HOLLYWOOD

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CittĂ di Venezia MunicipalitĂ Mestre - Carpenedo Assessorato alla Cultura Assessorato alle Politiche Giovanili e Pace

Q13 VISUAL ART and MUSIC PROJECT

in collaborazione con LABORATORIO Associazione Culturale Soliti Sospetti srl ROOTS Associazione Culturale Fondazione Arezzo Wave Italia Biennale dei Giovani Artisti dell'Europa e del Mediterraneo

HOLLYWOOD

dal 26 novembre al 12 dicembre 2005 Galleria Contemporaneo - Mestre Venezia ideazione e coordinamento Laura Riolfatto, Manuel Frara e Andrea Morucchio

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Ci risiamo, ancora una vota, peschiamo nella tradizione astorica americana come può essere la città mecca del cinema; ma questa volta al contrario di come troppo spesso purtroppo si è fatto ‒ senza cioè scimmiottare mode ed atteggiamenti pseudointellettuali d oltre oceano. Al contrario, in una città come Mestre, ci permettiamo di reinterpretare in maniera antiretorica il contemporaneo attraverso una lettura artistica che rompa gli schemi rispetto al già visto ‒ attraverso gli occhi di chi interpreta il presente aprendo orizzonti sul futuro. Stiamo parlando della Hollywood = Los Angeles e guarda caso Q13 anticipa la Biennale di Venezia che programma per la prossima manifestazione una esposizione che avrà soggetto di ispirazione proprio la città californiana. Un anticipazione, come abbiamo potuto constatare felice. Le opere degli artisti e le loro performance si appropriano sia di frammenti di realtà dei paesaggi urbani come di oniriche immagini di boschi e di distese verdi: fotografia, pittura, installazioni, suoni, allineano un racconto a volte crudo come la realtà contemporanea ma mai monotono e scontato e non privo di fascino. Un plauso ai giovani curatori-artisti (Laura Riolfatto, Manuel Frara e Andrea Morucchio) ed un ringraziamento a tutti coloro che hanno collaborato per la riapertura ancora una volta di questo spazio espositivo. Uno spazio espositivo che, all interno del contemporaneo, non deve rimanere un unicum ma possa far parte di una più ampia articolazione di presenze espositive proprie della terraferma, come la ritrovata Torre Civica di Mestre, ma anche i luoghi aperti che possono essere occasione di riletture urbane attraverso provocazioni artistiche . L augurio è che questa proficua collaborazione fra artisti ed amministrazione possa continuare dando inizio ad una più ampia manifestazione che continui a coinvolgere come ora i giovani artisti a Mestre. É una scommessa alla Pascal ma proprio per questo vale la pena di provarci assieme. Massimo Venturini Presidente Municipalità Mestre - Carpenedo

Ancora una volta il Q13 non delude gli appassionati di arte, musica e ricerca, ma continua a sorprendere tutta la città superando i confini degli addetti ai lavori e la naturale sperimentazione che caratterizza le generazioni più giovani. Un Q13 che anche in questo caso supera la soglia limitata del contesto urbano nel quale è sorto e si è sviluppato e del quale rimane (a ragione) un vago richiamo limitato alla sigla. Il Q13 Visual Art and Music Project dopo i successi delle edizioni 2003 - 2004 Garage e Building propone per il 2005 Hollywood con artisti innovativi che talvolta offrono al visitatore (mai passivo per sua natura) l occasione per una fuga in avanti verso diverse soluzioni artistiche e nuove frontiere, dove anche la Municipalità di Mestre - Carpenedo (Mestre Centro) può divenire protagonista attiva con i suoi spazi e i suoi cittadini. Antonino Marra Delegato alla Cultura Municipalità Mestre - Carpenedo

La Galleria Contemporaneo ha la vocazione di laboratorio culturale rivolto principalmente ai giovani. Qui ci sono soggetti, pratiche, crew creative, che ci chiedono di poter avere spazi e strumenti di agibilità, capaci di interpretare e di reinventare la città. Per di più, questa Galleria è in una zona che registra un pieno di inquietudine, forse perché ha innanzitutto un vuoto di senso urbano. In realtà, sappiamo che un buon antidoto alla solitudine è l apertura di spazi pubblici plurali, vissuti ed attraversati dalle donne e dagli uomini. Lo abbiamo registrato ogni volta che abbiamo avuto l opportunità di aprire la Galleria al pubblico, peraltro sempre in occasione del Q13. I tanti giovani artisti che hanno attivamente partecipato alle attività e il pubblico, sempre molto folto, ci dicono che è possibile immaginare questo luogo come uno dei cuori pulsanti della città. Le idee, i progetti, le risorse, le energie creative ci sono. Basta solo cominciare. Franca Bimbi Assessora alle politiche giovanili

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"Q13 Visual art and Music Project" è la naturale continuazione di quei momenti che, attraverso la rete di collaborazione con la Città di Venezia (Municipalità Mestre ‒ Carpenedo, l allora Consiglio di Quartiere Mestre Centro; Assessorato alle Politiche Giovanili e l Assessorato alla Cultura), si manifestarono attraverso i percorsi esterni del centro di Mestre intitolati Guarda cosa Guardi . Dal 1998, come Associazione Laboratorio, iniziammo quella pratica che oggi viene identificata come public art . L arte visiva cambiava dimensione espositiva, entrando nelle vetrine di quei negozi e di quei negozianti che diedero la loro disponibilità ad essere interfacciati con i giovani artisti. L arte visiva si muoveva e si mostrava nella città cercando un nuovo dialogo, mostrandosi anche in proiezioni a video su grandi superfici naturali, gli edifici e i palazzi. Furono cinque fortunate edizioni che si conclusero nel 2000, perché finì anche quello stimolo che diventò in un biennio, nel campo dell arte contemporanea, la moda dell'arte pubblica. Per noi, in quel momento, si trattava solamente di re-interpretare il ruolo dell artista e della ricerca visiva. Di sperimentare altre collocazioni dell opera e differenti possibilità di fruizione. Senza grosse presunzioni e con un estrema voglia di mettersi in discussione. Guarda cosa Guardi una volta esauritosi divenne Visual Art and Music Project , dal 2002, mantenendo gli sproni originali ma modulando significativamente la forma. Ritornare all interno degli spazi deputati, dopo questa "deriva pubblica", significava rivivere totalmente lo spazio museale, o comunque lo spazio deputato al mostrare l arte contemporanea. Visual Art venne allestito per la prima volta al terzo livello del Centro Culturale Candiani. Ma nel frattempo c era già il pensiero di rivitalizzare la Galleria Contemporaneo, altrimenti chiusa, e aperta con significativi sforzi nell estate del 2003 con la mostra ... i care because you do . Visual Art è una cronaca nella cronaca, dentro e fuori la ricerca contemporanea di tanti bravi artisti giovani. "Guarda cosa Guardi" coinvolse circa 50 artisti da tutta la penisola, mentre la sezione arti visive, all'interno del Q13, ha visto la partecipazione, ad oggi, di circa 90 artisti, non solamente italiani, che in questi anni hanno animato e mostrato al pubblico la loro ricerca. Il senso dell operazione di "Q13 Visual art And Music Project" è sostanzialmente invitare in un contenitore paritetico e partecipato, una piattaforma del pensiero, 20 artisti per progetto; non necessariamente privilegiando delle discipline ma mescolando le tecniche più tradizionali, come la pittura o la fotografia, alle pratiche contemporaneee che vedono attraverso l'utilizzo dei new media un loro naturale

