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inMETAMORFOSI
Accademia di Belle Arti di Catania AFAM alta formazione artistica e musicale
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca
Candidata Angela Gubitosa Relatore Gianni Latino Progetto grafico Angela Gubitosa Laurea di Secondo Livello in graphic design indirizzo grafica editoriale Anno Accademico 2011/12 Copyright 2013. © Accademia di Belle Arti di Catania © Angela Gubitosa Nessuna parte di questo libro può essere riprodotto o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti e dell’editore.
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inMETAMORFOSI
Abstract
In this thesis I explain the route of movable types, from shaped metal to digital evolution. The starting point is the invenction of Gutenberg’s movable types, and its evolution from to the first form of blackletters to the roman type, and then the use of the gothic type, until the digital age. The thesis is focused on the development and the rationalization of all the metods used to design many kind of characters suitable in many field of uses, editorial first. The history of fonts, the consequent demonstration of their transformation and the way to be adapted to media, is treated in the editorial field, indeed in the project I used images of specimens of texts taken by some books, usually written by the same font designers. This work want demostrate how, as the other arts, typography is in step with times and how was the reflection of his age, relating with new technologies, showing their adaptibility capacities. Designers, as fathers of their sons, takes the task, thinking about, design and realize it; expressing in this way, through matematics
forms, proportionts, rules, full and empty shapes, and all the effects of human eye perceptions needed to a good result; using all their knowledge, their taste and their personalities. I tell the evolution of characters, showing how great and talented in humanistic knowledge men were the creators of tools used to spread the culture in the world. Becose men do the history, and in this instance were the men that makes characters, making consciously or unconsciounsly the metamorphosis.
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Presentazione
“Sono lavori vivi questi”disse un mio collega riguardo queste nostre tesi, e andando avanti in questo percorso, mi sono resa conto di quanto fosse vera questa affermazione. Per iniziare questo tipo di studio è stato sufficiente un punto di partenza più o meno deciso nella mente, subito seguito dalla necessità di dover smontare il progetto iniziale, portandomi a volte, e data la vastità dell’argomento, fuori tema; ma nonostante questo mi sono resa conto che le parti in questione sono in realtà parti fondamentali del discorso. Il filone iniziale dell’argomento si lascia a favore di altro (anche perchè risulta impossibile riuscire a trovare abbastanza nozioni utili per completarlo) trasformandosi in un discorso mutevole. La tesi vuole trattare delle trasformazioni che sono avvenute ai caratteri tipografici. Quindi cominciando dai primi esempi di caratteri tipografici inventati verso la metà del XV secolo da Johannes Gutenberg, sino agli ultimi font degni di nota su questo argomento, ho tentato di inserire una varietà più larga di font moderni, ma i risultati delle ricerche risultavano superficiali ed
ho optato per mantenermi solo sui caratteri che dimostravano una rilevanza maggiore, evitando di far diventare dispersiva la tesi e poco interessante il suo contenuto dato il largo divario di informazioni tra un font e un altro. Queste lettere, questi segni che racchiudono in loro l’essenza del suono fatto inchiostro; portatrici di storia, cultura, bellezza e saggezza, indubbiamente una delle più grandi invenzioni dell’essere umano, sono le modelle sulle quali I tipografi esprimono il loro pensiero, forme sulle quali i type designer applicano i loro studi ed il loro ingegno. Alle lettere io dedico questo studio finale, a loro e agli uomini che si sono prodigati per svilupparle; uomini pieni di cultura che decidono di impiegare lunghe ore del loro tempo, per questi piccoli glifi portatori di significati, che riflettono la cultura alla quale appartengono.
In questa mutazione ho trovato il titolo di questa tesi, che rispecchia ciò che voglio raccontare, la lunga storia dell’uso dei caratteri, la lunga storia dei Font in Metamorfosi.
ORIGINI
Font
Carattere
Alla voce “font” del dizionario, troviamo le seguenti definizioni:
Alla voce “carattere” del dizionario, troviamo le seguenti definizioni: “dal greco charasso, cioè incido, ciascuna delle rappresentazioni grafiche delle lettere dell’alfabeto, disegnate secondo le stesse regole in un determinato stile”. E subito dopo dice: “Insieme dei tratti fisici, morali e comportamentali di una persona, che la distingue dalle altre.” Due definizioni perfette che ci dicono, come il carattere tipografico dà un’ impronta, incide e distingue il libro così come il carattere morale individua e distingue ciascun uomo dagli altri.
Font: usato in italiano al femminile o al maschile.Termine usato nell’informatica con lo stesso significato del francese fonte dal quale deriva. Fónte: Francesismo (dal francese fonte derivato del verbo fondre «fondere», che significa fusione) accolto in italiano nel linguaggio di tipografia e nelle tecniche di fotocomposizione e di editoria elettronica per indicare un insieme completo di caratteri contraddistinti da un particolare disegno (Times, Helvetica, ecc.) e stile (corsivo, grassetto, ecc.); è di uso molto comune anche il termine inglese font (per lo più al femminile ma spesso anche al maschile).
caràttere singolare maschile dal latino character -ĕris, gr. χαρακτήρ -ῆρος, propr. «impronta»
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Johann
Gutenberg
Il procedimento inventato da “Joahannis a bono monte” (nome latino con il quale firmava le sue opere) rimase sostanzialmente invariato sino all’avvento della foto composizione, seconda metà del secolo scorso.
L’invenzione Il 1455 è la data alla quale si fa risalire l’invenzione della stampa, perchè in quell’anno risale il documento che tratta di una sentenza di tribunale con la quale Gutenberg (Johann Gensfleisch zur Laden zum Gutenberg) è costretto a cedere tutta la sua attrezzatura tipografica ad un creditore che ne aveva finanziato l’attività. L’innovazione nella sua invenzione sta nell’uso dei singoli caratteri realizzati in metallo (una lega di piombo, stagno e antimonio, le cui quantità in percentuali, fuori dalla bottega di Gutenberg furono mutate e sperimentate), con i quali si poteva comporre e scomporre una pagina, in questo modo si potevano assemblare diverse pagine sino al logoramento del carattere stesso. Questo ci deve far riflettere sul fatto che gli uomini che lavorarono all’invenzione Gutenbergiana provenivano dal mondo dell’artigianato e della lavorazione dei metalli non dal mondo, cose che avevano poco o addirittura nulla a che fare con il mondo degli scribi. Gutenberg scelse, come carattere per la composizione della su Bibbia a 42 linee detta anche Mazzarina, una copia perfetta della scrittura usata dai calligrafi a lui contemporanei, la gotica Textura.
Textura 12
Per la Bibbia a 42 linee, Gutenberg e Schöffer progettarono un nuovo e più definito Textura, che venne poi chiamato B42 type, che includeva molti carateri in più, 290 in tutto. Questo font compare anche nella Bibbia Gigante di Mainz, completata solo 2 anni dopo. Ma le intenzioni di Gutenberg non erano di stampare con i caratteri mobili, bensì di produrre libri della stessa ottima fattura del più esperto scriba dei tempi. La seconda edizione stampata della Bibbia Mazzarina fu la Bibbia a 36 linee o Bibbia di Bamberg (dove probabilmente fu stampata) nel 1458-60 una data che appare in una copia della Bibbia, mostrando che non avrebbe potuto essere stampata dopo, non appare il nome dello stampatore ma è possibile che lo stesso Gutenberg ne fu l’artefice. Il nome si riferisce alle 36 linee ti testo stampate in ogni pagina che la differiscono dall’altra a 42. Nel passato alcuni studiosi hanno pensato che la Bibbia a 36 linee fosse antecedente a quella a 42, e questo avrebbe voluto dire che venne stampata prima del 1455. Attente comparazioni dei testi però, hanno mostrato sin ora, ad eccezione delle prime poche pagine, che la Bibbia a 36 linee è
stata composta dalla Bibbia a 42 linee e questo prova che quest’ultima è antecedente. Il font utilizzato è una versione del così detto D-K type, conosciuto anche come 36line Bible type, Gutenberg con l’assistenza di Schöffer, modellò il carattere in un tipico nord-europeo textura. Per replicare in modo più minuzioso la scrittura degli scribi non realizzò solo le maiuscole e le minuscole dell’alfabeto latino, ma anche quei particolareggiamenti in più, che servivano ad eseguire le legature e le abbreviazioni degli scribi, 202 caratteri in tutto.
esempio di textura realizzata a mano
Bamberg ABCDEFGHIJKLMNOPQRSTUVWXYZ abcdefghijklmnopqrstuvwxyz 0123456789 .:,; &
ABCDEFGHIJKLMNOPQRSTUVWXYZ abcdefghijklmnopqrstuvwxyz 0123456789 .:,; &
Bibbia a 42 linee
Bibbia a 36 linee di Bamberg
foglio della Bibbia a 42 linee con intestazione (Genesi), prime righe e fregio
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Catholicon Nel 1460 a Mainz si ha notizia della stampa del Catholicon, un dizionario di latino i cui volumi scritti a mano risalgono al XIII secolo (poi ristampato ben 24 volte solo nel Quattrocento) e trovarono largo uso nella cristianità, la prima edizione del testo a cura di Petrus Egidius. Il ‘Catholicon’ è stato in assoluto il primo dizionario e la prima opera di carattere non religioso pubblicata a stampa. Diviso in 5 parti e scritto nel 1286 sulla scorta degli enciclopedisti classici come Isidoro da Siviglia, Papias e Uguccione, è un compendio enciclopedico sui temi della ortografia, prosodia, grammatica, retorica ed etimologia;il titolo allude alla universalitˆ del contenuto, e il testo fu spesso utilizzato come strumento per l’insegnamento del latino. Il manoscritto fu realizzato dal dominicano genovese Johannes Januensis de Balbis, che lo completò il 7 Marzo del 1286, il lavoro servì nel tardo medioevo ad interpretare la Bibbia in modo “corretto”. Il font che Gutenberg utilizzò per questa opera fu un nuovo taglio Gothic Antigua, piccolo ma di facile lettura, ancora influenzato dalla scrittura gotica, usando 66 linee di 40 lettere per ogni colonna.
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foglio di Catholicon di Giovanni Balbi
Confronto tra il Textura utilizzato per la Bibbia Mazzarina ed il Gothic Antigua progettato per il Catholicon di Giovanni Balbi
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In Europa Il rapido sviluppo che si ebbe di quest’arte nel decennio che segue la sua nascita , lo testimoniano le stime più recenti, hanno calcolato che nel 1450 esistevano in Europa tra i 200.000 e i 300.000 codici manoscritti, nel 1500 erano già stati messi in circolazione dai 10 ai 20 milioni di esemplari di libri a stampa. Si pensa che il motivo che spinse gli stampatori di Magonza a portare il loro lavoro fuori dalla Germania furono le città sedi di scuole ed università, che garantiscono una clientela stabile, come le città sedi di parlamenti e tribunali, ed anche le biblioteche e le librerie erano centri di intenso scambio. Questo spiega il successo di città molto attive in questi campi, come Venezia, Lione e Francoforte, e nel secolo dopo Londra e Anversa. E comunque il primato della città culla della stampa non resistette a lungo anche a causa dell’occupazione e del saccheggio ad opera dell’elettore di Sassonia Adolfo di Nassau, un evento che causò la fuga di diversi magontini dalla città. L’italia fu una delle mete preferite dai tipografi tedeschi. I due chierici Konrad Sweynheym e Arnold Pannartz raggiunsero Subiaco tra il 1464 ed il 1465, ove aprirono una stamperia,
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la scelta dei loro testi andava a quelli di autori latini, classici e cristiani, utilizzando un carattere romano che riproduceva la scrittura degli umanisti. Una linea questa, quella che confermarono nel loro trasferimento Roma, presso una famiglia nobile. A Venezia la stampa arrivò nel 1469, ma in poco tempo superò la produzione romana tanto da trasformare la Serenissima nel più importante centro europeo del libro a stampa, e questo sino a quasi la metà del ‘500. Questo avvenne sicuramente grazie al fatto che era un importante centro commerciale per l’Europa ed il medio Oriente, ma anche l’alto grado di accoglienza che le famiglie patrizie veneziane ebbero nei confronti di questa nuova arte, fu una chiave di successo importante nel suo affermarsi. Dopo Venezia e Roma, anche Milano, Bologna, Firenze, Napoli, Pavia e Padova furono centri importanti della diffusione delle tecniche tipografiche in Italia.
