreazione inserita per esserne convinto. In ultima analisi, le conclusioni vengono tratte dal fatto che c’è un impulso all’ingresso di ampli 2. Siccome stiamo parlando dell’uti-


PRATICA

Figura 1 - Grafico 17R 18R: Risonanza dell’Electrovoice, a sinistra senza controreazione, a destra con controreazione dopo aver aumentato il volume. Notare che oltre alla tendenza a limitare l’ampiezza del segnale ai morsetti dell’altoparlante, la Fs si sposta da 55 a 36 Hz. Non so dire perché questo avvenga, ma ben venga.

Figura 2 - Grafico 9AC: Electrovoice a 40 Hz, onda sinusoidale. Notare la correzione dello sfasamento.

Figura 3 - Grafico 10AC: Come grafico 9 ma all’onda quadra. Notevole miglioramento sia sulla resistenza che sull’altoparlante.


PRATICA

Figura 4 - Grafico 14AC: Electrovoice all’onda quadra a 1kHz.

Figura 5 - Grafico 30AC: L’elettrostatico all’onda quadra a 1 kHz.

Figura 6 - Grafico 7AC: il Philips 9710 a 20Hz. 44

Costruire Hi-Fi N. 193


PRATICA

Foto 5 - 807 Single Ended

lità o meno della controreazione, a me interessa ciò che succede su ampli 1, non sul 2. La prova vuole dimostrare che l’impulso torna indietro all’ingresso? E allora perché non lo vediamo sommato alla quadra di ingresso? Ma soprattutto, se c’è, cosa succede? L’amplificatore lo amplifica (è il suo compito) e quindi lo troviamo amplificato all’uscita? Non ci è dato di sapere dalle prove pubblicate. So che Nelson Pass è uno degli dei dell’Olimpo, ma se la prova è stata intesa per vedere gli effetti della controreazione, così come ci è stata mostrata, lascia a mio avviso il tempo che trova. Qui finiscono le mie osservazioni sull’articolo di Accorsi e dovrei chiudere, ma in realtà a seguito di detto articolo ho voluto effettuare

io qualche prova sulla validità o meno della controreazione e, da semi-tecnico (vedi premessa), le ho fatte nel modo che ritengo più logico. Non certo approfondite quindi ma lascio a voi lettori decidere se siano interessanti o no. Ho un amplificatore auto costruito single ended di 807, il cui schema è tratto dal sito Triode Dick: http://members.home.nl/triode.dick/ 807_single_ended_versterker.html. Ho collegato un generatore di segnali in parallelo ai due ingressi dell’amplificatore, quindi a una delle uscite ho collegato una resistenza di potenza anti induttiva da 8 o 16 ohm a seconda del caso, mentre sull’altra uscita ho alternato alcuni altoparlanti vintage (la mia passione), in particolare un 8 pollici Philips 9710 in alnico

in cassa open back, direttamente sui morsetti dell’altoparlante senza nessun componente di crossover; un mostruoso due vie coassiali Electrovoice 12trx da 12 pollici con un magnete da ben 1580 grammi in alnico, quindi forza controelettromotrice a palate e sempre in cassa open back, sui morsetti a monte del relativo crossover costituito da una induttanza da 0,7 mH in serie e un condensatore da 3 microF in parallelo al woofer, e stessi componenti ma collegati al contrario sulla tromba degli acuti ; un elettrostatico a banda intera Audiostatic ES240, ovviamente all’ingresso del relativo crossover/alimentatore. Quindi tre carichi completamente diversi per vedere il comportamento della controreazione in situazioni diverse. Nei grafici, in giallo è il segnale in ingresso, in blu la resistenza anti induttiva e in rosso l’altoparlante di turno. Per ognuno, ho anche registrato il comportamento con e senza controreazione alla risonanza. In ogni grafico viene mostrata la frequenza e le Vrms di ingresso, sulla resistenza e sull’altoparlante. Attenzione che passando da senza controreazione a controreazione inserita è stata cambiata la posizione del volume in quanto con la controreazione il livello di uscita si attenua. La correzione di volume è fatta ad occhio; in genere, si passa da posizione di volume 3 a 4, per avere un’idea. Quindi i valori RMS sia sulla resistenza che sull’altoparlante cambiano; qual che va osservato quindi non sono i valori in sé ma il relativo rapporto. In tutti i grafici, a sinistra senza controreazione, a destra con. Inserisco qui non tutte le prove, che sono molte, ma solo alcune significative. Notate che spesso la controreazione tende a correggere anche lo sfasamento. Voi che ne dite? Io dopo le mie prove lascio la controreazione permanentemente inserita. Costruire Hi-Fi N. 193

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PRATICA

Figura 7 - Grafico 3AC: il Philips a 100 Hz, onda sinusoidale. Notare la correzione della fase.

Figura 8 - Grafico 4AC: sempre il Philips a 100 Hz, ma onda quadra. Notare la correzione sulla resistenza!

Figura 9 - Grafico 2AC: Il Philips a 1 kHz. 46

Costruire Hi-Fi N. 193



PRATICA

Ohmetro per bassi valori

di Daniele Carta

Ormai tre anni sono trascorsi da quando scrissi un articolo realizzato per la rivista, era il primo, che mai avessi scritto, e ammetto una certa emozione quando lo vidi pubblicato. Mi ero ripromesso di scriverne altri, ma una serie di fatti personali negativi me lo ha impedito, non ultimi vari impegni di lavoro a cui di questi tempi non si può rifiutare.

O

ra comunque eccomi di nuovo, per gentile concessione della redazione ovviamente, a proporvi un oggetto che a prima vista sembra non avere molto a che fare con i temi trattati abitualmente dalla rivista, ma trattandosi di un valido strumento di misura trova degnamente posto in qualunque laboratorio. Si tratta di un misuratore di resistenze di basso valore, un particolare tipo di ohmetro specificatamente progettato, con com-

pensazione dei cavi di misura. Il range spazia praticamente da zero ohm a circa una decina, almeno in questa versione, non ho ritenuto utile spingermi oltre in quanto si entra nel campo dei comuni tester relativamente a precisione. Un uso in linea con lo spirito della rivista è certamente quello della misura delle bobine dei trasduttori. LA GENESI Lo strumento nasce essenzial-

Figura 1 - Trasduttore sotto misura

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Costruire Hi-Fi N. 193

mente dalla necessità pratica di misurare con buona precisione il valore di resistenza di alcuni woofer a doppia bobina nelle varie configurazioni serie-parallelo, soprattutto per controllarne l’integrità funzionale. Ho un figlio che gareggia in competizioni SPL a livello europeo e molto di frequente, alla fine della gara, qualche componente si danneggia nella migliore delle ipotesi, o brucia completamente (e solitamente sono i trasduttori). Credo


PRATICA

Figura 2 - Vista frontale senza coperchio

che tutti sappiano cosa siano tali competizioni, ma per i profani, si tratta di vetture con impianti audio di potenze installate di vari kilowatt (si, proprio di migliaia di watt ) impieganti woofer generalmente da 38 cm di diametro, in numero consistente 6, 8 o più, collegati generalmente in parallelo così da spremere il massimo dagli amplificatori (rigorosamente in classe D). Capirete com’è facile anche solo cuocere una bobina e di conseguenza variandone la resistenza. Ora l’unico modo sicuro non visivo per verificarlo è appunto misurarne la resistenza, in quanto montati nel box, la pressione che si ha crea comunque una escursione paragonabile ad un trasduttore perfettamente funzionante, e il livello audio è tale che ad orecchio difficilmente si percepisce la mancanza di un trasduttore attivo. Niente a che vedere con l’alta fedeltà, ovviamente. Qui vince

chi crea all’interno della vettura la pressione sonora più elevata. Per inciso, si tratta di valori spesso oltre i 160 dB. Il risultato è stato che al primo collaudo, per così dire sul campo, ha individuato una bobina cotta di valore doppio del normale. Non identificabile in altro modo (stessa escursione e stesso, ad orecchio, volume). Misurare resistenze di valori molto bassi con un normale tester non è agevole e soprattutto molto impreciso anche solo per la resistenza introdotta dai cavi stessi dello strumento. Occorreva dunque creare un set di misura diverso. Mi ricordai di un vecchio articolo dell’ottimo Alberto Maltese che proponeva una soluzione tanto semplice quanto efficace, ovvero usare un semplice alimentatore, una resistenza di valore noto e un tester commutato nella misura di tensione. Se conosco la corrente che attraversa

la resistenza incognita e misuro la tensione ai suoi capi, posso facilmente ricavare il valore della resistenza stessa tramite l’applicazione della Legge di Ohm (R=V/I). Pur suggerendo l’unico metodo preciso utilizzabile, occorreva montare un set di misura volante e non molto pratico. Da qui lo spunto per creare uno strumento dedicato che, pur nascendo per uno scopo specifico utile a chi si accinge ad eseguire misure sui trasduttori anche per ricavarne i parametri T&S tramite i numerosi programmi disponibili, può essere molto utile in un qualsiasi laboratorio minimamente attrezzato. La realizzazione è semplice e alla portata di chiunque, avendo cercato di impiegare, ove possibile, componenti preassemblati. DESCRIZIONE Come si vede dalle foto, lo strumento è alloggiato in un conteniCostruire Hi-Fi N. 193

