Fedeltà del Suono N° 233 - May 2015

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FDS 233 ▼ FEDELTÀ DEL SUONO Fondata nel 1991 Periodico mensile Reg. Trib. Terni n° 12/1992

REDAZIONE CENTRALE Via F. Mancini 23 - 05100 Terni (TR) T. +39 0744 44.13.39 - F. +39 0744 43.20.18 W. www.fedeltadelsuono.net E. redazione@fedeltadelsuono.net DIRETTORE EDITORIALE e DIRETTORE RESPONSABILE Andrea Bassanelli abassanelli@blupress.it

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EDITORIALE • Andrea Della Sala

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Maggio ‘05 - Maggio ‘15 (Dieci anni di Fedeltà)

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on c’è stato nulla nella mia vita che sia durato precisamente dieci anni. Non avevo quindi la dimensione esatta di quanto fossero lunghi, precisamente, dieci anni. Invece adesso, adesso che posso festeggiare i dieci anni di direzione di Fedeltà del Suono, beh, adesso ho ben chiaro quanto siano lunghi, o brevi, dieci anni.

Questi dieci, cortissimi, anni iniziano ieri, con il nostro editore Andrea Bassanelli che mi chiama e mi chiede di prendere il posto di nientepopodimenoche Gianfranco Maria Binari. Nella mia incoscienza ho accettato di dirigere questa rivista senza neanche sapere cosa fosse, chi fosse, un direttore di mensile. L’ho scoperto sul campo ed è stata una sfida appagante e molto emozionante. In questi dieci, lunghissimi, anni la mia vita è cambiata moltissimo. D’altronde qui a Fedeltà ho trovato quella che poi è diventata mia moglie e mi ha regalato la piccola, meravigliosa, Carolina. È successo di tutto, nel bene e nel male. Persone care se ne sono andate, tante nuove amicizie sono nate.

In questo brevissimo decennio non mi è parso quasi mai di lavorare. Non posso considerare la gestione dei nostri tanti collaboratori, della redazione e la stesura dei contenuti dei numeri da chiudere solo come un lavoro. É stata ed è una meravigliosa avventura che ha partorito, credo, nonostante la mia presenza, anche qualche sporadicissimo bel numero. Di questi lunghi dieci anni, gli ul-

timi tre sono stati infiniti, quelli della crisi. Hanno causato qualche modifica alla nostra rivista e alla nostra redazione e, incidendo così profondamente sul mercato dell’hi-fi, a volte ci hanno impedito di lavorare come avremmo voluto. Quello che avete in mano è il numero centoquindici firmato dal sottoscritto. Se considerate che su quasi ogni numero c’è una mia prova d’ascolto, avrete la dimensione di quanto svolgere questo mestiere ti porti in contatto con apparecchi, operatori, luoghi. Curare questi centoquindici numeri, per tacere delle Guide di Fedeltà del Suono, mi ha consentito di conoscere progettisti, negozianti, responsabili uffici stampa e marketing ma, soprattutto, tanti, tantissimi di voi amici lettori appassionati. Questi dieci anni sono letteralmente volati fra tanti apparecchi meravigliosi e qualche delusione. Ma sono anche stati dieci intensi anni di una vita di quarantacinque. Grazie a chi mi ha voluto qui e ancora di più grazie a voi cari amici, voi che avete reso possibile che la passione grande e inarrestabile che anima le mie giornate qui a Fedeltà potesse continuare ancora e ancora. Sono un fatalista e, forse, anche un pessimista, ma davvero spero di potervi raccontare i prossimi dieci anni nell’editoriale del numero 353... Viva Fedeltà del Suono!

adellasala@fedeltadelsuono.net Andrea Della Sala Fedeltà del Suono

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Sommario maggio 2015

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EDITORIALE

Maggio ‘05 – Maggio ‘15 (Dieci anni di Fedeltà) di Andrea Della Sala

IN COPERTINA

IL CAPPELLO A CILINDRO Le aziende informano a cura di Leonardo Ciocca

Reportage: Gran Galà dell’Alta Fedeltà - Roma a cura di Leonardo Ciocca

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Reportage: Presentazione Technics a cura di Andrea Bassanelli

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Reportage: IFA di Berlino a cura di Andrea Bassanelli

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IL REGNO DEGLI ASCOLTI Ampli Cuffia e DAC ATOLL HD120 L’Atollo del buon ascoltare di Giacomo Pagani Diffusori da pavimento AUDIOJAM2 We Can Obama applicato all’HIFI di Alberto Guerrini Diffusori bookshelf AUDIO PHYSIC Classic Compact Mini in salsa teutonica di Paolo Fontana

CAVI, CUFFIE E ACCESSORI 50

da pag. 84

“Lo Zen e l’arte del duetto” Van Morrison – Duets: Re-working the Catalogue di Mauro Bragagna

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pag. 64

Cuffie wireless PHILIPS Fidelio M2BT La “piccola” Fidelio di Leonardo Bianchini

I DECALOGHI di Lorenzo Zen

HI-END MAGAZINE®

Amplificatore Integrato GALACTRON MK2225 Un grande suono italiano di Giulio Salvioni

pag. 50

pag. 38

Nel nostro sito troverai anche - FDS Navigator - News - Foto Gallery Inedite - Archivio Arretrati - FDS su Facebook...


pag. 93 64

Convertitore Digitale Analogico MEITNER MA-1 Il DAC definitivo è servito di Alberto Guerrini

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Meccanica di lettura CD METRONOME TECHNOLOGIE T5 Signature Tecnologia matura, suono stellare di Andrea Della Sala

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L’AUDIOTA Accumulatori di Diego Nardi

www.fedeltadelsuono.net 5

da pag. 84

pag. 32

IL CLUB BLU PRESS

Accessori – Modulo Iscrizione e Abbonamenti

LA BACCHETTA MAGICA

CLASSICA DISCHI di Violetta Valèry DISCO DEL MESE di Mauro Bragagna COMPILATION LUNATIK a cura della Redazione ROCK E I SUOI FRATELLI AUDIOFILI di Mauro Bragagna APPUNTAMENTI D’ASCOLTO a cura della Redazione DISCHI AUDIOPHILE di Antonio Scanferlato JAZZ DISCHI di Francesco Peluso

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IL MERCATO DELL’USATO a cura della Redazione

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In Copertina • di Mauro Bragagna

Lo Zen e l’arte del duetto Van Morrison “Duets: Re-working the Catalogue” Che senso ha recitare una frase all’infinito, in una canzone? O ripetere una parola come un mantra? Non siamo sicuri che abbia senso, ma sappiamo che può essere elettrizzante se sul palco o sul disco troviamo il campione della specialità, Van Morrison. Il rock è veloce e diretto, se si perde nei birignao tradisce la sua natura. Ma Van The Man non è come tutti gli altri, non ha mai seguito la prassi della “musica giovane”.

L

e parole le corteggia, le asseconda, le accarezza, le scarta come un bambino goloso di caramelle. Le ripete come in una preghiera, ad esempio nella memorabile

cover di Lonely Avenue, scritta da Doc Pomus e portata al successo da Ray Charles nel 1956. È nell’album Too Long in Exile (1993). Dopo tre minuti e quaranta secondi arriva la

parola: you. C’è quasi sempre un “tu”, nelle storie d’amore, un altro essere da amare o da rimpiangere. Come in questo caso, il protagonista della canzone vive in una strada so-



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In Copertina • VAN MORRISON

litaria, la lonely avenue, pensa alla sua amata e non sa se piangere o morire. Niente di nuovo sotto il sole, una vicenda come tante, anche se Doc Pomus, l’autore, non è proprio l’ultimo arrivato: Elvis ha cantato le sue Little Sister e Viva Las Vegas. Anche Van non è l’ultimo arrivato, e dopo tre minuti e quaranta secondi, si diceva, pronuncia la fatidica parola. Non il si matrimoniale, non ci ha mai tenuto particolarmente, quando era ragazzo per restare negli Stati Uniti dopo che il visto gli era scaduto ha sposato un’amica hippie. La parola fatidica non è un sì, dunque, ma un you. Anzi un you-youyou-you- you- you-you… La pronuncia una cinquantina di volte, per una ventina di secondi non si ascolta altro. Probabilmente Morrison conosce il Tao, secondo il quale la felicità si raggiunge ispirandosi alla semplicità di un bimbo. Che si diverte ad urlare you decine di volte, anche se apparentemente non ha senso. Lonely Avenue non la trovate nel disco appena pubblicato, perché Duets: Re-working the Catalogue comprende solo materiale originale, firmato Van Morrison, non le sue splendide cover. Andate ad ascoltarla, però, come gli album da cui sono tratte le canzoni rivisitate. Il “repetita iuvant” di Van Morrison però ce lo possiamo godere anche in questa raccolta, ad esempio nel finale di Some Piece of Mind, un fuoco d’artificio fatto di “gotta give” e “gotta gotta gotta gotta”… “So che Springsteen è stato molto influenzato da Van Morrison, e lo stesso è accaduto a me.” (Bob Seger)

Ha sempre giocato con le parole, Van The Man. La strepitosa Gloria (1964, incisa con i Them) si conclude con uno spelling mozzafiato, una prova di coraggio per ogni rocker che vuole misurarsi con i fondamentali. Ha dato lustro anche alla Patti Smith degli inizi, quando era così alternativa e tagliente da sembrare davvero una Sacerdotessa del rock. Ne ha scritti diversi, di classici, da Brown Eyed Girl a Moondance, ma l’artista “spettacolare” –avete presente “The Last Waltz” di Scorsese: non è forse l’attrazione più pimpante della serata? - ha sempre convissuto con il

Fanciullino poetico e pensoso, permeato di trascendenza, che si nasconde dietro dei modi in apparenza ruvidi e scontrosi. Astral Weeks (1968), realizzato con un gruppo di jazzisti, concorre da favorito al premio di album folk più bello di tutti i tempi, è di un’intensità che ancora oggi lascia senza parole. E senza fiato, ci porta a correre con la fantasia mentre restiamo immobili. Per molti Van rimane comunque “il Cowboy di Belfast”, titolo a dire il vero orribile, persino grottesco, che vorrebbe indicare il suo amore per la musica americana bianca, il country, forte quasi come la passione per la black-music. Il Morrison irlandese ha portato in musica le visioni di William Blake, le suggestioni di Wordsworth, Coleridge e T.S. Eliot, il flusso di coscienza di James Joyce, in cavalcate interminabili come Summertime in England (1980). Una delizia per gli appassionati, un tormento per il pubblico generalista che ha sempre preferito il Van dei dischi più “commerciali”. Ecco, questo Duets: Re- working the Catalogue sembra fatto apposta per chi ama il Morrison più fisico, quello meno “artista”. Quello che non si rimira l’ombelico, come sostengono perfidamente i suoi detrattori. La classe operaia va in paradiso: Van Morrison incontra Michael Bublé Il vostro cronista ama Sinatra, ha

fatto l’impossibile per recuperare Songs for Young Lovers, il 10 pollici pubblicato per l’ultimo Record Store Day, ha amato un disco della maturità avanzata come L.A. is My Lady (1984), prodotto dal solito, gigantesco Quincy Jones, ma ha apprezzato molto meno i due album di duetti che ne hanno concluso la formidabile carriera, una cartolina talvolta piacevole che dà solo una pallida idea dello spessore musicale di Frank. Citiamo quei Duets (1993 e 1994) perché sono diventati il paradigma di un formato di successo che quasi sempre è votato alla superficialità, ad un utilizzo usa e getta della musica, a una curiosità frettolosa. Lo diciamo? La musica di chi non ama la musica, e preferisce consumarla in modo poco impegnativo e facilmente gestibile, in forma di riassunto. Insomma, è un formato alquanto scivoloso, come è confermato da certi improbabili – talvolta impossibili- incroci artistici che hanno visto per protagonista il nostro tenore più celebre nei vari “Pavarotti and Friends” (a proposito: ciao, Luciano, ci manchi!). Duets: Re- working the Catalogue è un disco di duetti anomalo. Per la scelta del repertorio, che sacrifica i successi a favore delle canzoni nascoste nei solchi meno noti, per gli arrangiamenti piacevoli senza essere sdolcinati, per la rinuncia agli abbinamenti più scontati. Non ci sono Rod Stewart, che ha fatto di Have I Told You Lately un successo


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In Copertina • VAN MORRISON

mondiale, i Grandi Vecchi di prestigio come Bob Dylan, Brian Wilson e Paul McCartney, né le sexy stelline del pop di oggi, che pure farebbero carte false per dare un po’ di lustro a dei curricula meno interessanti delle loro curve. Ma c’è Michael Bublé, protagonista del singolo che ha anticipato l’album. Per tanti appassionati rappresenta la musica di plastica, incapace di vere emozioni, di confrontarsi veramente con un repertorio profondo. Le sue versioni di Moondance e Crazy Love non sono state al livello degli originali di Van Morrison, però l’impresa era improba e il risultato non è da disprezzare. Tutt’altro. Deve pensarla così anche Van, che lo ha premiato offrendogli Real Real Gone, un classico dei suoi concerti tratto da Enlightenment (1990). Michael si supera, non si limita a dimostrare la consueta professionalità ma fa di tutto per migliorare la canzone, un requiem dedicato agli artisti che non ci sono più come Sam Cooke, James Brown, Salomon Burke, Wilson Pickett, Gene Chandler... L’irruenza selvatica di Van si sposa bene con l’efficienza di Bublé, e il pezzo scorre come un ruscello di montagna. I fan erano all’erta, ma i loro timori si sono rivelati infondati. Non è forse il brano più importante dell’album, ma ne rappresenta l’icona. E il Cowboy di Belfast (ooops!) se la cava splendidamente,

anche senza tener conto dei suoi settant’anni... È della razza di John Lee Hooker. Qualità costante nel tempo, come recitava la pubblicità dei televisori Telefunken. Se Van Morrison è una certezza, la qualità dei duetti dipende quasi esclusivamente dagli ospiti. Di seguito vediamo come si sono comportati, senza tornare più di tanto sulle prestazioni vocali del padrone di casa: lui c’è sempre, eccome.

Duets: bocciati e rimandati Se Bublé vince su tutta la linea, il ruolo di guastafeste tocca a Mick Hucknall, alias Simply Red, cui è toccata in sorte Streets of Arklow, gemma dell’indimenticabile Veedon Fleece (1974), un album così personale che quasi nessuno se l’è sentita di rileggerne il repertorio. Quando canta Van vediamo i Vichinghi che hanno fondato Arklow, la luce è quella delle stelle. Quando canta Mick, si accende un neon. È uno dei pezzi più deboli, insieme a These are the Days. Il duetto con Natalie Cole, la figlia del grande Nat King, purtroppo non va oltre una routine di lusso: una bellissima voce non basta a scaldare il cuore, e lo stesso accade con la rinomata jazzista Clare Teal (Carrying the Torch). Non va meglio a Joss Stone, in Wild Honey non c’è traccia della magia dell’originale, la giovane cantante inglese rischia seriamente di passare dallo status di

ragazza prodigio a quello di meteora. Il duetto con la figlia Shana, Rough God Goes Riding, è apprezzabile soprattutto se si condivide il pensiero di Domic Toretto in “Fast & Furious”: io non ho amici, io ho una famiglia! Il “Dio ruvido che cavalca” è davvero troppo patinato, in questa versione. Altre canzoni evitano la bocciatura, si rivelano più consistenti dei pezzi citati ma non ci fanno spellare le mani. Born to Sing: No Plan B (2012) è il disco con il quale Van commenta la crisi finanziaria di un mondo dominato dal materialismo e dall’avidità, ma Born To Sing, cantata con Chris Farlowe, pecca di intensità. Come Fire in the Belly con il grande Stevie Winwood, professionale ma un po’ scontata. Get on with the Show, con l’amico fraterno Georgie Fame, è impeccabile ma non lascia un segno davvero incisivo. Abbiamo finito con le ombre, tutto il resto è gioia. “Nessun bianco canta come Van Morrison.” (Greil Marcus)

Bobby Womack è stato uno dei grandi della Musica Nera, dapprima come chitarrista di Sam Cooke e poi come solista. La sua voce non la si può confondere con nessun’altra (avete presente i titoli di testa di “Jackie Brown” di Quentin Tarantino?) ed è stata da ultimo riscoperta da Damon Albarn, che l’ha voluta nei dischi dei Gorillaz e poi gli ha prodotto un album intero. The Bravest Man in the Universe (2012) non conteneva però un pezzo soul Anni Sessanta come Some Piece of Mind, l’ultima registrazione effettuata da Bobby prima di andarsene fra gli Angeli. Altrettanto spettacolare, nella sua semplicità, If I Ever Needed Someone, con una magnifica Mavis Staples che entra perfettamente nella musica di Van. È forse la traccia più emozionante, e costituisce un riferimento irraggiungibile per le cantanti sopra citate. Una perla come How Can a Poor Boy, con il vocione di Taj Mahal, è un altro centro completo. Ce lo aspettavamo, con il blues Van Morrison si esalta, soprattutto se trova compagni di viaggio adeguati, e Taj è adeguatissimo. È suonato con grande sobrietà, ma i due si divertono come matti e ci trasmettono



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In Copertina • VAN MORRISON

buone vibrazioni: giustamente non si sono tagliati i loro commenti dopo la performance, che la rendono ancora più vera. “La Musica è spirituale. Il music-business no”. (Van Morrison)

C’è un disco realizzato con i Chieftains che non è ristampato da anni, si intitola Irish Heartbeat (1988). Il brano che dà il titolo all’album è riletto insieme ad un Mark Knopfler che non fa rimpiangere i bardi irlandesi, e appare sempre più a suo agio in una dimensione squisitamente folk lontana dai Dire Straits. Il chitarrista soft-jazz George Benson, nobile decaduto, sembra azzeccarci abbastanza poco con l’emotività morrisoniana, ma in Higher than the World la sua voce elegantemente soul si intreccia particolarmente bene con quella di Van, la sua chitarra dona alla canzone una brillantezza insperata. Un incontro improbabile, sulla carta, ma assai riuscito. Come quello con la nuova stella del jazz, Gregory Porter, che fa rivivere alla grande The Eternal Kansas City, un jazz sicuramente meno patinato di quello di George Benson ma altrettanto piacevole. Era su un album poco amato dai morrisoniani duri e puri, A Period of Transition (1977), e non la rammentavamo così bella. Ricordavamo meglio Whatever Happened to P.J. Proby, un nostalgico brano del 2002 che si chiedeva dove fosse finito P.J. Proby, un artista dimenticato da tutti. Ed è un beau geste che Morrison abbia trovato un posto

anche per lui, fra le sedici star: è uno di quei momenti che rendono la vita gradevole anche quando l’idraulico tarda ad arrivare, ci fa sentire più buoni. Duets non è un album perfetto, ma ha ottime ragioni per esistere.

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Van Morrison “Duets: Re- working the Catalogue” 2 LP Rca Records

Prodotto da Van Morrison • “Some Peace of Mind” con Bobby Womack (versione originale contenuta in “Hymns to the Silence”, 1991) • “Lord, If I Ever Needed Someone” con Mavis Staples (versione originale in “His Band and the Street Choir”, 1970) • “Higher Than The World” con George Benson (versione originale in “Inarticulate Speech of the Heart”, 1983) • “Wild Honey” con Joss Stone

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(versione originale in “Common One”, 1980) “Whatever Happened to P.J. Proby” con P.J. Proby (versione originale in “Down the Road”, 2002) “Carrying a Torch” con Clare Teal (versione originale in “Hymns to the Silence”, 1991) “The Eternal Kansas City” con Gregory Porter (versione originale in “A Period of Transition”, 1977) “Streets Of Arklow” con Mick Hucknall (versione originale in “Veedon Fleece”, 1974) “These Are The Days” con Natalie Cole (versione originale in “Avalon Sunset”, 1989) “Get On With The Show” con Georgie Fame (versione originale in “What’s Wrong with This Picture”, 2003) “Rough God Goes Riding” con Shana Morrison (versione originale in “The Healing Game”, 1997) “Fire in the Belly” con Steve Winwood (versione originale in “The Healing Game”, 1997) “Born To Sing” con Chris Farlowe (versione originale in “No Plan B”, 2012) “Irish Heartbeat” con Mark Knopfler (versione originale in “Irish Heartbeat”, 1988) “Real Real Gone” con Michael Bublé (versione originale in “Enlightenment”, 1990) “How Can A Poor Boy” con Taj Mahal (versione originale in “Keep It Simple”, 2008)



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Il Cappello a Cilindro • NEWS • a cura di Leonardo Ciocca

La Nuova serie V per i DAC di MSB Presentati al CES di Las Vegas a Gennaio saranno i protagonisti del Monaco High End a Maggio di quest’anno dove, insieme al nuovo DAC Select, equipaggeranno diverse sale della manifestazione. Stiamo parlando della Serie V dei pluripremiati DAC e meccaniche di MSB Technology. Su queste nuove elettroniche troviamo la stabilità di consolidate soluzioni adottate sul modello IV nonché gli sviluppi tecnologici che hanno portato l’anno scorso alla realizzazione del DAC Diamond Select. Si tratta di alcune soluzioni che rendono possibile un’ulteriore capacità di risoluzione e di ricreazione dell’evento originale con un realismo sconosciuto alle precedenti versioni. I modelli della nuova serie V disponibili sono ora soltanto due: Signature e Diamond. Il modello di ingresso Platinum, presente per la serie IV, non viene più realizzato. La costruzione del cabinet e del sistema di raffreddamento è stata rivista per accentuarne rispettivamente la rigidità e l’efficacia mantenendo lo stesso ingombro della precedente versione. Rivisto anche il sistema di dissipazione dell’energia cinetica generata dalle vibrazioni del cabinet. I moduli di conversione R2R Ledder a discreti, fiore all’occhiello di questo progetto, rimangono gli stessi così come il filtro DSP (con potenza di 80 bits) interamente sviluppato da MSB. Le alimentazioni, componente essenziale per la qualità del risultato, sono particolarmente curate sia nella versione Signature sia nella Diamond e garantiscono estrema linearità per ogni circuito sensibile dell’elettronica. Il clock di serie su queste elettroniche è il modello Femto140 (140 femtosecondi di jitter massimo misurabile) che rappresenta una eccellenza assoluta in ambito audio. E’ possibile upgradare questo componente sostituendolo con il Femto77 ed a breve con il nuovissimo Femto33 (33 femtosecondi di jitter massimo misurabile) con il quale

MSB vince una sfida contro se stessa alzando ulteriormente un’asticella che solo lei aveva ad oggi superato. Da un punto di vista squisitamente tecnico la serie V potrà trattare i segnali DSD 256x e DXD PCM a 32bit 384KHz a riprova di una estrema bontà del progetto. La piattaforma prevede la possibilità di montare l’ultima versione della scheda USB denominata Quad DSD USB che recepisce segnali digitali in DSD 256x. A breve sarà disponibile anche un modulo Renderer per collegare il DAC in rete LAN ed acquisire segnali digitali audio da NAS (dischi di rete) via Ethernet con indubbi vantaggi rispetto a connessioni USB con PC non particolarmente ottimizzati per l’uso audio. Insieme ai DAC saranno disponibili le meccaniche della serie V (UMT universale e Signature Data per la lettura del CD) che usufruiranno del collegamento proprietario I2S Pro per la trasmissione del segnale digitale ed il master clock. In tal modo meccanica e convertitore lavorano in modo sinergico e particolarmente preciso grazie all’eccellenza dei clock Femto. Il progresso raggiunto con questo progetto in termini di realismo ed assenza di grana digitale è tangibile in modo particolare nell’ascolto del formato CD. Insomma una nuove serie di prodotti che, come sempre, precede e guida lo sviluppo mondiale dell’audio digitale. MSB, in perfetta coerenza con la propria filosofia, mette a disposizione tutta le tecnologia sviluppata per la serie V anche per i possessori dei DAC della serie IV e IV Plus. Non solo, promuove anche il passaggio alla serie V Signature e Diamond per i già possessori dei DAC MSB (Platinum, Signature e Diamond) tramite un programma di upgrade che prevede un adeguamento estetico e funzionale alla serie V senza dover acquistare a prezzo pieno una nuova elettronica. Informazioni: MONDOAUDIO – Web: www.mondoaudio.it



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Il Cappello a Cilindro • NEWS

Andreas Koch presenta la nuova interfaccia AKDesign USB1

La AKDesign è la seconda creatura di proprietà di Andreas Koch, vero e proprio Pioniere del Digitale e del DSD. La AKDesign è una ditta specializzata in componentistica OAM per applicazioni Professionali che richiedono elevate prestazioni sonore. Ricordiamo, per fare un nome su tutti, la collaborazione di Andreas Koch con la casa Svizzera NAGRA per il supporto dato dal medesimo nella costruzione del nuovo DAC HD DAC, che utilizza la tecnologia impiegata nel DAC appartenente alla Linea 3 della Playback Designs. Andreas Koch, reduce della sua più che trentennale esperienza nel settore Digitale, che parte per esattezza nel 1982 con la STUDER , oggi propone ai suoi clienti con la AKDesign un nuovo ricevitore denominato USB-1 che attualmente rappresenta il Top di Gamma dell’azienda americana con sede nella Silicon Valley.

Per dovere di informazione precisiamo che la AKDesign si avvale di un pool di ingegneri con competenze tecniche specifiche in elaborazione audio digitale e analogico. Il ricevitore USB-1 consentirà ai suoi possessori di spingersi con i dati PCM fino alla risoluzione di 384 KHz e di arrivare con i dati DSD fino al valore di 12.288 MHz. Informazioni: DNAUDIO – Web: www.dnaudio.it

La linea Reference di Audiozen si arricchisce con Alchemy, il primo amplificatore integrato del costruttore italiano. Uno dei pochi con una coppia di valvole selezionate NOS E88CC – 6922, utilizzate per preamplificare il segnale in ingresso. Uno dei pochi ad avere la sezione preamplificatrice fisicamente ed elettricamente separata dalla sezione finale allo stato solido, capace di erogare 45 watt per canale @ 8

Ohm. Uno dei pochi con stadi di alimentazione separati, con trasformatori toroidali sovradimensionati. Uno dei pochi ad avere l’unità di alimentazione (Power Supply Unit) in un telaio separato. Uno dei pochi ad avere connettori per diffusori che accettano indifferentemente banane, forcelle o cavo spellato. L’Alchemy è inoltre fornito di telecomando per il controllo del volume, che utilizza un pregiato potenziometro ALPS motorizzato, e per la comoda funzione di “Mute”. Sul percorso del segnale solo pregiati condensatori Jantzen in polipropilene, specifici per uso audio.

Audiozen Alchemy: uno dei pochi

Informazioni: AUDIOZEN www.audiozen.it


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Multiprese e filtri di rete Vibex: high-tech “caliente” da oggi in Italia.

Vibex nasce da un’idea del distributore spagnolo Cosmos Hi Fi. Fondata nel 1986, Vibex si dedica alla progettazione e produzione di filtri, multiprese e cavi di rete di riferimento. Da oltre 25 anni lo sforzo per il continuo miglioramento dei prodotti viene gratificato da numerosi premi e riconoscimenti ottenuti negli oltre 20 Paesi in cui il marchio è presente. Caratteristica comune agli oggetti Vibex è il contenimento dell’utilizzo di parti metalliche ai soli conduttori e l’uso di materiali amagnetici non metallici per tutto il resto. Il Krion® pietra artificiale con eccellenti caratteristiche di smorzamento, è impiegata per i contenitori di filtri e

multiprese; lo spazio interno vuoto degli apparecchi è riempito con un particolare elastomero high-tech che smorza ulteriormente qualsiasi tipo di vibrazione trasmessa dai cavi o generata dalla corrente di rete che attraversa il dispositivo. Filtro D.C. a singolo canale, filtro D.C. a doppio canale e filtro A.C. modulare, si avvalgono della stessa cura costruttiva delle multiprese. I componenti passivi sono scelti tra i migliori disponibili sul mercato in base al risultato sonico ottenuto, così come i connettori dorati o rodiati di Oyaide, Furutech e Cardas. In questi primi mesi del 2015 si è completato il rinnovamento della gamma, arricchita da nuovi modelli che permettono, anche con budget ridotti, di godere della qualità Vibex. Vibex è da oggi importata e distribuita in Italia da AudioMondo. I prodotti Vibex sono già disponibili per prove ed ascolti presso alcuni rivenditori della rete commerciale AudioMondo. Informazioni: AudioMondo – Web: www.audiomondo.com


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Il Cappello a Cilindro • NEWS

Woox Innovations diventa Gibson Innovations

Woox Innovations diventa Gibson Innovations ed annuncia l’inizio di un’ambiziosa strategia di crescita nel mondo della musica e nel lifestyle audio grazie al proprio ampio portafoglio di brand dedicati al consumatore finale. Dopo l’acquisizione da parte della capogruppo Gibson Brands Inc. nel giugno 2014, l’ex divisione Lifestyle Entertainment di Royal Philips sta oggi definendo una strategia che fa perno su un insieme di brand ognuno dei quali rappresenta la più alta qualità e valore per i consumatori in diversi segmenti di mercato. “Sin da quando siamo diventati parte di Gibson Brands la scorsa estate, abbiamo posto le basi per diventare leader nel settore music lifestyle” ha commentato Wiebo Vaartjes, CEO di Gibson Innovations. “Siamo ambiziosi. In meno di un anno, abbiamo creato un portafoglio di brand nuovi e affermati, con il brand Philips al centro. Abbiamo dettato il ritmo nell’innovazione, nel suono e nel design, e questo, insieme alle nostre solide relazioni con i fornitori e i clienti, ci mette nella migliore posizione possibile per creare valore nella nostra industria. Oggi siamo fieri di svelare il nostro nuovo nome: Gibson Innovations. Il nostro obiettivo è portare al successo ognuno dei marchi presenti nel nostro portfolio offrendo ai nostri clienti un’esperienza eccezionale”. Gibson Brands ha acquisito il business da Royal Philips come parte del proprio ambizioso progetto di diventare l’azienda numero uno al mondo nel settore del music lifestyle. L’acquisizione ha fatto seguito agli investimenti in aziende del segmento audio, tra cui Onkyo e TEAC. Gibson Brands è una società privata con un portafoglio di brand in ambito audio e musica che accompagnano consumatori finali e professionisti nell’intero viaggio del suono: creazione, performance, esperienza. Affiancandosi alle produzioni di strumenti per la musica e l’audio di livello professionale di Gib-

son Brands, Gibson Innovations ha l’obiettivo di far vivere ai consumatori la miglior esperienza di ascolto. Gibson Innovations detiene una serie di brand, ognuno dei quali è si rivolge a gruppi diversi di consumatori con specifici bisogni e aspirazioni: Philips, Philips Fidelio, GoGear, Onkyo, Stanton, KRK Systems, CerwinVega! e Trainer by Gibson. Informazioni: GIBSON INNOVATIONS Web: www.gibsoninnovations.com


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TLC e Kauri, le nuove fantastiche testine Well Tempered Lab

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Quale è la testina più performante per un giradischi Well Tempered Lab (e non solo)? Le nuove TLC e Kauri, ovviamente! Perfect Audio, azienda distributrice nazionale, è lieta di presentare un vero e proprio evento in casa Well Tempered. Per la prima volta, William Firebaugh ha convinto due dei più prestigiosi marchi mondiali, a produrre secondo le sue specifiche due testine completamente nuove. La prima testina WTL è la TLC una testina MM, prodotta da Nagaoka, una testina dal suono classico e seducente, ma con una estensione ed una linearità non comune in questa categoria. La seconda, la Kauri è una vera e propria rarità ! Il corpo di questa testina MC infatti deriva da una rarissima pianta originaria della Nuova Zelanda, vecchia di oltre 45.000 anni! La musicalità di questa testina è sconvolgente. La produzione? E’ un segreto… Informazioni: PERFECT AUDIO Web: www.perfectaudio.it


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Il Cappello a Cilindro • REPORTAGE • a cura di Leonardo Ciocca

Gran Galà dell’Alta Fedeltà ROMA Giunto alla sua sesta edizione capitolina, il Gran Galà dell’Alta Fedeltà – Roma, ha riconfermato il successo dei precedenti appuntamenti d’ascolto organizzati dal patron Giulio Cesare Ricci, figura carismatica della scena audiophile non solo italiana.

Sabato 21 e Domenica 22 marzo scorsi, nella pregevole location dello Sheraton Golf 3 Hotel – Parco De’ Medici, alcuni tra i migliori operatori di settore hanno permesso, ai numerosi visitatori presenti, di ascoltare musica attraverso una selezione di impianti di altissima qualità. Oltre alla musica riprodotta non sono mancati momenti dedicati alla musica dal vivo, con il chitarrista Fausto Mesolella e il duo voce e contrabbasso composto da Eleonora Bianchini e Enzo Pietropaoli. Gli artisti hanno realizzato due concerti che hanno visto la partecipazione di un pubblico davvero folto ed entusiasta e che sono stati registrati in diretta da Giulio Cesare Ricci utilizzando un sistema analogico AMPEX ATR 102 da mezzo pollice. Vi lasciamo quindi ad alcuni scatti, per i quali ringraziamo davvero tanto lo staff organizzativo, realizzati durante la manifestazione.

AUDIOREFERENCE mostra i muscoli con un setup di primissimo livello sia analogico che digitale. Tra i marchi utilizzati troviamo The Gryphon, EMM Labs, Michell, Kimber Kable e Pass Labs


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CAPECCI AUDIO e VETTAUDIO hanno allestito una sala dalle sonorità godibilissime. Spettacolare la prestazione del DAC e davvero raffinato il suono dei diffusori Culmina.

Uno dei momenti più emozionanti del concerto tenuto da Eleonora Bianchini e Enzo Pietropaoli

Anche in questa edizione, la major EPSON ha allestito un’impressionante sala dedicata all’Audio/Video ad alta definizione.



REPORTAGE • Il Cappello a Cilindro ▼ FDS 233

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Giulio Cesare Ricci, patron della manifestazione e dell’etichetta Fonè, insieme al duo Bianchini e Pietropaoli

HOME CINEMA SOLUTIONS ha stupito i visitatori con diffusori a tromba e setup digitale dedicato anche all’Audio/Video

Il fascino dell’omnidirezionale MBL ha stregato gli ascoltatori di questa suggestiva installazione


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Il Cappello a Cilindro • REPORTAGE Il chitarrista Fausto Mesolella (produttore anche degli Avion Travel) in un momento della sua bellissima esibizione. In primo piano le bobine dell’AMPEX utilizzato per registrare il concerto.

La sala MondoAudio con un maestoso setup basato su elettroniche MSB e VAC, diffusori Tidal e Duevel. Un suono da brividi… di piacere!

Una piccola parte della meravigliosa collezione di registratori a bobina nello stand di THE RECORDER MAN

I titolari della VINYL STRIKE con il loro stand ricchissimo di pregiati dischi in vinile



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Il Cappello a Cilindro • ANTEPRIMA • di Andrea Bassanelli

Ritorna Technics?!?

