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Una copia € 4,10 - Anno XXXVI - n. 5-6 Maggio/Giugno 2009 - Contiene I.P

Ripartiamo dalla Formazione Roberto Re: per combattere la crisi bisogna puntare all’eccellenza manageriale Come comunicare l’Università SDIPA: la Scuola di Direzione per le Imprese e la P.A. ABRUZZO: DOPO IL FATIDICO 6 APRILE… LA SVOLTA LE ISTITUZIONI SONO COME LE FORTEZZE, RESISTONO SE È BUONA LA GUARNIGIONE DA NEW YORK L’ESPERIENZA DI FILIPPO BOLAFFI I GIOVANI E L’ARTE: 11 OPERE RACCONTANO


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Benvenuti in I3P! di Laura Tessera Chiesa Componente Comitato Redazione Qualeimpresa Se hai un’idea imprenditoriale che ti gira per la testa, prova a sottoporcela, ti aiuteremo a realizzarla. Incubatore Imprese Innovative del Politecnico di Torino è oggi il principale incubatore universitario Italiano, ed è uno dei maggiori a livello Europeo. È una Società consortile per azioni senza fini di lucro, costituita da Politecnico di Torino, Provincia di Torino, Camera di Commercio di Torino, Finpiemonte, Fondazione Torino Wireless e Città di Torino. Accoglie imprese start-up a elevato potenziale di crescita, fondate sia da ricercatori accademici sia da

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imprenditori esterni al mondo universitario. I3P nasce nel 1999 da un’idea di Vincenzo Pozzolo, Professore Ordinario presso il Dipartimento di Elettronica del Politecnico di Torino e dell’Ing. Michele Patrissi, Direttore di Corep, il Consorzio per la Ricerca e l’Educazione Permanente di Torino. L’ipotesi progettuale alla base di I3P è la volontà di generare nuova imprenditoria ad alta intensità di conoscenza, traendo vantaggio dal rapporto con il Politecnico e dalla sua capacità di catalizzare e stimolare iniziative 05-06/2009


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Marco Cantamessa progettuali di frontiera. Marco Cantamessa, Presidente e Amministratore Delegato di I3P, racconta a noi Giovani Imprenditori il funzionamento dell’incubatore, che in quasi dieci anni ha aiutato a crescere oltre 100 imprese, ospitandole nelle sedi del Politecnico, fornendo consulenza strategica e tecnica, e favorendo il loro incontro con investitori, partner e clienti. Esiste una selezione, Professor Cantamessa, per essere ammessi all’incubatore? Innanzitutto, l’incubatore aiuta chiunque voglia creare un’impresa che abbia una forte base tecnologica o di conoscenza: studenti, ricercatori e docenti del Politecnico o degli Enti Pubblici di ricerca, ma anche persone esterne al mondo della ricerca pubblica, così come altre aziende interessate a creare uno spin-off traendo vantaggio dalla vicinanza con i laboratori del Politecnico. Per entrare nell’incubatore, le imprese devono dimostrare di saper sviluppare progetti con un contenuto tecnologico adeguato e un significativo potenziale di crescita. In fase di analisi preliminare, si 05-06/2009

presenta la propria idea di impresa, e poi si giunge alla stesura di un business plan completo. L’analisi del progetto imprenditoriale avviene in base a tre tipologie di parametri: il parametro tecnico, per esaminare il contenuto innovativo e la fattibilità dell’idea; quello di business, per valutarne il potenziale di crescita e l’attrattività commerciale; infine, la completezza e la maturità del team imprenditoriale. Come avviene l’analisi dei business plan? Il business plan viene in genere steso con il supporto di un tutor I3P, con il quale viene fatta l’analisi del contesto generale in cui si inserisce l’attività imprenditoriale, la definizione del modello di business, l’analisi della concorrenza e del mercato, la definizione del piano di marketing, la definizione della struttura operativa e di governance dell’impresa, e la pianificazione economico-finanziaria. I business plan così preparati vengono sottoposti all’approvazione di un Comitato di valutazione, composto da imprenditori, venture capitalist, docenti ed economisti, che ne valutano la fattibilità tecnica ed economica. Se il giudizio è positivo, la start-up potrà entrare nell’incubatore. In questa fase, il tutor accompagna il neo imprenditore nella messa a punto di tutti gli aspetti operativi, tra cui la ricerca e la scelta delle fonti di finanziamento più opportune, tra business angel, fondi di venture capital, e credito bancario; l’eventuale completamento del management team, facendo ricorso al Network di I3P. Per dare qualche statistica, ogni anno raccogliamo 150 idee d’impresa, esaminiamo nel dettaglio 50 business plan, e ammettiamo circa 15 nuove imprese. Che tipo di sviluppo viene proposto alle imprese incubate? I costi dei servizi sono elevati? La formazione imprenditoriale rientra in tutte le fasi del percorso e ha l’obiettivo di stimolare la predisposizione degli aspiranti imprenditori a entrare nel ruolo, portando il team ad acquisire una maggiore familiarità con la cultura di impresa e con il “mestiere” dell’imprenditore. Gli imprenditori vengono aiutati in questo da diverse figure: oltre ai tutor, di cui ho già parlato, da imprenditori e manager che fungono da “mentori”, da una rosa di professionisti attentamente selezionata (commercialisti, esperti in proprietà intellettuale, ecc.) e che opera convenzioni molto vantaggiose per le imprese, e anche da team di studenti di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Torino. Grazie a un accordo, le nostre imprese diventano anche automaticamente socie dell’Unione Industriale e godono, pertanto, di tutti i servizi offerti dall’associazione, il che costituisce un altro grande aiuto per lo sviluppo dell’impresa. I costi sono assolutamente sostenibili, con un canone che comprende tutti i servizi (consulenziali, logistici, finanziari, di networking, etc). Parte di questo canone può, poi, essere sostituita concordando con I3P una percentuale del fatturato del IV e V anno. Le aziende possono anche scegliere di usufruire dei soli servizi a valore aggiunto, e non dei servizi logistici (“incubazione virtuale”). Il supporto di I3P alle imprese incubate è limitato temporalmente e dura al massimo 3 anni ( 1 opzionale), dopodiché l’impresa deve diventare indipendente. Oggi, si parla di difficoltà a reperire i finanziamenti per le imprese nascenti soprattutto se avviate da Giovani Imprenditori. I3P come affronta l’aspetto Financing? Forniamo supporto nella definizione della strategia di finanziamento, l’accesso a misure di sostegno alla creazione di impresa gestite da enti e istituzioni locali, creiamo rapporti preferenziali con gli istituti 29