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PRATICA tore da strumentazione interamente in plastica in quanto economico e facilmente reperibile. Il pannello l’ho verniciato di arancione, colore che uso abitualmente per la strumentazione autocostruita e per alcune linee di produzione. La plastica è facilmente verniciabile a patto di pretrattarla con un fondo adeguato, e inoltre si lavora con facilità. Ragionando a blocchi, lo strumento si compone di tre alimentatori preformati due strumenti a pannello e la scheda elettronica, che ne è il cuore. Gli alimentatori ho preferito, per semplicità, acquistarli montati e funzionanti, anche perché il loro costo è talmente basso che non giustifica un’autocostruzione. Sono piccoli ed efficienti: due alimentano separatamente gli strumenti di misura, mentre il terzo più grosso alimenta lo strumento stesso. Si tratta di modelli da 12 Volt e 1 A max per gli strumenti e un 12 Volt e 5 A per la misura. Sono chiaramente sovradimensionati contribuendo alla sicurezza di un buon funzionamento del dispositivo. Gli strumenti di misura a pannello sono due, come si nota dalle foto: a sinistra l’amperometro e a destra il voltmetro. Si tratta di strumenti di precisione con convertitori a 20 bit, che garantiscono una risoluzione molto alta, superiore di molto rispetto alle normali esigenze dello sperimentatore medio. Loro sono il vero motore dello strumento determinandone la precisione di misura. Come già detto, il principio è molto semplice: si fa scorrere una corrente nota attraverso la resistenza incognita, poi si misura la tensione ai suoi capi determinandone così il valore. Si tratta di fare un semplice calcolo ma durante una misura poco agevole. Così ho pensato che se avessi fatto scorrere una corrente di 1 A, avrei letto sul voltmetro direttamente la resistenza. Questo è 50

Costruire Hi-Fi N. 193

possibile, mantenendo una discreta precisione, solo usando uno strumento ad alta risoluzione come appunto quello impiegato. Ma vi è anche un altro punto da sottolineare: è indispensabile far scorrere attraverso la resistenza incognita una corrente esattamente nota e precisa. Questo si ottiene impiegando un generatore di corrente ma, per maggior precisione e sicurezza, nelle misure il generatore di corrente è in minima parte variabile manualmente tramite il potenziometro che si nota sulla sinistra del pannello e controllato dall’amperometro sul pannello. Così, a ogni nuova misura, andrà aggiustata la corrente fino a legFigura 3 - Vista interna

gere sull’amperometro esattamente 1 A. A quel punto sul voltmetro comparirà il valore della resistenza. Ovviamente può succedere che, durante la misura specie se è prolungata nel tempo, la corrente tenda a variare indipendentemente, a quel punto sarà sufficiente agire sul potenziometro per riportarla nel giusto valore. Nella pratica, il tempo di misura è limitato e così anche lo scostamento della corrente. Tenete presente che la sensibilità degli strumenti è talmente elevata che difficilmente riuscirete ad azzerarlo completamente ma questo causerà solamente l’errore sulla misura di qualche microOhm (milionesimi di ohm). Sono livelli di preci-


PRATICA

Figura 4 - Il Pannello

sione esagerati che nella pratica non servono a nulla. Il cavo di misura ha una lunghezza di circa 1 metro che, normalmente, introdurrebbe un errore rilevabile, così ho risolto il problema operando a quattro fili. In pratica il cavo di misura è composto da 4 conduttori schermati, due portano la corrente di misura ai puntali in questo caso due coccodrilli in miniatura mentre i restanti due prelevano la tensione direttamente sui coccodrilli stessi annullando così la resistenza dei cavi. In questo modo si ottiene un’adeguata precisione della misura.

IL CIRCUITO IN DETTAGLIO Come già detto, il cuore del circuito è il generatore di corrente. Realizzato con Un OP-AMP, e precisamente una metà

dell’LM358, operazionale specifico per funzionare ad alimentazione singola. All’ingresso non invertente troviamo un partitore formato da R1,X1,X2, dove X2 è montato a pannello ed esegue la taratura fine dello strumento prima di ogni misura, mentre tramite X1 si determina la corrente da usare per la misura; nel mio caso ho scelto 1 A per comodità di lettura. Il partitore è alimentato tramite un regolatore di tensione a 5V, da cui dipende buona parte della precisione e stabilità di misura. All’ingresso invertente applichiamo la tensione presente ai capi del gruppo R7-R10, che ovviamente dipende dalla corrente che transita sulle resistenze stesse. Si tratta di elementi da 0,39 ohm e 3W di dissipazione ciascuna. E’ ovviamente possibile sostituirle

con un’unica resistenza di uguale valore e dissipazione adeguata (12 W). L’uscita dell’OP-AMP tramite R2 controlla le basi di Q1-Q4 in parallelo che a sua volta si incaricano di mantenere costante la corrente di misura.

COMPONENTISTICA La componentistica deve essere scelta di buona qualità, ma sempre senza esagerazioni, anche se si tratta pur sempre di uno strumento di misura. La tensione di riferimento si ricava da un comune regolatore e non importa montarne uno specifico di precisione, in quanto il 78L05 è sufficiente. I transistor finali sono dei comuni NPN di media potenza, per sicurezza ne ho impiegati 4 in parallelo con relative resistenze di compensazione. X2 è un potenCostruire Hi-Fi N. 193

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PRATICA

Figura 5 - Resistenza sotto misura

ziometro montato a pannello di basso valore, per la taratura fine è bene sia di buona qualità e stabile nella rotazione. Veniamo ora alla strumentazione: si tratta di un voltmetro e un amperometro di alta precisione; presentano 4 cifre oltre la virgola, con variazione della stessa automatica ma comunque facilmente reperibili. Fissando la corrente di misura a 1 A sul voltmetro leggo il valore della resistenza direttamente, e con 4 cifre decimali se inferiore ad 10 ohm, con tre se superiore, che in effetti sono molto abbondanti. L’amperometro ha lo shunt di misura incorporato. Questi due strumenti sono alimentati a 12 V separatamente tra di loro e dalla corrente di misura per evitare interferenze. Questo comporta l’uso di tre alimentatori e precisamente due con corrente max di 1 A per gli strumenti, e 52

Costruire Hi-Fi N. 193

uno più grosso da 5 A per la misura (nello schema Vin).

Nello Schema 1 non sono indicati le due alimentazioni degli strumenti. Essendo uno strumento “a 4 fili” il voltmetro leggerà la tensione (Vrx = Rx) direttamente ai capi dei puntali di misura, nel mio caso ho usato dei coccodrilli in miniatura come si nota dalle foto. Quindi è necessario un connettore a 4 poli almeno, meglio se schermato. Maschio a pannello e femmina da cavo. Il contenitore è plastico da strumentazione, all’interno ho applicato un piano di fondo in plexiglass, materiale facilmente lavorabile e che uso da tempo appunto per i piani di fondo. Questa tecnica mi permette di forare il contenitore stesso in maniera minima ed eventualmente estrarre tutta l’elettronica per eventuali

riparazioni o modifiche.

