Cactus & Co. 2011 n. 2

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XV Poste Italiane S.p.a. – Spedizione in abbonamento postale – d.l. 353/2003 (conv. in l. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 2, dbc Varese

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Frailea pullispina presso El Carmen. (Photo: Chris Sherrah)


CACTUS & Co. www.cactus-co.com 4

FOCUS

Mariangela Costanzo

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GLOBETROTTER

Chris Sherrah

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GLOBETROTTER

Il giallo del semprevivo giallo The mystery of the yellow houseleek

Da Santa Cruz a Corumba From Santa Cruz to Corumba

Note su Notes on

Agave impressa

Julia Etter & Martin Kristen

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TAXA

Lucio Russo

Ortegocactus macdougallii

una pianta singolare e l’uomo che la scoprì an unusual plant, and the man who discovered it

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SCANNER

2011 Vol. xv · n. 2


Il giallo del semprevivo giallo

The mystery of the yellow houseleek


Cactus & Co. – focus

– FOCUS – storie di semprevivi

stories of houseleeks

Text: Mariangela Costanzo. Photos: Mariangela Costanzo, Klaus Schropp & Ralf Hillmann.

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l protagonista di questa storia è un elegante semprevivo a fiori gialli, il Sempervivum wulfenii. La sua scoperta risale al 1778. Lo trovò sui monti austriaci un gesuita, il barone Franz Xaver von 1 Wulfen . È una specie a crescita lenta, strettamente silicicola, rinvenibile a partire dai 1500 m fino ai 2800 m di altitudine. Ha foglie glauche, rosso- violette alla base, ciliate ai margini, glabre nel resto. Rara, si dice; in realtà, molto abbondante in certe stazioni, meno in altre. Il suo areale comprende la Stiria, la Carinzia, il Tirolo, la Carnia, l’Alto Adige, il Trentino, la parte sud-orientale dell’Engadina e la Lombardia. Fino a dove si spinga a occidente è, però, ancora un mistero. Pignatti, in “Flora d’Italia”, ne fissa il confine in Valsesia, quantunque non vi siano prove della presenza del taxon Pagina a fronte: in Piemonte. Se si escludono un Fiori di paio di vecchi campioni d’erbaS. wulfenii. rio, per giunta alquanto dubbi (riconducibili, parrebbe, a S. grandiflorum, specie anch’essa a fiori gialli, o a qualche suo ibrido), non c’è un solo ritrovamento certo di S. wulfenii in territorio piemontese. -La Svizzera ha, da tempo, una carta floristica estremamente accurata. Secondo questa carta, la stazione

he protagonist of this story is an elegant houseleek with yellow flowers, Sempervivum wulfenii. It was discovered in 1778, found on the Austrian mountains by a Jesuit, Baron Franz Xaver von Wulfen1. It is a slow-growing species, strictly silicicolous, that grows at altitudes between 1500 and 2800 m. The leaves are glaucous, reddish-violet at the base, ciliate at the margins, glabrous elsewhere. Rare, it is said; in reality it is very abundant in certain stations, less so in others. Its areale includes Styria, Carinthia, the Tyrol, Carnia, South Tyrol (Alto Adige), Trentino, the south-eastern part of the Engadine and Lombardy. However, how far west it reaches is still a mystery. Pignatti, in “Flora d’Italia”, sets the boundary in Valsesia, despite there being no proof of the taxon’s presence in Piedmont. If we exclude a couple of old - and highly doubtful - herbarium exemplars Opposite page: Flowers of (which would appear more likely S. wulfenii. to be S. grandiflorum, another species with yellow flowers, or perhaps some hybrid of it), there is not a single certain finding of S. wulfenii in Piedmontese territory. Switzerland has long had a highly accurate botanical map. According to this map, the westernmost Swiss station of S. wulfenii is Piz Duan, which is in

1 Von Wulfen fu un botanico di fama. Pioniere dell’esplorazione delle Alpi austriache, ha lasciato opere importanti, come “Plantae rariorum Carinthicae” e “Flora Norica Phanerogama”, apparsa postuma. È a questo eclettico uomo di Dio che dobbiamo la scoperta di molte piante alpine, fra le quali una tra le più affascinanti e misteriose, Wulfenia carinthiaca, osservabile solo in una ristretta area intorno al Passo di Pramollo, nelle Alpi Carniche, nonché del minerale Wulfenite, un molibdato di piombo.

