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Raccontare la cittĂ non detta



Raccontare la cittĂ non detta


Indice

Ricerca

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Premesse La città ideale Una città di equilibri ideali 1. Spazio microscopico/macroscopico 2. Dimensione fisica/virtuale 3. Spazio antropizzato/selvatico La città spontanea Prime considerazioni

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Riferimenti Catarsi Psicodramma Psicomagia Playback Theatre Il teatro della crudeltà The Living Theatre

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Il progetto Nebula

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Casi studio Ema Bandiere tibetane Wish Tree Mail art Illegal Art Candy Chang

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Interviste Michele Catalano Paolo D’Elia


Manuale

Nebula a Urbino

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Identità Concept Font e declinazioni grafiche Esempi Utilizzo del colore

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Reportage L’evento

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Allestire Nebula Presentazione complessiva Le 4 fasi del progetto Occorrente per l’allestimento 1. Evento di scrittura collettiva 2. Scaletta per la rappresentazione 3. Rappresentazione teatrale 4. Rielaborazione delle cartoline Contatti artistici Autorizzazioni Comunicare l’evento

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Catalogazione e rielaborazioni Elaborati conclusivi Catalogo Diario collettivo Poster infografico Poster collettivo

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Conclusioni

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Bibliografia


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Premesse La città ideale Una città di equilibri ideali 1. Spazio microscopico/macroscopico 2. Dimensione fisica/virtuale 3. Spazio antropizzato/selvatico La città spontanea Prime considerazioni

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Il progetto Nebula Interviste Michele Catalano Paolo D’Elia

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Riferimenti Catarsi Psicodramma Psicomagia Playback Theatre Il teatro della crudeltà The Living Theatre

41

Casi studio Ema Bandiere tibetane Wish Tree Mail art Illegal Art Candy Chang

}


Premesse 8

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La città ideale Il tema della città ideale ha costituito una costante nella storia dell’urbanistica, dell’architettura e dell’arte attraverso le varie epoche: si potrebbe dire che l’idea stessa di città ideale accompagna da sempre l’uomo, incoraggiando una riflessione che ha assunto, e tuttora assume, tratti peculiari a seconda del momento storico in corso. Ciò è stato in particolare evidente durante il Rinascimento, quando la ricerca della città ideale è stata espressione di un profondo cambiamento che ha interessato la stessa concezione dell’uomo e la riscoperta della sua centralità rispetto al mondo: la città di Urbino costituisce una risposta a un preciso momento storico-filosofico, e allo stesso modo anche città come Ferrara, Pienza e molte altre ancora. Il fatto che l’idea di città ideale non abbia mai raggiunto una forma definitiva è legata inevitabilmente all’unicità dell’essere umano. Ogni persona è diversa e, inevitabilmente, in contrapposizione con almeno un altro individuo. Se è impossibile perciò che tutti gli esseri umani siano d’accordo l’uno con l’altro, è chiaro che definire una città che possa rispecchiare una concezione comune di idealità non possa esistere: è possibile avere un numero infinito di città ideali, ma il fatto stesso che esse non siano tutte condivisibili rende l’idea alla base un’utopia. Una città di equilibri ideali Cos’è perciò una città ideale? Come già affermato, la risposta è unica e variabile per ciascuna persona. Una città può essere definita “ideale” sulla base di motivazioni di natura pratica: dimensioni, presenza di spazi verdi e servizi utili al cittadino come infrastrutture, collegamenti adeguati e mezzi di comunicazione funzionanti; allo stesso tempo possono esistere molti altri criteri che concorrono all’idealità di una città e che risultano profondamente legati al proprio vissuto, come per esempio la vicinanza a famiglia e amici, o la possibilità

