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Il Kilometro Rosso di Luca Picasso
Raccontato da Cristina Bombassei. L’unico Parco Scientifico Privato d’Italia e, forse, d’Europa. Voluto dal padre Alberto, fondatore del Gruppo Brembo. Un progetto d’eccellenza, per incoraggiare alla ricerca e all’innovazione tutte le aziende, soprattutto quelle medie e piccole.
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Il Parco Scientifico Kilometro Rosso è un’avveniristica cittadella della scienza nata da un’intuizione di Alberto Bombassei, fondatore del Gruppo Brembo. Sorge alle porte di Bergamo, su di un’area di 50 ettari, quasi la metà dei quali destinati ad area verde, e prende il suo nome dall’imponente vista frontale, ben visibile dall’autostrada, lunga appunto 1 chilometro e di un colore rosso vivo che la rende unica e dall’aspetto accattivante. oggi vi lavorano circa 750 persone, prevalentemente addetti del Gruppo Brembo, del consorzio per la meccatronica Intellimech e di un’altra decina di imprese del terziario avanzato. Già a fine 2010 saranno presenti almeno 1.500 persone, grazie all’insediamento del nuovo centro di ricerca del Gruppo Italcementi, di quello dell’Istituto Mario Negri, del Centro Formativo Multidisciplinare dell’Università di Bergamo e di altre realtà attive nel campo dell’innovazione. A Parco ultimato, probabilmente tra circa 5 anni, saranno presenti oltre 3.000 persone. Cristina c’è da essere orgogliosi nell’essere stati i promotori di una così importante iniziativa. Cosa ha spinto tuo padre quando ha deciso di dar vita a un parco scientifico? Mio padre ritiene che la ricerca sia uno degli strumenti essenziali per creare e sviluppare aziende competitive e di successo. E con questo progetto ha voluto essere di sprone a tutte le aziende, soprattutto a quelle medie e piccole. Chissà quanto sarà costato costruirlo. Non essendo ancora ultimato, è difficile rispondere. Ma posso dire che il valore complessivo dell’iniziativa è stimato attorno ai
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350-400 milioni di euro, il che include gli investimenti da parte di aziende e centri di ricerca che insediano o insedieranno proprie strutture nel parco. Sottolineo che Il Kilometro Rosso è l’unico Parco Scientifico Privato d’Italia e - che io sappia - d’Europa. Privato nel senso di finanziato al 100% da capitali privati: una mosca bianca. Con quali aziende è presente il vostro Gruppo? Con Brembo Ceramic Brake Systems, società nata da una jointventure col Gruppo Mercedes, con il nuovo Centro R&D di Brembo e con una parte della direzione
La ricerca è un’attitudine che va coltivata quotidianamente se si desidera competere con successo con altre aziende; poter fare ricerca all’interno di un Parco multidisciplinare dove è possibile incrociare e confrontarsi con altre esperienze è un vantaggio competitivo cioè prima di tutto un valore tangibile. generale. Il Kilometro Rosso ha anche la caratteristica di essere un parco multidisciplinare, cioè raccoglie centri di ricerca di più settori produttivi e discipline e aiuta ciò che gli americani chiamano 5
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Il Kilometro Rosso sorge alle porte di Bergamo, su di un’area di 50 ettari, quasi la metà dei quali destinati ad area verde, e prende il suo nome dall’imponente vista frontale, ben visibile dall’autostrada, lunga appunto 1 chilometro e di un colore rosso vivo che la rende unica e dall’aspetto accattivante. cross-fertilisation, ovvero la condivisione e la contaminazione di conoscenze tra settori e discipline diverse. Per esempio, Leonardo da Vinci fu un genio in più discipline anche perché sin da ragazzino frequentò la bottega del Verrocchio, lavorando gomito a gomito con pittori, scultori, ingegneri, matematici. Insomma, questa cross-fertilisation in Italia la si fa da 600 anni! In Kilometro Rosso si cerca di ricreare quello spirito rinascimentale, riletto in chiave moderna. Che ruolo hai in Brembo? Ci lavoro da oltre 15 anni e sono Consigliere di Amministrazione dal 1997. Dopo un percorso a tappe in alcune funzioni chiave aziendali, dal 2003 sono Responsabile del Corporate Development, funzione che mi ha permesso di sviluppare il progetto di Internal auditing approfondendo così tutti gli enti e processi che fanno parte dell’intero Gruppo e la conoscenza e il rapporto con molti collaboratori. Un’ottima esperienza, considerando la complessità della nostra azienda. Hai avuto un ruolo nella costruzione del Kilometro Rosso? Certamente, anche se l’idea è di mio padre che ha ritenuto di dare evidenza a un’altra expertise per lui irrinunciabile in un’azienda: la ricerca continua di nuove soluzioni, nuovi prodotti, nuovi processi. Tutte funzioni aziendali che un’organizzazione deve possedere, direi geneticamente, con l’obiettivo di generare competitività. Dall’inizio, nel 2000, mi sono interessata ai vari aspetti sia in fase di progetto dell’iniziativa sia nella fase realizzativa. E devo dire che quest’ultima è quella che mi dà maggiori soddisfazioni. Quanto è importante il ritorno d’immagine da un’operazione di questo tipo? Il ritorno d’immagine del Parco è solo una conseguenza dell’idea che ne è alla base e di cui parlavo prima. La ricerca è un’attitudine che va coltivata 6
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quotidianamente se si desidera competere con successo con altre aziende; poter fare ricerca all’interno di un Parco multidisciplinare dove è possibile incrociare e confrontarsi con altre esperienze è un vantaggio competitivo cioè prima di tutto un valore tangibile. Ma questa crisi non impatta profondamente sull’investimento R&D? Paradossalmente mi sembra che la crisi stia impattando in modo positivo sugli investimenti in Ricerca e Sviluppo. Negli ultimi mesi i contatti con aziende interessate a ubicare nel Parco una propria struttura sono cresciuti. L’imprenditore più lungimirante è quello che investe in innovazione, in strutture e strumentazioni per la ricerca, in formazione, “proprio perché c’è crisi” e non “…nonostante la crisi”. Secondo me stiamo assistendo a una sorta di “selezione naturale” delle imprese: sopravvivono alla crisi quelle più innovative e coraggiose, che anziché assumere una posizione difensiva aggrediscono il mercato, proponendo prodotti e servizi sempre più innovativi e di qualità. Io credo che la crisi sia in realtà una grossa opportunità per il Made in Italy che ha tutte le caratteristiche per spostare la competizione globale sul campo dei prodotti e servizi di alto livello, ma soprattutto ha anche le carte in regola per vincerla. Cambiamo argomento e parliamo un po’ di te. Come concili il tuo ruolo di madre con il lavoro? Lavoro a tempo pieno e famiglia sono difficili da conciliare, soprattutto adesso che ho due bambini molto piccoli. In questo momento, infatti, sono in maternità (il piccolo ha 4 mesi) ma, pur non avendo mai lasciato del tutto l’ufficio, conto di rientrare organizzandomi a casa come in ufficio con valide persone e nel minimo dettaglio. Sei figlia unica o hai fratelli? 03-04/2009
Cristina Bombassei
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Cristina e Alberto Bombassei
Lavoro da oltre 15 anni alla Brembo e sono Consigliere di Amministrazione, dal 1997. Dal 2003, sono Responsabile del Corporate Development, funzione che mi ha permesso di sviluppare il progetto di Internal auditing approfondendo così tutti gli enti e processi che fanno parte dell’intero Gruppo e la conoscenza e il rapporto con molti collaboratori. Ho un fratello, Luca, che fa l’architetto e ha uno studio ben avviato a Milano. Anche lui ha partecipato attivamente al Progetto del Kilometro Rosso fin dalla proposta a Jean Nouvelle, l’architetto che ha disegnato il master plan del Parco, di seguirci in questa avventura. Luca ha progettato l’Edificio delle Professioni del Parco, uno dei primi in classe A, condividendo con mio padre la grande passione per l’architettura. Come ti rapporti con tuo padre sul lavoro? Come sono le “discussioni” di lavoro con lui? Sul lavoro come in famiglia ho un rapporto non conflittuale: abbiamo molta complicità. Cerco di non avere l’ansia di dover dimostrare le mie capacità o di competere con lui. Vedo spesso tra i miei colleghi GI che la competizione all’interno della famiglia porta a delle rotture che minano la sua continuità. In questi anni ho cercato soprattutto di imparare, sia da lui che dai suoi collaboratori, e di applicare con buon senso. Non mi dimentico che il fondatore e lo sviluppatore dell’azienda è lui. l.picasso@ k4b.it 8
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Il credito all’innovazione di Sandro Orsi Dalla Regione Lombardia, un esempio di concessione di finanziamento alle imprese. Per favorire e realizzare ricerca e sviluppo. Elisabetta Pirovano, imprenditrice dell’Alto Milanese, ne ha beneficiato con la sua azienda TTN (Trattamenti Termici Nervianesi). a Legge Finanziaria 2007 ha introdotto importanti novità per favorire la promozione e la realizzazione di attività di ricerca e sviluppo precompetitivo svolte direttamente dalle imprese. Significativa, in questo senso, è la possibilità attribuita alle imprese di beneficiare per un periodo di tre anni, dal 2007 al 2009 di un credito d’imposta, da imputare nelle dichiarazioni dei redditi. Nel campo degli incentivi per la promozione di attività di ricerca e sviluppo svolte direttamente dalle imprese si inserisce anche la concessione di finanziamenti a fondo perduto, iniziative promosse dalla Regione Lombardia per le aziende del territorio.
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I bandi regionali mirano a sostenere l’innovazione tecnologica e organizzativa delle piccole e medie imprese, la collaborazione con le Università e i Centri di Ricerca per una più facile applicazione dei risultati della ricerca scientifica ai processi produttivi e organizzativi. Di tali opportunità ha usufruito Elisabetta Pirovano, imprenditrice dell’Alto Milanese, con la sua azienda Trattamenti Termici Nervianesi SpA. La TTN, operativa da più di vent’anni con sede centrale a Nerviano (MI), è divenuta leader nel settore dei trattamenti termici grazie alla costante attenzione dedicata allo sviluppo e applicazione di innovazioni tecnologiche. Particolare 9
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importanza riveste la divisione dedicata ai trattamenti sottovuoto, situata a Nerviano, oggetto di forti investimenti sia per l'innovazione impiantistica sia per lo sviluppo di un sistema di qualità aziendale che renda possibile una gestione quasi completamente informatizzata dei cicli di trattamento e della produzione. Proprio le attività svolte nella sede nervianese hanno consentito alla TTN di beneficiare dei finanziamenti concessi dalla Regione Lombardia. Non è forse così Dott.ssa Pirovano? Sì, esatto, la TTN ha sviluppato un progetto di ricerca e sviluppo sui trattamenti termici che è stato finanziato dalla Regione Lombardia. In sostanza, il nostro obiettivo era di conciliare nuove tecnologie a impatto ambientale pressoché nullo, quali quelle operanti in vuoto, con la tradizione metallurgica insita nei processi di cementazione. Da tale idea è nato il progetto di sviluppo di tecniche di cementazione in vuoto che è stato poi finanziato dalla Regione Lombardia. Qual è l’approccio adottato dalla TTN in materia di ricerca e sviluppo? Non abbiamo un dipartimento strettamente dedicato alla ricerca e sviluppo. In laboratorio e in reparto è però sempre presente personale competente che viene anche messo a disposizione dei clienti presso i loro uffici tecnici interni. È in queste sedi che prende forma concreta l’innovazione attraverso la realizzazione di progetti in cui le scelte dei materiali, dei trattamenti e dei processi di lavorazione meccanica sono ottimizzate in funzione dei costi, della resistenza d’esercizio e facilità di realizzazione. Avete anche vinto alcuni premi con i vostri progetti innovativi. Si, è così. In particolare, siamo stati premiati per la creazione di rivestimenti sottili a base diamante con elevatissima durezza e ottimo coefficiente di attrito, processi al 10
Elisabetta Pirovano
In laboratorio e in reparto è presente personale competente che viene messo a disposizione dei clienti. È in queste sedi che prende forma concreta l’innovazione attraverso la realizzazione di progetti in cui le scelte dei materiali, dei trattamenti e dei processi di lavorazione meccanica sono ottimizzate in funzione dei costi, della resistenza d’esercizio e facilità di realizzazione.