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progresso. Non vi sono i classici ruoli della mostra d arte, il curatore che produce il contenuto e gli artisti che per certi aspetti lo illustrano. E proprio perché chi coordina è egli stesso un artista non può arrogare a sè anche la figura della curatela. C è un unica piattaforma progettuale, appunto, nella quale avviene un dialogo, e dove tutti possono sviluppare il racconto nel momento stesso che questo viene inaugurato. Oggi, novembre 2005, è Hollywood . Ciascun partecipante ha sviluppato una propria personale visione che per certi aspetti si raccorda attraverso una "cultura del frammento", della decostruzione, finalmente non più intesa come feticcio culturale ma come pratica e metodo. E ciò che si evince, anche dalle immagini dell allestimento in catalogo, è una mostra corale. Una mostra corale tratteggiata da note a margine, da congrue differenze che si esplicano nel "racconto spezzato". Molti, se non quasi tutti, i lavori in mostra sono composti da "pezzi". Sono "pezzi di contemporaneo" assemblati e per certi aspetti ricostruiti all interno della Galleria Contemporaneo. Nome che difficilmente sarebbe più idoneo. Sono tutti lavori che ricercano il dialogo diretto con chi guarda, attraverso la gioia e attraversando le tecniche. É lontano da noi l esercizio del nuovo, però invece è molto vicino l esercizio della differenza e del ludico, in un altro capitolo che si aggiunge a questa nostra cronaca. Laura Riolfatto e Manuel Frara LABORATORIO

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Il principio di interesse disinteressato che secondo Perniola nel corso dei secoli ha costituito l aspetto essenziale dell esperienza estetica vive, all interno della contemporanea produzione artistica, una profonda crisi. E l interesse come utilità, intesa nell accezione economica di profitto e non il compiacimento disinteressato, che porta al giudizio di gusto di kantiana memoria a determinare i caratteri funzionali della maggior parte dell odierno sistema di produzione artistica. L ideazione di un opera o di un operazione artistica, e la loro comunicazione e fruizione all interno di un sistema spiccatamente autoreferenziale, (artista-galleria-istituzione-criticocuratore-collezionista-media-pubblico) rispecchiano le regole microeconomiche del sistema produzionepromozione-consumo. I concetti marxisti di feticismo e di valore , che spiegano la conversione dell attività umana concreta in qualcosa di astratto e puramente quantitativo come il valore di scambio, incarnato nella merce e nel denaro, sono strutturali al sistema contemporaneo dell arte. Gli effetti, come si dice, sono sotto gli occhi di tutti; la processualità autoreferenziale della produzione artistica, volta a creare valore e profitto, quali risultati può avere se non banalizzare, ridicolizzare e svilire principi fondanti del far arte quali la libertà e l autonomia? A volte, però, capita che soggetti pur interni al sistema dell arte contemporanea si sleghino dal ruolo specifico attribuitogli dal sistema stesso e ne sovvertano le regole riappropriandosi di un operare dettato dalla passione, l affettività, l autonomia; un modo di fare arte che, come scrive Perniola, si basa su memoria e immaginazione, su di un disinteresse interessato che non fugge il mondo ma lo muove . L arte come mezzo necessario per scoprire e forse perfino modificare le caratteristiche del mondo in cui viviamo. Con Laura Riolfatto e Manuel Frara (Interno3) nell arco di un paio d anni ci siamo ritrovati a progettare e curare alcune operazioni artistiche collettive determinate proprio dall ossimoro, nel testo di Perniola, dell interesse disinteressato . Petrologiche nel 2003, in collaborazione con il Comune di Venezia, la Galleria A+A e l Assemblea Permanente Contro il Rischio Chimico di Marghera, intendeva, attraverso i video contributi degli artisti partecipanti e gli atti performativi dei Mutoid Waste Company, stimolare riflessioni sul pericolo per l ambiente e la salute pubblica provocata dal Petrolchimico veneziano. Nel giugno del 2005 Mars Pavilion", zona temporaneamente autonoma (T.A.Z), in collaborazione con Global Project, durante le giornate di inaugurazione della 51°Biennale di Venezia.

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Un esperienza che ci ha portato a coordinare l operare di una quarantina di artisti nazionali ed internazionali che, attraverso i video, la perfomance, l installazione, il reading, i live set e la visual art, hanno dato vita ad un esperimento informale di creatività partecipata connotata da una forte sensibilità per le questioni socialmente più urgenti e drammatiche della nostra contemporaneità. Andrea Morucchio

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L’ARTE E LA SUSSUNZIONE IRREALE DELLA SOCIETÀ NEL CAPITALE Marcello Tarì