1  Von Wulfen was a famous botanist. A pioneer who explored the Austrian Alps, he wrote significant books including “Plantae rariorum Carinthicae” and “Flora Norica Phanerogama”, published posthumously. It is to this eclectic man of God that we owe the discovery of many alpine plants, including one of the most fascinating and mysterious species, Wulfenia carinthiaca, only found in a limited area around the Pramollo Pass, in the Carnian Alpa, as well as Wulfenite, a lead mineral.

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Cactus & Co. – focus

elvetica più occidentale di S. wulfenii è il Piz Duan che si trova in Val Bregaglia, a settentrione della Val Masino. Le ricerche da me effettuate sul versante italiano del Passo dello Spluga, nonché nelle Val di Lei e Valle di San Giacomo (fra Bregaglia e Mesolcina), sembrerebbero confermare la stessa linea di confine anche per l’Italia. Attraversato, però, l’Adda e passati dalle Retiche alle Orobie, il limite si sposta, forse, un po’ più a occidente. Giuseppe Comolli, autore di “Flora comense”, afferma di aver osservato il taxon “nei campi aridi” vicino a Sueglio, sopra Dervio. Sueglio è un piccolo comune della provincia di Lecco, situato a sud-ovest della val Bregaglia, nella Val Varrone, sulla sponda orientale del Lago di Como, a 775 metri d’altezza. La quota farebbe pensare a un errore di identificazione; S. wulfenii, di solito, non vegeta a quote collinari. Tuttavia, la presenza del taxon nella località lariana potrebbe essere meno improbabile 6

Val Bregaglia, to the north of Val Masino. My own researches on the Italian side of the Splügen Pass, as well as in the Lei and San Giacomo valleys (between Bregaglia and Mesolcina), would seem to confirm the same boundary line for Italy, too. However, having crossed the river Adda, moving that is from the Retian Alps to the Orobian Alps, it may be that the limit moves a little further west. Giuseppe Comolli, author of “Flora comense”, claims to have seen the taxon “in arid meadows” close to Sueglio, above Dervio. Sueglio is a small village in the Province of Lecco, situated to the south-west of Val Bregaglia, in Val Varrone, on the eastern side of Lake Como at an altitude of 775 m. This altitude would seem to point to an identification error; S. wulfenii does not usually grow so low down. However, the presence of the taxon close to Lake Como might be less improbable than it seems. At the eastern extremity of its areale, in Styria,


Cactus & Co. – focus

Fig. 1 · Sempervivum wulfenii ex Riegersburg. Fig. 2 · S. wulfenii.

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di come appare. All’estremità orientale del suo areale, in Stiria, la specie cresce, insolitamente, a quote molto basse in ben tre luoghi: sulla collina di roccia vulcanica che ospita la fortezza di Riegersburg (450550 m), fra le fessure delle rocce della Geierwand (Parete dell’avvoltoio) nelle gole di Herbestein (650 m), e lungo la strada per Scheiben, su rupi verticali (950 m). Ancora, a un’ottantina di chilometri in linea d’aria da Riegersburg, in territorio sloveno, due bassi rilievi che sono l’uno la continuazione dell’altro (Donacka gora e Resenik) albergano, tra i 500 e gli 800 m, una varietà con foglie pelose-ghiandolose conosciuta come Sempervivum wulfenii subsp. juvanii. Si suppone che la specie abbia raggiunto quelle basse stazioni, provenendo dal nord e da quote più elevate, durante le glaciazioni quaternarie e lì sia rimasta confinata. La popolazione di Sueglio non potrebbe essere altrettanto antica, poiché nel quaternario il

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unusually, the species grows at much lower altitudes in fully three different places: on the hill of volcanic rock where the Riegersburg Fort stands (450-550 m.), in cracks in the rocks of the Geierwand (the vulture’s cliff ) in the Herbestein gorge (650 m.), and along the road to Scheiben on vertical cliffs (950 m.). Again, in Slovenia, some eighty kilometres from Riegersburg as the eagle flies, two low hills that merge one into the other (Donacka Gora and Resenik), at altitudes between 500 and 800 m., are home to a variety with hairy glandulous leaves that is known as Sempervivum wulfenii subsp. juvanii. It is thought that the species reached these low-lying stations, from the north and from much higher altitudes, during the quaternary glaciations and that it remained confined there. The Sueglio population cannot be as old since, in the quaternary, the Lecco area was similar in appearance to today’s Antarctic: it was one huge ice-sheet. Wulfen’s 7