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plasma sottovuoto che sostituiscono i processi tradizionali gassosi mantenendone le caratteristiche metallurgiche ma neutralizzando tutte le problematiche legate all’impatto ambientale. Quale è il segreto per ottenere tali risultati? Costanza, determinazione, pazienza e capacità. Come nasce un’azienda come la vostra? Parte da esperienze passate, ereditate o è un’idea nuova? La costruzione dell’azienda è stata frutto di diverse componenti. L’azienda è sorta e si è sviluppata grazie all’esperienza maturata lavorando nel settore dei trattamenti termici metalli, alla passione di eredità familiare per l’intraprendenza e al desiderio di mettersi in gioco, nonché all’intuizione della portata innovativa e promettente di un processo di indurimento superficiale particolare, da noi utilizzato, qual è la nitrurazione. Di quante società è composto il vostro Gruppo e quali sono i campi di attività? Abbiamo otto unità distribuite sul territorio del Nord Italia da Torino a Udine passando per Milano e Treviso e impegniamo più di 200 dipendenti; integrazione e complementarietà sono le chiavi di lettura del Gruppo, che può svolgere pressoché per intero la catena produttiva che porta alla realizzazione dei componenti meccanici utilizzati nei principali settori industriali quali il petrolchimico, energetico, plastico, chimico e delle macchine utensili. Tuttavia, nonostante l’articolazione della nostra struttura, non abbiamo perso la vocazione dell’azienda familiare. Nostro padre è sempre in prima linea con me e mio fratello e manteniamo un costante rapporto diretto e quotidiano con i nostri dipendenti e collaboratori. Il successo di questo tipo di approccio è dimostrato dal fatto che anche i dipendenti e collaboratori che si allontanano prima o poi tornano a far parte del nostro Gruppo.
Siamo stati premiati per la creazione di rivestimenti sottili a base diamante con elevatissima durezza e ottimo coefficiente di attrito, processi al plasma sottovuoto che sostituiscono i processi tradizionali gassosi mantenendone le caratterisctiche metallurgiche ma neutralizzando tutte le problematiche legate all’impatto ambientale.
Insomma la formula dell’azienda familiare funziona ancora. Guardi, i rapporti familiari sono sempre complessi: 03-04/2009
occorre pazienza, spirito critico ma costruttivo e carattere. Quando però alla base ci sono i principi giusti, sulla tentazione alla conflittualità non può che prevalere l’ammirazione per il percorso fatto da un genitore, partendo da zero, per poi coinvolgere i suoi figli in un progetto importante. Nostro padre ci ha trasmesso valori profondi, insegnandoci a dedicarci al lavoro e a fare sacrifici quando serve, ma anche a godere e condividere grandi gioie quando si riesce nell’impresa. Pensate di “riuscire” anche in questo periodo di forte crisi? A volte le crisi sono un’occasione per avere incentivi a diversificare ancora di più i servizi e la clientela, così da incrementare le possibilità di far conoscere e valorizzare le nostre tecnologie e i nostri processi di integrazione di fasi produttive. Siete tutti così ottimisti in famiglia? Tutti. E soprattutto non ci perdiamo mai d’animo! orsi@studiodiconsulenza.net 11
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Progetto Archimede di Giorgio Cappello Presidente Regionale Giovani Imprenditori Sicilia Bacino di specchi parabolici, elaborato dall’ENEA per il territorio di Priolo Gargallo in provincia di Siracusa. Raccoglie i raggi del sole per l’utilizzo di energia elettrica anche quando il sole non c’è. Produzione a basso impatto ambientale e notevole riduzione di costi. Si stima che l’energia prodotta sia sufficiente a servire un Paese di 20.000 abitanti. l progetto prende il nome da Archimede, lo scienziato greco che, oltre 2200 anni fa, utilizzò l’energia solare per riscaldare inventando gli specchi ustori, scudi levigati che convogliavano in un solo punto i raggi del sole. Tale sistema, raccontano i libri di storia, fu utilizzato per incendiare le vele delle navi romane che assediarono Siracusa. Anche il Progetto Archimede, elaborato dall’ENEA per il territorio di Priolo Gargallo, in provincia di Siracusa, nasconde uno stratagemma per consentire l’utilizzazione del calore del sole per la produzione di energia elettrica anche quando il sole non c’è. L’idea
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rivoluzionaria alla base del progetto sta nell’integrazione in un’unica centrale elettrica di un impianto fotovoltaico con un ciclo combinato a gas. Il progetto prevede la copertura con specchi parabolici di un’area di circa 200.000 metri quadri (solo per suggerire una dimensione, pensate a 25 campi da calcio). Negli specchi scorrerà un fluido “collettore di energia”, costituito da sali di potassio e sodio, un composto poco costoso e a basso impatto ambientale, di origine naturale, che sarà convogliato in un serbatoio di accumulo caldo. Il calore prodotto dai sali fusi sarà poi utilizzato per la generazione di 03-04/2009
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vapore che, a sua volta, confluirà all’interno di un turbo alternatore per la produzione di energia elettrica. Il serbatoio di accumulo consentirà di ottenere una continua generazione di vapore anche nel corso della notte, fino a esaurimento del serbatoio. Solo nel caso in cui il sole dovesse mancare per diversi giorni, il vapore sarà generato grazie a caldaie alimentate a gas e la produzione di elettricità comporterà una immissione in atmosfera dei residui della combustione. La produzione di elettricità sarà garantita da un ciclo combinato a gas. Si stima che l’energia prodotta sia sufficiente a servire un Paese di 20.000 abitanti. Il rendimento dell’impianto e, in questo caso, i problemi sono inerenti ai materiali per la costruzione degli specchi, dei collettori, oltre agli agenti atmosferici, pioggia e vento, che potranno danneggiare e ridurre la capacità di raccolta di energia. Oltre ad assicurare una produzione ininterrotta di energia a basso impatto ambientale, il progetto ha anche come obiettivo una riduzione dei costi, attraverso l’utilizzazione del sistema di specchi destinati a durare 30 anni. La funzionalità della centrale potrebbe essere pregiudicata soltanto dall’impatto degli agenti atmosferici sugli specchi. In particolare, il vento potrebbe danneggiare le strutture di sostegno degli specchi o causarne la deformazione e la conseguente dispersione dei raggi. Per questo è stato previsto un meccanismo di ripiegamento degli specchi qualora il vento soffi al di sopra di una certa velocità. Altro punto cruciale per la costruzione dell’impianto è la necessità di una vasta superficie disponibile con una buona insolazione. Queste e altre problematiche potrebbero limitare le possibilità di diffusione e realizzazione di questo tipo di impianti. Alla base del Progetto 03-04/2009
Gianluca Gemelli
Archimede c’è l’interpretazione dell’esigenza di riuscire a incrementare e promuovere la realizzazione di impianti che generino energia pulita. Questa esigenza, come ci ricorda Gianluca Gemelli, imprenditore siracusano e Vicepresidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria, è fortemente sentita all’interno della Regione Sicilia, luogo particolarmente indicato allo sviluppo di tale tipo di impianti, grazie alle sue caratteristiche climatiche. A titolo esemplificativo, Gemelli cita l’approvazione del nuovo Piano Energetico Ambientale con il quale la Regione Sicilia ha semplificato il processo di costruzione di impianti inferiori a 1 Mega Watt, consentendo una forte riduzione delle pratiche burocratiche necessarie. Oggi, infatti, in Sicilia, la costruzione di tali impianti può essere iniziata ottenendo una semplice autorizzazione comunale, oltre alle consuete autorizzazioni per l’allaccio alla rete di distribuzione. Questa riforma ha del tutto eliminato la necessità di ottenere le autorizzazioni rilasciate dagli assessorati dell’Industria e dell’Ambiente (denominate “VIA” e “VAS”), riducendo così notevolmente il tempo intercorrente tra la progettazione e la cantierizzazione di un impianto fotovoltaico. A tutto ciò si aggiunge la volontà di imprenditori che operavano in settori differenti e che desideravano diversificare il proprio business, e che, proprio grazie a questa legge, stanno cominciando a investire su filiere produttive di pannelli e alla realizzazione di nuovi impianti. Come sottolinea Gianluca Gemelli, nonostante la nuova legge fissi 13
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limiti ben precisi per evitare che si proceda a una costruzione selvaggia di impianti, bisogna evidenziare come “la Sicilia per una volta sia riuscita a dare l’esempio di come si possa snellire un iter burocratico in risposta a esigenze imprenditoriali”. Gli impianti hanno un impatto fortemente positivo in un’ottica di tutela e rispetto dell’ambiente consentendo la produzione di energia pulita e rinnovabile a costi decisamente ridotti se li paragoniamo all’uso di combustibili fossili; la diffusione di impianti fotovoltaici potrà determinare anche una contestuale riduzione dell’utilizzo di combustibili fossili cui conseguirà una minore
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immissione nell’atmosfera di gas a effetto serra. La carta vincente di questo progetto è la sua “elasticità”: si potrà ampliare e ridurre la capacità dell’impianto in funzione alle esigenze del territorio e installare nuovi impianti in aree difficilmente raggiungibili quali isole o aree protette. Non si deve trascurare, inoltre, che l’uso dell’energia che si potrà ottenere dal sole potrà avere numerose applicazioni e coinvolgere molteplici settori, dando impulso al mercato indotto. Occorre fare come Archimede e le idee “si accenderanno”. giorgiocappello@cappellogroup.it
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Il Campus Point di Lecco di Mimmo Lobello Componente Comitato Redazione Qualeimpresa Centro di osservazione legato al Politecnico di Milano. Esempio di coinvestimento in ricerca e sviluppo. Modello universitario sperimentale aperto e in stretta collaborazione con le industrie, la città e il territorio. Ce ne parla il Prorettore Riccardo Pietrabissa. a sede lecchese del Politecnico di Milano inizia a operare nel 1987 per interagire con l’imprenditoria locale e il territorio offrendo ingegneri nel campo industriale. Dal seme gettato più di venti anni fa nasce oggi l’idea del Campus Point, un “contenitore” strutturale per la ricerca del Politecnico di Milano. Il progetto, nato dalla vision del Prorettore Riccardo Pietrabissa, porta la firma dell’Ing. Arturo Montanelli. Campus Point, una costruzione di carattere temporale, è stato concepito al fine di offrire spazi immediatamente sfruttabili per ospitare i laboratori di ricerca durante la fase di ristrutturazione del Campus
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del Politecnico. Campus Point propone un modello universitario di ricerca sperimentale aperto e in stretta collaborazione con le industrie, la città e il territorio. I concetti di modularità, temporaneità e dinamicità che hanno ispirato il progetto hanno portato alla realizzazione di una soluzione edilizia, componibile ed economica, attraverso l’ausilio di prefabbricati assemblati a secco. Il risultato è un’aggregazione ordinata di containers di conoscenza e di ricerca in grado di rispondere a tutte le necessità del Politecnico. In esso sono ospitati LabPoint, SkillPoint, ResearchPoint e SpinOffPoint nei quali si studiano 15
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soluzioni avveniristiche per l’ambiente, l’industria e la società. Anche i materiali utilizzati sono sinonimo di innovazione: in particolare il vetro, materiale di costruzione delle pareti esterne, è stato introdotto per consentire ai ricercatori di svolgere le proprie attività ordinarie “all’aperto”, in stretto contatto con il pubblico. In questo modo l’Università, pur rimanendo un’entità separata e distinguibile rispetto alla città, diviene maggiormente accessibile, anche visivamente, a chiunque sia interessato. A oggi gli sponsor che hanno concesso il loro appoggio economico e la fiducia nello sviluppo e nella crescita dell’Università e del territorio sono 20. Campus Point, come sottolinea il Prorettore Pietrabissa, è un esempio di coinvestimento in ricerca e sviluppo. Professor Pietrabissa com’è nata questa operazione? L’operazione è stata realizzata principalmente grazie all’ostinazione e tenacia con la quale è stata perseguita: i primi fondi sono arrivati in modo curioso. Dopo la conferenza stampa di presentazione del progetto ero stato contattato da una piccola impresa edile poiché il figlio del titolare era rimasto entusiasta del progetto. Il giovane mi chiese subito di far parte della squadra poiché riteneva un onore prender parte a una così importante iniziativa e divenne così il primo sponsor. In seguito la strategia fu scrivere sul giornale locale dell’accaduto ed elogiare l’impresa edile che mi aveva finanziato dandole così visibilità: operando in questo modo si fecero avanti altri sponsor. Cosa intende con “comunicazione paga comunicazione”? Con questo concetto intendo sottolineare che la comunicazione fatta bene porta i suoi frutti, porta conoscenza e pubblicità. Per esempio, le ricordo che ho avuto la 16
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Il nome Campus Point vuole trasmettere l’idea di una struttura che serve come punto di osservazione del cantiere nonché del territorio circostante.