Noi lo avevamo annunciato per primi in Italia quasi un anno fa. Il leggendario marchio audio sembra finalmente tornare sul mercato con una missione di non poco conto: “Riscoprire la Musica”. Quasi un anno è passato senza che nulla o quasi si muovesse…fino a pochi giorni fa quando la Panasonic, detentrice del marchio Technics, ha convocato alcuni giornalisti italiani per annunciare quello che da tempo si vociferava…

N

oi di FDS lo avevamo annunciato prima dell’IFA 2014 ma poi se ne erano perse le tracce. Stiamo parlando di TECHNICS, noto marchio giapponese di Hi-Fi. Uno di quei marchi che ha fatto la storia di questo mercato. All’IFA del 2014 Michiko Ogawa, direttrice del progetto Technics. Ogawa, che oltre ad essere una popolare pianista jazz giapponese è stata lei stessa ingegnere audio in Technics, aveva spiegato che i nuovi prodotti saranno basati sulla concezione “Technics Definitive Sound”, fondata su decenni di sviluppi ed esperienze nella tecnologia audio. La concezione consiste in tre aspetti tecnici principali: “Accurate Digital Technology”, per garantire una trasmissione del segnale con caratteristiche precise in fatto di guadagno e fase, e una conversione di potenza ideale. “Noiseless Signal Technology”, per ridurre sensibilmente il disturbo e ottenere dispositivi perfetti per l’audio digitale. “Emotive Acoustic Technology”, per realizzare un’immagine sonora limpida e una sensazione di profondità nello spazio acustico, grazie a una eccezionale larghezza di banda e a una elevata gamma dinamica. Inoltre, a detta di Ogawa, la mission più importante dei nuovi Technics sarebbe stata di offrire esperienze musicali emotivamente coinvolgenti, uniche per ciascun ascoltatore: “Cresciamo scoprendo di volta in volta nuovi tipi di musica capaci di commuoverci. Purtroppo, con il passare degli anni e sempre più distratti da tutto quello che succede nelle nostre vite, rischiamo di perdere l’approccio alla musica, istintivo e immediato, che avevamo. Con i nuovi modelli Technics ci proponiamo di suscitare la sensazione di “riscoprire la musica”, aiutando gli

ascoltatori a provare quel coinvolgimento e quell’entusiasmo che credevano di avere perso.” Queste le parole di Ogawa nello spiegare il significato del nuovo slogan “Riscoprire la Musica”. Purtroppo da allora ad oggi nulla era accaduto e ormai avevamo perso ogni speranza. Invece, ecco qui che in una bella giornata primaverile milanese, il capo ingegnere Tetsuya Itani, il responsabile europeo di prodotto Frank Balzuweit e il direttore di Panasonic Italia Claudio Lamperti, ci hanno finalmente svelato le due gamme di prodotto che intendono riportare la Technics al top del mercato mondiale dell’hi-fi: la serie C700 e la serie R1. LA SERIE C700 “PREMIUM CLASS” La serie C700 “Premium Class” consiste in quattro componenti hi-fi, progettati per offrire un ascolto emotivamente-coinvolgente, completato da un design elegante. Per quanto riguarda la nuova modalità network audio, non siamo scesi a compromessi nella qualità del suono, adottando le stesse tecnologie base che caratterizzano la Reference Class.

AMPLIFICATORE STEREO INTEGRATO SU-C700 (prezzo IVA inclusa 1.400 Euro) L’amplificatore integrato SU-C700 sfrutta un tipo innovativo di elaborazione, completamente digitalizzata, che invia ai diffusori un segnale puro e preciso. - Processore Digitale JENO (Jitter Elimination and Noiseshaping Optimisation). Consiste in circuiti di conversione PWM e di riduzione del jitter ad alta precisione che per-


ANTEPRIMA • Il Cappello a Cilindro ▼ FDS 233 mettono una elaborazione completamente digitalizzata. - LAPC (Load Adaptive Phase Calibration). Ottiene caratteristiche lineari di frequenza ampiezza-fase - L’alimentazione lineare ad alta capacità e basso disturbo fornisce il livello ottimale di corrente. - Terminali: Ingresso Coassiale Digitale x3 / Ingresso Ottico Digitale x1 / Ingresso USB-B / Ingresso analogico RCA x1 / Ingresso Phono (Tipo MM) / Terminale Altoparlanti / Uscita Cuffie - Coassiale Digitale: PCM fino a 192kHz 24bit / Ottico Digitale: PCM fino a 96kHz 24bit - USB-B : PCM fino a 192k 32bit/ DSD 2.8MHz, 5.6MHz con Asynchronous Transfer Mode

LETTORE NETWORK AUDIO ST-C700 (prezzo IVA inclusa 999 Euro) Il lettore network audio ST-C700 elimina efficacemente il disturbo per fornire un’esperienza di ascolto fedele e precisa. - L’Architettura Digital Noise Isolation elabora efficacemente il jitter nelle singole interfacce e isola il disturbo. - Il Funzionamento Virtual Battery riduce l’afflusso di disturbo proveniente dallo stadio di alimentazione. - Il sovracampionamento ad alta-precisione migliora la qualità delle sorgenti sonore e riproduce un suono di alta qualità, rimuovendo efficacemente la distorsione. - Terminali: Ingresso USB-A / Ingresso USB-B / Uscita Coassiale Digitale x1 / Uscita Ottica Digitale x1 / Uscita analogica RCA x1 / DAB, DAB+, FM Tuner / Bluetooth - Network, USB-A : FLAC, WAV, AIFF fino a 192kHz 24bit / ALAC fino a 96kHz 24bit / MP3, WMA, MPEG-4 AAC fino a 48kHz 16bit - USB-B: PCM fino a 192k 32bit / DSD 2.8MHz, 5.6MHz con Asynchronous Transfer Mode - Codec Bluetooth supportato: APTX / AAC / SBC

LETTORE DI COMPACT DISC SL-C700 (prezzo IVA inclusa 999 Euro) Il lettore di compact disc SL-C700 riproduce la musica con precisione ed alta qualità, valorizzando al massimo tutto il potenziale di un CD audio. - La funzione di Re-master High Res permette di espandere con altissima precisione l’ampiezza di gamma e la profondità di bit, per riprodurre con suoni di alta qualità la musica di un CD. - Tutti i circuiti digitali sono pilotati da un master clock ad alta precisione. - Dotato di convertitori Digitale Analogico paralleli, indipendenti per L/R (Burr-Brown PCM1795). - Terminali Uscita Coassiale Digitale x1 / Uscita Ottica Digitale x1 / Uscita analogica RCA x1 - Audio CD / CD-R / CD-RW / MP3 (CD-R, CD-RW) / WMA (CD-R, CD-RW)

SISTEMA DI DIFFUSORI SB-C700 (prezzo IVA inclusa 1.300 Euro) Il sistema di diffusori SB-C700, basandosi sulla nostra concezione linear-phase, point-sound-source, fornisce un’immagine acustica accurata, con elevata trasparenza. - Il Driver Phase Precision (altoparlante piatto coassiale a 2 vie) offre un’ottima riproduzione point-sound-source e li-

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near-phase. - I tweeter dome, con diaframma rigido e leggero in grafite di carbonio, permettono una riproduzione con una risposta ultra-ampia, fino a 100 kHz. - Il mobile con “forma ad entasi” e finiture “stile piano” ad alta qualità, elimina le risonanze indesiderate, riduce le riflessioni dovute a diffrazione ed elimina le onde stazionarie. - 2 diffusori da scaffale - Tweeter dome in alluminio da 19mm - Woofer piatto da 160 mm

LA SERIE R1 “REFERENCE CLASS” La serie R1 “Reference Class” consiste in tre componenti audio hi-fi, studiati per creare una esperienza musicale superlativa.

AMPLIFICATORE DI POTENZA STEREO SE-R1 (prezzo IVA inclusa 13.000 Euro)

L’amplificatore di potenza SE-R1 definisce un nuovo standard ad alte prestazioni per amplificatori digitali, adottando componenti stato dell’arte e tecnologie innovative. - Processore Digitale JENO (Jitter Elimination and Noiseshaping Optimisation). Consiste in circuiti di conversione PWM e di riduzione del jitter ad alta precisione che permettono una elaborazione completamente digitalizzata. - Drive GaN-MOSFET. Permette la commutazione ad alta velocità e riduce la perdita di segnale, conservando una sufficiente capacità di pilotare l’altoparlante. - LAPC (Load Adaptive Phase Calibration). Ottiene carat-


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Il Cappello a Cilindro • ANTEPRIMA • di Andrea Bassanelli

teristiche lineari di frequenza ampiezza-fase - Terminali: Ingresso Technics Digital Link / Ingresso analogico XLR x1 / Ingresso analogico RCA x1 / - Terminale per altoparlanti Bi-wiring LETTORE CONTROLLER NETWORK AUDIO SU-R1 (prezzo IVA inclusa 7.000 Euro)

Sulla base della propria tecnologia di riproduzione delle sorgenti digitali e del know-how accumulato in molti anni, Technics ha realizzato questo lettore/controller network audio, che riduce al minimo il disturbo e ottiene la massima silenziosità, - Technics Digital Link (la nostra nuova interfaccia digitale): permette di trasferire il segnale tra preamplificatore integrato e amplificatore di potenza con un minore degrado del segnale stesso. - Architettura Digital Noise Isolation: elabora efficacemente il jitter nelle singole interfacce e isola il disturbo. - Trasformatori R-core Low-noise: forniscono prestazioni stabili anche in presenza di cambiamenti di carico e sono adottati sia per il circuito analogico, sia per il circuito digitale. - Terminali: Ingresso Digitale AES/EBU x1 / Ingresso Coassiale Digitale x3 / Ingresso Ottico Digitale x1 / Ingresso analogico RCA x2 / Ingresso USB-A / Ingresso USB-B / Uscita Technics Digital Link x1 / Uscita Digitale AES/EBU x1 / Uscita Coassiale Digitale x1 / Uscita Ottica Digitale x1 /Uscita RCA x1 / Uscita XLR x1 / Uscita Cuffie - Coassiale Digitale: PCM fino a 192kHz 24bit / Ottico Digitale: PCM fino a 96kHz 24bit DLNA, USB-A: FLAC, WAV, AIFF fino a 192kHz 24bit / ALAC fino a 96kHz 24bit / Mode MP3, WMA, MPEG-4 AAC fino a 48kHz 16bit - USB-B: PCM fino a 384k 32bit / DSD 2.8MHz, 5.6MHz con Asynchronous Transfer

SISTEMA DI DIFFUSORI SB-R1 (prezzo IVA inclusa 20.000 Euro) Il sistema di diffusori SB-R1 ottiene un livello superlativo di riproduzione sonora, basandosi sulla nostra concezione linear-phase point-sound-source - Il Driver Phase Precision: (altoparlante piatto coassiale a 2 vie) offre un’ottima riproduzione point-sound-source e linear-phase. Sopra e sotto ad esso sono collocati i woofer, per creare un autentico allineamento coassiale. - I woofer long-stroke a bassa distorsione e i tweeter dome, con diaframma rigido e leggero in grafite di carbonio, permettono una riproduzione con risposta ultra-ampia. - Il mobile con “forma ad entasi” e finiture “stile piano” ad alta qualità, elimina le risonanze indesiderate, riduce le riflessioni dovute a diffrazione ed elimina le onde staziona-

rie. - Diffusori da pavimento con 6 altoparlanti - Tweeter dome in grafite di carbonio da 25 mm, midrange piatto da 160 mm - 4 Woofer a cono long stroke (a corsa lunga) da 160 mm

A questo punto non ci resta che attendere a breve i primi prodotti per la prova su FDS!



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Il Cappello a Cilindro • ANTEPRIMA • di Andrea Bassanelli

IFA 2015 La fine della recessione?

Come ogni anno l’IFA di Berlino organizza una Global Press Conference (IFA GPC 2015, quella di quest’anno) invitando i più noti e influenti giornalisti da tutto il mondo per presentare a tutti i consumatori l’evento che si terrà a settembre a Berlino. Quest’anno, dopo anni di attese e di speranze, sembra essere la volta buona per uscire dalla recessione che attanaglia il Vecchio Continente ormai da troppo tempo... Oltre 300 giornalisti da tutti i continenti sono confluiti quest’anno a Malta per conoscere in anticipo che cosa accadrà a settembre a Berlino e, quindi, che cosa accadrà nel mercato dell’elettronica di consumo da qui a fine anno. La novità è che…non lo sa nessuno che cosa accadrà! Gli anni passati i signori della GFK si erano inerpicati su sentieri che portavano direttamente alla catastrofe, nella speranza di indovinare qualche trend…senza, invero, grande fortuna. Avevano pronosticato il grande futuro degli schermi 3D (oggi considerati poco più che un gadget rispetto alla vera novità degli UltraHD), si erano spinti a pronosticare il sicuro boom della tecnologia robotica in casa (a parte poche aspirapolveri robotizzate, non si vede altro in giro…) e poi avevano vaticinato la sicura affermazione della musica liquida rispetto a quella fisica, tranne poi toppare clamorosamente sul vero e proprio boom del vinile! Ma si sa, il ruolo dedicato agli indovini era ed è lastricato

di imprevisti…anche se a ben vedere credo che se le cerchino, dato che quest’anno hanno sentenziato come il mercato dei DRONI sarà quello a più rapido e sicuro sviluppo da qui ai prossimi mesi! Vedremo ma io qualche dubbio ce l’ho!

NASCE GIBSON INNOVATIONS Di certo per noi questo IFA GPC 2015 sarebbe stato sicuramente interessante se, ad un certo punto, tra una conferenza Philips dedicata ad una fascia anti dolore muscolare e la conferenza della Grundig Home (di hi-fi neanche l’ombra!), non si fosse presentato sul palco un signore dal nome impronunciabile, Wiebo Vaartjes, ma dal ruolo assolutamente invidiabile: CEO Gibson Innovations. Senza dubbio questo annuncio è stato quello più interessante di tutta la conferenza, visto che ora sotto il marchio GIBSON (un vero e proprio MITO nel settore della mu-


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sica e dell’audio professionale) non andassero a ricadere tutta una serie di marchi del settore audio che stavano navigando senza una meta ben precisa…e mi riferisco a nomi come Philips, Fidelio, Woox, Stanton, CervinWega!, Onkyo e molti altri ancora che, da ora, ricadranno sotto l’unico cappello di Gibson Innovations. Parlando con mr. Vaartjes (peraltro un simpaticissimo olandese amante dell’Italia) abbiamo saputo come nei suoi piani ci sia un rilancio complessivo dell’offerta hi-fi dei vari marchi, senza snaturare l’essenza di ognuno di loro ma andando a potenziare le sinergie possibili in termini principalmente commerciali ma anche di ricerca e sviluppo.

Sopra, un momento di relax... Sotto, Massimo Morandi, direttore editoriale della Top Press, il sottoscritto e Pier Goffredo Ronchi, responsabile italiano di Messe Berlin.

DALLA RICERCA NASCE IL PROGETTO TRAINER REALIZZATO CON USAIN BOLT! Tra le numerose novità che la Gibson ha in progetto, due riguardano il settore delle cuffie (questo si in esponenziale esplosione commerciale): una cuffia di fascia altissima, marchiata Gibson, della quale vi parleremo a brevissimo, e una cuffia a marchio Trainer by Gibson, realizzata e studiata insieme all’uomo più veloce del mondo, Usain Bolt. La cuffia nasce con due priorità: la prima consentire ai runner di potersi allenare senza il fastidio degli auricolari ma con la certezza di poter correre e saltare senza che la propria cuffia cada in terra, la seconda quella di poter ascoltare la propria musica ma, all’occorrenza, poter anche ascoltare quello che accade intorno a noi, sia per motivi di sicurezza che “sociali”.

Le nuove cuffie Trainer (il cui costo dovrebbe aggirarsi intorno ai 200/250 Euro) consentiranno tutto questo e anche di più! Usain Bolt ha studiato e testato un cuffia il cui archetto può sdoppiarsi (la nuova tecnologia si chiama Aeroflex) fino a diventare una sorta di mini-casco in grado di assicurare una calzata perfetta e stabile. Non solo, ma una volta estratto, dal retro del caschetto una luce LED lampeggiante, consente di essere notati anche al buio più totale. La cuffia poi è dotata di una funzione che smorza il suono in modo da poter ascoltare ciò che succede intorno a noi. Si può usare per conversare con un amico di allenamento ma è certamente utile anche quando si sta arrivando ad un incrocio molto trafficato. La cuffia si collega al dispositivo di riproduzione musicale tramite bluetooth e i padiglioni sono realizzati in un comodo materiale, facilmente lavabile ma morbido e confortevole nell’uso quotidiano. Insomma, un altro prodotto da provare quanto prima…


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Il Regno degli Ascolti

PREAMPLIFICATORE INTEGRATO

ATOLL HD120

L’ATOLLO DEL BUON ASCOLTARE di Giacomo Pagani

Un piccolo preamplificatore linea che contiene un DAC e un amplificatore per cuffia: se volete comporre un impianto senza il vincolo dell’integrato, desiderate sperimentare con dei finali, ma avete limiti di spazio e di budget… Ecco un oggetto interessante per voi.

L

a casa francese Atoll ha presentato quest’anno una nuova linea di prodotti, una linea “Mini” pensata per offrire la versatilità di una catena multicomponente a chi, in realtà, tutto questo spazio per lanciarvisi non ne avrebbe, o non si fida a partire troppo in grande. Anche il costo, infatti, è relativa-

mente basso, e tutto l’insieme rende questi prodotti molto appetibili agli iniziandi curiosi e un po’ più esigenti. L’idea di condensare, nel caso del preamplificatore HD120, tutti gli elementi che lo rendono autonomo nel raccogliere e decodificare il segnale digitale, è molto azzeccata in un contesto in cui la musica liquida

prende sempre maggior piede. A naso, il potenziale acquirente dell’Atoll mi sembra più un tipo da notebook sul mobile hi-fi, che non da metti e togli il compact disc. Piccolo, semplice da usare, senza tanti fronzoli e molto versatile, è il tipo di apparecchio giusto per combattere il declino dell’alta fedeltà che parte dai


ATOLL HD120 ▼ FDS 233 Mediaworld, dalle soundbar, da tutto il mare di plastica e chip da quattro soldi che sempre più ragazzi accrocchiano in salotto, sotto al mega televisore, ignorando completamente quel che si perdono – ben dissuasi dallo scoprirlo, dissuasi dai prezzi che questo settore allo sbando ormai propina per il più stupido accessorio hi-end, dissuasi dal constatare che per collocare un impianto decente, il più delle volte, se ne va mezzo soggiorno.

TECNICA E COSTRUZIONE L’HD120 è un preamplificatore linea dotato di DAC e doppia uscita cuffia. L’esemplare con finitura silver pervenutomi in prova è un oggetto semplicissimo da inserire in salotto, discreto e molto piccolo, con un design anonimo ma funzionale quanto basta: la manopola del volume al centro, le due uscite cuffia da un quarto di pollice accanto, e a seguire i tasti di selezione degli ingressi e il pulsante di accensione. Questo è abilitato a monte da un classico interruttore a bilanciere posto sul retro, che lasciato in posizione On pone la macchina in standby. A sinistra della manopola del volume, una chiara fila di piccoli LED illustra l’ingresso selezionato. Sul retro trovano posto, oltre al summenzionato interruttore dell’alimentazione, una vaschetta IEC per utilizzare qualsiasi cavo di alimentazione si desideri, e i vari ingressi e uscite RCA (niente di bilanciato). Nulla da segnalare, in bene o in male, per questa fascia di prezzo: il tutto è essenziale, senza infamia né lode, precisamente come credo che debba essere. Sono presenti due ingressi analogici RCA, e tre ingressi digitali (ottico, coassiale e USB); questi ultimi mettono in funzione il DAC Burr Brown PCM5102. Il contenuto della confezione, compatta ma ben imbottita, prevede un manuale in inglese, semplice e fun-

zionale, un cavo di alimentazione di qualità base, un cavo di segnale linea. Non ci sono, come anticipato, particolari di rilievo da elogiare o criticare, tutto corrisponde alle aspettative per la fascia del prodotto.

IL SUONO Questo Atoll è un oggetto piuttosto eclettico. La sezione digitale, la sezione linea, la sezione cuffia… Non una che suoni come l’altra, e combinandole si ottengono impronte sonore anche molto diverse tra di loro. Iniziamo col dire che il piccolo pre si è trovato sul banco degli interrogati davanti a una commissione un tantino esigente, pilotando i finali Manley Snapper e relazionando della sua voce a dei diffusori Wilson Audio WATT/Puppy 8. Manley e Wilson sono un’accoppiata felice, il carattere delle valvole EL34 mitiga la grande apertura dei diffusori, e l’insieme è molto musicale e naturale, con un calcio fortissimo laddove serve, e una capacità di analisi fenomenale. Questa base di partenza equilibrata, ancorché esigente, è ideale per mettere comunque a suo agio anche un apparecchio entry level, che potrebbe non essere l’oggetto più lineare e aggraziato del pianeta, ma ugualmente non farebbe sanguinare le orecchie rovinando il piacere della prova. Non è, comunque, il caso dell’Atoll, che non strilla, non si scompone e non ha nel suo stile alcun connotato esibizionista e ruvido. La prova è iniziata inserendolo, come solo preamplificatore linea, a valle del pre-phono ASR Mini Basis mk3 e dell’interfaccia firewire Apogee Duet. Le prime impressioni sono state positivamente sorprendenti; sebbene, com’era ovvio che sarebbe accaduto, mancavano tutti i connotati che solo un pre di alto bordo come il Manley (dal costo di oltre 10 volte l’Atoll) sa sciorinare, l’imposta-

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zione e la godibilità del sistema non veniva distorta granché, anzi, sembrava una presentazione molto affine, solo con alcuni prevedibili difetti a confronto. Il suono dell’HD120 è appena tendente al caldo, senza esagerare, una punta di calore che lo scosta dalla neutralità totale e che – a parer mio – andrà come il cacio sui maccheroni con la maggior parte delle catene che un potenziale acquirente possa pensare di costruire attorno al francese. È andata benissimo anche nella mia, in verità: congiunta ad un’attenzione al dettaglio del tutto matura e valevole di considerazione anche al di sopra di questo target di mercato, mi ha fatto ascoltare musica per svariate ore, fuori e dentro lo svolgimento della prova, anche per puro piacere di ascolto dell’impianto. Il basso è ben presente, ma non eccessivo e soprattutto non mollaccione, anzi la sua compattezza e la sua velocità sono tra le doti più rimarchevoli dell’intero pacchetto. Le voci, molto belle e naturali, sono piene e protagoniste della presentazione, anche qui senza una risposta allungata nel mezzo come una campana, ma sicuramente piacevolmente enfatizzata, che rende sempre il cuore della musica (il medio) in primo piano. L’acuto è la regione, l’unica, dove l’Atoll tradisce finalmente la sua appartenenza ad una fascia entry level; non estesissimo, ancorché ragionevolmente completo, non ariosissimo, ha una tendenza alla durezza, alla bidimensionalità. Non suona metallico o “elettronico”, quindi in realtà non si è mai presentato fastidioso, nemmeno attraverso lo spietato tweeter Focal a cupola invertita in titanio, ma un bel po’ più duretto del riferimento, questo sì. Non che sorprenda, se il riferimento usa delle valvole 300B per lo stesso mestiere e costa, come anticipato, quanto una decina di Atoll, ma è giusto per riportare questo piccolo fenomeno alle giuste proporzioni del suo costo e delle aspettative più logiche. Se qualche difetto deve averlo, giustamente c’è e si trova prettamente nell’acuto. Sorprendentemente, non riesco ad ascrivere grandi difetti ad un’area assolutamente fondamentale, anima della musica, che è la dinamica: il pre è, seppur non certo esplosivo, co-


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ATOLL HD120

Il retro dell’HD120, essenziale, ma completo, specie sul versante digitale. La vaschetta IEC permette l’uso di un cavo di alimentazione a piacere.

munque dotato di un bel respiro e capace di seguire finemente, con veloce prontezza, le variazioni incessanti e sottili della microdinamica. Un risultato davvero molto positivo. A livello di proiezione spaziale, la non grandiosa ariosità del registro superiore non si rivela così castrante e la scena è molto bella; non un mostro di profondità, anzi abbastanza piatta in quel senso, ma ottimamente estesa in larghezza e in altezza, cosa che già, per un apparecchio di questo livello inserito in un contesto così estremo, è abbondante grasso che cola. Sarebbe tutto semplice se l’apparecchio, nelle sue varie feature, mantenesse questa (peraltro ottima) impronta, invece ogni suo elemento accessorio ha un suono diverso da quello della sezione linea, e il mosaico che ne viene fuori dirotta anche non di poco il risultato finale. Questa premessa introduce il passo successivo della prova, ossia scollegare l’interfaccia digitale Apogee Duet e collegare, via USB, l’HD120 direttamente al portatile (un vecchio Powerbook G4, che permane nel mio mobile hi-fi come muletto, dedito allo smistamento della libreria di iTunes condivisa in rete e alla comunicazione con la scheda audio di turno). Questo, come anticipato, ha leggermente cambiato le carte in tavola, perlopiù accentuando i difetti. L’impostazione timbrica del convertitore è tangibilmente asciutta e – direi – freddina, con degli indiscutibili pregi per la classe di prezzo ma anche qualche lato scomodo. I pregi

riguardano principalmente le aree di introspezione nel messaggio musicale, il dettaglio, la scena sonora, è davvero notevole vedere come si riescano a rasentare le performance della mia Apogee Duet sotto questi aspetti, eccetto nella dinamica che vede la Apogee nettamente più sciolta e trascinante. Tuttavia, dettaglio e aria sembrano, in questo caso, andare troppo a discapito della musicalità, valore ben fermo nella sezione linea, che mischiata alla sezione digitale perde un po’ di fascino e il suono, pur definito, sembra fare alcuni passi indietro in fatto di “classe”, inizia a sembrare un oggetto più convenzionale per il suo costo. La frase, riletta, non sembra voler dire effettivamente nulla di sbagliato, un oggetto suona per quello che costa, che male c’è? Il fatto è che di oggetti che suonano “così per il loro costo” siamo pieni fin sopra i capelli, e il bello dell’Atoll, nella sua parte di prova come preamplificatore solo linea, era metterci un timbro più elegante e coinvolgente del solito, e mi piace considerarlo in quel modo. La sezione digitale non è da buttar via, è solo un tantino fredda e lesiva delle ottime doti di amalgama e spensierata musicalità del pre; se non è presente un’altra sorgente digitale nell’impianto, la versatilità dell’Atoll non è un miraggio disatteso, è assolutamente usabile, ma al contempo non posso non consigliare, ove possibile, di usare un convertitore separato, migliore, che renderà molta più giustizia all’HD120.

Continuando sul tema delle variazioni, l’ultima prova ha riguardato l’uscita cuffia: ho preso le mie fide Alessandro MS-1, che solitamente uso al PC per ascolti non hi-fi, e le ho spostate sull’Atoll. Sono cuffie decenti, senza troppe pretese e con una bassa impedenza che le rende facilmente pilotabili da tutto, a partire da un iPod. Le definirei abbastanza confacenti al prezzo dell’amplificatore, considerato che hanno un rapporto qualità/prezzo indubbiamente molto alto, e forse nessuno si sognerebbe di usare un pre tuttofare da meno di mille Euro con delle cuffie hi-end. Insomma, le Alessandro hanno un’impostazione abbastanza aperta, veloce e secca, e non appena le ho collegate all’Atoll le ho trovate… irriconoscibili. La sezione cuffia ha un medio decisamente pronunciato, e un roll off agli estremi di banda che la rende estremamente caratteriale. È impossibile dire che non sia colorata, e non lo è nemmeno poco. Tuttavia, la forte esuberanza del medio non è un elemento di grande disturbo in sé (non quanto un basso lungo e tronfio, o un acuto pungente ed elettrico), e dopo qualche minuto per abituarsi alla nuova presentazione, si inizia ad apprezzare anche l’ottima ricostruzione spaziale e la resa dei dettagli assolutamente interessante. È una delle rare occasioni in cui non casso l’uscita cuffia di un apparecchio multifunzione come il solito accessorio superfluo e mal gestito, da dimenticare. Questa no, non è da dimenticare, è solo, come già lo è il DAC, diversa da



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ATOLL HD120

Ordinato e pulito anche lo stampato; chiaramente distinguibili le sezioni di segnale per ciascun canale, in alto e al centro della foto, e la sezione d’alimentazione con particolare cura nel filtraggio, in basso.

Caratteristiche tecniche

Alimentazione: 12,8 VA Potenza nominale : 1,4W/32 Ohm Potenza d’ingresso : 6,8W/32 Ohm Impedenza d’ingresso: 220 k Ohm Impedenza di uscita: 1 Ohm per canale Banda passante : 1 Hz – 150 KHz Rapporto segnale/rumore: 112 (dBA) Tasso di distorsione a 1 KHz : <0,01% Dimensioni: 320x220x60 mm Peso: 2,5 Kg Prezzo IVA inclusa: Euro 750,00 Distributore: Audio Graffiti Tel. 0373 97.04.85 Web: www.audiograffiti.com

come ci si abitua con il solo pre linea all’inizio, e di sicuro non trasparente in termini di timbrica. Fa comunque piacere che anche l’ennesimo componente di questa macchina sia usabile, ancorché non perfetto.

CONCLUSIONI È interessante come i tre elementi, ben diversi tra loro, che compongono questo piccolo preamplificatore, da un lato siano un po’ un grattacapo per darne una definizione finale univoca, mentre dall’altro siano tutti quanti abbastanza buoni da dire okay, il prezzo è giusto, e anche qualcosa di più. Si tratta di un appena discreto preamplificatore cuffia, con alcuni evidenti difetti nella timbrica ma altri innegabili pregi nel detta-

glio. Si tratta di un discreto convertitore digitale/analogico, agli antipodi della timbrica della sezione cuffia, problematico nel senso opposto, ma ancora con un rimarchevole dettaglio e un suono moderno. Si tratta di un fantastico preamplificatore linea per il suo prezzo, con un suono maturo, un carattere godibile e alcuni talenti che farebbero supporre l’appartenenza ad una fascia superiore alla sua. Tutto insieme, che dire? Non sarà tutto “perfetto”, ma ci sono tante di quelle buone cose, e viene dato talmente tanto in poco spazio e relativamente poca spesa, che è difficile non ammettere che l’HD120 sia un prodotto ben riuscito e interessante, soprattutto per chi vuole iniziare… col piede giusto.



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Il Regno degli Ascolti

SISTEMA DI ALTOPARLANTI DA PAVIMENTO

AUDIOJAM 2 WE CAN

OBAMA APPLICATO ALL’HI-FI di Alberto Guerrini

Alberto Bellino, il titolare di Audiojam, lo conosco, perlomeno di fama. Ricordo di aver letto un pezzo su di lui, in rete. Mi è rimasto impresso perché si scriveva del fatto che, nella prima adolescenza, era andato rovistando persino in discarica alla ricerca di pezzi pur di realizzare diffusori!


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ià, avevo letto proprio questo e mi ricordo di aver pensato: “ma quanto ci somigliamo noi appassionati!”, persino quando non è possibile comprare qualcosa a cui aneliamo da tempo immemore, tentiamo in ogni modo di ottenerla comunque, persino provando a costruircela da noi con parti rimediate chissà dove. Se è la passione a spingere non c’è nulla che possa distogliere dall’obiettivo, ben focalizzato e chiarissimo da raggiungere, ad ogni costo. Alberto ha studiato all’ITIS, è diventato un tecnico, ha allestito un laboratorio ed ha sperimentato per tutta la vita. Basta leggere quel che scrive nei suoi personalissimi dieci comandamenti per costruire un diffusore ben suonante, non c’è una virgola che non sottoscriverei. Ma uno su tutti mi piace riportare: ”un crossover male disegnato è capace di devastare completamente il risultato sonoro di un diffusore che monta ottimi trasduttori, caricati acusticamente in maniera corretta”. In sostanza, attraverso il suo credo, chiaramente plasmato da una grandissima esperienza, non solo di progettazione, ma anche di ascolto, il Bellino ha realizzato (mi riferisco a quanto vedo in catalogo), ben oltre venti modelli di fatture assolutamente differenti l’uno all’altro. Credo che nemmeno le più blasonate case produttrici possano vantare una gamma così eterogenea di diffusori in commercio basati sui più disparati criteri progettuali apparsi nella storia. Sospensioni pneumatiche, trombe full range, bass reflex, guide d’onda, tower a sviluppo iper verticale, nastri, configurazioni D’Appolito, baffle infinito, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Oltretutto come si fa a non stimare una persona che ti dice che le misurazioni e i grafici di risposta non vogliono dire tutto e che una risposta non così lineare non è detto che suoni poi così male! Significa essere un progettista che ascolta oltre che misurare e che usa, così come a mio modestissimo parere bisogna fare, la tecnologia automatizzata a disposizione come base di partenza per progettare e non come il fine ultimo. Come vedremo in questa prova (come del resto apertamente dichiarato nel suo sito), ha realizzato un diffusore che

AUDIOJAM 2 WE CAN ▼ FDS 233 suona molto bene, offrendolo, bypassando lo step della distribuzione, ad un prezzo decisamente economico.

DESCRIZIONE L’aspetto estetico è molto spartano, e la finitura esterna è molto intelligentemente realizzata in materiale melaminico antigraffio, garanzia di una tenuta al tempo ed all’usura praticamente eterni. Il tweeter è un componente Seas di 27 mm di diametro con cupola morbida in seta e camera di espansione posteriore smorzata disaccoppiante. Il woofer è sempre SEAS, dal diametro di 176 mm, con cono in cellulosa e bambù, cestello pressofuso ed un bel magnete. Il progetto è un due vie molto intelligente, poiché rende il posizionamento sostanzialmente indipendente dalla distanza dalle pareti, pur essendo un vero e proprio bass reflex. Questo risultato è raggiunto disponendo la porta di accordo reflex, (tubo flangiato da 60 mm di diametro e 100 mm di lunghezza) rivolto verso il basso, nella parte anteriore e esposto ad una base a tre gradini di 2,5 cm di altezza e pedata rispettivamente di 55 mm, 55 mm e 30 mm, salendo. Il volume di carico è di circa 30 litri ed in effetti, anche in fase di ascolto si è notata la qualità ed il controllo del basso, anche in posizioni in genere non favorevoli a questo tipo di carico quando posto in faccia posteriore o anteriore. Il montaggio è veramente ben realizzato, rigido e granitico. Le pareti sono in MDF da 19 mm di spessore e l’incollaggio dei pannelli è ottenuto anche con l’ausilio di spine in faggio. All’interno è posto un setto di rinforzo dalla forma specifica. Il baffle ha uno spessore che sembrerebbe superiore, vista la grande rigidezza e la reazione totalmente sorda alla percussione. Le viti di serraggio della flangia del woofer sono nascoste da un bell’anello di alluminio. Il crossover è il modello standard XN02, utilizza bobine avvolte in aria NOR.SE, resistori ceramici avvolti con tolleranza 5%, condensatori in polipropilene e film plastico metallizzato. I binding post sono heavy duty e placcati oro. Il progetto ha una sensibilità di 88 dB e un’impedenza di circa 8 Ohm, minima mai sotto ai 6, quindi un carico

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non troppo difficile per gli ampli da interfacciare, consigliati in un range di potenza che va da un minimo di 10 Watt ad un Massimo di 150. Il cablaggio interno è stato realizzato con il pregiato cavo di potenza twistato Wireworld Solstice 7 da 12 AWG. Le griglie parapolvere sono assicurate al baffle, ahimè, solo mediante inserti plastici, lo scheletro è realizzato in legno multistrato, rivestito internamente con un foglio di schiuma per tutto il perimetro onde prevenire vibrazioni.