Cactus & Co. – focus

GLI IBRIDI S. wulfenii, come tutti i semprevivi, si ibrida con tutte le specie con cui coabita. Gli ibridi hanno, di solito, caratteri intermedi, ma possono anche somigliare a uno solo dei due genitori. Sono molto variabili, quanto e più dei loro parenti. × rupicola A. Kerner (S. montanum × S. wulfenii) è l’ibrido più comune. Qui nelle due “versioni”: più simile a S. montanum e più simile a S. wulfenii (Figg. 1, 2 e 3 dettaglio dei fiori). 1

× comolli Rota (S. tectorum × S. wulfenii). Forse più comune di quel che appare, ma difficile da riconoscere perché simile ad alcune forme di S. tectorum (Figg. 4 e 5). × fimbriatum Schnittspahn & Lehmann (S. arachnoideum × S. wulfenii). Non frequente. Di solito, i fiori sono più simili a quelli di S. arachnoideum (Figg. 6, 7 e 8). S. dolomiticum × S. wulfenii. Molto raro, presente solo in una località. Scoperto dall’autrice nel 2003; ancora non descritto (Fig. 9). 4

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Cactus & Co. – focus

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THE HYBRIDS

S. wulfenii, like all houseleeks, hybridises with all the species it grows alongside. In general the hybrids have intermediate characteristics, but they may also resemble only one of the two parents. They are very variable, as much as or more so than their relatives. × rupicola A. Kerner (S. montanum × S. wulfenii) The commonest hybrid. Here in its two “versions”: more similar to S. montanum and more similar to S. wulfenii (Figs.1, 2 & 3 flower details). × comolli Rota (S. tectorum × S. wulfenii). Perhaps commoner than it appears, but hard to recognise because it is similar to some forms of S. tectorum. (Figs. 4 & 5). × fimbriatum Schnittspahn & Lehmann (S. arachnoideum × S. wulfenii). Not frequent. The flowers are usually more similar to those of S. arachnoideum (Figs. 6, 7 & 8). S. dolomiticum × S. wulfenii. Very rare, only present in one locality. Discovered by the author in 2003; not yet described (Fig. 9).

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Cactus & Co. – globetrotter

– GLOBETROTTER – cactus boliviani

bolivian cacti

Da Santa Cruz a Corumba From Santa Cruz to Corumba Text & Photos: Chris Sherrah

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Cactus & Co. – globetrotter

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anta Cruz, con oltre due milioni di abitanti, è la più popolosa città della Bolivia. Si tratta di un importante centro commerciale dotato di collegamenti aerei con l’Europa e il Nord America, grandi arterie stradali e linee ferroviarie che la collegano a Brasile e Argentina. Molti paesi hanno le loro ambasciate a Santa Cruz e, se vi trovate di passaggio con l’intento di raggiungere il Brasile, lì potete ottenere un visto. Molti appassionati di cactus raggiungono Santa Cruz per poi dirigersi a ovest in direzione di Fig. 1 · Vista sul Sucre e Cochabamba su buone Chaco, dal Parco La Gruta. strade asfaltate, alle quali sta per Fig. 2 · Cleistocac- aggiungersi l’autostrada 4 est, in tus samaipatanus via di completamento, che rappresenterà un notevole migliopresso Santiago ramento rispetto all’attuale fande Chiquitos. 1

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anta Cruz is Bolivia’s largest city with over 2 million people. As an important commercial and trade centre it has air connections to Europe and North America and major road and rail connections to Brazil and Argentina. Many countries have embassies in Santa Cruz and if you are planning to continue into Brazil a visa can be obtained here. Many cactus enthusiasts arrive in Santa Cruz and head west towards Sucre and Cochabamba on good bitumen roads, but with a major upgrade of highway Fig. 1 · View 4 east nearing completion the across the Chaco, from La Gruta previously arduous journey to Corumba, Brazil will become a park. Fig. 2 · Cleistocactus samaipat- much less muddy affair. The flat, anus near Santiago humid tropical savannah east of Santa Cruz provides a stark conde Chiquitos. 2