Una delle frasi che sono divenute più celebri di Impero, il libro globale di Michael Hardt e Antonio Negri, sino ad assurgere a vero e proprio slogan è quella che recita: non c è più fuori . Una affermazione che, si ammetterà, si presta a molte interpretazioni ma qui interessa innanzitutto metterla in relazione con il substrato marxiano che si distende per tutto il volume; non c è più fuori , in questo senso, significa affermare il completamento del processo di sussunzione reale della società nel capitale che Marx ‒ tra i Grundrisse e il capitolo VI inedito del primo libro del Capitale ‒ anticipava teoricamente come realizzazione del modo di produzione specificamente capitalistico, realizzazione che sarebbe seguita alla fase che lui stesso viveva e cioè quella della sussunzione formale. Sussunzione reale significa in parole povere ‒ ma non potrebbe essere altrimenti - che ogni articolazione produttiva, ogni porzione di società, ogni singolare esistenza si svolge dentro e sotto la dominazione del capitale: non c è più fuori. Certo, quell aggettivazione ‒ reale ‒ dà al concetto una torsione del tutto particolare, non tanto per la differenza con la precedente formalizzazione del dominio bensì perché potrebbe suggerire l esistenza di una determinazione irreale della sussunzione che, oltre tutto, rischia di scatenare un vertiginoso play lacaniano. Se ci riferiamo allo statuto del soggetto, infatti, non possiamo non andare col pensiero a quella estimità che Jacques Lacan dice essere il paradosso di quel luogo che è allo stesso tempo dentro e fuori, una interiorità che si svolge solo nel di fuori in quanto esclusione, una intima estraneità della Cosa in relazione al linguaggio e quindi al soggetto. La merce, nella sua potenza di estraneità al soggetto così come nella sua presenza pervasiva fin dentro le più intime zone della vita, ne è rappresentazione estrema ma pure del tutto aleatoria. Irreale, come Hollywood. Reale è solo il corpo? Sfruttato, offeso, umiliato, il corpo ha però la potenza di divenire non sappiamo cosa. Spinoza: nessuno sa cosa può un corpo ... In ogni caso l irrealtà, così come per altri versi l astrazione, non sta per ciò che non è , non vale come non-essere ma indica verosimilmente una molteplicità di possibili reali, di diverse dimensioni dell essere che il cinema, in particolare, rende spesso come compresenti: coevità disposte su di un unico piano di immanenza. David Linch e Abel Ferrara hanno scavato a lungo sui bordi sia dell intima estraneità a sé che della multitemporalità del soggetto. Le arti contemporanee sono sempre implicate nell espressione dei possibili ma, siccome non c è più fuori , gli è negata l allusione/illusione utopica tipica del Moderno mentre il reale spinge il loro fare sempre più dentro: nell espressione ogni volta singolare di una sussunzione irreale della società nel capitale. L arte contemporanea, massimo dell astrazione e pieno

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dell immanenza, mostra l ambivalenza costitutiva del dominio capitalistico: il suo essere orizzonte totale della vita e allo stesso tempo del come la vita stessa offra lo spettacolo della resistenza al capitale dal suo di dentro, derealizzando il capitale mentre fa detonare altri mondi possibili. È una macchina leibneiziana di infinita potenza quella che l arte mette in moto, pur se spesso funziona a vuoto. Nel vuoto. Essa pone il movimento di capitale nella posizione dell irrealtà nel momento stesso nel quale distrugge la forma della rappresentazione, sola e unica forma artistica attraverso la quale il capitale conosce e si riconosce. La rappresentazione è nulla. L espressione è tutto. Il dominio del capitale è una realissima illusione che si oppone mortalmente alla verità della vita della moltitudine. La moltitudine, lo sappiamo, è irrapresentabile politicamente a differenza del popolo (che ha sempre una lingua, una cultura, un volto); altrettanto, e a maggior ragione forse, essa si esprime nell arte come continua ricomposizione tumultuosa di singolarità senza volto, rifiutando così il lavoro della rappresentanza ‒ essendo la voltità l altro modo di dire rappresentazione monodica del soggetto capitalizzato. Il Volto è quanto di più irreale possiamo dire, mentre la moltitudine punteggia il reale di pure intensità senza anima. Un arte popolare è davvero improponibile. L Esodo, come potenza della soggettività moltitudinaria di andarsene dal Moderno (e quindi dallo sfruttamento, dalla guerra, dal male, dalla rappresentazione e dalla rappresentanza: dal capitale), è esattamente questo movimento reale che distrugge lo stato di cose presenti nel mentre crea una moltitudine di altri luoghi possibili. Il comune è il nome che segna l immanenza assoluta di questi reali possibili. Non c è spazio per il relativismo né per l universalismo, ideologie del Moderno anch esse: totalità contro totalità, possibilità reali contro il presente irreale, assolutezza della democrazia contro realtà della democrazia, illusione del dominio contro corporeità della rivolta. Tutta la violenza espressa nell arte contemporanea è segno dell affrontamento tra la reale irrealtà del capitale e la verità del comune. Un arte non-violenta non è irreale: è impossibile.

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YES, BUT WHERE IS LOS ANGELES? Massimo De Bortoli

Where can I buy water? Excuse me.. where can... water... Faccia perplessa, occhio smarrito e acquoso, pelle olivastra che contrasta con i colori stinti dal sole dello sfondo. Yo no hablo... Agua, senora, queremos agua Sorriso complice e radici etniche che si intrecciano. Ah, ah, latinos .

A Los Angeles, l inglese è un eccezione. Perlomeno sulla linea 20 e sulla interminabile East Broadway, dove le gastronomie messicane e le vetrine di abiti da cerimonia per bambini hanno preso il posto delle biglietterie dei cinema dentro i teatri decadenti. Gli edifici restano in piedi, ricoperti da titanici murales. Dietro le insegne lampeggianti e i negozi di jeans anni ottanta svettano le torri di vetro di downtown. Vuote a quest ora del pomeriggio. Los Angeles non si può descrivere. Sfugge da ogni parte. E un pezzo di Messico in America, è un aggrapparsi delle case intorno a un centro inesistente, è un infinita anaconda di automobili che sono il vero e unico tessuto connettivo della città. Un uomo guarda stranito verso l obiettivo. In mano tiene una mappa della California del Sud, i piedi sono in acqua con tanto di scarpe e pantaloni. Yes, but where is Los Angeles? dice la didascalia. Se trovi l oceano non trovi Los Angeles e vale l opposto. Una città senza centro è ancora una città? Dove comincia e dove finisce Los Angeles? Perché la signora del banco informazioni all aeroporto mi sconsiglia di alloggiare a downtown, in pieno centro? A Los Angeles è meglio la periferia? In qualunque modo ci arrivi a un certo punto ti ci trovi dentro ancora prima che tu possa dire Where... ? . Gli autobus di Los Angeles sono la scelta residua delle persone anziane, dei disabili e di quelli che hanno tempo da perdere. Scelgo l autobus. La gente è gentile e non c è puzza di gas di scarico. Il sole è alto e il posto che dobbiamo raggiungere è lontano parecchie miglia, lassù sulla collina, da cui se riesci a immaginare oltre la foschia puoi vedere l oceano. A Los Angeles puoi vedere dei Rembrandt, che in Europa non ci sono più, senza pagare il biglietto, i camerieri sono gentili perché sperano in una mancia più alta, i marciapiedi del centro sono deserti, Venice Beach è un tuffo in un telefilm degli anni 70, Beverly Hills crede ancora nel mito italiano. O forse è il mito italiano che crede a Beverly Hills a giudicare dalle foto che tutti si fanno scattare sulla scalinata di Rodeo Drive. Questa città è così, ti ci avvicini per approssimazione, sommando di volta in volta i pezzi che riesci a