Di Gutenberg, dopo la rottura con il suo finanziatore e socio Johann Fust, non si sa molto. Molto proabilmente la sua attività proseguì, e questo lo accertiamo da alcuni volumi usciti tra il 1456 e il 1458 a lui attribuiti, un appello del papa Callisto III a partecipare alla crociata contro i turchi, alcuni calendari ed uno scritto di carattere medico, sui quali non compare ne luogo ne data ma li attribuiamo al Magontino tramite il carattere usato che riprendeva il D-K.
Konrad Sweynheym e Arnold Pannartz script
Esempio del carattere usato da Arnald Pannartz
Cicero, De Oratore, il primo esistente libro stampato in Italia (Subiaco: Sweynheym e Pannartz,30 Settembre1465)
I revival dei loro caratteri sono un unione tra romano e gotico ,includendo il font creato a Subiaco da Ashendene Press in 1902. Recentemente tutte le “esatte” copie dei loro caratteri sono state digitalizzate da Shane Brandes as SweynheymPannartz (2010).
tratto da uno dei primi stampati di Sweynheim e Pannartz a Roma
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In Francia
[Si riteneva che le lettere esprimendo un linguaggio che era a sua volta veicolo di idee, si trovassero legate alla Divinita in un ordine gerarchico neoplatonico]
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In Francia sono i maggiori centri nei quali si svolge l’attività della stampa, furono Parigi e Lione. L’installazione della prima stamperia francese si deve all’iniziativa di due professori della Sorbona, johann Heylin di origine tedesca, e Guillame Fichet di origine savoiarda. Essi invitarono a Parigi il tipografo tedesco Michael Friburger, che portò con se Ulrich Gerin e Martin Cranz. Questa fu un’impresa che, dato il loro impegno finanziario e la cura filologica con la quale venne curata, non sembra essere stata guidata da fini commerciali, quanto piuttosto dal voler diffondere i testi umanistici con la nuova arte della stampa. Per la stampa dei loro libri, scelsero di usare, non un carattere gotico, normalmente in uso in Francia, ma scelsero un carattere romano, ispirandosi alle edizioni di Sweynheym e Pannartz. Esortirono nel 1470 con diverse raccolte, Nel 1474 Fichet si ritirò dalla società e poco dopo di lui anche Heylin. I tre tipografi, privati della guida dei due umanisti, abbandonarono il carattere romano per il più usato a favore del gotico al quale i lettori francesi erano più avvezzi. Uno degli eventi più importanti fu anche
la stampa dei Libri d’Ore, viene riprodotto il modello del libro d’Ore manoscritto che viene riprodotto molto fedelmente su libretti composti da fogli in carta velina, a capo del più importante laboratorio parigino che produce questi libri c’è Philippe Pigouchet, che lavora con il socio, il libraio Simon Vostre. Nel 1502 verranno riprodotti ispirate alla moda italiana. Ma il primo libro in francese dove viene usato il carattere romano è la traduzione del De asse fatta da Guillame Budè su ordine di Francesco I, esso unirà la lingua volgare ed il carattere romano, due elementi che segnano una tappa fondamentale per la nascita del libro moderno. Nel Champfleury di Tory (1529) egli scandisce tre tappe, la prima tratta del corretto uso della lingua francese, la seconda della costruzione delle lettere e la terza parla dei particolari delle proporzioni di ogni lettera, e alla base dei calcoli Tory pone le proporzioni del viso e del corpo umano.
Ulrich Gering, Martin Crantz and Michael Friburger
Caratteri gotici usati da Ulrich Gering e Berthold Rembolt Champfleury di Tory
Caratteri romanos, ainda hĂbridos, usati da Ulrich Gering, Martin Crantz e Michael Friburger.
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In Spagna
1. Oggi Jonathan Barnbrook ha disegnato un’interpretazione contemporanea di questo font, chiamato anche essa Bastarda. 2. In un libro sulla stampa in greco nel XV secolo (Catholicon), Robert Proctor afferma: “ Alla Spagna va il merito di aver prodotto come suo primo carattere tipografico greco quello che senza dubbio è il più bel carattere greco mai inciso “
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In Spagna ed in Portogallo la diffusione della stampa è debitrice nei confronti della compagnia di Ravensburg con sede a Valenzia. Uno dei suoi direttori chiamò dalla Germania 3 stampatori: Lambert Palmart che restò a Valenzia, Paul Hurus che si trasferì a Saragoza e Johann von Salzburg a Barcellona. Non ci fu molta competizione con i tipografi degli altri stati, quindi i tipografi spagnoli si dedicarono alla produzione di libri scolastici, calendari e almanacchi, puntando su un mercato diretto maggiormente al popolo. Abbiamo però l’esempio tra fine ‘400 e primi ‘500 di una Bibbia poliglotta in sei volumi in folio, curata oltre che nella stampa anche filologicamente, stampata da Alcalà da Arnao Guillem de Brocar, e meglio conosciuta come Complutense, che fu iniziata e finanziata dal cardinale castigliano Francisco Jiménez de Cisneros, arcivescovo di Toledo e primate di Spagna. L’opera, interamente dedicata a papa Leone X, contiene la prima edizione del Nuovo Testamento in greco, la Septuaginta e il Targum Onkelos. Delle 600 copie totali pubblicate, ce ne sono pervenute soltanto 123. I lavori cominciarono nel 1502 e si protrattero per circa 15 anni. Lo stile di carattere dell’alfabeto greco creato
per la Complutense ad opera di Arnaldo Gulien de Brocar è stato sempre considerato da tipografi come Robert Proctor, come l’apice dello sviluppo tipografico della prima edizione, dopo la quale avranno il monopolio di mercato i caratteri ideati da Aldo Manunzio per i due secoli a venire.
In Inghilterra In Inghilterra William Caxton introduce la pressa tipografica, e diventa il primo tipografo inglese. Apre a Bruges la sua prima stamperia con la collaborazione del calligrafo Colard Mansion, e nel 1475 esce il primo libro in inglese The Recuyell of the Historyes of Troye, tradotto dallo stesso Caxton dall’opera in francese di Raul Le Fèvre. Nel 1476 torna in patria ed apre una bottega a Westmister, al pubblico colto e nobile che passava, offriva raffinate opere letterarie tradotte in inglese. Il tipo di caratteri che usava Caxton per le sue pubblicazioni erano tutte le varietà di gotico. Le sue prime pubblicazioni erano composte da una forma primitiva di Bastarda francese, un tipo di carattere utilizzato semplice e adatto alla stampa di libri o documenti di minor pregio. Usata spesso per testi scritti in lingua volgare, e raramente in latino. La prima Bastarda fu realizzata da Gutenberg nel 1454/55. La varietà principale fu quella usata in Francia, trovata in Geneva, Antwerp e Londra. I primi caratteri realizzati da Caxton erano una copia piuttosto povera di questa, che passò d’uso nella metà del XVI secolo, fu la
bastarda tedesca che si tramutò nella Fraktur che rimase in uso sino al metà del XX secolo. Inoltre si adeguò alla scrittura in voga nel ducato di Borgogna, utilizzando in molte delle sue pubblicazioni un carattere che si ispirava alla bastarda borgogna. I caratteri furono elemento di continuità nel passaggio da manoscritto a libro stampato. In fatti per i primi tipografi e lettori: la bellezza dei caratteri tipografici risiedeva in primo luogo nella leggibilità, nel fatto che sembrassero scritti con la penna. Per questo, erano utilizzati caratteri romani che riproducevano la littera antiqua per i testi classici degli umanisti, e per le opere a carattere religioso erano usati caratteri che imitavano la scrittura gotica.
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ORME
Dopo Gutenberg, verso i primi del ‘500 cominciano ad emergere figure di umanisti, studiosi, artisti incisori e maestri tipografi che hanno reso grande la loro era, che hanno saputo riflettere nel loro lavoro il loro tempo, in piccoli ed apparentemente innoqui glifi. Da Aldo Manuzio si apre un’era ricca di uomini pieni di cultura, che hanno saputo gestire il loro sapere concentrandolo sull’arte della stampa, l’arte neonata che diffondeva sapere e conoscenza. Sarà grazie a loro che ritroveremo le lettere, a mio personalissimo avviso, meglio realizzate, pensate e utilizzate. Caratteri con grazie, coi quali è gradevole la lettura su un testo, tra i quali si può scegliere in egual misura perchè non cambia la qualità della leggibilità ma il gusto di chi compone il libro.
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Aldo Manuzio
Tra la fine del ‘400 e l’inizio del ‘500 il mercato del libro a stampa era ormai consolidato. Erano anni di grande fermento culturale, nei quali avvenne una diversificazione del repertorio testuale e una forte affermazione dell’editoria umanistica. In quest’aria di rinnovamento culturale è importante descrivere l’impresa di Aldo Manunzio che nel 1490 a più di 40 anni, esordisce a Venezia nell’editoria, affiancato da uno stampatore di grande esperienza quale Andrea Torresani, e l’influente Pietro Barbarigo, figlio del doge e finanziatore dell’impresa avviata dai tre, senza la cui spinta finanziaria non si sarebbe potuto raggiungere il successo che raggiunse il lavoro di Manunzio. Nel 1494 comincia a cimentarsi nell’arte della stampa. Verso il 1499 Aldo realizza all’interno di una un’illustrazione che che accompagnava le epistole di santa Caterina, per la prima volta anticipa la scelta tecnica che sarebbe stata fondamentale per il suo lavoro negli anni che seguono. La santa tiene in mano un libro sul quale è scritto in un carattere che imitava una scrittura rapida, e leggermente inclinata, il corsivo, il letra grifa realizzata da uno dei più esperti incisori del tempo Francesco Griffo da
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Bologna. Pochi anni dopo, nel 1501, da inizio ad una serie di pubblicazioni proprio in quel carattere. Dato l’ingente investimento che dovette affrontare, Manunzio volle proteggersi dalle possibili imitazioni, chiedendo al governo veneziano un nuovo tipo di privilegio, per la prima volta verso un tipo di caratteri. I testi che andò pubblicando da quel momento in poi, si presentavano come libretti in ottavo, facili e comodi da leggere ovunque, e in un carattere nuovo, appunto questo corsivo, e senza note che avrebbero occupato gran parte dello spazio sulle pagine, un lavoro questo, che fu curato dall’umanista Pietro Bembo, che aveva affidato allo stampatore il suo De Aetna (1496). Per questi testi Griffo incise anche il Bembo, un tipo di caratteri che mostra le caratteristiche che identificano lo stile degli umanisti. Il Bembo consiste nell’avere minime variazioni nello spessore delle aste. Un’altezza ridotta della x. Altezza delle ascendenti che supera l’altezza delle maiuscole. Un’accentuazione dei tratti obliqui. Serif a forcella sulla base. Serif angolate sulla cima delle lettere minuscole. Fu di ispirazione per Claude Garamond per il suo corsivo. Va inoltre menzionato il libro più famoso
del Rinascimento uscito dai suoi torchi nel 1499 l’Hypnerotomachia Poliphili (Battaglia d’amore in sogno di Polifilo) attribuito al frate veneziano Francesco Colonna, considerato il testo più rappresentativo del mondo umanistico veneziano del 1500. Il carattere usato è l’antiqua di Bembo
Particolare da una pagina del «Hypnerotomachia Poliphili»
Particolare da una pagina del “aristhophanes”
Particolare da una pagina del «Hypnerotomachia Poliphili»
Da una pagina del DeAetna di Pietro Bembo
1. editò il primo libro con le pagine su entrambi i lati.