MONTAGGIO I componenti sono montati su una basetta millefori, in quanto la realizzazione di un pezzo, per giunta con così pochi componenti, non giustifica l’impiego di circuiti stampati dedicati. Come si nota dalle foto, i transistor sono montati su un dissipatore con ventolina incorporata. Si tratta di un componente recuperato da un vecchio pc. Potrebbe sembrare esagerato ma il sistema di misura è bene rimanga a temperatura costante anche se utilizzato per brevi periodi; inoltre, essendo sovradimensionato, ci mette al riparo da guasti. Dalla basetta partono diversi cavetti di collegamento saldati direttamente alla stessa in quanto per semplicità non ho ritenuto opportuno ricorrere a connettori. In ogni caso si tratta di un cablag-


PRATICA gio semplice.

TARATURA Come di solito, dopo avere controllato bene i collegamenti ed avere approntato il cavo di misura senza per collegarci nulla, si controlli la tensione di riferimento che sia di 5 Volt. Poi si porti X2 al centro della corsa, e il cursore del trimmer X1 dal lato ground. A questo punto cortocircuitare i puntali di misura e leggere il valore della corrente sull’amperometro. Agire su X1 fino a leggere 1.0000, probabilmente farete molta fatica a stabilizzarvi, non importa, la regolazione fine avviene con X2. A questo punto sul voltmetro leggerete 0,0000. Le ultime cifre probabilmente non saranno stabili, ma agli effetti delle misure saranno milliOhm che non ritengo significativi. Togliete il cortocircuito dai puntali e l’amperometro vi segnerà 0 A, e il voltmetro la tensione di alimentazione. Ora lo strumento è pronto all’uso. Procuratevi una resistenza di valore noto e non superiore ai 10 ohm collegatela ai puntali. Controllate la corrente sull’amperometro e tramite X2 aggiustatela esattamente a 1.0000, a questo

Figura 6 - Cavo di misura

punto il valore che comparirà sul voltmetro sarà quello della resistenza stessa con decimali pari a tre o quattro cifre. La precisione dello strumento è appunto garantita dal fatto che ad ogni misura e durante la stessa possa aggiustare la corrente al valore di 1° con continuità.

CONCLUSIONI Ora siamo giunti alle conclusioni, che dire? Si tratta di uno strumento di facile realizzazione molto preciso (dipende dagli strumenti utilizzati) utile al labo-

ratorio. Se la corrente di misura risultasse eccessiva per i vostri usi, si può ridurre ma, in questo caso, si varierebbe il range di misura e occorrerebbe fare calcoli alla tensione letta. Stesso discorso se la si aumenta, a meno di non prevedere un’identica partizione o amplificazione della stessa, ma si complicherebbe lo strumento non di poco, anche se la cosa è comunque realizzabile. Resto ovviamente a disposizione per chiarimenti, critiche e suggerimenti, se vorrete scrivermi.

Schema 1 Costruire Hi-Fi N. 193

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PRATICA

di Federico Carioligi - Nuvistorclub

NUVICD 1: lettore CD dal risultato sorprendente La sorgente ha grandissima importanza all’interno di un impianto audio in quanto è in grado di caratterizzarne pesantemente la resa sonora; era già da qualche anno che valutavo l’idea di costruire un lettore CD ma mai avrei pensato di raggiungere con una autocostruzione simili risultati all’ascolto.

S

e l’autocostruttore medio non ha grossi problemi a realizzare materialmente le schede elettroniche che compongono l’apparato che sta costruendo, la musica cambia quando si deve mettere in piedi un apparato dotato di una qualche meccanica, basti pensare allo sforzo necessario per costruire da zero un giradischi. Nel caso di un lettore CD le cose sono facilitate, in quanto basta attingere per la meccanica di lettura dai componenti informatici come CD ROM, DVD - ROM o masterizzatori, reperibili in quantità, di qualità ed a prezzi contenuti. La realizzazione di questo CD player, visibile in Foto 1, non sarà quindi molto complicata, non discostandosi poi molto da altre realizzazioni, anche commerciali, già Foto 1 - Il lettore NUVICD1

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Costruire Hi-Fi N. 193

viste; anche le parti componenti saranno poche e di facile reperibilità, ma alcune scelte circuitali e costruttive faranno la differenza. Per assurdo, la complessità maggiore deriverà dalla necessità di eseguire precise lavorazioni meccaniche al frontale del contenitore ma, anche in questo caso, la scelta del giusto fornitore farà la differenza. Il cuore del lettore sarà pertanto la meccanica di lettura di stretta derivazione informatica, dalla quale sarà prelevato il segnale digitale SPDIF per poi essere inviato al DAC: una scheda di controllo si occuperà della gestione della meccanica e del display mentre un alimentatore energizzerà il tutto. Per avere una visione d’insieme su come sarà strutturato il lettore sarà utile dividerlo in parti funzionali

così come riportato nello schema a blocchi di Figura 1. Come chiaramente visibile, la parte sinistra mostra i blocchi dell’alimentatore, fisicamente separato nelle sezioni dedicate alla meccanica, al controller e alla scheda DAC. Al centro si riconosce la meccanica di lettura, controllata dalla scheda dedicata raffigurata in alto. Diversamente dalle realizzazioni integrate, la scheda DAC, visibile in basso, è completamente autonoma: il filtro adattatore, visibile sulla destra, si occuperà di livellare e filtrare il segnale digitale prima di essere inviato alla decodifica.

LA MECCANICA DI LETTURA. Per molti anni i DVD - ROM IDE (quelli con il pettine di connes-


PRATICA

Figura 1 - Schema a blocchi del lettore sione multipolare) sono stati usati massicciamente sui PC, anche se con l’avvento delle nuove periferiche SATA stanno di fatto sparendo. Sulla baia comunque si continua a trovarne e molto spesso, essendo oramai in disuso, ne possiamo acquistare dei piccoli stock per pochi euro, magari da rivedere o ripulire un po’ o selezionare in base alla qualità costruttiva. Come già detto esistono vari tipi di lettori ma secondo il mio parere la migliore scelta prevede l’utilizzo di un masterizzatore DVD – ROM. Questo tipo di periferica si

presta in maniera particolare al nostro scopo in quanto, per essere più precisa durante il processo di scrittura rispetto ai semplici lettori, ha la meccanica del travers-motor e del capstan-motor più curata e tutto questo si riflette in una maggiore precisione in lettura a beneficio del risultato finale. Ma la meccanica da sola non basta e deve essere supportata da una buona circuitazione di controllo: fondamentale è verificare che il lettore sia del tipo multi giri (ad esempio 8 x, 10x, etc.) e con buffer di memoria interno da almeno 2 MB. Queste

caratteristiche ci permetteranno di sfruttare la velocità accresciuta di lettura, anche 40 volte maggiore rispetto ad un lettore tradizionale, per leggere più volte il disco e sopperire così a una eventuale perdita di campioni digitali: inoltre, la memoria buffer si comporterà da serbatoio per il dato inserito, rendendo fluido ed indipendente dalla lettura lo stream digitale verso il DAC. Nella scelta del masterizzatore va tenuta in conto la compatibilità con la scheda controller che ci servirà, attraverso pulsanti, display e telecomando, a fare funzionare la

Foto 2 - Particolare delle connessioni posteriori del lettore

Costruire Hi-Fi N. 193

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PRATICA nare il segnale, in rete si trova facilmente il circuito attivo con in più due porte invertenti di un 74HC04, ma da prove effettuate il semplice schema proposto si è sempre dimostrato altrettanto funzionale. Per essere operativo il drive richiederà le due tensioni di alimentazione +5vdc/+12Vdc, da fornire tramite i conduttori rosso e giallo del classico connettore informatico.