L’ASCOLTO L’ascolto è stato effettuato inserendo la coppia di Audiojam 2 “We Can” nella mia catena di ascolto così composta: sorgente digitale per musica liquida: Mac Mini, convertitore D/A USB 24/96, Emm Labs DAC2X, cablaggio USB Audioquest Chocolate Dbs 7, cavi RCA e alimentazione Emm Labs, Nordost Valhalla; diffusori: Martin Logan SL3, Lumen White Silver Flame; sorgenti digitali: CD Teac VRDS-10 modificato a valvole Emmebi, lettore ibrido DVDDVDA-SACD Labtek Aurora; sorgente analogica: giradischi Michell Gyrodec, braccio SME 309, testina Clearaudio Titanium MC, con cablaggio Audioquest Wel Signature; preamplificatore: Convergent Audio Tecnology Legend, con stadio phono MM, MC; due amplificatori finali a valvole: McIntosh MC275 in configurazione mono; cavi di potenza: Nordost SPM Reference; cavi di segnale tra pre e finali mono: Audioquest Horizon Dbs 72V; cavo di segnale tra CD VRDS-10 e pre: Nordost Spm Reference; cavi di segnale tra Labtek Aurora e pre: Audioquest Horizon Dbs 7; cavo di alimentazione pre: Nordost Valhalla; cavo di alimentazione Labtek Aurora: Nordost Brahma con terminazioni Furutech; cavi di alimentazione finali: Nordost Valhalla; cavo di alimentazione CD Vrds-10: Nordost Shiva. Il rodaggio è stato piuttosto intensivo, con utilizzo 24 ore su 24 per una settimana, in loop con diversi generi musicali e dischi test. Vediamo come se la sono cavata con uno dei miei dischi preferiti in assoluto. Bill Evans Trio “Waltz For Debbie” (Riverside/Concord Music Group, DSD): più ascolto questo LP, più mi stupi-


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AUDIOJAM 2 WE CAN

Il cabinet delle Audiojam 2 “We Can”, con finitura vinilica antigraffio nera e betulla. Da notare il supporto di base a step di 2,5cm verso il quale è rivolto l’accordo reflex compensato. Le griglie parapolvere sono assicurate al baffle, ahimè, solo mediante inserti plastici, realizzate in multistrato e rivestite di uno strato di schiuma posteriormente per tutto il perimetro, per prevenire vibrazioni.

sco del fatto che sia stato effettivamente registrato nel lontano 1961! Incredibile, visto che tutte le volte che mi lamento della terribile qualità delle registrazioni dei primi Led Zeppelin qualcuno compare e mi ribatte: ” beh.. che ti aspettavi del resto sono stati registrati tra il ’68 ed il ’70 (praticamente dieci anni dopo questo. Come se all’epoca fosse impossibile tecnicamente fare un buon master!)”. My Foolish Heart apre il disco con un pianoforte evidenziato da una spazzola veramente molto materica, ai limiti del legnoso, una cassa appena sfiorata e un piatto molto ben definito e messo in evidenza da un abbondante chiaroscuro dinamico. Lo strumento a tastiera è ovviamente un principe, ma affiancato da altrettanto nobili partner: Waltz For Debby è la rivoluzione del trio jazz con una pari dignità consegnata ad ogni performer. La coda e il mobile sono strutturati molto bene e hanno una proporzione corretta, il risultato sonico è educato e molto ricco di contenuto organico e armonico. La dinamica del tasto e del martelletto è molto buona, il contenuto di dettaglio è buono, il micro dettaglio è più che discreto. Il contrabbasso è molto ben controllato, forse anche un pelino troppo per i miei gusti, risultando leggermente strizzato. Le corde sono piuttosto dettagliate nella propria vibrazione, gli impatti involontari contro le unghie si percepiscono, più dei passaggi delle dita sulla tastiera. Il pizzicato è coerente e ben descritto. La risonanza della cassa è molto buona e la timbrica complessiva ottima. Le sfumature che si percepiscono sono leggermente inferiori rispetto agli altri due strumenti. I transienti di attacco e rilascio sono molto buoni. Nei momenti di pianissimo l’ambiente complessivo della registrazione si ripercuote in sala d’ascolto con efficacia, con una ricostruzione del posizionamento degli strumenti molto buona e accurata, ben distanziata sia in profondità che in ampiezza, ottimamente inscritta nel proprio piano sonoro di appartenenza. Il brano Waltz For Debbie, che dà il titolo all’album, è assolutamente quello più dinamico, ovviamente non certo la dinamica orchestrale di Stravinsky, dove comunque si mette



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AUDIOJAM 2 WE CAN

Particolare del tweeter e del woofer, entrambi SEAS, il primo affaccia in una camera di espansione, mentre il secondo ha un bel cestello pressofuso.

davvero alla frusta la capacità di dare, in fase di riproduzione, tutti i parametri descritti in precedenza su livelli più alti di interazione e pressione sonora. Dunque le We Can effettivamente possono, eccome! I l contrabbasso ottiene finalmente il suo giusto equilibrio e esprime al massimo le proprie potenzialità, riprendendo qualche chilo (o meglio decimetro cubo di volume) in più, che non guasta affatto. Prende molto più vita, guadagnando abbondantemente anche in articolazione in basso, oltre a sfoggiare ottima capacità di discesa. Persino gli applausi finali sono molto dinamici e hanno un gran bel contenuto di contrasto dinamico e veridicità sonica. Nel resto dei brani abbiamo

degli ingressi di batteria più classici con transienti giustamente ripidi e con reazioni ben rapide dei trasduttori, i quali, nonostante un’efficienza non proprio elevatissima (ma decisamente sincera), non sembrano chiedere troppo all’amplificazione durante i momenti più intensi in termini di erogazione. Veniamo al parametro fondamentale, quindi “last but not least” la parte di ricostruzione spaziale pura, che è assolutamente il fiore all’occhiello del master da cui proviene questa presa live. Accadono moltissime cose durante la performance, piatti e bicchieri trasportati e portati a lavare, chiacchiericcio ai tavoli, camerieri che girano per i tavoli, persone che, spostandosi coprono involontariamente un canale del microfono: del

resto siamo in un locale di New York City, certo negli anni ‘60 e nello storico Vanguard e non nel nuovo millennio quando è capitato a me di frequentare, ma sempre lo stesso classico, storico mood del ‘Village, dove la musica ti rapisce e non c’è spazio per cibo o altre distrazioni (che non rimarranno mai impresse come la musica nella propria memoria). L’ambiente ha delle dimensioni abbastanza paragonabili con quelle provenienti dal riferimento, il sound stage è un po’ meno prominente, mentre l’ambienza, intesa come riverberi ed effetti di fondo e di percezione volumetrica di profondità, è piuttosto ben delineata. Le posate e le suppellettili sui tavoli provengono correttamente da tutti i settori dell’ambiente nessuno


AUDIOJAM 2 WE CAN ▼ FDS 233 Crossover con condensatori in polipropilene e poliestere metallizzato, resistenze ceramiche avvolte in filo con tolleranze 5%, induttori air core NOR.SE, cablaggio interno realizzato con il prestigioso Wireworld Solstice 7 sezione 12AWG.

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guardo alle distanze dalle pareti posteriori, permettendo un più agevole inserimento in ambienti già arredati, (contribuendo a mitigare le ire delle compagne o mogli di turno). CARATTERISTICHE TECNICHE

escluso. Le voci sia maschili che femminili, protagonisti di saliscendi di attenzione del pubblico presente, sono molto realistici e ben espressi in sala d’ascolto. Persino i colpi di tosse, sono sintomo, oltre che del raffreddore di qualche avventore dell’epoca, di una chiara realistica raffigurazione sonora della scena. Per non parlare dei protagonisti stessi del disco, i quali si lasciano andare a commenti o a mugolii durante i brani. Alla fine di ogni traccia, quando l’andare si fa adagio e il livello sonoro sempre più flebile tutto quanto appena descritto si fa immediatamente indelebile e si apprezza ovviamente al meglio, la buonissima capacità olografica di questo semplice ma efficace metodo progettuale. CONCLUSIONI Un diffusore molto equilibrato e ben progettato, dal timbro leggermente ambrato: del resto Alberto Bellino sa assolutamente cosa fare per quanto riguarda la progettazione. La dinamica è molto buona, la capacità di ricostruzione spaziale e di posizionamento degli strumenti nella scena sonora sono piuttosto accurati.

Ho utilizzate le We Can per l’ascolto della lirica e la stessa sensazione di equilibrio si può benissimo applicare alle voci degli interpreti migliori, con una particolare propensione per quelle femminili, che risultano anche particolarmente aggraziate e caratterizzate da un’eccellente articolazione soprattutto in gamma media. Buona la performance anche con l’orchestrale, persino quella più imponente, mantenendo caratteristiche di trasparenza molto buone, oltre a dare un ottimo feedback riguardo alla tridimensionalità ed all’altezza della scena (parametro non di poco conto questo). L’aria tra gli strumenti anche negli ensemble più affollati è sempre sufficiente a garantire una buona qualità di ascolto. A proprio agio anche con il rock e l’hard rock, mai andando in crisi nemmeno di fronte alle distorsioni di chitarra e alle doppie casse potenti, prerogativa praticamente continua di questo particolare genere musicale. La qualità dell’assemblaggio è molto accurata. Gli speaker SEAS sono una scelta azzeccatissima, così come l’accordo “downfiring” che io personalmente prediligo e che dona una certa qual flessibilità di istallazione ri-

Tipologia di progetto: 2 vie bass reflex; Numero di driver: 2; Tipologia dei driver: 1 x tweeter SEAS da 27 mm di diametro, soft dome in seda; 1xwoofer SEAS da 176 mm di diametro in carta di bambù e cestello pressofuso; Numero di vie: 2 bass reflex con accordo orientato verso il basso compensato e volume di carico 30l; Risposta in frequenza: 35 Hz - 20 kHz ±3dB; Sensibilità: 88 dB (1W @ 1m); Impedenza nominale: nominale 8 Ohm; Impedenza minima: 7,5 Ohm; Potenza raccomandata: 10 - 150 W Terminali: binding post heavy duty, di alta qualità placcati oro; Crossover: crossover network con condensatori in polipropilene e induttori NOR.SE; Taglio crossover: 2.5 kHz, pendenza di 12 dB/ottava Cabinet: MDF con spessore 19 mm connessioni mediante spine in legno di faggio, piede in multistrato di betulla siberiano (4 strati da 25 mm), finitura in materiale melamminico antigraffio 1 mm spessore, ; minima quantità di materiale assorbente utilizzata; Cablaggio interno: 12AWG OFC audio grade, Wireworld Solstice 7 12 AWG cavo di potenza twistato. Finiture disponibili: Betulla/nero, e a richiesta qualsiasi finitura vinilica; Dimensioni (lxpxh): 200 x 280 x 1000 mm; Peso: 18,5 Kg ciascuno Lunghezza piede 300 mm Prezzo IVA inclusa: Euro 1.190,00 la coppia Distributore: Studio Elettroacustica Audiojam2 Tel. 347 711220 Web: www.audiojam2.com E-mail: audiojam@libero.it


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Il Regno degli Ascolti

DIFFUSORI BOOKSHELF

AUDIO PHYSIC CLASSIC COMPACT

MINI IN SALSA TEUTONICA di Paolo Fontana

Audio Physic è un costruttore tedesco di diffusori high-end la cui notorietà internazionale risale probabilmente al 1995, quando i “Virgo”, un modello tutt’oggi in produzione con aggiornamenti, destò l’entusiasmo del celebre recensore di Stereophile Michael Fremer, il quale li adottò per diversi anni come propri riferimenti personali.


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na notizia interessante è che la Casa sviluppa e costruisce autonomamente gli altoparlanti, dimostrando un know-how tecnologico che non tutti i costruttori possono vantare. Recentemente, al Monaco Hi-End Show dell’anno scorso, ho potuto ascoltare di persona il magnifico diffusore da pavimento “Cardeas”, che come i Virgo appartiene alla serie Reference, la più pregiata delle tre in cui si articola la gamma attuale Audio Physic: ne trassi l’impressione di un sistema di altoparlanti di potenzialità assolute e tra i più desiderabili in commercio.

Descrizione Il modello qui in prova è invece l’entry level del marchio, con un prezzo di 1600 euro la coppia (economico in rapporto ai listini Audio Physic) e che rientra a pieno diritto nella categoria “mini” grazie ai suoi 17 x 24 x 31 cm. - circa le stesse dimensioni di un classico di discendenza BBC come l’Harbeth P3ESR. Tuttavia il Compact è equipaggiato con un woofer/midrange da 6 pollici (anziché da 5 pollici come i minidiffusori inglesi) caricato secondo una variante di bass reflex con porta a fessura, e con un tweeter provvisto di lente acustica di forma stellata, che aiuta a ridurre le riflessioni precoci. Le specifiche ufficiali raccomandano un pilotaggio da 20 a 100 W per canale, ma come tutti i minidiffusori, il Compact non è efficientissimo (86 dB) e credo non disdegni amplificatori anche più potenti. La cassa è ben fatta, solida e pesante, trasmettendo all’occhio e al tatto una cura costruttiva molto “tedesca”; è particolarmente degna di nota l’eccellente morsettiera WBT in grado di accettare qualsiasi tipo di terminazione. Sono forniti due differenti tipi di pannelli - griglia, uno che assicura una certa protezione agli altoparlanti pur lasciandoli in vista, ed uno tradizionale telato. Il diffusore oltre che nella classica finitura in legno è disponibile con sovrapprezzo di circa 400 euro in laccature a vivaci colori pastello. Come tutti i diffusori denominati impropriamente bookshelf i Compact necessitano di uno stand di

AUDIO PHYSIC CLASSIC COMPACT ▼ FDS 233 qualità (peccato che il distributore non mi abbia fornito quelli appositamente previsti dalla Casa). Sfortunatamente i pesanti piedistalli in legno massello, avuti in prestito per la prova delle B&W CM6s2, erano stati restituiti al legittimo proprietario, così ho dovuto adattarmi a utilizzarne due autocostruiti in materiale laterizio, decisamente brutti ma (credo) discretamente rigidi e inerti, alti 70 cm. Ho disposto le casse a circa 2,5 m tra di loro, minimamente convergenti verso il punto d’ascolto, e a 1.5 m dalla parete laterale più vicina; ho avanzato il divano sino a 2 metri dai diffusori, per un ascolto in campo ravvicinato, tenendo conto che i Compact idealmente saranno utilizzati in ambienti più piccoli del mio; la distanza dalla parete di fondo, inizialmente a 2 mt (come per le mie ProAc), è stata poi portata a 1,2 metri. Per l’impianto di riferimento, il mio solito, rimando al riquadro, soffermandomi solo a specificare il collegamento di potenza in monowiring con i miei vetusti ma ancora imbattuti Tara Labs RSC Generation 2.

Ascolto Col primo CD (Catalani, la Wally, Tebaldi – Del Monaco – Cleva, Decca) si profila subito la personalità di questi diffusori: molto musicali e fluidi, ammirevoli nella resa di un’immagine plastica, olograficamente riempita da una molteplicità di suoni diretti e riverberati. La scena acustica inizia poco dietro le casse e brilla soprattutto per la profondità mentre appare un poco ridimensionata in ampiezza e altezza rispetto ai miei ben più grandi riferimenti ProAc; a dir il vero è anche meno voluminosa che con le B&W CM6s2 che, pur essendo anch’essi dei diffusori compatti della stessa classe di prezzo, hanno un litraggio un poco più grande. Tuttavia, anche se su scala lievemente ridotta, il soundstage delle Audio Physic è realistico, dona un’indubbia sensazione di ariosità e contribuisce a dare alla musica il giusto “respiro” – un prerequisito essenziale per un ascolto di vera alta fedeltà. Le casse “spariscono” perfettamente durante l’ascolto, come d’obbligo per un

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“mini” di classe, lasciandoci “vedere” le posizioni e gli spostamenti dei cantanti sul palco nonché restituendo tutte le microinformazioni d’ambienza, egregiamente immortalate in questa storica registrazione Decca. Le voci sia femminili (nel ruolo principale c’è Renata Tebaldi) sia maschili sono particolarmente belle e si integrano bene con l’accompagnamento orchestrale, donando un’impressione di coerenza quasi da sorgente puntiforme: notoriamente un altro vantaggio delle migliori minicasse. Un punto di forza delle Compact è proprio questo: il cabinet quasi non si sente e ciò dona un livello di trasparenza e neutralità molto elevato, a volte tale da assimilare l’emissione di un’elettrostatica. L’equilibrio timbrico sembra favorire lievemente la “chiarità” rispetto alla “scurezza” a causa della maggior presenza della gamma media e alta (come è ovvio date le caratteristiche fisiche dei diffusori); ma, attenzione, gli acuti sono estesissimi tuttavia sempre molto fluidi, liquidi, a volte addirittura con una vena di dorato se non di caldo; è comunque sorprendente come non riescano mai, assolutamente mai, a divenire invadenti né tanto meno aggressivi. Anche con The Best of Maria Callas, EMI, una prova sempre acida per la gamma medioacuta, devo tributare un’ovazione alla timbrica delle piccole tedesche: l’emissione completa ma sempre rifinita e oliata, cattura ogni inflessione e nuance e al tempo stesso mette al bando le occasionali pungenze ed asprezze che di solito, in questa pur ottima rimasterizzazione, vengon fuori in alcuni passaggi; si tratta di aspetti legati alla registrazione originale un po’ datata ma anche, talvolta, alle peculiari caratteristiche vocali della soprano greca. Con la Compact niente di tutto questo, senza peraltro ricorrere al trucco di un roll off sull’acuto; cosa che non mi spiego se non con la totale assenza di distorsione in questo intervallo di frequenze, il che ne fa un superbo diffusore per i violini e le voci, quelle femminili in particolare. D’altra parte non c’è da stupirsi se il basso delle Compact appare limitato in estensione (i 50 Hz dei dati


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AUDIO PHYSIC CLASSIC COMPACT

Il bel tweeter da 30 mm circondato da una lente acustica costituita da un feltro frastagliato per diminuire l'interazione del baffle ante-

tecnici mi paiono un po’ ottimistici) ma sin dove arriva è sufficientemente articolato, vibrante, netto, privo di code; né mi pare (e questo è un bene) che ci sia la gobba furbetta di certi minidiffusori atta a creare una sorta di effetto loudness a spese della neutralità. Certo se ascoltate di preferenza l’organo a canne o il rock duro è meglio scegliere qualcosa d’altro; ma per la maggior parte delle tipologie musicali classiche e pop, questo minidiffusore ha quanto basta per non spogliare la musica dei suoi indispensabili fondamenti in bassa frequenza. Ciò non toglie che qualche accorgimento possa e debba essere attuato per ottimizzare il basso nel proprio ambiente d’ascolto. Con l’ LP Mozart Concerto per piano K466 e K503, Michelangeli - Garben, DG, mi accorgo che manca qualcosa di troppo, rispetto a come sono abituato ad ascoltare questo disco, legato al ricordo del grande pianista bresciano. Un’eccessiva decurtazione della gamma bassa toglie imponenza alla registrazione, già di per sé un po’ asciuttina, nello stile “digitale anni 70” dell’etichetta ger-

manica. Quindi provo ad avvicinare le piccole Audio Physic alla parete di fondo: non molto perché la disposizione dell’impianto me lo im-

pedisce, ma da 2 passo a 1,20 metri. Ed ecco che subito ottengo un rinforzo più che soddisfacente delle note gravi e di conseguenza un miglior equilibrio e corpo sia per l’orchestra che per il pianoforte solista, senza che venga sporcato minimamente l’eccellente medio-alto né confuso il soundstage. Manterrò dunque d’ora in avanti per tutta la durata della prova questo posizionamento, la cui efficacia mi viene confermata da una registrazione questa volta di qualità tecnica esemplare, ossia Mozart, sinfonie Praga – Linz - Haffner- Jupiter, Pinnock, Archiv. C’è ora un sostanziale peso del mediobasso fino quasi ai fatidici 50Hz, almeno come percezione sensoriale soggettiva del tono fondamentale delle percussioni, dei violoncelli e dei contrabbassi, con un guadagno apparente anche in termini di punch macrodinamico, velocità e senso del ritmo. A proposito di dinamica, le Compact sono tutt’altro che prive di nerbo, ma credo che in questo debbano contare sull’aiuto di un ampli dalla spinta non troppo eterea; il mio valvolare push pull da 110W sembra rappresentare un abbinamento tutt’altro che eccessivo, e probabilmente vedrei anche bene

Dettaglio del midwoofer da quindici centimetri di diametro.



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AUDIO PHYSIC CLASSIC COMPACT

un buon integrato a transistor da almeno 80W per canale. Sta di fatto che con Prokoviev e Ravel, piano concertos, Argerich-Abbado, DG, della serie rimasterizzata the Originals, le Audio Physic sfoderano una grinta da 10 e lode: gli acuti che si sprigionano dalla pirotecnica tastiera della mitica Martha sono puri e cristallini, con una velocità e un ritmo mozzafiato; poi sono quasi impeccabili la precisione e la matericità del medio basso, e la dinamica a tratti riesce ad essere addirittura travolgente… Tra parentesi, mi permetto di dare un consiglio: fate una capatina al Festival di Lugano di giugno, dove

l’ultrasettantenne argentina ex ragazza prodigio si esibisce ogni anno con una vitalità e generosità artistica davvero incredibili… evento imperdibile, trattandosi di uno dei massimi interpreti del novecento ancora viventi, insieme a Pollini, Brendel, Perahia e pochissimi altri. Mussorgsky, Quadri di una esposizione (orchestrazione Ravel), Sokhiev, Naive è una registrazione moderna di eccezionale livello tecnico ed interpretativo, lodata dalla rivista discografica britannica “Gramophone”. Le piccole Compact, coadiuvate dal master esemplare, ricreano una scena non solo particolarmente salda ma questa volta

L'eccellente morsettiera con contatti WBT.

quasi pienamente sviluppata in ampiezza – dopo tutto i parametri della riproduzione audio sono anche registrazione dipendenti! Gli strumenti “galleggiano” nello spazio in modo estremamente naturale allontanando l’impressione della musica riprodotta e avvicinandoci molto all’esperienza di ascolto live. D’altra parte la definizione e il dettaglio sono al riparo dal più malevolo dei critici, i transienti sono veloci e netti e un basso di ottimo impatto e decorosamente esteso trasmette quasi intatta la maestosità di questa composizione, sembrando farsi gioco delle dimensioni delle casse.


AUDIO PHYSIC CLASSIC COMPACT ▼ FDS 233 Passando a Liszt, annèes de pelerinage, premiere annèe, Suisse, Sergio Fiorentino, Piano Classics, lo Steinway è rocciosamente piazzato al centro del palco, i bassi sono netti, quasi rocciosi, mentre le alte frequenze volano con un timing pressoché perfetto; i Compact riescono a rendere con grande finezza i tenui e delicati passaggi lirici di Vallèe d’Obermann e neppure sfigurano, rispetto ai riferimenti, quando sono alle prese con la furia romantica delle bordate di Orage. Con Schubert, Quintetto la Trota, quart. Cleveland – Brendel, Philips, splendido gioiello di musica da camera, apprezzo la correttezza timbrica, la pienezza armonica, la lucentezza che questi minidiffusori donano agli archi, di grana fine e mai “asciutti”; la vitalità di questa famosa performance è resa con realismo ed inoltre, trattandosi di una piccola ensemble, la scena acustica risulta anche dimensionalmente più prossima a quella che ci si attenderebbe dal vivo. Conclusioni I Compact di Audio Physic mi sono molto piaciuti. Per correttezza devo ricordare che gli stand utilizzati non erano certamente al top qualitativo; è facile prevedere che ottimizzando

questo “complemento” indispensabile e cruciale, le Compact possano ulteriormente affinare le loro prestazioni sonore, già così notevoli nella presente configurazione. Sono casse trasparenti e delicatamente musicali, specie nel medio-acuto, e ricreano un’immagine sonora di lodevole plasticità, ariosità e naturalezza. Non raggiungono il massimo dei voti riguardo all’ampiezza del soundstage, almeno con certe registrazioni di grande orchestra; d’altra parte non ho mai ascoltato in condizioni controllate i “mini” più celebrati come le ProAc Tablette Anniversary o le Harbeth P3ESR che si dice facciano miracoli in questo parametro, e rispetto alle quali un confronto più equanime dovrebbe porsi con le più costose Step 25 di Audio Physic. Il basso, qualitativamente ottimo, è quantitativamente più che accettabile, tenendo conto degli insuperabili limiti fisici di questa tipologia di altoparlanti, nati soprattutto per chi deve fare i conti con ambienti d’ascolto di dimensioni ristrette e tuttavia non vuole rinunciare ad una riproduzione audio di elevata qualità. Assolutamente raccomandati anche per l’interessante rapporto qualità sonica / prezzo.

Le Classic Compact nella sala d'ascolto dell'Autore.

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CARATTERISTICHE TECNICHE DICHIARATE

Tipo: Diffusore da scaffale a 2 vie; 1 midwoofer 150mm, 1 tweeter 30mm Impedenza nominale: 8 ohm Risposta in frequenza: 50 Hz - 30 kHz Sensibilità: 86dB Peso: 6,5 Kg / 8 Kg, Dimensioni (LxAxP): 170x315x240 mm. Prezzo IVA inclusa: Euro 1.600 (finitura standard) la coppia Distributore: Audio Reference Tel. 02 29.40.49.89 Web: www.audioreference.it

IMPIANTO USATO NELLA PROVA Sorgente analogica: Giradischi dr. Feickert Blackbird con inertia platter, Braccio SME IV, Fonorivelatore Benz LP-S Sorgenti digitali, Meccanica CD Sony XA5ES , Master-clock Apogee Big Ben, Convertitore Apogee Rosetta 200, Lettore SACD-DVD-A Onkyo DVSP1000E Amplificazione: Stadio phono Klyne 6PE con filtro infrasonico passivo custom, Preamplificatore Sonic Frontiers SFL2, Amplificatore finale Audio Research VT130 Diffusori: ProAc Response 3 Cavi: Segnale: 2 x XLO signature 3.1 , XLO Signature 1.1 , XLO Reference phono, Kimber KCAG, VdH the Second, Nordost Blue Heaven; Digitali: VdH the First, Illuminati D60, Gotham GAC-2, Belden; Potenza: Tara Labs RSC Master Gen 2 Alimentazione: Eupen, Electrocompaniet, Oyaide, Lapp, Furutech, Phonosophie, Groneberg, Synergistic Research Condizionamento di rete: 2 Trasformatori d’isolamento FAT (700 + 500VA), variatore di tensione TPW (2500VA)


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Il Regno degli Ascolti • SPECIALE CUFFIE

CUFFIE

PHILIPS FIDELIO M2BT

LA “PICCOLA” FIDELIO

di Leonardo Bianchini

Continua il nostro viaggio nel settore cuffie; questa volta parliamo di una cuffia non proprio tradizionale; infatti sfrutta la tecnologia Bluetooth per potersi connettere ad un dispositivo esterno. Si chiama Fidelio M2BT ed è prodotta dalla Philips.


C

redo sia normale quando ci si imbatte in un marchio famoso come Philips avere quel “sano” timore reverenziale misto a grande ammirazione per un azienda che ha fatto tanto e continua ancora a fare nel settore hi-fi. A loro si deve una delle più importanti scoperte del secolo: il CD (compact disc), meraviglia tecnologica capace di stravolgere la mente e la concezione dell’hi-fi a persone che, come me, in quegli anni (1982) vivevano di solo giradischi analogico. Non voglio con questo assolutamente sminuire il caro amato giradischi, che resta comunque il riferimento e termine di paragone con qualsiasi nuova tecnologia, ma a volte le novità, come quella dell’arrivo del lettore CD, hanno portato quella ventata di novità nel nostro settore che, sinceramente, ci voleva. Bisogna dare merito alla Philips che quando si impegna in un progetto, qualunque esso sia, cerca sempre di creare un prodotto commercialmente valido, con caratteristiche uniche pronto a sfidare la concorrenza più agguerrita senza remore. Non fa eccezione la cuffia Philips Fidelio M2BT, dotata di tecnologia Bluetooth, un prodotto che è stato in grado di esprimere, durante il nostro test, prestazioni di assoluto vertice tra le cuffie senza fili, tanto da non passare inosservata per la stampa specializzata ed essere insignita recentemente con il premio EISA.

TECNICA E COSTRUZIONE La Philips Fidelio M2BT è una cuffia con tecnologia Bluetooth 4.0, compatibile con AAC, APT-X e SBC, in grado di ricevere segnali audio da una fonte esterna senza fili (smartphone, tablet, iPod o da qualsiasi altro dispositivo Bluetooth) con grande qualità. La prima cosa che colpisce guardando le Fidelio M2BT è la loro dimensione molto contenuta. Non ricordano affatto le sorelle X1e X2 pur mantenendo comunque quel family style che caratterizza tutta la produzione Fidelio. I padiglioni sono di piccole dimensioni e l’imbottitura è realizzata in morbida schiuma di lattice ad effetto memoria, molto confortevole, che non ha l’incavo per le orecchie ma poggia direttamente sopra di esse

SPECIALE CUFFIE • PHILIPS FIDELIO M2BT ▼ FDS 233 fungendo anche da valido sistema di riduzione passivo dei rumori. Il peso fissato in soli 180 grammi cavo escluso e l’ottima ergonomia aiutano molto il comfort garantendo lunghe sessioni di ascolto; praticamente bastano pochi minuti di utilizzo e ci si dimentica di averle sopra la nostra testa. Sul padiglione destro è posizionato un pulsante che fornisce l’accesso a tante funzioni, come collegare il dispositivo ad una sorgente esterna, regolare il volume, mettere in pausa, cambiare brano, oppure rispondere semplicemente ad una chiamata in arrivo. Un comodo led di colore blu lampeggiante posto sul padiglione sinistro ci indica il funzionamento della cuffia in modalità Bluetooth. I driver sono da 40 mm pre-inclinati per consentire una diffusione acustica più precisa nel nostro canale uditivo, al neodimio con membrana a doppio strato e con un sistema di ventilazione brevettato, in modo da garantire una buona tenuta in potenza e bassa distorsione. L’archetto superiore è rivestito internamente in pelle imbottita e dona alla cuffia con-

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fort ed eleganza. Le caratteristiche tecniche sono molto interessanti: la risposta in frequenza che varia da 7 a 23.500 Hz, l’impedenza di soli 16 Ohm e la sensibilità di 107 dB con una distorsione inferiore a 0,1% THD, promettono già sulla carta prestazioni molto generose anche paragonandola a cuffie tradizionali. Nonostante la casa dichiari fino a 15 metri di distanza massima per il funzionamento ho potuto riscontrare durante la prova l’ottima funzionalità di connessione in un raggio di 6/7 metri di distanza dal dispositivo collegato. In dotazione alle M2BT, oltre ad una pratico sacchetto utile per proteggerle in caso di trasporto è fornito anche il classico cavo da 1,2 metri terminato con mini-jack per consentire alle cuffie di poter essere utilizzate anche in caso di esaurimento della batteria interna o per sessioni di ascolto molto prolungate. ASCOLTO La Fidelio M2BT prima di essere sottoposta ad un attento ascolto è stata rodata per circa una settimana colle-


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PHILIPS FIDELIO M2BT • SPECIALE CUFFIE

La cuffia è molto riuscita esteticamente con linee pulite e filanti. I padiglioni sono in morbido lattice ad effetto memoria rivestito in ecopelle. La cuffia è dotata di una comoda sacca da trasporto.

gata, tramite il cavo fornito in dotazione, al mio lettore CD in funzione. Successivamente la prova si è svolta su due fronti portandola in giro collegata al mio smartphone LG-G3, come è giusto che sia per una cuffia che nasce per l’uso in movimento senza fili, ma non rinunciando al riscontro più tradizionale che è quello di collegarla a sorgenti diverse ed amplificazioni dedicate. La prima cosa che devo sottolineare e che merita un elogio alla Philips è quello di aver costruito un prodotto dall’utilizzo molto intuitivo e pratico; non servono istruzioni per configurarla o per capire la funzionalità dei tasti, tutto avviene velocemente in modo molto semplice e naturale.

Appena indossata la prima cosa che colpisce è la capacità di isolamento acustico della Fidelio M2BT dai rumori esterni, basta ascoltare un disco a volume medio basso che veniamo immediatamente isolati dal mondo esterno; rimaniamo solo noi completamente immersi nella nostra musica. Il primo brano analizzato è dei King of Convenience “Leaning against the Wall” tratto dal CD “Quiet Is the New Loud”. La cosa che ci colpisce immediatamente della M2BT è sicuramente la sensazione di rilassatezza che trasmette: il suono è pieno, caldo, denso; la chitarra elettrica è riprodotta con grande ricchezza armonica pur avendo la sensazione che il pizzicato delle corde sia meno in evi-

denza e rimanga leggermente arretrato, la voce è carnosa posizionata bene al centro davanti a noi, forse leggermente troppo avanti non lasciando troppo spazio e aria tra gli strumenti. Analizzando l’ascolto della Fidelio in maniera più approfondita ci si rende conto che se nell’immediato mette subito l’ascoltatore a proprio agio con il suo suono caldo, con lo scorrere dei minuti ci si accorge che manca qualcosa. Probabilmente per i meno esperti e per gli amanti del suono “valvolare” questo limite non è fortemente percepibile ma in realtà si avverte; se la cuffia con alcuni generi musicali più “pompati” e a basso volume fornisce prestazioni abbastanza


SPECIALE CUFFIE •PHILIPS FIDELIO M2BT ▼ FDS 233 Da notare l’archetto rivestito in pelle ed i padiglioni da 40 mm. La cuffia è molto curata esteticamente, in evidenza il padiglione destro

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il classico cavo e la pressione acustica che fornisce anche senza amplificatori portatili è più che soddisfacente; il suono che esprime è caldo con un certo qual effetto loudness che per alcuni potrebbe risultare un pregio, per altri potrebbe essere ritenuto un difetto. Questo è un aspetto assolutamente soggettivo e dipende molto dal nostro gusto personale e dalla nostra esperienza con “l’universo delle cuffie”. In considerazione delle prestazioni complessive fornite e alla qualità costruttiva emersa anche il prezzo, se pur alto in senso assoluto, è da ritenersi assolutamente giustificato. Buon ascolto. PRO Costruzione molto curata Facilità di configurazione Autonomia Peso contenuto CONTRO Suono ambrato

Caratteristiche tecniche convincenti, ad un’analisi più attenta, magari da utenti più abituati all’ascolto di cuffie “audiophile”, le cose potrebbero risultare un po’ diverse. Il suono può risultare troppo compatto e mancare di tridimensionalità. A farne le spese è il soundstage che è abbastanza circoscritto nella nostra testa, non riuscendo ad espandersi, e la scansione dei piani sonori che, se pur sufficientemente percepibili nel loro insieme, tendono a confondersi; la gamma bassa è un poco troppo in evidenza e influenza quella media e medio bassa creando una sensazione di effetto loudness. La gamma alta è sufficientemente pulita e i dettagli della trama musicale emergono senza asprezze; ascoltando il brano “Sketches of Pain” dei Tears For Fears, si avverte una certa artificiosità della gamma medio alta e alta; il pizzicato della chitarra acustica risulta un filo velato e l’attacco del basso non troppo definito e a tratti confuso; la macro e micro dinamica, che in questa canzone sono messi alla prova, con la Fidelio M2BT

risulta imprigionata e la cuffia risente troppo della sua timbrica “hot” restituendo sempre, indipendentemente dal genere musicale, un suono eccessivamente compatto. Provando la cuffia con il cavo (fornito in dotazione) e amplificazioni più raffinate il suono tende ad avere maggiore fluidità e la percezione dei piani sonori diventa più definita ma la caratteristica percepita durante tutta la sessione di ascolto di un suono decisamente caldo rimane comunque evidente.