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Claude
Garamond
Garamond 26
Claude Garamond fu allievo di Antoine Augereau uno dei primi (con Simon de Colines) ad introdurre i caratteri romani in Francia. Garamond fu il primo a dedicarsi unicamente all’incisione e alla fusione dei caratteri, in un periodo ove non si erano ancora ben separate le varie specializzazioni nel campo della tipografia. Rifornì alcuni tra i più importanti stampatori del ‘500 ed incise vari caratteri, tra i quali il carattere Grecs du roi (greco del re), commissionatogli da Robert Estienne che era lo “stampatore del re” Francesco I di Francia, per la prima volta utilizzati in stampa con la Historia ecclesiastica di Eusebio da Cesarea e con il quale vennero pubblicate a partire dal 1543 le edizioni dei classici greci dedicati al re. Per la realizzazione di questi caratteri, Garamond copiò la scrittura del calligrafo cretese Angelo Vergenzio (Ange Vergece). Creò nel 1530 il “gros-romain” o “romano” una serie di caratteri latini che porta il suo nome e che sino ad oggi viene usato, il Garamond, con il quale fece la sua fortuna, la sua qualità fu riconosciuta in tutta Europa e contribuì a soppiantare i caratteri gotici usati all’epoca.
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Nel 1550 incise i punzoni “romani” ed “italici”, basati sui caratteri disegnati da Simon de Colines e Jean de Gaingny cancelliere della Sorbona, che lo incoraggiò alla creazione di un nuovo “italico” di chiara derivazione Aldina, ne creò 7 di varie misure, ma solo uno venne menzionato nelle sue scritture, che tra l’altro non ebbe però il successo sperato. Creò il saint-Augustin servì per la prima volta alla composizione di un aserie di libri religiosi stampati a Parigi, chez Claude Chevallon, la casa di stampatori dove Garamond lavorò e visse durante gli anni ‘30. Ed il Gros Canon. Il Garamond Simoncini, come tanti altri,
prende il nome dallo stampatore francese Claude Garamond, questo carattere non ha molto di cinquecentesco. È stato realizzato nel 1956 da Francesco Simoncini su incarico della Einaudi, e da allora è il carattere da testo usato per tutti i libri della casa editrice, prima nella versione in piombo e ora in quella digitale. Il successo è stato tale che nel corso del tempo molte altre case editrici hanno imitato Einaudi, ed ora un gran numero di libri pubblicati in Italia sono composti con questa font.
esempio di carattere Garamond della Egenolff-Berner foundry, stampato nel 1592
esempio di carattere itali Garamond (1545) dal Dexippus, In defensionem Praedicamentorum Aristotelis
esempio di carattere “Saint Augustin” su un campione del libro di Claude Chevallon 1533.
Particolare del carattere “gros canon”
Questo è un campione dal libro dello stampatore Georg Fuhrmann, Nürnberg, 1616
Particolare del carattere “grec du roi”
Particolare del carattere “gros cicero”
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Christophe
Van Dyck
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Disegnatore e incisore tedesco lavorò ad Amsterdam nel Seicento, periodo caratterizzato dal predominio dei Paesi Bassi nell’arte della stampa e dal trionfo di una concezione borghese della vita, pratica e industriale. Per le grandi tirature degli Elzevier, illustre famiglia di tipografi, editori e librai del tempo, Van Dick disegnò il carattere Elzeviro, ispirato al Romano antico, con aste corte e tozze, ma grazie marcate ed estese, tali da permettere all’occhio, pesante e largo, di risultare visibile anche se piccolo, resistendo alla pressione dei torchi e ricevendo una quantità rilevante di inchiostro, senza che si riempissero le cavità. La sua era una famiglia di stampatori e librai Olandese di grande fama, gli Elzevir. Tanto che oggi i volumi raffinati ed eleganti sono definiti con il termine elzeviro. Nella stampa italiana del Novecento, il termine ha preso a indicare l’articolo di apertura della Terza pagina. Solitamente riguardante la critica letteraria o teatrale, o di costume. Apparve per la prima volta sul quotidiano romano Il Giornale d’Italia di Alberto Bergamini. Il direttore scelse per l’articolo principale il carattere tipografico Elzevier che, avendo un
modello triangolare, conferiva più leggerezza alla pagina e permetteva inoltre di utilizzare un corpo più ridotto pur mantenendo una grande leggibilità, si tratta infatti di articoli molto estesi. Dal 3 gennaio 1905 il Corriere della Sera iniziò a fare altrettanto e l’elzeviro venne così “istituzionalizzato”, passando a indicare, più che il carattere, il tipo di articolo scritto con quel carattere. Da allora tutti gli articoli di apertura delle Terze pagine dei quotidiani vengono chiamati elzeviri. Negli anni venti e trenta del secolo XX, l’elzeviro contribuì in modo decisivo a diffondere in Italia il gusto per la “prosa d’arte”: la scrittura era caratterizzata dall’uso di figure retoriche e dalla ricchezza stilistica. Data l’importanza della collocazione in terza pagina solo scrittori affermati erano coloro che realizzavano gli elzeviri. Per questo, l’elzeviro rappresentò per molte generazioni di scrittori un punto d’arrivo, la dimostrazione del raggiungimento di un livello di eccellenza. Nel dopoguerra l’elzeviro perse il suo carattere di “vertice della cultura”: la Terza pagina doveva diventare interessante anche per un pubblico non intellettuale. I direttori
quindi aprirono l’elzeviro ai giornalisti di professione, e alcuni di loro raccolsero i propri elzeviri in volume: è il caso ad esempio di Farfalla di Dinard e Auto da fé, due opere che raccolgono gli elzeviri composti da Eugenio Montale, per il Corriere della Sera.
Elzeviro di Eugenio Montale
campione di Elzeviro
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William
Caslon
William Caslon è il primo incisore che insidia il monopolio olandese nel commercio dei caratteri in Inghilterra, dove ancora non si erano sviluppati autonomamente. E’ un uomo di cultura che si ritrova anche nei salotti letterari, non solo nelle botteghe d’artigianato tipografiche. I suoi caratteri emergono in fretta per funzionalità ed eleganza, e rispecchiano meglio il mutato gusto calligrafico, che non si ottiene più con la punta della penna tagliata, ma bensì con la punta integra, che permette segni più eleganti e sottili. Diffuse la caratteristica irregolarità dei caratteri barocchi tedeschi, caratterizzati da corti ascendenti e discendenti, serif arrotondate e da un contrasto moderatamente alto, texture robusta ed una moderata modulazione dei tratti. I primi progetti del Caslon risalgono al 1722, è citato come il primo ed originale carattere di origne inglese, lo storico di caratteri Stanlye Morison e lo scienziato Alfred F.Johnson che ha lavorato al British Museum, indicano una certa similitudine tra il disegno del Caslon e il carattere Dutch Fell inciso da Voskens ed un altro inciso da Dutchman Van Dyck. Il carattere che prende il suo nome, il Caslon, viene citato come primo ed originale
Caslon 30
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carattere di origine Inglese, rimangono delle similitudini però(secondo degli storici dei font) che rimandano appunto al disegno di font tedeschi, realizzati da Voskens ed altri da Van Dyck. I primi font realizzati sono l’Arabic (usato in a “Paslter” nel 1725), l’Hebrew (usato per un lavoro di John Selden nel 172) e il Koptic (usato per il bilingue Pentateuch del dr. David Wilkins in latino ed ebreo nel 1731). Il primo uso di un romano ed italico inciso da Caslon può essere identificato nei libri stampati da William Bowyer nel 1725: roman and italic Pica-size, in the notes in Anacreon in Greek and Latin. 1726: roman and cursief, Pica-size, in: Reliquæ Baxterianæ 1730: roman and italic, English size, in the preface of Richard Baker’s Chronicles of the Kings of England. The text-part is set in the Caslon Pica. I font incisi da Caslon e figlio sono copie vicine dei vecchi caratteri tedeschi incisi da Van Dyck. I caratteri di Caslon furono distribuiti attraveso l’impero Britannico, incluso il Nord America. Tra di loro troviamo il Colonial Press usato nei giornali nelle colonie in America del Nord attorno la metà del 1700. Anche in America i suoi caratteri trovarono
un immediato successo e furono usati in molti documenti storici, inclusi la Dichiarazione di Indipendenza Americana del 1776. Dopo la morte di Caslon, l’uso dei suoi caratteri diminuì, ma ne vediamo un revival tra il 1840-80 da parte del movimento Britannico delle Arts & Crafts. I progetti di Caslon sono largamente usati tuttoggi infatti per molti anni una comune regola empirica di stampatori e disegnatori di font fu “When in doubt, use Caslon”. Diversi revivals del Caslon non includono un peso bold. Questo perchè non era comune come pratica l’uso di un peso bold nel disegno dei font durante il XVIII secolo, e Caslon non ne progettò mai uno. Per enfatizzarlo a volte veniva usato il maiuscolo e il maiuscoletto.
l’Arabic disegnato da Caslon
Dutch Fell type disegnati da Van Dyck
A Specimen Of Printing Types by William Caslon
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John
Baskerville
John Baskerville è colui che crea un “ponte” tra i caratteri aldini e quelli “moderni” come Didot e Bodoni, figura illuminista inglese, inoltre rappresentò il primo esempio di editore nel senso moderno del termine. Prima di tutto è un maestro calligrafo, un’arte che in inghilterra si sviluppa sin dalla fine del ‘500, quando arrivarono a Londra gli incisori protestanti dalle Fiandre. Il loro lavoro era impiegati nel realizzare mappe, il corsivo che sviluppano si evolverà dall’inizio del ‘600 nella scrittura incisa su rame (grafia che tuttoggi in Italia viene chiamata corsivo inglese), chiamata successivamente stile calligrafico. Trova un ambito più redditizio nell’industria dei laccati. Nel 1751 scrive: ”Tra le diverse Arti meccaniche che hanno impegnato la mia attenzione, non ce n’è ua alla quale mi sia dedicato con tanta assiduità e piacere come la fusione dei caratteri.Essendo stato un precoce ammiratore della bellezza delle Lettere, sono quasi impercettibilmente diventato desideroso di contribuire alla loro perfezione”. E per fare ciò sviluppa un nuovo metodo per realizzare carta più fine e levigata. Fa
Baskerville 32
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costruire nel suo laboratorio torchi da stampa accuratamente complanari. Studia un suo metodo per realizzare un inchiostro di qualità maggiore. Le sue edizioni sono chiare e pulite, molto tipografiche, libere da frontespizi, decorazioni floreali e capilettera riccamente elaborati tipici dei testi dell’epoca. Presta tantissima attenzione alla stampa, per avere solo prodotti editoriali perfetti. Il suo carattere era definito burlescamente “beautiful workehorse” (bel cavallo da tiro) dai colleghi del tempo, sostenendo a questo modo che il suo fosse un buon font ma di certo non da competizione. Solo post mortem gli verrà data la giusta considerazione. I suoi caratteri, dopo la sua morte, vennero ripetutamente venduti e se ne persero le tracce. Dal 1920 la Linotype e la Monotype riavviarono il suo lavoro riprendendo il suo Baskerville. Nel 1996 avremo un revival del Mrs Eaves chiamato così in onore della moglie Sarah. I suoi caratteri vennero utilizzati durante la Rivoluzione Francese (“Le moniteur universe”) ma non rimane traccia dei ripetuti passaggi di tipografi che subirono. Subirono l’ammirazione del presidente
americano Benjamin Franklin che li introdusse negli Stati Uniti e che furono adottati da molte pubblicazioni istituzionali che ne sancirono il successo nel nuovo mondo.