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bancari per l’ottenimento di condizioni vantaggiose sul credito. Per esempio, le imprese da noi incubate possono ottenere sino a 100.000 Euro di finanziamento senza garanzie reali, e stiamo lavorando affinché vengano messi a loro disposizione ulteriori strumenti. I3P crea anche collegamenti con investitori privati (Business Angel e fondi di Venture Capital) e partecipa a Piemontech, un fondo regionale di preseed, ed è anche la sede del “Polo Italiano del Venture Capital” una struttura che riunisce a Torino 16 fondi early-stage italiani e internazionali. Nel 2008, abbiamo aiutato le nostre start-up a reperire 1 milione di Euro di capitale di rischio a livello di seed financing. Quest’anno, nonostante le difficoltà dovute alla crisi economica, dovremmo riuscire ad aumentare ulteriormente questo dato. Potrebbe dirci qualche nome di azienda nata grazie all’Incubatore? Electro Power Systems Srl, per esempio, ha vinto il Premio Nazionale dell’Innovazione nel 2005, la competizione che mette in gara i migliori business plan. Da allora, si è affermata nel settore dei sistemi a celle a combustibile per la business continuità. Nel 2007, ha concluso un importante accordo di investimento con il primario fondo italo-francese di venture capital 360° Capital Partners, ha di recente aperto un nuovo stabilimento in Val d’Aosta, ed è oggi focalizzata sul proprio sviluppo internazionale. Insieme a imprese “di prodotto”, come Electro Power Systems, che si trovano avviate su percorsi di crescita molto rapida, abbiamo anche realtà orientate al mondo dei servizi, con una crescita graduale ma continua. Cito, per esempio, due realtà che operano nel campo ICT, e che sono anche assai attive in ambito Confindustriale, come Sicurante Srl e Trim Srl, che è stata una delle prime aziende dell’Incubatore. Come vede, Professor Cantamessa, il futuro dell’Incubatore? Qual è la sua opinione conclusiva ? Vedo delle buone prospettive, un crescente interesse da parte di tanti attori che compongono il nostro “ecosistema”, e una grande attenzione dei giovani che vogliono fare impresa. L’incubatore stesso è anche un’azienda sana, con un bilancio in utile e un fatturato che proviene per un terzo dalle imprese, mentre la parte restante deriva dalla partecipazione a progetti regionali, nazionali ed europei. Grazie al meccanismo dell’”incubazione virtuale”, abbiamo iniziato a operare sul territorio regionale, ma stiamo anche esplorando la possibilità di lavorare a più vasto raggio, in partnership con entità simili alla nostra sia in Italia che all’estero. Sicuramente, auspico che i frutti ottenuti in questi anni, in termine di creazione di imprese e di posti di lavoro, portino gli enti pubblici a continuare a 30

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In 10 anni di attività dalla costituzione a oggi, 104 le neo-imprese che sono state ospitate, 65 le aziende che hanno concluso il periodo di incubazione e sono uscite da I3P, 6 le imprese che hanno chiuso la propria attività, 10 le imprese in preincubazione, 542 gli addetti che lavorano complessivamente nelle aziende, 1.057 le idee di impresa raccolte in 9 edizioni della Start Cup, 358 business plan supportati nello sviluppo.

supportare le iniziative di incubazione d’impresa che si sono dimostrate capaci di portare a risultati tangibili. Allo stesso tempo, noto che la politica industriale italiana è abbastanza attenta al tema della creazione d’impresa, ma ben poco alla sua crescita. Oggi, le start-up di maggior successo, che potrebbero potenzialmente godere di tassi di crescita “a tre cifre”, rischiano seriamente di venir frenate dai molti fattori negativi che caratterizzano il nostro Paese, e che ben conosciamo. Oppure, si rischia che finiscano per “trapiantarsi” all’estero, impoverendo così la nostra economia, e privando il sistema industriale di quelle che saranno probabilmente le grandi imprese del futuro. Penso che, in un momento di grave crisi come quello che stiamo vivendo, la politica dovrebbe soprattutto gettare le basi affinché le imprese che “hanno i numeri” per guidare la ripresa, lo possano fare davvero quando sarà ora. ltessera@salesspa.com

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Management Game: chi sarà il campione? di Alvise Biffi Consigliere Giovani Imprenditori Assolombarda Basilicata, Calabria, Campania, Lombardia, Piemonte, Puglia e Veneto. Le Regioni che hanno partecipato alla 1° edizione. 3.392 gli studenti di 88 Istituti Scolastici, che hanno amministrato 848 aziende virtuali. Un gioco per avvicinare i ragazzi alla realtà e alla mentalità imprenditoriale, permettendo loro di sperimentare l’emozione di gestire un’impresa. a prima edizione Nazionale del Management Game organizzato dai GI con il supporto tecnico di CESIM ha visto “scontrarsi” 88 istituti di Basilicata, Calabria, Campania, Lombardia, Piemonte, Puglia e Veneto. 3.392 studenti di IV superiore, divisi in CdA di 4 elementi ciascuno, hanno amministrato 848 aziende “virtuali” confrontandosi nel mercato della telefonia mobile con una competizione serratissima. La competizione, come il mercato, premia solo le migliori aziende e gli amministratori più capaci si

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stanno preparando per conquistare la leadership di mercato nella finale nazionale del game. Il Management Game si è confermato uno splendido strumento per avvicinare i ragazzi alla realtà e alla mentalità imprenditoriale, permettendo loro di sperimentare l’emozione di gestire un’azienda. Per la prima volta tra i banchi non serpeggiava la tensione per l’interrogazione o per il compito in classe; l’adrenalina scorreva veloce per superare imprevisti e problemi con le risorse a disposizione, per prendere decisioni in tempi stretti, per valutare 05-06/2009