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comprenderne. Poi arrivi a Hollywood dove puoi comprare le statuette di plastica dell omino eretto d oro fasullo e camminare sopra la mitologia contemporanea. Gli antichi Greci dedicavano agli dei spazi sacri e gli consacrarono una montagna. A Hollywood gli dei abitano su una lastra di marmo nero lungo il marciapiede. C è qualcosa di funebre e di ritualistico in questo andirivieni sacrale sopra le stelle. Il sogno americano è scendere da una limousine nera lunga 9 metri, sotto l insegna luminosa di El Capitan. Mentre l autista si avvicina alla portiera in fondo, delle dimensioni di una normale portiera d automobile (ma che ci sarà mai in quello spazio fra il sedile e il guidatore!) gli sguardi degli astanti cominciano a fissare irrequieti la scena. La bocca si atteggia a cerchio nell attesa di poter riconoscere un volto, uno stivale, un soprabito. A scendere sono cinque donne anonime sulla quarantina, non particolarmente attraenti. Non sono star dell ultima fiction, nessuno le bada più, ridono in modo sguaiato. Alla fine capisco. La Walk of Fame non è una celebrazione della grande industria dello spettacolo hollywoodiana ma è una misura della propria appartenenza alla cultura occidentale. Nel riconoscere i nomi incisi sul marmo nero, il volto famoso lungo il Boulevard, sei tu che ti senti famoso e al centro dell attenzione. É un meccanismo di rispecchiamento mediato dalla visione. L appagamento mitico-simbolico dipende dalla misura in cui riconosco ciò che è noto per essere famoso. Una bella differenza rispetto all idea europea di memoria in cui si contempla il passato e si cerca di ricomporre ciò che è stato infranto. Volano più angeli nel cielo sopra Berlino che non in quello della città degli angeli. A Hollywood nulla è stato infranto, solo che il meccanismo è un po stanco, le giunture della giostra cigolano un po . Sul marciapiede di Hollywood di fronte al restaurato Kodak Theater rimangono tre cose. Un gruppetto di ragazzini di strada che ballano street dance al ritmo di hip hop. Non sono tutti bravi, ma ballano insieme, uno dopo l altro e ciascuno ha il suo momento di gloria. Poi ci sono i sosia delle celebrità che si fanno pagare per una foto istantanea. Infine c è un ventriloquo che ha piazzato davanti alla telecamera un pupazzo con un microfono in mano animato da un bastone. Intervista i passanti. Sembra molto famoso qui. Io non so chi sia. La gente ride, almeno finché la telecamera è accesa. Queste sono le vestigia della contemporaneità. Se si prosegue lungo la strada si incontra la non-contemporaneità delle autorimesse cadenti, della spazzatura fermentata al sole, dei cartelloni pubblicitari 9x6 che oscurano la visione delle case in cui si agita un umanità brulicante. Esta es America mi dice la signora della linea 20

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anche se tenemos cattivo presidente, se la strada es un poco sporca e c è delinquencia, l America funziona, adelante, marcia . Ora mi devo alzare. É salita una persona disabile, si deve sollevare il sedile, lasciare libero lo spazio perché possa agganciare la sua carrozzella. Dopo due fermate scende, la pedana retrattile si allunga, l autista dà assoluta precedenza. L uomo con il sacchetto della spesa appeso alle maniglie dietro della sedia si avvia per il marciapiede schivando cestini, rifiuti e paline di segnalazione. É l America che va avanti.

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HOLLYWOOD MEDLEY Marco Baravalle

Goin way down south, Way down to Mexico way Goin way down south, Way down where I can be free JIMI HENDRIX

L origine di Hollywood ha a che fare con il mito della frontiera e con il Messico. Hollywood nasce nel primo decennio del Novecento in seguito ad un esodo dalla East Coast, dal New Jersey e dai brevetti dell MPPC (potentissimo trust delle più grandi compagnie cinematografiche dell epoca) di Thomas Edison. Hollywood, avendo determinato, attraverso il Western, la mitizzazione dal Far West, ha probabilmente contribuito ad affondare la storia della sua nascita in quello stesso terreno mitologico di un ovest ancora selvaggio e incontaminato. Una terra libera dal giogo dei brevetti, ma anche naturalisticamente eccezionale, dal clima temperato e talmente soleggiata da essere infine riconosciuta come una sorta di luogo predestinato alla ripresa cinematografica. Hollywood nasce sull Eden della sanguinosa marcia della frontiera verso il pacifico, eppure i primi studios furono indubbiamente il frutto di una rottura che i cosiddetti Indipendenti misero in atto nei confronti di quello che allora si configurava come un vero e proprio monopolio del cinema statunitense. La vicinanza con il confine messicano, infine, metteva a disposizione dei pionieri di Hollywood una comoda via di fuga ogniqualvolta gli agenti della MPPC si mettevano in viaggio dal New Jersey verso la California intenzionati a presentare il conto ai ribelli dell Ovest. Chissà se ancora oggi i produttori miliardari di Hollywood, ascoltando casualmente Hey Joe di Jimi Hendrix, inarcano le sopracciglia e inspirando forte l aria dal naso, annuiscono impercettibilmente guardando nel vuoto di fronte a sé? Naturalmente di questa Hollywood non rimane nulla. Intorno al 1950 la locale Camera di Commercio decise che la celebre insegna sulla pendice del Mount Lee sarebbe diventata un marchio registrato, in altre parole, un brevetto. E chissà se Maurizio Cattelan abbia dovuto spendere una fortuna in diritti per poter dislocare una copia dell insegna hollywoodiana, in scala 1:1, sul cucuzzolo di una discarica nei pressi di Palermo? Non lo so, ciò che è evidente in questo caso, per ammissione dell artista stesso, è che Hollywood viene chiamata in causa come luogo dell immaginario, sogno in grado di manifestarsi ovunque, in California come in Sicilia, nel cinema come nell arte. Ma proprio su