John Baskerville, (Source: Birmingham Museum); Virgil Aeneid 1757
Frontespizio della Bibbia stampata da John Baskerville nel 1763 Frontispiece to the Book of Common Prayer 1761, printed by John Baskerville for the Cambridge University Press
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Giambattista
Bodoni
[“Tanto più bello sarà dunque un carattere, quanto avrà più regolarità e nettezza, buon gusto e grazia [...] A niun’arte più che alla tipografia si conviene tener intero il pensiero ai secoli avvenire: poiché non meno ai posteri, che egli ora vivi, sien d’uso le presenti sue opere; né v’ha forse genere di persone, in cui più che ne’ Tipografi la brama delle lodi dopo morte possa riuscir al Pubblico” Giambattista Bodoni]
Giambattista Bodoni è figlio di un tipografo e impara il mestiere dal padre. A diciottanni lavoora a Roma dove riordina il patrimonio tipografico della stamperia vaticana, e nel 1776 alla morte del suo amico e protettore l’abate Ruggieri, lascia Roma per Birmingham, col proposito di visitare l’ammiratissimo Baskerville, ma fermatosi a Salluzzo per salutare la famiglia si ammala ed è costretto a passare li una lunga convalescenza, nel mentre il duca di Parma Ferdinando di Borbone gli propone di impiantare una stamperia a corte. Dunque si trasferisce a Parma. Cambia le sue preferenze passando da Baskerville a Fournier. Da qui comincia la sua vita agiata ed incomiata a corte, sino alla sua morte nel 1813, lasciando l’edizione definitiva del monumentale Manuale Tipografico che uscirà postuma nel 1813, curato dalla vedova e dall’assistente Luigi Orsi. Nel suo lavoro a corte, Bodoni è libero da preoccupazioni di razionalizzazione economica e tecnica. I caratteri si espandono e i bianchi anbbondano, ed ha tutto il tempo che gli serve, per risolvere ogni tipo di problematica, dalla più grande
Bodoni 34
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alla più insignificante. A Parma comincia da una fornitura di Fournier, ma elabora subito un proprio stile, abbandonando i fregi e dedicandosi alla lettera nuda ed alla sua impaginazione sul bianco tipografico. La strada del Bodoni lo porterà a trasformarsi nell’ ultra-Bodoni, caratteri che percorreranno tutto l’ottocento. Progetta anche i primi egiziani ed i primi caratteri di ispirazione western. La presenza a Parma del tipografo saluzzese ha comportato nel tempo una identificazione del suo carattere tipografico con la città ducale: un abbinamento che dura tuttora dopo due secoli, e che possiamo individuare nelle opere del comune e della provincia di Parma (pubblicazioni a stampa, cartelloni pubblicitari, targhe stradali), ma anche nelle insegne dei negozi e in generale in molti testi stampati al di fuori dell’amministrazione pubblica. L’editore parmense di nascita Franco Maria Ricci ha curato la ristampa del Manuale Tipografico bodoniano ed utilizza il carattere Bodoni nei suoi libri e riviste (FMR, KOS ecc.) Sempre a Parma è presente il Museo Bodoni dove si conservano ancora le opere
stampate dal grande tipografo e più di 25.000 punzoni originali. Bodoni’s most notable publications include folio editions of Horace (1791), Vergil (1793), The Divine Comedy (1795), and Homer (1808)
The Vignelli Canon di Massimo Vignelli, il testo è in Bodoni ed il titolo in Helvetica
La copertina di Vogue, sfoggia i testi e soprattutto il titolo in Bodoni
Enrico Benetta, Clessidra
Designed by Heinrich Jost & Louis Holl, 1926
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Firmin
Didot *Procedimento che consente di ottenere lastre di stampa piane o curve in lega tipografica attraverso la duplicazione di forme rilievografiche. La lega tipografica (piombo-stagnoantimonio) viene fatta colare su una speciale matrice, detta flano, che porta l’impronta della forma da duplicare; il flano, costituito da gesso o impasti di gesso, o da strati di fogli di carte adatte incollati con adesivi a base di amido, o da cartoni speciali, riceve l’impronta in una pressa, generalmente riscaldata (anche fino a ca. 100 ºC). La colata della lega fusa avviene in speciali lingottiere, diverse secondo che producano stereotipie piane o curve: il flano, piano o semicircolare, viene chiuso fra due piastre piane (nel primo caso), o fra un nucleo cilindrico interno e un guscio esterno (nel secondo caso); le stereotipie curve sono utilizzate per la stampa tipografica rotativa (i giornali quotidiani adottano nella generalità questo sistema). Le stereotipie consentono di sfruttare meglio le macchine da stampa nei lavori di piccolo formato (che vengono duplicati) ed evitano il logoramento della forma originale.
Firmin Didot nacque a Parigi in una famiglia di stampatori. Incisore, fonditore e stampatore, fu lui che inventò il termine “stereotipia*” che nella stampa si riferisce alle lastre in metallo create per l’attuale processo di stampa su carta (opposto allo stampare le pagine direttamente con i caratteri mobili), questo permette un uso prolungato delle lastre ed una migliore resa sul piccolo formato, ed una velocizzazione dei tempi di stampa, ed è così si rivoluziona il commercio del libro, grazie alle edizioni ormai più economiche. A lungo, con l’italiano Giambattista Bodoni, a Firmin Didot è accreditato l’istituzione dell’uso del carattere “Moderno”. Il carattere usato da Didot era caratterizzato da estremi contrasti, con spesse aste e sottili grazie, con tensione verticale sulle lettere, questo viene disegnato a Parigi nel 1783 sarà il suo primo font che porterà il suo nome, Didot. Nel 1812 viene usato nel lavoro del fratello Pierre Didot Editions du Louvre. Nella realizzazione dei suoi lavori notiamo che percorre la strada simile a quella del Bodoni, dove il constrasto accentuato in una struttura ben inquadrata sono le
Didot 36
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prime caratteristiche del mutamento tipografico, insieme all’assottigliamento e all’orizzontalità delle grazie. Nel 1992 Adrian Frutiger ridisegna per la tecnologia digitale e per la Linotype il Didot, ritiene tutte le caratteristiche che rendono il Didot un tipo superiore per lavorare con i contenuti testuali che si trovano nei libri, come il Bodoni le linee delicate lo rendono adeguato anche per una buona visualizzazione nei display. La sua fabbrica è un luogo di pellegrinaggio da tutto il mondo, la sua famiglia ha reso grande la tipografia in Francia che gli è debitrice per la pubblicazione della Biographie National, come lo è il Belgio è anch’esso indebitato per l’instaurazione della Stampa Reale. Un’opera di cui tener conto è anche Essai sur la Typographie fu pubblicato a Parigi nel 1852.
da Les Didot trois siècles de typographie et de bibliophilie.1698-1998
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Linn
Boyd
Benton
Nel 1844 Lynn Boyd Benton brevettò una macchina per la perforazione pantografica giustapposta, rendendo possibile l’incisione di un qualsiasi numero di punzonature identiche da un disegno meccanico. Quindi, per la prima volta, le matrici potevano essere duplicate con esattezza in qualsiasi quantità.
Century 38
I caratteri cosidetti “scozzesi”, gli Scotch Roman, sono chiamati negli Stati Uniti, i caratteri incisi da da Richard Austin per la fonderia Millar di Edimburgo all’inizio dell’ottocento. Austin, al contrario di Bodoni, restringe i caratteri e modera i contrasti, accorcia i tratti ascendenti e discendenti, con il pratico obiettivo di economizzare e rendere meglio leggibile le composizioni correnti. Furono di grande successo presso i pragmatici tipografi americani, gli scozzesi che sono gli antecedenti del fortunato Century, disegnato da Linn Boyd Benton nel 1895, che verrà usato nell’omonima rivista per la quale aveva realizzato il carattere. Ha una leggibilità migliore rispetto ai caratteri scozzesi, mantenendone alcune inconfondibili caratteristiche, fra cui la forma a ricciolo della zampa della lettera “R”. Il figlio di Benton, Morris Fuller che disegno circa 200 caratteri, alcuni anni dopo progetterà il bold del del Century, primo caso di disegno coordinato di questo tipo. M. F. Benton progetta anche una coppia di caratteri senza grazie, il Franklin Gothic (probabilmente in riferimento al presidente Benjamin Franklin) nel 1902 e il News
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Gothic. Basato sul Century, viene usato il New Century Schoolbook la composizione tipografica di libri di testo scolastico, per la sua leggibilità anche se meno elegante degli altri della famiglia di classificazione. Disegnato da Morris Fuller Benton nel 1919 per la American Type Founders (ATF) alla richiesta di Ginn & Co., editrice di testi, che cercava specialmente caratteri dalla facile lettura per libri di testo scolastico, è stato usato per anni nei libri di apprendimento dei bambini e sui periodici. Va citato il Brodaway disegnato nel 1928
Franklin Gothic
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The Century Magazine, scene dello sport del footbal raffigurate tramite illustrazioni, nel testo sono indicate nuove regole del gioco.
Century School Book
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Frederic
W.Goudy
Copperplate si riferisce ad ogni forma di stampa ad intaglio con l’uso di lastre di metallo (copper): incisione e/o acquaforte
Frederic W. Goudy fu un tipografo americano molto prolifico, considerato il disegnatore di caratteri più noto negli USA, tra i suoi più noti caratteri troviamo il Copperplate Gothic, il Kennerley, e il Goudy Old Style. Il Copperlate Gothic ha per grazie dei tratti che potremmo definire “puntuti” che enfatizzano in modo più incisivo i tratti orizzontali e verticali delle lettere. Il carattere mostra un’inusuale combinazione tra segni di reminiscenze delle incisioni su pietre, le larghe asse orizzontali sono tipiche dei caratteri Vittoriani, il risultato è l’impressione netta sui tip sia nello stampato che in offset. Non è un carattere che antremo ad utilizzare per comporre lunghi testi, invece è molto usato per la stampa sociale, è visto di norma come un’incisione “acida” sui vetri, sulle porte degli uffici di legge, banche e ristoranti.
come in tutti i punti ritrovabili in tutto il carattere,inclusopunto esclamativo, e un hyphen bruscamente inclinato. La maiuscola Q ha una forte qualità calligrafica e viene classificata come “Garalde” (altro termine per dire Aldina) alcune delle sue caratteristiche esaltano la gentilezza delle curve e le grazie curve come alcuni dei suoi grifi, di sicura influenza veneziana. Infatti per tutte queste sue eccellenti qualità il Goudy Old Style è considerato tra i più leggibili caratteri con grazie usati nelle applicazioni di stampa offline. Goudy affermò che la sua ispirazione veniva dai caratteri sui dipinti di Hans Holbein, ma in seguito specificò che non riusciva a ricordare l’esatta fonte.