possibilità di raccontare la storia di Campus Point su “Il Sole 24 Ore”. Questa modalità di trasmissione delle informazioni, questo mezzo di comunicazione ci ha consentito di diffondere la conoscenza del nostro progetto a un pubblico più ampio e acquisire ulteriori sponsor attraverso questo tramite. Perché il nome Campus Point? Campus Point può essere considerato come una proiezione del futuro Campus. Il nome vuole trasmettere l’idea di una struttura che serve come punto di osservazione del cantiere nonché del territorio circostante. Per descrivere Campus Point si è usata spesso la parola generica “innovazione”, per lei che significato ha? Il termine innovazione in Italia è inflazionato: tutto ciò che è nuovo è considerato “innovatore”. A mio riguardo innovare significa impegnarsi per uscire da schemi precostituiti e più ancora avere il coraggio di romperli. Campus Point innova. L’idea di mettere i ricercatori “in vetrina” ne è una prova tangibile. È il primo Campus universitario nel quale attraverso grandi vetrate è possibile scorgere l’attività che si svolge 03-04/2009
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realmente al suo interno. Al riguardo, è importante sottolineare che questo tipo di costruzione non vuole essere strumento di un approccio di mercato o una vetrina commerciale per il Politecnico ma una dichiarazione di responsabilità e di apertura verso il territorio circostante. Noi non vogliamo nasconderci bensì rendere palesi e visibili le nostre attività e il nostro operato quotidiano. Oltre alla finalità concettuale queste enormi vetrate hanno anche una funzione tecnica? Certamente, le vetrine hanno una finalità funzionale, sono lastre intere e non si possono aprire. Per questo motivo sono state progettate dentro e fuori la struttura, modellando lo spazio in funzione delle esigenze, in modo tale da permetterci di inserire delle finestre negli spazi laterali. Quali sono stati i rapporti con il progettista, l’Ing. Arturo Montanelli? L’Ing. Montanelli ha diretto quest’avventura: è stato il primo vero tecnico del Campus, ha voluto creare i container, ha introdotto l’uso del vetro e di tutti i materiali innovativi utilizzati per la costruzione. Montanelli e io siamo i genitori di Campus Point, io il padre e Montanelli la madre che lo ha partorito. Questo progetto è un esempio di architettura temporanea, standardizzata ed ecosostenibile. In cosa consiste il concetto di temporaneità? Il contenitore Campus Point può essere definito “consumista”: è creato per essere utilizzato, vissuto e successivamente smontato e, all’occorrenza, rimontato in uno spazio diverso. Il vero valore di 03-04/2009
Campus Point è nella capacità di rispondere in maniera veloce ed efficace a un’esigenza temporanea: è fatto per durare 4 anni. Alla fine della sua vita utile, dopo che il cantiere del nuovo Campus verrà terminato, Campus Point sarà smontato e pronto per essere rimontato in altri spazi, ove sia necessario, a un costo sostenibile; può essere montato ovunque, anche sopra un tetto. Il mio desiderio sarebbe quello di donare Campus Point alla città di Lecco, non appena il vero Campus universitario sarà pronto. Perché un’architettura di questo tipo è nata a Lecco e non nella sede principale a Milano? La risposta è molto semplice, Il Politecnico aveva previamente acquisito l’area adiacente all’ex ospedale a Lecco, che era quindi l’unico spazio immediatamente disponibile. Quale messaggio desidera trasmettere a tutti coloro che sono parte di questo grande progetto e del territorio che lo ospita? Il Campus è una propaggine di Università in una piccola cittadina di provincia come Lecco; non si propone unicamente di ospitare i suoi cittadini e gli studenti del Politecnico ma ha l’obiettivo di attrarre giovani “menti” al di fuori della città, far avvicinare questi giovani al territorio lecchese e possibilmente coinvolgerli nell’attività del Campus universitario. Attraverso questo progetto vorremmo introdurre una nuova concezione della città come polo di attrazione di nuovi talenti per creare una grande scuola. m.lobello@k4b.it
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Nemo scienziato in Patria di Maria Carmela Berterame Giovane Imprenditore Confindustria Basilicata La fuga di cervelli impedisce alle nostre aziende di essere fucine di talenti e incubatrici di idee. Affinché l’ingegno italiano investa su se stesso nella sua terra, è necessario che abbia fiducia nel sistema che lo accoglie a tutti i livelli in cui matura e opera: istituzionale, universitario e imprenditoriale. emo scienziato in patria” sembra essere il giusto riadattamento di una celebre locuzione per descrivere il fenomeno tutto italiano della fuga di cervelli. L’emorragia di talenti, nell’era della glocalizzazione, è un vero tallone d’Achille dell’economia italiana: le imprese e i centri di ricerca hanno sempre più difficoltà a essere fucine di talenti e incubatrici di idee. A risentirne di più sono il mondo della scienza, le nuove tecnologie, l’ambiente, i beni culturali, e più in generale la cultura d’impresa, non essendo i giovani stimolati alla creazione di nuove aziende e a investire
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su se stessi nella propria terra. Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania sono le mete principali, senza trascurare la migrazione interna al nostro Paese che porta i lavoratori meridionali a preferire lidi nazionali, come Lombardia e Lazio. Non stiamo assistendo agli spostamenti epocali come quello degli anni Cinquanta, i numeri sono più contenuti, sebbene i flussi migratori in uscita abbiano ripreso a crescere: negli ultimi cinque anni il Mezzogiorno ha perso oltre il 2 per mille della popolazione. Oltre ai numeri, quello che cambia è la qualità dei 03-04/2009
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“cervelli in valigia”: come sottolinea lo Svimez (Associazione per lo Sviluppo del Mezzogiorno), se negli anni Sessanta era la classe operaia a cercare fortuna emigrando, oggi sono i neo laureati ad andarsene, lasciando a secco l’Italia di personale qualificato. La classifica delle motivazioni dei partenti, redatta dallo Svimez, vede primeggiare “la possibilità di fare carriera”, seguita dal “prestigio dell’Istituzione ospitante”, dalle “possibilità di accesso alle tecnologia di punta”, dai “maggiori fondi disponibili per la ricerca”, dalle “opportunità di contatti con le reti di ricercatori e professionisti”. In coda alla graduatoria, la “mera opportunità occupazionale” e “i miglioramenti retributivi”. Da queste ragioni “personali” bisogna astrarre le falle del nostro sistema per generalizzare le problematiche e proporre soluzioni. A livello europeo l’Agenda di Lisbona proponeva una serie di obiettivi economici e strutturali per la valorizzazione del patrimonio culturale, di intelligenza ed esperienza, creando un’economia dei talenti e un ambiente più favorevole possibile alla nascita e allo sviluppo delle imprese grazie al confronto delle eccellenze europee, con lo scopo di realizzare nel Vecchio Continente il mercato più dinamico e tecnologicamente avanzato del mondo entro il 2010. Tra i macro obiettivi di Lisbona figurano la realizzazione della società della conoscenza, per affrontare le cause della fuga dei cervelli, edificando un sistema che attiri risorse nella ricerca e faciliti le applicazioni industriali delle scoperte, una più ampia diffusione dell’ICT in tutti i settori economici e l’impulso al mercato del lavoro, favorendo la mobilità dei lavoratori tra i diversi Paesi. Il progetto offre quindi il rovescio della medaglia: la mobilità è un vantaggio competitivo per i singoli 03-04/2009
Oltre ai numeri, quello che cambia è la qualità dei “cervelli in valigia”: come sottolinea lo Svimez (Associazione per lo Sviluppo del Mezzogiorno), se negli anni Sessanta era la classe operaia a cercare fortuna emigrando, oggi sono i neo laureati ad andarsene, lasciando a secco l’Italia di personale qualificato.
Paesi e non un elemento limitante allo sviluppo dell’innovazione. Il reale problema è che tale mobilità ha per l’Italia un flusso unidirezionale: i talenti nostrani in uscita sono circa 120mila all’anno, contro un flusso in entrata di 60mila cervelli stranieri nello stesso arco di tempo. Pensando all’Europa come al nucleo del mercato mondiale, dobbiamo inevitabilmente scontrarci contro i giganti dell’economia. La Cina è oggi un agguerrito concorrente, non più solo nelle produzioni a basso valore aggiunto, anche nelle produzioni ad alta tecnologia. L’India, sfruttando l’immensa disponibilità di manodopera qualificata con un buon livello d’istruzione e la conoscenza della lingua inglese, oltre a produzioni con elevato contenuto di manodopera, vanta attualmente un’offerta realmente competitiva nei servizi. Gli Stati Uniti, nonostante la momentanea crisi, sostengono il più alto tasso d’innovazione 19
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tecnologica grazie alla ineguale abilità del mondo universitario e scientifico di reperire risorse. Sulla scia di quanto appena detto, bisogna riflettere sulla forte carenza di innovazione nel settore dell’hightech, campo quasi inesplorato nel nostro Paese ma che più di ogni altro necessita di ricerca e sperimentazione. Questo perché il numero dei brevetti depositati da aziende italiane è notevolmente inferiore a quello dei brevetti depositati in Europa e pari a un ottavo di quelli registrati negli Usa. Per cercare soluzioni per tamponare questa emorragia dei nostri cervelli e al contempo attirare i “cervelli esteri”, bisogna quindi lavorare su due fronti: la ricerca e il mercato del lavoro. Sul fronte della ricerca, è necessario che le imprese italiane facciano un salto di prospettiva, passando dallo sviluppo orientato a migliorare le caratteristiche tecnico/economiche dei loro prodotti a una vera e propria innovazione. Per far questo, bisogna optare per una più oculata destinazione degli investimenti passando dall’1÷2% del PIL attuale in innovazione ICT, al 10% come i nostri amici europei. È necessario per il mondo dell’impresa rafforzare quei settori cruciali per lo sviluppo, quali l’innovazione tecnologica e il settore energetico, con la consapevolezza che i risultati si potranno cogliere solo nel lungo periodo. In termini di politica economica, bisogna guardare all’Europa, ai suoi parametri quali la disciplina del bilancio, la liberalizzazione delle professioni, le facilitazioni e gli sgravi fiscali alle imprese, la tutela 20
della proprietà e del brevetto. Inoltre, è opinione comune che il progresso risiede nelle attività economiche legate alla conoscenza. Le imprese, perciò, devono creare un ponte stretto con le università, per evitare la dispersione dei cervelli neolaureati: i giovani talenti hanno bisogno di dialogare con le imprese italiane già durante gli anni di formazione e studio perché maturi in loro la cultura dell’impresa non come rischio ma come opportunità. Le iniziative messe in campo a livello sovrastrutturale devono risvegliare la spinta imprenditoriale nei giovani attraverso azioni concrete: permettere di contare sul giusto appoggio del sistema finanziario, agevolare l’accesso al credito per le aziende in fase di start up, implementare valutazioni “meritocratiche” nella Pubblica Amministrazione come nel privato, abbattere il costo del lavoro che grava sulle imprese, evitando meccanismi perversi di generazione di pensatori a cottimo. Affinché l’ingegno italiano investa su se stesso nella sua terra, è necessario che abbia fiducia nel sistema che lo accoglie a tutti i livelli in cui matura e opera: istituzionale, universitario e imprenditoriale. Le tre sfere devono operare in forma sinergica, osmotica o, per restare a tema, sinaptica per evitare il drenaggio di personale qualificato e far crescere il vantaggio competitivo delle nostre imprese nella complessa scacchiera mondiale. marica@dardox.com
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Cento invenzioni di cui non potremmo più fare a meno di Laura Tessera Chiesa Componente Comitato Redazione Qualeimpresa Penna biro, matita, gomma da cancellare, velcro, post-it, pc, cd, telefonini, blackberry, microchip e tanto altro ancora. Scoperte che hanno cambiato la storia dell’uomo e il suo modo di vivere. Pietre miliari dello sviluppo, sia della cultura che della tecnica. Un invito, per noi Giovani Imprenditori, a fare di necessità virtù inventando e brevettando nuovi beni di consumo. l giornale britannico “Independent” ha stilato la lista delle scoperte e delle invenzioni industriali che hanno cambiato il mondo e che hanno rivoluzionato la vita quotidiana dell’uomo, cambiandone giorno dopo giorno le abitudini. Ma che cosa ha cambiato di più la storia dell’umanità, il fuoco oppure il blackberry? Di invenzioni, fra cui scegliere quelle che hanno cambiato la storia dell’uomo e il suo modo di vivere,
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ve ne sono circa un centinaio che possiamo definire le pietre miliari dello sviluppo, sia della cultura che della tecnica, come per esempio la carta e la stampa, il personal computer e il microchip. La lista in realtà è interessante da leggere, non tanto di per se stessa quanto per la breve storia che accompagna ogni invenzione. Scopriamo così che l’inventore della penna biro (Josè Birò) non tenne per sé il brevetto della sua scoperta ma la vendette al 21
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Barone Bich, oggi conosciuto dal mondo intero. Scopriamo che, fra l’invenzione della matita e quella della gomma da cancellare, passano ben 200 anni, che l’inventore della ghigliottina (Joseph Ignace Guillotin) era in realtà un convinto sostenitore dell’abolizione della pena di morte, che l’80% delle chiusure a lampo di tutto il mondo è prodotto in un’unica fabbrica nella città di Qiaotou (Cina). A volte, i brevetti nascono dalla combinazione del caso e di semplici necessità pratiche: il velcro, per esempio, è stato inventato da un Signore (George de Mestral) stanco di rimuovere a mano gli odiosi pelucchi che si attaccavano al pelo dei suoi cani. Un altro esempio sono i post-it, inventati da un dipendente della 3M grazie a un fortunato errore
Ci potremmo chiedere se esiste una reale tutela per l’imprenditore che decide di brevettare un prodotto o un processo industriale. nella formulazione di una colla; oppure il cd che è stato inventato da un appassionato di musica stanco di sentire i suoi brani preferiti accompagnati dall’inevitabile “rumore” proprio del giradischi. Una classifica che affianca oggetti ormai indispensabili per la vita di tutti i giorni. Basti pensare che ci sono, oggi, più di due miliardi di telefonini al mondo e nell’Unione Europea ci sono più cellulari che persone. L’invenzione si deve ai Bell Laboratories, che introdussero il primo servizio nel Missouri nel 1947. Leggere questa lista, per noi Giovani Imprenditori, è un vero è proprio invito a fare di necessità virtù inventando e brevettando nuovi beni di consumo. Ci potremmo chiedere se esiste una reale tutela per l’imprenditore che 22
decide di brevettare un prodotto o un processo industriale. Ne parliamo con la D.ssa Francesca Boggio dello Studio Torta, Giovane Imprenditrice Piemontese che si occupa di tutela della proprietà industriale in uno dei più importanti uffici italiani esperti nel settore. Lo Studio assiste le imprese nella creazione, protezione, gestione e difesa di beni di proprietà industriale. “Condivido l’invito di dedicare una sempre maggiore attenzione alla creazione dell’innovazione e alla sua tutela mediante i brevetti. La nostra esperienza come Studio di consulenti in proprietà industriale, che ha accompagnato diverse generazioni di imprenditori, dimostra che le imprese di maggiore successo, anche in momenti di crisi, sono proprio quelle che hanno investito in modo organico e stabile in marchi e brevetti. E questo perché solo la tutela della proprietà industriale permette di consolidare il patrimonio tecnologico (brevetti) e commerciale (marchi) dell’impresa e di valorizzarlo pienamente nella competizione sul mercato. Oltretutto, non si deve pensare che i brevetti siano appannaggio solo delle grandi imprese. Infatti, sono da tutti riconosciute le doti di creatività e di innovazione della piccola e media impresa italiana. Forse, 03-04/2009
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A volte, i brevetti nascono dalla combinazione del caso e di semplici necessità pratiche: il velcro, per esempio, è stato inventato da un Signore (George de Mestral) stanco di rimuovere a mano gli odiosi pelucchi che si attaccavano al pelo dei suoi cani.