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questa pervasività hollywoodiana l opera mostra il suo punto più debole, nella sua incapacità, nel suo totale disinteresse a tentare di sottrarvisi. Adorno aveva felicemente intuito che il problema dell industria culturale risiedeva nella standardizzazione del sogno, allora, piuttosto che amplificare l universo onirico hollywoodiano in Sicilia, non sarebbe stato più interessante onorare il cinico incubo cinematografico di due registi come Ciprì e Maresco? Hollywood ha creato lo star system, i divi, e ha profondamente contribuito alla formazione dell immaginario pop globale. A questo immaginario gli artisti hanno cominciato ad attingere a piene mani a partire dagli anni 60. Andy Warhol ha dato all arte della seconda metà del secolo scorso il volto di Marilyn Monroe. Al di là dell eterna contesa tra chi vede nell opera warholiana un rivoluzionario atto di restituzione dell arte al popolo e chi, invece, vi scorge più che altro l astuzia affilata di una fredda macchina capitalistica, è indubbio che le sue Marilyn possano venire considerate come le nuove icone del culto profano del divismo. Pavel Florenskij ha scritto dell icona (immagine sacra) come di una porta verso una dimensione sovrannaturale, un passaggio in grado di avvicinare l uomo al Cristo ed è per questo, aggiunge il mistico russo, che i pittori di icone sono obbligatoriamente monaci, ovvero persone spiritualmente preparate alla difficoltà del compito. Similmente, le Marilyn warholiane sono qualcosa di più della mera rappresentazione di un volto, esse sono le porte attraverso cui lo spettatore si inoltra in quel sogno di celluloide (certo standardizzato) che il cinema hollywoodiano ha creato. Sono immagini fisse e seriali attraverso cui si ha accesso all universo dinamico del film, esse, ripeto, non sono rappresentazioni dell attrice, bensì sono l attrice stessa nella loro capacità di avvicinarci alla sua natura per noi più vera: quella di immagine proiettata su di uno schermo. Chi, inoltre, meglio di Warhol avrebbe potuto incarnare il pittore di icone profane. Egli più di ogni altro artista contemporaneo seppe divenire una vera stella, un membro effettivo dello star system a fianco di attori, musicisti, sportivi, ecc. In fondo, se i monaci, e solo loro, potevano aspirare con successo alla produzione di immagini sacre, solo un divo avrebbe potuto, con la propria arte, arrivare alla natura più intima dei suoi stessi colleghi hollywoodiani. Il cinema, si dice, produce sogni, l arte, forse, è più interessante quando si cimenta con l analisi di tale produzione, quando tenta di decostruirla, di smascherarla. É questo il caso di Mondo Veneziano

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di Antoine Prum, film girato sulle rovine di un set cinematografico abbandonato, una inquietante Venezia artificiale nel mezzo del Lussemburgo. E questo l esempio di un opera d arte nata sul fallimento di un sogno hollywoodiano, infatti, il film (una grossa produzione) per cui il set fu specificamente costruito non è mai nemmeno arrivato alla sua fase di distribuzione. Il film Mondo Veneziano si è lanciato come un avvoltoio sul cadavere di questa avventata ambizione cinematografica, facendo l unica cosa che poteva fare, ovvero, metterne a nudo lo scheletro. Mondo Veneziano è caratterizzato da una costante, il continuo svelamento della propria finzione cinematografica: i palazzi si palesano come semplici facciate di cartone sostenute da un groviglio di assi, la luna è un pallone aerostatico, gli attori recitano con il copione in vista, ecc. Tale meccanismo è messo in atto per vari motivi, ma l effetto che a noi qui interessa è sostanzialmente quello che Benjamin aveva già rilevato a proposito del teatro epico di Brecht e che egli definisce come interruzione. L interruzione, secondo Benjamin, serve sempre a impedire l illusione da parte del pubblico , a renderlo cosciente della finzione dell opera, avvicinandolo così al produttore in questa consapevolezza. Per quanto riguarda il film di Prum, l interruzione sta nel continuo svelamento dell artificialità di un apparato scenico in tutto e per tutto hollywoodiano. Tale sistema fornisce una chiave di lettura valida anche per chi si avvicina al film senza avere il bagaglio concettuale necessario a decifrare il tema portante dell opera: gli espliciti riferimenti polemici rispetto all attuale dibattito critico sull arte contemporanea. L interruzione rende comunque lo spettatore vigile rispetto al proprio ruolo che rischia altrimenti di scivolare verso quello di consumatore alienato e contemporaneamente, aiuta il produttore ad evitare di essere ridotto in schiavitù da un apparato (oggi soprattutto tecnologico) di produzione che egli tende invece a pensare come saldamente in suo potere. In fondo, forse, tale pratica ha qualcosa a che fare con lo spirito hollywoodiano delle origini, l interruzione, a ben vedere, assomiglia un poco ad una fuga in Messico di fronte alla minaccia della standardizzazione dei nostri sogni.