Il Goudy Old Style (conosciuto anche come Goudy)è un carattere con grazie “oldstyle” realizzato nel 1915. Adatto sia a testi stampati che a video il Goudy Old Styleha un design gradevole e bilanciato con piccole eccentricità, inclusa l’orecchio della all’insù e a punta e la forma diamantata del punto della e della
g
j
Copperplate 40
i
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Goudy Old St yle ABCDEFGHIJKLMNOPQRSTUVWXYZ abcdefghijklmnopqrstuvwxyz 0123456789 .:,; &
Herbert
Lubalin Herbert F. (Herb) Lubalin fu un graphic designer americano, ha collaborato presso il magazine di Ralph Ginzburg: Eros, Fact, and Avant Garde, e ne fu il direttore creativo. Per questa rivista progetto appunto l’ ITC Avant Garde (intorno ai primi anni ‘70), un carattere che possiamo descrivere come una rielaborazione più minimale dell’art decò. Il carattere ha origine dall’elaborazione del logo della rivista, che venne preso come riferimento da Lubalin e Tom Carnase per essere modificato e totalmente trasformato in un carattere tipografico.Si tratta di un lavoro d’equipe, infatti il condensed sarà disegnato da Ed Benguiat nel 1974, e l’italic da André Gürtler, Erich Gschwind e Christian Mengelt nel 1977. Il design originale include una versione per la realizzazione delle headline ed una per i testi della rivista.
Pagine della rivista Avant Garde
logo della rivista “Avant Garde”
Avant Garde ABCDEFGHIJKLMNOPQRSTUVWXYZ abcdefghijklmnopqrstuvwxyz 0123456789 .:,; &
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Edward
Johnston
Allievo di William Morris, fu un calligrafo, tipografo e insegnante inglese che dedicò tutta la sua vita alla tipografia. Quando Frank Pick avvia la ristrutturazione dell’immagine della metro di Londra, sotto la cui gestione Henry Beck disegnerà il famosissimo diagramma delle linee di Londra dell’Underground, commissiona nel 1914 a Johnston un carattere senza grazie che serve a tutti gli usi della nuova immagine della metropolitana. Denominato originariamente Underground, che fu però conosciuto con la denominazione di Johnston’s Railway Type, e successivamente semplicemente come Johnston. Questo carattere sarà il primo caso di applicazione sistematica di un sans-serif, è l’antecedente del Gill Sans che da li a poco disegnerà il Gill, ispirato dal lavoro di Johnston, suo maestro, Dedito prevalentemente alla calligrafia, il suo lavoro fu molto influente in Inghilterra e Germania il suo manuale “Writng & Illuminating & Lettering” del 1906, tradotto in tedesco nel 1910, Eric Gill ne collabora nell’appendice sulle iscrizioni in pietra. Altri lavori degni di nota in campo editoriale sono il suo Hamlet-Type (1912–27) utilizzato per un testo sul “Hamlet” non è
Johnston 42
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proprio un font gotico ma ha un certo tocco storico. fu realizzato per l’edizione della Cranach Press, 1929. Venne premiato essendo considerato il “libro più bello dell’anno 1930”. Il carattere venne realizzato basandosi su un carattere gotico usato da Fust e Schaeffer nel loro famoso 1457 Psalter. Il layout del testo e delle illlustrazioni è circondato da commenti disposti specularmente in una maniera magistrale, simile a quella dei primi libri stampati. HamletOrNot è il font digitalizzato da Manfred Klein & CybaPee. Un altro font è il romano Imprint Antiqua
del 1912 — 1913 per la Monotype Type Drawing Office insieme a Gerard Meynell, Ernest Jackson e J. H Mason è stato il primo carattere sviluppato specificatamente per la composizione meccanica. Il design è stato realizzato per il gruppo di nuove pubblicazioni sulla tipografia e stampa, opportunamente intitolato The Imprint Modellato sulle forme del «Caslon» di Frank Hinman Pierpont e della Monotype Corporation, Imprint Regular fu quello che si diffuse acquistando molta popolarità, e andò a influenzare un certo numero di caratteri da testo successivi.
La prima mappa che incluse tutte le linee venne pubblicata nel 1908 dalla Underground Electric Railways Company of London (abbreviata in UERL). L’insieme di queste linee venne chiamato Underground. Durante gli anni venti nelle cartine venne omesso lo sfondo viario (grazie all’intervento di Gill MacDonald e iniziarono ad essere visualizzate diverse linee della metropolitana ed alcuni servizi ferroviari (soprattutto la London & North Eastern Railway, LNER). Molti di questi li disegnò Georg Dow.[6] Questi interventi permisero maggiore flessibilità nella collocazione di linee e stazioni. Le linee divennero più stilizzate ma la loro sistemazione rimase, in parte, in natura geografica. L’ultima mappa che rispettava questi canoni fu stampata nel 1932, prima dell’introduzione dello stile topografico. La prima mappa schematica della rete metropolitana londinese venne concepita da Harry Beck nel 1931. Beck, nelle sue cartine, rinunciò alla precisione a scala in favore di una maggiore chiarezza e leggibilità. Secondo i canoni da lui stabiliti, le linee potevano essere solo verticali, orizzontali o disposte diagonalmente (con un’inclinazione di 45 gradi); nelle cartine era inoltre presente anche il Tamigi. Nel 1932 vennero pubblicate circa cinquecento copie in via sperimentale e, dato il successo che la cartina riscontrò nei viaggiatori, l’anno successivo ne vennero stampate più di 70.000.
1878 – 1956
Nel corso degli anni, furono introdotte piccole variazioni nei simboli o nei colori utilizzati rispetto alla cartina del 1931. La sua ultima mappa la disegnò nel 1960.
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Paul
Renner
In 1931 he wrote: “It [the book trade] owes its recovery much more to the revival of the old craft than to constructivists and Dadists.”
L’unico carattere funzionale che provenga, per quanto indirettamente, dall’ambito del Bauhaus è il Futura di Paul Renner prodotto nal 1927. Fu un carattere di grande successo, Renner lo presentò alla V Triennale di Milano, e verrà usato come autorappresentazione del regime fascista. Al suo ritorno in Germania verrà accusato di “bolscevismo tipografico” e cacciato dalla scuola per le arti che lui stesso aveva fondato a Monaco. Sarà la scrittura gotica, la scrittura ufficiale sino al 1941, quando sarà abolita per decreto nazista (a causa della necessità di gestire l’informazione nei paesi occupati) in quanto “inventata dal un ebreo”. Le forme geometriche idealizzate del Futura si vedono come nuove e al completo opposto di quelle che rappresentano la qualità artigianale proposta dalle Arts & Crafts e da Gill Sans. Sono due gli aspetti della geometria del futura. Il primo è rappresentato dalla forma il secondo è il risultato della sua austera apparenza. Renner nel 1922 scrive delle iscrizioni
Futura 44
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delle capitali romane, che stanno in cima agli scritti europei sono composte da triangoli cerchi e quadrati. He uses this quote from Egli usò questa citazione per provare in due diversi modi il suo Futura nel suo testo Typografie als Kunst (nelle immagini in basso sono illustrati i casi). Renner non razionalizzò maiuscole e minuscole dell’alfabeto disegnandole su una semplice base geometrica, ma si basò sulla loro geometria, già presente nel sistema di proporzion. Un punto, questo, già analizzato da Edward Johnston, Rudolph Koch, and Rudolph von Larisch. Prima della I Guerra Mondiale, Renner estrapolò il suo metodo dal lettering da un contatto con una studentessa di Johnston, Anna Simons. La sua breve descrizione sulla nascita del
Il primo caso è l’esempio che preparò per Ehmcke’s nel 1925 un libro sui nuovi caratteri tedeschi.
Futura, comprende un accenno sul come intraprese il lavoro, ‘just as he has his students do.’ Creò una nuova linea guida per una buona progettazione del libro, tra i suoi testi ritroviamo Typografie als Kunst, e Die Kunst der Typographie. Il carattere Architype Renner basato sui primi esperimenti nelle lettere a base geometrica dedicati al carattere Futura, molti dei quali furono cancellati prima di essere divulgati. Tasse, è del 1994 si tratta di un revival del lavoro di Renner di un carattere del 1953 Steile Futura.
Il secondo caso viene dal Dicembre del 1927, dopo l’iniziale release del carattere.
Paul renner nel 1930 pubblicò il suo libro “mechanisierte grafik” (mechanised graphics) quando era direttore della master school for germany’s printers a Monaco. Il libro discute l’impatto delle nuove tecnologie – che erano principalmente meccaniche, non ancora elettriche – sul visual design. Renner non trattò solo di graphic design e di caratteri ma incluse anche gli aspetti fotografici, filmici e dell’uso del colore.
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Eric
Gill
[“The shapes of letters, do not derive their beauty from any sensual or sentimental reminiscences. No one can say that theO’s roundness apeals to us only because it is like that an apple or of a girl’s breast or of the full moon. Letter are thing, not pictures of things.” Eric Gill]
Eric Gill Era scultore, incisore, artigiano, artista ed uno straordinario incisore di iscrizioni su pietra. Progettò due tra i caratteri più originali e meglio realizzati del nostro secolo: il Perpetua e il Gill Sans. Un personaggio sicuramente enigmatico, ha in qualche modo reso persistente la sua figura nella storia della tipografia, nonostante i colleghi più tradizionalisti non avessero una gran stima di lui. A lui viene affidato da Stanley Morrison, il compito di realizzare un carattere nuovo e moderno. Gill disegna tra il 1925 ed il 1928 il Perpetua nel quale diverse lettere e cifre derivano dagli stili per le iscrizioni su pietra tombali usate nel ‘700. Su una nuova richiesta di Morrison nel 1928 disegna un ulteriore carattere senza grazie che sarà il Gill Sans, accennato e dipinto sull’insegna della libreria Claverdon a Bristol. L’impatto che ebbe il Gill-sans fu immediato, fu il più Inglese (British)dei caratteri, nell’apparenza e nell’uso, fu adottato dalla Chieesa di Inghilterra, dalla BBC, dalla prima copertina della collana dei Penguin Book e dalla British Railways (che lo usò dai tabelloni ai munù dei ristoranti). Non si è mai sentito del tutto come un
Gill Sans 46
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“typeface man”, si è sempre più visualizzato come un semplice incisore di pietre, una delle rare rappresentazioni di modestia nel mondo del Graphic Design. Infatti sono suoi anche il Perpetua, il Joanna, il Felicity, Solus, Golden Cockerel, Aries, Jubilee e il Bunyan. Il Joanna lo usò per il suo Essay on Typography. Gill muore nel 1940 quando il suo carattere più famoso comincia ad apparire negli avvisi del ministro inglese dei blackout durante la guerra e sui reclutamenti della Guardia Reale.