Figura 2 - Schema del filtro adattatore del segnale digitale SPDIF

macchina. In linea di massima la funzionalità dovrebbe essere garantita con tutti i DVD - ROM ma in alcuni casi, specie con vecchi drive, mi è capitato che alcune funzioni non fossero gestite. Quindi, prima di assemblare in maniera definitiva la meccanica nel contenitore, è sempre bene fare delle prove di funzionamento al banco, onde evitare di fare il lavoro due volte! Ma come si collega il drive? La Foto 2 ci viene in aiuto mostrando le varie connessioni elettriche di un generico drive IDE. Guardando il masterizzatore da dietro vedremo, da destra verso sinistra, il connettore maschio dell’alimentazione seguito dal pettine IDE dove andrà collegata la scheda controller; segue poi il pin-strip con cui si configura la modalità di funzionamento del DVD – ROM (nel nostro caso settato su Master), il connettore dell’uscita audio analogica e, infine, il connettore dell’uscita digitale SPDIF. Quest’ultima ci permette di estrarre il nostro segnale digitale, non prima però di averlo trattato con il circuito TTL to COAX visibile in Figura 2. Il circuito proposto è veramente 56

Costruire Hi-Fi N. 193

semplice: il segnale TTL proveniente dall’uscita SPDIF necessita di un’attenuazione e un adattamento di impedenza, realizzati tramite il partitore resistivo, mentre il condensatore si occupa di disaccoppiare l’ingresso con l’uscita. Questa non è l’unica strada percorribile per condizio-

LA SCHEDA CONTROLLER Il controller IDE si trova facilmente ed a un costo veramente irrisorio: anche in questo caso basta andare sulla baia, digitare controller CD - ROM , ed ecco spuntare dalla Cina le varie offerte. La scheda, anche se venduta da diversi commercianti, si presenta sempre alla stessa maniera essendo, di fatto, sempre lo stesso progetto. La scheda controller è sempre fornita di telecomando, schedina della tastiera, basetta del ricevitore IR e display lcd retroilluminato blu o verde: spendendo qualche euro in più si può optare per un display a sca-

Foto 3 - Prova al banco del controller


PRATICA

Foto 4 - Layout interno, con la prima versione dell’alimentatore durante il montaggio.

rica di gas Samsung, molto più scenografico. Il controller non fa altro che gestire il nostro DVD ROM in maniera autonoma senza avere bisogno del PC. Sul display avremo indicati i brani, le tracce e la durata totale del CD che stiamo ascoltando. Il tastierino solitamente consente le funzioni basiche di comando della meccanica, mentre il telecomando ci dà la possibilità di gestire anche gli altri usuali comandi accessori quali salto traccia, visualizzazione del tempo trascorso o totale, ripetizione etc. La scheda arriva già assemblata e fornita di cavo per la connessione al drive: ha bisogno solamente di

essere alimentata a +12 vdc, mentre qualche sforzo maggiore va fatto per sistemare meccanicamente il display o il tastierino sul frontale dell’apparato in costruzione. Come ripetuto precedentemente e come visibile in Foto 3, consiglio una prova al banco tra scheda e drive per scongiurare funzionamenti incerti, magari sfruttando l’uscita analogica di bordo per verificare la corretta lettura dei file audio (1).

ALIMENTATORE L’importanza della sezione di alimentazione è oramai conosciuta a tutti: fondamentale, in un apparato che ospita al suo interno

diverse funzioni circuitali, è la separazione dei vari alimentatori e questo è quello che viene fatto normalmente sui lettori di un certo pregio (2): nel nostro lettore abbiamo esasperato ancora di più questo concetto prevedendo alimentatori diversi per le diverse tensioni necessarie. Come visibile in Foto 4 l’alimentatore inizialmente era stato realizzato impiegando trasformatori separati da 9 e 15 volt per ricavare i +5 e i +12 volt necessari alla sezione drive e controller, utilizzando convenzionali regolatori lineari 7805, 7812 e annessi componenti passivi; la scheda del DAC, possedendo a bordo i relaCostruire Hi-Fi N. 193

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PRATICA tatori. Le due induttanze utilizzate, del valore non critico di 100uH, si trovano facilmente da qualsiasi rivenditore di materiale elettronico, ma si possono recuperare anche da un alimentatore per PC in disuso: normalmente sono poste in uscita ai secondari di alimentazione e si riconoscono facilmente in quanto avvolte su di un nucleo in ferrite.

Foto 5 - Il nuovo alimentatore: si riconoscono gli stadi switching ed i filtri aggiuntivi.

tivi alimentatori, viene alimentata tramite trasformatore dedicato, contribuendo così all’indipendenza di questa sezione. Questa soluzione è stata subito abbandonata a causa della modesta fattura dei due trasformatori impiegati che sotto carico ronzavano in maniera preoccupante. Pertanto ho deciso, per rimanere con le dimensioni più contenute possibili e per avere un certo surplus di corrente, di impiegare due alimentatori switching da 5v 3A e 12v 2,5A. Questa soluzione, per altro non comune, consente di contenere al minimo le dimensioni degli alimentatori e di aumentare decisamente l’efficienza di questa sezione: inoltre, per migliorare ulteriormente la qualità della tensione erogata, in uscita ad ogni alimentatore, è inserito uno stadio di filtraggio aggiuntivo, così come visibile in Foto 5 e indicato nella Figura 3. Questo filtro aggiuntivo è sostanzialmente un CLC per ogni ten58

Costruire Hi-Fi N. 193

sione ed è fondamentale in quanto impedisce il diffondersi del rumore residuo dei due alimen-

SCHEDA DAC Per completare il lettore CD manca la parte relativa alla conversione digitale – analogica e, anche in questo caso, la baia ha consentito di reperire quanto necessario. La scheda è basata su di un AD1955 (3), converte file audio fino ad un massimo di 24 bit 192KHz ed è dotata di tre ingressi distinti: coassiale, ottico e USB. Inoltre gli integrati operazionali OP275 della sezione analogica sono montati su zoccolo, consentendo eventuali up-grade. Il piccolo DAC risulta ben fatto, con alimentazioni curate e un trasformatore di alimentazione R-core veramente silenzioso e di

Figura 3 - Schema dei filtri aggiuntivi


PRATICA ottima fattura. Per chi ha dimestichezza con il saldatore, si può acquistare la scheda in kit di montaggio, ma ci sono da saldare alcuni integrati in formato SMD, operazione questa che richiede un minimo di attrezzatura ed esperienza: il kit montato costa pochi euro in più e arriva già testato. Dalla scheda DAC sono stati tolti gli economici connettori forniti dal costruttore, sostituiti da RCA di buona fattura e fissati al pannello posteriore del lettore: solamente il connettore USB è rimasto al suo posto. Questo consente una versatilità di uso notevole visto che in questo modo il DAC è si montato nello stesso case del lettore CD ma di fatto rimane un componente a se stante così come la meccanica di lettura: basta infatti staccare il cavo coassiale che sul pannello posteriore colle-

ga l’uscita COAX della meccanica all’ingresso COAX della scheda DAC per permettere di usare altre sorgenti od altri DAC; per questo motivo sul frontale dell’apparato sono presenti tre spie che segnalano l’ingresso in uso. In Foto 6 l’interno con la disposizione delle parti circuitali.

CONTENITORE Se vogliamo vestire in maniera dignitosa la nostra elettronica autocostruita la scelta più ovvia è quella di utilizzare un contenitore industriale: per questo motivo la nostra realizzazione è alloggiata in un sempre valido Galaxy della italiana HIFI 2000 dalle dimensioni midi pari a 335 x 85 x 240, soluzione sicuramente scontata ma di qualità. Avendo il telecomando per comandare le varie funzioni del lettore, ho deciso di non montare nessun tasto sul

pannello frontale che così risulta pulito essendo solamente occupato a sinistra dal display, al centro dal cassetto della meccanica e a destra dai tre led indicanti l’ingresso selezionato in automatico dal DAC. La presenza del cassetto per il disco ha posto il problema di come eseguire in maniera precisa lo scasso per la sua fuoriuscita dal pannello anteriore: alla fine ho deciso di avvalermi dell’opera di un laboratorio esperto in queste lavorazioni che ha provveduto alle forature e all’incisone delle varie scritte con tramite CNC: con una spesa abbordabile il lettore sfoggia un frontale professionale. Una opportuna mostrina in alluminio di spessore adeguato, fissata sul davanti del cassetto porta CD, dà continuità al pannello frontale a cassetto chiuso. Il pannello posteriore, visibile in Foto 7, è

Foto 6 - Interno del lettore completato

Costruire Hi-Fi N. 193

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PRATICA stato forato in casa in quanto ha necessitato solamente dei fori per il fissaggio delle varie prese di ingresso ed uscita: anche in questo caso le scritte sono state realizzate dal laboratorio. La meccanica e le schede elettroniche di alimentatore e DAC sono state comodamente fissate all’interno del contenitore utilizzando il coperchio inferiore e delle piastre: una staffa opportunamente piegata ha supportato il display nella giusta posizione dietro al pannello frontale. Il risultato finale è decisamente soddisfacente.