CONCLUSIONI La Fidelio M2BT è una cuffia costruita con grande cura e dimostra ancora una volta la grandi capacità della Philips di realizzare prodotti dalle ottime performance; ho trovato molto comodo e funzionale l’utilizzo in Bluetooth sia per la durata della batteria (8/10 ore si raggiungono senza problemi) che per la libertà di movimento senza perdita di segnale. L’utilizzo in Bluetooth è molto buono, sembra che sia collegata con

Philips Fidelio M2BT Cuffia con tecnologia Bluetooth 4.0 compatibile con AAC, APT-X e SBC Sistema acustico: Chiuso Membrana: PET Tipo di magnete: Neodimio Tipo di cuffia: Dinamico Risposta in frequenza: 7 - 23.500 Hz Impedenza: 16 Ohm Sensibilità: 107 dB Diametro altoparlante: 40 mm Potenza in ingresso massima: 150 mW Distorsione: <0,1% THD Tipo di batteria: polimeri di litio Riproduzione musicale: 10 ore Tempo di stand-by: 350 ore Tempo conversazione: 10 ore Distanza massima dalla sorgente: fino a 15 m. Prezzo (IVA compresa): Euro 249,99 Distributore: WOOX Innovations Web: www.woox.com


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I DECALOGHI

I Decaloghi “Non potrai mai sapere qual è la corretta riproduzione musicale, se prima non avrai, in te, profonda consapevolezza di cosa sia Musica”. Così scrivevo all’inizio di questo anno 2015, nella pagina “Introitus” che serviva da “porta d’ingresso” per questa nuova serie di articoli nei quali, mese dopo mese, cerco di definire gli ambiti e le regole della buona riproduzione musicale. E mentre procedo sull’accidentato terreno, sempre più mi rendo conto che, molte volte, alla base di tutto, come già in altre occasioni avevo significato, vi sono problemi semantici, problemi di linguaggio, problemi di comunicazione… Infatti, molto spesso senza averne consapevolezza, usiamo le stesse parole, ma intendiamo cose completamente diverse… Per molti, per esempio, la riproduzione della Musica è semplicemente un hobby, una simpatica occupazione nella quale si cerca di conoscere, di capire, di catalogare i più stravaganti prodotti …adatti ad estrarre segnali più o meno misteriosi, amplificarli e gettarli, nelle più variegate modalità, nello spazio circostante… Si ha, allora, come categorico impegno il comprare al miglior prezzo possibile, perché già si è previsto che quel prodotto sarà, quasi sicuramente, presto rivenduto… Si cura pochissimo il proprio sentire, il proprio percepire, il proprio giudicare e, invece, si fanno interminabili discussioni con gli amici per confrontare i pareri, le impressioni, le convinzioni… Si “gode” nella considerazione dell’oggetto e di tutte le sue caratteristiche e non nella ricerca del risultato che quell’oggetto dovrebbe far ottenere… Sicuramente si ascolta anche musica, ma questa è semplicemente il mezzo e non il fine… Nulla di male, né di sbagliato in tutto ciò, e lungi da me la volontà di qualsivoglia critica, ma, come costantemente ribadisco, questa hobbistica attività c’entra ben poco con la volontà di assemblare le varie apparecchiature per poi, finalmente, ascoltare Musica! E, per esemplificare, è un po’ come quando eravamo giovani: vi era una abissale differenza se, nella quotidiana ricerca “dell’altra parte del cielo”, cercavamo una ragazza per passare allegramente e intrigante-

mente la serata o se, invece, perseguivamo il bisogno di finalmente trovare la nostra giusta “compagna di viaggio e di vita!” Come avrete sicuramente notato, ritorno spesso su questo argomento, perché tutti i discorsi e le logiche che si riferiscono ad una ben precisa “attività”, non riguardano per nulla quelle di un’attività totalmente differente, e far confusione fra i due ambiti, come costantemente si fa, non può che ingenerare malintesi, perplessità e, soprattutto fra i meno esperti, tragici errori di “direzione”! Come ben ho specificato anche nell’articolo del mese scorso, personalmente non posso assolutamente considerare l’allestimento di un impianto di riproduzione, una attività “hobbistica”, come non è per nulla un hobby mangiar sano, o bere cose giuste, o respirare aria pulita… Non voglio farla tragica, ma molta diseducazione, molta insipienza, molta, in fin dei conti, infelicità scaturiscono, anche, dall’aver perso per strada il vero senso delle cose e la consapevolezza e la padronanza delle proprie azioni: sfasare i piani, confondere i valori, dare importanza a ciò che importanza non ha, dare per scontata una banale e povera “visione del mondo” non può non sovvertire il normale e doveroso “vivere sano”! Sento costantemente il bisogno, dopo tanti anni di attività, di ribadire il mio massimo impegno affinché, nel nostro settore, si possa fare finalmente chiarezza: ben discernendo e chiamando con il loro nome i mille volti di questo che, da molti anni, ho chiamato e continuo a chiamare “il gioco più bello del mondo” (…dando, ovviamente, alla parola “gioco” tutta la significazione legata al, etimologicamente implicito, “vivere lieto”… “giocondo”…). Senza negare nulla a nessuno, senza accusare o scandalizzarmi se altri giocano giochi che per me non hanno senso alcuno: come più volte ho precisato, ognuno con il suo tempo, i suoi soldi e la sua vita… può fare ciò che vuole e, conseguentemente, nessuno può catalogare di “serie B” chi non la pensa come lui… Credo che, ora, dopo tutte queste reiterate chiarificazioni, sarebbe doveroso per ogni appassionato accla-


di Lorenzo Zen ▼ FDS 233 55

rare, fondamentalmente a se stesso, “a che gioco vuol giocare” e sapere che, assolutamente, non si possono applicare tutte le peculiarità di un certo “mondo” ad un “mondo” assolutamente diverso. E, per tornare all’esempio della “fanciulla per la sera”, è lapalissiano che si debba aver ben chiaro cosa si sta cercando ed è altrettanto lapalissiano che le procedure di approccio adatte alla “ragazza divertimento” saranno totalmente diverse da quelle dedicate alla “ragazza futura moglie”. Lo stesso discorso si dovrebbe fare in riferimento all’acquisto della propria catena: da un lato, sotto la spinta della pubblicità dei social, dei sottili condizionamenti dei forum, dei convincimenti instillati “dall’amico che se ne intende”, si cercherà il miglior prezzo, si vorrà la possibilità di poter provare e rendere il prodotto (cosa che la rete, ormai tranquillamente permette), ci sarà la convinzione che molta della soddisfazione risiede nella sperimentazione, nei confronti, nelle valutazioni delle peculiarità, nella classificazione dei rapporti prestazioni/prezzo (…leggo spesso, infatti, affermazioni che trasudano la lampante soddisfazione di chi racconta ciò che ha indagato, sperimentato, conosciuto…), dall’altro lato, invece, vi sarà unicamente la ricerca del risultato e tutte le prove e le necessarie sperimentazioni per approdare alla coordinata catena di apparecchiature, saranno viste solo come una obbligatoria, ma spossante, rottura di scatole! Quindi, nella mia versione dei fatti, questa ricerca del prodotto non è finalizzata al piacere del “provare di tutto”, ma al, totalmente differente, piacere dell’ascolto della propria Musica preferita. Ed il piacere dell’ascolto è legato, come lungamente dibattuto nell’articolo del mese scorso, al doveroso perseguimento di una riproduzione che sia, in tutta la inevitabile e indefinita modulazione, “opera d’arte”. Ecco perché parlo ed ho sempre parlato di “arte della riproduzione”! Devo anzi, a questo proposito, dire che sono stato sinceramente rincuorato nel leggere, in rete, inaspettate affermazioni che ribadivano con semplicità e chiarezza, le mie proposizioni. Qualcuno ha scritto: “Il pittore usa pennelli e tempere, l’architetto usa i mattoni

ed il cemento armato, il matematico i numeri, il musicista lo strumento, il cantante la voce, l’ingegnere elettronico i condensatori. In ogni caso se c’è talento si crea un’opera o un componente capace di emozionare. E questa è arte. Se non c’è talento c’è solo tecnica... e, allora, un amplificatore è solo uno strumento elettronico.”

Per fare, ora, un compendio generale di tutto ciò che stiamo piano piano dipanando, penso che, in fin dei conti, sarebbe determinante rispondere a questa semplice domanda: “Quando si parla di assemblare una catena di riproduzione musicale, cosa si vuole ottenere dal lavoro che si sta facendo?” Rispondere a questa domanda, in modo chiaro ed esaustivo, metterebbe fine ad un putiferio di problematiche irrisolte che costantemente si aggrovigliano in tutte le discussioni audiofile Dalla corretta risposta si farebbe chiarezza e si chiamerebbero con il loro nome tutti quei “rivoli” che incarnano, come prima specificavo, tutti i mille volti che il riprodurre la Musica può assumere. Lo capisce anche un bambino che se il mio scopo (…ed il mio piacere!) è quello di fare la più grande quantità di esperienze possibili, ho una visione di cosa sia riproduzione musicale assolutamente difforme da chi ha unicamente il desiderio di ascoltare, nel modo più evocativo e credibile possibile, la propria Musica! Sono convinto che anche le mille argomentazioni e le mille problematiche che si leggono in merito al mercato, ai rivenditori, agli operatori commerciali in genere, hanno tutte una comune origine: il non aver mai voluto fare assoluta chiarezza sullo “scopo” del nostro benedetto impianto. Sembra, quasi, che tutti vogliano baloccarsi senza avere il coraggio di svelare a se stessi la vera ragione di questo interesse, di questo investire denari, di questo impiegare il proprio tempo… Questo voglio ribadirlo con forza perché, in questi sessant’anni di attività, la volontà di avere, e pretendere, assoluta chiarezza di intenti, ha rappresentato il leitmotiv di tutta la mia attività professionale. Potrei fare un lungo elenco delle telefonate, che ho ri-



I DECALOGHI ▼ FDS 233

cevuto e che continuo a ricevere, ove il tema (con tutte le relative varianti…) è sempre assolutamente identico: “Ho i tali diffusori, il tale lettore, i tali cavi… devo comperarmi l’amplificazione… lei, signor Zen, che ha così grande esperienza, cosa mi consiglia?” E la mia risposta è sempre assolutamente chiara e semplice: “Caro Signore, se vi fosse un nome di apparecchio da consigliarle, vi sarebbe, già da un bel po’, il “manuale delle giovani marmotte” …ove sono specificati tutti i corretti interfacciamenti dei vari prodotti offerti dal mercato… E poi, (e qui un po’ mi diverto a stuzzicare la reazione del cliente… che in genere capisce molto bene cosa voglio esprimere…) Lei chi è? Per chi vota? Va a uomini o va a donne? Che tipo di cultura ha? Com’è il suo ambiente? Secondo lei, onestamente, come si può, senza la profonda conoscenza di tutte queste variabili, formulare una corretta proposta di acquisto? ” E, in genere, dall’altra parte del telefono, sento sempre il solito, sconsolato: “…eh si! Lei ha ragione, ma come facciamo allora a trovare il prodotto giusto…”. E così, nel tempo della semplice telefonata, mi limito a cercar di far capire che, come in tutte le cose, ci vuole un metodo… metodo che deve essere assolutamente a prova di errore e deve, rigorosamente, portare in grembo il risultato desiderato! Mi ricordo che, a proposito di tabelle comparative, molti anni fa ci provò una rivista di settore (con un im-

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menso lavoraccio ed un impegno incredibile!), a tracciare gli “ottimali” interfacciamenti… e fu un totale fallimento! Metodo, quindi, solo metodo e metodo! E, come in qualsiasi altra umana attività, se non si hanno chiarissimi “l’alfa e l’omega” del lavoro da compiere, non si può che errare… nel duplice significato dello sbagliare e del vagabondare! Nel contempo, sappiamo benissimo che per molti il gran divertimento è proprio questo errare, questa l’esplorazione di “più terre possibili” (…e non esiste problema se hanno la onestà intellettuale di saperselo confessare!) come per molti, tornando all’esempio delle fanciulle, il gran divertimento è collezionare il più gran numero possibile di femminee avventure, sperperandosi nella grande moltitudine dei precari “interfacciamenti”! E qui, comunque, torniamo sempre all’assunto di prima, dove si ricordava che, ognuno, con i suoi soldi, con il suo tempo e con la sua vita, fa ciò che crede… Chi, però, lavora e dal proprio lavoro ricava il proprio sostentamento, ha il dovere di saper espletare il proprio compito nel migliore dei modi possibili e, per i professionisti della riproduzione Musicale (…bisognerebbe finalmente farsene una ragione!), questo benedetto espletamento del proprio lavoro non si concretizza nel vendere apparecchiature, ma nel vendere risultati!


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AMPLIFICATORE INTEGRATO

GALACTRON MK 2225

Un grande suono italiano di Giulio Salvioni

Ho letto molto in questi ultimi anni in merito alla rinnovata disponibilità di prodotti a marchio Galactron e ho potuto notare che invariabilmente ogni articolo inizia con un tributo - peraltro meritato - a questa azienda italiana che negli anni settanta ha rappresentato un modello di innovazione, design e qualità, non solo nel nostro paese ma anche all’estero, come testimoniato dalle entusiastiche recensioni che alcune testate di settore dedicarono all’epoca agli apparecchi della piccola azienda romana fondata nel lontano 1966. Tornerò sulla storia della Galactron - del resto, come potrei esimermi da questo dovuto passaggio - ma mi preme puntualizzare in apertura di articolo che non ho mai avuto il piacere di ascoltare nessuno degli apparecchi storici di questa azienda, visto che all’epoca ero un adolescente che quei prodotti poteva solo, nella migliore delle ipotesi, guardarli in una vetrina di negozio. Tutto ciò per dire che la disamina che mi accingo a fare di questo bell’integrato MK 2225 non sarà minimamente influenzata da riferimenti “a memoria” rispetto alle caratteristiche ed alle sonorità espresse dai prodotti della prima era Galactron.

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erso la fine del 2012 mi ero imbattuto in una lusinghiera recensione, pubblicata sulle pagine di Fedeltà del Suono a firma di Andio Morotti, dell’integrato MK 2060 in versione aggiornata e ricordo di essermi piacevolmente stupito per la scelta di mantenere invariata l’estetica di quel modello che, in effetti, risaliva agli anni novanta e mutuava alcune scelte formali da apparecchi della prima era Galactron; tra questi lo sviluppo verticale e le fiancate in legno dell’integrato MK 120, nonché le ampie finestrature in materiale plastico che lasciano intravedere l’interno del finale MK 160, solo per citare dei modelli che sono rimasti impressi nella mia memoria. In effetti quei prodotti degli anni settanta avevano un aspetto fortemente innovativo che veniva curato dal designer Gianmaria Lojodice che ho avuto la fortuna di incontrare ad un Top Audio di qualche anno fa. Certo, giudicati con i parametri odierni, quell’interminabile schiera di controlli di tono e regolazioni varie fa sorridere, ma suppongo che al momento della presentazione abbia invece

fatto letteralmente impazzire gli audiofili, non foss’altro per quanto tali dettagli differenziavano i Galactron dai marchi blasonati dell’epoca. Devo dunque ammettere di essere rimasto quantomeno spiazzato dall’aspetto a dir poco sobrio e minimalista del prodotto che mi è giunto in prova, che dei fasti di quel design innovativo conserva le vestigia solo nel bellissimo logo arancione. Al suo posto invece ho riscontrato immediatamente un’idea di sostanza e serietà, testimoniata dal peso inusitato per un integrato da soli 25 Watt pari a 27 kg, ed una cura costruttiva degna delle migliori realizzazioni che mi sia capitato di recensire su queste pagine. Ma andiamo con ordine e vediamo di descrivere la tecnologia che sta dietro a questo prodotto. COSTRUZIONE Diciamo subito che, a parte i modelli MK 2060 e MK 2120, tutta l’attuale produzione Galactron si discosta stilisticamente e tecnologicamente dai vecchi modelli. Come già accennato si tratta di un integrato di


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GALACTRON MK 2225

Il pannello posteriore dove notiamo i connettori per i cavi di potenza che sono montati in posizione sfalsata, il che ne rende comoda l’utilizzazione, e al pari di quelli di segnale sono realizzati in metallo rodiato di eccellente qualità. potenza contenuta, pari a 25 Watt con dispositivi attivi a FET che lavorano in pura classe A e struttura totalmente dual-mono. Osservando il catalogo Galactron ci si rende conto che questo modello è l’unico a lavorare con questa classe di funzionamento, essendo tutti gli altri dei classe AB con potenze di uscita anche sensibilmente superiori. Questo particolare, unitamente ad altri dettagli, indicano che l’MK 2225 è il modello più raffinato in termini progettuali, quello nel quale il team di progettazione ha profuso il massimo impegno alla ricerca dei migliori risultati sonici. Partendo dall’esterno si resta colpiti dalla qualità del cabinet i cui pannelli laterali e superiore, in spessa lamiera lavorata mediante procedimento CNC, sono ampiamente traforati per consentire la dissipazione del forte calore prodotto durante il funzionamento; il pannello frontale è in Plexiglas nero da 20 mm. Sul pannello posteriore troviamo l’interruttore generale, la vaschetta a norma IEC per il cordone di alimentazione, un ingresso bilanciato con connettore XLR e quattro ingressi sbilanciati RCA; i connettori per i cavi di potenza sono montati in posizione sfalsata, il che ne rende comoda l’utilizzazione, e al pari di quelli di segnale sono realizzati in metallo rodiato di eccellente qualità. Da notare la presenza di tre fusibili separati per i servizi e per i due stadi finali. Il pannello frontale presenta due grandi manopole leggermente bombate montate a filo dedicate alla selezione degli ingressi ed alla regolazione del volume, ed un pulsante posto sul lato destro per attivare o disattivare la modalità standby. Va detto che l’MK 2225 può essere completamente manovrato con il telecomando in dotazione realizzato, una volta tanto, in modo adeguato alla classe dell’apparecchio; l’unico appunto che posso muovergli riguarda l’eccessiva direzionalità che richiede di puntarlo direttamente verso l’amplificatore per funzionare. Il potenziometro del volume merita una trattazione a parte: si tratta di un’unità motorizzata della serie blu

della Alps, rinviata all’interno mediante un lungo alberino metallico, che si rende necessario dal momento che il potenziometro si trova in posizione adiacente al pannello posteriore, cioè dal lato opposto rispetto a dove si trova la manopola del volume. Ora, vuoi per la notevole reattività di questo integrato rispetto a questa regolazione, vuoi per la particolare forma della manopola del volume, vuoi per la resistenza alla rotazione opposta dal motorino elettrico, la regolazione manuale risulta piuttosto ostica e tale da farmi preferire di gran lunga quella effettuata tramite telecomando; il discorso si può applicare, a mio parere, anche al settore degli ingressi controllato da microprocessore. Passando alla descrizione dell’interno devo riferire di una costruzione esemplare caratterizza da un’accurata scelta della componentistica improntata a criteri di massima efficienza, affidabilità e qualità. Spiccano in tal senso i condensatori e le resistenze di altissima qualità con tolleranza all’1%, le basette in vetronite con piazzole e forature in oro 24K, le piste per i cablaggi poste al di sotto delle schede con cablaggi e saldature in argento. Peraltro Il costruttore

Da notare la presenza di tre fusibili separati per i servizi e per i due stadi finali.


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L’interno denota una cura nei dettagli e un’attenzione costruttiva notevole. ci tiene a far sapere che la maggior parte di tale componentistica è di provenienza italiana, così come italiana è la progettazione e la realizzazione di questi prodotti. Dalle immagini appare in modo evidente che si tratta di un apparecchio realmente dual mono: l’asse di simmetria, fisicamente delineato dall’alberino del volume, divide in due metà uguali l’interno, almeno sino a ridosso del pannello posteriore. Le due sezioni finali dispongono ognuna di un trasformatore toroidale da 220VA ed un sistema di filtraggio di ben 240000 μF, che garantiscono una riserva energetica tale da poter affrontare senza problemi anche la più impegnativa richiesta di corrente ai transienti musicali. Subito accanto si può apprezzare l’ampio dissipatore in adiacenza al quale sono montate le tre

coppie selezionate di mosfet di uscita da circa 20Ah cadauno, la cui configurazione permette di ottenere un basso valore di resistenza d’uscita e un’elevata disponibilità di corrente, dando modo di avere un notevole controllo dell’articolazione del basso e un maggiore contenuto di informazioni dello stesso spettro sonoro. Inoltre tale configurazione permette di ottenere un elevato fattore di smorzamento. La presenza di stadi di uscita così generosamente dimensionati è garanzia di prontezza nella risposta in corrente ai transienti dinamici, nonché di stabilità nei confronti di carichi impegnativi. La Galactron afferma l’MK 2225 è capace di arrivare quasi al doppio della potenza a fronte di un dimezzamento del valore dell’impedenza di carico applicato, con l’unica limitazione legata al valore


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GALACTRON MK 2225

Da notare la presenza sullo stadio di uscita di due trasformatori traslatori (GT-006) con rapporto 1:1 con nucleo a “C” e banda passante 10Hz a 100Khz +- 0,5 dB. massimo disponibile dal sistema di alimentazione stesso. Nella fattispecie si attestano di variazioni di corrente che raggiungono i 10 A nominali su carico di 8 OHM, valori per nulla trascurabili. I dati di potenza massima dichiarati sono pertanto: 2 x 25 W su carico da 8 Ohm, 2 x 38 W su carico da 4 Ohm ed infine 2 x 40 W su carico da 2 Ohm (limitati in corrente). Anche la sezione di preamplificazione è realizzata a transistor, facendo uso di componenti discreti di tipo FET (Field Effect Transistor), polarizzati in classe A pura, con tutti i notevoli vantaggi in termini di bassi fattori di distorsione del segnale d’uscita che tale scelta comporta. Da notare la presenza sullo stadio di uscita di due trasformatori traslatori (GT-006) con rapporto 1:1 con nucleo a “C” e banda passante 10Hz a 100Khz +- 0,5 dB. La sezione di preamplificazione è dotata di una sua scheda di alimentazione dedicata munita di un ulteriore trasformatore. Da segnalare infine che il cablaggio interno, sia di segnale che di potenza ed invero piuttosto limitato, è realizzato con cavi in rame argentato della Wireworld, azienda di una certa notorietà nell’ambito dei produttori di cavi Hi-End. ASCOLTO L’integrato Galactron MK 2225 è stato abbinato al lettore CD/DAC Playback Designs MPS-3, ed ai diffusori Serblin Ktēma Proscenium; il tutto cablato

Neutral Cable Fascino e Reference. Come sorgente digitale ho utilizzato alternativamente un Mac mini (2009) con iTunes e Audirvana e JRiver. Come sorgente analogica ho usato un giradischi AVID Sequel SP con braccio SME IV, sul quale era montata una testina Koetsu Rosewood, e pre phono Bakoon Products EQA-12R alimentato a batteria. Per il collegamento al Playback ho preferito utilizzare l’ingresso bilanciato del Galactron e pertanto il pre phono è stato collegato ad uno degli ingressi RCA. Ora va detto che le Ktēma Proscenium hanno un’impedenza dichiarata di 4 Ohm che talvolta si avvicina pericolosamente ai 3 Ohm ed un’efficienza di 90 dB/W/m. Dunque si tratta di un carico non proprio agevole che, almeno inizialmente, mi preoccupava non poco temendo che il Galactron potesse essere sollecitato eccessivamente. Del resto sono abituato a pilotare questi diffusori con i miei finali Lamm 1.2 che su 4 Ohm di watt ne erogano circa 220, mentre questo amplificatore dovrebbe essere in grado di erogarne solo 38. La mia perplessità è stata fugata sin dalle prime note con mio grande stupore: ho infatti iniziato la prova come di consueto, cioè con un ascolto a volume piuttosto basso finalizzato a lasciare che l’amplificatore si sciogliesse un po’ e raggiungesse la temperatura di esercizio ideale. Già in questa prima fase mi sono imbattuto in quella che ritengo essere una delle principali doti di questo Galactron: una capacità di pilotaggio davvero inusitata


GALACTRON MK 2225 ▼ FDS 233 ed insospettabile per un amplificatore di queste dimensioni, che produce una dinamica sia micro che macro a livelli di eccellenza assoluta. Anche a basso volume, come nel caso dell’ascolto al quale mi riferisco, l’MK 2225 è capace di restituire delle variazioni dinamiche che lasciano davvero basiti e fanno riflettere sull’effettiva capacità di molti altri prodotti della concorrenza. Va detto che, almeno sulle prime, questa particolare attitudine è stata accompagnata da una certa tendenza a drammatizzare il contenuto del messaggio musicale anche laddove non ve ne era affatto bisogno. Insomma ascoltare Trois gymnopédies (E. Satie - Pianoworks - Shimada - Sony Classical) o i Préludes di Debussy (A. Lubimov - ECM) come se fossero l’ultima cosa che venisse suonata prima della fine del mondo mi ha lasciato un po’ perplesso. Non sapendo se l’unità in prova avesse già fatto un rodaggio adeguato (ho scoperto dopo che lo aveva fatto) ho preferito lasciar decantare la questione e mettere in esecuzione una chilometrica playlist che ha tenuto occupato il sistema per più di qualche giorno. Al mio ritorno le cose erano cambiate in meglio: sparita quella tendenza a cui accennavo poc’anzi, ho potuto apprezzare una ricchezza armonica ed un equilibrio timbrico dei quali, sulle prime, non avevo avuto contezza. Dunque una prima affermazione che mi sento di fare è che i trenta minuti di riscaldamento di cui si parla nel manuale sono un po’ pochi, molto meglio lasciare all’MK 2225 il tempo necessario per potersi esprimere al meglio, al di là del mero dato di temperatura e questo può voler significare anche qualche ora. Peraltro devo dire che anche la coerenza spaziale ne ha tratto grande beneficio: la scena, che inizialmente era ben delineata in larghezza ed altezza, ha acquistato una notevole profondità. Senz’altro la capacità di restituire in modo particolarmente realistico e vivido ogni variazione dinamica è rimasta invariata e questo - credo - vada ascritto a merito dell’esuberante sezione di alimentazione di cui abbiamo parlato in precedenza. La musica viene proposta da questo integrato in modo nient’affatto edulcorato, come spesso accade in molte altre proposte high end e questa attitudine può talvolta risultare fastidiosa, quasi eccessiva. Ma chi ha una certa consuetudine con l’ascolto della musica dal vivo se che le cose nella realtà stanno proprio così. Che la musica, anche quella più delicata ed intimista, ha una sua forza e che tale forza risiede massimamente nei contrasti, nelle variazioni dinamiche. Ecco, io credo che chi ha progettato questo Galactron questa faccenda la conosca bene e abbia fatto il possibile per raggiungere questo obiettivo. Dunque velocità e naturalezza nel risolvere i contrasti dinamici e microdinamica sorprendentemente veloce, forse solo appannata da un comportamento in basso che non segue, in questo parametro, la gamma media ed alta. La gamma bassa di questo integrato è infatti profonda e materica ma non così veloce e trasparente come sarebbe necessario per accordarsi con le caratteristiche del resto della banda

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audio riprodotta. In termini di capacità di pilotaggio devo dire che siamo a livello di eccellenza: il piccolo Galactron - mi ostino a chiamarlo così a dispetto di dimensioni e prezzo certamente non piccoli - riesce a spingere senza fatica apparente anche dei diffusori ostici come le Ktēma sino a livelli di pressione sonora davvero elevati. Torno sul potenziometro del volume, del quale ho parlato nella descrizione tecnica, per dire che durante l’ascolto la massima posizione che sono riuscito a raggiungere è stata ad ore 11, dunque una corsa piuttosto limitata che rende complicato il raggiungimento del livello desiderato. Questo aspetto, unito ad un certo rumore di fondo presente nel corso della fase di riscaldamento, probabilmente legato alla stabilizzazione della corrente di polarizzazione (bias) dello stadio finale, costituiscono gli unici due appunti che sento di poter muovere ad un amplificatore davvero ben realizzato ed appagante all’ascolto che fa della velocità, della ricchezza armonica e della matericità le sue ragioni d’essere. CONCLUSIONI Spero davvero che per questo bel prodotto italiano possa arrivare il successo commerciale che meriterebbe. Purtroppo vale sempre il detto nemo propheta in patria e dunque temo che il prezzo al pubblico, di poco inferiore ai novemila euro, ne limiterà fortemente la diffusione sul mercato nazionale, specialmente in considerazione dell’esterofilia imperante presso l’audiofilo italico e le ristrettezze economiche imposte dalla crisi. Pur essendo un prezzo alto in assoluto, se visto in relazione ai contenuti tecnici e musicali obiettivamente assai elevati, bisogna riconoscere che il Galactron MK 2225 vale tutti i soldi che costa. Forse nei mercati nord europei, memori dei fasti del marchio Galactron negli anni settanta e più propensi a spendere denari per l’alta fedeltà, questo prodotto potrebbe trovare terreno fertile.

CARATTERISTICHE TECNICHE

Tipo: Amplificatore integrato stereo 25 Watt per canale pura classe “A” High current dual mono nuovi moduli driver in classe “A” pre a Fet e transistor in pura classe “A” con interstadio a trasformatori, circuito di alimentazione elettronico stabilizzato a basso valore di “ripple”, telecomandato. Prezzo IVA inclusa: Euro 8.940,00 Distributore: DML AUDIO Tel. 0541 623905 Web: www.dmlaudio.it


HI-END MAGAZINE®


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CONVERTITORE DIGITALE ANALOGICO

MEITNER MA-1

IL DAC DEFINITIVO È SERVITO di Alberto Guerrini

Testare un convertitore digitale analogico, in questi tempi di grandissima innovazione per quanto riguarda la definizione del campionamento, è sempre una cosa assai interessante. Farlo poi quando si ha la certezza di avere un oggetto partorito dalla mente di chi ha sempre dimostrato di essere un genio, lo considero un vero privilegio.

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d Meitner, proprietario e progettista di Emm Labs, è un personaggio noto per riuscire sempre ad accontentare tutte le richieste provenienti dai propri affezionati clienti ma anche e soprattutto per un motto “se può essere fatto si fa se non può essere fatto si trova un altro modo per farlo!”. Cosa è successo a Emm Labs se il suo fondatore ha deciso di creare un marchio alternativo con il proprio nome? Nulla di che, semplicemente, come ha già fatto un altro fenomeno chiamato Nelson Pass, ha voluto scommettere. mettendoci faccia e nome, su un marchio che producesse una serie di oggetti per entrare in possesso dei quali non si debba obbligatoriamente accendere un mutuo. Cosa succederebbe se vi offrissero un Emm Labs carico di tutte le tecnologie di ultimissima generazione a poco meno della metà del suo prezzo? Probabilmente vi precipitereste disposti anche a combattere per accaparrarvene uno, in stile offertona tecnologica ipersottocosto da mega centro commerciale! Ora non ce ne è più bisogno, ci ha pensato direttamente il buon Ed, decidendo di offrire tutta la performance dei propri componenti di punta, ad un prezzo veramente incredibile confrontandolo con il listino Emm Labs. Ora vi chiederete “but where’s the catch?”, ovvero “ma dove sta la fregatura?”. Nessuna fregatura, c’è solo una piccola rinuncia da fare, in verità la più indolore di tutte, quella cioè di rinunciare ad aver, all’interno delle macchine marchiate Meitner, i singoli componenti costruttivi circuitali con il top delle caratteristiche prestazionali: condensatori, resistenze, induttori, trasformatori, operazionali. Nei Meitner questi componenti hanno le medesime ca-

ratteristiche fisiche ma tolleranze meno restrittive delle controparti no compromise utilizzati a bordo degli Emm Labs. Qualche sacrificio si deve fare anche per quanto riguarda lo chassis, costruito con gli stessi materiali, ma alleggerito negli spessori. Io penso che sia stato un vero e proprio colpo di genio, visto che tra i tanti ha davvero scelto il male minore, per ottenere un grandissimo decremento di spesa, dimezzando letteralmente il listino. E, credetemi l’effetto di decadimento sulle prestazioni del risultato finale di questa operazione, non è assolutamente proporzionale al risparmio, le differenze non sono per nulla così grandi.