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di poter realizzare i propri sogni. A prescindere perciò dal fatto che l’idea stessa di città ideale sia utopica, si può affermare che una città ideale è tale quando possiede un insieme di valori in equilibrio, variabile e personale, tra di loro. Sulla base di una riflessione il cui scopo è quello di identificare una scala di parametri sufficientemente condivisibili e ampi, abbiamo definito tre assi costituiti ciascuno da due valori contrapposti, i cui singoli equilibri, così come quello complessivo, possono definire una città ideale. Tali poli di equilibrio sono: 1. spazio microscopico/macroscopico: dalla dimensione privata a quella pubblica; 2. dimensione fisica/virtuale: dalle relazioni sociali dentro lo spazio fisico ai rapporti sviluppati a distanza; 3. spazio antropizzato/selvatico: dallo spazio completamente urbanizzato a quello del tutto naturale. 1. Spazio microscopico/macroscopico I luoghi che si trovano all’interno di una città possono essere definiti all’interno di una scala di valori che li porta ad avvicinarsi o ad allontanarsi da due concetti di spazio estremi: lo spazio privato assoluto e quello totalmente pubblico. Sulla base della definizione data da Georges Perec nella sua opera Specie di Spazi – Bollati Boringhieri, Torino, 1974 – possiamo individuare il letto come “lo spazio individuale per eccellenza, lo spazio elementare del corpo, quello che perfino l’uomo più oberato di debiti ha il diritto di salvare”. Il letto rappresenta perciò lo spazio in assoluto più privato e personale a disposizione di un individuo, in cui questi dispone di assoluta libertà. Il letto è l’unità di base della casa, che costituisce un luogo di elaborazione privata ma anche uno spazio di riflessione e sedimentazione di ciò che viene assorbito dal mondo esterno. All’estremo opposto dello spazio privato assoluto si pone lo spazio totalmente


Premesse

pubblico, estremizzato nel concetto della metropolitana come luogo della collettività. A differenza della “dimensione protetta” della casa/letto, la metropolitana e gli spazi di passaggio in generale, sono “luoghi della folla ‘incondizionata’, della mescolanza nuova di facce, etnie, ceti, ambizioni e frustrazioni [...] in cui la città ‘calmiera’ le proprie differenze, dove gli spigoli delle identità diverse sono costretti a fare ‘gomito a gomito’” (da Franco La Cecla, Perdersi. L’uomo senza ambiente). Lo spostamento di persone completamente diverse ridefinisce in continuazione questo tipo di spazio, caricandolo di energia e in contemporaea rendendolo un ambiente incontrollabile. Per mantenere un equilibrio tra i poli dello spazio privato e dello spazio pubblico abbiamo ipotizzato un terzo tipo di luogo, cioè un territorio intermedio che permetta un confronto controllato tra vari gruppi di individui, consentendo un’elaborazione calibrata tra esperienza individuale e collettiva e la possibilità di sperimentare nuovi modelli di comportamento. Tale spazio, che possiamo definire come il laboratorio, permetterebbe l’unione tra la sfera privata e quella pubblica, evitando di isolare individuo e massa come due poli estremi e inconciliabili. 2. Dimensione fisica/virtuale Ciascun individuo possiede un proprio bagaglio di esperienze unico e irripetibile e strettamente connesso al contatto con altri esseri umani. Le relazioni sociali costituiscono a propria volta due tipi di reti coesistenti: la prima è composta dalle relazioni indirizzate a persone fisicamente presenti; la seconda è costituita invece dalle relazioni a distanza. Definendo la città non solo come un insieme di edifici, ma piuttosto nel senso di un luogo caratterizzato dalla presenza umana, si potrebbe dire che ogni persona si muove all’interno di due città parallele

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e coesistenti: una città fisica composta da persone realmente presenti, e una città virtuale costituita invece dai simulacri di individui non fisicamente presenti, ma con i quali c’è comunque un contatto, per esempio attraverso computer, smartphone, e via dicendo, strumenti che oggi rivestono un ruolo di grande importanza. 3. Spazio antropizzato/selvatico Le città, per loro stessa definizione, sono espressione dello spazio antropizzato. Discipline come la geografia, l’architettura e l’urbanistica si basano tradizionalmente sul presupposto del progettare una città a priori, con l’obiettivo di organizzare in maniera funzionale la vita sociale degli abitanti. All’estremo opposto si pone la natura, che si caratterizza come uno spazio spontaneo non codificato che tende a uno sviluppo continuo e non controllabile a priori dall’uomo. Considerando la città e la natura come gli apici di un asse di equilibrio, possiamo ipotizzare la presenza di luoghi intermedi tra questi due estremi. In Manifesto del Terzo Paesaggio, Gilles Clément descrive due tipi di spazi che rispecchiano questa definizione: il residuo, inteso come un’ambiente che “deriva dall’abbandono di un terreno sfruttato precedentemente”, e la riserva, che invece è un luogo non sfruttato e la cui esistenza è “legata al caso oppure a una difficoltà di accesso che rende lo sfruttamento impossibile o costoso”. Se quest’ultima è uno spazio che viene mantenuto come tale per determinati motivi, il residuo rappresenta invece un fallimento della città come struttura prestabilita, in quanto è un luogo che non ha funzionato nella sua accezione originaria.