[”La scrittura, e quindi anche la parola stampata, è una convenzione completamente logora, decaduta e corrotta; le lettere dovrebbero essere sostituite da simboli stenografici”]
Johnston ABCDEFGHIJKLMNOPQRSTUVWXYZ abcdefghijklmnopqrstuvwxyz 0123456789 .:,; &
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Stanley
Morison
In First Principles of Typography (Primi principi di tipografia), Stanley Morison enuncia una definizione fondamentale: [“L’arte della tipografia consiste nel disporre correttamente gli elementi di stama in vista di un obiettivo ben definito; nel comporre i caratteri, nel ripartire gli spazi e nel disporre la composizione in modo dda facilitare al massimo lo sfozo del lettore e la sua comprensione del testo. L’arte della tipografia è lo strumento appropriato in vista di un obiettivo essenzialmente utilitario, e che non è estetico se non accidentamente, poiché il piacere degli occhi è raramente la preoccupazion principale del lettore. E’ per questo che, qualunque sia l’intezione, ogni disposizione tipografica che si frapponda tra l’autore e il lettore è sbagliata.]
Cominciò la sua attività di tipografo nel 1913 quando entrò come assistente alla stampa presso il “The Imprint” magazine(di Gerard Meynell diverrà una pietra miliare nel rinnovamento della tipografia in inghilterra), pacifista convinto viene obbligato ad arruolarsi. Anni dopo la guerra gli verrà chiesto di riprogettare la testa del “Daily Worker” il quotidiano del Pcd. Fu il consulente tipografico per la Monotype Corporation, tra il 1920/22 ed il ‘30, fu ricercatore per l’adattamento dei caratteri storici, inclusi il Baskerville, il Blado (1923) ed il Bembo (1929) del De Aetna. Nel 1925 della prestigiosa Cambridge University Press. Fu il consulente presso il giornale “The Times” dal 1929 al 1960, e nel 1931 rese pubbliche le sue critiche sulla bassa qualità della sua stampa, quindi gli fu commissionato dal giornale di produrre un nuovo carattere di facile lettura per la stampa e la pubblicazione, il Times New Roman, il che richiedeva un’ingegnerizzazione del modo di progettare il carattere. Dal Platin (di Christophe Plantin della seconda metà del ‘500, ma prodotto dalla monotype nel 1913 sulla base dei punzoni di Garamond) sviluppa il font grazie all’aiuto
Times New Roman 48
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dell’artista grafico Victor Lardent impiegato all’ufficio grafico del “Times”, la Monotype (che lo commercializza nel 1933) incide i punzoni ed il 3 ottobre del 1932 esce per la prima volta il “The Times” con il font progettato da Morison “Times New Roman”. La base cinquecentesca è quasi impercettibile, le lettere sono più piene, tratti ascendnti e discendenti più corti, lo spessore più marcato e le grazie più regolari ed uniformi, il risultato è un’economia negli spazi ed un’ottima leggibilità. Un lascito particolare è il suo Politics and script, raccolta postuma di lezioni tenute ad Oxford nel 1957 pubblicata in volume nel 1972. Tra il 1935 ed il 1952 editò “The History of the Times” diventando editore del supplemento al giornale “The Times Literary Supplement” tra il 1945 e il 1948. Fu eletto come Royal Designer for industry nel 1960, e fu membro del consiglio editoriale per la “Encyclopaedia Britannica” dal 1961 sino alla sua morte nel 1967. [Stanley Morison:“massima autorità mondiale nel campo della stampa.]
First Principles of Typography di Stanley Morison
Nuova testata del “Daily Worker”
Vecchia testata del “Daily Worker”
Nuova testata del “The Times” Inserto “History of Times”
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Jan
Tschichold Jan Tschichold è l’unico designer in 500 anni di design del libro che Alan Bartram non criticò aspramente, e lascia che i suoi progetti “parlino per loro stessi.” (184, Bartram)
« Alla luce delle mie attuali conoscenze, fu una opinione giovanile il considerare i caratteri senza grazie come i più utili o moderni. (…) La buona tipografia deve essere perfettamente leggibile e, per questo, il risultato di una pianificazione intelligente. Caratteri classici come il Garamond, il Janson, il Baskerville o il Bell sono senza dubbio i più leggibili.” »
Comincia il suo percorso col desiderio di diventare professore di illustrazione, studia a Grimma, vicino Lipsia. La sua è una formazione basata su artigianato artistico e calligrafia, cosa che lo differenzia dalla maggior parte dei suoi colleghi contemporanei, che studiano architettura o belle arti. Inoltre ha buona padronanza del latino: questo gli permette di studiare con agio la tipografia classica. Quando nel 1923 si reca a Weimar a visitare la prima mostra del Bauhaus verrà a contatto con i grandi designer, artisti e grafici della scuola, conosce qui le opere di Walter Gropius, di Ludwig Mies van der Rohe, Oskar Schlemmer, Wassily Kandinsky e Lázló Moholy-Nagy. In breve tempo scopre anche le opere del grafico olandese Piet Zwart, di Kazimir Malevich, di El Lissitzky e di Alexander Rodchenko. Tschichold comincia presto ad incorporare nel suo lavoro gli spunti ricavati da questi artisti fondendo insieme il Funzionalismo del Bauhaus, le teorie del De Stijl olandese e il Costruttivismo russo. Nel 1925 Tschichold viene invitato a scrivere una parte del numero di ottobre della rivista Typographische Mitteilungen e progetta per l’occasione l’inserto speciale
Sabon 50
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della pubblicazione: elementare typographie. L’inserto è interamente dedicato alla Die Neue Typographie (La nuova tipografia) è stampato in rosso e nero e spiega nel dettaglio i principi della nuova tipografia e del nuovo design grafico ad uso dei professionisti del settore: stampatori, tipografi e designer di font. che sarà anche il nome del primo libro di Tschichold, pubblicato nel 1928. Il libro viene distribuito in tutta Europa e diventa un libro di testo al Bauhaus. A partire dal 1930 Tschichold comincia a staccarsi dalla pubblicità e a orientarsi al design editoriale. Inizia a collaborare con l’editrice socialista Der Bücherkreis, qui Tschichold ha modo di lavorare come desidera, per lui il libro è un’entità complessiva in cui ogni aspetto è progettato in relazione con gli altri: tipi di carattere, impaginazione, formato, immagini, copertina, rilegatura. Nei 3 anni successivi disegnerà per la Der Bücherkreis quasi 25 libri. Dopo i disagi procurategli dal regime nazista, nella parte finale della sua vita Tschichold rinnovò tutto ciò che era stato pubblicato dalla Penguin Books, (lavorò per la Penguin dal 1947 al 1949) creando nuove regole conosciute come ”The Penguin Composition
Rules”. La tecnologia permetteva lastre da stampa a colori e copertine pittoriche, che funzionavano come “oggetti d’attrazione per collezionatori e per lettori generici.”. Durante la sua carriera alla Penguin ridisegnò circa 500 libri, a volte uno al giorno, di una bellezza diversa rispetto i suoi primi lavori, vi impiegò i titoli centrati, fedeli alla spaziatura, e ad un sistema del codice dei colori, e ad un disegno legato allo studio delle diverse copertine. Nel 1967 realizza il Sabon per gli stampatori tedeschi, un font che modernizzi e raffini i dettagli delle lettere, particolarmente sull’uniformità delle grazie. Diede molta cura al peso che necessitava ai caratteri per dar lorouna certa impressione sulla carta moderna, grazie all’uso di macchinari automatizzati che “baciassero” leggermente la superficie.
Alla luce delle mie conoscenze, c’era un’espressione giovanile che considera il sans serif come il più adatto di tutti i caratteri contemporanei. Un carattere deve essere come prima cosa leggibile, A typeface has first to be legible, migliore, leggibile, e un sans serif non è certamente il più leggibile dei caratteri quando usato in quantità, cosa che invece non accade se usato per brevi testi….La buona tipografia deve essere perfettamente leggibile, come risultato di una pianificazione intelligente.I classici caratteri come il Garamond, Janson, Baskerville ed il Bell sono senza dubbio i più leggibili. (63, Jong)
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NEO
Apro questo nuovo capitolo con quello che definiamo il “font del secolo” l’Helvetica. Neanche a dirlo ormai, ma è da chiarire, che è quasi un Beatles della musica moderna, un simbolo di un cambiamento al quale, forse, abbiamo dato così tanta rilevanza da dimenticarci che c’è anche altro lavoro altrettanto bene fatto. Ma si, è senz’altro un eccellente lavoro, un eccellente e fortunata rielaborazione. Creato da un freelancer per evitare il fallimento di una fonderia, si ritrova a diventare icona di un’era, e di tante identità. Con l’Helvetica nascono una serie di caratteri simili, pronti alla sua emulazione, alcuni di splendito intento e fattura, altri che finiranno presto nella tomba dei caratteri primi di “carattere”. Anche se proprio l’Helvetica è annoverato come font primo di qualsiasi, concreta, caratteristica. Neutro, informale e quindi, proprio per queste sue caratteristiche, capace di dare un forte senso a qualsiasi messaggio si voglia esprimere con esso. “Puoi scrivere Ti amo con Helvetica o Ti Odio” citazione del film Helvetivca del 2007. La “neo” nata era tipografica, che si appresta ad avere a che fare con la fotocomposizione e l’era digitale ormai alle porte, si arricchisce di questi esempi di caratteri, lineari, liberi dalle grazie e visti per brevi frasi, poche parole e limitatissime lettere.
La comunicazione si fa veloce e vorace, il tempo è poco anche se i mezzi sono sempre più efficaci e veloci. I messaggi devono essere brevi e concisi, nell’era del consumismo non si ha tempo per fermarsi a vedere il cielo, un cartellone lo si squadra in tre secondi ed in quei pochi secondi ,devi dire tutto l’indisipensabile. Figuriamoci fermarsi a prendere il te e a leggere un libro, questo esiste ancora si, ma ha tutto un altro sapore, è un altra era questa, i caratteri hanno meno carattere per dare più carattere. E sono liberi da “fronzoli” e decori che ne intasano la leggibilità a favore di una fruizione veloce ed efficace. In questo capitolo tratterò quindi, a partire dall’Helvetica, dei font che hanno segnato la seconda metà del XX secolo.
n
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Max
Miedinger Scrive Hans Neuburg, nella recensione dell’Helvetica apparsa nel numero 4 della leggendaria rivista ‘Neue Grafik’ (1959):”Il carattere sena grazie della Berthold, al quale non abbiamo alcuna intenzione di rinunciare”
[Wim Crouwel, tra i suoi più grandi estimatori, il quale ricorda così la sua impressione alla comparsa del carattere nei primi anni sessanta: «Helvetica fu un grande salto dal XIX secolo... Ci impressionò molto per la sua neutralità, parola che amavamo molto. Perché in alcuni casi il carattere deve essere neutrale, non deve portare un significato intrinseco nel suo aspetto. Il significato deve uscire dal testo, non dal carattere tipografico»]
Helvetica 54
Max Alfons Miedinger nasce a Zurigoed è noto soprattutto per essere stato il disegnatore, del carattere tipografico Helvetica, nel 1957. Quello che sarà il carattere più usato ed inflazionato del XX secolo. Tutto cominciò quando nel 1956 Hoffmann, direttore della Haas, decise di creare un nuovo carattere sans-serif per salvare la sua fonderia dall’imminente fallimento che di lì a poco sarebbe stato causato dal successo globale del carattere Akzidenz Grotesk, della concorrente stamperia H.Berthold AG. Max Miedinger, ex impiegato commerciale della Haas, ormai freelance, ebbe il compito di disegnare un set di caratteri sans serif da aggiungere alla loro linea. Eduard Hoffmann dunque, chiama Miedinger e gli dà precise istruzioni su quello che deve essere un font neutro, di chiara lettura, privo di una vera personalità, e nonostante questo riconoscibile, in grado cioè di adattarsi alle situazioni più disparate e su tutti i campi che concernono l’uso dei caratteri. Il risultato fu dapprima denominato Neue Haas Grotesk, che presto venne cambiato in Helvetica (da Helvetia, il nome latino per la Svizzera). Introdotto nel bel mezzo di un’onda
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rivoluzionaria nel campo del lettering, la popolarità del carattere svizzero fece presto breccia nelle agenzie di pubblicità che vendettero questo nuovo stile di disegno ai loro clienti; l’Helvetica così comparve rapidamente in tutti gli innumerevoli campi della comunicazione. Nel dicembre 1989, grazie all’intervento di Massimo Vignelli, divenne il carattere tipografico ufficiale per l’intera segnaletica della città di New York, dalla metropolitana ai treni, dai cartelli stradali alle mappe della città. Infine il suo inserimento tra i font di sistema del Macintosh nel 1984 ne confermò la diffusione. Nonostante questo forte impatto comunicativo, viene raramente scelto come font per editare lunghi testi, è sicuramente più adatto ad un uso iconico e di impatto.