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Cactus & Co. – globetrotter

goso percorso necessario per raggiungere Corumba in Brasile. L’umida savana pianeggiante che si trova a est di Santa Cruz è in stridente contrasto con le zone montagnose verso ovest, e le cactacee che vi si trovano sono a loro volta differenti. Ho percorso questa strada nell’ottobre del 2009 e le temperature erano attorno ai 30 °C con un’umidità del 70% e occasionali temporali pomeridiani. I mesi più caldi e umidi sono gennaio e febbraio, che è quindi meglio evitare. A San Jose de Chiquitos e a 24

trast to mountains to the west and the cactus species found are equally different. I travelled this road in October 2009 and the temperatures were in the low 30’s C, with high humidity over 70% and the occasional afternoon thunderstorm. The hottest and wettest months are January and February, which are best avoided. Fuel and accommodation are available in San Jose de Chiquitos and Robore, which roughly divides the six days journey into thirds. At the time of travel fuel on the Bolivian side of the


Cactus & Co. – globetrotter

Gymnocalycium chiquitanum tra il km 200 e il km 220, autostrada 4. Gymnocalycium chiquitanum between km 200 and km 220, highway 4.

Robore si possono trovare carburante e alloggio; una sosta in queste due località permette di suddividere l’intero percorso di sei giorni in tre tappe quasi uguali. All’epoca del mio viaggio, a Suarez, sul lato boliviano del confine, il carburante era disponibile solo dal lunedì, e iniziavano a formarsi code per il rifornimento già nel corso del venerdì precedente. Partendo da Santa Cruz il viaggio ha poco da offrire, con un territorio che è stato pesantemente modificato dall’agricoltura. È solo da Conception, dal km

border at Suarez was only available from Mondays and queues for fuel started forming the Friday before. Starting from Santa Cruz the drive has little to offer with the land having been turned over to agriculture. It is not until Concepcion that low hills with native vegetation appear around km 200 to 220. Stopping near some exposed rocks on the side of the road, Gymnocalycium chiquitanum and Frailea amerhauseri can be found along with Cereus kroenleinii and Cereus sp. (colosseus?). The cacti grow shaded in the forest 25


Cactus & Co. – globetrotter

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Cactus & Co. – globetrotter

– GLOBETROTTER – agavi messicane

mexican agaves

Note su Notes on

Agave impressa Text & Photos: Julia Etter & Martin Kristen

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Agave impressa:

colori delle foglie

variabili dal rosso scuro all’arancione, al giallo e al verde chiaro sono tipici di piante stressate, che crescono sulle pareti in pieno sole, prive di humus e nutrienti.

opo aver trascorso molti anni sul campo, vorremmo condividere le nostre esperienze a proposito di una delle specie di Agave più belle, Agave impressa, e vorremmo tentare di fornire ragguagli sulla sua distribuzione. Gentry ha descritto questa specie nel 1982 nella sua monografia “Agaves of North America”, indicando la località tipo come “ad est di Escuinapa”. Per lungo tempo questa è rimasta l’unica località nota per questa specie. Secondo noi, non è verosimile che una specie di Agave si trovi in una sola area così limitata. È molto più probabile che la specie abbia un più vasto areale di distribuzione che non

H Agave impressa:

leaf colours ranging from dark red to orange, yellow and light green are typical

of stressed plants growing in full sun on the cliffs, with almost no soil and nutrients available.

aving spent many years in the field, we would like to write about our experiences with one of the most beautiful agave species, Agave impressa, and would like to suggest its tentative distribution. Gentry described the species in 1982 in his monograph “Agaves of North America”, citing the type locality as “east of Escuinapa”. For a long time this was the only known locality for the species. In our opinion, it is not very likely that an agave species occurs in only one limited place. It is far more probable that the species has a wider range of distribution that cannot be easily verified due to inaccessible and/ 43