ASCOLTO E UTILIZZO Ovviamente non si chiede all’oste se il vino è buono ma il NUVICD1 è stato provato più volte dai componenti del Nuvistorclub (4) in diversi impianti, confermando sempre le sue doti di ottima sorgente. In particolare, la brillantezza dell’esecuzione, la ricostruzione credibile della scena sonora, la netta distinzione dei vari strumenti ed esecutori, il dettaglio e quantità delle informazioni sonore che riesce a riprodurre sono le sue

principali peculiarità. Certamente questo lettore CD non è esente da difetti ma sono confinati principalmente nella scarsa velocità nella lettura della TOC e della traccia, mentre il telecomando, arrivato in dotazione alla scheda controller, è di bassa qualità costruttiva; inoltre, essendo un lettore 40 X, se il CD non è ben equilibrato tende a fare rumore alle alte velocità di rotazione. In conclusione la realizzazione di questo lettore CD mi ha veramente sorpreso grazie alla sua ottima resa sonora: sicuramente vi sono ulteriori margini di miglioramento ed è per questo che sto pensando ad una sua evoluzione. NOTE (1) Una curiosità riguarda l’uscita audio analogica integrata nel drive, da sempre associata (a ragione) ad una riproduzione del segnale audio limitata dalla bassa qualità del DAC impiegato e per di più alimentato in comune con la sezione digitale, foriera di disturbi e rumore. Sareste stupiti nel conoscere il nome di alcuni

Foto 7 - Particolare del pannello posteriore

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Costruire Hi-Fi N. 193

modelli commerciali di gran blasone e relativo esborso economico all’acquisto, che usano anche essi drive informatici e che prelevano il segnale audio direttamente da questa presa, magari facendolo transitare, prima degli RCA di uscita, tra due valvoline…

(2) Se l’apparato è costruito come si deve l’alimentatore della sezione analogica è diverso e separato da quello della sezione digitale, già a partire dai trasformatori di alimentazione: nel nostro lettore ci spingiamo oltre, separando fisicamente gli alimentatori delle due tensioni necessarie alla meccanica ed alla scheda controller. Con la scheda DAC alimentata dal proprio trasformatore la separazione dei circuiti è totale.

(3) La scheda scelta per questa realizzazione svela l’età del progetto: attualmente è possibile trovare alternative comparabili come architettura ma con componentistica più aggiornata, anche se non è detto che siano meglio suonanti!

(4) www.nuvistorclub.it ma anche www.degustazionimusicali.it


ACCESSORI BUSTE ESTERNE PER 45 GIRI BAGS UNLIMITED 100 buste esterne per 45 giri in polietilene trasparente. Ideali per la protezione dei dischi in vinile da polvere, graffi, parassiti. Cod. 243 Prezzo: 13,00 euro

BUSTE INTERNE PER 45 GIRI BAGS UNLIMITED 50 buste interne per 45 giri foderate, con il centro e fodera interna in polipropilene trasparente. Lo spessore della carta è rinforzato del 60% rispetto a quella standard. Dimensionate correttamente per essere inserite all'interno delle normali custodie esterne in carta/cartoncino dei 45 giri. Cod. 583 - Prezzo: 14,00 euro

BUSTE ESTERNE LP APRI/CHIUDI Custodie esterne per LP in puro polipropilene trasparente di elevata qualità. Set da 100 pezzi. Ideali per la protezione dei dischi in vinile da polvere, graffi, parassiti. Sono del tipo apri/chiudi, essendo dotate di una striscia adesiva sul retro. Non si increspano e proteggono in modo assolutamente sicuro i tuoi dischi. Dimensioni: 324 x 324. Cod. 122 - Prezzo: 26,00 euro

BUSTE INTERNE PER VINILI NAGAOKA Le buste interne NO-102 sono ricordate ancora oggi da tutti gli analogisti convinti. Non esiste migliore protezione per i dischi, le buste Nagaoka sono completamente antistatiche ed antigraffio impedendo che i vostri vinili si rovinino mentre li estraete o riponete nelle copertine. Proteggete i vostri dischi, sono un patrimonio da tramandare. 50 buste per confezione. Cod. NO-102 - Prezzo: 27,00 euro

LIQUIDO PULISCI STILO DISC DOCTOR’S Il liquido per la pulizia dei fonorivelatori Disc Doctor's non lascia residui sulla puntina e sul cantilever e rimuove polvere, sporco e residui secchi provenienti dai solchi, per ottenere il tracciamento ottimale. La confezione comprende il fluido e una nuova eccezionale spazzolina a setole corte, utilizzabile per l'applicazione e anche a secco per la rimozione della sola polvere. Questi residui di sporco vanno rimossi poiché aumentano l'usura del disco e dello stilo. Minimizzerai il rumore e la distorsione e preserverai la salute della testina. Sia il fluido che la spazzolina sono totalmente sicuri per la testina, lo stilo e il cantilever. Spazzola sempre dalla parte posteriore (il cantilever) verso quella anteriore (la puntina). Cod. 155 - Prezzo: 28,00 euro

LIQUIDO PER PULIZIA LP ML.473 DISC DOCTOR'S È un prodotto utilizzato e consigliato da moltissimi archivi audio, studi di registrazione e collezionisti. La confezione da 473 ml permette di pulire circa 300 dischi. Si consiglia di utilizzare il liquido insieme alle spazzole di pulizia Disc Doctor's. Un disco lavato con il liquido è perfettamente pulito, e suona in modo naturale, trasparente e dettagliato, minimizzando al massimo il rumore. Il prodotto viene fornito nella confezione come concentrato. Per poterlo utilizzare è necessario aggiungere acqua distillata fino al livello indicato. È altamente efficace e non contiene Alcool isopropilico, sviluppato per pulire una sola volta, efficacemente e in modo sicuro i tuoi dischi. Cod. 156 – Prezzo: 31,00 euro

SET SPUGNE PER PULIZIA E RISCIACQUO VINILE PZ.2 BAGS UNLIMITED Set 2 spugne in viscosa, sempre utile durante le operazioni di pulizia del vinile, per assorbire eventuale liquido in eccesso. Adatta al contatto con il vinile. Assorbe liquido fino a 10 volte il suo peso. Lavabile. Non rilascia peli. Poiché il set contiene due spugne, una può essere utilizzata durante il lavaggio, l'altra per il risciacquo con acqua distillata. Cod. 347 – Prezzo: 10,00 euro

BUSTE ESTERNE LP Custodie esterne per LP in polietilene trasparente. Set da 100 pezzi. Ideali per la protezione dei dischi in vinile da polvere, graffi, parassiti. Dimensioni: 324 x 324. Cod. 555 Prezzo: 26,00 euro

SPAZZOLA ANTISTATICA IN CARBONIO PLAYSTEREO Con due strati di fibre di carbonio è una eccellente spazzola antipolvere da utilizzare a secco prima e dopo ogni ascolto sui tuoi dischi in vinile. La spazzola PlayStereo possiede oltre un milione di fibre di carbonio conduttive. Sono così microscopiche da entrare nei solchi e la loro conduttività elettrica consente di drenare la carica elettrostatica presente nel disco. Cod. 501 - Prezzo: 11,00 euro

SET SPAZZOLE PER PULIZIA LP CON LIQUIDO DISC DOCTOR'S Set composto da 2 spazzole più 2 ricambi. Questo è il metodo più economico e allo stesso tempo efficace per effettuare il lavaggio manuale dei dischi in vinile. Per poter applicare il metodo Disc Doctor's è necessario l'acquisto separato del fluido Disc Doctor's. È fortemente consigliato a tutti i piccoli e medi collezionisti di dischi in vinile e acquirenti di dischi usati che pur desiderando il massimo risultato nella pulizia non potrebbero ammortizzare il prezzo di una macchina lavadischi ad aspirazione. Cod. 158 – Prezzo: 55,00 euro

PANNO PULIZIA CD, DVD E VINILI NAGAOKA Il panno per la pulizia CL-20 è indispensabile per eliminare polvere e impronte dalla superficie dei vostri CD, DVD e vinili. A lungo andare la polvere riga impercettibilmente lo strato protettivo peggiorando la qualità della riproduzione, il panno Nagaoka è studiato espressamente per rimuovere la polvere senza rigare. Cod. CL-20/3 - Prezzo: 19,00 euro

SPAZZOLINA PER LO STILO PLAYSTEREO Spazzolina a setole corte, specifica per la pulizia dello stilo dalla polvere e anche come applicatore per il fluido di pulizia. I classici applicatori a setole dure rischiano di danneggiare il cantilever, mentre quelli morbidi a pennellino non rimuovono tutti i residui sulla puntina. Questa nuova spazzolina è facile da utilizzare e molto efficace. La PlayStereo Stylus Brush: pulisce completamente lo stilo, riduce il rumore e la distorsione, rimuove le particelle e i residui accumulati, è totalmente sicura su tutti i tipi di testina. Cod. 67 - Prezzo: 7,00 euro

Articoli soggetti a variazione di prezzo.