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quali strategie impostare per superare i competitor con l’obiettivo di raggiungere la leadership massimizzando il valore per l’azionista! Può sembrare banale, ma soprattutto per un imprenditore abituato a vivere realmente l’azienda non sempre è facile capire come funziona il Management Game: com’è possibile condensare in modo realistico tre anni d’impresa in tre ore di simulazione? Per Andrea Pasquali, responsabile nazionale Management Game, “affidandosi alla CESIM che da anni effettua formazione ad alto livello per le aziende a livello mondiale il successo è garantito! La simulazione d’azienda è affascinante per i ragazzi perché li coinvolge direttamente nella gestione dell’azienda e loro si rendono conto di come le loro azioni determinino i risultati. Sono attori e protagonisti veri”. “I ragazzi competono per un obiettivo preciso - ci spiega Sabrina Merletti, responsabile per la Lombardia - massimizzare il valore cumulato dell’azionista. L’obiettivo è però molto complesso poiché il percorso da completare prevede una serie di decisioni assolutamente non semplici e immediate. Gli azionisti di queste aziende, benché virtuali, devono confrontarsi con problemi e necessità che quotidianamente determinano e impattano sulla progressione o regressione dei profitti. Sono state strutturate sette macro aree che determinano questo risultato. L’analisi del mercato e la stima della domanda permettono la sequenza e l’intero iter di sviluppo sul quale e verso il quale procedere, puntando sulla decisione più adatta in finanza, produzione, marketing, logistica, ricerca e sviluppo. Al termine, un report conclusivo convoglia e analizza in dettaglio ogni decisione presa dai ragazzi e, di conseguenza, dall’azienda e il risultato complessivo di tale sintesi 05-06/2009

Vincenzo Nasi. “I ringraziamenti da fare sono numerosi e sono certo di non scontentare nessuno, ringraziando tutti indistintamente, con due piccole eccezioni: un grazie particolare al nostro Presidente Federica Guidi, che ha permesso la partenza ‘in volata’ del progetto, e agli amici di Brescia, scintilla originaria dell’iniziativa”.

determina il migliore”. I ragazzi hanno accettato senza timore la sfida vivendo con grande entusiasmo il game, in molti casi superando le attese dei loro “padrini e madrine” confindustriali. Vincenzo Portaccio, Presidente GI Lecce e padrino di una delle scuole finaliste, testimonia: “Man mano che si procedeva nelle varie fasi del gioco all’entusiasmo e all’interesse iniziale si è affiancata una sempre maggiore familiarità, da parte dei ragazzi, con quelle che sono le dinamiche del mondo dell’impresa. Hanno preso confidenza con concetti legati agli investimenti in ricerca e sviluppo, alla determinazione dei prezzi di vendita, all’importanza delle quote di mercato. Le occasioni di incontro-conoscenza con i ragazzi sono poi risultate così interessanti che abbiamo colto l’occasione per promuovere e realizzare una serie di visite anche in altri Istituti Scolastici non partecipanti al Management Game. Ne sono scaturite occasioni importantissime in cui presentare agli studenti il mondo delle 11


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Sabrina Merletti, Anna Maria Carbone, Vincenzo Portaccio e Andrea Pasquali

imprese con i suoi valori, per raccontare loro la storia delle nostre imprese e per arricchire la nostra conoscenza dei futuri imprenditori”. Annamaria Carbone, responsabile per la Basilicata e madrina di un’altra scuola finalista aggiunge: “I ragazzi lucani hanno risposto con entusiasmo, partecipazione e grande curiosità al Management Game, ben comprendendo che non si trattava di un mero gioco, ma di un’opportunità di formazione e orientamento, attraverso simulazioni e applicazioni pratiche di strumenti gestionali. Le tre scuole che hanno partecipato, infatti, si sono ‘scontrate’ mettendo in campo i valori fondamentali di ogni impresa: lavoro di squadra, collaborazione e competizione nella sua accezione positiva. Il gioco ha permesso loro di confrontarsi concretamente con le difficoltà dell’impresa e le gratificazioni per i successi aziendali. Come GI e madre di due ragazzi, ritengo fondamentale che l’impresa entri nelle scuole, dando agli studenti l’opportunità di conoscere già tra i banchi di scuola la cultura d’impresa. Nessuna paura e preoccupazione, dunque. Anzi, i ragazzi dell’Istituto Commerciale Geometri di Bernalda (MT), vincitori della finale regionale, non vedono l’ora di ‘sfidare’ i vincitori delle altre Regioni e rimettersi in gioco!”. L’accesa partecipazione sia di studenti che di imprenditori che di professori dimostrano senza dubbio il successo di questa iniziativa. Vincenzo Nasi, Vicepresidente Nazionale dei Giovani Imprenditori per Università-Scuola-Formazione, è molto soddisfatto dei risultati di questo primo esperimento anche perché il progetto è partito ad anno scolastico abbondantemente iniziato, e quindi l’organizzazione ha fatto un bel recupero. “È vero, siamo partiti un po’ in ritardo ma grazie all’impegno dei Comitati Regionali e delle territoriali coinvolte, nonché alla disponibilità dei professori delle scuole che hanno aderito all’iniziativa, siamo riusciti a

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superare le aspettative. I ringraziamenti da fare sono numerosi e sono certo di non scontentare nessuno, ringraziando tutti indistintamente, con due piccole eccezioni: un grazie particolare al nostro Presidente Federica Guidi, che ha permesso la partenza ‘in volata’ del progetto, e agli amici di Brescia, scintilla originaria dell’iniziativa. Il prossimo anno, cominciando con il giusto anticipo, siamo certi di portare risultati di partecipazione ancora maggiori e stiamo anche ragionando di estendere la stessa competizione agli studenti delle Università”. Ad Andrea Pasquali, in qualità di responsabile nazionale, chiediamo di proporre uno spot per il prossimo anno. E se vogliamo coinvolgere tutte le Regioni e un numero ancora maggiore di studenti come dobbiamo muoverci noi imprenditori? “Il mio consiglio - suggerisce Pasquali è iniziare da subito a far conoscere il progetto nelle scuole per anticipare le scadenze burocratiche. Secondo me, lo slogan migliore per presentare il gioco è: oggi è un gioco ma domani potrebbe essere una realtà, diventa anche tu imprenditore!”.