Cactus & Co. – globetrotter

può essere verificato a causa della inaccessibilità o difficoltà del territorio, dell’esistenza di poche strade o addirittura nessuna, e così via. Grazie a ripetuti viaggi, abbiamo scoperto diverse località di A. impressa che erano prima sconosciute e siamo convinti che con ulteriori spedizioni sia possibile individuare ancora altre popolazioni di questa specie estremamente attraente. Il nostro primo incontro con Agave impressa risale al marzo del 2001, mentre eravamo alla ricerca di A. ornithobroma presso Matatàn, a nord di Escuinapa nello stato La nostra Agave impressa messicano di Sinaloa. A. ornithobroma, una specie quasi erbacea, preferita, con le bianche impronè difficile da individuare da lonte fogliari più tano. Grazie ad accurati dati di località trovammo rapidamente evidenti, fotogradiverse popolazioni che cresce- fata nel marzo del vano nell’humus, in avvallamenti 2001. 44

or difficult terrain, few to no roads, etc. Thanks to extended trips, we have discovered several localities of A. impressa that have been previously unknown and we are convinced that it is possible to find even more populations of this extremely attractive species with further expeditions. Our first encounter with Agave impressa is in March of 2001, while looking for A. ornithobroma near Matatán, north of Escuinapa in the Mexican state of Sinaloa. A. ornithobroma, a speOur favorite cies growing like grass, is difficult Agave impressa to spot from far away. Thanks to with the most fairly accurate locality data we impressive white quickly find various populations bud printings on growing in humus in round holits leaves, photolows of flat volcanic boulders. graphed in March The accompanying succulent of 2001. flora consists of orchids, hech-


Cactus & Co. – globetrotter

tondeggianti di piatti affioraUna foto della menti vulcanici. La flora succustessa pianta, lenta associata è composta da eseguita nel magorchidee, hechtie, tillandsie, Segio del 2010. Le lenicereus sp., Stenocereus alamo- foglie presentano sensis ed Echinocereus subinermis. sfumature rosse Nella nostra Guida Roji (che fa dovute all’aridità parte di una serie di atlanti stra- e alle alte tempedali messicani) è indicata una rature, e la pianta strada che sembra portare a Manon sembra loya e a Escuinapa. Decidemmo essere cresciuta di provarla e di esplorare questa in nove anni. interessante area vulcanica un po’ più da vicino. Come sempre accade nell’entroterra messicano, la segnaletica non è molto frequente e dovemmo più volte fermarci in piccoli ranch per chiedere quale fosse la direzione giusta. Oltrepassata Maloya, si arriva in vista di una piccola mesa con ripide colline. Giungemmo quindi a un altro bivio, e fortunatamente un uomo a cavallo ci fu di aiuto per individuare la direzione corretta. Dato che non ci trovavamo troppo distanti da Escuinapa e le colline davanti a noi sembravano promettenti, chiedemmo al cavaliere se conoscesse A. impressa. Non è una pianta difficile da descrivere, con i suoi evidenti disegni bianchi sulle foglie. Il cavaliere capì immediatamente di che cosa stavamo parlando e ci indicò le alture. Sulla pianura e ai piedi delle alture trovammo un’interessante grossa agave con foglie di colore variabile dal giallognolo al verde bluastro che identificammo come A. nayaritensis, una specie che fino a quel momento era nota

tias, tillandsias, a Selenicereus sp., Stenocereus alamosensis and Echisame plant taken nocereus subinermis. In our Guia in May of 2010. Roji (one of a series of Mexican The leaves have road atlases) a road is shown that a red tint due to seems to go to Maloya and on to very high temEscuinapa. We decide to try it peratures and and explore this interesting voldryness to them, canic area a little closer. The signand the plant posts are, as usual in the Mexican does not seem to have grown in the hinterland, not very frequent and many times we have to ask last nine years. about the proper direction at little ranches. Past Maloya, a low mesa with sheer cliffs comes into sight. We come to another junction and fortunately a man comes along on a horse to help us find our way. Since we are now not that far away from Escuinapa and the cliffs ahead of us look promising, we ask the rider about Agave impressa. It’s not difficult to describe the plant with its prominent white markings on the leaves. The horseman immediately knows what we are talking about, and points to the cliffs and rides off. On the plain and the foothills of the cliffs we find an interesting large agave with yellowish to blueish-green leaves that we later identify as A. nayaritensis, a species that until now was only known from the type locality near Tepic, Nayarit (Etter & Kristen, 2002). We pass through tropical deciduous forest with plumerias, capomo (Brosimum alicastrum), amapa (Cochlospermum vitifolium), Pseudobombax palmeri and burseras. Huge Pachycereus pecten-aborigA photo of the

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O

rtegocactus

una pianta singolare e l’uomo che la scoprÏ an unusual plant, and the man who discovered it Text: Lucio Russo. Photos: Andrea Cattabriga (AC), Graham Charles (GC), John Miller (JM), Carlo Zanovello (CZ).