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INTERVISTE

Saramicol Viscardi

Fabio Bianco Il tuo lavoro accosta la dimensione dell intimità, l interno di un appartamento, alla sfera opposta, cioè la visibilità ricercata e offerta dall etichetta Hollywood . C è un rapporto di complementarità tra questi due aspetti, o al contrario una tensione che li rende inconciliabili? Sono due poli della calamita che si respingono, apparentemente vicini, ma inavvicinabili, intoccabili. E l improbabilità di acquistare una villa affacciata su una discarica, e abitarci, se non per averla comprata a scatola chiusa fidandosi dell agenzia immobiliare e della sua splendida presentazione. E come leggere un contratto, tralasciando le clausole in fondo pagina a dimensione ridotta. E la forza dei media e della comunicazione, nel manipolare la realtà ed adattarla ad una propria verità. Hollywood: un sogno per molti, un illusione per tanti. Timea Oravecz Da tempo vivi e lavori a Venezia, ma le tue origini sono ungheresi: qual è il tuo rapporto con questa città, che forse più di altre ha un anima profondamente cosmopolita? Questa condizione di straniera si riflette nel tuo lavoro? Il fatto di essermi trovata straniera mi ha reso certamente piú sensibile alla situazione di disagio che si prova nel non essere accettati, o integrati. Guardo all uomo sdraiato su una panchina con uno sguardo piú acuto. Piú che straniero era estraneo al contesto, al luccichio del musical del teatro di fronte. Ma in quella foto ho cercato di dare una mia visione personale, che spesso mi aiuta ad accettare i contrasti e a smorzare i toni pesanti. Concepire quella foto come un trittico, dove i primi due scatti sono la realtá nuda e cruda; il terzo scatto, isolato da qualche centimetro in piú di distanza, é come se ti portasse nella realtá da lui sognata, nel suo sogno. Sotto lo sguardo degli angeli su un manifesto di Cats . Marika Vicari I tuoi lavori presentano una lunga e complessa preparazione. E un percorso che in qualche modo ricorda il processo creativo presente in natura: c è un rapporto particolare tra questi due aspetti? Il mio lavoro richiede molto tempo: per la lavorazione, per pensare ed agire sulla tavola. Sia quando osservo la natura che quando dipingo, disegno con lo sguardo, faccio delle misurazioni. Fondamentale è l indagine sulla luce, sia quella che cerco di creare con la grafite, che come elemento che spiega i fenomeni della natura. Per questo mio ultimo lavoro ho scelto il b/n che mi consente maggiore astrazione, andando all origine delle cose per sprigionarne la forza estrema. Il paesaggio per me è lo strumento-pretesto adottato dopo un percorso di riflessione sulle potenzialità dell immagine pittorica. Offro porzioni di paesaggio che, sfuggendo ai territori dell urbano, rivelano la

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ricerca di equilibrio con il luogo, innanzitutto per me stessa. Matteo Peterlini Il concetto di identità sembra essere al centro di M_M_ Mirror Myth , mescolando attraverso un elaborazione digitale il volto dello spettatore comune con riconoscibili profili del mondo del cinema, vere e proprie icone dello star-system hollywoodiano. Una vera e propia fusione tra realtà e simbolo, icona? Esiste un osmosi continua tra realtà e mito, un confronto tra quotidianità e immortalità dove il simbolo esercita un azione feroce di screditamento della realtà, che ne subisce il fascino. L opera lavora su questa dialettica, cercando di mettere in luce questo conflitto. Il sistema dei ruoli tende a rompersi e il lavoro presentato ci fa entrare per alcuni istanti nel mito a condividere la sua presunta immortalità. Come il mito e la realtà si specchiano l un l altro, così M_M_ Mirror Myth ridisegna il nostro rapporto tra la realtà e l immagine indelebile dei miti attraverso uno specchio, che è in definitiva il punto di incontro. Mi piace pensare a questo lavoro come ad un opera che porti una rivelazione del conflitto tra quotidiano e straordinario, tra umano e mito, tra istante e infinito. Daniele Bianchi Il ciclo Uscite d emergenza ha alle spalle una raffinata ricerca linguistica che lo pone in una dimensione non meramente pittorica. Per te la pittura è uno strumento espressivo che può di volta in volta cambiare, in relazione al singolo progetto su cui lavori, oppure è una scelta espressiva aprioristica, personale? Forse nessuna delle due. Credo che la pittura sia cercare piuttosto che trovare. Rispetto ad un mondo che esige sempre più conoscenze certe, io mi pongo sul lato opposto, quello dell incertezza, del dubbio, dell insicurezza. Nella società che parla, la pittura rappresenta il mio silenzio. Marco Paties In Merry-go-round n.10 si colgono dei riferimenti ai movimenti dell Arte Povera e Fluxus: come ti poni nei confronti di questi importanti momenti della recente storia dell arte? Sì, questi riferimenti sono ravvisabili, ma l opera è anche un esempio di kitch. Fluxus nella sua poetica non necessita d altro che dello spirito, è una sua peculiarità; il fatto poi che questi oggetti si possano collocare in un estetica kitch ne determina la sua stessa contraddizione, perchè ne tradisce un altra valenza: il sentimentale. Merry-go-round n.10 ne rivela l appartenenza così come una negazione evidente: è attraverso la lettura dell affettività che si potrà leggere e capire l intera storia dell arte, pur nei suoi accenti razionalistici, simbolici o metaforici. Per quanto riguarda l Arte Povera, malgrado ne riconosca

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l appartenenza in alcune opere, in questo lavoro ve n è poca traccia. Andrea Morucchio The Main Show vuole riflettere sulla spettacolarizzazione della religione cattolica operata dall´interno del sistema religioso stesso, attraverso una propaganda che sa di operazione di marketing. Quale significato dai al tuo intervento in relazione al tema della mostra? Il lavoro consiste nella disposizione orizzontale di tre stampe della Pietà di Canova riprese da diverse angolazioni. I chiodini piantati sulle statue in gesso ne scansionano i volumi decodificando canoni di bellezza legati alle proporzioni anatomiche classiche, una callimetria che determina modelli estetici tuttora utilizzati dall industria comunicativa massmediatica. Le arti visive da sempre si sono confrontate con i Vangeli costituendo figure e visioni drammatiche archetipiche, tra queste la Pietà. Il cattolicesimo è stato ed è tuttora (si pensi allo show di Papa Wojtyla morto) la religione più spettacolarizzata e globalizzante. Hollywood è la fabbrica dello spettacolo conformante la cultura globale. Lorenzo Pecchioni Spesso il confine tra film, documentario e video d artista è labile. A volte sembra non esserci; penso al ciclo Creamaster di Mattew Barney, a cavallo tra tante dimensioni di espressione diverse. Sono etichette inutili e forzate, oppure una sottile line rossa può essere tracciata? Nella realizzazione di un documentario l idea stessa di documentario sarà l obiettivo della mia decostruzione: manifesterò la mia libertà, cercando un confronto diretto con l idea in quanto tale, e non con il tema trattato. Per il film sarà lo stesso: l idea di fiction è l oggetto della mia ricerca, rilasciando contingentemente una storia. In entrambi i casi siamo davanti ad un video d artista . Sicché la linea rossa va tracciata, per me, in verticale. Il termine videoarte evoca un intenzione particolare per cui l autore troverà nella stessa idea di video un territorio d espressione artistica. In questo caso sarà doveroso il riferimento ad un immaginario tecnico ed espressivo specifico, ma non è il caso di questo lavoro, se non in minima parte. E forse non è neanche il caso di tante opere pur definite videoarte . Raffaella Crispino Nella tragicità delle mille implicazioni correlate alle azioni e reazioni scatenatesi a partire dagli attentati dell 11 Settembre, le immagini giocano un ruolo significativo. Col passare del tempo si conferma quello che in molti hanno detto fin da subito: nessun effetto speciale aveva ancora espresso la forza di questo evento accaduto per davvero (E. De Cecco). Come credi abbia reagito il mondo dell arte a questo processo, peraltro ancora in corso? Ci sono molti lavori che evocano la storia più spettacolare; altri ancora conquistano lo stesso valore con progetti prodotti a budget hollywoodiani. Gli artisti hanno il diritto di esprimersi liberamente, l importante è chiedersi se col nostro lavoro stiamo offrendo un valore significativo, o se stiamo aggiungendo ancora un SURvalore... Si discute sul significato di banale o spettacolare: qualcuno crede che la spettacolarità sia data solo da quella novità che acquista credibilità