ACCESSORI ADATTATORE PER 45 GIRI NAGAOKA L’adattatore AD-653 45 rpm è tornito dall’alluminio pieno per adattarsi perfettamente ai vostri 45 giri, non ne potete fare a meno. Cod. AD-653 Prezzo: 22,00 euro

BUSTE INTERNE PER LP IN CARTA FODERATA 25 buste interne per LP foderate, con foro centrale e fodera interna in polipropilene trasparente. Eccellente qualità e spessore della carta rinforzato rispetto allo standard. Perfetta attaccatura del velo senza increspature. L’etichetta del vinile è leggibile attraveso la fodera che copre il foro centrale. Cod. 82 - Prezzo: 15,00 euro

CLAMP PER GIRADISCHI IN GOMMA 60 GR. KAB ELECTRO-ACOUSTICS Clamp per giradischi in gomma per rendere i dischi perfettamente piatti ed utile per l’assorbimento delle vibrazioni con una livella a bolla incorporata. Per la sua leggerezza è indicato per i giradischi Rega e per tutti quelli che possiedono un motore poco potente. L’inserimento sul perno avviene a pressione e la realizzazione in gomma consente una installazione ferma che aiuta a smorzare le vibrazioni. Cod. 327 - Prezzo: 45,00 euro

BILANCINA DIGITALE PER FONORIVELATORI Schermo con tasti soft-touch, peso max ammesso 5,000g, tolleranza di errore 0.001g. Realizzata interamente in alluminio amagnetico, piatto bilancia realizzato in acciaio amagnetico e ad altezza disco, auto-spegnimento. Confezione lusso con batterie in dotazione, peso di calibrazione, giravite per vano batteria. La bilancina non è solo molto precisa, ma anche facilissima da utilizzare. La corretta forza d’appoggio sul disco è uno dei fattori critici nella messa a punto. Non rispettare le indicazioni del produttore può avere conseguenze negative sul suono. Cod. 070 - Prezzo: 59,00 euro

SPAZZOLA ANTISTATICA SUPER IN CARBONIO E VELLUTO È una spazzola per la pulizia a secco del vinile che unisce due file di fibre di carbonio a una testina di velluto. Si tratta di una soluzione altamente efficace al problema della polvere e dei residui che si accumulano nei solchi. Le fibre di carbonio associate ad una morbida e larga testina in velluto, rimuovono tutti i residui in una sola passata. Le fibre di carbonio sono posizionate sui lati esterni, mentre internamente agisce la testina in velluto. Applicando la spazzola sull'LP prima e dopo ogni ascolto, sporco e polvere scompaiono, e viene anche ridotta la carica elettrostatica. Cod. 621 - Prezzo: 20,00 euro

CLAMP PER GIRADISCHI IN METALLO 440 GR. Clamp per giradischi massiccio, ben realizzato e comodo da usare. Contribuisce a rendere i dischi perfettamente piatti mentre vengono suonati ed è utile per l'assorbimento delle vibrazioni. È realizzato interamente in metallo con finitura nero cromato lucido e la sua base è dotata di una strato di sottile velluto che rende ottimale il contatto con il disco. Dimensioni: 56 mm diametro x 40 mm altezza. Cod. 450 - Prezzo: 47,00 euro

LIVELLA SFERICA PER GIRADISCHI Precisa e assolutamente necessaria per la messa in bolla del giradischi, con diametro maggiorato da 43mm, non troppo piccola e ideale da collocare in diverse posizioni. Quando il giradischi è perfettamente in piano, le vibrazioni si riducono e il tracciamento è migliore. Cod. 557 - Prezzo: 7,00 euro

SET 4 BANANE CRUSADE AUDIO SILVER Set quattro banane placcate in argento, con fissaggio del cavo a doppia vite e pin di contatto forato ad elevata superficie, per la massima efficacia di contatto. Costruzione in ottone amagnetico placcato in argento. Adatte a cavi fino a mm 5 di diametro (cavo spellato). Cod. 271 - Prezzo: 22,00 euro set.

BRACCIO PER LA PULIZIA AUTOMATICA DEL DISCO IN VINILE Antistatico, per giradischi. Facile da installare e usare. Realizzato in metallo. Cod. 642 - Prezzo: 22,00 euro

TAPPETINO ANTISTATICO IN FELTRO CON STROBOSCOPIO PER GIRADISCHI Il tappetino in feltro contiene sottilissime fibre di carbonio che assorbono l'elettricità statica, per facilitare la rimozione della polvere dopo ogni utilizzo. Lo stroboscopio è marcato per la frequenza di rete di 50 Hz con indicazioni per i 33 1/3, 45, e 78 giri. Il tappetino misura un diametro di cm. 29.85 con un foro di cm. 0.635 per aderire al perno. Disponibile nel colore nero. Cod. 633 - Prezzo: 10,00 euro

BLU TACK Mastice rimovibile ad alta tenuta ed elevato assorbimento; da porre sotto le elettroniche e sotto i diffusori. Migliora la pulizia e la messa a fuoco sonora. Particolarmente indicato per il fissaggio di minidiffusori ai rispettivi supporti da pavimento. Si tratta del prodotto originale, che ha avuto numerose imitazioni ma risulta tuttora imbattibile per il tipo di applicazioni cui può essere destinato. Cod. BLU-T - Prezzo: 6,00 euro cad.

PAGLIUZZE PER CABLAGGIO BRACCIO-TESTINA Set di quattro pagliuzze con cavo e contatti placcati in oro. Lunghezza totale mm 45. Cod. 580 - Prezzo: 5,00 euro set.

Articoli soggetti a variazione di prezzo.


ACCESSORI PIATTELLO SOTTOPUNTA IN OTTONE NICHELATO SCURO Da posizionare sotto le punte delle elettroniche e dei diffusori, per disaccoppiare e proteggere pavimenti e ripiani. Diametro mm 16. Spessore totale mm 4,5. Cod. SPP16 Prezzo: 1,50 euro cad.

ANELLI SMORZATORI PER VALVOLE Il loro effetto si basa sull’eliminizione delle vibrazioni che incidono negativamente sul funzionamento delle valvole, migliorando la scena sonora. Resistenti ad elevate temperature (800° C). Cod. ELF-NOV - Prezzo: 2,50 euro cad. (diam. 20/25 mm - per: ECC83, 12BH7, EL84 e simili) Cod. ELF-OCT - Prezzo: 3,00 euro cad. (diam. 26/34 mm - per: 6SN7, 6SL7, EL34 e simili) PROVATO SU FDS 193

CAVO USB NEUTRAL CABLE Cavo USB per il collegamento del PC al DAC. Isolati in teflon e realizzati con conduttori di una particolare lega risultata la migliore nella trasmissione dei dati e nella riproduzione sonora. Rispetto ai normali cavi USB per PC in dotazione ai DAC sono evidenti i miglioramenti su parametri quali la fedeltà timbrica, la ricostruzione del soundstage e dell’ambienza, la dinamica, il senso del ritmo ed il dettaglio. Indispensabile per ogni appassionato di musica liquida. Lunghezza: 80 cm. Cod. USB - Prezzo: 120,00 euro PROVATO SU FDS 186 CAVO DI SEGNALE MANTRA 2 BLUE EDITION NEUTRAL CABLE Cavo di segnale in rame argentato isolato in teflon terminato con i pregiati connettori in rame tellurio Bullet Plug. Le sue caretteristiche elettriche e la schermatura particolarmente efficace lo rendono adatto, oltre che alle sorgenti digitali, anche all’utilizzo come cavo phono. Il cavo è direzionato. Cavo di grande musicalità ed equilibrio timbrico. Metri 1. Cod. MANSEG - Prezzo: 320,00 euro CAVO DI ALIMENTAZIONE MANTRA 2 BLUE EDITION NEUTRAL CABLE Cavo di alimentazione in rame argentato isolato in teflon della sezione di 3,5 mmq per polo terminato con spina Schuko Bals. La grande sezione ne consente l’utilizzo sia su sorgenti e preamplificatori che sugli amplificatori finali o integrati ad elevato assorbimento. La fase è indicata sulla Schuko. La grande sezione e la qualità dei materiali utilizzati permette al cavo di alimentare le elettroniche al meglio conferendo grande dinamica e miglioramenti nell’immagine, nel dettaglio e nella timbrica. Metri 1. Cod. MANALI - Prezzo: 150,00 euro CAVO DI POTENZA MANTRA 2 BLUE EDITION NEUTRAL CABLE Cavo di potenza in rame argentato isolato in teflon, trattamento insonorizzante, bassa capacità, terminato con bananine. Cavo dinamico, musicale e dettagliato al tempo stesso, immagine tridimenzionale, ottima presenza in gamma bassa. Metri 2,5. Cod. MANPOT Prezzo: 450,00 euro PROVATO SU FDS 170