a.biffi@securenetwork.it

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Come comunicare l’Università di Rita Santarelli Vicepresidente Esecutivo Luiss Informare lo studente fornendo al tempo stesso gli elementi e gli strumenti attraverso i quali lui possa comunicare con l’Università, in modo da rendere massimo il ritorno, agli effetti della comunicazione, presso il marketing e l’immagine dell’Università. Gli studenti, e più di loro gli ex studenti, saranno i migliori testimonial dell’Ateneo, attraverso un sistema di incontri e di rete che privilegi lo scambio di informazioni. egli ultimi tre anni gli investimenti in marketing e comunicazione universitaria sono aumentati di circa il 150%, tendenza confermatasi nel corso del 2008 con una crescita nei primi sei mesi di quasi il 50% rispetto al primo semestre 2007. Sono questi i dati che caratterizzano la nuova intraprendenza delle Università italiane, pubbliche e private, non tanto nel comunicare per “vendere”, ma piuttosto per far aumentare la consapevolezza di chi deve scegliere e per aiutare gli indecisi a non perdersi nella giungla dei percorsi universitari. In questo quadro, può la “comunicazione d’Ateneo” dirsi come l’anima dell’Ateneo stesso, in quanto finalizzata a offrire consapevolezza a

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determinati target (di studenti e famiglie) in riferimento a precisi prodotti (di formazione e ricerca)? E, ancora, può il “prodotto universitario” essere assoggettato alle regole del marketing, laddove la qualità del servizio è parte costitutiva del servizio stesso? Il piano di marketing e comunicazione più utile e funzionale a una Università non può rispondere – a mio avviso – che a due precise aspettative: come vorrei che fosse formato lo studente/laureato della mia Università per capacità, conoscenze e abilità; come debbo orientare e sviluppare la didattica e la ricerca dell’Università stessa perché sia formato in questo modo. Non vi può essere marketing, infatti, senza prodotto, senza target di riferimento e 05-06/2009


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senza strumenti per comunicare che la mia Università ha quel prodotto. Al di fuori di ciò si può fare soltanto della “pubblicità”! Questo percorso è finalizzato a individuare a monte e a valle del percorso formativo chi può venire a studiare, ad esempio, alla Luiss Guido Carli (domanda) e per quali sbocchi/target formarlo (offerta), al fine di organizzare di conseguenza, l’incontro tra domanda e offerta e produrre così sviluppo del territorio attraverso il trasferimento di conoscenza. Con ciò introducendo, ciascuna Università, per differenziazione e per specializzazione, un proprio valore aggiunto che, nel caso della Luiss, è la formazione di una classe dirigente - per le imprese, le P.A. e la ricerca - dotata di cultura d’impresa, cultura critica e quindi liberale, di senso etico e perciò pronta all’assunzione di responsabilità. In altri termini, in un contesto caratterizzato dalla competizione tra territori, la competizione passa sempre più dalle Università: cioè dagli spazi attrezzati e strutturati di eccellenza, innovazione e conoscenza. Concorrenza tra Università significherà innanzitutto capacità di attrarre da altre Regioni e soprattutto da altri Paesi studenti eccellenti, docenti eccellenti, ricercatori eccellenti. L’azione delle Università verso i mezzi di comunicazione (stampa, tv, internet ecc.) è in questo quadro sì strategica, ma non esclusiva. Poiché stampa, tv, e internet sono innanzitutto la “cassa di risonanza” dei giudizi e delle valutazioni dei target di riferimento delle Università stesse (pubblica opinione, giovani, famiglie, istituzioni, organizzazioni produttive, sistema universitario e della ricerca ecc.). In conseguenza di ciò l’azione sulla stampa e sull’immagine assumono rilevanza soprattutto per la diffusione di dati e contenuti (cioè di fatti) e come ricaduta e completamento di un processo di precedenti interventi di marketing, lobbying, comunicazione ecc. diretti a promuovere il 05-06/2009

posizionamento ottimale dell’Ateneo: non solo verso gli studenti ma verso la comunità tutta. In questi ultimi anni, sottolineavo all’inizio, le Università italiane hanno acquisito maggiori professionalità e strumenti di comunicazione propri del mondo delle imprese. Ma la cultura interna prevalente dei nostri Atenei è rimasta, nel profondo, ancora autoreferenziale e refrattaria alla valutazione e al confronto. La “rivoluzione culturale” che dobbiamo compiere in questo campo - se non altro perché sistemi accademici più competitivi del nostro (Usa, Nord Europa e presto… Cina) l’hanno già compiuta o… la stanno per compiere - riguarda le conseguenze del processo di rinnovamento universitario, in termini di maggiori diversificazione e specializzazione, sulle attività di comunicazione e marketing delle Università. Tra i cambiamenti più rilevanti figurano la centralità della comunicazione a supporto della gestione politica dell’Università per governare il cambiamento; programmi di comunicazione annuali e pluriennali capillari e diffusi; il benchmarking sistematico con tutti i principali sistemi universitari europei e internazionali e, infine, il ripensamento del modello organizzativo attraverso il quale gli Atenei operano, migliorando sia le relazioni interne che la comunicazione esterna. Con due obiettivi, che chiariscono le funzioni e le priorità del moderno marketing universitario: rendere più accessibile e comprensibile l’approccio alla struttura universitaria da parte degli studenti, che sono i “clienti primari”, la ragion d’essere e la sostanza stessa dell’Università; incrementare e migliorare le relazioni tra gli Atenei, valorizzando il ruolo chiave svolto dalle Università l’innovazione e lo sviluppo della società in cui operano. Ma, più in generale, il marketing e la comunicazione di una Università sono il marketing e la comunicazione di una “azienda” che oltre a vendere la promessa di un servizio, realizza e gestisce una comunità formata da individui autoselezionatisi e selezionati. Solo questo approccio può consentire di essere Università di qualità, credibile perché promuove una comunità della conoscenza capace di capitalizzare il valore immateriale del proprio patrimonio: gli studenti. Il punto chiave è allora: quale finalità viene effettivamente percepita dai soggetti della nostra campagna di comunicazione? Proprio a tal fine la comunità degli studenti deve essere attivata per costituire una rete di informazione per il management e l’accademia, con il vantaggio di essere un bacino di utenti coincidente con il campione. Per ottenere il massimo risultato dagli obiettivi proposti, occorre soffermarsi sull’identificazione delle variabili che qualificano le motivazioni dello studente a far parte di una comunità e su due tra esse in particolare: l’interesse ad accedere a determinate informazioni e il desiderio di partecipare a un sistema di relazioni sociali. È solo sulla base delle due dimensioni, quella partecipativa e quella informativa, che è possibile identificare le diverse modalità di reazione a una comunicazione appropriata. La gestione di un sistema di comunicazione come quello che ho qui ipotizzato è, in conclusione, a ciò ispirata: comunicare con lo studente fornendo al tempo stesso gli elementi e gli strumenti attraverso i quali lo studente possa comunicare con l’Università, in modo da rendere massimo il ritorno, agli effetti della comunicazione, presso il marketing e l’immagine dell’Università. Gli studenti, e più di loro gli ex studenti, saranno i migliori testimonial dell’Ateneo, attraverso un sistema di incontri e di rete che privilegi lo scambio di informazioni. Il posizionamento strategico dell’Università non potrà che risultare uguale, in questo modo alla somma dei posizionamenti dei singoli studenti.