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macdougallii Photos: JM

– TA X A – cactus messicani

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l degrado dell’ambiente e il suo depauperamento, che paiono inevitabili e inarrestabili, sono (o almeno dovrebbero essere) al centro della nostra attenzione in quanto abitanti di questo pianeta e amanti delle piante. Anche le nicchie ecologiche ove vivono le piante succulente non rappresentano un’eccezione L’habitat di Ortee, nonostante le normative inter- gocactus macdougallii presso San nazionali che hanno come finaliJosé Lachiguiri, tà la loro conservazione mediante la lotta alla raccolta illegale, nello stato messicano di Oaxaca. nessuno sembra in grado di por-

mexican cacti

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he degradation of the environment and its impoverishment, which appear both inevitable and unstoppable, are (or at least should be) at the centre of our attention, as inhabitants of this planet and as plant-lovers. Not even the ecological niches in which succulent plants The habitat di live are exceptions to this. InterOrtegocactus national regulations aim to conserve them by combating illegal macdougallii near harvesting, but no one appears San José Lachiguto be able to set a limit upon the iri, in the Mexican State of Oaxaca. “rights” of the economy, which 61


Cactus & Co. – taxa

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Cactus & Co. – taxa

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Photos: JM

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Fig. 1 · Un bel cespo di Ortegocactus macdougallii. Fig. 2 · Un esemplare da vicino. Fig. 3 · Una piccola colonia. Fig. 1 · A nice clump of Ortegocactus macdougallii. Fig. 2 · A close up. Fig. 3 · A small colony.

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Cactus & Co. – taxa

Photo: GC

re un limite ai “diritti” dell’economia, che pare godere sempre di una sorta di priorità. I danni più devastanti sono infatti causati dalle attività umane, come l’agricoltura intensiva o la realizzazione di grandi opere, per esempio dighe e autostrade, per non parlare delle discariche e dell’espansione dei centri urbani. Secondo i dati più recenti (FAO), ogni anno scompaiono a causa dell’antropizzazione 13 milioni di ettari di foreste (l’equivalente di circa 36 campi di calcio al minuto) e circa il 47% delle specie vegetali note è in serio pericolo. Venendo alle cactacee, se alcune specie in natura sono virtualmente estinte (per esempio Mammillaria scheinwariana, il cui unico sito noto è stato sommerso in seguito alla Ortegocactus realizzazione della diga di Zimamacdougallii pan in Messico), in realtà molte fiorito specie risultano oggi ancora abin coltivazione. bondantemente rappresentate in 64

always seems to enjoy some sort of priority. The most devastating damage is that caused by human activity: intensive agriculture, the construction of large infrastructure, for example dams and motorways, not to mention landfills and the expansion of towns and cities. According to the most recent data (F.A.O.), 13 million hectares of forest disappear each year (the equivalent of losing about 36 football fields a minute) due to man’s activities, and about 47% of known plant species are at grave risk. Coming to the cactaceae, whereas some species are virtually extinct in nature (for example Mammillaria scheinwariana, whose only known site was submerged when the Zimapan dam was built in Mexico), many species are acOrtegocactus tually still abundant in their habimacdougallii tats. As far as the most endanin flower gered taxa are concerned, we can in cultivation. only hope that, somewhere, as yet