STABILIZZATORE DI RETE DA 1500 VA PROD.EL Questo prodotto garantisce un intervento fulmineo ed un adeguato livello di protezione a tutte le apparecchiature collegate. Infatti la rete domestica ha una tensione molto instabile e piena di disturbi che inevitabilmente fa oscillare il voltaggio di alimentazione. In questi casi è molto utile l’utilizzo di uno stabilizzatore di rete. La circuitazione è costituita da un filtro per la radiofrequenza, un autotrasformatore e un circuito elettronico per garantire un’uscita costante. Dei led indicatori colorati danno il quadro, in tempo reale, di cosa stia succedendo a livello di rete in ingresso. Quattro prese ibride Schuko/USA sono ospitate dal pannello frontale assieme al fusibile generale di protezione e all’interruttore di accensione. Il pannello posteriore accoglie la presa d’ingresso, permettendo di fatto di introdurre un buon cavo di alimentazione e il connettore per la messa a terra con serraggio a vite. Disponibile anche nella versione 1000 VA e 500 VA. Cod. 1500VA – Prezzo: 590,00 euro (incluse spese di spedizione) Cod. 1000VA – Prezzo: 530,00 euro (incluse spese di spedizione) Cod. 500VA – Prezzo: 480,00 euro (incluse spese di spedizione) PROVATO SU FDS 175 ANELLI SMORZAVIBRAZIONI PER VALVOLE IN TEFLON HOHNER Anelli smorzanti di nuova concezione e di durata praticamente eterna. L’anello di teflon, del diametro opportuno (vedi misure riportate), è stretto sulla valvola da una molletta in acciaio. Sono venduti in confezioni da due e vanno montati uno per ciascuna valvola. Cod. ANEL-TEF03 Prezzo: 20,00 euro la coppia da 27,7-32 mm (per EL34, 5AR4 etc.)

PIEDINI VT5-RS XINDAK Set di 3 piedini composti da un basamento in legno di rosa con al centro un incavo che imprigiona una sfera in acciaio ad alto contenuto di carbonio. Posizionati sotto le elettroniche o minidiffusori, assorbono ed isolano dalle vibrazioni aumentando la messa a fuoco del suono e migliorando la definizione della scena. Questo prodotto è fortemente raccomandato per sistemi poco analitici e che sono caratterizzati da tonalità scure sulle medio ed alte frequenze, andando a riconferire il giusto equilibrio tonale. Cod. VT5-RS - Prezzo: 49,00 euro (set da 3) PIEDINI VT4-GS XINDAK Set di 3 piedini composti da un basamento in grafite ad alta purezza (99,99%) con al centro un incavo che imprigiona una sfera in acciaio ad alto contenuto di carbonio. Posizionati sotto le elettroniche o minidiffusori, assorbono ed isolano dalle vibrazioni aumentando la messa a fuoco del suono e migliorando la definizione della scena. Questo prodotto è fortemente raccomandato per migliorare la resa acustica di sonorità deboli nelle alte frequenze e che abbiano basse frequenze troppo imponenti. Cod. VT4-GS - Prezzo: 59,00 euro (set da 3) CAVO DIGITALE 75 OHM NEUTRAL CABLE Il cavo ha realmente un' impedenza di 75 ohm connettori compresi. Utilizza i pregiati connettori Canare RCA 75 ohm o BNC realizzati con contatti esterni in rame berillio, pin centrale dorato, isolante in teflon ed ha una doppia schermatura per proteggere la trasmissione del segnale digitale dalle interferenze RFI/EMI. Su richiesta terminato RCA/RCA; BNC/BNC; RCA/BNC (indicare la terminazione al momento dell'ordine specificando da quale lato sarà connesso alla meccanica o pc e da quale lato al dac). Metri 1. Cod. DIG - Prezzo: 150,00 euro

KIT PULIZIA CD E DVD NAGAOKA Il Cleaning kit è un liquido di pulizia per dischetti CD; si utilizza con il tampone in dotazione per una pulizia profonda del dischetto. Oltre a pulire il liquido protegge lo strato superficiale impedendo la formazione di polvere. Il miglioramento nel suono sarà immediatamente avvertibile. È semplicissimo da usare ed è innocuo. Cod. CL-30K - Prezzo: 21,00 euro

DAAD SET BASE / SET PRO È costituito da uno STUDIO DAAD e da due DAAD3. Lo STUDIO DAAD, costituito da un DAAD2 munito di asta telescopica, è da collocare al centro della parete retrostante ai diffusori: può essere alzato o abbassato per ottenere la corretta altezza della scena sonora. Può essere ruotato in posizione “diffusion” per ottenere una maggiore focalizzazione e brillantezza o in posizione “absorbtion” per avere un suono più morbido ed una scena sonora dotata di maggior profondità. I due DAAD3 vanno posti, uno per angolo, dietro ai diffusori per abbattere la melma sonora, per allargare l’immagine, per ottenere voci più trasparenti e pulite, per un miglior controllo, impatto e articolazione delle frequenze basse e medio-basse. Cod. DAAD-3 - Prezzo: 1.320,00 euro (incluse spese di spedizione) Cod. DAAD-5 - Prezzo: 2.420,00 euro (incluse spese di spedizione) PROVATO SU QCHF 06

Articoli soggetti a variazione di prezzo.


ACCESSORI

CAVO DIGITALE COASSIALE DC-01 XINDAK Il cavo utilizza 50 fili di rame OFC monocristallino di qualità 6N della Swiss Gotham come conduttore principale, mentre esternamente è ricoperto da un denso strato di fili OFC intrecciato per mezzo di spire avvolgenti per una efficace schermatura. È ideale per essere utilizzato con le uscite digitali coassiali di Lettori CD e DVD. Dotato di eccellente capacità analitica per le medie ed alte frequenze, riproduce la musica con un armonioso senso di realismo, ricreando totalmente l’ambientazione ed offrendo una sensazione di totale bilanciamento di tutta la gamma di frequenze: dona alla scena una squisita propensione musicale. Metri 1. Cod. DC-01 - Prezzo: 75,00 euro CAVO DI SEGNALE AC-02 XINDAK Il materiale conduttore di base è American Straight Wire; i due poli sono protetti contro le interferenze elettromagnetiche da uno schermo in rame intrecciato a trama fitta; uno strato di morbido PVC e Nylon intrecciato bianco e nero avvolgono esternamente il cavo. I connettori sono placcati in oro 24k. Il tono complessivo è neutro tendente al caldo con ottime rese sulle alte frequenze. I toni medi sono vivaci e corposi con un profondo senso di realismo e trasparenza. In particolare i bassi sono puliti e profondi. Metri 1. Cod. AC-02 - Prezzo: 80,00 euro