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Sviluppare il proprio potenziale: investire in formazione per uscire dalla crisi di Mimmo Lobello Componente Comitato Redazione Qualeimpresa “Il nostro impegno è totale nei confronti delle persone e delle organizzazioni con cui lavoriamo, nell’aiutarle a raggiungere i loro obiettivi più ambiziosi e sviluppare al massimo il potenziale che hanno a disposizione. Risultati è indubbiamente la parola chiave del nostro lavoro. Risultati che vanno perseguiti, a maggior ragione, in tempi difficili come quello che stiamo vivendo, senza lasciarsi intimorire”. Roberto Re, Presidente HRD Training Group.

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“Da Manager a Leader” è l’iniziativa promossa da HRD Training Group che più di tutte ha fatto parlare di sé. Il 17 e 18 febbraio oltre 600 tra dirigenti e imprenditori delle maggiori imprese italiane hanno partecipato a Roma al primo evento formativo “anticrisi”. Il messaggio trasmesso ai partecipanti è stato forte e chiaro: la prima misura per combattere la crisi è puntare all’eccellenza manageriale.

er uscire dalla crisi occorre investire anzitutto su sé stessi”: questo il messaggio lanciato da Roberto Re, Presidente di HRD Training Group, organizzazione leader nella formazione comportamentale e motivazionale e nei corsi di crescita personale. Celebre coach e formatore e autore dei best seller “Leader di te stesso” e “Smettila di incasinarti!”, Roberto Re è considerato uno dei massimi esperti europei di leadership e results management. Il progetto con il quale il suo percorso è partito, più di 20 anni fa, si è concretizzato nella strutturazione di HRD Training Group, una tra le principali realtà nel mercato della formazione italiana. Nell’ultimo anno Roberto Re ha rafforzato l’attiva collaborazione con il tessuto aziendale italiano e ha avuto il piacere di lavorare con il sistema confindustriale, grazie anche ai progetti formativi finanziati da Fondirigenti a Roma, Torino, Milano, Vicenza e Mantova e agli interventi formativi nelle territoriali di Confindustria di Legnano, Pescara, Rovigo e Verona. A Legnano, Franco Massari, Presidente dei GI, ha affidato ad HRD Training Group il compito di strutturare un percorso formativo che avesse l’obiettivo di sviluppare la leadership personale e la

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comunicazione interpersonale degli imprenditori e manager delle imprese associate. Particolare rilievo nell’anno appena trascorso hanno assunto gli interventi formativi effettuati per la territoriale di Mantova, ideati per affrontare la situazione particolarmente impegnativa che la provincia sta vivendo: il programma di coaching e results management per gruppi di lavoro aziendali “Team to Results” e il percorso “Master in Leadership”. Questi progetti si sono rivelati di fondamentale importanza per le numerose aziende del mantovano che ne hanno usufruito così come ricordato da Luciano Giol, Gruppo

Molte persone hanno un forte potenziale e capacità immense che spesso non vengono utilizzate, anche perché nessuno insegna loro come farlo. Il manager di oggi deve essere leader e il leader deve essere manager, coniugando le classiche funzioni di gestione del management e quelle di motivazione e di vision del leader naturale. Marcegaglia, “la frequenza di questi corsi mi ha permesso di rimuovere completamente gli ostacoli al cambiamento personale 5


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La crisi di oggi si affronta principalmente investendo tempo e risorse sulla formazione e l’empowerment dei collaboratori e di manager e imprenditori; se chi sta alla guida migliora, sarà in grado di trainare la propria azienda fuori dall’impasse economica attuale. e aziendale, cosa che oggi si concretizza nella guida di Marcegaglia China, e di imparare a pianificare in modo strutturato e a coinvolgere appieno i membri del team nel raggiungimento dei grandi obiettivi del nostro gruppo” e da Stefano Bondioli, Presidente GI Mantova, “le strategie formative non si sono rivolte solo allo sviluppo pratico di competenze, peraltro fondamentali, ma anche alla trasmissione dell’entusiasmo e dell’energia necessari a realizzare veri cambiamenti, indispensabili nel tessuto economico della nostra provincia”. È tuttavia “Da Manager a Leader” l’iniziativa promossa da HRD Training Group che più di tutte ha fatto parlare di sé: il 17 e 18 febbraio oltre 600 tra dirigenti e imprenditori delle maggiori imprese italiane hanno partecipato a Roma al primo evento formativo “anticrisi”. Il messaggio trasmesso ai partecipanti alla convention è stato forte e chiaro: la prima misura per combattere la crisi è puntare all’eccellenza manageriale. Oggi essere manager non basta più, bisogna diventare leader. E la leadership s’impara. A guidare i lavori della due giorni del seminario è stato Roberto Re, affiancato da trainer e testimonial di rilievo internazionale, come il consigliere economico di Sarkozy, Jacques Attali e il sociologo Domenico De Masi. Anche Aurelio Regina, Presidente dell’Unione degli Industriali e delle Imprese di Roma, tra i relatori dell’evento, ha sottolineato l’importanza di sviluppare, attraverso la formazione, lo spirito di squadra e l’abilità di lavorare in team: “Il futuro non è dei solitari, ma della squadra e della capacità di coordinarsi”. Dott. Re, la sua organizzazione è tra le aziende di maggior successo nel settore della formazione da quasi due decenni, cosa determina questo successo? Ciò che rende speciale HRD Training Group è la squadra che la compone. 6