La città spontanea Gli spazi residui non sono da essere intesi necessariamente come luoghi “finiti”: basta visitare una qualsiasi città per accorgersi che anche spazi apparentemente “degenerati” vengono spesso riutilizzati dalle persone in maniera spontanea e non controllata. Da questa riflessione emerge il concetto di “città spontanea”, inteso come uno spazio che si sviluppa in maniera autonoma senza seguire un piano urbanistico prestabilito, ma piuttosto seguendo i bisogni e le necessità immediati. Il concetto alla base della città spontanea è che non esistono spazi “inutili”, in quanto a qualsiasi luogo può essere attribuito un utilizzo o una nuova funzione, che si tratti di un edificio abbandonato o di un intero quartiere. Gli spazi spontanei spesso appaiono sorprendenti se messi in relazione ai luoghi progettati, anche perché spesso e volentieri rispondono alle necessità umane molto più efficacemente degli spazi prestabiliti: basti pensare alle baraccopoli, oppure alle case occupate da squatter. La domanda che sorge spontanea è se quindi la città spontanea corrisponda a una città ideale. La risposta è ambivalente: se da una parte il suo sviluppo è una conseguenza diretta a bisogni e può quindi rispondere a problemi reali effettivi, da un altro punto di vista può avere invece effetti negativi sull’ambiente, oppure sulla stessa popolazione. Per essere ideale, una città spontanea, o semplicemente uno spazio spontaneo, dovrebbe quindi fornire un beneficio a tutti gli abitanti.

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1. Mercato di Maeklong Bangkok, Thailandia.

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2. North Cemetery di Manila Filippine, abitazioni abusive.


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3. Quartiere Christiania Copenhagen, Danimarca. Abitazione.

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Premesse

Prime considerazioni Alla luce di quanto emerso risulta ancora più chiara l’impossibilità di definire un equilibrio certo di valori che possa essere ricondotto a un’unica città ideale, ma è comunque evidente la presenza di una tendenza all’idealità, che spinge a una continua ridefinizione. Volendo applicare tale riflessione al caso specifico della città di Urbino, ci si accorge che l’unico aspetto condivisibile a priori è la frammentarietà. Urbino è un luogo dalle molte identità: antico borgo rinascimentale – nonché espressione della ricerca della città ideale dell’epoca – città universitaria abitata da studenti in continuo movimento; piccolo paese la cui popolazione autoctona è ormai ridotta a poche persone. Ad Urbino convivono aspetti contrastanti e spesso di difficile amalgamazione: ciò è visibile anche dalle manifestazioni di natura spontanea della sua cittadinanza, che si esprime nell’ambiente urbano attraverso gesti di degrado da parte della popolazione studentesca ma anche di quella autoctona. In entrambi i casi è evidente una mancata percezione dell’appartenenza al luogo, che viene visto come un porto di passaggio o uno spazio semplicemente da sfruttare. Porsi come obiettivo l’accettazione della frammentarietà, intendendola come risorsa piuttosto che un limite, può diventare un terreno comune per far sì che la cittadinanza possa trovare un punto di partenza comune per una riflessione che sia di beneficio sia ai singoli individui che alla collettività. La città ideale in questo modo diventa una città, intesa come un insieme mutevole di persone profondamente diverse, che prende coscienza di sé stessa in quanto tale.