occorrerebbe solo diffondere maggiormente la cultura brevettuale tra i nostri imprenditori. Mi sembra interessante segnalare, al riguardo, una statistica dell’Organizzazione Mondiale della Proprietà Industriale (OMPI), che mette in relazione le spese di ricerca e sviluppo (R&S) con il corrispondente numero di domande di brevetto. In questa statistica si evidenzia che, a parità di spese di R&S, l’Italia deposita una sola domanda brevetto, la Germania, la Gran Bretagna e gli Usa ne depositano due, la Cina sei, il Giappone sette e ben quindici la Corea. Poiché i brevetti conferiscono un diritto di sfruttamento esclusivo per vent’anni, si può notare come i Paesi del Far East si stiano, di fatto, riservando importanti quote di mercato per molti anni a venire, con possibilità di precludere l’ingresso alle imprese concorrenti. Queste considerazioni ci riportano al nostro quesito iniziale, relativo all’esistenza o meno di una reale possibilità di tutela dei brevetti. La risposta non può che essere positiva: in molti Paesi, compresa l’Italia, esistono strumenti efficaci per fare valere i diritti di brevetto. In 03-04/2009
Italia, in particolare, una normativa del 2003 ha istituito dodici Sezioni Specializzate con competenza giudiziaria in materia di proprietà industriale. Come risultato di questa riforma, il nostro Paese dispone oggi di giudici dotati di competenza ed esperienza nel settore che ci riguarda, con conseguente maggiore certezza del diritto e riduzione dei tempi di causa. Peraltro, si deve tenere presente che nella materia della proprietà industriale sono previsti specifici provvedimenti di urgenza quali il sequestro, l’inibitoria e la descrizione, ottenibili in tempi brevissimi. In conclusione, vorrei trasmettere un messaggio su come approcciare l’attività di protezione dell’innovazione tramite i brevetti. Innanzitutto, il brevetto non dovrebbe essere considerato come uno strumento a sé stante e di pertinenza dei soli tecnici di impresa, ma dovrebbe piuttosto trovare una collocazione nell’ambito della più generale strategia aziendale, come importante strumento per conseguire gli obiettivi dell’impresa. Inoltre, sono oggi disponibili numerosi strumenti (soprattutto, brevetto europeo e brevetto internazionale) per ottenere, in Italia e all’estero, una tutela personalizzata in funzione delle esigenze dell’imprenditore. Sono convinta che, come Giovani Imprenditori, sia possibile svolgere un ruolo sempre più incisivo per diffondere la cultura dell’innovazione e della tutela brevettuale tra le nostre imprese”. ltessera@salesspa.com
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Elital - Elettronica Italiana di Fabio Spinosa Pingue Componente Comitato Redazione Qualeimpresa Guido Arista. “Per noi, la ricerca è una vocazione perché operiamo in un mercato fatto proprio di prodotti particolari e sempre aggiornati secondo tecnologie in continua evoluzione. Proteggiamo i nostri progetti, cercando di essere sempre all’avanguardia e rinnovandoci. Negli ultimi tre anni, abbiamo depositato due brevetti per due nostri prodotti. È stata una grande fatica ma al contempo una grande soddisfazione”. ggi siamo con Guido Arista, Responsabile Tecnico della società Elital, azienda abruzzese che sta investendo molto nel campo della ricerca per sviluppare prodotti innovativi, affidabili e tecnologicamente evoluti, consolidando la propria posizione nel mercato. La Elital sviluppa prodotti molto particolari, nel settore delle telecomunicazioni via satellite, sistemi elettronici complessi, meccanica di precisione e circuiti stampati radio frequenza per applicazioni spaziali e militari. Che tipo di azienda è la tua? La Elital appartiene alle piccole e medie imprese.
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Opera dal 1986 con la missione iniziale di offrire i propri servizi a tutte le aziende di zona. L’impegno costante e la passione per il proprio lavoro ci hanno portato nel tempo a sviluppare progressivamente nostri prodotti e tecnologie da poter offrire ai nostri clienti. In che campi operate e quali sono i vostri prodotti? Il “fiore all’occhiello” dell’azienda sono i prodotti per telecomunicazioni via satellite con la costruzione di antenne, sistemi di puntamento e stazioni di telecomunicazione sia fisse che trasportabili. È per noi una grande soddisfazione che i nostri prodotti sono stati scelti dalla Protezione Civile, proprio grazie alla 03-04/2009
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loro efficacia e affidabilità, oltre che da enti e operatori privati. La ricerca interna ha portato anche a sistemi per il fleet management, cioè la localizzazione di mezzi mobili collegati a una sala regia con la possibilità di monitorare anche lo stato dei mezzi in modo continuo, oppure in caso di allarmi vari è il terminale stesso a segnalare l’anomalia. Questi prodotti sono impiegabili sia su mezzi terrestri che su velivoli leggeri. Elital sviluppa sia il terminale di bordo del mezzo, che il software della sala regia. Nel campo spaziale, Elital mette a disposizione la propria tecnologia per la realizzazione di sofisticati Circuiti Stampati per elettronica ad altissima frequenza. Questa tecnologia, applicabile sia a sistemi operanti nello spazio che nel campo della difesa,
Il “fiore all’occhiello” dell’azienda sono i prodotti per telecomunicazioni via satellite con la costruzione di antenne, sistemi di puntamento e stazioni di telecomunicazione sia fisse che trasportabili. consente di ridurre le dimensioni dell’intero sistema, di ottenere un miglioramento delle prestazioni sia elettriche che di resistenza
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meccanica. Nel campo della difesa, poi, Elital è presente con prodotti dedicati. A cosa serve un sistema di telecomunicazione satellitare. Tutti i giorni inconsapevolmente beneficiamo del satellite, la televisione è l’esempio più lampante, quindi, uno scopo di tipo commerciale. Abbiamo sentito parlare anche di telefonia satellitare, cioè telefonini che si connettono direttamente con il satellite per collegarsi alla rete telefonica nazionale. La stazione satellitare è quel sistema che attraverso un’antenna “parabolica” e delle attrezzature specifiche riconnette il satellite alla rete nazionale terrestre. Queste antenne possono essere fisse o mobili, se montate su veicoli o sistemi mobili. Nel caso di impiego per difesa civile, immaginiamo un evento naturale, le prime cose a essere danneggiate sono proprio tutti i sistemi di comunicazione terrestre. È, quindi, attraverso le stazioni mobili satellitari che si possono ripristinare le comunicazioni per il coordinamento di tutte le forze in campo. Come è impostata la vostra struttura? L’azienda è composta da 5 reparti: l’ingegneria è sicuramente il centro dell’azienda, dove le idee si traducono in progetti. Poi i reparti di Officina Meccanica, di costruzione di Circuiti Stampati omologati spazio, il Cablaggio Elettrico, la Serigrafia e il reparto di Integrazione e Test. 25
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La nostra officina meccanica ha subìto negli ultimi mesi una completa ristrutturazione, con l’acquisizione di macchine di altissima precisione e qualità (il costruttore è italiano) che rispetto allo scenario normale consentono di ottenere prodotti di altissima precisione e affidabilità. I nostri reparti devono essere considerati dei laboratori dove le idee prendono forma, non siamo infatti una azienda di produzione. Fate ricerca? Per noi, la ricerca è una vocazione perché operiamo in un mercato fatto proprio di prodotti particolari e sempre aggiornati secondo tecnologie che sono sempre in continua evoluzione. Quindi, avete anche necessità di proteggere i vostri progetti? Sì, il miglior modo è essere sempre all’avanguardia e rinnovarsi. Negli ultimi tre anni, abbiamo depositato due brevetti per due nostri prodotti. È stata una grande fatica ma al contempo una grande soddisfazione. In quale scenario, secondo te, operano oggi le aziende? Lo scenario, in cui operano le nostra aziende, sta subendo recentemente un vero e proprio stravolgimento. L’inserimento dei Paesi dell’Est nella Comunità Europea ha condizionato molto l’assetto produttivo dell’intera Europa, costringendo molte aziende anche medie e piccole, per rimanere competitive, a trasferirvi le proprie attività produttive, senza considerare il fatto che questi Stati assorbono una fetta consistente dei fondi erogati della Comunità stessa. Inoltre, il problema Cina ha creato una situazione ancora più difficile; infatti, multinazionali e imprenditori abbagliati, oltre che dalla manodopera a basso costo e dalla speranza di conquistare il mercato cinese, hanno trasferito intere aziende, esportando know how e provocando seri danni a tutto il sistema produttivo europeo. Queste motivazioni - abbinate a una crisi economica senza precedenti, a fenomeni di forte immigrazione, a un dollaro competitivo sull’euro, a macroscopici errori programmatico/gestionali del mondo politico negli ultimi 20 anni - costringono imprenditori e aziende a rivedere completamente e continuamente le proprie strategie. Queste situazioni portano, irrimediabilmente, a una trasformazione del sistema industriale. La tipologia del lavoro deve essere reimpostata, utilizzando in pieno le nuove tecnologie. Forse è una domanda scontata, ma è veramente necessario innovarsi e innovare? Il futuro può essere basato solo su attività di intelletto, sulla cultura di un popolo e non solo del singolo, sulla propria tradizione, sulla capacità di saper prevedere per innovare, sull’alta specializzazione delle persone richiesta soprattutto da settori strategici e di nicchia. 26
Oggi, per esempio, si parla molto di Università ed è giusto, ma si parla poco di tutte le altre scuole e questo è un peccato, perché non si fa altro che perdere la capacità di sostenere la propria ricerca, la propria tradizione. Purtroppo, è un costo a volte difficile da sostenere soprattutto per le PMI. Ma è nei periodi di crisi che bisogna avere il coraggio di cambiare le cose, di investire in nuovi prodotti e/o tecnologie, su macchinari e impianti di ultima generazione, che poi unite alla inventiva che gli italiani pensano di avere, permettono di realizzare prodotti allo stato dell’arte. Ma i fondi per l’innovazione ci sono! Sì, ci sono. Ma le aziende hanno purtroppo tempi diversi rispetto ai tempi degli enti e quelli che dovrebbero essere aiuti per lo sviluppo arrivano con molto ritardo. Quindi, non sempre efficaci. O peggio ancora, come succedeva in passato e talvolta continua a essere, gli aiuti per lo sviluppo vengono utilizzati per la sopravvivenza di aziende, tenute in vita non per strategie industriali. Situazioni queste di sicura rilevanza sociale ma da affrontare non con finanziamenti di ricerca. Uno dei problemi principali amplificato negli ultimi periodi è la difficoltà di accesso al credito, linfa vitale di ogni attività industriale. Questo è condizionato da vincoli sempre crescenti al punto che, paradossalmente, un’azienda con un fatturato in crescita, quindi con una esposizione economica in crescita, è penalizzata da indici di valutazione inadeguati. pingue@pingue.it 03-04/2009
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Nanotecnologie di Marco Matarrese - Giovane Imprenditore Confindustria Bari e Vincenzo Portacccio - Presidente Giovani Imprenditori Confindustria Lecce Lo sviluppo di imprese che operano in settori ad alta tecnologia in Puglia, ha fatto nascere il primo distretto tecnologico per la competitività e l’innovazione della ricerca scientifica (Dhitec). Il caso di Aforisma, illustrato dal Presidente Elisabetta Salvati, che si occupa di formazione manageriale per neo laureati, manager, imprenditori e professionisti ormai da 13 anni e imprese pugliesi che operano nei settori delle tecnologie lanciano la sfida dell’innovazione e dello sviluppo in un’economia globale sempre più competitiva e selettiva attraverso la creazione di tre distretti: il distretto della meccatronica a Bari, il distretto biotech a Foggia e il distretto hi-tech per le nanotecnologie a Lecce. La nanotecnologia è un ramo della scienza applicata e della tecnologia che si occupa del controllo, della progettazione e della realizzazione della materia su scala dimensionale inferiore al micrometro (in genere tra 1 e 100 nanometri). Opera in un ambito di