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La capacità di gestire meglio sé stessi e gli altri, di comunicare in modo più efficace, di attenuare le emozioni e l’emotività legata agli eventi, di condurre il proprio team e rafforzare lo spirito di corpo, fa la differenza. Stefano Bondioli e Franco Massari Ho la fortuna di essere affiancato da persone al di sopra della media e, soprattutto, che sono impegnate col cuore in ciò che fanno. Il nostro impegno è totale nei confronti delle persone e delle organizzazioni con cui lavoriamo, nell’aiutarle a raggiungere i loro obiettivi più ambiziosi e sviluppare al massimo il potenziale che hanno a disposizione. Risultati è indubbiamente la parola chiave del nostro lavoro. Risultati che vanno perseguiti, a maggior ragione, in tempi difficili come quello che stiamo vivendo, senza lasciarsi intimorire. Nella situazione attuale quali concetti dovrebbero sviluppare i nostri imprenditori per uscirne? In momenti di crisi non è tanto importante per gli imprenditori ricercare stimoli in chissà quali concetti o sfide, quanto non farsi condizionare dalle contingenze. Molti si lasciano trasportare dall’emotività del presente. L’importante è considerare le circostanze attuali nella giusta prospettiva. Quel che stiamo vivendo è già successo più volte. Sappiamo dunque con precisione cosa ci aspetta subito dopo: una crescita decisa, fonte di grandi opportunità. Possiamo fare qualcosa per superare la crisi? Forse no, possiamo solo affrontarla nel modo migliore, per esempio puntando sulle persone e sui team. Molte persone hanno un forte potenziale e capacità immense che spesso non vengono utilizzate, anche perché nessuno insegna loro come farlo. Il manager di oggi deve essere leader e il leader deve essere manager, coniugando le classiche 05-06/2009

funzioni di gestione del management e quelle di motivazione e di vision del leader naturale. Un manager deve essere in grado di rappresentare l’azienda ed essere fonte d’ispirazione ma anche di coordinare efficacemente il gruppo di lavoro e farlo crescere costantemente. In altre parole, oggi viene richiesto di ottenere risultati straordinari da persone apparentemente ordinarie. Per attrezzarsi alla sfida, diventa più che mai importante essere disponibili ad apprendere: la crisi di oggi si affronta principalmente investendo tempo e risorse sulla formazione e l’empowerment dei collaboratori e di manager e imprenditori; se chi sta alla guida migliora, sarà in grado di trainare la propria azienda fuori dall’impasse economica attuale. Perché l’idea di un evento formativo “anticrisi”? L’obiettivo è stato sin da subito quello di abbinare alle capacità manageriali anche quelle di leadership. Soprattutto in un momento impegnativo come quello attuale, la capacità di gestire meglio sé stessi e gli altri, di comunicare in modo più efficace, di attenuare le emozioni e l’emotività legata agli eventi, di condurre il proprio team e rafforzare lo spirito di corpo, fa la differenza. Ognuno di noi può imparare a fare meglio, agire meglio e ottenere maggiori risultati. m.lobello@k4b.it

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SDIPA… è che la management education avanzi di Michele Costabile Ordinario di Marketing e Gestione delle Imprese Università della Calabria Presidente SDIPA A eccezione della SDA Bocconi non vi sono istituzioni italiane censite nelle classifiche internazionali. Le prospettive del nostro Paese non sembrano entusiasmanti. Vi sono tuttavia alcune confortanti eccezioni. Come il bell’esempio di SDIPA. La Scuola di Direzione per le Imprese e la Pubblica Amministrazione fondata da Università della Calabria (Unical), Fondazione Carical e CCIAA di Cosenza. na recente ricerca condotta dal Centre for Economic Performance della London School of Economics (http://cep.lse.ac.uk/) ha dimostrato che la qualità delle pratiche manageriali influenza non solo le performance delle imprese ma anche la produttività di interi Paesi. E le capacità di produrre buone pratiche manageriali è a sua volta

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influenzata in misura determinante dalla qualità della formazione, meglio ancora se finalizzata a competere in mercati aperti e applicata in imprese contendibili. È la vecchia teoria del capitale umano, formulata per la prima volta de Gary Becker (Nobel per l’Economia) nei primi anni Sessanta, che trova nuove e sempre più robuste dimostrazioni empiriche. Una teoria che 05-06/2009


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applicata all’Italia solleva non pochi interrogativi. Viene cioè da chiedersi quali investimenti abbia fatto nell’ultimo mezzo secolo il nostro Paese per potenziare il suo sistema formativo. E in particolare quali investimenti sul fronte della management education? Considerando che a eccezione della SDA Bocconi non vi sono istituzioni italiane censite nelle classifiche internazionali, mentre pur limitandosi alle prime 50 Business School d’Europa la Francia ne conta cinque, la Spagna tre, l’Olanda altre quattro, la Gran Bretagna ormai una decina, e la mittel Europa di lingua tedesca (Germania, Svizzera, Austria) oltre cinque, le prospettive del nostro Paese non sembrano entusiasmanti. Vi sono tuttavia alcune confortanti eccezioni. E premesso che per sviluppare una business school in grado di entrare nelle classifiche internazionali, e di conseguenza attrarre talenti internazionali, sono necessarie cospicue donazioni qualcuno purtroppo si confonde pensando che la business education sia un business e non un investimento su un “bene pubblico” per il futuro delle imprese e del Paese - anche i piccoli segnali nella direzione della formazione manageriale innovativa e di alto profilo qualitativo devono essere incoraggiati e, quali veri e propri testimonial di un successo, usati per l’emulazione e il potenziamento degli sforzi. Ecco perché è utile parlare del bell’esempio dato da SDIPA. La Scuola di Direzione per le Imprese e la Pubblica Amministrazione (appunto SDIPA) è stata fondata da Università della Calabria (Unical), Fondazione Carical e CCIAA di Cosenza. Ebbene nel suo piccolo SDIPA nasce secondo la logica delle grandi business school europee. Fondazione Carical e CCIAA di Cosenza, infatti, ne assicurano il 05-06/2009