Spread from Helvetica Forever: Story of a Typeface
Eduard Hoffman’s original notebooks document the development of Neue Haas Grotesk. Tratto dal film documentario “Helvetica” (2007)
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Aldo
Novarese
Aldo Novarese nasce in provincia di Alessandria il 29 giugno del 1920. Tra le tante arti che lo appassionarono, fotografia, pittora e illustrazione, il suo interesse si manifestò soprattutto nella realizzazione di caratteri tipografici. Dopo una prima formazione tipografica, dal 1933 al 1936 fu allievo di Alessandro Butti. Sarà proprio Butti, nel 1938, allora direttore dello studio artistico della Fonderia Caratteri Nebiolo di Torino, a chiamarlo come suo collaboratore. Dal 1952 subentra a Butti come direttore dello studio artistico, per il quale creò numerosi caratteri di successo. Negli anni cinquanta progetta il Garaldus, per testi editoriali, il Juliet, un carattere corsivo di influenza inglese, il Cigno, elegante scritto, il Recta, un complesso progetto che prevede una ricca serie di varianti, l’Egizio, il Microgramma, dal quale ebbe l’idea per il suo Eurostile del 1952 al quale diede le lettere minuscole, delle quali era appunto privo. Eurostile è infatti considerato un Microgramma “completo”. uno dei più famosi di Novarese progettato insieme a Butti, e numerosi altri caratteri “fantasie”, quali Slogan, Ritmo ed Estro. Dalla necessità di completare la sua precedente
Eurostile 56
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creazione Microgramma, del 1952, con le infine il Nadianne, carattere scritto nitido e lettere minuscole, delle quali era appunto deciso. privo progetta nel 1962 l’Eurostile che è considerato un Microgramma “completo”. Creò anche una versione italiana del carattere Helvetica, il Forma, tentativo della Nebiolo di contenere l’incombente successo del carattere svizzero creato da Hoffmann e Miedinger nel 1957 destinato a sbaragliare la concorrenza. Di questo carattere venne creata anche una versione con le lettere G, R e a quasi identiche a quelle del carattere svizzero. Uno degli ultimi caratteri disegnati per la Nebiolo è lo Stop, dallo stile fortemente pittografico, tanto da essere il meno “tipografico” tra tutti i caratteri disegnati da Novarese. Nel 1978 lascerà la Nebiolo in fallimento a causa della sua inadeguatezza con le nuove tecnologie. Terminata l’esperienza alla Nebiolo prosegue la sua carriera come disegnatore freelance per i maggiori produttori mondiali di caratteri. In questi anni lavorerà a una vasta serie di caratteri, tra i quali vanno ricordati il Novarese, carattere con grazie di richiamo cancelleresco, il Fenice, di grande successo internazionale, il Symbol, e ancora il Mixage e il Delta, significativi esempi della capacità di Novarese di realizzare caratteri lineari, e
Un trattato su The dynamics of an Asteroid di James Moriarty
Geraldus, Italic, Bold, Bold Italic i 4 stili del Geraldus
Copertina del libro “A clockwork Orange� della Penguin
banconota da 20 dollari canadese
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Jan van Krimpen
da “J van Krimpen on Designing and Devising Type”, New York: The Typophiles; and London: The Sylvan Press, 1957
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L’unione di due diversi stili di caratteri in una sola famiglia, probabilmente è stata esplorata nel 1932, da Jan van Krimpen nel suo progetto Romulus. Il suo intento era di creare una larga famiglia di caratteri per la stampa su libro; questa voleva comprendere un roman, un italic ed uno script, un bold ed un condensed, di minimo 4 pesi sans serif, un greco text type, e possibilmente altri. Questo fu più ambizioso della famiglia di font di Lucian Bernhard, che rilasciò i suoi caratteri (Bernhard Gothic, Kingsley ATF, 1930) due anni prima. La forma sans e serif del Romulus diffonde gli stessi principi di costruzione, ma il risultato delle lettere nei due stili si mostrano molto diversi. Van Krimpen cita lo storico dei caratteri John Dreyfus nel suo libro On Designing and Devising Type 1957: ‘La proposta della famiglia Romulus fu quella di voler provvedere alle necessità basilari per la stampa dei libri e definire un tipo di design che gli conferisse uno stile flessibile e comune. Van Krimpen tentò di separare lo stile dei
suoi caratteri romani e di applicarlo a quello greco nel miglior modo, anche se il Romulus greco appare finto per l’incomprensibilità della traduzione delle lettere tra latino e greco, il metodo che Van Krimpen suggerisce è efficacemente usato anche dove non è presente l’uso dei caratteri latini. Quando il design del carattere è compreso come un progetto ed un sistema di successioni può essere visto come composto da una serie di parametri tra la forma delle lettere eventualmente derivabile da una qualche differenza dalle originali greche e latine.
Romulus, progettato da Jan van Krimpen in 1932, è una delle prime famiglie che includono la versione sans e serif negli intervalli di peso. Il pacchetto completo comprende, un roman obliquo, e un italic (Cancelleresca Bastarda), con un greco.
Gerrit Noordzij
La Hague school. Gerrit Noordzij, insegnò scrittura e type design alla Royal Academy of Arts in The Hague per 30 anni, sviluppando le sue teorie riguardo il disegno dei caratteri in diversi libri. Il suo modello concerne uno stile serif dai caratteri con forti contrasti, diverso dai caratteri senza grazie come caratteri più uniformi, e li arrangiò in un modello coerente di possibilità tupografiche. All’interno di queste discussioni ideologiche che riguardano la scelta del con o senza grazie Noordzij focalizza l’attenzione sull’influenza che gli strumenti di costruzione di segni su una superficie. Noordzij descrive 3 modi di produrre un carattere, per transazione, espanzione e rotazione, per ogni riferimento a qualsiasi altro processo e risultato stilistico diverso tra vari gruppi di caratteri. Le teorie principalmente pragmatiche di Noordzij’s influenzano altamente i gruppi di designer che studiano all’Accademia. Uno di loro Lucas de Groot, che progettò il Thesis, (1994-99) una famiglia di caratteri con 3 varianti di costruzione (sans serif, serif, e
misto), comprende 8 pesi per un totale di 144 varianti. Questa “superfamiglia” in seguito venne espansa da un’aggiunta di una versione monospaced e condensed. De Groot sviluppò ed applicò le sue teorie di interpolazione sul design del Thesis, che realizza delle relazioni non lineari tra i pesi del design del carattere. La prima versione uscì nel 1994 e fù la famiglia di caratteri più ampia creata in quegli anni. Parte del programma alla Royal Academy of Arts in The Hague è Type & Media, si basa su un programma post laurea focalizzato sull’educazione al type design. Naturale come questo spazio sia un fronte della sperimentazione tipografica, ridefinenedo cosa si intende con il termine ‘typeface’ e ‘type family’.
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Adrian
Frutiger
L’univers è la prefigurazione, per una metodologia progettuale adottata, delle attuali tecniche di progettazione per l’elettronica.
“The work of a type designer is just like that of a dress maker” Adrian Frutiger
Adrian Frutiger sin da giovane è immerso in un contesto di disegno tecnico, e lavoro tipografico, interessandosi nel contempo di calligrafia dove gli strumenti da disegno rimanevano quelli più legati ad una tradizione manuale del disegno stesso.nasce a Unterseen il 24 maggio Venne assunto da Charles Peignot alla foundry parigina Deberny Et Peignot per la quale creò decine di font: i caratteri President, Phoebus e Ondine, President nel 1954, poi un carattere calligrafico informale, l’Ondine nel 1954, nel 1955 fu rilasciato, Meridien, nel 1956 Frutiger crea il primo dei tre font slabserif typefaces: Egyptienne, sul modello del Clarendon. Charles Peignot prevede una grande famiglia unificata, da usare con il metallo e con i sistemi di fotocomposizione, Frutiger però prenderà come riferimento il carattere del 1896 Akzidenz Grotesk e da questo nascerà il suo font più apprezzato e noto, l’Univers con il quale introduce il suo sistema di classificazione a due cifre, e che sarà alla base di Serifa (1967) e Glypha (1977). La risposta del mercato all’Univers è immediata e positiva. Nei primi anni settanta l’autorità aeroportuale
Univers 60
ABCDEFGHIJKLMNOPQRSTUVWXYZ abcdefghijklmnopqrstuvwxyz 0123456789 .:,; &
francese incarica Frutiger di creare un carattere per la segnaletica ai viaggiatori del nuovo aeroporto internazionale Charles de Gaulle per Parigi nel territorio di Roissy. Disegnerà l’originariamente denominato Roissy, che verrà rinominato Frutiger, rilasciato al pubblico dalla Mergenthaler Linotype Company nel 1976. Il carattere di Frutiger del 1984 Versailles è un serif vecchio stile (old style) con le maiuscole simili a quelle del precedente font President. Nel Versailles le grazie (serifs) sono piccole e glifiche. Nel 1988 Frutiger completa Avenir che in lingua francese significa avvenire, prende ispirazione dal Futura ma include similarità strutturali con i neo-grotesque. Nel 1991 Frutiger termina di lavorare su Vectora, il cui design è influenzato dai caratteri di Morris Fuller Benton Franklin Gothic e News Gothic. Ne risulta un font con una grande altezza e leggibile anche a piccole dimensioni.
L’Univers viene rilasciato con 63 varianti. Frutiger viene riedito come Frutiger Next con un vero corsivo e pesi addizionali. Lavorando insieme al designer della Linotype Akira Kobayahi, Frutiger espande la famiglia Avenir con pesi sottili e pesanti, e una versione ristretta (condensed). Il carattere viene rilasciato con il nome Avenir Next. Una delle ultime creazioni di Frutiger è il carattere ASTRA-Frutiger creato appositamente per l’Ufficio federale svizzero delle strade, ASTRA appunto. Entrato in vigore nel 2002, questo nuovo carattere è viepiù utilizzato man mano che i vecchi cartelli stradali svizzeri vengono sostituiti.