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investigazione multidisciplinare, coinvolgendo molteplici indirizzi di ricerca tra cui: biologia molecolare, chimica, scienza dei materiali, fisica, ingegneria (meccanica, chimica ed elettronica). Lo sviluppo di imprese che operano in settori ad alta tecnologia in Puglia, che vanno dall’aeronautica al biomedicale alla componentistica per produzioni manifatturiere ad alta complessità, nonché servizi innovativi ad alto valore aggiunto, connessi alle applicazioni delle ICT dei settori tradizionali, ha fatto sì che nella nostra Regione sia nato il primo distretto tecnologico per la competitività e l’innovazione della 27
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ricerca scientifica (Dhitec) di cui fanno parte il CNR, il Laboratorio Nazionale di Nanotecnologie, la Scuola Superiore ISUFI, l’Università del Salento insieme a Alenia Aeronautica SpA, Avio SpA, Confindustria Lecce, Engineering Ingegneria Informatica SpA, FIAMM SpA, Selex Sistemi Integrati SpA, ST Microelectronics SpA. Un’esperienza positiva di innovazione che vede il coinvolgimento delle imprese con il mondo della ricerca. Scopo del distretto è l’incremento e il consolidamento delle attività di R&D nei settori delle nanotecnologie, dei materiali avanzati, dell’innovazione digitale e delle ICT. A orientare le ricerche sono le necessità del mercato e le richieste del mondo dei consumi. Le opportunità rinvenienti
La nanotecnologia è un ramo della scienza applicata e della tecnologia che si occupa del controllo, della progettazione e della realizzazione della materia su scala dimensionale inferiore al micrometro. dall’applicazione delle nanotecnologie nei diversi settori produttivi sono state illustrate in un recente incontro organizzato da Confindustria Lecce con il professore Roberto Cingolani Direttore Scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova nonché Direttore del Laboratorio Nazionale di Nanotecnologie dell’Università di Lecce. Nel settore farmaceutico per esempio si stanno sperimentando i medicinali cosiddetti “intelligenti” capaci di intercettare le cellule tumorali e di non essere “fagocitati” dal sistema immunitario. Nel settore dell’energia si è già in fase di sperimentazione di celle fotovoltaiche con maggiori 28
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efficienze e costi più bassi e, ancora, i laboratori del distretto si stanno adoperando nella ricerca finalizzata al decremento di costi e consumi elettrici. Sono al lavoro, infatti, per costruire emettitori di luce plastici che nelle auto di nuova generazione potranno sostituire i fari. Non è un caso che al progetto abbiano dimostrato interesse case automobilistiche come Mercedes e Porsche. Vincenzo Portaccio, Presidente dei GI di Confindustria Lecce, ha parlato al riguardo con la sua associata Elisabetta Salvati. Elisabetta, di cosa ti occupi esattamente? Con la mia società, Aforisma, mi occupo di formazione manageriale rivolta a neo laureati, manager, imprenditori e professionisti ormai da 13 anni! Potremmo definire Aforisma una fabbrica della conoscenza: produce, trasforma e promuove conoscenza, attraverso formazione e attività di ricerca, al fine di sostenere, da un lato, lo sviluppo personale e manageriale delle persone e, dall’altro, la diffusione e il rafforzamento della cultura di impresa, basata sull’innovazione. La Scuola partecipa attivamente ai contesti associativi di ASFOR, Associazione Italiana per la Formazione Manageriale e Confindustria. Come si coniuga la formazione manageriale con le nanotecnologie? Formazione manageriale e mondo della ricerca hanno un comune obiettivo: sostenere l’innovazione e la creazione e/o sviluppo di imprese competitive. La ricerca prodotta da NNL - National Nanotechnologies Laboratory produce nuove conoscenze altamente innovative; attraverso la 03-04/2009
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formazione d’eccellenza e gli strumenti di analisi manageriale, questa può diventare applicativa per lo sviluppo di nuovi processi e di nuovi modelli di impresa, vale a dire la creazione di nuovo valore, capace di sostenere la competitività sul mercato. È su questo assunto che si è sviluppata la partnership tra Aforisma e NNL. Come si svilupperà nel concreto questa collaborazione? Le innovazioni di NNL saranno l’oggetto di studio per gli allievi dei master post lauream in “Amministrazione, Finanza & Controllo di Gestione”; “Gestione delle Risorse Umane & Organizzazione”; “Marketing & Communication Management” a.a. 2008/09. Alla fine della fase d’aula i ragazzi, divisi in gruppi di lavoro e affiancati dai docenti, saranno impegnati in un percorso di analisi di fattibilità economica e gestionale (project work) che culminerà nella stesura di un business plan. In sostanza i prodotti della ricerca saranno oggetto di uno studio che ne verificherà la possibile trasformazione in prodotti commerciabili e competitivi, appetibili sia per la costituzione di nuove imprese o spin off che per l’acquisto dei brevetti da parte di altre aziende. Su quali innovazioni lavoreranno i ragazzi? La prima innovazione è una tecnologia che consente di sviluppare un’ampia serie di dispositivi quali display alpha-numerici, monitor per cellulari, PC, TV, segnaletica di illuminazione per autovetture e sorgenti luminose ultrasottili di ampia area a elevata efficienza. Gli OLEDs sono dispositivi che convertono elettricità in luce mediante il processo di elettroluminescenza. Essi presentano numerosi vantaggi rispetto 03-04/2009
all’illuminazione tradizionale: sono dispositivi a basso costo; mirano al risparmio energetico a lungo termine e offrono una elevata capacità di modulare la tonalità di colore. La seconda innovazione è un micro-reattore in plastica per l’analisi di liquidi biologici umani. Può essere applicato nella diagnosi di virus e batteri patogeni; come strumento di difesa dal bioterrorismo; per monitorare l’ambiente e combattere la contaminazione di batteri patogeni. Inoltre è a basso costo di produzione, monouso, trasparente, disponibile in diversi formati e geometrie, portabile e versatile e non necessita di alcun tipo di pretrattamento. Saranno gli allievi a decidere l’ambito applicativo, in base alle analisi e ricerche di mercato. Per quando è prevista la presentazione dei business plan? I business plan saranno presentati dagli allievi il 3 luglio 2009, in occasione dell’esame finale della fase didattica dei master. Parteciperanno i docenti, gli ex allievi, le istituzioni e imprese partner della scuola, nonché gli imprenditori e investitori interessati alle innovazioni. A cosa serviranno, infine, i business plan? I business plan potranno essere valutati da investors e imprenditori che credano nell’idea innovativa. Gli stessi allievi dei master potranno decidere di realizzare il progetto imprenditoriale studiato e analizzato, avviando una propria azienda. marcomatarrese@mataresse.com vincenzopo@tiscali.it
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Open Source, Open farm di Maria Carmela Berterame Giovane Imprenditore Confindustria Basilicata La condivisione e il libero scambio di idee alla base della filosofia Open Source per le aziende. Open Source sta entrando sempre di più nelle nostre aziende, non solo come infrastruttura tecnologica ma anche e soprattutto come cultura aziendale, che permea e coinvolge tutti i livelli. “Open Office” per gli ambienti di lavoro, “Mosaico” tra i sistemi di gestione contabile e “Mozilla” come browser di navigazione sono i software aperti più diffusi in ambito aziendale. Approcciare al fenomeno Open Source implica guardare allo sviluppo d’impresa lungo due direzioni: l’innovazione ICT e il clima aziendale. Da un lato quindi la possibilità di utilizzo di software informatici con un alto livello di personalizzazione, dall’altro la consapevolezza che il buon funzionamento di una tecnologia cosiddetta aperta è affidata in gran parte ai
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suoi reali utilizzatori, ossia al personale d’azienda. Dal punto di vista aziendale, quali sono i vantaggi reali per abbandonare i più noti e rodati sistemi informatici chiusi e approdare all’Open Source? Principalmente tre: economicità, sicurezza e, come già accennato, cultura aziendale. Economicità, ossia efficacia e trasparenza. Open source non è sinonimo di gratuito bensì identifica software i cui autori, o meglio detentori dei diritti, ne favoriscono il libero studio, l’interscambio e l’apporto di modifiche da parte di chi lo utilizza, attraverso la concessione del codice sorgente, permettendo un elevato livello di customization. Il vantaggio economico principale è l’abbattimento o talvolta l’eliminazione dei costi di licenza, a cui si 03-04/2009
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affianca l’eliminazione del rischio di abbandono, da parte della software house, dello sviluppo del software o il mancato rinnovo della licenza. In questi casi il cambio di fornitore è rapido, facile e soprattutto indolore per il bilancio aziendale. Ci sono poi dei vantaggi di natura “tecnologica”: con il codice sorgente è possibile modificare e personalizzare liberamente il software in base alle specifiche competenze aziendali; i nuovi aggiornamenti, frutto del comune lavoro di tutti gli utilizzatori, sono frequenti, e più rapide sono anche la scoperte di malfunzionamenti e bug del sistema. Sicurezza, ossia trasparenza: nei software Open Source non esistono specifiche proprietà e segreti di alcun tipo e il codice sorgente è
umane si supera, spostandosi dal livello individuale, a quello di risoluzione congiunta di problemi. Le opportunità di sviluppo aziendale e tecnologico hanno però un risvolto della medaglia, con dei limiti e dei costi, tra cui talvolta si annovera un costo di licenza o per il servizio assistenza. Non bisogna inoltre sottostimare il costo della curva di apprendimento delle nuove competenze in-house (la gestione del cambiamento è a volte molto onerosa in termini di tempo e risorse), la ricerca di personale interno qualificato o la formazione, il compenso per consulenti per la transizione tecnologica. Ci sono poi costi per la migrazione dei dati (personali e aziendali), i cui tempi devono essere ridotti il più possibile per minimizzare il danno sull’efficacia aziendale. Chi non sostiene l’Open Source paventa un potenziale pericolo per la ricerca e l’innovazione nel campo dell’ICT. Il possibile rischio è che le software house smettano di investire nella ricerca informatica a causa dei bassi margini di guadagno per l’acquisto delle licenze d’uso. La rivoluzione della ricerca è, ancora una volta racchiusa nella stessa filosofia Open Source: ogni software house ha, grazie alla condivisione
Approcciare al fenomeno Open Source implica guardare allo sviluppo d’impresa lungo due direzioni: l’innovazione ICT e il clima aziendale trasparente. Nessuna via di fuga indesiderata di dati aziendali potrà trovare posto in una soluzione aperta e l’apertura del sorgente ne permette l’ispezione in ogni istante. Il terzo e più importante vantaggio riguarda la cultura aziendale. Abbracciare la filosofia Open Source in un’impresa significa passare da una cultura aziendale/personale protezionistica e difensiva, a un approccio aperto, in cui ogni risorsa umana contribuisce alla cultura aziendale, attingendo al contempo alle competenze altrui. La condivisione diviene la regola e non più un’imposizione da cui guardarsi. Un salto culturale che deve permeare tutti i ruoli e livelli, estendendosi anche all’esterno, coinvolgendo altre realtà aziendali e non. In questo clima, il concetto di competizione tra le singole risorse 03-04/2009
Dal punto di vista aziendale, i vantaggi reali per abbandonare i più noti e rodati sistemi informatici chiusi e approdare all’Open Source sono principalmente tre: economicità, sicurezza e cultura aziendale.