Michele Costabile

finanziamento su base annua. Un finanziamento che, seppure contenuto a poco meno di 200.000 euro - al confronto dei miliardi di euro spesi in formazione è vero fa quasi sorridere, ma proprio per questo è un bell’esempio - consente di attivare processi innovativi virtuosi. Anzitutto sotto il profilo della governance. I soci, infatti, partecipano al CdA della Scuola definendo gli indirizzi strategici e garantendo un giusto equilibrio fra innovazione accademica e risposta alle esigenze più contingenti del territorio e delle imprese. E di conseguenza contribuiscono a disegnare nel concreto l’offerta di programmi formativi avanzati. Ne sono un esempio i corsi Master “istituzionali” che SDIPA cofinanzia, grazie al contributo dei fondatori. Alcuni straordinariamente innovativi quali il MIHT (Master in Imprenditorialità High-Tech), grazie al quale decine di giovani laureati hanno avuto modo di essere formati alla gestione dell’innovazione e al technology management, anche a sostegno dei processi di trasferimento tecnologico dal mondo delle Università al mondo delle imprese. Processi che come noto in Italia sono particolarmente carenti e arretrati. I diplomati MIHT lavorano oggi allo start-up di imprese high-tech, ma anche negli staff di diverse unità universitarie per il trasferimento tecnologico, sia in Unical (Campus di Arcavacata) che presso il Politecnico di Milano e l’Università di Roma La Sapienza. E molti di loro - invero la gran parte - stanno offrendo il loro contributo professionale in imprese impegnate nello sviluppo dell’innovazione e del business e sui mercati nazionali e internazionali. 21


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Campus Unical

Altri corsi Master offrono risposta a bisogni più immediati. Per esempio il MiFAC (Master in Amministrazione Finanza e Controllo) è volto a fornire competenze di alto profilo su un’area della gestione su cui tipicamente la piccola e media impresa italiana denuncia forti carenze di metodo e di risorse umane dotate di adeguate competenze professionali. Altri programmi ancora, presentano una combinazione di innovatività e risposta a esigenze contingenti delle imprese. È il caso del WERP (World Wide Web Enterprise Resource Planning), un programma volto a formare professionisti dei sistemi ERP per processi logistici e operativi, in grado di combinare competenze ingegneristiche, tecnologiche e manageriali. Quelle competenze, cioè, necessarie a garantire efficacia ed efficienza in aziende piccole, ma non per questo meno complesse sotto il profilo dei processi produttivi e logistici. Un’altra area rilevante per il posizionamento di SDIPA quale bell’esempio da emulare, nel panorama delle business school nostrane, è certamente l’innovazione nei programmi formativi più avanzati denominati Summer School. Quelli cioè sui metodi per la ricerca nel management e nelle scienze sociali in genere. Con 7 programmi e circa 150 partecipanti da tutt’Italia previsti per il 2009, infatti, le Summer School SDIPA sono divenute nell’arco di un solo triennio il 22

riferimento per tutti i giovani ricercatori e docenti di management italiani. L’offerta di Summer School SDIPA vede schierata una faculty di primissimo ordine, con docenti che arrivano da tutt’Europa. E spesso sono proprio quei “cervelli” italiani fuggiti all’estero proprio per mancanza di “mercato” e “contenibilità” delle posizioni accademiche e che, anche grazie a SDIPA, seppure solo per brevi periodi, tornano ad applicare il loro talento a vantaggio del nostro Paese. Oltre a questi programmi, SDIPA serve con programmi di ricerca applicata e formazione “su misura” importanti aziende e istituzioni locali e nazionali, fra cui spiccano il gruppo SISA e la SOSE (Società per gli studi di settore del Ministero dell’Economia). I progetti di SDIPA per il futuro sono di ulteriore sviluppo, con il lancio di programmi di nicchia sul mercato internazionale (per il 2010, sono previste le prime Summer School in inglese) e lo sviluppo dell’offerta istituzionale per la Pubblica Amministrazione che, come noto, di potenziare le competenze manageriali ne ha tanto, tanto bisogno. www.sdipa.it michele.costabile@sdabocconi.it

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Sono diventato Presidente… e adesso cosa succede? di Luca Picasso Consigliere Giovani Imprenditori Assolombarda D’accordo con il Vicepresidente Nazionale GI ai Rapporti Interni, Alberto Marenghi, Silvia Nicolis, Vicepresidente del GGI Verona, ha presentato una proposta di progetto per valorizzare la formazione dei GI con cariche nel sistema associativo. Il tutto monitorato e coadiuvato dalla SFC, Sistemi Formativi Confindustria. iventare Presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria, a livello territoriale o regionale, o assumere comunque importanti cariche associative, è un ruolo di grandissimo onore cui fa da contraltare l’altrettanta grande responsabilità nei confronti dei propri associati in primis e, secondariamente ma non per importanza, agli occhi delle altre componenti del sistema economico, politico e sociale. L’autorevolezza del Gruppo Giovani di ogni territorio e la sua capacità di sviluppare lobbying sarà

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tanto più grande quanto maggiore sarà il lavoro di squadra del suo Direttivo e, soprattutto, del suo Presidente. L’evoluzione dei contesti economici e sociali, il confronto sempre più spinto a livello culturale e sociale, la crescente integrazione tra pubblico e privato e la ormai irreversibile evoluzione del lavoro, hanno determinato il passaggio definitivo da una società industriale stabile e standardizzata, caratterizzata da una facile comprensione degli scenari sia nazionali che internazionali, a una società post-industriale del rischio. 05-06/2009