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Il progetto Nebula


La città fluida: Nebula La città è un insieme composito in continua evoluzione, all’interno della quale i vari elementi che la compongono sono governati da equilibri in mutamento costante. Esattamente come in una nebulosa – che è un agglomerato di polvere, interstellare, idrogeno e plasma – gli abitanti di un luogo si spostano, si arricchiscono di esperienze e mutano, ridefinendo in moto perpetuo l’identità della città, che non rimane perciò un insieme dai confini stabili. Nebula è un progetto che si propone di captare un frammento del flusso dinamico della città, al fine di evidenziare una parte della sua natura eterogenea e di frequente nascosta. Spesso quest’ultima viene infatti percepita come qualcosa di distaccato, oppure da un punto di vista semplicemente architettonico, mentre la consapevolezza di fare parte della città come sua componente attiva passa in disparte. Nebula è contemporaneamente un evento e un laboratorio, ma anche una modalità per scoprire la città inaspettata e non comunicata, come spunto di riflessione personale e collettiva; l’obiettivo principale è quindi fare emergere un maggiore senso di appartenenza alla città, partendo dalla consapevolezza di essere parte di un’unica grande identità che solo apparentemente risulta frammentaria. Il concetto alla base di Nebula è l’utilizzo della spontaneità come catalizzatore per fare emergere aspetti privati dei singoli individui affinché possano essere condivisi collettivamente: per fare ciò, il progetto si basa su un evento-performance intitolato “Non ti ho mai detto che” e suddiviso in due fasi collegate. Nel corso della prima giornata le persone vengono invitate a scrivere su una cartolina un proprio pensiero personale, in forma anonima, a partire dall’input “Non ti ho mai detto che”: si tratta di una frase formulata volutamente in forma aperta e negativa, in modo da creare un effetto di spiazzamento

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e stimolare una riflessione inedita, rivolta a un destinatario ideale. Nel corso della seconda fase tutte le cartoline raccolte vengono rese pubbliche attraverso un allestimento e la recitazione da parte di un attore, che diventa il tramite di un unico discorso, portando su un piano collettivo tutti i pensieri formulati in maniera privata. In questo modo la città si rende idealmente manifesta a sé stessa e ai suoi abitanti, fissando temporaneamente una varietà di pensieri, idee ed emozioni che possono a propria volta essere rielaborati in un numero infinito di discorsi: Nebula infatti è la città, ma tutti sono Nebula.


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Interviste


Michele Catalano Potresti parlarci dello psicodramma? Io sono psicodrammatista. Ora faccio a voi la domanda: a cosa vi fa pensare la parola “psicodramma”? Lo psicodramma è un atto introspettivo, che tocca delle corde sensibili a livello psicologico; qualcosa in grado di fare emergere degli aspetti profondi con un risultato quasi terapeutico: porta alla luce determinati aspetti della propria vita permettendo di provarli ad affrontare mettendole in scena. Esistono varie forme di psicodramma. Quello di base è quello moreniano, ideato da Jacob Levy Moreno, uno psichiatra che si occupava anche di teatro. Moreno ha introdotto il “teatro della spontaneità”, organizzava cioè dei gruppi di teatro in cui la gente metteva spontaneamente in scena il proprio vissuto. Man mano capì che lo psicodramma poteva avere un’efficacia anche dal punto di vista terapeutico: sembrava infatti che le persone che partecipavano a questi gruppi trovassero giovamento dall’interpretazione di ruoli e personaggi. Per esempio, una donna molto chiusa e dal carattere leggermente ansioso, poteva tirare fuori degli aspetti di sé nascosti ma che la facevano stare meglio interpretando il personaggio di una prostituta. Sostanzialmente raccontare storie legate alla propria vita quotidiana e viverle durante delle rappresentazioni permette di superare determinate difficoltà. Ma va puntualizzato che questi benefici sono temporanei e che quindi l’efficacia curativa del teatro della spontaneità è limitata. Moreno inoltre si accorse che non funzionava per tutti. Molti, sentendo parlare dello psicodramma, vi si avvicinarono attirati dal suo presunto potere curativo: è vero, i o posso stare bene in un dato giorno, ma