CAVO DI POTENZA BI-WIRING SC-01B XINDAK Questo cavo è indicato per gli audiofili alla ricerca di un cavo per bi-wiring. I connettori sono placcati oro 24k e forniti con terminazione a banana. Offre un suono pieno, denso e armonioso, in grado di migliorare notevolmente le prestazioni del vostro sistema aumentando la corposità e le tonalità delle basse frequenze. Degne di nota sono la coerenza e la dinamica. Metri 2,5. Cod. SC-01B - Prezzo: 149,00 euro (la coppia) CAVO DI ALIMENTAZIONE PC-02 XINDAK È un cavo di alimentazione molto apprezzato dagli audiofili. Il materiale di base con cui è costruito con un conduttore Americano di qualità 5N OFC (OXIDE FREE COPPER), mentre le spine hanno notevolissime doti di affidabilità. Questo cavo è particolarmente indicato per alimentare le amplificazioni in Classe A. La sua tonalità è caratterizzata da bassi molto pieni, dalla grande coerenza e dinamica e dalla spiccata vocazione musicale. È in grado di migliorare drammaticamente i livelli di dettaglio degli impianti Hi-Fi. Metri 1,5 con presa Schuko. Cod. PC-02 - Prezzo: 99,00 euro CONDIZIONATORE DI RETE XF-500E XINDAK Lo Xindak XF-500E è un condizionatore di rete leggero e manegevole, di alta qualità, che risolve i problemi di suono sporco e di scena confusa dovuti alla presenza di rumori e distorsioni nella rete elettrica domestica. Questa unità adotta un sistema di filtraggio della rete elettrica di tipo multilivello e bidirezionale grazie all’impiego di condensatori e di induttanze di alta qualità, in modo da scongiurare gli effetti negativi causati dalle apparecchiature elettriche ed in modo da ridurre l’inquinamento presente nella rete elettrica domestica. Lo Xindak XF-500E è dotato di quattro prese Schuko. Cod. XF-500E - Prezzo: 249,00 euro PROVATO SU FDS 157 COMPONENTE HIFI PER MUSICA LIQUIDA X10 COCKTAIL AUDIO È dotato di lettore CD di altissima precisione e di un display LCD a colori da 3.5” con una semplice ed intuitiva interfaccia grafica in italiano. Può ospitare un hard disk interno SATA 3.5”, su cui registrare migliaia di CD audio e di brani di musica liquida in alta risoluzione. Può anche digitalizzare vinili e musicassette, ed è inoltre radio internet e music server. Cod. X10 - Prezzo: 352,00 euro (incluse spese di spedizione) PROVATO SU FDS 198

CONDIZIONATORE DI RETE CONSONANCE PW-1E OPERA AUDIO La configurazione prevede tre prese Schuko filtrate, racchiuse in un robusto ed elegante chassis in metallo. All'interno viene impiegato un filtraggio contro i disturbi RFI, con protezione dalle sovratensioni. La schermatura è totale, proprio grazie alla adozione di una struttura metallica invece che in plastica. L'adozione di una multipresa filtrata di assoluta qualità, come la Opera Audio Consonance PW-1E, assicura un miglioramento netto nelle performance del proprio sistema Audio/Video. Cod. PW-1E - Prezzo: 179,00 euro

CAVO DI SEGNALE AC-01 XINDAK Il materiale conduttore è quello impiegato per il famoso Monster 500 di produzione USA. I conduttori sono protetti da uno schermo contro i disturbi elettromagnetici, uno strato di morbido PVC e infine del resistente nylon intrecciato completano la finitura; le estremità sono terminate con connettori placcati in oro 24k. Le caratteristiche acustiche di questo prodotto sono i toni medi e alti delicati e armoniosi, i bassi veloci e l’intera gamma di frequenze offre un senso di equilibrio e aumenta il piacere di ascoltare la musica con un impianto HiFi. Cod. AC-01 - Prezzo: 65,00 euro CAVO DI SEGNALE BILANCIATO BC-01 XINDAK Il materiale di base del cavo è l’American Straight Wire, i connettori sono di costruzione svizzera (XLR originali) e la copertura è realizzata in nylon flessibile intrecciato. Lo Xindak BC-01 è progettato appositamente per gli audiofili che sono alla ricerca di una uscita bilanciata, e garantisce performance eccellenti. Il senso di realismo che offre è molto evidente, la tonalità è luminosa e piena con una ambientazione molto colorita. Metri 1. Cod. BC-01 - Prezzo: 90,00 euro PROVATO SU FDS 157

CAVO DI POTENZA SC-01 XINDAK Questo cavo rappresenta il modello standard della serie SC, utilizza come materiale conduttore il medesimo del Monster Cable americano ed è composto da 4 cavi costituiti da 6 gruppi di fili ricavati intrecciando a spirale 41 filamenti di rame OFC 5N del diametro di 0.125 mm. I connettori sono placcati oro 24k fornibili solo con terminazione a banana. Il suono che si ottiene è ampio e corposo, con tonalità calde. I livelli e le sfumature di colore sui toni medi e bassi sono pienamente soddisfacenti. I bassi sono concentrati e offrono notevole dinamicità, elasticità e profondità. È effettivamente in grado di migliorare un sistema audio dalle tonalità troppo esili e privo di bassi corposi. Metri 2,5. Cod. SC-01 - Prezzo: 129,00 euro (la coppia) PONTICELLI SS-1 XINDAK L’ SS-1 è ottenuto dall’intreccio di fili di rame con purezza 7N e fili d’argento 4N. Terminato con forcelle e banane laminate in oro 24K, è impiegato per sostituire il ponticello metallico in dotazione alle casse predisposte per il biwiring. È progettato principalmente per audiofili che cercano alte prestazioni e una riproduzione musicale di alta classe. Centimetri 20. Cod. SS-1 - Prezzo: 115,00 euro (4 pezzi) CONDIZIONATORE DI RETE XF-1000ES XINDAK Il condizionatore di rete XF-1000ES è dotato di un comodo voltmetro retroilluminato blu. Questa unità adotta un sistema di filtraggio della rete elettrica di tipo multilivello e bidirezionale grazie all’impiego di condensatori e di induttanze di alta qualità, in modo da scongiurare gli effetti negativi causati dalle apparecchiature elettriche ed in modo da ridurre l’inquinamento presente nella rete elettrica domestica. La funzione di cerca fase e di regolazione della stessa consente all’utilizzatore di correggere in tempo reale la fase. È disponibile con 8 prese Schucko. Cod. XF-1000ES - Prezzo: 429,00 euro PROVATO SU FDS 157 AMPLIFICATORE A VALVOLE PER CUFFIA MT-2 XINDAK È un raffinatissimo amplificatore integrato a valvole, pensato principalmente per l’utilizzo con la cuffia, ma che può tranquillamente essere utilizzato anche per collegare piccoli diffusori efficienti, al fine di realizzare un secondo impianto stereo di qualità. Il progetto adotta una coppia di valvole 6P1 nello stadio di preamplificazione, ed una coppia di valvole 6J1 quali driver. Il trasformatore di uscita è tipo E, realizzato appositamente da Xindak, mentre il trasformatore di ingresso è da 85 Watt e sempre di tipo lamellare Tipo-E. Sul lato destro è presente la presa jack 6.35mm per cuffia, e la porta USB per un perfetto abbinamento ad un PC. Attraverso la porta USB, questo amplificatore puo’ essere utilizzato come un DAC Audio esterno. Il timbro musicale è chiaro e trasparente, delicato, melodioso, caldo ed estremamente dolce. Potenza di uscita: 1.5 Watt / 4 Ohm; Peso: 5.5 kg - Dimensioni (LxAxP): 260 x 186 x 150 mm Cod. MT-2 - Prezzo: 490,00 euro PROVATO SU FDS 178 MULTIPRESA CONSONANCE PW-3E OPERA AUDIO La configurazione prevede cinque prese Schuko, racchiuse in un robusto ed elegante chassis in metallo. La schermatura è totale, proprio grazie alla adozione di una struttura metallica invece che in plastica: questo accorgimento elimina le interferenze in radiofrequenza (RFI). A differenza del modello Consonance PW-1E, questa multipresa PW-3E non adotta alcun tipo di filtraggio: ciononostante, l'incremento delle prestazioni complessive del proprio sistema Audio/Video sarà ugualmente evidente, rispetto alla adozione di una normale multipresa in plastica. Si percepirà una migliore qualità sia nella riproduzione audio, sia anche nella qualità del video. Cod. PW-3E - Prezzo: 149,00 euro

Articoli soggetti a variazione di prezzo.


CD e LP IN ESCLUSIVA PER I NOSTRI LETTORI 100 CARTOLINE AUTOGRAFATE IN ORIGINALE!

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Numero LP: 2 Tiratura: 100 copie Codice: 162981 - Prezzo speciale: 30,00 Euro ASCOLTATO SU FDS 158

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Side 1: Mama left me - Heart of the country Pipe Dream - Barnyard Mama Side 2: Long Way Home - Marta’s dream Sweet surrender Side 3: Mojo Philtre - Estrellita - Holyland Barnyard Mama fast Side 4: Spoonful - Doctor doctor - Lil’red rooster

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