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e alla cooperazione degli utilizzatori, a disposizione molti più sviluppatori “volontari”. La ricerca e l’innovazione diventano un processo condiviso, che motiva le aziende clienti e stimola la casa produttrice. Alla luce delle riflessioni fatte, emerge che il fenomeno Open Source non è semplicemente un nuovo modo di sviluppare, distribuire e licenziare il software, ma è una nuova visione del fare impresa. Le aziende non acquistano più un prodotto: comprano un servizio che incide in positivo sul bilancio aziendale e sullo sviluppo tecnologico dell’azienda. Soprattutto mette al centro del processo, la competenza e l’esperienza accumulata dalle risorse umane, stimolando all’approccio attivo per il bene dell’azienda. Come un’idea ha bisogno di propagarsi liberamente, di essere interpretata dal singolo e di cucirsi addosso
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Le aziende non acquistano più un prodotto: comprano un servizio che incide in positivo sul bilancio aziendale e sullo sviluppo tecnologico dell’azienda. Mettendo al centro del processo, la competenza e l’esperienza accumulata dalle risorse umane, stimolando all’approccio attivo per il bene dell’azienda. di chi la fa propria, così un software a sorgente aperta si plasma e si migliora nella mani dei suoi utilizzatori. Come le idee, l’Open Source penetra nel tessuto aziendale e lo influenza, producendo effetti positivi in termini produttivi, economici, etici e, più generale, culturali. marica@dardox.com
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Eppure ci ha cambiato la vita! di Emanuele Bertucci Giovane Imprenditore Confindustria Catanzaro Alzarsi una mattina e non trovare più la “tecnologia”. Immaginare, solo per un attimo, una giornata senza computer, fax, cellulare, sms, e-mail, Black Berry, FaceBook e… Impensabile? Noi, però, lo abbiamo provato! n principio fu il VIC 20. Ricordate? Era il 1981, quando fece capolino nelle nostre case il primo “computer”. Avete letto bene... non parliamo del secolo scorso... era il 1981, ventisette anni fa arrivò il caro vecchio VIC 20. TIC – TOC – TIC – TOC, era questo il suono che riproduceva quando ci si imbatteva nel gioco del tennis. Lo ricordate il gioco del tennis? Pensarlo oggi, mettendolo a confronto con le moderne consolle, è semplicemente incredibile. Eppure con il vecchio Commodore sono cresciuti in tanti. E chi non ricorda Dragon Fire, Ms PacMan o Donkey Kong. Ora, proviamo a immaginare solo per
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un attimo la nostra giornata tipo senza il computer e, più in generale, senza tutta la tecnologia che ormai fa parte della nostra vita. Accompagniamo l’ignaro Dott. Bonaventura nella sua giornata “ante-tecnologia”. Ore 7.00: sveglia, colazione e telegiornale... Telegiornale? Sì, ma non come lo conosciamo ora. Eh no, sarebbe troppo facile! Senza la tecnologia, le immagini, le foto non arriverebbero a noi con la stessa nitidezza e velocità, le dirette in collegamento dal mondo non sarebbero possibili. E allora accontentiamoci del Telegiornale “raccontato”. Poco male, cosa volete che sia? Usciamo di casa, prendiamo l’auto che, neanche 33
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a dirlo, non ha navigatore, lettore cd e controlli elettronici vari, e ci rechiamo a lavoro. Già... lavoro! Ma come si lavora senza la tecnologia in azienda? Semplice, come si lavorava prima del loro avvento. Con la carta, la penna - l’inossidabile BIC non ce l’ha toccata ancora nessuno - e l’immancabile segretaria che prende appunti... ho detto appunti, appunti sulla carta, Dott. Bonaventura abbandoni dunque l’idea dell’agenda elettronica. Anch’essa è computer! Dicevamo, quindi, la segretaria a cui impartire istruzioni su come organizzare la giornata, a cui chiedere la cortesia di portarci un buon caffè. Già, il vecchio buon caffè dal distributore delle bevande. Sbagliato! Non c’è computer... non c’è distributore. Chi “elaborerebbe” i calcoli sul resto da dare, sul credito a scalare delle chiavette etc.? No, per il caffè c’è la vecchia macchinetta sul fornellino a corrente. Sorvoliamo anche questo, cosa vuoi che sia? Ok, andiamo avanti, senza perdere tempo, il tempo è prezioso ed è già tardi come ci sta per ricordare il memorandum impostato sul cellulare per la riunione. Il CELLULAREEEEEE. Oh no, senza computer addio anche al nostro cellulare... proprio ora che avevo comprato l’ultimo Black Berry! Fantastico, avevo impostato FaceBook, navigavo in Internet, leggevo le e-mail. Le e-mail? Internet? FaceBook? No, no... ma cos’è un brutto sogno, cosa sta succedendo? Proprio ora che ero riuscito a far aggiornare il sito web della mia azienda. Il commercio elettronico! Ebay… non c’è più Ebay! Niente di niente. La vita non è più la stessa!!! Beh ho deciso, per oggi la giornata finisce qui. Troppo stress, milioni di cose da fare che ora non sono più sicuro di riuscire a fare. Dettare una lettera alla segretaria che ora dovrà scriverla... scriverla di pugno e poi inviarla… inviarla? E come? Non c’è il fax! Chiederle di fare quelle telefonate ma non con 34
Albert Einstein affermava: “I computer sono incredibilmente veloci, accurati e stupidi. Gli uomini sono incredibilmente lenti, inaccurati e intelligenti. L’insieme dei due costituisce una forza incalcolabile”.
Skype, o con il VoIP... no, solo con il caro vecchio telefono a disco. Non c’è più Word, Excel, come farò a predisporre quella presentazione aziendale? Non ho più neppure Power Point! Un disastro!!! Vado a riposare!!! Raccolgo le idee e domani è un altro giorno. Mi fermo in un negozio, ho visto una borsa di pelle, di quelle “giuste”. Senza computer i fogli aumenteranno, una bella borsa capiente è davvero ciò che mi occorre. “Quanto costa?”... “ok, la prendo”. Non ho contanti ma tanto pagherò con carta di credito. Sapete già la risposta: no computer, no carta. È un incubo lo so, è solo un brutto incubo. Anche se a pensarci bene... no carta no spese pazze di mia moglie! Ok, iniziano a emergere i primi lati positivi della faccenda! “Se non puoi vincerli allora fatteli amici”, recita il vecchio adagio. Faccio la mia solita strada per rientrare e quasi mi perdo senza il navigatore. Dovrei avvisare mia moglie. Oggi, rientro prima a casa ma come faccio, non ho più gli sms, non ho potuto, tramite e-mail, telefonarle neanche per scherzo… il cellulare non esiste. Mi soccorreranno le vecchie amate cabine. Andrò dal tabaccaio a cambiare i soldi… che bello, ritrovo in tasca la vecchia Lira! Cambio cinque gettoni, mi basteranno? Non ricordo più quanti ne occorrevano per fare una telefonata “urbana”. Già una telefonata urbana… quand’ero giovane e innamorato ne ho passate di ore e di serate intere nelle cabine telefoniche a parlar con la mia bella. Mi sento quasi emozionato. Fare il numero con il telefono a disco. Mi chiedo: ma sarà necessario comporre anche il prefisso? Mah... non ricordo più neanche questo. Ok mia moglie è avvisata, rientro a casa ma non prima di essermi fermato al bar in piazza che stasera è stranamente più 03-04/2009
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frequentato. Toh… chi si vede! Salvatore, Giuseppe, Alberto... c’è pure Enzo, ma che ci fanno tutti qui? Avevo quasi dimenticato i loro volti nonostante l’abitudine quotidiana del buongiorno su FaceBook!!! Chiacchieriamo un po’ come ai vecchi tempi, domandandoci perché non ci si vede più in giro come una volta, come questa sera. Qualcosa mi dice che l’assenza di tecnologia e il ritrovarsi con gli amici siano tra loro collegati. Mah! Arrivo a casa, apro la porta e mio figlio mi corre subito incontro. Che strano, non è alla TV, non gioca con la Play Station, non chatta con i suoi amici e non ha neppure il suo lettore MP3 attaccato al collo. E io che iniziavo a pensare che se lo fosse fatto impiantare chirurgicamente... Ah già, il computer... non c’è il computer! Mi prende per mano e mi accompagna nella sua cameretta: ”... papà, mi aiuti con i compiti? La maestra ci ha assegnato una ricerca, cerchiamo insieme sull’enciclopedia?”. E poi c’è la Matematica, la Storia e la Geografia. Fare una ricerca sull’enciclopedia, ricordate come si fa? Non c’è più Wikipedia, Google ma caspita... ci sono io! “Certo che ti aiuto, cosa dobbiamo cercare?”. È ora di cena, ora di Telegiornale. Le notizie non sono più così drammatiche come le ricordavo solo il giorno prima. Le stragi non sono preannunciate da YouTube; ci sono sempre i bulli a scuola ma non filmano i loro compagni con il telefonino, sento un TG ma non vedo le stesse immagini per tutta la sera su tutti i canali. Non c’è il Grande Fratello, ma d’altronde come potrebbe esserci senza le micro-camere pronte a spiare? Mio figlio mi chiede di andare a letto. Lo metto sotto le coperte e gliele rimbocco, augurandogli la buonanotte, mentre lui mi ringrazia per l’aiuto con la ricerca. Lui che ringrazia me? Un déjà vu tanto nostalgico quanto necessario a farmi riflettere. Vado a letto anch’io e fissando il soffitto ripenso alla giornata appena trascorsa. Una giornata ante-tecnologia. Mi è piaciuto ri-trovare mio figlio e compiacermi della gioia provata nell’aiutarlo a fare i compiti, nell’“infilarmi” in una vecchia cabina telefonica. Ho ritrovato il gusto di fare un po’ di cose ma, detto tra noi, ne ho perse tante altre alle quali ero abituato e a cui non ho voglia di rinunciare. I social network per esempio. Ci presentano su video gli amici che potremmo incontrare sotto casa, ma è pur vero che ci aiutano nei contatti con persone che magari stanno dall’altra parte del mondo. E poi, ripenso a quanto la tecnologia ha fatto nel campo della salute; quante vite sono state già salvate? E l’apporto fondamentale nelle scoperte scientifiche? Quali e quanti passi da gigante ha fatto l’Industria con la tecnologia? Quanti dati siamo riusciti a immagazzinare e quante informazioni riusciamo a gestire? Le e-mail, internet, i fax! Perché rinunciarvi? 03-04/2009
L’importante, però, è aver ritrovato la tecnologia consapevole che dovrò essere io a utilizzare lei e non il contrario. Quanto sollievo se ripenso a questa faccia della medaglia! Probabilmente, da oggi, scriverò qualche lettera “di pugno” quando non serve la tempestività di una e-mail. Forse, cercherò maggiormente il contatto fisico con gli amici e mi concederò più spazio per me e la mia famiglia, spegnendo il telefonino di tanto in tanto. L’importante, però, è aver ritrovato la tecnologia consapevole che dovrò essere io a utilizzare lei e non il contrario. In fondo, Albert Einstein affermava: “I computer sono incredibilmente veloci, accurati e stupidi. Gli uomini sono incredibilmente lenti, inaccurati e intelligenti. L’insieme dei due costituisce una forza incalcolabile”. e.bertucci@itecat.it
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Europa: lascia o raddoppia? Il vecchio continente, nuovo cuore del mondo di Nicola Del Din Componente Comitato Redazione Qualeimpresa XXII meeting dei Comitati Regionali Giovani Imprenditori Confindustria dell’Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Veneto.