Nei tardi anni ‘90 Frutiger inizia a collaborare al raffinamento ed espansione di caratteri Univers, Frutiger e Avenir per l’uso della tecnologia moderna e indirizza lo sviluppo all’hinting per la visualizzazione a schermo.
Frutiger ABCDEFGHIJKLMNOPQRSTUVWXYZ abcdefghijklmnopqrstuvwxyz 0123456789 .:,; &
La famiglia dell’ Univers consta di 21 caratteri. Frutiger focalizzò la sua attenzione sullo sviluppo di un sistema di caratteri completo e logico.
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Herman
Zapf
Il lavoro di Zapf ha sofferto le ferite della lama a doppio taglio della venerazione, visto che i suoi design, che includono i tipi Palatino ed Optima, sono stati i più ammirati , ed imitati, fra tutti. L’esempio più noto è il Book Antiqua, distribuito con Microsoft Office che è considerato una copia del Palatino, chiamato così in onore di Giambattista Palatino, un maestro della calligrafia italiano del sedicesimo secolo. il Palatino è basato sui tipi di carattere del Rinascimento italiano, che imitano la scrittura calligrafica. Ma i tipi rinascimentali tendenzialmente usavano lettere più piccole ed aste più lunghe (ascendenti e discendenti) dai tratti più sottili, Palatino dato le sue ampie dimensioni, ed è considerato di maggiore leggibilità. Nel 1993 Zapf rassegnò le dimissioni dall’ATypI (Association Typographique Internationale) per quella che considerava un atteggiamento ipocrita sulla copia non autorizzata dei membri dell’ATypI. Per l’AtypI progettò il ITC Zapf International nel 1976 e l’ITC Zapf chancery nel 1978.
Creò un carattere adatto ai testi che unisce Melior Bodoni e Waulbaun al quale vengono agginti più tardi i caratteri *swash, lo Zapf Book.
dal libro About Alphabets (1960). Typography by Hermann Zapf.
Palatino 62
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Optima ABCDEFGHIJKLMNOPQRSTUVWXYZ abcdefghijklmnopqrstuvwxyz 0123456789 .:,; &
Progettazione parametrica
Una visione radicalmente nuova per capire le famiglie dei caratteri è paradossalmente proposta da un matematico non da un designer. Nel 1977 Donald Knuth concepì un linguaggio di programmazione che chiamò Metafont, che definiva le forme delle lettere con la precisione di un’equazione geometrica. Piuttosto che definire le outlines dei glifi (come i formati PostScript e TruType dopo di lui) Metafont descrive una penna immaginaria che crea i percorsi delle linee per la costruzione della forma delle lettere. A causa di questo unico approccio, è possibile cambiare un solo parametro negli input per ogni typeface, come la misura ottica, l’angolo di pendenza, o la misura delle grazie, che produrrebbe un considerevole mutamento a tutto il font. Il file di un singolo font, può quindi diventare una complessa famiglia di caratteri con molte versioni differenti. Metafont può controllare oltre 70 parametri differenti parametri, con cui definire
teoricamente l’ apparenza di ogni carattere. Malgrado i grandi vantaggi del sistema e la collaborazione di Knut con il celebrato type designer Herman Zapf, Metafont non entrò mai di uso diffuso. La tecnologia che seguì di Apple’s GX e Adobe’s MultipleMaster i formati dei caratteri divennero similari e fu destinato al fallimento.
1937
*Gli swash sono stilizzazioni “fiorate” dei caratteri tipografici, come una grazia esagerata, o un’asta terminale, una coda, un tratto di rientro, ecc. in un glifo. L’uso dei caratteri swash risale al XVI secolo, possono essere stati osservati da Ludovico Vicentino degli Arrighi ne La Operina di Titelblad, datata nel 1522.
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Mattew
Carter
Georgia 64
Matthew Carter nasce a Londra nel 1937. A 19 anni impara l’arte della tipografia presso la fonderia Joh. Enschedé di Haarlem, nei Paesi Bassi. Successivamente torna a Londra per lavorare come tipografo freelance e per varie aziende tra cui la Mergenthaler Linotype, per la quale disegna diversi caratteri tipografici, tra cui il Bell Centennial per il centenario della Bell Telephone Company. Nel 1981 con Mike Parker, fonda la compagnia Bitstream Inc. che fornisce tuttora caratteri tipografici digitali. Nel 1991 abbandona la Bitstream Inc. per fondare la Carter & Cone insieme con Cherie Cone. Qui disegna molti nuovi caratteri tipografici per multinazionali come Apple e Microsoft, tra cui il Verdana e il Georgia nel 1993, creati appositamente per la lettura su monitor, e per diverse tra le più importanti testate giornalistiche, come Time,The Washington Post,The New York Times, Wired e Newsweek. Georgia è un carattere tipografico con grazie transizionale, e viene progettato per essere leggibile su uno schermo anche a piccole dimensioni, in parte grazie all’altezza della x, che è relativamente
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ampia, è stato progettato per la Microsoft. Il suo nome deriva dai titoli presenti in un tabloid, relativi al rinvenimento di teste di alieni nello stato americano della Georgia. Insieme al Hoefler Text e al FF Scala, è uno dei pochi caratteri ampiamente diffusi che ha le cifre “vecchio stile” (numeri maiuscoletti), che sono progettate per integrarsi nel testo minuscolo senza distorcere la sottostante struttura. Questo può portare ad avere problemi di visualizzazione nel testo tabulare, in quanto i caratteri in questione non sono monospaziati. Georgia, disegnato dall’inglese Matthew Carter, è il primo riuscito tentativo di realizzare una font che avesse una buona resa di lettura sia sullo schermo, sia in stampa. Commissionato da Microsoft e distribuito insieme ai suoi software, fa ormai parte dei cosiddetti caratteri “default”, quelli che sono presenti praticamente su ogni computer: per questo motivo, è anche tra i più utilizzati per i siti web di informazione (per esempio, quello del New York Times).
ecco uno screenshot che mostra l’uso del Georgia e dell’Arial in un iBooks
Verdana ABCDEFGHIJKLMNOPQRSTUVWXYZ abcdefghijklmnopqrstuvwxyz 0123456789 .:,; &
Bell centennial usato negli elenchi telefonici della AT&T londinese
Pagina del Time Magazine, l’articolo è scritto in Georgia
Catalogo Ikea che dopo tanti anni, dal Futura passa al Verdana, più “userfriendly” sullo schermo nel web
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TRATTO
Conclusioni La metamorfosi dei caratteri che ho trattato in questa tesi, che abbiamo visto come sia un processo in continuo movimento, mostra come nella storia dell’uomo, la relazione tra lo sviluppo dei caratteri ed il pensiero è intimamente legato come nelle altre arti, la musica, la pittura, la filosofia. La tipografia prende il suo posto tra di esse, con l’avvento dell’invenzione di Gutenberg. Figlia della calligrafia, nasce come metodo di velocizzare la produzione dei libri, un affare fortemente imprenditoriale, ma mantiene un segno fortemente culturale e questo lo possiamo dire perchè è un’attività portata avanti da uomini colti che riversavano in essa tutta la loro saggezza. I primi “glifi” nascono in modo spontaneo quasi, semplicemente nel voler imitare i segni lasciati dagli scribi sulle pergamene, sino alla loro semplificazione, un mutamento che avviene sotto le mani dei più noti e consci designer che ne padroneggiano al meglio i fili. La relazione tra il periodo storico e la formazione di ogni carattere è evidente ed affascinante, e l’accomunarsi delle forme dei caratteri che si succedono, da designer a
designer è stupefacente. I motivi che portano alle loro trasformazioni, le forme che indicano non solo un processo mentale, culturale e storio, ma anche tecnico che facilitasse la forma alla macchina. Suppongo che oggi, in piena era colta dalla digitalizzazione dell’informazione, in piena ed iperattiva multimedialità, la cosa non si fermi ma continui il suo percorso sotto nuove forme che ora non possiamo che dedurre. Una di queste è il linguaggio che muta, che è un atro segno deve nostri tempi. La necessità di essere brevi e veloci è sempre pressante tanto che oggi, anche se in modo “giocoso” le nuove generazioni tendono a modificarlo a loro piacimento tanto da reinventare la propria lingua rendendola sintentica, eliminando lettere, vocali, lasciando solo l’indispensabile fonetico necessario al riconoscimento del messaggio che si intende comunicare. Personalmente penso che questo sia solo l’inizio, questo mutamento costante porterà non solo ad una riduzione del numero di termini di uso corrente nella lingua, ma probabilmente, più in la, i caratteri stessi piano piano, reagiranno astraendosi sempre
t
più, riducendo la loro forma divenendo così essenziali da resentare la stenografia, e perchè no, cominciare una nuova era di sintesi proprio attraverso i segni stenografici che permettono una velocità ed una sintesi che potrebbe risultare indispensabile.
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Bibliografia
Sitografia
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Farsi un libro
(biblioteca del vascello/stampa alternativa) Giorgio Fioravanti
Il nuovo Manuale del Grafico (Zanichelli)
Gianni Latino
Graphic Design (Lettera Ventidue) Simon Garfield
Just My Type (Gotham Books) Michele Sfera
Abecedario del Grafico (Gangemi Editore) Frédéric Barbier
Storia del libro, dall’antichità al XX secolo (edizioni Dedalo) Ellen Lupton
Thinking With Type
Princeton Architectual press Antonio e Ivana Tubaro
Lettering (Hoepli)
Blackwell
20 Century type (Yale University Press)
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Robert Bringhurst
The elements of Typographic Styles (H&M Publishers)
Daniele Baroni Maurizio Vitta Storia del Design Grafico (Longanesi) Herman Degering
Lettering (Pentalic)
Sergio Polano
Abecedario (Electa)
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Grazie Un grande grazie alle persone che mi hanno sostenuto, che hanno creduto in me, nonostante gli intoppi ed i momenti di sconforto.
A Gabriele, senza il cui incoraggiamento e sostegno non so se sarei mai riuscita a completare il mio corso di studi. Sei stato, sei e sarai fondamentale. Grazie
Grazie ai miei genitori che mi hanno lasciato scegliere cosa “fare da grande” nonostante non ne siano mai stati veramente convinti.
All’adsl Alice che mi ha permesso di connettermi senza troppi problemi, evitantomi varie forme di isterismo per la mancanza della rete...
Grazie ai miei nonni che mi sono stati vicini e che mi hanno incoraggiato aspettando con pazienza questo momento, sono felice di renderli sempre fieri di me.
Alla stufa a gas perennemente accesa in camera mia, senza la quale sarei morta di freddo durante l’inverno.
Grazie agli amici che mi sono rimasti vicino nonostante il mio essere distratta e distante, alcuni sono scomparsi, quelli veri no.
Ai gatti che, nonostante abbiano fatto danno anche al Mac nuovo e fiammeggiante, mi hanno coccolata e distratta in momenti di tensione studentesca.
Grazie ai professori che riescono a seguire bene o male tutti, rinunciando al loro meritato e dovuto tempo libero, per fare al meglio il loro lavoro.
Alla cioccolata che mi ha tranquillizzata e sedata nei momenti di panico...
Grazie ai colleghi con i quali ho condiviso questo percorso pieno di ostacoli e intoppi, chiamato corso di grafica è stata dura ma ce l’abbiamo fatta!
font
inMETAMORFOSI
Alla musica che ritorna sempre nella mia vita, trovandosi quel posticino dove stare e alla quale non potrò più rinunciare.
Al mio caro ed immancabile caffè, senza il quale avrei anche potuto dormire come un essere umano normale.
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