DESCRIZIONE La lista delle tecnologie innovative introdotte nell’MA-1 è piuttosto lunga, di fatto quasi identica al flagship DAC2X SE, a certificare che il buon Meitner non è stato con le mani in mano semplicemente mutuando ciò che si è scoperto negli ultimi anni, bensì dando la propria personalissima e vincente interpretazione rispetto a ciò che per lui vuol dire musica liquida ed alta definizione. Cominciamo con la tecnologia MFAST asincrona. Per la concorrenza la tecnologia asincrona è applicata esclusivamente all’ingresso USB, in questo caso è applicata a tutti i singoli ingressi digitali a bordo. Un sistema asincrono, specialmente se ad alta velocità, disaccoppia totalmente l’input dall’uscita e ottiene un suono puro a prescindere dalla purezza o meno di ciò che si presenta all’ingresso. Questa tecnologia permette di acquisire istantaneamente il flusso digitale, di bufferizzarlo, analizzarlo e elimi-


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Particolare dell’architettura interna che racchiude la complessa circuitazione DAC, mantiene tutte le tecnologie proposte sul flagship Emm Labs, rinunciando ai singoli componenti no compromise che troviamo invece in quello. narne totalmente il jitter. La tecnologia MDAT (Meitner Digital Audio Translator), apporta un upsampling del segnale digitale PCM in ingresso fino a 5,6 MHz raddoppiando di fatto il segnale DSD nativo standard. La tecnologia MDAC si basa su un circuito a doppio differenziale discreto affiancandolo al MCLK, un master clock ad altissima purezza, ottenendo una conversione digitale/analogica allo stato dell’arte. Il campionamento che si può introdurre attraverso ognuno dei sei ingressi è: 44.1, 48, 88.2, 96, 176.4 e 192kHz fino a 24 bit, oltre al segnale DSD. Lo chassis è in metallo anodizzato nero, il frontale è in alluminio spazzolato con finitura silver, pesa oltre sette chilogrammi. Il pannello anteriore è spartano come tutti i modelli, sia Meitner che Emm Labs, ed ospita: al centro i tasti per la commutazione degli ingressi (confermata da led blu); in basso a sinistra, sotto al logo Meitner, il tasto di accensione/standby; più in basso, sempre al centro, abbiamo la batte-

ria di led che indica la frequenza di campionamento agganciata; infine, in basso a destra, la serigrafia del modello. Il pannello posteriore presenta invece: un ingresso XLR/AES-EBU, due coassiali digitali, due prese ottiche, un ingresso USB tipo B; in basso ci sono le uscite RCA e XLR, una coppia per tipologia; poi abbiamo le porte di servizio, rispettivamente una seriale e una USB oltre al tasto reset; all’estrema destra c’è la vaschetta IEC di alimentazione, sovrastata dal tasto principale di accensione/spegnimento. Tutto l’assieme molto ben costruito, come da tradizione, poggia su quattro piedini cilindrici. L’ASCOLTO L’ascolto è stato effettuato inserendo il DAC MA-1 nella mia catena principale così composta: sorgente digitale per musica liquida: Mac Mini, convertitore D/A USB 24/96, Emm Labs DAC2X, cablaggio USB Audioquest Chocolate Dbs 7, cavi RCA e alimenta-


MEITNER MA-1 ▼ FDS 233 zione Emm Labs, Nordost Valhalla; diffusori: Martin Logan SL3, Lumen White Silver Flame; sorgenti digitali: CD Teac VRDS-10 modificato a valvole Emmebi, lettore ibrido DVD-DVDA-SACD Labtek Aurora; sorgente analogica: giradischi Michell Gyrodec, braccio SME 309, testina Clearaudio Titanium MC, con cablaggio Audioquest Wel Signature; preamplificatore: Convergent Audio Tecnology Legend, con stadio phono MM, MC; due amplificatori finali a valvole: McIntosh MC275 in configurazione mono; cavi di potenza: Nordost SPM Reference; cavi di segnale tra pre e finali mono: Audioquest Horizon Dbs 72V; cavo di segnale tra CD VRDS-10 e pre: Nordost Spm Reference; cavi di segnale tra Labtek Aurora e pre: Audioquest Horizon Dbs 7; cavo di alimentazione pre: Nordost Valhalla; cavo di alimentazione Labtek Aurora: Nordost Brahma con terminazioni Furutech; cavi di alimentazione finali: Nordost Valhalla; cavo di alimentazione CD Vrds-10: Nordost Shiva. Ho avuto questo componente per più di qualche mese e ha subito un processo di rodaggio al di sopra di ogni sospetto, in quanto ad utilizzo in differenti configurazioni e con svariate sorgenti, e devo dire che il suono, benché fosse già sorprendentemente buono, sì è evoluto verso vette impensabili. Burmester TEST CD 2 (Burmester CD): ritorniamo all’antico con le registrazioni per la prova di ascolto del convertitore di casa Emm Labs/Meitner. Il primo brano è “The Moon is a Harsh Mistress”, Radka Toneff ha una vocalizzazione delicata e molto ben bilanciata, il tono è amabile e molto neutro, la focalizzazione è notevolissima. Il dettaglio e la grana sono finissimi e ricchi di componenti soprattutto in campo di microinformazione. Il pianoforte è gentile e aggraziato, ha un corpo dalle dimensioni impeccabili e dalle qualità costitutive perfettamente percepibili. Paco De Lucia ci regala un attacco che è tutto un programma, il primo movimento di corda è così carico di dinamica e di microdettaglio che l’attenzione abbraccia subito l’intera scena riverberante e cesellata in maniera magistrale. La tridimensionalità che descrive l’MA-1 è semplicemente spettacolare, i ballerini si muovono con precisione maniacale attorno al grande virtuoso, battendo le mani ed i tacchi e ottenendo un’emissione dalla naturalezza di contenuto ed effetto straordinarie. La descrizione della scena lungo tutti gli assi cartesiani è totalmente esente da pecche, qualsiasi cosa accada sul palco, che sia dovuta al movimento o allo strumento, straordinariamente corretto e risonante, naturale e ligneo, si ripercuote immediatamente in sala d’ascolto con impeto e grandioso controllo. Impressionante realizzare quanto sia enorme il teatro di registrazione, grazie alla quantità enorme di dettagli che si è percepita in riproduzione. Tutto è velocissimo e corredato di un contrasto dinamico fuori dall’ordinario. “Call Me” di Hans Theessink irrompe letteralmente di fronte al punto d’ascolto, sporgendosi in maniera

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spudorata oltre il limite fisico del piano incluso tra i baffle dei diffusori. Il concerto di musica barocca seguente, crea, con l’intreccio di arpa e clavicembalo, una sensazione di leggerezza e precisione spettacolari, nonostante ciò la percezione di grande dimensione dell’ambiente di cattura e dell’esatta composizione spaziale dell’orchestra è assai corretta e precisa. Di aria ce n’è in grande quantità attorno agli strumenti, ognuno ha una fortissima personalità. Il clavicembalo è articolatissimo, complesso e non viene mai messo in disparte dal resto degli elementi. Ricco di microcontrasto dinamico e di espressività oltre il lecito così come lo è l’altra protagonista di questo brano ovvero l’arpa, delicata ma al contempo pregna di dinamica e grandissimo microdettaglio. L’eccitazione delle armoniche sull’ambiente è di fortissimo impatto. “Back on The Black” di Quincy Jones è potente e penetrante e tenta di portare al limite estremo i diffusori, i quali, grazie al controllo chirurgico ed alla coerenza estrema, dovute all’efficientissimo sistema di decodifica elaborato da Mr. Meitner, non permette assolutamente alcuna deriva dall’estrema compiutezza dell’emissione. La dinamica importante non porta via alcunché alla clamorosa forza in gamma medioalta e alta durante gli assoli della cantante protagonista di questo brano; men che meno lo fa il coro ben coordinato e del quale si distinguono perfettamente i componenti, con le proprie peculiarità di interpretazione e registro. Trasparenza e dettaglio non vengono mai meno, sia sul piano macroscopico che su quello microscopico, nonostante l’impostazione altissima del volume di riproduzione. Con “Gentle Ben”, Ben Webser ci offre il suo sax sussurrato (almeno come lo definisco io), vista la quantità di sbuffi che attraversano l’ancia e vengono catturati e successivamente riprodotti, evidenziando un vibrato di pieno diaframma. La ricostruzione della scena da club è correttissima e il mood accogliente di questo quartetto è assolutamente inebriante. Il materiale costituente lo strumento a fiato è così realistico e vivido che sembra chiedere da un momento all’altro di uscire dal fronte sonoro e aggirarsi attorno all’ascoltatore. Ogni sospiro e guaito da parte dei musicisti è lì a farci capire quanto meravigliosa sia stata la capacità di chi ha realizzato questa magistrale registrazione. La batteria si staglia perfettamente da un ambiente totalmente contrastato, i piatti sono gentili, appena sfiorati ma evidentissimi, così come le pelli. Il contrabbasso è perfettamente proporzionato, scende molto verso l’estremo grave e articola in maniera minuziosa, come minuzioso è il dettaglio delle corde e del corpo risuonante. Il pianoforte, sebbene in secondo piano, almeno come posizionamento e come impostazione musicale, è presente, estremamente materico, ricchissimo di particolari, di delicatissime sfumature armoniche, personalità. Il brano d’organo dimostra una volta per tutte le in-


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L’ampia gamma di collegamenti posteriori, 6 ingressi digitali 2 coassiali digitali, 2 ottiche digitali, 1 USB tipo B, una coppia di XLR bilanciati di uscita, una coppia di RCA di uscita, gli ingressi di servizio USB tipo B e 1 Seriale, il tasto reset e la vaschetta sovrastata dal tasto di accensione/spegnimento principale. credibili prerogative di questo DAC, che ne fanno un vero supercampione nella sua categoria di prezzo, un basso imponente, capacità di articolazione eccezionale e, nonostante l’imponente quantità di energia erogata durante la riproduzione più impegnativa, il mantenimento costante del controllo e di una riproduzione dettagliatissima e nitida. Le turbolenze in zona di espulsione sono posizionate alte nella scena sonora, la profondità e l’ampiezza sono eccezionali, i piani ben separati e fittamente distribuiti, ricreando la maestosità della cattedrale dove sì è effettuata la registrazione originariamente. I passaggi delicati e accennati sono parimenti impressionanti, per la capacità di mantenere un contrasto dinamico e un chiaroscuro perfettamente proporzionali ai momenti di pieno delle note gravi e agli accordi in apertura totale. La Dallas Wind Simphony ha un attacco spaventosamente dinamico ma il Meitner sfoggia un’impeccabile capacità di controllo e contemporaneamente una trasparenza clamorosa, i fiati sono squillanti ma non trapananti o fastidiosi, investono a folate gli avventori della mia sala d’ascolto, con potenza e impatto viscerale. Tutto questo si alterna a dei pianissimo con campanelli e triangoli dolcissimi, ma mai scevri di microdinamica o microcontrasto. Gli strumenti si possono letteralmente contare sulla scena, che risulta ampia e fortemente ben rappresentata a livello spaziale. Dat Dere di Ricky Lee Jones è in assoluto uno dei miei brani preferiti, non solo perché ogni volta mi fa sorridere, ma anche perché, nella sua apparente semplicità, risulta essere un termometro clamoroso per rilevar la presenza di difetti nella riproduzione di un componente in prova. A cominciare dalla voce che non ha un solo microsecondo di défaillance, sempre perfettamente a tono, mai sbordante verso l’uno o l’altro estremo della banda passante. Quella iniziale del bambino fa subito sì che la credibilità timbrica faccia un salto verso i massimi livelli di ascolto possibili. Il contrabbasso a contorno, rotola con un controllo e una quantità incredibile di dettagli e sfumature, offrendo una gamma armonica spettacolar-

mente ampia. La chitarra è squisita, analogica, così come lo sono il sax e la batteria. Il brano è talmente bello, naturale e piacevole grazie a questo DAC, che sono costretto a fare uno sforzo incredibile per descrivere criticamente quanto succede durante la prova, per quanto sia rapito dall’ascolto stesso. La trama sonora è quella della seta più fine e pregiata, ma il risultato non è la fredda analiticità, c’è l’ambra, c’è il calore al pari del rigore e dell’assoluta correttezza tonale. La Sinfonia n°9 di Shostakovich è un ennesimo esempio di quanto accennato poc’anzi, ci ho messo almeno un minuto e mezzo per ricordarmi di stare affrontando una recensione e non effettuando un semplice, piacevolissimo ascolto! Dai pianissimo ai fortissimo, la costante è una messe di dinamica e microdinamica affiancate ad un controllo ed un’articolazione che hanno tutto del DNA ereditato dal mirabolante fratello maggiore DAC2X. La potenza è nulla senza controllo, diceva qualcuno in un famoso spot televisivo di pneumatici: niente di più vero anche in campo hi-fi, e qui ce ne è eccome di controllo, soprattutto durante i pieni e gli spunti dinamici impressionanti, tipici dei capolavori di questo grandissimo compositore. I fiati sono prorompenti e fragorosi ma al contempo sempre perfettamente centrati nelle proprie competenza timbriche. I flauti sono delicatissimi, aggraziati e dettagliati al tempo stesso. Gli archi esprimono un grande contenuto chiaroscurale sia durante i passaggi d’archetto che durante i pizzicato. I transienti di attacco e rilascio sono velocissimi e netti, come un colpo di mannaia da parte dell’abile mano di un macellaio di lungo corso... I tenui colpi di triangolo sono dinamici tanto quanto le sezioni gravi in pieno, si gusta una sensazione di omogeneità orchestrale assoluta. Lo sviluppo tridimensionalmente è sfaccettato e correttissimo, da vero evento dal vivo. Tromboni, oboe e fagotti si intravedono perfettamente e creano un urto viscerale intenso, quando decidono di intervenire all’unisono. “Tin Pan Alley”, brano del compianto Steve Ray Vaughan, è un concentrato di passaggi dinamici ric-


MEITNER MA-1 ▼ FDS 233 chissimi di contrasto e con un contenuto timbrico così ben caratterizzato, da visualizzare in maniera scevra da dubbio la Stratocaster di questo fantastico interprete (principe incontrastato del Texas Flood Blues). Attorno ad un roll di basso profondo, imponente e mai prevaricante, si articolano i passaggi complicatissimi, ma perfettamente stagliati in quanto a microcontrasto e chiaroscuro dinamici, del maestro dello strumento elettrico. La voce è realistica ricca di variazioni e sempre coerente con se stessa, non indulge a nasalità o a sibili inopportuni. Ricca di pathos, aggiunge un’aura di intensità a quella di un personaggio che è già divenuto leggenda. La meravigliosa voce di Sophie Von Otter si amalgama alla perfezione con un’orchestra d’archi da brivido. La timbrica è vellutata ma al contempo intensa e altisonante quando dovuto e soprattutto voluto. Il posizionamento impeccabile dell’interprete è stabile quanto nel palcoscenico virtuale ricostruito in sala d’ascolto, realistico in maniera assoluta ed i cui contenuti di ambienza saturano talmente tanto la zona d’ascolto, che ci si sente letteralmente immersi nel teatro, in una posizione nettamente privilegiata. Le parole sono scandite con precisione estrema e perfettamente chiare, non si percepiscono artefatti dovuti a difetti di conversione o di messa a fuoco dovuta al jitter, tutto il processo si dipana con accuratezza e grande efficacia. Infine veniamo ai tre brani dei Pink Floyd tratti dal mio preferito tra i loro LP “The Wall”: i passaggi sono straordinariamente dinamici, con un impatto caratterizzato da un’energia ed una forza incredibili. Le voci sono spettacolari, stabili e a fuoco, tutti gli effetti psichedelici aggiunti alla registrazione sono lì, dalle voci dei ragazzini in ricreazione a quelle degli insegnanti che li minacciano. Il passaggio dell’elicottero in panning è imponente e induce un certo qual malessere per la capacità d’impatto. Le chitarre di Waters e Gilmour sono semplicemente travolgenti nel proprio lirismo. Gli assoli sono intensi e appassionati con un bellissimo sound perfettamente in linea con l’effettistica e le elettroniche di cui erano pionieri e maestri (ne facevano già largo uso al tempo). I colpi di cassa sono profondi ed efficacissimi, quelli provenienti dal resto dei pezzi della batteria sono iper rapidi e totalmente scevri da code; si risolvono con attacchi e rilasci veramente fulminei. Il coro dei bambini energizza i trasduttori ai massimi livelli ma il controllo è ancora una volta assolutamente perfetto. Il basso elettrico è sempre frenato e caratterizzato da una discesa in basso spettacolare.

CONCLUSIONI Una macchina moderna eccezionale per la musica liquida, l’alta definizione e persino per le classiche operazioni di conversioni da meccanica CD classica; completa di tutte le ultimissime tecnologie scoperte e sviluppate da Emm Labs. Ha sfoggiato una prestazione clamorosa in termini di livello del tappeto di rumore, assenza di jitter e

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coerenza tonale. Per non parlare delle eccezionali caratteristiche per quanto riguarda la tridimensionalità della scena sonora e la spaziatura dei piani sonori stessi. Una macchina che, pur non avendo i picchi assoluti toccati quasi in ogni parametro dal DAC2X (che peraltro conosco benissimo, possedendone uno), ci va dannatamente vicino. Un oggetto digitale dal suono rigoroso ma non meccanico e asettico, singolarmente vivido e naturale, così incredibilmente vicino a quel vinile analogico che rappresenta il vero Graal per ogni vero appassionato di high end. Una meta perfettamente raggiunta da un genio assoluto della progettazione quale è Ed Meitner, offrire un oggetto dalle prestazioni nettamente High End al prezzo di uno Hi-Fi. Certo, non lo regalano, costa pur sempre 8685 euro, che sono tanti tantissimi. Ma meno, molti meno dei 18000 e rotti richiesti per il fratellone... CARATTERISTICHE TECNICHE

Tipologia di progetto: DAC ad alta definizione con campionamento 44.1, 48, 88.2, 96, 176.4, 192kHz fino a 24 bits per tutti e 6 gli ingressi digitali; Tecnologia MCLK: nuovo master clock ad altissima purezza che stabilisce nuovi standard in fatto di performance nei confronti del jitter; Tecnologia MDAT: circuito di conversione digitale/analogica a doppio differenziale discreto; Tecnologia di processa mento del segnale MDAT: fornisce un upsampling a 2xDSD del playback in formato PCM; preservando fase, frequenza e integrità dinamica della forma d’onda Tecnologia Input MFAST™ asincrona: acquisizione istantanea e performance esente da jitter applicata a tutti gli ingressi; Input: 1 x USB, 1 x AES/EBU, 2 x TOSLINK S/PDIF, 2 x COAX S/PDIF, 1xUSB (servizio e upgrade), porta seriale (per controllo remoto via cavo); Output: 1xbilanciati (XLR) e 1xsbilanciati (RCA); Impedenza di uscita (bilanciata/sbilanciata): 300 Ohm bilanciata, 150 Ohm sbilanciata Livello in uscita (bilanciata/sbilanciata): 4,6 Vrms bilanciata, 2,3V rms sbilanciata; Alimentazione: (power factor corrected) 90V260V, 56/60 Hz; Telecomando: formato carta di credito; Consumo: max 50 Watt; Finiture disponibili: alluminio spazzolato; Dimensioni (hxlxp): 9,2 x 43,5 x 40 cm; Peso: 7,43 kg Prezzo IVA inclusa: Euro 8.685,00 Distributore: Audio Reference Tel. 02 29.40.49.89 E-mail: info@audioreference.it


HI-END MAGAZINE®


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MECCANICA DI LETTURA CD

METRONOME TECHNOLOGIE T5 SIGNATURE

TECNOLOGIA MATURA, SUONO STELLARE di Andrea Della Sala

Potrei sembrare il re degli anacronisti a presentare nell’anno 2015 una meccanica digitale dedicata esclusivamente alla lettura del compact disc. In realtà a me pare che il supporto argenteo in auge da ormai più di trent’anni non solo non sia obsoleto ma non abbia ancora detto tutto quello che può. Oltre a non aver suonato mai così bene. Che si stia ripetendo quanto accaduto per il vinile che, dopo decenni di continui affinamenti, ha raggiunto negli anni settanta la piena maturità e oggi, grazie all’inusitata qualità raggiunta dalle macchine di lettura (base, braccio, fonorivelatore), suona come mai prima d’ora?

T

utto si può dire di Fedeltà del Suono e del sottoscritto tranne che negli ultimi anni non ci si sia adoperati per provare il possibile e l’impossibile al fine di decretare quale sia la sorgente più performante della storia dell’alta fedeltà. Debbo ammettere che, dopo tutti questi anni, dopo tutte queste prove, dopo tutte le fatiche... non ho ancora le idee chiare. O forse la verità si situa in una via di mezzo fra le presunte certezze e le più ardite sperimentazioni. Ogni macchina fa storia a sé, specialmente ora che certe caratterizzazioni soniche tipiche dell’una o dell’altra tecnologia sembrano un po’ sfumate, confondendosi, nei casi più eclatanti, le une con le altre. Quel che è certo è che non si è mai potuto, in passato, ascoltare bene come è invece possibile oggi, e men che meno è stato possibile farlo ai prezzi, notevolmente ridotti, a cui oggi si acquistano elettroniche capaci di ridicolizzare mostri sacri di trenta o anche venti anni fa. Dunque, in piena esplosione del fenomeno della cosiddetta musica liquida, perché testare una meccanica di lettura cd? Perché non, almeno, una meccanica ibrida CD/SACD?

Beh, non c’è un perché, per fortuna. Se avessi dovuto seguire sempre e solo i trend del periodo oggi non potrei raccontare di cosa sia capace una macchina come questa Metronome Technologie. Un altro motivo per questa prova è sicuramente dato dall’ingentissima quantità di compact disc che compongono la mia discoteca e che la rendono, per il sottoscritto, di vitale importanza. Se a tutto ciò si aggiunge il fatto che in rete ormai ci si procurano compact disc a pochi euro cadauno (e mi ricordo con una certa rabbia quando, trent’anni fa, in pieno delirio adolescenziale, distruggevo la mia vita di relazione obbligandomi a non uscire quasi mai per risparmiare le tante migliaia di lire -da venti a quaranta!- necessarie per gli agognati dischetti), il quadro è completo. Ah, no, manca ancora una cosa. Da poco ho finalmente scelto la mia nuova sorgente digitale, l’EMM Labs DAC2X. In attesa di poterla provare con la sua meccanica di elezione, la EMM Labs TSDX, visti gli ottimi risultati conseguiti, incredibile a dirsi, con un modesto Rega Planet usato come unità di lettura, ho voluto ascoltare cosa poteva offrire l’EMM Labs DAC2X insieme ad un esponente di un’altra Casa costruttrice che ha fatto del digitale la sua stessa ragione


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di esistere e ho quindi chiesto e ottenuto in prova la meccanica T5 della specialista Metronome Technologie.

L’APPARECCHIO PERFETTO La T5 Signature costituisce l’attuale base del catalogo Metronome Technologie per quanto riguarda le unità di lettura. Sopra troviamo la T6 e la T8 (identiche alla T5, con un telaio più alto la T6 che diviene poi T8 quando si acquisti l’alimentazione separata Elektra), la Calypso e quella che da più parti, da quasi tutte le parti per la verità, viene riconosciuta come la più grande opera d’arte elettronica concepita e realizzata dall’uomo per leggere ai più alti livelli possibili oggi sul Pianeta i pit degli argentei dischetti, entrambe alimentabili separatamente. Sui costi delle ultime due non faccio commenti, siamo nell’empireo di chi guida Bentley, beve Romanée Conti, sposa modelle giovani e compra mobili antichi. L’altra branca produttiva della rispettatissima azienda francese è costituita dal mondo dei convertitori digitali analogici, a valvole e a stato solido, anch’essi alimentabili separatamente subito o in futuro. Dal basso verso l’alto troviamo i convertitori C5, C6, C8+ e l’incredibile Nausicaa, top end del costruttore francese peraltro dalla foggia molto simile a fungere da base alla Kalista... In catalogo anche due modelli di lettori integrati, il CD8 Signature, in versione sia a valvole (CD8 Signature Tube) che a stato solido e il Le Player. Considerato che, fino alla Calypso, e quindi T8 compresa, l’unità di lettura è praticamente identica a parte il telaio e l’alimentazione esterna, la T5 non è affatto

una scelta povera. Diciamo che, visti i prezzi delle sorelle maggiori, è l’unica chance che viene concessa a chi voglia avvicinarsi alle meraviglie prodotte dal costruttore francese senza necessariamente accendere un mutuo. Certo, anche questa non costa poco, anzi costa molto, visto che allo stesso prezzo si acquistano già lettori integrati capaci di offrire prestazioni molto vicine allo stato dell’arte. Però, volete mettere la flessibilità? E il fatto che utilizzando un DAC esterno si raddoppiano le alimentazioni dedicate e si eliminano le interferenze reciproche? Certo, occorre acquistare anche un cavo di collegamento digitale, con tutto quello che questo comporta sia in termini economici che di possibile aumento del jitter. Della prima cosa non mi preoccuperei visto che chi è disposto a spendere più di diecimila euro solo per una meccanica e magari altrettanti per un convertitore non si fermerà certo dinnanzi all’opportunità di dotarsi di un cavo da qualche centinaia o migliaia di euro, alla seconda ci penserà il convertitore prescelto che ormai, nella quasi totalità dei casi, dispone di sofisticati ingressi capaci di processare il segnale diminuendo o eliminando del tutto le distorsioni temporali note come jitter. La Metronome T5 Signature è più che discretamente pesante, dotata di un telaio dal peso ragguardevole, totalmente sordo a qualsiasi vibrazione si provi a ingenerare colpendolo con le nocche. La meccanica è incentrata sull’unità di lettura Philips

La T5 è un’elettronica molto spartana. Sul posteriore troviamo le tre uscite digitali rca, xlr e Toslink, oltre alla vaschetta IEC e all’interruttore. D’altronde, cosa altro mai dovrebbe sul retro di una meccanica digitale?


METRONOME TECHNOLOGIE T5 SIGNATURE ▼ FDS 233 CDM 12 Pro, sospesa su quattro tamponi in gomma che ne isolano il funzionamento da vibrazioni esogene e limitano anche quelle endogene verso il telaio stesso. Il disco va inserito aprendo il cassetto superiore che, scivolando verso il pannello posteriore, scopre un vano ampio e pulito. Il disco va poi tenuto in sede grazie a un clamp magnetico, in un materiale plastico duro e sordo noto come Delrin, che, letteralmente, lo inchioda al platorello. Il cassetto si richiude manualmente fino alla fine della sua corsa, dove un microswitch da l’assenso per la procedura di lettura della TOC del disco medesimo. La macchina viene comandata da cinque pulsanti posti sul pannello superiore che non sono il massimo né a livello ergonomico né sul piano estetico ma funzionano e bene. Per il resto, considerato che comunque la manualità è intrinseca in una meccanica di lettura se non altro per caricare il disco, è ovviamente offerto un discreto telecomando in metallo a corredo. Le uscite digitali presenti sono tre, ossia RCA S/Pdif, AES EBU e Toslink. Uniche altre cose presenti sul pannello posteriore sono la presa IEC per il cordone di alimentazione e il pulsante di accensione che, come per tutti gli altri apparecchi in cui si trova così lontano dal frontale, sembra suggerire di lasciare sempre accesa l’unità di lettura. La meccanica poggia su tre piedini conici in Delrin che sono essenziali per ottenere le performance di cui è capace. Per motivi tutti tesi ad evitare di dover poi ripagare l’unità di lettura ricevuta in prova ci siamo astenuti

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dall’aprire la macchina, quindi questa prova esce sprovvista di foto degli interni, Spero vorrete scusarci per questo, anche tenuto conto del fatto che, a quanto pare, anche tutti gli altri entrati in contatto con questa meccanica si sono ben guardati dall’aprirla... IL SUONO DEL COMPACT DISC La macchina digitale che ho in prova non leggerà mai nessun altro disco che non sia un compact disc. Lungi dall’essere sentita come una limitazione, questa apparente, per così dire, obsolescenza nativa, è invece la ragione di esistere di una delle migliori meccaniche di lettura mai ascoltate dal sottoscritto a prescindere dal costo. Talmente performante che mi vengono i brividi a pensare alle sue sorelle maggiori e panico angosciato nell’immaginare le prestazioni della Kalista. La Metronome Technologie T5 Signature ha suonato nella mia sala d’ascolto privata, interfacciandosi con alcuni di DAC di altissimo livello. Nonostante questo il rammarico per non averla avuta a disposizione quando ho effettuato le sessioni d’ascolto del convertitore Jadis JS1 MK IV è durato non poco, cioè almeno fino a quando non è entrato in scena l’EMM Labs DAC2X. Questo DAC ha manifestato da subito una sinergia terrificante con la meccanica francese e quindi da li a poco ho smesso di chiedermi come sarebbe stato ascoltarla con qualsiasi altro convertitore non presente in sala. E per un appassionato audiofilo ciò non è poca cosa... Anche perché in sala avevo, fra le altre, due splendide macchine Audio Research che rispondono al nome di


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DAC Reference e Reference CD 9. Il primo un DAC stand alone con funzioni anche di streamer, che però, quando a suonare non fossero file ad altissima risoluzione, vengono un poco messe in ombra dal suono che si riesce ad ottenere accoppiandolo ad una meccanica come la T5, il secondo è un lettore cd con anche ingressi digitali e un ottimo DAC a bordo, talmente buono che quando a suonare con questo era la T5, la meccanica integrata a bordo del lettore americano ne usciva discretamente ridimensionata. Il resto dell’impianto è quello in uso ormai da qualche tempo, composto di parti prese dalla mia collezione personale che ogni tanto faccio girare ma che, nel caso del pre e del finale utilizzati attualmente, per il piacere che ne traggo all’ascolto, non riesco più a togliere dalla sacra panca su cui alberga il sistema. Si tratta, come sapranno i miei tre lettori abituali, di due apparecchi ormai praticamente vintage (non più appellabili come vecchi, quindi...) che rispondono al nome di Conrad Johnson Premier Ten e Premier Eleven/a, entrambi valvolati con tubi General Electric NOS. I diffusori sono gli incredibili Fostex GX 100 Limited, alternati a volte con delle ProAc Tablette Anniversary. Cablaggi di segnale Klimo Reference e White Gold Celestial, di alimentazione, laddove non sono presenti cavi saldati all’elettronica come nei due Conrad Johnson, Klimo per la Metronome e Kimber Kable per il DAC2X (modello realizzato da Kimber esclusivamente per EMM Labs che, lo fornisce insieme al suo DAC), cavi digitali Furutech Digital Reference III e Neutral Cable Digital Reference e di potenza, ancora, White Gold Celestial. Presente in sala e utilizzato per confronto il finale Audio Research Reference 75. Le prime prove sono state condotte con la meccanica T5 collegata al DAC Audio Research Reference DAC. In questa configurazione ho potuto davvero prendere le misure del convertitore della Casa americana, grazie alla cospicua dose di dettagli che la meccanica francese riesce ad estrarre dai dischetti e riversare in ambiente con assoluta nonchalance, senza sforzo, senza durezze. La notevole trasparenza del Reference DAC quindi si accoppia a meraviglia con questa unità di lettura che non chiede di meglio che potersi esprimere proprio sul piano della trasparenza, della dinamica, dell’esplosivo rispetto delle armoniche e della timbrica del messaggio sonoro. Unica accortezza è quella di scegliere con cura il resto dell’impianto perché se anche gli altri protagonisti della catena dovessero esprimersi sullo stesso piano del dettaglio e dell’assoluta mancanza della benché minima edulcorazione timbrica, beh, si potrebbe rischiare di trovarsi a desiderare una nota di calore in più. Nessun problema, ovviamente, nella catena utilizzata dal sottoscritto, visto che i Conrad Johnson raffinano e levigano in una maniera che personalmente considero perfetta il segnale che li attraversa senza perdere nulla in trasparenza e fedeltà timbrica. Con la catena tutta Audio Research, ovvero con il finale

Reference 75 al posto del Premier Eleven e il Reference DAC utilizzato come pre, qualche nota lievemente sopra le righe mi è capitato di ascoltarla e sono quindi prontamente tornato al pre e finale vintage. Le impressioni che leggerete di seguito sono comunque state raccolte allacciando la T5 all’EMM Labs DAC2X che è stato il DAC che ho potuto avere per più tempo visto che poi è diventato la mia nuova sorgente personale. Questo convertitore riesce nel compito decisamente arduo di rendere fluida ariosissima, smagliante una riproduzione sonora caratterizzata da una capacità di indagare il contenuto del disco che lascia interdetti. Non solo sono ben intellegibili una miriade di dettagli, raggiunto in questo dal solo dCS Vivaldi, almeno fra i DAC ascoltati con attenzione dal sottoscritto, ma è proprio lo spettro sonoro di qualsiasi strumento che è reso con una tavolozza di colori molto più ampia della norma, tavolozza capace quindi di descrivere con una definizione sopraffina, unita a una grana di finissima seta, tutto quello che attraversa i circuiti del DAC canadese. Mai un’asprezza, mai la benché minima traccia di astigmatismi o residui elettronici, niente di niente che possa distogliere l’attenzione dell’ascoltatore da una delle riproduzioni più naturali, se non la più naturale tout court, mai ascoltata da chi scrive. In questo ambito di eccellenza una meccanica non all’altezza rischia di compromettere l’incanto. Infatti quando ho dovuto collegarlo al Rega Planet o anche alla Micromega Drive 3 (altro pezzo vintage che ogni tanto tolgo dallo scaffale), la riproduzione musicale ha sceso un paio di gradini, quelli che discriminano la vetta dal campo base per così dire... La T5 è capace di mettere a fuoco in maniera implacabile un palcoscenico preciso al millimetro, rendendo visibili con estrema facilità i vari piani sonori. La densità dei protagonisti è tale da convincermi di averli davanti in carne e ossa, la loro presenza è a tratti inquietante. La T5 è dannatamente aperta in gamma alta ma non caratterizzata. Questo significa che riesce a descrivere qualsiasi suono avendo a disposizione più elementi per farlo ma non aggiunge assolutamente nulla di suo. Tra l’altro questa grande capacità comunicativa è resa godibilissima dall’assenza di sentori di artificialità elettronica, di grana digitale. L’estremo acuto è dunque olimpicamente chiaro e intellegibile, e, scendendo nel range di frequenza, scolpito alla perfezione da una gamma media controllatissima eppure rigogliosa e perfino ridondante nella sua capacità di restituire il tessuto armonico del segnale audio. A volte, con certi prodotti in prova, mi sono trovato a dover scrivere di soffici evanescenze per provare a rendere al lettore la grande raffinatezza e l’assenza di grana della riproduzione. Con la T5, effettivamente, viene spontaneo riferirmi ad un tessuto, per quanto il tessuto più delicato e levigato che possiate immaginare ma al contempo do-


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tato di una trama capace di dare corpo e solidità, indicibile solidità, all’olografia sonora riproposta. Queste caratteristiche rendono materica, concreta, rocciosa la T5 e si interpolano con la sua buona capacità dinamica e con la velocità tipica delle grandi realizzazioni High End, ovvero mai disgiunta da un grande rispetto per la verità timbrica di ciò che si ascolta. Sarei quasi capace anche io di progettare un’elettronica veloce e controllata. Suonerebbe però asfittica da morire. Quello che solo i grandi nomi dell’Hi End riescono a fare è invece il coniugare le necessarie doti di inseguimento e restituzione di transienti, code sonore, attacchi e rilasci con il respiro, il corpo e l’anima della Musica. Ecco, la T5 è una meccanica concreta, precisa, trasparente, dettagliata e dannatamente raffinata e vitale. Altro cavallo di battaglia di questo gioiellino è la gamma bassa. Corposa senza divenire invadente, ben frenata e controllata. Mi si dice che le differenze più marcate fra questa e la sorella maggiore T8, dotata di alimentazione separata, sia proprio da rintracciare nella maggiore solidità e visceralità della gamma bassa e che siano poi proprio queste le caratteristiche che, insieme alla dinamica e alle capacità di restituzione olografica, migliorano maggiormente salendo fino alla Kalista. Beh io non riesco a crederci. Non riesco ad immaginare di poter ascoltare i miei dischi in maniera anche migliore di così, semplicemente non ci riesco. Vorrà dire che se l’importatore riterrà di farmene avere in prova una molto volentieri mi metterò nelle condizioni di lasciarmi stupire.

CONCLUSIONI Nel 2015 ha senso trattare di un prodotto che legge esclusivamente compact disc? Secondo chi scrive si, e molto. Perché ho migliaia e migliaia di cd, che voglio assolutamente ascoltare ai livelli offerti dalla Metronome Technologie T5 Signature. Per i duecento SACD in mio possesso sarei pronto a farmi una ragione del loro permanere sullo

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scaffale per il resto dei miei giorni. Per tutti coloro che hanno abbandonato il supporto fisico questa meccanica potrà anche sembrare un dinosauro. Ma per gli altri, che, sia detto qui, continuano ad essere la maggioranza, gli altri che volessero ascoltare quanto è maturata la tecnologia del compact disc, beh, almeno ascoltare un apparecchio come questo dovrebbe essere considerata un’attività culturale, oltre che un piacere. Le prestazioni sono evidenti dal primo ascolto, la costruzione è granitica, la trovo perfino bella. Difetti? Uno: i diecimila euro di listino, che relegano questa unità di lettura fra quei prodotti più vicini ai sogni che alla realtà. Ma si sa come va l’High End, talmente impazzito che potrei scrivere senza rimorsi che un suono così vale fino all’ultimo centesimo del suo prezzo... Viva la Musica.