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o scorso 7 marzo, i Giovani Imprenditori del Nord Est si sono ritrovati numerosi a Cortina per dibattere il futuro ruolo dell’Europa nel nuovo scenario economico del dopo crisi. “Europa: lascia o raddoppia? Il vecchio continente, nuovo cuore del mondo” è stato il titolo provocatorio scelto dai 4 Presidenti Regionali GI, Giovanni Mistè (Emilia Romagna), Alessandro Zanetti (Friuli Venezia Giulia), Thomas Ausserhofer (Trentino Alto Adige) e Gianluca Vigne (Veneto), per la XXII edizione del meeting, caduta quest’anno nel mezzo della peggiore crisi economica dal dopo guerra. Questo in sintesi il “messaggio cardine”: l’Europa si trova di fronte a una scommessa strategica sul suo stesso futuro, lasciare ad altre aree del mondo il ruolo di protagoniste dello sviluppo economico oppure riaccendere l’orgoglio europeo e raddoppiare l’impegno e l’energia per fare del “vecchio continente” il “nuovo cuore del mondo”? Nel primo incontro di sabato mattina, si è partiti da una riflessione sulle competenze per misurarsi nella nuova Europa, per arrivare a dibattere sui diversi asset strategici necessari a fare dell’Europa il cuore del mondo. Tra gli animatori del Seminario: Giuseppe Perrone, Presidente Fondirigenti, e Giorgio Usai, suo Vice in Fondirigenti e Responsabile delle Relazioni Industriali di Confindustria. Si è parlato di crisi, di responsabilità e cultura di impresa, capacità e opportunità per i giovani di superare questa difficilissima congiuntura economica, ma anche di valori, di passione, di rilancio e di fiducia nel futuro. Sabato pomeriggio, è andato in scena il tradizionale convegno all’Alexander Hall, conclusosi con un’intervista a tutto campo a Federica Guidi, Presidente Nazionale Giovani Imprenditori Confindustria. La Guidi ha affermato che, nei prossimi mesi, ci
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In merito agli inviti del Capo del Governo a non avere atteggiamenti negativi, Federica Guidi ha rilevato che in questo momento è importante tenere i nervi saldi e non peggiorare le cose anche da un punto di vista psicologico.
sarà probabilmente una perdita ancora più cospicua di posti di lavoro in quanto quella attuale è una crisi di proporzioni sconosciute, un terreno dove ognuno di noi cerca in qualche modo di trovare un cammino e una ricetta. In merito agli inviti del Capo del Governo a non avere atteggiamenti negativi, Federica Guidi ha concluso rilevando che in questo momento è importante tenere i nervi saldi e non peggiorare le cose anche da un punto di vista psicologico. “Non avere un atteggiamento eccessivamente pessimistico - ha affermato - non significa non rendersi conto della gravità della situazione, che è straordinariamente pesante”. “Il meeting di Cortina – ha commentato Mistè – è diventato un appuntamento di grande richiamo per il nostro Movimento, un’occasione di riflessione e di confronto. L’Europa deve giocare un ruolo centrale nella determinazione delle nuove regole del commercio mondiale. In questa fase, è urgente che il Governo italiano proceda al recepimento del Quadro Temporaneo sugli Aiuti di Stato in tempo di crisi, che l’Unione Europea ha adottato nell’ambito del pacchetto di provvedimenti anticrisi. Si tratta di un atto che non comporta alcun tipo di spesa aggiuntiva, ma consentirà di mettere a disposizione di Stato e Regioni un importante strumento di politica industriale a sostegno delle imprese”. Tre ore prima, Vigne aveva aperto i lavori pomeridiani con un incipit che non lasciava interpretazioni: “di una cosa siamo certi - ha detto - la crisi 37
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Fondirigenti fa incontrare Giovani Imprenditori e Giovani Dirigenti Il 5 febbraio scorso presso la sede di Fondirigenti, i rappresentanti G.I. Confindustria - Riccardo Crestani e Davide Canavesio - e di Federmanager giovani - Giuseppe Chiari e Roberto Rocchegiani - si sono incontrati per condividere un momento di riflessione sulle “competenze del Made in Italy”. All’ordine del giorno: crisi, merito, internazionalizzazione. Sull’internazionalizzazione, i Giovani di Confindustria hanno fissato due significativi appuntamenti. Cortina d’Ampezzo, 6 e 7 marzo 2009: il tradizionale meeting annuale – promosso dai Comitati Regionali G.I. Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Veneto – sul tema “Europa”, dove in un workshop ha trovato spazio la presentazione della costituzione di questo Gruppo di Lavoro e posta un’attenzione particolare alle competenze manageriali per uscire dalla crisi. Stresa, 2 e 3 luglio 2009: il convegno annuale – organizzato dal Comitato Regionale G.I. Piemonte – in cui si parlerà di “Innovazione ed Europa” con i giovani rappresentanti dei principali Paesi europei e non, al fine di presentare uno scenario di principi guida, condiviso tra Giovani Imprenditori di diverse Nazioni, in un periodo critico del sistema economico nazionale e mondiale. Dall’incontro, è nata una forza di squadra che, sicuramente, Fondirigenti saprà cogliere per costruire importanti progetti formativi mirati, in collaborazione con i Giovani Imprenditori.
passerà, il problema è quando”. “L’Europa ha le carte in regola per diventare il vero cuore dell’economia di domani. La crisi, paradossalmente, ci offre l’opportunità per creare finalmente un unico vero mercato europeo, per dare alle aziende un’iniezione di competitività, per tarare meglio la politica economica e creditizia. Il messaggio che abbiamo voluto lanciare a Cortina - ha spiegato Vigne - è che bisogna approfittare della crisi per riformare l’Europa, per prepararla per i nuovi scenari che si presenteranno al mondo quando questa grave turbolenza economica sarà superata”. “Il problema è che nel nostro Paese – ha proseguito Vigne - c’é un tessuto di piccole e medie imprese che in questo momento non vede alcun tipo di sostegno. L’aiuto che noi chiediamo consiste in sgravi fiscali sulla ricapitalizzazione delle imprese, in possibilità di reinvestimento degli utili in azienda e in una
Gianluca Vigne. “La crisi, paradossalmente, ci offre l’opportunità per creare finalmente un unico vero mercato europeo, per dare alle aziende un’iniezione di competitività, per tarare meglio la politica economica e creditizia”.
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serie di politiche per incidere da subito nelle nostre aziende familiari. Per questo, abbiamo elaborato una serie di proposte: istituzioni più solide, un sistema di welfare europeo, nuove regole, un’armonizzazione dei sistemi tributari”. “Non esiste ancora un vero mercato unico globale – ha sottolineato Ausserhofer – manca ancora una reale convergenza di politiche tra le grandi aree economiche del mondo: manca un vero cuore economico del Pianeta! L’Europa, ha una grande opportunità candidarsi a diventare il nuovo cuore dell’economia di domani. Potremmo avere un grande vantaggio se 03-04/2009
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L’Europa si trova di fronte a una scommessa strategica sul suo stesso futuro, lasciare ad altre aree del mondo il ruolo di protagoniste dello sviluppo economico oppure riaccendere l’orgoglio europeo e raddoppiare l’impegno e l’energia per fare del “vecchio continente” il “nuovo cuore del mondo”? riuscissimo ad avere, oltre a una moneta unica, una politica monetaria comune. Per il futuro vorremmo un’Europa più forte con Istituzioni più solide, con strategie di crescita comuni e con un ruolo potenziato della Banca Centrale”. “È fondamentale che il mercato del lavoro rimanga aperto – ha aggiunto Zanetti - la crisi sta rilanciando istanze protezionistiche. Occorre rendere più simili i contratti di lavoro avendo come obiettivo il contratto unico europeo, in modo da spingere sempre di più i lavoratori a competere tra di loro in base alle competenze e non solo sulla remunerazione. Si potrà uscire dalla crisi solo se tornerà la fiducia. La crisi finanziaria ha travolto l’economia reale, è fondamentale che le banche tornino a sostenere le imprese meritevoli”. Un autorevole panel di ospiti, moderato dall’editorialista Enrico Cisnetto, ha risposto alle tante sollecitazioni dei GI. Sono intervenuti: Divo Gronchi, Consigliere Delegato Banca Popolare Vicenza; Lorenzo Bini Smaghi, Membro del Comitato Esecutivo della Bce; Angelo Panebianco, politologo; Paolo Costa, Presidente della Commissione Trasporti e Turismo del Parlamento Europeo; Nerio Alessandri, Presidente Technogym; Guido Barilla, Presidente Gruppo Barilla; Andrea Tomat, Presidente di Confindustria Veneto. “Il 2009 sarà ancora negativo ma meno di quanto lo sia già stato. Dal secondo trimestre del 2010 - ha detto Bini Smaghi - dovrebbe iniziare la risalita. Il welfare italiano penalizza i giovani. È fondamentale capire che bisogna convergere verso un modello europeo. Bisogna aumentare il capitale delle Banche anche per restaurare la fiducia nel sistema finanziario”. Gronchi, parlando di credito, ha sottolineato come in questo momento sia “impossibile salvare tutti, ma che è importante capire e agevolare soprattutto coloro che hanno potenzialità”. Alessandri ha evidenziato il problema del credito e della liquidità per le imprese e ha sottolineato come la crisi sia stata generata da una sorta di orgia finanziaria a cui tutti hanno in qualche modo partecipato. Barilla ha fatto un appello alla politica e una riflessione anche sulle responsabilità e sul ruolo dell’imprenditore, sostenendo che è ora che ognuno torni a fare il proprio mestiere. Panebianco non si è dimostrato molto fiducioso sul ruolo della politica per uscire dalla crisi e Costa ha stigmatizzato i troppi tecnicismi dell’UE, mostrandosi piuttosto pessimista sulla possibilità di arrivare all’eurobond unico. Tomat, infine, ha criticato il Governo per i pochi soldi concessi al Nord sulle opere pubbliche e per aver deciso di stanziare fondi per il Ponte sullo Stretto di Messina anziché per lo sviluppo ferroviario tra Verona e Udine e Trieste. Anche da queste scelte, passa, infatti, lo sviluppo di un’Europa più forte e competitiva. nicola@deldin.com
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UniCredit scommette sui Giovani di Confindustria di Luca Picasso
Cinque domande all’Amministratore Delegato, Dario Prunotto
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ott. Prunotto, cosa spinge UniCredit Private Banking ad affiancare i GI in questo progetto? Per il nostro Gruppo sta diventando una tradizione affiancare i GI, essendo già stati vostri partner l’anno scorso in occasione del convegno di Santa Margherita Ligure. Proprio allora abbiamo collaborato attivamente alla realizzazione di un workshop in cui si poneva l’attenzione sul delicato tema della leadership. Quindi, l’idea nasce proprio da lì, con il nostro contributo. Anche perché i patrimoni aziendali e familiari spesso sono intrecciati e per una banca che si occupa di wealth management è indispensabile conoscere le evoluzioni delle imprese familiari. Possiamo infatti consigliare come ottimizzare 40
il patrimonio, separando bene il portafoglio aziendale da quello familiare. Conoscere gli attori delle diverse generazioni è per noi importante per poter dare un contributo consulenziale al momento del cambio al “timone”. Questo anche perché non è detto, che per esempio a un genitore “conservativo” corrisponda un figlio con le stesse vedute e viceversa. Quale sarà il ruolo di UniCredit nel progetto? Contribuiremo in diverse forme. Prima di tutto metteremo a disposizione una competenza territoriale derivante dalle nostre 180 filiali private presenti su tutto il territorio nazionale. Riteniamo che le stesse problematiche possano avere origini e soluzioni diverse a seconda della parte d’Italia in cui si 03-04/2009
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riscontrano. Avere quindi qualcuno che può dare evidenza delle differenze culturali, operando direttamente sul posto sarà significativo per determinare una fotografia il più esatta possibile della realtà. Oltre a questo metteremo a disposizione la nostra struttura di Gruppo, Unimanagement, che ha sede a Torino, come la direzione generale di UPB . Un centro all’avanguardia che ha forti competenze sulla formazione manageriale e che ha la responsabilità dello sviluppo della leadership del Gruppo. Non ultimo, la presenza del Gruppo UniCredit in 22 Paesi ci permetterà di avere una view internazionale e poter portare degli esempi comparativi su come questo problema viene affrontato all’estero. Affiancare i GI in questo progetto indica che UniCredit è sensibile al problema che molti Giovani si trovano a dover affrontare quando subentrano al genitore alla guida dell’azienda. UniCredit Private Banking come aiuta questo processo? Al nostro interno abbiamo due strutture dedicate. Una, la Business Advisory, è specializzata nell’analizzare e affiancare gli imprenditori nei casi di discontinuità aziendale, ovvero eventi che determinino un cambio nell’assetto dell’azienda e che possano avere effetti significativi anche sulla gestione della stessa: crisi del settore merceologico, ingresso di nuovi soci ma anche, e soprattutto, il passaggio generazionale. Le esperienze da noi viste ci permettono di porre degli esempi su come talora questi problemi si siano evidenziati e risolti. Inoltre offriamo un servizio tipico del Private Banking, attraverso la 03-04/2009