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lo psicodramma moreniano ha solo una funzione catartica, cioè abreativa. È quello che sperimentiamo anche noi a teatro qualche volta: facciamo delle cose grazie alle quali stiamo bene per tutta la sera, ma il giorno dopo è finito. Successivamente è intervenuta la psicanalisi che ha assunto come metodo questo tipo di teatro con i coniugi Lemoine, che decisero di utilizzare il metodo psicoanalitico e lo psicodramma in maniera combinata: presero la tecnica di Moreno, grazie alla quale i personaggi possono mettere in scena i loro disturbi, unendola alla psicanalisi, ossia alle libere associazioni, al transfer. Da qui nasce lo psicodramma analitico, che è invece una vera e propria forma di psicoterapia. Per il nostro evento abbiamo pensato di chiedere il contributo di un attore, piuttosto che far esibire direttamente le persone: un altro individuo che in pratica possa agire da tramite. Secondo te, partecipare a una performance di questo tipo potrebbe fornire un beneficio all’individuo, sia a livello liberatorio che di consapevolezza personale? Sì, se lo fa direttamente lo spettatore. Pensate per esempio di chiedere alla gente di non parlare sottovoce ma di urlare la propria frase mentre passano dietro a un telo bianco, in modo che si vedano delle ombre ma non il loro viso, in pratica dietro a uno schermo. Potrebbero dire quello che pensano senza la preoccupazione di dovere affrontare il pubblico, dato che non sono faccia a faccia. Abbiamo riflettuto su questo aspetto già dall’inizio, perché abbiamo pensato che la gente non avrebbe il coraggio di esporsi troppo. In alternativa avevamo pensato all’eventualità di far urlare da una persona il pensiero di un’altra...


Secondo, me per chi lo fa, non è catartico urlare il pensiero di un altro. Se oggi fossi triste e dovessi urlare “oggi sono felicissimo”, che effetto avrebbe su di te? Dipende da qual è il vostro obiettivo, cioè se questa esperienza punta a diventare un momento catartico o uno di condivisione.

“Urbino” nella frase di input. Urbino resta un collegamento teorico che faremo dopo, dato che è dichiarato implicitamente che le frasi siano rivolte agli altri, e quindi, in modo più ampio, alla città. Urbino quindi diventa la voce di Michele, Viviana, Egle... Sostanzialmente è un pretesto.

Interviste

Il primo obiettivo è quello di arrivare all’atto del confidarsi e del riflettere; poi raggiungere un momento di condivisione nell’ascoltare il pensiero della collettività. Noi pensavamo che l’atto dello scrivere potesse in qualche modo mettere a proprio agio una persona e aiutarla a esporre, con una certa tranquillità, determinati aspetti di sé. Forse, se la persona sapesse di dover recitare il proprio pensiero a voce alta, non riuscirebbe a concentrarsi allo stesso modo. Si possono fare anche tutte e due le cose: prima scrivere e poi recitare.

Il destinatario non viene specificato, perciò di stratta in un certo senso di una figura ideale, dato che non si sa a chi ci si rivolge in particolare. Se ci si distacca da Urbino funziona. Urbino rimane uno sfondo che può essere anche Roma, o qualsiasi altra città. Infatti. La performance avverrà a Urbino ma l’idea è di creare un format che possa essere ripetuto in qualsiasi città. Per voi è importante l’aspetto catartico?

Come input per stimolare i partecipanti avevamo pensato alla frase “non ti ho mai detto che”, perché ci sembra uno spunto che possa implicare una confidenza adatta alla riflessione personale. Secondo la tua opinione, questa frase potrebbe portare a dei risultati interessanti? Secondo me Urbino ha già detto tante cose. In quali contesti? Ci sono molti progetti dell’ISIA che parlano di Urbino e degli Urbinati, e noi quindi abbiamo conosciuto questo approccio... È interessante, ma non so se, conoscendo gli urbinati, una frase simile potrebbe bloccarli oppure avere l’effetto contrario. Lo scopo della frase è di fare emergere qualcosa di personale, non strettamente riferito alla città. Dev’essere uno sfogo, come se si scrivesse una frase sul diario: infatti non pensavamo di inserire la parola