CARATTERISTICHE TECNICHE

Meccanica di lettura: Philips CDM12 PRO 2 v 6.8 modificata con clamp in Delrin Uscite digitali: (16bit/44.1kHz): S/PDIF 75 Ohm, RCA; AES/EBU 110 Ohm, XLR; ATT/ST in fibra di vetro Alimentazione: Reiezione alle EMI operata da filtri Schaffner Tre trasformatori digitali toroidali e cinque regolazioni di tensione indipendenti. Accessori: Telecomando in metallo, un set di piedini in Delrin Voltaggio: 100 - 120/240 V - 50/60 Hz. Assorbimento: 35VA Dimensioni (LxHxP): 450 x 85 x 435 mm Peso: 12Kg Prezzo IVA inclusa: Euro 9.800,00 Distributore: Mad For Music Web: www.madformusic.it


L’Audiota

di Diego Nardi

ACCUMULATORI

Nossignori, questo non è un articolo per dire peste e corna sull’alimentazione a batterie... una bella invettiva ci potrebbe anche stare, ma la serberò per un’altra volta. Ho invece in mente una buffa categoria di personaggi che non sono audioti veri e propri ma nei quali, ai margini del circo dell’audiozia, non è difficile imbattersi: gli accumulatori compulsivi.

A

nch’io ne conosco più di uno malgrado dagli audioti passi ben al largo; si tratta di una tendenza che, per quanto ne so, si considera una psicopatologia a tutti gli effetti e come tale è ben codificata e studiata. L’accumulatore compulsivo (lo accorcio in AccCo, così si fa prima) è una sorta di distorsione ed estremizzazione del collezionista: a differenza di quest’ultimo, che in genere sceglie accuratamente i pezzi della sua collezione ciascuno per un motivo ragionato, e li conosce e cura uno per uno, chi accumula invece sceglie un obiettivo e poi, più che “collezionare”, raccoglie ed ammucchia tutti gli esemplari che trova di quell’obiettivo che può essere definito con criteri più o meno specifici, anche pure e semplici categorie mentali preconcette senza bisogno che siano motivate, del tipo: una certa marca, oppure un particolare genere, per esempio gli amplificatori prodotti da una certa marca in un certo periodo. Qualche volta la scelta si verticalizza fino a divenire un’ossessione solo per pochi particolari modelli, in altri casi è più trasversale; comunque lo scopo è quantitativo, possederne il più possibile. L’AccCo verace conosce bene gli oggetti che gli interessano e non limita la sua ricerca ai soli pezzi in buone condizioni, anzi è disposto a raccattare anche il cadavere più lurido, arrugginito e derelitto; una volta acquisito procede ad accatastarlo ma non necessariamente ne pianifica il restauro, anche perché potrebbe averne già svariati altri esemplari in condizioni molto migliori. Qui sta la differenza col “collezionista”, che mira ad avere tutto in ordine o ben restaurato e potrebbe interessarsi al rottame solo se avesse un particolarissimo dettaglio che gli conferisce un interesse specifico: non “colleziona” n esemplari identici di un certo oggetto e comunque, se ne possiede più di uno, non mira certo a portarsene a casa un altro ancora numero “n + 1”, per giunta conciato da sbatter via... Come si può essere collezionisti di qualsiasi cosa, parimenti esistono AccCo di ogni tipo di oggetti; comunque i prodotti audio, specie quelli d’epoca, si prestano bene a venir raccolti con questo tipo di serialità forse più che a venir collezionati, perché ingombranti, spesso in condizioni non perfette e piuttosto impegnativi da restaurare. Per un audiota, che viene destabilizzato da ogni minima imperfezione, il ruolo del collezionista sarebbe una tortura autoinflitta... invece un AccCo di norma ha caratteristiche alquanto diverse, è molto più tollerante sulle condizioni iniziali dei pezzi e classifica la loro successiva conservazione come un problema secondario su

cui non prende più di tanto tempo, per cui si becca il divertimento senza troppi crucci; non perderebbe tempo neanche a censire esattamente cos’ha e cosa non ha. Difficilmente rivende qualche pezzo ma, se lo fa, non mira al lucro. Tecnicamente la sua raccolta, per l’appunto, non si definisce “collezione” ma “accumulo” e di norma si presenta come un’accozzaglia in cui è difficile districarsi, non certo una mostra ordinata. S’intende che -altra differenza col collezionista- l’AccCo le cose che compra le paga poco; o, perlomeno, ritiene e sostiene di pagarle poco e questo aspetto fa parte specifica del suo gioco, anche se non è sempre del tutto vero. Talvolta egli acquista degli oggetti senza controllare che funzionino, scommettendo sulla possibilità di farli andare, il che fa altra parte del gioco; per contro nessun pezzo gli interessa al punto di farne una malattia e, se non riesce a prenderlo al prezzo che vuole lui, non insiste più di tanto... tira dritto e avanti il prossimo. Non è disposto a strapagare l’oggetto particolarmente raro in condizioni eccezionali / perfette / originali per cui invece un tipico collezionista farebbe carte false. In fin dei conti gli AccCo risultano meno pedanti e più scanzonati, quindi più simpatici, sia degli audioti che dei collezionisti. Sanno benissimo di fare una cosa non molto razionale, lo ammettono e ci ridono sopra. Indubbiamente, se di psicopatologia si tratta, è molto più innocua di tante altre che potrebbero prendere il suo posto perché l’AccCo difficilmente si trascina alla rovina finanziaria come invece potrebbe fare, per esempio, un giocatore; inoltre, sul piano sociale gli va dato atto che raduna e salva dalla distruzione molti oggetti il cui unico possibile destino alternativo, finché restano dispersi, sarebbe finire prima o poi tra i rifiuti. Il mucchio di un AccCo è un posto abbastanza sicuro per ciò che ne fa parte: anche se apparentemente abbandonato, finché sta lì in mezzo non è del tutto morto e può sempre capitare che l’AccCo stesso decida di concedergli un restauro o finisca per passarlo a qualcun altro che lo riporta in vita. Ciò che non appare molto interessante oggi, qualunque cosa sia, potrebbe diventarlo un domani -di esperienza al proposito ce n’è finché si vuole- e resta ancora disponibile solo se qualcuno si è premurato di salvarlo: altrimenti prima o poi finisce in discarica, ed è spacciato. Così gli AccCo contribuiscono a conservare pezzi di memoria storica, anche dell’audio, a cui nemmeno collezionisti e curatori di musei attribuirebbero alcun valore. Per adesso... ◾



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SPAZZOLINA PER LO STILO PLAYSTEREO Spazzolina a setole corte, specifica per la pulizia dello stilo dalla polvere e anche come applicatore per il fluido di pulizia. I classici applicatori a setole dure rischiano di danneggiare il cantilever, mentre quelli morbidi a pennellino non rimuovono tutti i residui sulla puntina. Questa nuova spazzolina è facile da utilizzare e molto efficace. La PlayStereo Stylus Brush: pulisce completamente lo stilo, riduce il rumore e la distorsione, rimuove le particelle e i residui accumulati, è totalmente sicura su tutti i tipi di testina. Cod. 67 - Prezzo: 7,00 euro

Articoli soggetti a variazione di prezzo.


ACCESSORI ADATTATORE PER 45 GIRI NAGAOKA L’adattatore AD-653 45 rpm è tornito dall’alluminio pieno per adattarsi perfettamente ai vostri 45 giri, non ne potete fare a meno. Cod. AD-653 Prezzo: 22,00 euro

BUSTE INTERNE PER LP IN CARTA FODERATA 25 buste interne per LP foderate, con foro centrale e fodera interna in polipropilene trasparente. Eccellente qualità e spessore della carta rinforzato rispetto allo standard. Perfetta attaccatura del velo senza increspature. L’etichetta del vinile è leggibile attraveso la fodera che copre il foro centrale. Cod. 82 - Prezzo: 15,00 euro

CLAMP PER GIRADISCHI IN GOMMA 60 GR. KAB ELECTRO-ACOUSTICS Clamp per giradischi in gomma per rendere i dischi perfettamente piatti ed utile per l’assorbimento delle vibrazioni con una livella a bolla incorporata. Per la sua leggerezza è indicato per i giradischi Rega e per tutti quelli che possiedono un motore poco potente. L’inserimento sul perno avviene a pressione e la realizzazione in gomma consente una installazione ferma che aiuta a smorzare le vibrazioni. Cod. 327 - Prezzo: 45,00 euro

BILANCINA DIGITALE PER FONORIVELATORI Schermo con tasti soft-touch, peso max ammesso 5,000g, tolleranza di errore 0.001g. Realizzata interamente in alluminio amagnetico, piatto bilancia realizzato in acciaio amagnetico e ad altezza disco, auto-spegnimento. Confezione lusso con batterie in dotazione, peso di calibrazione, giravite per vano batteria. La bilancina non è solo molto precisa, ma anche facilissima da utilizzare. La corretta forza d’appoggio sul disco è uno dei fattori critici nella messa a punto. Non rispettare le indicazioni del produttore può avere conseguenze negative sul suono. Cod. 070 - Prezzo: 59,00 euro

SPAZZOLA ANTISTATICA SUPER IN CARBONIO E VELLUTO È una spazzola per la pulizia a secco del vinile che unisce due file di fibre di carbonio a una testina di velluto. Si tratta di una soluzione altamente efficace al problema della polvere e dei residui che si accumulano nei solchi. Le fibre di carbonio associate ad una morbida e larga testina in velluto, rimuovono tutti i residui in una sola passata. Le fibre di carbonio sono posizionate sui lati esterni, mentre internamente agisce la testina in velluto. Applicando la spazzola sull'LP prima e dopo ogni ascolto, sporco e polvere scompaiono, e viene anche ridotta la carica elettrostatica. Cod. 621 - Prezzo: 20,00 euro

CLAMP PER GIRADISCHI IN METALLO 440 GR. Clamp per giradischi massiccio, ben realizzato e comodo da usare. Contribuisce a rendere i dischi perfettamente piatti mentre vengono suonati ed è utile per l'assorbimento delle vibrazioni. È realizzato interamente in metallo con finitura nero cromato lucido e la sua base è dotata di una strato di sottile velluto che rende ottimale il contatto con il disco. Dimensioni: 56 mm diametro x 40 mm altezza. Cod. 450 - Prezzo: 47,00 euro

LIVELLA SFERICA PER GIRADISCHI Precisa e assolutamente necessaria per la messa in bolla del giradischi, con diametro maggiorato da 43mm, non troppo piccola e ideale da collocare in diverse posizioni. Quando il giradischi è perfettamente in piano, le vibrazioni si riducono e il tracciamento è migliore. Cod. 557 - Prezzo: 7,00 euro

SET 4 BANANE CRUSADE AUDIO SILVER Set quattro banane placcate in argento, con fissaggio del cavo a doppia vite e pin di contatto forato ad elevata superficie, per la massima efficacia di contatto. Costruzione in ottone amagnetico placcato in argento. Adatte a cavi fino a mm 5 di diametro (cavo spellato). Cod. 271 - Prezzo: 22,00 euro set.

BRACCIO PER LA PULIZIA AUTOMATICA DEL DISCO IN VINILE Antistatico, per giradischi. Facile da installare e usare. Realizzato in metallo. Cod. 642 - Prezzo: 22,00 euro

TAPPETINO ANTISTATICO IN FELTRO CON STROBOSCOPIO PER GIRADISCHI Il tappetino in feltro contiene sottilissime fibre di carbonio che assorbono l'elettricità statica, per facilitare la rimozione della polvere dopo ogni utilizzo. Lo stroboscopio è marcato per la frequenza di rete di 50 Hz con indicazioni per i 33 1/3, 45, e 78 giri. Il tappetino misura un diametro di cm. 29.85 con un foro di cm. 0.635 per aderire al perno. Disponibile nel colore nero. Cod. 633 - Prezzo: 10,00 euro

BLU TACK Mastice rimovibile ad alta tenuta ed elevato assorbimento; da porre sotto le elettroniche e sotto i diffusori. Migliora la pulizia e la messa a fuoco sonora. Particolarmente indicato per il fissaggio di minidiffusori ai rispettivi supporti da pavimento. Si tratta del prodotto originale, che ha avuto numerose imitazioni ma risulta tuttora imbattibile per il tipo di applicazioni cui può essere destinato. Cod. BLU-T - Prezzo: 6,00 euro cad.

PAGLIUZZE PER CABLAGGIO BRACCIO-TESTINA Set di quattro pagliuzze con cavo e contatti placcati in oro. Lunghezza totale mm 45. Cod. 580 - Prezzo: 5,00 euro set.

Articoli soggetti a variazione di prezzo.


ACCESSORI PIATTELLO SOTTOPUNTA IN OTTONE NICHELATO SCURO Da posizionare sotto le punte delle elettroniche e dei diffusori, per disaccoppiare e proteggere pavimenti e ripiani. Diametro mm 16. Spessore totale mm 4,5. Cod. SPP16 Prezzo: 1,50 euro cad.

ANELLI SMORZATORI PER VALVOLE Il loro effetto si basa sull’eliminizione delle vibrazioni che incidono negativamente sul funzionamento delle valvole, migliorando la scena sonora. Resistenti ad elevate temperature (800° C). Cod. ELF-NOV - Prezzo: 2,50 euro cad. (diam. 20/25 mm - per: ECC83, 12BH7, EL84 e simili) Cod. ELF-OCT - Prezzo: 3,00 euro cad. (diam. 26/34 mm - per: 6SN7, 6SL7, EL34 e simili) PROVATO SU FDS 193

CAVO USB NEUTRAL CABLE Cavo USB per il collegamento del PC al DAC. Isolati in teflon e realizzati con conduttori di una particolare lega risultata la migliore nella trasmissione dei dati e nella riproduzione sonora. Rispetto ai normali cavi USB per PC in dotazione ai DAC sono evidenti i miglioramenti su parametri quali la fedeltà timbrica, la ricostruzione del soundstage e dell’ambienza, la dinamica, il senso del ritmo ed il dettaglio. Indispensabile per ogni appassionato di musica liquida. Lunghezza: 80 cm. Cod. USB - Prezzo: 120,00 euro PROVATO SU FDS 186 CAVO DI SEGNALE MANTRA 2 BLUE EDITION NEUTRAL CABLE Cavo di segnale in rame argentato isolato in teflon terminato con i pregiati connettori in rame tellurio Bullet Plug. Le sue caretteristiche elettriche e la schermatura particolarmente efficace lo rendono adatto, oltre che alle sorgenti digitali, anche all’utilizzo come cavo phono. Il cavo è direzionato. Cavo di grande musicalità ed equilibrio timbrico. Metri 1. Cod. MANSEG - Prezzo: 320,00 euro CAVO DI ALIMENTAZIONE MANTRA 2 BLUE EDITION NEUTRAL CABLE Cavo di alimentazione in rame argentato isolato in teflon della sezione di 3,5 mmq per polo terminato con spina Schuko Bals. La grande sezione ne consente l’utilizzo sia su sorgenti e preamplificatori che sugli amplificatori finali o integrati ad elevato assorbimento. La fase è indicata sulla Schuko. La grande sezione e la qualità dei materiali utilizzati permette al cavo di alimentare le elettroniche al meglio conferendo grande dinamica e miglioramenti nell’immagine, nel dettaglio e nella timbrica. Metri 1. Cod. MANALI - Prezzo: 150,00 euro CAVO DI POTENZA MANTRA 2 BLUE EDITION NEUTRAL CABLE Cavo di potenza in rame argentato isolato in teflon, trattamento insonorizzante, bassa capacità, terminato con bananine. Cavo dinamico, musicale e dettagliato al tempo stesso, immagine tridimenzionale, ottima presenza in gamma bassa. Metri 2,5. Cod. MANPOT Prezzo: 450,00 euro PROVATO SU FDS 170

STABILIZZATORE DI RETE DA 1500 VA PROD.EL Questo prodotto garantisce un intervento fulmineo ed un adeguato livello di protezione a tutte le apparecchiature collegate. Infatti la rete domestica ha una tensione molto instabile e piena di disturbi che inevitabilmente fa oscillare il voltaggio di alimentazione. In questi casi è molto utile l’utilizzo di uno stabilizzatore di rete. La circuitazione è costituita da un filtro per la radiofrequenza, un autotrasformatore e un circuito elettronico per garantire un’uscita costante. Dei led indicatori colorati danno il quadro, in tempo reale, di cosa stia succedendo a livello di rete in ingresso. Quattro prese ibride Schuko/USA sono ospitate dal pannello frontale assieme al fusibile generale di protezione e all’interruttore di accensione. Il pannello posteriore accoglie la presa d’ingresso, permettendo di fatto di introdurre un buon cavo di alimentazione e il connettore per la messa a terra con serraggio a vite. Disponibile anche nella versione 1000 VA e 500 VA. Cod. 1500VA – Prezzo: 590,00 euro (incluse spese di spedizione) Cod. 1000VA – Prezzo: 530,00 euro (incluse spese di spedizione) Cod. 500VA – Prezzo: 480,00 euro (incluse spese di spedizione) PROVATO SU FDS 175 ANELLI SMORZAVIBRAZIONI PER VALVOLE IN TEFLON HOHNER Anelli smorzanti di nuova concezione e di durata praticamente eterna. L’anello di teflon, del diametro opportuno (vedi misure riportate), è stretto sulla valvola da una molletta in acciaio. Sono venduti in confezioni da due e vanno montati uno per ciascuna valvola. Cod. ANEL-TEF03 Prezzo: 20,00 euro la coppia da 27,7-32 mm (per EL34, 5AR4 etc.)

PIEDINI VT5-RS XINDAK Set di 3 piedini composti da un basamento in legno di rosa con al centro un incavo che imprigiona una sfera in acciaio ad alto contenuto di carbonio. Posizionati sotto le elettroniche o minidiffusori, assorbono ed isolano dalle vibrazioni aumentando la messa a fuoco del suono e migliorando la definizione della scena. Questo prodotto è fortemente raccomandato per sistemi poco analitici e che sono caratterizzati da tonalità scure sulle medio ed alte frequenze, andando a riconferire il giusto equilibrio tonale. Cod. VT5-RS - Prezzo: 49,00 euro (set da 3) PIEDINI VT4-GS XINDAK Set di 3 piedini composti da un basamento in grafite ad alta purezza (99,99%) con al centro un incavo che imprigiona una sfera in acciaio ad alto contenuto di carbonio. Posizionati sotto le elettroniche o minidiffusori, assorbono ed isolano dalle vibrazioni aumentando la messa a fuoco del suono e migliorando la definizione della scena. Questo prodotto è fortemente raccomandato per migliorare la resa acustica di sonorità deboli nelle alte frequenze e che abbiano basse frequenze troppo imponenti. Cod. VT4-GS - Prezzo: 59,00 euro (set da 3) CAVO DIGITALE 75 OHM NEUTRAL CABLE Il cavo ha realmente un' impedenza di 75 ohm connettori compresi. Utilizza i pregiati connettori Canare RCA 75 ohm o BNC realizzati con contatti esterni in rame berillio, pin centrale dorato, isolante in teflon ed ha una doppia schermatura per proteggere la trasmissione del segnale digitale dalle interferenze RFI/EMI. Su richiesta terminato RCA/RCA; BNC/BNC; RCA/BNC (indicare la terminazione al momento dell'ordine specificando da quale lato sarà connesso alla meccanica o pc e da quale lato al dac). Metri 1. Cod. DIG - Prezzo: 150,00 euro

KIT PULIZIA CD E DVD NAGAOKA Il Cleaning kit è un liquido di pulizia per dischetti CD; si utilizza con il tampone in dotazione per una pulizia profonda del dischetto. Oltre a pulire il liquido protegge lo strato superficiale impedendo la formazione di polvere. Il miglioramento nel suono sarà immediatamente avvertibile. È semplicissimo da usare ed è innocuo. Cod. CL-30K - Prezzo: 21,00 euro

DAAD SET BASE / SET PRO È costituito da uno STUDIO DAAD e da due DAAD3. Lo STUDIO DAAD, costituito da un DAAD2 munito di asta telescopica, è da collocare al centro della parete retrostante ai diffusori: può essere alzato o abbassato per ottenere la corretta altezza della scena sonora. Può essere ruotato in posizione “diffusion” per ottenere una maggiore focalizzazione e brillantezza o in posizione “absorbtion” per avere un suono più morbido ed una scena sonora dotata di maggior profondità. I due DAAD3 vanno posti, uno per angolo, dietro ai diffusori per abbattere la melma sonora, per allargare l’immagine, per ottenere voci più trasparenti e pulite, per un miglior controllo, impatto e articolazione delle frequenze basse e medio-basse. Cod. DAAD-3 - Prezzo: 1.320,00 euro (incluse spese di spedizione) Cod. DAAD-5 - Prezzo: 2.420,00 euro (incluse spese di spedizione) PROVATO SU QCHF 06

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ACCESSORI

CAVO DIGITALE COASSIALE DC-01 XINDAK Il cavo utilizza 50 fili di rame OFC monocristallino di qualità 6N della Swiss Gotham come conduttore principale, mentre esternamente è ricoperto da un denso strato di fili OFC intrecciato per mezzo di spire avvolgenti per una efficace schermatura. È ideale per essere utilizzato con le uscite digitali coassiali di Lettori CD e DVD. Dotato di eccellente capacità analitica per le medie ed alte frequenze, riproduce la musica con un armonioso senso di realismo, ricreando totalmente l’ambientazione ed offrendo una sensazione di totale bilanciamento di tutta la gamma di frequenze: dona alla scena una squisita propensione musicale. Metri 1. Cod. DC-01 - Prezzo: 75,00 euro

CAVO DI SEGNALE AC-02 XINDAK Il materiale conduttore di base è American Straight Wire; i due poli sono protetti contro le interferenze elettromagnetiche da uno schermo in rame intrecciato a trama fitta; uno strato di morbido PVC e Nylon intrecciato bianco e nero avvolgono esternamente il cavo. I connettori sono placcati in oro 24k. Il tono complessivo è neutro tendente al caldo con ottime rese sulle alte frequenze. I toni medi sono vivaci e corposi con un profondo senso di realismo e trasparenza. In particolare i bassi sono puliti e profondi. Metri 1. Cod. AC-02 - Prezzo: 80,00 euro

CAVO DI POTENZA BI-WIRING SC-01B XINDAK Questo cavo è indicato per gli audiofili alla ricerca di un cavo per bi-wiring. I connettori sono placcati oro 24k e forniti con terminazione a banana. Offre un suono pieno, denso e armonioso, in grado di migliorare notevolmente le prestazioni del vostro sistema aumentando la corposità e le tonalità delle basse frequenze. Degne di nota sono la coerenza e la dinamica. Metri 2,5. Cod. SC-01B - Prezzo: 149,00 euro (la coppia) CAVO DI ALIMENTAZIONE PC-02 XINDAK È un cavo di alimentazione molto apprezzato dagli audiofili. Il materiale di base con cui è costruito con un conduttore Americano di qualità 5N OFC (OXIDE FREE COPPER), mentre le spine hanno notevolissime doti di affidabilità. Questo cavo è particolarmente indicato per alimentare le amplificazioni in Classe A. La sua tonalità è caratterizzata da bassi molto pieni, dalla grande coerenza e dinamica e dalla spiccata vocazione musicale. È in grado di migliorare drammaticamente i livelli di dettaglio degli impianti Hi-Fi. Metri 1,5 con presa Schuko. Cod. PC-02 - Prezzo: 99,00 euro CONDIZIONATORE DI RETE XF-500E XINDAK Lo Xindak XF-500E è un condizionatore di rete leggero e manegevole, di alta qualità, che risolve i problemi di suono sporco e di scena confusa dovuti alla presenza di rumori e distorsioni nella rete elettrica domestica. Questa unità adotta un sistema di filtraggio della rete elettrica di tipo multilivello e bidirezionale grazie all’impiego di condensatori e di induttanze di alta qualità, in modo da scongiurare gli effetti negativi causati dalle apparecchiature elettriche ed in modo da ridurre l’inquinamento presente nella rete elettrica domestica. Lo Xindak XF-500E è dotato di quattro prese Schuko. Cod. XF-500E - Prezzo: 249,00 euro PROVATO SU FDS 157 COMPONENTE HIFI PER MUSICA LIQUIDA X10 COCKTAIL AUDIO È dotato di lettore CD di altissima precisione e di un display LCD a colori da 3.5” con una semplice ed intuitiva interfaccia grafica in italiano. Può ospitare un hard disk interno SATA 3.5”, su cui registrare migliaia di CD audio e di brani di musica liquida in alta risoluzione. Può anche digitalizzare vinili e musicassette, ed è inoltre radio internet e music server. Cod. X10 - Prezzo: 352,00 euro (incluse spese di spedizione) PROVATO SU FDS 198

CONDIZIONATORE DI RETE CONSONANCE PW-1E OPERA AUDIO La configurazione prevede tre prese Schuko filtrate, racchiuse in un robusto ed elegante chassis in metallo. All'interno viene impiegato un filtraggio contro i disturbi RFI, con protezione dalle sovratensioni. La schermatura è totale, proprio grazie alla adozione di una struttura metallica invece che in plastica. L'adozione di una multipresa filtrata di assoluta qualità, come la Opera Audio Consonance PW-1E, assicura un miglioramento netto nelle performance del proprio sistema Audio/Video. Cod. PW-1E - Prezzo: 179,00 euro

CAVO DI SEGNALE AC-01 XINDAK Il materiale conduttore è quello impiegato per il famoso Monster 500 di produzione USA. I conduttori sono protetti da uno schermo contro i disturbi elettromagnetici, uno strato di morbido PVC e infine del resistente nylon intrecciato completano la finitura; le estremità sono terminate con connettori placcati in oro 24k. Le caratteristiche acustiche di questo prodotto sono i toni medi e alti delicati e armoniosi, i bassi veloci e l’intera gamma di frequenze offre un senso di equilibrio e aumenta il piacere di ascoltare la musica con un impianto HiFi. Cod. AC-01 - Prezzo: 65,00 euro CAVO DI SEGNALE BILANCIATO BC-01 XINDAK Il materiale di base del cavo è l’American Straight Wire, i connettori sono di costruzione svizzera (XLR originali) e la copertura è realizzata in nylon flessibile intrecciato. Lo Xindak BC-01 è progettato appositamente per gli audiofili che sono alla ricerca di una uscita bilanciata, e garantisce performance eccellenti. Il senso di realismo che offre è molto evidente, la tonalità è luminosa e piena con una ambientazione molto colorita. Metri 1. Cod. BC-01 - Prezzo: 90,00 euro PROVATO SU FDS 157

CAVO DI POTENZA SC-01 XINDAK Questo cavo rappresenta il modello standard della serie SC, utilizza come materiale conduttore il medesimo del Monster Cable americano ed è composto da 4 cavi costituiti da 6 gruppi di fili ricavati intrecciando a spirale 41 filamenti di rame OFC 5N del diametro di 0.125 mm. I connettori sono placcati oro 24k fornibili solo con terminazione a banana. Il suono che si ottiene è ampio e corposo, con tonalità calde. I livelli e le sfumature di colore sui toni medi e bassi sono pienamente soddisfacenti. I bassi sono concentrati e offrono notevole dinamicità, elasticità e profondità. È effettivamente in grado di migliorare un sistema audio dalle tonalità troppo esili e privo di bassi corposi. Metri 2,5. Cod. SC-01 - Prezzo: 129,00 euro (la coppia) PONTICELLI SS-1 XINDAK L’ SS-1 è ottenuto dall’intreccio di fili di rame con purezza 7N e fili d’argento 4N. Terminato con forcelle e banane laminate in oro 24K, è impiegato per sostituire il ponticello metallico in dotazione alle casse predisposte per il biwiring. È progettato principalmente per audiofili che cercano alte prestazioni e una riproduzione musicale di alta classe. Centimetri 20. Cod. SS-1 - Prezzo: 115,00 euro (4 pezzi) CONDIZIONATORE DI RETE XF-1000ES XINDAK Il condizionatore di rete XF-1000ES è dotato di un comodo voltmetro retroilluminato blu. Questa unità adotta un sistema di filtraggio della rete elettrica di tipo multilivello e bidirezionale grazie all’impiego di condensatori e di induttanze di alta qualità, in modo da scongiurare gli effetti negativi causati dalle apparecchiature elettriche ed in modo da ridurre l’inquinamento presente nella rete elettrica domestica. La funzione di cerca fase e di regolazione della stessa consente all’utilizzatore di correggere in tempo reale la fase. È disponibile con 8 prese Schucko. Cod. XF-1000ES - Prezzo: 429,00 euro PROVATO SU FDS 157 AMPLIFICATORE A VALVOLE PER CUFFIA MT-2 XINDAK È un raffinatissimo amplificatore integrato a valvole, pensato principalmente per l’utilizzo con la cuffia, ma che può tranquillamente essere utilizzato anche per collegare piccoli diffusori efficienti, al fine di realizzare un secondo impianto stereo di qualità. Il progetto adotta una coppia di valvole 6P1 nello stadio di preamplificazione, ed una coppia di valvole 6J1 quali driver. Il trasformatore di uscita è tipo E, realizzato appositamente da Xindak, mentre il trasformatore di ingresso è da 85 Watt e sempre di tipo lamellare Tipo-E. Sul lato destro è presente la presa jack 6.35mm per cuffia, e la porta USB per un perfetto abbinamento ad un PC. Attraverso la porta USB, questo amplificatore puo’ essere utilizzato come un DAC Audio esterno. Il timbro musicale è chiaro e trasparente, delicato, melodioso, caldo ed estremamente dolce. Potenza di uscita: 1.5 Watt / 4 Ohm; Peso: 5.5 kg - Dimensioni (LxAxP): 260 x 186 x 150 mm Cod. MT-2 - Prezzo: 490,00 euro PROVATO SU FDS 178 MULTIPRESA CONSONANCE PW-3E OPERA AUDIO La configurazione prevede cinque prese Schuko, racchiuse in un robusto ed elegante chassis in metallo. La schermatura è totale, proprio grazie alla adozione di una struttura metallica invece che in plastica: questo accorgimento elimina le interferenze in radiofrequenza (RFI). A differenza del modello Consonance PW-1E, questa multipresa PW-3E non adotta alcun tipo di filtraggio: ciononostante, l'incremento delle prestazioni complessive del proprio sistema Audio/Video sarà ugualmente evidente, rispetto alla adozione di una normale multipresa in plastica. Si percepirà una migliore qualità sia nella riproduzione audio, sia anche nella qualità del video. Cod. PW-3E - Prezzo: 149,00 euro

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CD e LP IN ESCLUSIVA PER I NOSTRI LETTORI 100 CARTOLINE AUTOGRAFATE IN ORIGINALE!

Eugenio Finardi

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Numero LP: 2 Tiratura: 100 copie Codice: 162981 - Prezzo speciale: 30,00 Euro ASCOLTATO SU FDS 158

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84 FDS 233 ▼

La Bacchetta Magica • CLASSICA DISCHI • di Violetta Valèry

Dove le parole finiscono, inizia la musica. (Heinrich Heine) Martha Argerich & Friends: Live from Lugano 2014 3 CD Warner Classics 2564613460

Warner Classics pubblica il dodicesimo set di 3 CD del Progetto Martha Argerich a Lugano. Le registrazioni celebrano i frutti musicali di un progetto in cui i giovani artisti si uniscono a interpreti di grande esperienza, come Martha Argerich, per esplorare l’ampia gamma della musica da camera e del repertorio orchestrale, comprendendo sia i pezzi più noti che quelli meno ascoltati. Il Progetto Martha Argerich giunge quest’anno alla quattordicesima edizione, fedele al modello collaudato inteso quale palestra di musica d’assieme che riunisce artisti di fama insieme con giovani talenti, offrendo loro la possibilità di esibirsi accanto ad interpreti affermati, tra cui artisti che hanno mosso i primi passi in questa originale rassegna. Anche se la figura della protagonista è decisamente dominante, l’edizione 2014 qui registrata è caratterizzata da collaborazioni di lunga data, quali Gidon Kremer, Gabriela Montero, Mischa Maisky, Gautier Capuçon e Lilya Zilberstein, e trovano spazio anche molti dei giovani protégées dell’Argerich, come i pianisti Anton e Daniel Gartenberg e i violinisti Geza Hosszu-Legocky e Andrey Baranov, vincitore quest’Ultimo del Queen Elizabeth Competition nel 2012. Tra i pianisti, sono presenti Alexander Mogilevsky, Francesco Piemontesi, Daniel Rivera, Dagmar Clottu, Akane Sakai, Eduardo Hubert; violinisti Dora Schwar-

zenberg e Michael Guttman, violista Nora Romanoff e violoncellisti Jing Zhao e Mark Drobinsky. Il pianoforte è stato al centro di tutti i programmi del Lugano Festival fin dall’inizio, sia in spettacoli di repertorio standard sia in quelli in cui si potevano apprezzare composizioni di raro ascolto, e la stagione 2014 non ha fatto eccezione. Ogni anno il Festival prevede un concerto per pianoforte con la signora Argerich come solista e questa è stata la volta del Concerto N. 20 in Re minore, K466 di Mozart, con l’Orchestra della Svizzera Italiana diretta da Jacek Kaspszyk. Martha Argerich esegue, quindi, sonate con ciascuno dei due collaboratori di lunga data, il violoncellista Mischa Maisky e il violinista Gidon Kremer; insieme a Maisky, esegue le variazioni di Beethoven su Bei Männern, welche Liebe fühlen sulla base del duetto di Papageno e Pamina nell’opera di Mozart Die Zauberflöte. Il pianista svizzero Dagmar Clottu appare per la prima volta in questa serie, unendosi alla Argerich nella Sonata per pianoforte a quattro mani di Francis Poulenc. Gautier Capuçon e Francesco Piemontesi eseguono la Sonata per violoncello di Poulenc, mentre Capuçon esegue la Sonata per violoncello in re minore di Frank Bridge, insieme a Gabriela Montero. Altre opere presenti sono il balletto jazzy di Darius Milhaud, La création du monde, eseguita con l’arrangiamento originale del compositore per quintetto di pianoforte; il primo quintetto per pianoforte di Alexander Borodin; la Prima Sinfonia di Felix Mendelssohn, composta all’età di quindici anni, in un arrangiamento di Ferruccio Busoni per due pianoforti e quattro pianisti; la Fantasia in la minore di Alexander Scriabin, previsto come opera per pianoforte e orchestra, ma abbozzato solo per due pianoforti, mai né orchestrata né eseguita durante la sua vita. Pochi artisti hanno nutrito e promosso giovani musicisti emergenti con il livello di impegno personale profuso da Martha Argerich, creando ispirate collaborazioni tra eminenti artisti e giovani promesse della musica da camera. Una leggenda per la sua padronanza tecnica e passione artistica, la Argerich possiede una straordinaria forza interiore, che ha sempre caratterizzato le sue performance, ma che ha anche influenzato e ispirato quelle dei suoi colleghi e protégées.


CLASSICA DISCHI • La Bacchetta Magica ▼ FDS 233

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Itzhak Perlman: Complete Recordings on Deutsche Grammophon 25 CD Deutsche Grammophon 4794708

Con questo cofanetto, contenente le copertine originali, Deutsche Grammophon festeggia il settantesimo compleanno di Itzhak Perlman. Tra il 1968 e il 2001, egli ha registrato 25 album per la DG e Decca - molti di loro clas-

sici - in partnership con alcuni dei più grandi artisti del suo tempo. Con le nuove note di copertina, un ricordo dello stesso Perlman e le foto delle sessioni di registrazione, questo insieme rende il giusto tributo al un grande artista. Il violinista e direttore d’orchestra israeliano fece il suo debutto con la Deutsche Grammophon con l’acclamatissimo Berg/Stravinskij Concerto (con Ozawa) e l’Elgar Violin Concerto (con Barenboim) nel 1980. Di questa ricca discografia, fanno parte anche le registrazioni del Concerto di Saint-Saëns e Wieniawski, Lalo, e Le Quattro Stagioni, in cui Perlman interpreta l’Inverno. Il set comprende anche il disco con le Arie di Bach, con Kathleen Battle e il violino di Perlman, e il disco dei Concerti di Tchaikovsky e Shostakovich, in cui Perlman dirige il suo giovane pupillo Ilya Gringolts. In questo prestigioso cofanetto, le registrazioni sono presentate nelle loro copertine originali. Una piacevole sorpresa è stata la “riscoperta” di due deliziose serie delle Variazioni di Mozart che non hanno trovato spazio nelle attuali pubblicazioni best seller dei Collectors Edition Box delle Sonate per violino di Mozart.