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e valore artistico sulla base dell originalità. Poichè la cosa più spettacolare Hollywood l aveva già montata nel nostro immaginario (e poi purtroppo qualcuno l ha realizzata veramente), è probabile che proponendo spettacolarità, il rischio che si corre è di nauseare, annoiare. La poesia, d altronde, è semplice, è un soffio talmente leggero che ha la forza di rinfrescare l aria più stagnante. Enrico Minato La performance Turbomas giocava sottilmente tra l uso provocatorio di un tema erotico e una critica alla società contemporanea in cui tutto viene trasformato in complessa ed aulica declamazione. Quanto è importante per te l aspetto provocatorio? La performance è pro-vocazione, dove la vocazione non è dell autore ma del pubblico. Ho portato una condizione intima allo spettatore, perciò spettacolo; è tipico dei nostri tempi ma ho voluto farlo attraverso la dimensione letteraria, del racconto, in veste di angelo come un custode che suggerisce e che consiglia. Non so... parlare dei propri lavori equivale a rifarli, per cui distruggerli. Matteo Rosso Mi diverte il contrasto stridente tra l immaginario che il nome Paris Hilton evoca - scenari da party hollywoodiani - e il mondo ruvido e scuro che il floppy disck incarna: l informatica quando ancora non era hi-tech. Due icone agli antipodi o semplicemente un mondo che sta cambiando? Direi piuttosto un differente processo di genesi dell icona nell immaginario collettivo, rispetto a Marilyn o a Elvis. Mentre il feticismo per l immagine del divo era un diretto riflesso della sua celebrità, la fama di Paris Hilton deriva invece dal feticismo googleiano per la sua immagine. Interno3 Ironizzare sulla particolare fortuna di un determinato mezzo espressivo come fate nel vostro ultimo lavoro, implica assumersi rischi e responsabilità non indifferenti. Perchè una pratica artistica diventa moda? Se ti riferisci al video Mondo Arte , in realtà è un pezzo del 2003 pensato come video installazione non invasiva - con un piccolo monitor da 7 - e inserita in una collezione privata. La sola traccia video, della quale possediamo i diritti d uso, è stata inserita in loop, con una modifica nell anello di riproduzione, nel circuito delle telecamere-monitor di sicurezza della Galleria Contemporaneo. Il lavoro esposto, oltre alle nuove serigrafie digitali su vetro, ironizza su alcune definizioni dell arte: net art, vernissage art, conceptual art, etc. Ad ogni titolo-tema si collega un giochetto a video, sulla falsa riga delle comiche di Buster Keaton, che ironizza appunto sulle definizioni. Definzioni spesso pleonastiche, riduttive o più semplicemente tautologiche. Alla fine c era l idea di costruire un meccanismo visivo, un giocattolo intelliggibile, con richiami da Magritte a Keaton, da Foucault a Duchamp. Il perchè una pratica artistica diventa moda non lo sappiamo. Forse troppo spesso vengono usate delle bizzarre scorciatoie mentali. il video Mondo Arte è downlodabile sul sito c771.org

Alessandra Ghirardelli Il tuo lavoro è costituito da una serie di still da video, proposti in serie. Qual è il passaggio da una narrazione

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continua ad una sequenza frammentata di immagini?

voglia tacere della parte musicale. E viceversa.

Il tema è quello degli homeless, dei senza tetto, uno spettacolo toccante e frequente in tutti gli Stati Uniti, che fa riflettere sull assenza di intimità e di uno spazio personale - fisico e quindi anche mentale - che ogni persona dovrebbe avere. E intimo è divenuto anche il formato degli still da video che impongono un accesso frammentato, continuamente rallentato e sospeso, del contenuto in questione. La narrazione viene decostruita in una logica del gioco all incontrario e del colorato, privato di un impatto spettacolare che contraddice la natura stessa del mezzo video.

Carlo Vedova I tuoi lavori, con campiture piatte e colori sgargianti, sembrano occhieggiare al movimento della Pop Art. Qual è il tuo background e cosa ti ha portato a privilegiare questo tipo di linguaggio?