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struttura di Asset Protection, volta a ottimizzare l’assetto dei patrimoni familiari più complessi. Queste due strutture collaborano costantemente con chi sul territorio ha la gestione della relazione, il nostro private banker, e ci permettono di avere una visione d’insieme esaustiva: ovviamente mettiamo questa esperienza a disposizione degli imprenditori. E che cosa vi dice la vostra esperienza? Prima di tutto che il passaggio generazionale va pianificato attentamente quando non ve n’è ancora la necessità impellente. Rincorrere la situazione quando si manifesta l’esigenza può portare a soluzioni affrettate e non ottimali per l’azienda. La responsabilità principale di tale passaggio è della generazione “uscente” che detiene tutte le leve aziendali: molte volte si imputa ai figli di non essere bravi come i genitori ma, se talora è vero, in molti casi è proprio il genitore che non vuole o non riesce a fare sufficiente spazio ai figli. Soprattutto quando si è in presenza del fondatore dell’azienda tale passaggio diventa ancora più delicato perché interviene una sfera emozionale che spinge l’imprenditore a “restare” al comando di ciò che ha creato dal nulla. Che consigli si sente di dare ai Giovani che dovranno affrontare questo problema? Più che consigli posso riportare la nostra esperienza. Abbiamo visto che, all’interno di un’azienda, la legittimazione vera e propria nasce dal basso: 41
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sono i collaboratori e i dipendenti che riconoscono la leadership più che il fatto che essa venga imposta dall’alto. Non è raro il caso in cui tale legittimazione si manifesti ove il giovane abbia ricoperto incarichi diversi da quelli del genitore
all’interno dell’azienda: cercare di emulare chi ti ha preceduto ti espone a inevitabili confronti continui mentre ritagliarsi una propria esperienza unica, se coronata dal successo ovviamente, ti mette in evidenza in modo positivo senza necessariamente essere “misurato” in rapporto a quanto fatto da qualcun altro. l.picasso@k4b.it
Prepariamoci alla futura ripresa Attraverso il Progetto dei Giovani Imprenditori di Confindustria, promosso in collaborazione con l’Università LUISS Guido Carli e UniCredit. Leadership di crisi e continuità d’impresa: i temi al centro del Progetto avviato dai GI di Confindustria, in collaborazione con l’Università LUISS Guido Carli e UniCredit. Due filoni di ricerca che costituiscono un valido intreccio, per approntare una riflessione sul futuro che ci attende. In questo momento di crisi, si è posta l’attenzione sul passaggio generazionale che molte aziende dovranno affrontare. L’industria italiana, largamente composta da PMI a carattere familiare, si identificano con la storia personale dell’imprenditore che le guida. Una forza questa che, però, entra in crisi al tempo dell’avvicendamento al vertice. Da indagini recenti, il 45% delle aziende vive il problema della continuità d’impresa mentre il 14,3% ritiene di affrontarlo dopo. Un momento delicato, che può generare angosce e risultare in un calo di redditività; quindi, deve essere pianificato e gestito al meglio, per far sì che venga vissuto come un’occasione di crescita e sviluppo. È all’intersezione di questi due filoni che si colloca il nuovo progetto di ricerca che vuole fare luce su aspetti poco valorizzati, nella convinzione che una buona continuità d’impresa costituisce un utile strumento per uscire dalla crisi. Su quali fattori devono puntare le PMI per uscire dalla crisi? Come “pilotare” il passaggio generazionale all’interno dell’azienda per evitare che questo delicato momento, da fonte di incertezza e disagio, si trasformi in un’opportunità di crescita e di sviluppo? Cosa s’intende con leadership? Quali
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i fattori che ne influenzano la crescita? Tanti gli interrogativi ai quali il team di ricerca della LUISS Guido Carli, con gli esperti di UniCredit e i GI di Confindustria, cercheranno di rispondere. Il lavoro sarà articolato in due parti. La prima comprenderà una raccolta di sei contributi sull’argomento, che spaziano da una definizione della parola leadership a un’analisi degli elementi che incidono su di essa - quali il territorio e la cultura - alla storia delle imprese familiari, fino alla leadership nei processi delle PMI. La seconda si baserà su un doppio questionario sottoposto in parallelo a un campione di GI e a un gruppo di Imprenditori Senior. Dall’analisi incrociata delle risposte si formulerà uno scenario più preciso di quello che è il panorama industriale italiano e di quello che aspira a diventare, mettendo a confronto i punti di vista delle due generazioni. Al progetto collabora UniCredit, partner strategico del Comitato Università Scuola e Formazione dei Giovani Imprenditori, entrambi accomunati dalla convinzione che in un momento come quello che stiamo vivendo sia necessario analizzare le dinamiche in atto con un occhio di riguardo alle risorse umane, perché lo sviluppo di un grande gruppo parte sempre dalla centralità dei propri manager. La ricerca è stata affidata a un partner istituzionale del Movimento dei Giovani Imprenditori, la LUISS Guido Carli, una colonna portante nel panorama istituzionale della formazione, che da tempo si dedica allo studio delle scienze sociali per la valorizzazione del capitale umano. Dall’incontro di queste realtà, nasce il desiderio di studiare e approfondire lo scenario imprenditoriale italiano, per contribuire a immaginare cosa succederà una volta passata la crisi e come bisognerà muoversi per non farsi sorprendere impreparati dalla ripresa. vnasi@polarglass.it
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Cultura della legalità e sviluppo del territorio di Doriana Ruggiero Componente Comitato Redazione Qualeimpresa Attraverso il Vademecum sulla sicurezza aziendale. Strumento agile e formativo strutturato sulle cinque principali minacce alle imprese: estorsione, furto, truffa riciclaggio e usura. Nato dalla collaborazione congiunta dell’Arma dei Carabinieri e dei GI Irpini. Per non far distruggere quanto con fatica si è costruito o ereditato dai padri. E per scoraggiare il racket, che rappresenta una delle piaghe dell’imprenditoria meridionale. e è passato di tempo da quando il compianto Francesco Compagna, meridionalista di sicuro spessore culturale e politico di grande finezza intellettuale, teorizzava che un Carabiniere in più per strada avrebbe scoraggiato i ladri e aiutato i cittadini a stare più tranquilli. Con grande anticipo rispetto alle improbabili analisi politiche di oggi, e soprattutto con la forza del suo sano pragmatismo, Compagna aveva intuito già diversi lustri fa la straordinaria incidenza del fattore psicologico in materia di sicurezza sociale, individuando nella collaborazione tra cittadino e forze
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dell’ordine uno degli elementi strategici meglio funzionali all’efficacia della lotta alla delinquenza organizzata e non. Tutto questo tempo non è passato invano. Oggi, il Carabiniere in più per strada c’è, ma soprattutto è un Carabiniere (o un Poliziotto) meglio addestrato all’arte dell’investigazione e nel cittadino, o più precisamente in alcune categorie organizzate di cittadini, va prendendo sempre più forma la consapevolezza di quanto sia indispensabile la collaborazione con le forze dell’ordine per la sicurezza del territorio e, 03-04/2009
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Il documento è stato presentato il 13 gennaio scorso in Confindustria Avellino alla presenza del Presidente Silvio Sarno, del Presidente dei GI Avellino Katia Petitto, del Colonnello dei Carabinieri di Avellino Giammarco Sottili e del Presidente Nazionale dei Giovani Imprenditori Confindustria Federica Guidi.
dunque, di tutte le attività – sociali ed economiche – che si svolgono sul territorio. Un esempio concreto, e per molti versi esaltante di proficua collaborazione tra cittadini organizzati e forze dell’ordine, è stato fornito dall’apertura, in Irpinia, dello “sportello della legalità”: un’iniziativa congiunta dell’Arma dei Carabinieri e Giovani Imprenditori mirata a far emergere, nella più assoluta discrezione, gli elementi di vulnerabilità delle aziende rispetto agli “attacchi” della delinquenza. Si tratta, in buona sostanza, di un Vademecum, realizzato dopo un proficuo confronto tra le parti, che contiene la diagnosi, la prevenzione e la difesa dai reati più diffusi ai danni dell’impresa. Il documento è stato presentato il 13 gennaio scorso in Confindustria Avellino alla presenza del Presidente Silvio Sarno, del Presidente dei GI Avellino Katia Petitto, del Colonnello dei Carabinieri di Avellino Giammarco Sottili e del Presidente Nazionale dei Giovani Imprenditori Confindustria Federica Guidi. L’esemplificazione individua cinque “minacce” essenziali: l’estorsione, il furto, la truffa, il riciclaggio e l’usura. Per ogni fattispecie sono “protocollati” i comportamenti da mettere in atto, per ridurre al minimo il rischio di danno all’azienda e di sopravvento della delinquenza. Si tratta, del resto, del primo esperimento del genere condotto in Italia, e le possibilità di successo sono decisamente apprezzabili se sono state sottolineate con grande enfasi da un esperto di sicura affidabilità qual è l’ex Procuratore Antimafia e attuale Direttore degli Affari Penali del Ministero della Giustizia, Antonio Laudati. Il rigore scientifico, con il quale Carabinieri e Giovani Imprenditori Irpini hanno messo a punto il progetto, lascia ben sperare. Il problema essenziale, tuttavia, resta, a nostro avviso, il superamento di una cultura imprenditoriale che risente ancora, nella piccola provincia, di condizionamenti ambientali che spesso esaltano gli egoismi di categoria ed esasperano la diffidenza, peraltro immotivata, verso le forze dell’ordine. Il problema, insomma, è essenzialmente legato alla necessità di un mutamento di mentalità imprenditoriale rispetto al mondo delle istituzioni, ed è proprio in questo senso che i Giovani Imprenditori Irpini si stanno muovendo in collaborazione con il Comando provinciale dell’Arma. C’è da dire, che la strada fatta in poco tempo è già tanta e che molti segnali incoraggiano all’ottimismo. Uno per tutti, la scelta coraggiosa dei Giovani Imprenditori di investire sulla cultura della legalità, in una fase di congiuntura drammatica in cui più facilmente si sviluppano egoismi e tentazioni di scorciatoie illegali. doriana@ruggiero.it
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Perché si parla molto di merito e si pratica poco? di Luigi Tivelli*
La patologia di cui soffre la società italiana contemporanea è il “mal di merito”. E il nepotismo e la partitocrazia sono i due fattori che la determinano.
erito. Meritocrazia. Se si mettessero queste due parole in un motore di ricerca, ricostruendone il numero di citazioni, negli ultimi sei mesi, molto probabilmente risulterebbero fra le più gettonate tra le parole usate da politici, intellettuali, economisti, opinionisti e soggetti vari del circo italico dell’informazione. Quello del merito, sta diventando pertanto un mito della società italiana contemporanea, la quale però, come vedremo, continua a funzionare in modo tale da evidenziare che quello del merito continua ad
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essere un “falso mito”. Falso perché tanto viene declinato nelle dichiarazioni di intenti, quanto poco viene seguito nei comportamenti concreti. Chissà, infatti, fra i tanti che hanno letto “Meritocrazia” (che oggi va di moda), di George Abravanel, quanti si sono inorgogliti per il fatto di ritrovarsi in tale valore, salvo poi continuare a orientare i propri comportamenti nel modo tipico di una società che a tutti i livelli soffre la malattia del “mal di merito” .
Luigi Tivelli
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Proviamo a declinare anche in termini, se vogliamo, banali, quanto sto cercando di sostenere. Il professore universitario, reduce dalla lettura, torna al suo dipartimento, ed è costretto a prendere atto che gli ultimi due assistenti che ha nominato, li ha nominati per mere ragioni di tipo nepotistico. Abbiamo, pertanto, già trovato un primo fattore che sta alla base del “mal di merito” di cui soffre la società italiana: il nepotismo, tipico di una società in certe sue aree affetta da quello che Bansfield ha definito “familismo amorale degenerativo”, in altre aree affetta da familismo e basta. Questo vale nelle università, tra gli ordini professionali, nelle burocrazie, etc. Questo vale, per esempio, in quel sistema ancora parafeudale, fatto di vassalli, valvassori e valvassini che, è oggi il mondo politico. E qui veniamo al secondo fattore, che è quello di cui si parla meno e che invece pesa di più, contaminando molti aspetti del mondo economico e sociale: la partitocrazia invadente e impicciona. Siamo alla fiera della lottizzazione, parola oggi poco rilanciata, ma rappresentativa di un modello più diffuso che mai. Perché le migliaia e migliaia di consiglieri di amministrazione delle migliaia di
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municipalizzate e enti pubblici che formano quella specie di socialismo reale in salsa locale vigente in Italia, devono essere scelti praticamente solo sulla base del criterio di appartenenza politica? Chi l’ha stabilito? Perché nessuno, anche tra coloro che hanno letto attentamente il libro che ho citato, si ribella a questo andazzo o denuncia tali degenerazioni? Perché laddove un tempo vigeva la regola meritocratica del concorso, ora impazza il sistema delle spoglie? Ecco allora che quello del merito (e della democrazia) è per ora solo un idola tribus proprio solo di alcune tribù, le quali stesse però, pur dopo aver letto i libri giusti, si comportano poi, in più di qualche caso, in modo non certo meritocratico, sia che siano politici, sia che siano burocrati, sia che siano professori universitari.
* Luigi Tivelli è Consigliere Parlamentare della Camera dei Deputati, Docente ed Esperto di amministrazione pubblica ed è Autore di numerose pubblicazioni e libri in materia amministrativa, giuridica, economica e politologica. È Editorialista dei quotidiani “Il Messaggero” e “Il Mattino”.
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MONDANANDOCI CORTINA D’AMPEZZO – ALEXANDER HALL COMITATI REGIONALI G.I. EMILIA ROMANA, FRIULI VENEZIA GIULIA, TRENTINO ALTO ADIGE, VENETO 7 MARZO 2009