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Cambia il contesto, cambiano le imprese, cambia il modo di lavorare e di produrre: insomma, cambia il mondo, e con esso anche il sistema della rappresentanza e il ruolo che in essa gli imprenditori rivestono. Questo nuovo contesto determina, per l’imprenditore che intende porsi come parte integrante e attiva della classe dirigente del Paese, l’obbligo di assumersi la responsabilità con modalità differenti, più complesse e in continua evoluzione. È partendo da questa analisi che Silvia Nicolis, Vicepresidente dei GI di Verona, ha presentato, con la supervisione del Vicepresidente Nazionale GI ai Rapporti Interni, Alberto Marenghi, una proposta di progetto, in fase di definizione, molto interessante e originale per un intervento formativo rivolto a Giovani Imprenditori con cariche nel sistema associativo. Silvia, come nasce l’idea del progetto? Partendo dall’esperienza consolidata a tutti i livelli del sistema confederale, in seno al Gruppo di lavoro dei Rapporti Interni dei GI si è pensato di valorizzare la formazione promuovendo un progetto nazionale di formazione dei Giovani Imprenditori con cariche, ripetibile ogni anno con un format strutturato. Il tutto monitorato e coadiuvato dalla SFC – Sistemi Formativi Confindustria. Quali sono le finalità e che risultati si spera di ottenere? L’obiettivo dell’intervento formativo è quello di affiancare in particolare i giovani Presidenti di Confindustria in un percorso di consapevolezza del ruolo che ricoprono, ma anche in una nuova visione di leadership che valorizzi la rappresentanza del sistema, le relazioni istituzionali e le alleanze strategiche, visione che, a volte, noi imprenditori non approfondiamo nella nostra quotidianità ma che sono funzionali al ruolo di un Presidente. Fra i temi di riflessione per il posizionamento degli imprenditori coinvolti proporremo: 05-06/2009

Alberto Marenghi. “Oggi i Giovani Imprenditori di Confindustria sono un punto di riferimento nella vita del nostro Paese, dal punto vista economico, sociale e culturale. Aver raggiunto un livello così importante è frutto di numerose battaglie combattute da chi ci ha preceduto e che ha permesso al nostro Movimento di divenire così autorevole e rispettato”.

identità, valori e cultura di impresa, rappresentanza e sviluppo associativo, valorizzazione del capitale umano e della squadra, comunicazione e alleanze strategiche. Quanto dura il progetto? Il Progetto Pilota del primo anno verrà realizzato in un’unica sessione residenziale di due giornate, in una cornice suggestiva e originale che aiuterà i partecipanti a dedicarsi per 48 ore a se stessi; in base al feedback dei partecipanti valuteremo l’eventuale necessità di ulteriori moduli di approfondimento su temi specifici. Dal 2010 il percorso dovrebbe andare a regime ed essere proposto come progetto istituzionale almeno due volte all’anno. Come funziona esattamente? La prima novità sarà la presenza di un coach che favorisca l’interazione 17


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Silvia Nicolis. “L’obiettivo del progetto è di affiancare i giovani Presidenti di Confindustria in un percorso di consapevolezza del loro ruolo, ma anche in una nuova visione di leadership che valorizzi la rappresentanza del sistema, le relazioni istituzionali e le alleanze strategiche. Fra i temi, proporremo: identità, valori e cultura di impresa, rappresentanza e sviluppo associativo, valorizzazione del capitale umano e della squadra, comunicazione e alleanze strategiche”. del gruppo e valorizzi gli aspetti emozionali. I partecipanti giungeranno alla location il giovedì nel tardo pomeriggio e da quel momento in poi dovranno condividere un’esperienza full immersion già dalla sera stessa. Le due giornate seguenti affronteranno tematiche capisaldo come la rappresentanza, la storia del Movimento e il tema della comunicazione; la metodologia sarà in parte tradizionale di aula, e in parte 18

accompagnata da training experience. Non mancherà qualche sorpresa. Quanti potrebbero essere quindi i partecipanti? Per il progetto Pilota sono previsti circa 30 partecipanti a campione nell’ambito del Gruppo del marketing, che farà da test pilota insieme a una rappresentanza scelta di Presidenti in carica. Per il format definitivo - dal 2010 valuteremo secondo le richieste e le necessità. Chi avrà diritto di partecipare? Sicuramente i Presidenti neo eletti ma si sta valutando in base a quali criteri allargare la partecipazione anche a “potenziali” presidenti. Silvia, le conclusioni saranno comunque a disposizione di tutti? Avete in mente di presentarle al centrale o con un evento dedicato? Credo che ogni esercizio formativo nasca dalla volontà e dalla necessità di approfondire le proprie esperienze e competenze attraverso il confronto e la condivisione. Per questo ritengo importante mettere a disposizione di tutti un patrimonio conoscitivo che rappresenta un valore aggiunto per ognuno di noi. Probabilmente il metodo più immediato per farlo sarà una presentazione del risultato dinamica e coinvolgente aperta a tutti. Come e dove lo decideremo sicuramente con i partecipanti alla fine del “pilota”, l’entusiasmo e l’energia che ci avrà lasciato quest’esperienza ci darà ogni risposta. Terrai aggiornata Qualeimpresa dei risultati ottenuti? Sarà un piacere e un’ottima occasione comunicare i nostri risultati attraverso Qualeimpresa. L’informazione e il confronto sono indispensabili per la buona riuscita di un progetto e propedeutici al suo miglioramento. Per Alberto Marenghi si tratta “di un grande progetto perché finalmente si riuscirà a fare formazione a coloro che si propongono come classe dirigente ma, soprattutto, potremo trasmettere valori importanti per promuovere la cultura associativa. Oggi i Giovani Imprenditori di Confindustria sono un punto di riferimento nella vita del nostro Paese, non solo dal punto vista economico ma anche da quello sociale e culturale. Aver raggiunto un livello così importante è frutto di numerose battaglie combattute da chi ci ha preceduto in tutti questi anni e che ha permesso al nostro Movimento di divenire così autorevole e rispettato. Credo sia importante che anche chi è presente oggi e chi lo sarà un domani sappia quali siano gli ideali che hanno ispirato i Giovani Imprenditori negli anni passati e che ci hanno permesso di raggiungere traguardi così prestigiosi e riconosciuti nonché l’attenzione costante di tutto il sistema economico, politico e massmediatico italiano”. l.picasso@k4b.it 05-06/2009


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