Bruckner: The Complete Symphonies 10 CD Pentatone PTC5186520 Orchestre de la Suisse Romande, Marek Janowski

Pentatone pubblica le sinfonie di Anton Bruckner registrate con l’Orchestre de la Suisse Romande, diretta da Marek Janowski. Si tratta di un set con niente di meno che un suono stellare e prestazioni straordinariamente costanti in tutte le sinfonie: Marek Janowski riesce a ottenere una straordinaria chiarezza e un perfetto equilibrio del suono da tutta l’orchestra, non solo grazie alla sua accurata lettura di quei lavori e alle vigorose performance dei musicisti: la magnifica acustica della Victoria Hall di Ginevra (sede naturale dell’Orchestre de la Suisse Romande e luogo dove sono state eseguite le registrazioni) ha fatto miracoli per le opere di Bruckner. Per quanto riguarda le interpretazioni, Janowski conosce bene il suo Bruckner e porta l’orchestra ad un livello superiore. Questo cofanetto contiene nove SACD più un bonus, sempre SACD, la Messa N. 3 in Fa Minore, che completano il ciclo delle Sinfonie di Bruckner. Chi sostiene che una nuova registrazione di una sinfonia di Bruckner in SACD sia già di per sé un evento speciale, può solo immaginare cosa significhi avere tutte le sinfonie complete riunite in un prestigioso cofanetto. In queste registrazioni, Janowski ha forgiato uno strumento che riproduce le tele riccamente intessute di Bruckner con una combinazione di calore, trasparenza e peso tonale, in cui gli ottoni risultano essere particolarmente suggestivi. Pentatone ha fornito un

eccellente supporto tecnico alla straordinaria arte di Janowski e della sua Orchestra di Ginevra, compiendo un altro passo significativo verso quello che, alla fine, si rivelerà come uno dei cicli di Bruckner migliori mai registrati del XXI secolo.


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La Bacchetta Magica • IL DISCO DEL MESE • di Mauro Bragagna

IL DISCO DEL MESE KENDRICK LAMAR

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“TO PIMP A BUTTERFLY” CD Aftermath/Interscope Records 0602547270917

i chiama Kendrick perché mamma era una fan dei Temptations, e il falsetto del fondatore della band, Eddie Kendrick, è impossibile da dimenticare. Il giovane Lamar non ha portato un nome così pesante come un fardello, ma come uno stimolo. Arrivato al secondo album si è già ritagliato uno spazio ben definito all’interno della musica nera. Meglio, nella Storia della musica nera. Bum! No, non esageriamo, in un’America con i sensi di colpa è descritto come un Bob Dylan di ventisette anni nato con la pelle nera, complesso e intelligente come Woody Allen e trascinante come un James Brown dei giorni nostri, con l’hip-hop che ha preso il posto del funk. Sì, Kendrick è un rapper, ma lo è come Frank Zappa è stato un rocker: eccentrico, destabilizzante, indisciplinato. Il protocollo lo segue solo per violarlo con maggior voluttà. Se Zappa alternava “stupidsong” e musica colta, Lamar demolisce dall’interno l’iconografia più scontata del rap (coatti che ostentano medaglioni d’oro, macchine sportive italiane e chiappone prêt-à-porter), osando collage musicali a base di vecchio funk e jazz antico, senza rinunciare all’estetica dell’hip-hop più avventuroso. To Pimp a Butterfly è un disco ambizioso che ricorda l’album postumo di Miles Davis, l’incompiuto Doo Bop (1992), e pure la teoria di Quincy Jones secondo la quale l’hip-hop è la prosecuzione del be bop. Anche se la ricchezza delle “canzoni”, fantasmagorica, rischia di sfuggire durante un ascolto superficiale, meglio recuperare i testi come se fosse un album di Leonard Cohen. Sono sboccati come i racconti di Bukovski, le canzoni di Zappa e i sonetti di Marziale, così diretti da rendere le tracce ardenti come carne viva. To Pimp a Butterfly, “fare il magnaccia a una farfalla”, è un titolo che annuncia situazioni piccanti – explicit lyrics, ovviamente- ed è destinato a diventare un classico all’istante, come la sua musica. Che nasce dal ghetto, ma come il cinema di Spike Lee non risparmia critiche ai fratelli, va oltre il consueto “non ti fidare dell’uomo bianco”, anche se in copertina vediamo un giudice – bianco - con una X sugli occhi e una folla di neri minacciosi davanti alla

Casa Bianca. Per Obama Springsteen ha scritto Working on a Dream ma il sogno non si è avverato, essere “abbronzati” in America non è ancora la cosa più facile del mondo. L’album si apre con la splendida Wesley Theory, che ci trae in inganno come Ulisse, con un campionamento della candida Every Nigger is a Star, per colpirci a sorpresa con un gancio alla Cassius Clay. Racconta la storia di un artista nero di successo come John Wesley, precipitato dal Cielo all’Inferno, tre anni di carcere per evasione fiscale. Il rapper di Compton considera il denaro come Martin Lutero, “lo sterco del Demonio”, non sopporta di vedere la sua gente, liberata dalle catene di metallo, schiava del materialismo. Che Kendrick conosca bene la storia della musica nera lo si intuisce dai campionamenti di Isley Brothers, Lalah Hathaway, Michael Jackson, Ahmad Lewis, James Brown… e dal fatto che fra gli ospiti oltre a Thundercat, Snoop Dog, Dr. Dre e Pharrell Williams ci sia anche la leggenda funk George Clinton, il mentore di Prince. Come il recente Black Messiah di D’Angelo, anche To Pimp a Butterfly è un album di grande successo commerciale che concede poco al facile ascolto, rinunciando alle melodie e agli arrangiamenti rassicuranti della musica nera da classifica. Kendrick Lamar descrive il presente ma lavora per i posteri.

Verrà ricordato per la genialità di certi accostamenti, per le timbriche inusuali, per l’audacia Napoleonica della musica. C’è chi sostiene che gli album non abbiano più ragione di esistere, eppure questo è proprio un ALBUM, eccome, pensato per avere un senso compiuto dall’inizio alla fine. Peccato che Kendrick non si sia ribellato anche alla moda di realizzare dischi senza un’adeguata gamma dinamica. To Pimp a Butterfly ha un mediocre DR6. Non è l’unico parametro per valutare la qualità del suono, ma insomma... SUFFICIENTE/DISCRETO



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ROCK E I SUOI FRATELLI AUDIOFILI • di Mauro Bragagna

Father John Misty “I Love You, Honeybear” 2LP+ CD Bella 476V

Sufjan Stevens “Carrie and Lowell” LP + download Asthmatic Kitty Record AKR099

Prima le cattive notizie. I Fleet Foxes, la deliziosa formazione che solo pochi anni fa ha conquistato le orecchie di mezzo mondo con il suo carezzevole neo-folk bucolico e corale, non ci sono più. La notizia buona è che il batterista, Josh Tillman, non era nella band per fare il Ringo Starr: anche da solista ha molto da raccontare e da suonare. Il suo secondo album con il nome d’arte Father John Misty è una piacevole conferma, ancora impreziosito dalla produzione di Jonathan Wilson, l’uomo che contro ogni pronostico è riuscito a far tornare di moda il Laurel Canyon e la California degli Anni Settanta. Nonostante il titolo da Baci Perugina, I Love You, Honeybear è originale come la copertina, un po’ bizzarra e un po’ blasfema. Racconta la storia d’amore con Emma, dopo il loro arrivo a Los Angeles. L’approccio è dolcemente psichedelico e niente affatto scontato, Josh narra la sua vita con una sincerità che corteggia il cinismo. Il giorno del matrimonio, ad esempio, è raccontato in Holy Shit: non serve il vocabolario per tradurre il titolo, vero? Father John Misty cerca la complicità dell’ascoltatore e lo accoglie con una ricchezza di suoni forse imprevista: Strange Encounter ha il passo delle grandi colonne sonore, I Love You, Honeybear è orchestrale e lussuosa come certi regali per la Prima Comunione, in Chateau Lobby # 4 (in C for Two Virgins) arrivano persino i fiati mariachi, mentre in When You’re Smiling and Astride Me la chitarra ricorda il George Harrison con la band di Liverpool. Un album di spessore, privo di innocenza come un cartoon dei Simpson. Bored in the USA è la triste colonna sonora di un’America che ha smesso di correre e sudare come Bruce Springsteen, un ritratto dolente in cui fanno capolino le risate campionate, come in una sit-com. Ma non fanno sorridere.

La musica ha perso l’importanza di un tempo, ma la vita no. Così Sufjan Stevens, musicista genialmente eclettico, autore di due box di canzoni natalizie e di un disco dedicato agli animali dell’oroscopo cinese, ha deciso di non produrre un album di canzoni tout court, ma di farci entrare per un attimo, lungo due facciate, nella sua vita vera. La storia di Carrie and Lowell è così triste, a prima vista, da farti venire la voglia di starne alla larga. Carrie è la madre di Sufjan, travolta da problemi come la schizofrenia, la depressione e l’alcolismo, tanto gravi da portarla a lasciare il figlio quando aveva solo un anno. Successivamente ha avuto una storia d’amore con Lowell, e Sufjan si è trovato a trascorrere con la coppia qualche estate. Lowell è stato importante anche per la sua formazione musicale, tanto che insieme hanno fondato la casa discografica Asthmatic Kitty… Adesso che la madre non c’è più Stevens ha cominciato a viaggiare con l’immaginazione ed a scrivere in forma di canzone i suoi ricordi. Ne è uscito un album che al primo ascolto appare sconcertante, tanto è dimesso e semplice, e dopo un po’ ti lascia senza parole. Accidenti Sufjan, ma come ci sei riuscito? Quell’inizio, poi, Death with Dignity, un titolo che dice tutto e di più. Accidenti Sufjan, hai ragione, quasi ce lo eravamo dimenticati, che siamo costretti a morire, prima o poi, ma ce lo ricordi con una leggerezza degna di Italo Calvino. Carrie and Lowell è un album di un’intimità quasi inedita, scarno come le celle del convento in cui di notte ti annunciano il memento mori. Può piacere o meno, questo folk gentile e sussurrato, ma la foto di copertina, uno scatto di qualità polaroid che ritrae mamma Carrie e il patrigno Lowell, rimarrà una delle cose da ricordare del 2015. E dietro la copertina, la musica.

La prima edizione in vinile è andata a ruba, ma poco male: presentava difetti di stampa e/o packaging, i dischi erano quasi tutti ondulati. Le copie attualmente reperibili invece sono ok, contengono anche un poster e un’ironica guida alle canzoni. Bellissima la confezione, peccato che il suono non si elevi dallo standard della loudness war: è povero di armoniche, anche se gira a 45 giri come certe edizioni audiophile. Con il cd, inserito come bonus, si perde davvero poco. SUFFICIENTE

Il sapore della vita che solo in parte abbiamo trovato in “Mia Madre” di Nanni Moretti, trabocca da questo vinile fino a travolgerci. Dal punto di vista audiofilo ci sarebbe molto da ridire, in apparenza, perché le canzoni assomigliano a dei provini registrati per uso personale. Data la natura dell’album, inciso a cuore aperto, il suono risulta però azzeccato come la copertina sbiadita. Alcuni pezzi sono stati registrati con un iPhone in una camera d’albergo a Klamath Falls, Oregon. BUONO/OTTIMO

Pops Staples “Don’t Lose This” LP+ download dBpm Records 7398-1

C’è sempre una certa diffidenza, nei confronti delle opere postume, e spesso a ragione. Ma la volontà di pubblicare questi nastri è stata espressa da Roebuck “Pops” Staples (19142000) alla figlia Mavis poco prima di andarsene, e proprio con la frase che dà il titolo all’album: “non perderlo”, non lasciar perdere queste canzoni. E la figlia, una delle voci più profonde d’America, con un certo ritardo ha mantenuto la promessa: “non lo farò, papà”. Pops è stato il fondatore ed il mentore degli Staple Singers, leggendaria formazione soul/gospel che ha accompagnato la storia americana del Novecento, coniugando bellezza della musica e consapevolezza nella lotta per i diritti civili. Erano sul palco del Lincoln Memorial di Washington, quando Martin Luther King ha pronunciato il celebre discorso “I have a dream”… Don’t Lose This è il quarto album solo di Pops in mezzo secolo di carriera, le canzoni erano state registrate voce e chitarra – una chitarra mai strimpellata, badate bene: lo stile di Pops è quello di un Maestro - e sono state completate con rispetto e tanto buon gusto da Jeff Tweedy dei Wilco, che ha prodotto i due ultimi album di Mavis Staples e ne è diventato amico. Pochi strumenti e voci stupende, niente di nuovo sotto il sole, ma l’alchimia creata dal canto e dalla chitarra di Pops è senza tempo. Anche quando riprende canzoni imparate a memoria come Will the Circle be Unbroken, insegnata alle figlie nel 1950, non riesce ad essere banale. Musica zeppa di poesia e di Fede, come si evince da ogni nota e con particolare curiosità nel finale, una Gotta Serve Somebody registrata dal vivo, presa dal repertorio – caduto nell’oblio - della svolta cristiana di Bob Dylan, sul finire degli Anni Settanta.

Ascoltando queste canzoni si capisce perché Pops ci fosse così affezionato… Fortunatamente ce le possiamo godere anche dal punto di vista tecnico. Le registrazioni di Pops, realizzate nel 1998, sono state completate nel 2014 da Tweedy nell’ormai abituale The Loft di Chicago, e il risultato va oltre le aspettative. Su vinile la voce di Pops è ancora splendida e gli interventi strumentali sono incisivi ma educati, come si conviene alle occasioni speciali. BUONO


ROCK E I SUOI FRATELLI AUDIOFILI ▼ FDS 233 Colapesce “Egomostro” CD 42 Records 42-031

Godspeed You! Black Emperor “Asunder, Sweet and Other Distress” LP+ download Constellation Records CST111-1

I vinili italiani mi guardano male. Sono quelli di Alice, Rachele Bastreghi (Baustelle), Jovanotti e Carmen Consoli, che per diverse ragioni – soprattutto per mancanza di spazio non sono riusciti a trovare spazio nelle rubriche di Fedeltà del Suono. E’ “solo” un cd, ma anche il nuovo album di Colapesce ha rischiato di essere archiviato, intristito dalla mancanza di coinvolgimento di un pubblico italiano più interessato al ritorno di Albano e Romina o agli acuti delle suore canterine, piuttosto che all’originalità degli artisti quando sono ancora cuccioli. Egomostro è un titolo che non fa rimpiangere Un meraviglioso declino, vincitore della Targa Tenco per la miglior opera prima del 2012. Non ha il pubblico della De Filippi ma a sorpresa è stato scoperto dalla Francia, e in particolare da “Le Monde”, che ha dedicato a Lorenzo Urciullo (Colapesce, lo avrete intuito, è un nome d’arte) queste parole preziose: “l’unico erede tardivo di Lucio Dalla e Franco Battiato, quello che può rigenerare il devastato paesaggio della canzone transalpina”. Vista dalla Francia, ovviamente, la nostra. Nell’Italia devastata da cantautori scadenti Colapesce giganteggia senza alzare la voce, sussurra le parole e si muove in un ambito di artigianato pop, fra Xtc e Denovo, ma graffia come Il Teatro degli Orrori o gli Zen Circus. Ad esempio in Maledetti italiani, dove osserva che quando è scoppiata la crisi mondiale “era in cucina a mangiare una mela” e che “la mafia è diventata pop, la musica fa vittime”. La penna è intinta nel vetriolo, ma la melodia –maledetti italiani, maledetti, maledetto me – è dolcissima. L’album è un pochino statico, ma gronda idee e intelligenza politicamente scorretta. Se volete avere un’idea di Colapesce potete cercare in rete il video di Maledetti italiani, che si apre con una frase di Indro Montanelli: “Per l’Italia non vedo un futuro, per gli italiani ne vedo uno brillante”.

Non rilasciano interviste, sono misteriosi come Salinger e polemici come Massimo Fini. Odiano le guerre americane e le case discografiche. Punk nello spirito, anche se suonano una musica estremamente complessa e articolata. Sono seguiti da un culto così profondo e fedele da ricordare quello che ha accompagnato gli Smiths o i Joy Division. Solo che i Godspeed You! Black Emperor non fanno canzoni, ma sono esponenti di quello che per anni è stato chiamato post-rock. Musica per lo più strumentale e pensosa, talvolta minacciosa, che ama flirtare con la dinamica dei suoni, alternando momenti sommessi e minimali, dove il suono sembra spegnersi, ed esplosioni di energia che ricordano la musica sinfonica più potente. Per una decina d’anni il progetto parallelo della band canadese, Silver Mt. Zion, sembrava aver fagocitato la formazione principale, ma da qualche tempo i Godspeed… si sono riappropriati del loro ruolo: sono stati i primi a definire l’estetica della casa discografica alternativa Constellation, dal suono personale come quello di una Ecm o una Motown, riconoscibile a prescindere dall’artista. In Asunder, Sweet and Other Distress le chitarre lancinanti si inseriscono in architetture sonore che ricordano il Krautrock più delirante o i Mogwai più creativi. Si è fatto anche il nome di Morricone, ma nonostante l’amore che coltiviamo per il grande compositore italiano sinceramente non ne abbiamo trovato traccia, neppure a sprazzi, fra le nuvole cupe che fanno da sfondo alla loro arte. Rispetto al passato applaudiamo un’inedita capacità di sintesi: solo quaranta minuti di musica divisi in quattro composizioni, ma Asunder, Sweet and Other Distress si ascolta come un’unica suite.

Il libretto del cd è realizzato con le immagini de “Il trionfo della morte” (1446 circa), autore sconosciuto, Palazzo Abatellis, Palermo. L’Europa non ci ama, ma siamo pieni di bellezza, anche se ci piace sprecarla. Un po’ ne troviamo nel dischetto fucsia di un artista dal nome assurdo, tecnicamente realizzato senza effetti speciali ma efficace. DISCRETO/BUONO

La Constellation non si smentisce: confezione curatissima, copertina apribile con tanto di poster, vinile vergine 180 grammi stampato dalla Optimal in Germania. Se la musica vi appare compressa non è quindi colpa della loudness war, i Godspeed non si prestano a certi trucchetti, ma perché il mondo post- apocalittico che descrivono in Asunder… lo vogliono rappresentato con un suono claustrofobico. Prendere o lasciare. SUFFICIENTE

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Ali “Farka” Touré with Ry Cooder “Talking Timbuktu” 2LP + download World Circuit WCV 040

Ali Touré era noto come “Farka”, Asino, perché era robusto e resistente: l’unico sopravvissuto di dieci fratelli, portati via dalle tante malattie che tormentano il Mali. Il suo primo strumento, il djerkel, se lo è costruito da solo quando era bambino: una scatola di latta (che in precedenza aveva contenuto delle sardine), un pezzo di legno e uno spago. Un’unica corda per il più povero degli strumenti ma, come dice Woody Allen, “Basta che funzioni”. Potremo andare avanti con gli aneddoti, ma Ali non è mai stato il tipo di africano che si piange addosso, tutt’altro. Più che un musicista si è sempre considerato un agricoltore, ha fondato un’azienda agricola che dava lavoro a trenta persone, convinto com’era che un coltivatore africano potesse produrre più noccioline per ettaro di un texano. Non vedeva bene l’emigrazione dal Mali perché impoveriva il Paese, né i musicisti che arrivati in Occidente annacquavano la loro arte per renderla più commerciale. Era orgoglioso della sua cultura: il blues non è nato lungo il Mississippi, secondo Ali, ma lungo le coste del fiume Niger. E quando ha scoperto la chitarra elettrica ha mescolato le radici africane, misteriose ed antiche, con il blues alla John Lee Hooker. L’incontro con Ry Cooder, il musicista americano più attento ai suoni del mondo, è stato quasi inevitabile e, soprattutto, memorabile. Talking Timbuktu ha vinto il Grammy Award del 1995, ma soprattutto ha superato tutte le barriere, politiche, mentali ed artistiche. Non c’è una lotta fra Stati Uniti ed Africa per il blues più bello e avvincente, tutte le canzoni sono firmate da Ali ma il tocco di Ry è magico come quello di Lubitsch. È un incontro di anime: la gioia di suonare che si vede nella foto di copertina la ritroviamo tutta nella musica. Un disco indimenticabile, uno degli album di World Music più riusciti di sempre. Una curiosità: Diaraby è stata scelta da Bernardo Bertolucci per la colonna sonora de “L’Assedio”… Poche volte una ristampa in vinile – con la chicca di una versione alternativa di Lasidan - ha fatto tanta luce. Nel settembre del 1993 Touré lasciò la sua fattoria per un breve tour negli Stati Uniti e per registrare questo disco con Ry Cooder. Pochi giorni in studio, con gli interventi di fan come Clarence Brown, John Patitucci e Jim Keltner, e il capolavoro è servito. Nessuno si è mai lamentato del suono del cd, il mastering è di Bernie Grundman, ma nell’inedita versione doppio vinile 180 grammi la musica ci sembra un pizzico più vicina. OTTIMO


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APPUNTAMENTI D’ASCOLTO • a cura della Redazione

Rassegna di concerti ed eventi di tutti i generi musicali per lasciare, una volta tanto, 22 maggio, Roma, Auditorium Parco della Musica Milagro Acustico & Fla-

menco Tango Neapolis Vento Moresco Milagro Acustico e Flamenco Tango Neapolis presentano Vento Moresco, un progetto artistico che unisce musica e danze della cultura mediterranea: partendo da Oriente, dalla Turchia e passando per la Sicilia, l’isola giardino degli arabi, approda a Napoli, prosegue per la Spagna, si trasforma a passo di flamenco e continua il suo viaggio a bordo dei piroscafi che portano i nostri migranti in terre lontane, in Argentina dove il vento prende una nuova forma, quella del tango. Vento Moresco è la brezza che segue le rotte delle navi mercantili che da Oriente, dagli Scali di Levante, portano mercanzie e uomini in Occidente e con loro cultura, musica, strumenti, balli e nuove idee che nel tempo andranno a radicarsi, mischiandosi con la cultura locale, fondendosi con gli strumenti, confondendosi con i passi di danza. Musica, ballo e poesia si susseguono in uno spettacolo fortemente evocativo, animato da circa venti artisti fra musicisti e danzatori, che accompagneranno lo spettatore attraverso il Mediterraneo, la sua cultura e le sue tradizioni. Vento Mo-

resco nasce con il proposito di evidenziare l’aspetto positivo delle migrazioni e quanto di buono può scaturire dall’incontro fra le culture.

23 maggio, Roma, Auditorium Parco della Musica Radiodervish Cafè Jerusalem Cafè Jerusalem è il titolo del nuovo progetto musicale dei Radiodervish. Un album dove viene data voce e suono ai ricordi di una società che ha vissuto una travolgente trasformazione intorno alla metà del secolo scorso nella città di Gerusalemme. Entrando nella dimensione del caffè mediorientale si rivela il carattere multiculturale di una città dove tradizione e modernità si confrontano e dove, grazie alla presenza dei racconti degli Hakawati, i cantastorie che animavano i caffè di Gerusalemme, si entra facilmente in dimensioni fiabesche e surreali parallele. L’eredità culturale palestinese custodita nei semplici oggetti, negli eventi e nella memoria dei personaggi viene mostrata a partire dalla scoperta dell’amore verso il diverso e dall’amara consapevolezza delle difficoltà implicite, in quanto inevitabili trasformazioni hanno mutato il percorso storico di quella terra. Gerusalemme, ancora oggi, continua ad essere al centro di un conflitto singolare, ricco di simboli che condizionano la storia e la coscienza del mondo. Canzoni e brani strumentali si alternano in un affresco impressionistico ispirato a un testo ambientato nella città eterna concepito da Paola Caridi, scrittrice e giornali-

sta che ha vissuto a Gerusalemme per più di dieci anni.

28 maggio Assago (Mi), Mediolanum Forum 18 luglio Piazzola sul Brenta (Pd), Company Arena - Hydrogen Festival 20 luglio, Barolo, Piazza Colbert Barolo - Festival Collisioni 21 luglio Roma, Auditorium Parco della Musica 22 luglio Lucca, Piazza Napoleone - Lucca Summer Festival An Evening With Mark

Knopfler and Band Fondatore, sul finire degli anni Settanta, dei Dire Straits, la carriera solista di Mark Knopfler si sviluppa parallelamente a partire dal 1983, quando scrive la colonna sonora per il film di David Puttnam Local Hero. E’ il primo di numerosi lavori cinematografici su commissione, anche in collaborazione con Guy Fletcher dei Dire Straits, ma il vulcanico Mark ha un curriculum di tutto rispetto anche come produttore discografico: Knopfler lavora al banco di regia per artisti come Bob Dylan (Infidels), Randy Newman, Willy DeVille, Aztec Camera e Tina Turner. Nel corso degli anni ’80 non produce molto al di là dei Dire Straits: a fine decennio, in compagnia degli amici Brendan Croker e

Steve Phillips, pubblica però un delizioso album in stile rétro a nome Notting Hillbillies. Messa in stallo la band principale, gli anni ’90 vedono Knopfler diradare di molto i suoi impegni discografici, collaborare con il grande chitarrista Chet Atkins per un album a nome di entrambi e partecipare a diversi progetti di altri artisti, mentre nel 1996 esce il primo vero album solista, Golden Heart, con ospiti internazionali e atmosfere sospese tra Irlanda e America. Con il nuovo millennio, dopo un periodo di silenzio interrotto soltanto dal lavoro per altre colonne sonore, l’attività solista dell’ex Dire Straits si intensifica: tre album solisti tra il 2000 e il 2004, Sailing To Philadelphia, The Ragpicker’s Dream e Shangri-La, che evidenziano in maniera crescente l’interesse del musicista per la mitologia e le sonorità tradizionali americane. Inclinazione confermata, nel 2006, da All The Roadrunning, disco di materiali originali inciso in coppia con Emmylou Harris ma ancora una volta di stampo countryfolk. Il 2007 è l’anno in cui il viaggio musicale di Mark Knopfler, riattraversando l’oceano Atlantico, torna nella natia Gran Bretagna. Kill To Get Crimson, infatti, è caratterizzato da suoni, storie e impressioni che pescano direttamente dalla tradizione musicale di Albione. Su percorsi musicali parzialmente simili, caratterizzati prevalentemente da sonorità folk/celtiche (ma con deviazioni nel rock, nel blues e nella musica anni Trenta, Quaranta e Cinquanta) si


APPUNTAMENTI D’ASCOLTO ▼ FDS 233 sviluppa anche il successivo Get Lucky, pubblicato nel corso del 2009. Mark Knopfler ha dato il via al suo tour europeo che lo porterà in Italia da maggio ad agosto, in alcuni concerti che saranno la prima opportunità per i fans di ascoltare dal vivo i brani del suo ottavo album solista, Tracker, che contiene il marchio di fabbrica della sua voce quieta e della sua chitarra. Mark Knopfler, infatti, è uno dei pochi musicisti riconoscibili, sia attraverso il modo di cantare che quello di suonare. Tracker è in parte ispirato ai viaggi che ha fatto, ai posti dove è andato a suonare, con canzoni come Lights of Taormina o Silver Eagle, oppure anche a scrittori, come Beryl Bainbridge o Basil Bunting, con due canzoni che prendono il titolo dai nomi dei due scrittori. Un disco colto, intenso, lirico, profondo, che lentamente cresce dentro di noi, facendoci entrare, ascolto dopo ascolto, in ogni canzone. Inciso a Londra, negli Studios British Grove, l’album vede Mark affiancato dal fido Guy Fletcher alle tastiere, quindi da John McCusker (violino), Mike McGoldrick (flauto), Glenn Worf (basso) e Ian Thomas (batteria).

esibirsi live all’Auditorium Parco della Musica di Roma con Plurale Unico, una sola e irripetibile serata che, nel suo stesso nome, racchiude il senso dell’unicità dell’evento. Sul palco, insieme alla sua band storica, Bersani ospiterà infatti amici e colleghi che si mescoleranno con lui in uno spettacolo di forza corale. Dopo il tour di Nuvola Numero Nove, che aveva affascinato le platee di tutta Italia, Samuele si ripresenta dal vivo con lo stesso incanto, questa volta per un concerto speciale, dove le canzoni avranno i suoi colori ma anche quelli di coloro che lo affiancheranno, come Caparezza, Malika Ayane, Carmen Consoli, Pacifico, Musica Nuda e molti altri ancora. 4 giugno Roma, Città dell’Altra Economia al Campo Boario Testaccio – Eutropia 16 giugno Catania, Villa Bellini 18 giugno Firenze, Le Mulina Teatro 19 giugno Verona, Teatro Romano 20 giugno Bollate (Mi), Villa Arconati - Villa Arconati Festival Patti Smith, 1975 – 2015:

30 maggio, Roma, Auditorium Parco della Musica Samuele Bersani Plurale

Unico Samuele Bersani torna ad

quarant’anni di Horses Millenovecentosettantacinque: agli albori del punk, usciva Horses primo album di Patti Smith per l’etichetta discografica Arista Records, prodotto da John Cale. Duemilaquindici: la cantautrice ameri-

cana e la sua band celebrano i quarant’anni di questo disco che è ormai considerato una vera e propria pietra miliare della storia del rock, con un tour mondiale che include alcune date in Italia. Sul palco insieme a lei, Lenny Kaye alla chitarra e Jay Dee Daugherty alla batteria, storici compagni dal 1975 e che hanno partecipato alle recording session di Horses, il figlio Jackson Smith, alla chitarra e Tony Shanahan al basso che collabora con Patti dal suo ritorno sulla scena, dalla metà degli anni Novanta. Sacerdotessa del rock, passionaria di Chicago, poetessa, sciamana selvaggia, molte sono le etichette con le quali nel corso degli anni hanno provato a definirla. Ma Patti Smith è Patti Smith. Una straordinaria autrice e interprete, una delle figure femminili più carismatiche e dirompenti della storia della musica dalla fine degli anni Sessanta ad oggi, che continua a rinnovarsi anche attraverso la scrittura e a catturare anche le generazioni più giovani con l’intensità visionaria della forza che emana.

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tra cui 6 Grammy, un Brit Award, un Order of the British Empire e un Ivor Novello Award. È entrato nella Rock and Roll Hall of Fame, ha ricevuto la laurea ad honorem dalla Queen’s University Belfast e dalla University of Ulster e gli è stato conferito il titolo di Officier dall’Ordre des Arts et des Lettres francese, a conferma della portata internazionale della sua arte. La sua proposta musicale non conosce confini di genere: Van Morrison ha infatti collaborato con artisti come John Lee Hooker, Ray Charles, Lonnie Donegan, Mose Allison e Tom Jones, solo per citarne alcuni. Il suo songwriting visionario e la padronanza dei diversi generi continuano a caratterizzare album con cui celebra e riesplora le sue radici blues, jazz, skiffle e country. Con un repertorio tra i più rispettati nella storia della musica, Van Morrison è un compositore, cantante e performer dal talento ineguagliabile. 6 giugno Milano, Teatro Manzoni James Taylor Quartet

6 giugno Brescia, Piazza della Loggia - Brescia Summer Festival Van Morrison In Concert

Van Morrison è considerato un artista tra i più prolifici e un performer tra i più straordinari dei nostri tempi. Ha ottenuto numerosi premi e onorificenze,

Una miscela esplosiva di Soul, Funk, Jazz, Spy Movies, R’n’B, il James Taylor Quartet è una delle band che ha definito il genere acid jazz, ed il suo leader, James Taylor, nel corso degli anni ha collezionato le più svariate partecipazioni ai dischi di artisti del calibro di U2, Pogues, Manic Street Preachers,


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APPUNTAMENTI D’ASCOLTO

fino ad arrivare agli ultimi lavori di Tom Jones e Tina Turner. Il quartetto nasce nel 1985, quando il tastierista James Taylor, già con un’avviata carriera solista decide di incidere con la sua band il brano Blow-up, cover funky di Herbie Hancock. Due anni più tardi è la volta del disco di debutto, Mission Impossible, lavoro che contiene ancora una volta una serie di cover dei brani apparsi in pellicole degli anni sessanta, come Alfie, Mrs. Robinson e Goldfinger. Il secondo disco, The Money Spider, è la colonna sonora di un film immaginario; nel frattempo la band consolida il suo successo grazie alle esibizioni dal vivo, in cui c’è molto spazio per brani nati dall’improvvisazione. Negli anni Novanta, però, la band cambia direzione andando verso il soul e l’acid jazz; cambiano diversi cantanti (Noel McCoy rimane in pianta stabile) e il singolo Love the life entra in classifica, accompagnando il disco Supernatural Feeling nell’entrata tra i primi trenta dischi più venduti. L’album successivo è In The Hand Of The Inevitable (1995). Nel 2011 arriva il nuovo disco, Template.

unica con giochi di luci e un suono eccezionale, senza dimenticare i fuochi d’artificio che costituiscono il loro marchio di fabbrica. Con 28 dischi d’oro in USA e 100 milioni di copie vendute, Gene Simmons e Paul Stanley insieme ai compagni Tommy Thayer e Eric Singer continuano a riscuotere successi anno dopo anno. Grazie alla loro incredibile carriera, i Kiss hanno ottenuto l’attesa introduzione nella Rock And Roll Hall of Fame e sono attualmente impegnati in Kiss Rocks Vegas, il loro primo resident show presso The Joint all’interno dell’Hard Rock Hotel & Casino Las Vegas, proprio nel cuore di Sin City. La nuova antologia in due cd, Kiss 40 include un brano tratto da ognuno degli album della band, oltre alle tracce estratte dagli album solisti dei membri originali della band usciti nel 1978. 14 giugno, Roma, Ippodromo delle Capannelle Postepay Rock In Roma Alt J

11 giugno Verona, Arena Kiss

La leggenda rock dei Kiss continua a festeggiare i 40 anni di musica. Famosi per i loro show spettacolari, i Kiss vogliono offrire ai fans un’esperienza

Dopo la loro esibizione, già evento, al Mediolanum Forum di Milano lo scorso febbraio, il trio britannico indie-pop, Alt-J, torna in Italia per un’unica data estiva, all’ippodromo delle Capannelle in occasione del Rock In Roma. Si preannuncia già come un live

coinvolgente, in cui la band suona virtuosamente tutti i brani dal vivo utilizzando esclusivamente strumenti elettrici (a differenza di quel che succede con molte band dedite ai campionamenti e all’utilizzo di basi pre-registrate). Il secondo album degli Alt J, This Is All Yours, è già diventato un cult, bissando il successo del loro disco di debutto: An Awesome Wave, infatti è stato nominato come Best Alternative ai Grammy 2015; Hunger Of The Pine, primo singolo dell’album, rientra nella top 10 delle canzoni più “shazzamate” del 2014; il disco è arrivato al numero uno in Inghilterra e, tutte le date del tour inglese hanno registrato il tutto esaurito. ∆, il simbolo greco che sta per delta e che si pronuncia alt-J per la combinazione di tasti da digitare sul pc, rappresenta il cambiamento, così come lo è la loro musica: uno stile unico ed inconfondibile, un mix di sonorità e sensibilità diverse che spazia dal folk al rock, dall’hip hop al trip hop, con riff elettronici ottenuti grazie all’uso massiccio dei sintetizzatori e con testi dai riferimenti cinematografici. Gli Alt-J sono Joe Newman (chitarra/voce), Gus Unger-Hamilton (tastiere) e Thom Green (batteria). Gwil Sainsbury, uno dei fondatori, ha lasciato il gruppo nel gennaio 2014.