Jernej Forbici Qual è il tuo rapporto con la pittura, linguaggio artistico per eccellenza, che nella produzione contemporanea sembra essere stato etichettato come superato ? Per me la pittura é sempre stata presente: portava con sé ricerca continua ed un lavoro ininterrotto. É vero, ha i suoi limiti, ma è questo che la rende ancora più complicata e ricca. La sua perdita di importanza negli anni Novanta deriva dal fatto che il mondo sta correndo sempre più veloce. La pittura é una ricerca lenta, complicata. Oggi, all inizio del nuovo millennio, é una delle correnti artistiche più forti. Il ruolo dell artista, oggi, può caricarsi di ulteriori responsabilità: non solo sensibilizzare il pubblico riguardo problemi specifici, ma mantenere viva la capacità di leggere e apprezzare, in generale, la verità e l equilibrio che la natura e la storia consegnano all umanità. La pittura scrive la storia... Maria Elisabetta Novello Una sorta di memento mori la tua opera, che ricorda quasi beffarda la temporalità di ogni cosa: anche il successo finisce in cenere, ed una stella sull Hollywood boulevard è in fondo una sorta di epitaffio di lusso... La temporalità è una componente importante del mio lavoro. Cenere come traccia di un qualche cosa, testimonianza di un mondo, di un corpo... di un tempo. Cenere come testimone del passare, come instabilità e confusione del tempo. Nel caso dell installazione a terra la temporalità e la durata dell opera erano date dallo spettatore... infatti gli spettatori erano le vere star, che passeggiando in questo tappeto di cenere, lasciavano le loro orme... tracce di un insistente passaggio che ha cancellato e fatto sparirire ogni cosa. Nicola Scarpelli e Mauro Martinuz Lavorare contemporaneamente con due mezzi espressivi diversi, quali la musica e il video, significa affrontare due parti differenti di un unico lavoro, oppure riuscite a procedere con il progetto in modo omogeneo? Audio e Visual sono in questo lavoro espressione di un sentimento comune. La forma che ne deriva è, dal nostro punto di vista, omogenea. Se dovessi sintetizzare questo progetto ricorrerei, modificandola parzialmente, ad una frase di Le Corbusier: la città mentre lui si riferisce nello specifico a New York - è un cataclisma al rallentatore. Ecco che questa suggestione si realizza attraverso un accordo sincero tra immagine e suono. Sincero perchè non c è nulla che l immagine

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Ecco a voi il mio background: il professor Furlani della biblioteca di Maniago, il terremoto in Friuli del 1976, Dino Pippolo e la fragola, la Santa Comunione, il maestro Aldo Tuniz, la grande nevicata del 1985, Maurizio e Francesco, Gli Iron Maiden, le tette a punta della mamma di Luigino, il vecju Basilio amigu di gno nonu, il califfone e Tania di Vayont, Mario Toto e Marino Garbàtul, il Babilonia, Alberto, Leonardo, Daniele e Aldo, Franceschino, Matteo. Marco. Il merlot di Navarons, e quello di Chievolis, l enoteca di Spilimbergo, il circo equestre, il camion Magirus Deutz di mio papà, il bianco del bar Roma e quello della Tavernetta, il guado del Meduna, la Pussa, Claut, i Cren, tutte le mie donne, il DISCO CLUB PARADISE, l ultimo dell anno del 1986, i Simpson, il professor Giancarlo Venuto, Codroipo, Italo delle Risorgive, la bassa friulana e Roberto Panigutti, Tramonti di mezzo e Satana, le tette di Ester, la festa del vino a Casarsa e quella di Bertiolo, Luigi Viola, il Black & White, le due milanesi, il condominio S. Carlo e la pescheria, Donkey Kong alla Tavola calda, Welcome to the Jungle, la Opel kadett 1200, Campèi, le birre di Arba, il nero delle ghiaie, Marianna di Barcis, le cugine di Alberto, il brasato con la polenta e lo strudel di Maria, il circolo operaio di Frisanco, Trieste. Charles Johnson, l Hudson. Lorenzo Sanguedolce, il vino della California, gli sciacalli. Luca nel Nebraska, il natale del 1999, Valentina. Il mio piccolo Dario. Non è tutto ma, vi assicuro, è molto. Gaston Ramirez Feltrin e Ajeet Mansukhani Il dominio spettacolare è riuscito ad allevare una generazione piegata alle sue leggi , ha detto il filosofo e cineasta francese Guy Debord, il cui lavoro è al centro della vostra installazione. Hollywood può essere sovrapposta alla definizione di dominio spettacolare , o non è altro che una sorta di grande casa di produzione? Significherebbe considerare Hollywood una grande casa di produzione, e dare per scontato che da sola abbia il potere d essere dominio spettacolare . Credo piuttosto che Hollywood sia parte di quello spettacolare dominio spettacolare , ma non sia che una minima parte del sistema di dominio rivisitato da Debord. Il nostro lavoro si basa sull idea che alcune delle sue tesi siano cambiate dall avvio della rivoluzione provocata da Internet. L ipotesi è che questa concezione di spettacolo si è sostanzialmente modificata. All epoca della televisione la società era passiva e succube della spettacolarizzazione della realtà; con internet invece assistiamo alla personalizzazione dello spettacolo. In rete possiamo trovare tutto, ogni utente sceglie il proprio dominio . Questo lavoro cerca di offrire uno spettacolo equivalente al numero di spettatori, attraverso delle immagini che sottoscrivono la voce originale di Debord che narra brani del libro.

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Alessandra Ghirardelli Homeless animazione digitale . video still - 2005

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BridA [Jurij Pavlica . Klemen Brun . Sendi Mango . Tom KerĹĄevan] Modux elaborazione dati . pittura (acrilico su tela) - 2005

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Nicola Scarpelli e Mauro Martinuz Madroad Driving video - 2005

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Marta Madureira As maquinas de Maria animazione video digitale - 2005

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Daniele Bianchi Uscite d'emergenza olio su tela - 2004

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Lorenzo Pecchioni Hector colpito a tradimento video - 2005

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Jernej Forbici War of the world's tecnica mista su tela - 2005

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Marika Vicari as I walk grafite e tecnica mista su legno - 2005

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Timea Oracevz Cats stampa lamda - 2005

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Gaston Ramirez Feltrin e Ajeet Manskhani Senza titolo video allestimento interattivo - 2005

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Marco Paties Merry-go-round N° 10 ready made composito - 2005

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Fabio Bianco Sale olio su tela . elemento grafico - 2005

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Andrea Morucchio The main show stampa fotografica su carta barritata - 2005

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Interno3 Domestico Superstar serigrafia digitale su vetro - 2005

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Enrico Minato "Turbo-Mas" performance 26.11.2005

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Enrico Minato Monocrono oggetto a parete - 2004

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Maria Elisabetta Novello "Stars" performance 26.11.2005

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Maria Elisabetta Novello Star cenere - 2005

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Carlo Vedova Look mom, no head . Don t call me stupid vinili su forex - 2005

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Matteo Rosso Paris Hilton s google zeitgeist floppy disk . elemento grafico - 2005

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Matteo Peterlini M_M_ Mirror Myth video allestimento interattivo - 2005

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Raffaella Crispino Dopo l 11 settembre, nessuna opera d arte sarĂ piĂš spettacolare performance 26.11.2005

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catalogo a cura di Matteo Rosso e Interno3 fotografie Andrea Morucchio e Interno3 stampa Firma Gruppo Poligrafico dicembre 2005

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