Cactus & Co. – taxa

habitat. Per quanto concerne i taxa più in pericolo, c’è solo da augurarsi che da qualche parte esistano popolazioni ancora sconosciute che possano garantirne la sopravvivenza. Per fortuna però vi sono specie che, sebbene non comuni, godono di una relativa tranquillità e paiono indisturbate, spesso grazie alla inaccessibilità dei loro habitat. Una di queste oasi di tranquillità è l’unico sito conosciuto di Ortegocactus macdougallii, dove questa pianta fu scoperta e tuttora vive felicemente nei pressi del villaggio di San José Lachiguiri, nello stato messicano di Oaxaca. Questo taxon fu scoperto nell’inverno fra il 1951 e il 1952 dall’esploratore e botanico dilettante Thomas Baillie MacDougall (Bute, Scozia 1895 – Oaxaca, Messico 1973), più noto in Messico come Don Tomàs, che viaggiò in lungo e in largo per molti anni nella parte meridionale del paese alla ricerca di piante. Trasferitosi dalla nativa Gran Bretagna negli Stati Uniti all’inizio degli anni 20, dopo aver combattuto durante la Prima Guerra Mondiale nelle battaglie della Somme e di Arras, MacDougall studiò agraria a Syracuse e per alcuni anni si guadagnò da vivere lavorando presso il vivaio del suo compagno di studi William Shemin nel Bronx e successivamente a Greenwich, finché, a 36 anni, riuscì a coronare il sogno che aveva maturato fin da bambino quando leggeva gli scritti del naturalista W. H. Hudson. Nel 1931 infatti, dopo essersi messo in contatto con diverse istituzioni botaniche dalle quali ottenne degli incarichi, partì per il Messico dove da allora e fino alla morte si dedicò tutti gli inverni – amava chiamarle le sue “vacanze invernali” – all’esplorazione e alle ricerche botaniche e faunistiche. Si sistemò a Tehuantepec sull’istmo, ove visse per oltre quarant’anni. Appassionato e competente, MacDougall scoprì parecchie nuove entità botaniche tra cui non poche succulente, specialmente fra le Cactaceae e le Crassulaceae, come è testimoniato dal numero di specie battezzate in suo onore nei generi Disocactus, Echeveria, Furcraea, Graptopetalum, Peniocereus, Sedum e naturalmente Ortegocactus, la specie forse più nota. MacDougall non era però un semplice raccoglitore di piante. Amava immergersi totalmente nell’atmosfera e nella cultura del posto, imparando usi e costumi, studiando gli insetti, le piante, l’archeologia, la lingua, i rituali e il folklore locali. Non guidava l’auto, preferendo viaggiare a piedi per ore, e di notte era solito dormire all’aperto o in qualche posada (Phillips, 2006). Vale la pena di ricordare che Thomas MacDougall non va confuso con Daniel Tremby MacDougall,

unknown populations exist that will be able to ensure their survival. Luckily, though, there are other species that, though not common, enjoy a degree of tranquillity and seem to be undisturbed, often thanks to the inaccessibility of their habitats. One such oasis of calm is the only known site of Ortegocactus macdougallii: the place where this plant was first found and where it still lives happily, in the neighbourhood of the village of San José Lachiguiri, in the Mexican state of Oaxaca. This taxon was discovered in the winter of 195152 by dilettante explorer and botanist Thomas Baillie MacDougall (Bute, Scotland 1895 – Oaxaca, Mexico 1973), better known in Mexico as Don Tomàs, who travelled far and wide for many years throughout the southern part of that country looking for plants. Having moved from his homeland to the United States at the beginning of the 1920s, after fighting in the First World War in the battles of the Somme and Arras, MacDougall studied agriculture at Syracuse. For some years he earned his living working at the nursery belonging to his fellow-student William Shemin, in the Bronx and then in Greenwich, until, at the age of 36, he succeeded in crowning the dream he had held dear since he was a child, when he used to read books by naturalist W. H. Hudson. In 1931, after having contacted various different botanical institutions from which he received commissions, he left for Mexico. From that time onwards, until his death, he dedicated every winter – he used to call them his “winter holidays” – to exploration and to botanical and faunistic research. He settled in Tehuantepec on the isthmus, where he was to live for more than forty years. Thanks to his enthusiasm and competence, MacDougall discovered many new plants, including numerous succulents, especially among the Cactaceae and the Crassulaceae. This is shown by the number of species named in his honour in the genera Disocactus, Echeveria, Furcraea, Graptopetalum, Peniocereus, Sedum and, naturally, Ortegocactus, perhaps the best-known species. However, MacDougall was not just a simple collector of plants. He liked to experience ‘full immersion’ in the atmosphere and culture of the place, learning habits and customs, studying its insects, plants, archaeology, the local language, rituals and folklore. He did not drive a car, preferring to travel on foot, walking for hours, and at night he would sleep in the open or in some posada (Phillips, 2006). We must avoid confusing Thomas MacDougall with Daniel Tremby MacDougall, who is also commemorated in some plant names (Mammillaria hey65


ISSN 1129-4299


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