20 giugno Assago (Mi) Assago Summer Arena 21 giugno Roma, Ippodromo delle Capannelle - Postepay Rock in Roma Sam Smith Sam Smith, 22 anni appena, pluripremiato cantante inglese, è già considerato il Re Mida

del pop inglese: vincitore di 4 Grammy Awards, tra cui miglior artista emergente, canzone dell’anno, Record of the Year per il singolo Stay With Me e Best Pop Vocal Album per il debutto discografico, assicurandosi così un posto nella storia della

musica. Il nome e la voce di Sam Smith (nato il 19 maggio 1992 a Bishop’s Stortford) si sono fatti conoscere nel 2013 grazie a due importanti collaborazioni che gli hanno aperto la strada verso il successo: quella con i Disclosure nel brano Latch e quella, planetaria, con Naughty Boy, La La La, all’ottavo posto nella classifica dei clip musicali più visti nel 2013 su Youtube nel mondo. Nel dicembre 2013, nel corso della serata di gala dei Brit Awards, viene eletto “miglior promessa dell’anno” conquistando il Best Critics’s Choice Award e, nello stesso mese, i 170 critici, dj e addetti ai lavori reclutati dalla BBC l’hanno scelto come BBC Sound of 2014, ossia come l’artista musicale più promettente del 2014. In passato la BBC aveva segnalato come “futuri artisti di successo” personaggi come 50 Cent nel 2003, Mika nel 2007, Adele nel 2008, Ellie Goulding nel 2010, le Haim nel 2013, per citare solo alcuni nomi.


di Antonio Scanferlato • DISCHI AUDIOPHILE • La Bacchetta Magica ▼ FDS 233 93

Tesori NascosTi (eNcore)

Artisti italiani (tranne uno) che propongono bella musica. Voglio dire... canzoni che sono un vero piacere per i sensi, facili da godere, facili da ricordare ma non banali, anzi vere e proprie chicche. Essi hanno in comune la bellezza. Cioè quel qualcosa che soddisfa, che appaga e mette in pace con il mondo. ROSSANA CASALE Nella notte un volo (CD CGD eastwest 0630 13654-2)

Rispetto ai precedenti, “Nella Notte Un Volo”, è un album più intimista. Sembra quasi sia stato realizzato per soddisfare un bisogno personale che non per piacere al grande pubblico. Infatti esso è delicatamente intellettuale ed è amabilmente complesso, quanto basta per spaventare le masse ma, allo stesso tempo, sufficientemente pop da poter essere passato per radio... non tutto però. Se dovessi estrarre un singolo dai brani in scaletta, nonostante il lungo misterioso intro, sceglierei “Fragile”, perché il refrain si memorizza facilmente. Le altre canzoni, a partire da “Onde” che apre l’album per finire a “L’Attesa” che lo chiude, non presentano nessun riempitivo ma ben undici piccoli capolavori di meditata raffinatezza. Lo stile dell’album è assolutamente omogeneo e coerente: jazzy nel senso che tutte le forme del jazz sono rappresentate, come una lieve sfumatura acquerellata, sulla tela del pop nostrano. Eppure ogni canzone fa storia a sé. Ogni singolo brano ha un testo importante, tutto da vivere: l’amore, il dolore, il viaggio e la vita... tutto viene rappresentato con leggerezza, con rara sensibilità e con una poesia ormai introvabile in troppi autori. Se amate il particolare timbro di voce della Casale, il pieno apprezzamento di questo album, come capita con le composizioni più elaborate, avviene solo dopo diversi ascolti, sulle prime se ne gusta l’ atmosfera, le melodie, gli arrangiamenti ma poi la musica ti entra nel sangue. “Nella Notte Un Volo” assume le sembianze di un “prodotto” per pochi intimi. Ed io sono fra questi.

I CD registrati in Italia hanno spesso l’aria di essere poco ambiziosi, dal punto di vista audiofilo (escluse le etichette... audiofile, ovvio). E l’unico concetto di ricercatezza sonora parrebbe constare nell’elaborazione del suono verso l’artificialità, attraverso l’uso più o meno abbondante di effetti ed equalizzazioni, anche a danno di strumenti acustici, fino a toccare qualche volta pure la voce. Il presente CD è afflitto, per fortuna, solo in modo lieve, dai problemi appena descritti. Registrazione equilibrata in tutti i suoi parametri, tranne che per la scena acustica: un po’ costretta fra i diffusori e per la dinamica un po’ compressa. Ottima la riproduzione della voce. GIUDIZIO TECNICO: discreto.

ANDREA ROMANO C’è chi lo chiama amore ma chissà (Libro+CD Azzurra Publishing ISBN 978-88-98840-05-2)

Il poliedrico artista e showman Andrea Romano offre in un sol colpo un libro ed un CD. Il libro contiene molte perle di ironica saggezza e riproduzioni di sue opere grafiche. Il disco invece contiene: udite udite... canzoni! Il libro mette immediatamente di buon umore perché esso raccoglie una miriade di battute semiserie. Dico semiserie perché all’interno di ciascuna storiella divertente fa capolino un concetto filosofico talvolta spicciolo, tal altra profondo (non posso fare esempi per via del copyright), comunque alla fine della lettura rimane il buon umore, insieme ad un piccolo tarlo. È vero, abbiamo riso, ma insieme anche meditato sui nostri comportamenti, sulle nostre abitudini e convinzioni, mettendole spontaneamente, quasi inconsapevolmente in discussione. Le opere grafiche, sono immagini realizzate con l’iPad, dove il supporto digitale è lo strumento che permette d’immortalare l’idea dell’artista, attraverso il gesto della sua mano. I disegni hanno la poetica di certi fumetti d’autore e sono caratterizzati da grande espressività, dove la scelta dei colori, sempre vivaci ed inequivocabili donano piacere e coinvolgimento in chi li osserva. L’album musicale viaggia nel solco della migliore tradizione cantautorale italiana. Il singolo s’intitola “Icaro” ed è un brano molto interessante, sia dal punto di vista musicale che letterario. Come nel caso di “Nella Notte un Volo”, l’attento ascolto dei testi è d’obbligo oltreché un piacere. Nessuno più scrive testi di canzoni in modo degno, né i produttori (ma la colpa è loro, insieme al music business!) osano promuovere qualcuno che esprima anche un minimo d’impegno in quello che fa. Ora siamo soffocati (siamo è per modo di dire) dallo sterco musicale pseudo parlato dei giovani pestapalchi italiani, tutti microfono e tatuaggi. So che probabilmente dovrei esprimermi in modo politicamente corretto e ri-


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La Bacchetta Magica • DISCHI AUDIOPHILE

spettare gli altrui gusti musicali ma lascio volentieri alle mosche il loro cibo preferito! Andrea Romano ci intrattiene con brani da lui stesso composti, cantati e suonati al pianoforte. Gradita ospite nel brano: “Qui”, troviamo bravissima Roberta Pompa, che interpreta in modo davvero emozionante la sua parte. L’album è altamente godibile e rivolto ad un pubblico adulto. Le canzoni sono tutte molto pacate (non lente) ed ognuna racconta una storia di vita. Per fortuna Andrea Romano non è un tragico chansonnier francese, né un triste brontolone “una voce e una chitarra” ma un uomo dalla schiena dritta, molto soddisfatto della propria vita ed attento e sensibile nei confronti di tutto ciò che lo circonda. Ecco, questo è l’aspetto che più emerge dalla musica del cantautore bresciano: sensibilità ed attenzione anche ai minimi dettagli della vita e ciò si riflette nelle sue canzoni, che sono molto ben arrangiate e confezionate. Consideriamo che solo lavori di livello top vengono così curati in Italia, per essere un album autoprodotto, “C’è chi lo Chiama Amore ma Chissà”, appare come un piccolo miracolo.

Non ho nessun dato circa il luogo e le modalità della registrazione, posso solo dire che questa è dignitosa, con una sola punta di eccellenza nel brano in duetto con Roberta Pompa. In generale tutto appare corretto ed al proprio posto. Nel dettaglio invece troviamo che gli strumenti più dinamici, come il pianoforte e la batteria, siano stati ridimensionati e tenuti a bada. Il brano migliore presenta le voci dei due cantanti complete e soddisfacenti, anche dinamicamente. GIUDIZIO TECNICO: sufficiente. FRANCESCO PIU Ma-moo tones (CD Groove Company GC 004)

Sparato a tutto volume in macchina ha fatto un figurone. La musica, Blues, Made in Italy, è davvero godibile: ottime canzoni, ottimi arrangiamenti, ottimi musicisti, ottima pronuncia inglese (di Francesco) e groove a secchi! Ah sì, qui non si lesina in quanto a coinvolgimento, battere il piede diviene una necessità e quando la ballad sopraggiunge ad abbassare il livello di adrenalina nel sangue, la partecipazione emotiva rimane comunque altissima. Il discorso non cambia di molto quando il CD lo si ascolta con l’impianto buono, anzi se ne assaporano meglio le molteplici contaminazioni: Soul, Reggae, Rock, Funk, fingerstyle (che non è un genere ma, appunto uno stile) e suoni della terra di Sardegna, come del resto lo

stesso titolo dell’album lascia presagire, alludendo alla tradizione di Mamoiada che vede sfilare i Mamuthones in occasione di rituali antichissimi. Se il nome del bravissimo Francesco Piu non vi dice nulla, quello del suo produttore vi schiarirà istantaneamente le idee: Eric Bibb! Sì, proprio quel Bibb: il bluesman nato a New York e naturalizzato finlandese, tanto caro alle etichette audiofile (Opus 3, Pure Pleasure e Telarc). Ma torniamo al protagonista. Piu suona le chitarre e canta le canzoni da lui stesso composte, salvo un traditional: “Trouble So Hard” ed un paio di cover: “Soul Of A Man” (Blind Willie Johnson) e “Third Stone From The Sun” (Jimi Hendrix) con una grinta unica nel nostro panorama. Francesco ha una voce calda e pastosa che usa in modo appropriato. Suona le sue chitarre (Acustica, elettrica, resofonica, Wassenborn, lap steel ma anche il banjo) in modo trascinante e tecnicamente ineccepibile. Non è da meno la sua band: armonica, tastiere, e batteria (manca il basso perché ci pensa Più a fare l’accompagnamento...) sono all’altezza del compito loro affidato. Ciò che fa di Ma-Moo Tones un lavoro originale e piacevole sono le belle canzoni, magistralmente arrangiate ed intensamente eseguite. Infatti, quando il dischetto sparisce nel cassettino del lettore e le prime note squarciano il silenzio... la musica diventa padrona della nostra attenzione, fino alla fine! L’artista ed il presente album hanno ricevuto molti premi e riconoscimenti in tutto il mondo e, per quel che vale, ora riscuote anche il mio incondizionato apprezzamento. Beh, suona un po’ forte ma lo fa bene! Nulla che vedere con la venefica “loudness war”. Non è un disco pensato prettamente per gli audiofili ma è molto concreto e credibile dal punto di vista della fedeltà sonora. Ed anche in questo si percepisce lo zampino di Eric Bibb: strumenti acustici molto realistici, voce ben rappresentata, anche nella dinamica. Grande tensione ed atmosfera generale, impatto fisico dei suoni. Masterizzato al pregevole Nautilus Studio di Milano dal mitico Antonio Baglio. GIUDIZIO TECNICO: molto buono. EL GALLO ROJO El dia de los muertos (2 CD El Gallo Rojo Records 314-50)

Progetto geniale e musica incredibile! Una sera girovagando per la rete becco il sito della Gallo Rojo Records, un’associazione culturale ferrarese, proprietaria di un’etic h e t t a


DISCHI AUDIOPHILE • La Bacchetta Magica ▼ FDS 233 discografica indipendente, orientata al jazz. Mi parve interessante una proposta aperta al pubblico, così l’approfondii. Si trattava di finanziare, pagandolo in anticipo, un album manifesto della stessa casa (tecnica del finanziamento collettivo o crowfunding). Mi fidai e pagai sulla fiducia il mio bel CD, che sarebbe arrivato una volta raggiunto il budget necessario per produrlo e distribuirlo. Aspetta e aspetta, finalmente dopo qualche mese arrivò il pacchetto e... sorpresa... era un doppio album ma al prezzo di uno! Corsi ad ascoltarlo. Beh, da un’associazione culturale mi aspettavo qualcosa di artisticamente più modesto e, dal punto di vista sonoro, meno performante. Mentre invece... Le composizioni sono tutte originali (in tutti i sensi) e molto godibili, per chi ama la musica (moderatamente) informale. Mi spiego: i numerosi musicisti de “El Gallo Rojo” hanno portato in studio idee e bozze che hanno preso forma man mano che il gruppo le sperimentava. Così qualche brano ha il classico aspetto della canzone, qualche altro ha la forma del pensiero. Benché io non sia un fanatico del jazz informale (definirlo free in questo caso è un po’ fuori luogo) tutte le quattordici composizioni di “El Dia De Los Muertos” sono molto interessanti, a tratti appassionanti. Nulla da eccepire riguardo ai musicisti, la loro preparazione tecnica e creatività è anzi davvero notevoli in tutti i campi. Anche per questo Ferrara è stata incoronata Capitale del Jazz in Italia! Suoni semplicemente fedeli. Ambiente vasto e molto arioso. Suono molto fluido. CD ottimo in tutti i parametri. GIUDIZIO GLOBALE: buono/ottimo BASSEKOU KOUYATÉ & NGONI BA – Ba Power (CD Glitter Beat, Indigo CD 107932)

Non credo sia una buona idea ignorare musicalmente l’Africa, forse non ve lo hanno detto ma il “Continente Nero” è il luogo dove si crea più musica al mondo. Per “crea” intendo proprio creare: nuovi generi e stili e fiumi di nuovi musicisti (più o meno dotati) idolatrati in tutto il mondo. Bassekou Kouyaté e il suo gruppo musicale, Ngoni Ba, per esempio, continuano a riscuotere successi ed incassare premi su premi. I loro concerti sono ascoltati da folle oceaniche di persone di tutti i colori. E, non da ultimo, fattoci l’orecchio, certa musica africana è davvero interessante, proprio come in questo caso.

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Bassekou suona la (o lo?) N’goni, che è uno strumento a corda, vagamente somigliante ad una chitarra, che non mi perdo a descrivere perché tanto c’è il web... (un’immagine è più eloquente di mille parole). Il quarto album per Bassekou Kouyaté, porta ad una svolta: la sorprendente carriera del gruppo si consacra al Rock! Afro Rock, per l’esattezza. Dopo due anni di concerti in tutto il mondo, Bassekou insieme a sua moglie, Amy Sacko, ed alla sua band Ngoni Ba, hanno alzato il volume. Lo N’goni, ora suona più forte, attraverso l’amplificazione e gli effetti dedicati la musica è cambiata. Distorsione, wah wah e ritmi propulsivi sono ormai la spina dorsale delle nuove canzoni, insieme alla voce sempre più calda ed intensa della moglie di Kouyaté. Il primo impatto con questa musica è straniante, lo ammetto ma... con un po’ di pazienza si possono trovare moltissime analogie fra lo stile di Bassekou e qualche grande chitarrista afroamericano del passato, analogie che non paleserò perché inflazionate. Troppe volte è stato detto invano: “i nuovi Beatles!!!” a troppe band che ovviamente si sono rivelate dei flop. E quante volte è stato accostato il nome del mitico Jimi Hendrix a mezze calzette? Io dico solo che alla Glitterbeat Records hanno la vista lunga; che la musica africana è da sempre al centro dell’attenzione degli artisti più percettivi e lungimiranti (Peter Gabriel e Paul Simon ad esempio) e che un po’ alla volta, magari sotto una forma più “addomesticata” ci abitueremo anche noi ad apprezzarla. La Glitterbeat non è famosa per il rigore con cui registra la musica dei suoi artisti ma per la grande varietà di musica dal mondo. “Ba Power” suona esattamente come me lo aspettavo: un po’ impreciso, un po’ compresso, banda passante non troppo lineare e limitata agli estremi. Se a ciò aggiungiamo che la scena sonora, forse grazie al mixing, è alquanto bizzarra, si evince che... la musica funziona lo stesso! Qual è il trucco? Il fonico ci ha messo l’anima e ha realizzato un master come piace a lui, come lo percepisce giusto. Anche dal punto di vista tecnico il CD esprime la sua cultura. Molto interessante!

CONCLUSIONI Nessuno dei dischi presentati è di facile reperibilità, o meglio: bisogna proprio cercarseli perché non li troverete ai mercatini, né la rete ve li proporrà nelle sempre più invadenti pubblicità. Naturalmente non desidero che il lettore acquisti ciò che il recensore propone. Spero solo di stimolare un po’ di curiosità. E che questa lo porti, alla fine della ricerca, ad un eventuale acquisto consapevole, meditato e pienamente appagante. Oggi abbiamo la grande fortuna di poter ascoltare qualsiasi musica in anteprima e, grazie a questo scegliere in piena consapevolezza. Mi mancano moltissimo i negozi di dischi, dove trascorrevo interi pomeriggi rilassanti. Per fortuna i negozi in rete sopperiscono degnamente a questa incolmabile mancanza.


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La Bacchetta Magica • JAZZ DISCHI • di Francesco Peluso

PAOLO FRESU & DANIELE DI BONAVENTURA “In maggiore” ECM 2412

ROBERTO GATTO QUARTET “Sixth Sense” PARCO DELLA MUSICA RECORDS MPR 66 CD

ENRICO PIERANUNZI, FEDERICO CASAGRANDE “Double Circle” CAM JAZZ CAMJ 7885-5

La sincera amicizia e la costante collaborazione consolidata in questi ultimi anni, fra il maestro della tromba jazz Paolo Fresu e il connazionale virtuoso del bandoneon Daniele Di Bonaventura, trova in questo lavoro dal titolo “In maggiore” il suo naturale culmine attraverso la proposizione di un disco dalla forte intensità lirica. La cifra stilistica dei due talenti italiani dal respiro continentale, già più volte intrecciata in altre significative produzioni e performances live, si fonde in un ravvicinato dialogo che lascia ammirati per la reciproca sensibilità nel sapersi ascoltare. Il repertorio, scelto per confezionare il lavoro, proviene dalla vena creativa di entrambi, evidenziando le peculiari sfumature della scrittura di Fresu e Di Bonaventura, in una sequenza di strutture piuttosto chiaroscurali, a cui si aggiungono un tema tratto da “La Bohème” di Giacomo Puccini (immancabile richiamo alla nostra musica euro-colta), ma anche ad alcune canzoni riconducibili al cantante cileno Victor Jara, all’artista uruguaiano James Roos, all’autore napoletano Ernesto De Curtis. Il climax dell’album, come in precedenza sottolineato, presenta ambientazioni di tipo rarefatto, intimistico, notturno, finalizzate a condurre per mano l’ascoltatore in un itinerario tanto sospeso ed etereo quanto delicato ed elegante. La suadente sonorità della tromba sordinata e l’ampiezza timbrica del flicorno si confrontano amabilmente con l’intrigante sensualità del bandoneon, in un gioco di coppia che tinteggia di volta in volta tredici brani dal tratto squisitamente melodico. Amatissimi temi, quali la nota “O Que Sera” di Chico Buarque e la malinconica “Non ti scordar di me” del citato De Curtis) immergono il loro fruitore in un’aura soffusa e avvolgente. Eppure, un po’ di sana tensione ritmica avrebbe dato una discontinuità ad un lavoro di per sé decisamente cameristico.

Ancora una volta, con lo stesso entusiasmo che lo contraddistingue dalla fine degli anni ’80 ai nostri giorni, il batterista e compositore Roberto Gatto si pone alla testa di un nuovo quartetto, formato dalla eccellente frontline tromba-sassofono della premiata coppia Avishai Cohen – Francesco Bearzatti e dalla vibrante sezione ritmica contrabbasso-batteria composta dal newyorkese Doug Weiss e dallo stesso band leader romano. Una formazione pianoless che, senza alcun dubbio, intende estendere il proprio fare jazz verso una dimensione squisitamente internazionale, imperniata sulla descrittività melodica della raffinata voce della stella nascente Avishai Cohen e dell’ormai conosciuta e ammirata forza espressiva del tenore e del clarinetto di Francesco Bearzatti, uno fra i jazzisti italiani più premiati e osannati in campo europeo. Ne deriva che: “Sixth Sense” è un lavoro in cui il connubio creativo italo-statunitense regala a piene mani la pregevole summa virtuosistica di quattro autentici fuoriclasse del jazz contemporaneo, attraverso una sequenza di dieci performances in grado di realizzare una proposta progettuale di grande trasporto ed energia, a cui si aggiunge un’apprezzabile originalità estetica. In apertura l’esplosiva coralità di “One for Avi”, seguita dal suadente andamento della composizione che dà il titolo all’album, poi, fra le altre intrigano per la loro insita costruzione ritmico-melodica, l’incedere di “Togo”, la luminosità formale di “Bonanza”, la sontuosa rilettura della ellingtoniana “Black and Tan Fantasy” e la bella chiusura di “Peace” di Horace Silver. Il robusto e fantasioso drummin’ di Roberto Gatto, il superbo glissando del clarinetto di Francesco Bearzatti, le peculiari sfumature della tromba di Avishai Cohen e il solido ed elegante groove di Doug Weiss sono il marchio di fabbrica del band leader e l’ennesima produzione “PDRM” che riesce spesso a coniugare la lungimiranza progettuale con la qualità dei contenuti artistici.

La straordinaria prolificità del maestro Enrico Pieranunzi e l‘ecclettismo stilistico del talentuoso Federico Casagrande s’incontrano in un lavoro in duo che attrae nella sua globalità per liricità e narrazione. Pertanto, “Double Circle” si articola in undici tracce che rivelano il dotto pianismo di Pieranunzi e la sensibilità chitarristica di Casagrande nel loro naturale intrecciarsi, rincorrersi, alternarsi in un garbato gioco di rimandi in cui la diffusa circolarità linguistica è sempre al servizio della palpabile emotività estetica e mai del virtuosismo fine a sé stesso. Enrico Pieranunzi e Federico Casagrande (pianoforte e chitarra acustica) dialogano amabilmente sospinti da un confronto generazionale che affonda le sue radici in vissuti diversi, al pari di due cerchi lontani che finiscono per trovare un’improvvisa dimensione concentrica. Già nei brani iniziali traspare quella poetica concentricità: se “Anne Blomster Sang” delinea i tratti lirici del duo, “Periph” ne connota il fascinoso confronto pianoforte-chitarra che, in seguito, assume un dualismo più dinamico nella libertà espressiva di “Sector 1”. Poi, a farla da padrone è un alternarsi di composizioni a firma di Casagrande incalzate da altre ancora di Pieranunzi, laddove il dialogo fra i due solisti si rivela frenetico in “Dangerous Paths” o nuovamente rilassato in “Within The House Of Night”. L’album, a seguire, propone una raffinata rivisitazione di un unico standard “Beija Flor” di Silva, Tómas Jr, Cavaquinho, per chiudere con lo struggente omaggio del pianista romano allo scomparso compagno di lunga data nell’incantevole “Charlie Haden”. In tal senso, “Double Circle” è la risultante di un riuscito incontro fra il forbito lessico pianistico di Enrico Pieranunzi e le poetiche sfumature del verbo chitarristico di Federico Casagrande, in cui un dualismo dalla rara intensità e dalla indubbia eleganza formale danno vita ad un lavoro che si ascolta senza alcuna fatica dalla prima all’ultima nota.

La registrazione, avvenuta presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma, presenta un’adeguata riproduzione dinamico-timbrica e una buona collocazione scenica dei quattro protagonisti nello stage d’ascolto. Qualità artistica 9 Qualità tecnica 8,5

La ripresa audio di questa interessante produzione CAM JAZZ esalta il dialogo pianoforte – chitarra, attraverso una brillante riproduzione del dettaglio timbrico e un’ampia ricostruzione dell’immagine sonora. Qualità artistica 8,5 Qualità tecnica 8,5

Il disco, registrato presso l’Auditorio Stelio Molo RSI nel maggio 2014, mostra una rilevante coerenza sonica che si apprezza per trasparenza timbrica e per tridimensionalità scenica. Inoltre, alcune scene della ripresa audio sono presenti nel documentario “Wenn aus dem rimmel” del regista Fabrizio Ferraro. Qualità artistica 8 Qualità tecnica 9


MERCATO DELL’USATO ▼ FDS 233

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MODALITÀ DI INSERIMENTO PICCOLI ANNUNCI

Gli annunci del mercato dell’usato possono essere inviati solo attraverso il modulo elettronico della pagina “INSERISCI ANNUNCI” presente sui siti: www.fedeltadelsuno.net e www.costruirehifi.net. Potranno essere pubblicati sia su Fedeltà del Suono che su Costruire Hi-Fi, oltre che sui rispettivi Siti internet alla pagina Comprovendo. Si prega di compilare tutti i campi. Il servizio è gratuito. Vendo Lowther Medallion PM6A, Euro 1.300. Preamplificatore SRPP 5Y3/6SN7/ECC83, tre ingressi linea + phono, Euro 300. Mestre. Roberto - Tel. 3341483449 – 3381370322 - Email rd59@libero.it

Vendo causa inutilizzo testina GOLDRING 2100. Nuova. Usata una decina di ore. Stefano Franchini - Tel. 3393899375 - Email: franchini@moba.de Vendo i seguenti amplificatori: Normende PA 991 80 Euro, Philips 22 RH 590 - 80 Euro, Technics SU 7100 – 80 Euro, Kenwood KA 800 – 55 Euro; inoltre, sinto Philips RH 694 – 100 Euro. Prezzi trattabili. Quasi tutti gli apparecchi (tranne il Kenwood) sono in ottime condizioni estetiche, e perfettamente funzionanti (posso fornire foto su richiesta). Giuseppe - Tel. 3290159536 - Email bikerpeppe@tiscali.it Vendo causa upgrade impianto completo AUDIOLAB composto da lettore/pre 8200CDQ, finale 8200P e lettore di rete M-NET. Colore argento. Condizioni pari al nuovo. Consegna a mano zona Venezia/Treviso/Padova. Richiesta 1.200 euro. Fabio - Tel. 3405642637 Email: starbuck967@gmail.com Vendo ampli SHINDO

LAB APETITE + 4 valvole finali a Euro 2000, ampli MARANTZ PM410 a Euro 150,ampli KENWOOD KA 1200B a Euro 120, diffusori POLKAUDIO RT 1000i con sub amplificato a Euro 500,diffusori vintage KENWOOD KL5080 a Euro 200, diffusori ALTEC CHALLENGER ribordate a Euro 200, diffusori BOSE 501 MKIII ribordate a Euro 350, diffusori EMINENT TECHNOLOGY LFT III a Euro 2000. Giuseppe - Tel. 0331 240631 - Email: giuseppe.martinelli01@gmail.com

JBL L200 Studio MASTER. Vendo previo ascolto e ritiro in sede non avendo imballo. Prezzo intrattabile euro 1600 euro molto al di sotto della quotazione, pertanto non chiedete sconti. Dario - Tel. 3298138725 Email: arch.dariogaballo@gmail.co m Vendo Lowther Medallion PM6A, Euro 1.300. Pre SRPP 6X5/6SN7/3CC83 due ingressi linea + phono. Euro 300. Roberto - Tel. 3341483449 Email: rd59@libero.it

Vendo bellissimi preamplificatore e finale Sonic Frontiers LINE 1 e Power 1, perfettamente funzionanti e come nuovi. Ingressi ed uscite sbilanciate e XLR, rivalvolati nelle parti preamplificatrici quest’anno con 6x E88CC

Tesla Gold Pin e 6x ECC88 Amperex (disponibili le valvole originali del pre), il finale monta 4x 6550 Svetlana S logo in ottime condizioni (anno 2011). Gli apparecchi sono stati usati da amatore, mai riparati o modificati. Dispongono degli imballi originali. Euro 1700 per il pre, euro 2000 per il finale, in coppia 3500. Francesco - Tel. 3294370431 - Email: info@alteraudio.it Vendo a Roma ampli Audio Analogue Crescendo € 300. Regalo all’acquirente ampli AV Pioneer VSX-819H. Ambedue gli apparecchi sono in condizioni perfette. Fausto - Tel. 3355793490 Email: fausto.51@alice.it

Vendo impianto made in Italy completo composto da pre NORMA SC2B-LN REFERENCE solo passivo, solo linea, solo sbilanciato, finale MONRIO CENTO HP, sorgente cd LECTOR CDP 3T, diffusori pavimento AUDIOJAM2 (Alberto Bellino) DYPOLE MK2, cavi potenza NADIR PARSIFAL, 2 coppie cavi segnale GBL

HPTX, distributore di rete auto costruito. Tutto in perfette condizioni elettriche ed estetiche. (finale ancora in garanzia). Posseggo imballi e documenti. Se interessati posso inviare descrizioni e fotografie dettagliate. Listino attuale circa 12 mila euro. Vendo a 4200 euro intrattabili. Dispongo anche di numerosi cd audiofili. Antonio - Tel. 348 3225278 - Email: speaktome74@alice.it

Vendo diffusori acustici AUDIOVISION biamplificabili. N° delle vie 3 Tweeter SEAS cupola morbida - Woofer e Midrange ETON- Controllo di livello del Tweeter. Morsetti dorati per biamplificazione. Mobili in massello di noce, griglie asportabili. Altezza cm 112-larghezza cm 28, prof. cm 32. Perfetti sia esteticamente che elettricamente. Si tratta di “prototipi” della AUDIOVISION, mai commercializzati in serie. Vendo a euro 600 la coppia, disponibili a qualunque prova presso il mio appartamento. Ascoltabili pilotati


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MERCATO DELL’USATO

sia da amplificatori a stato solido che valvolari. William - Tel. 3396686644 Email: wallis50@gmail.com Vendo diffusori PROAC RESPONSE D 15 unico proprietario, imballi, punte, scontrino acquisto negozio reg. importazione Audioreference, libretti di istruzione, perfette come nuove. Prezzo 1500 euro. Vendo inoltre giradischi LINN SONDEK LP12 con braccio ITTOK LVII testina Audiotecnica prezzo 2000 euro. Pre phono ASR Mini Basis Exclusive, perfetto, imballo e garanzia a 1000 euro. Prezzi trattabili. Andrea - Tel. 3396930429 Email: giacobbe1955@gmail.com Vendo pre SRPP 6X5/6SN7/ECC83. Due ingressi linea + phono. Euro 300. Lowther Medallion PM6C Euro 1300 Email: rd59@libero.it - Tel. 3341483449

Vendo Vandersteen Model 2, riconate e non più usate. Prezzo 900 euro Alberto - Tel. 335366727 Email: liliakennel@gmail.com PRE AUDIO Research sp8 mk7 ultima serie E1980+Finali Jadis30 mk5/2013 E3950+Pre Audio Research Ls7 Gold

S.E. 4valv E1250+Fin A.Research D350B 500w ha3 vu-meter E2850+Cd valv con Preamplif 2valv Conrad Johnson df1 TUBES special edition E1850+Fin Music Angel 2valv Triodi 211+845 Classe A con 2valv ricambio E1450+casse Dalquist dq10 5vie/altoparlanti E1550+Cavi potenza mt3,70 x2 Copia identica Mitici Nordost Odin G&BL 42 poli piatti largh cm7 Studio Master3 vendo E300 a Roma Pamela - Tel. 3920519123 Email: pamela79b@live.it

Vendo diffusori INFINITY KAPPA 70 a 500 Euro, diffusori POLKAUDIO RT1000i con sub amplificato a 500 Euro, ampli vintage KENWOOD KA 1200 B a 120 Euro, ampli MARANTZ PM410 a 150 Euro, ampli GODWIN A400 a 100 Euro, ampli GRUNDIG V30 a 150 Euro, ampli GRUNDIG SV85 a 150 Euro, ampli DENON PMA-250 a 100 Euro, sintoampli JVC 5550u a 250 EURO, sintoampli JVC 5010u a 200 Euro, sintoampli PHILIPS AH742 a 120 Euro, sintoampli PHILIPS AH794 a 150 Euro. Giuseppe - Tel. 0331 240631 - Email: giuseppe.martinelli01@gmail.com Vendo Marantz SA KI-

PEARL, eccellente lettore CD-SACD, realizzato e firmato da Ken Ishiwata in soli 500 esemplari, condizioni perfette, pari al nuovo, con accessori e doppio imballo. Euro 1.300. Piero - E-mail: pierorisi47@gmail.com - Tel. 347 90.54.006 Vendo bellissimo finale stereo Pass Labs X250.5 Ultima serie. Condizioni Nuovo. Prezzo interessante Salvatore - E-mail: lazzaras@msn.com - Tel. 328 42.17.375

Vendo preamplificatore Spectral DMC 15 G2,finale Spectral DMA 100 serie 2 Lettore super audio cd MARANTZ SA7S1 in ottime condizioni Claudio - E-mail: nuggets_65@yahoo.it - Tel. 339 19.18.462

Vendo i seguenti amplificatori :Pioneer sa 606 - 130 Euro ,Normende pa 991 80 Euro, Philips 22 rh 590 - 80 euro, Pioneer sa 500 a – 80 Euro, Technics su 7100 – 80 Euro Philips rh 594 – 120 Euro, Kenwood ka 800 – 75 Euro; inoltre sinto Philips rh 694 – 100 Euro. Quasi tutti gli apparecchi sono in ottime condizioni estetiche, e perfettamente funzionanti:(posso fornire foto

su richiesta). Per ulteriori info contattare Giuseppe. - Tel. 329 0159536 - E-mail: bikerpeppe@tiscali.it

Vendo stabilizzatore di tensione phi audio (F.I.A.T) Mod. S 2000 acquistato da poco è mai usato prezzo di listino 1050 Euro vendo a 700 Euro con manuale e imballo originale, sintonizzatore Sony Mod. ST-D 777ES con ricevitore dab nuova mai usata prezzo di listino 1200 Euro vendo a 500 Euro. Vendo inoltre 12 6550A jan GE con scatole originali come nuove usate per poche ore su un finale VTL a 100 Euro cad.12 6550C Svetlana S logo con scatole originali mai usate 30 Euro Cad. 8 6550A Amperex con scatole originali a 100 Euro Cad. - E-mail: roccomascolo81@gmail.com Vendo integrato Marantz 1050 Euro 120 + mini monitor Mission 751 Euro 200. Non spedisco. Vendo testina mm Goldring 1022gx usata. Ottime condizioni. No scatola. Non spedisco. Prezzo 90 Euro non trattabili. No mail grazie. Massimiliano - Tel. 3384632515 - Email: loredanacentonze@libero.it




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