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Per noi sarebbe interessante coinvolgere direttamente le persone, ma non sappiamo ancora come gestire il contatto. Vorremmo realizzare l’evento in un luogo possibilmente pubblico, come ad esempio una piazza. La criticità è che dovremmo riuscire a convincere la gente a partecipare all’evento facendo in modo che si senta sufficientemente a proprio agio da riuscire a esporsi in maniera molto personale in un contesto pubblico. Abbiamo già messo in conto di dovere lavorare sul tipo di scenografia e in generale sull’ambiente incui la gente si muoverà, mettendola a proprio agio... o a disagio. Siamo un po’ indecisi sui due poli opposti. Potreste allestire vari punti in cui la gente possa scrivere, e poi organizzare una specie di recita. Se riuscite a organizzare il tutto in modo da non farlo solo in un giorno, la gente potrebbe avere il tempo di scrivere e imbucare i propri pensieri quando vuole.


Per tirare fuori qualcosa di interessante, secondo te sarebbe meglio mettere a proprio agio o a disagio una persona? No, deve essere tranquilla per rispondere. A me comunque piace anche l’idea di fare qualcosa di proiettato, oltre che raccontato. Lo spazio è una cosa importante da definire. Già quando identificate come spazio scelto la piazza cambiano molte cose. In uno spazio grande, che però può essere anche chiuso, si può lavorare sulla scenografia, sull’atmosfera. Mi vengono in mente anche dei danzatori, perché no? Danzare al ritmo delle parole, di quello che raccontano. Hai in mente qualche performance di questo tipo? Sì, The Living Theatre. Personalmente hai mai organizzato degli eventi di teatro partecipativo? Ho organizzato uno psicodramma collettivo. I partecipanti si mettevano in cerchio, io li chiamavo e loro dovevano rappresentare tre tipi di ambiente: le montagne con la neve, il mare e la città. Un gruppo iniziava a fare le onde, l’altro gruppo le montagne, e l’altro la città. Si è svolto durante una festa di volontariato nella sala Raffaello e hanno partecipato tutti i presenti. Lo scopo era quello di suscitare un’emozione catartica. Un’idea interessante potrebbe essere la costruzione di un monologo, e qui deve entrare in gioco un bravo attore che non legga semplicemente un messaggio alla volta, ma magari ne scelga dieci e faccia un’improvvisazione. Magari uno di voi potrebbe scrivere direttamente i messaggi su un foglio: l’attore potrebbe leggere da questo foglio senza fermarsi. A questo proposito potrebbe aiutare molto la musica: infatti anche un musicista potrebbe eseguire un’improvvisazione in base alle emozioni che il testo suscita.

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Qualcosa che si aggiunga alla recitazione, insomma. Si potrebbero separare in due momenti: una prima fase di scrittura in cui partecipi la gente, e quindi il momento della performance teatrale. È molto difficile fare le due cose unite, nel modo in cui le avevate pensate: recitare nell’immediato è complesso. È meglio spezzare in due momenti: prima la raccolta dei pensieri e poi proporre la rielaborazione del tutto da parte di un attore, magari nel corso di un giorno successivo. Potreste anche creare una performance strutturata affinché l’attore possa lavorare in maniera più approfondita. Potrebbe diventare addirittura un gioco fatto da due attori e due musicisti che accompagnano: un connubio tra corpo e parola; un dialogo tra due persone, di amore, di qualcosa che non si sono dette l’una all’altra. Si possono fare molte cose diverse, tutte interessanti. Un evento a fasi cicliche, in cui le persone consegnino i messaggi entro un certo tempo e questi poi vengano elaborati e riletti dall’attore. Un’altra soluzione, sempre in una giornata, è quella del telo bianco, con musicisti che accompagnano, dove ognuno passa, dice la propria frase, e quindi si immprovvisa con la musica. Terza opzione: il tutto potrebbe essere diviso in due parti: una prima fase di raccolta e sensibilizzazione sulla tematica; quindi una seconda parte di elaborazione e scrittura, su cui lavorano gli attori e i musicisti.


Paolo D’Elia

Interviste

Potrebbe parlarci un po’ di lei e del suo lavoro? Sono psicologo e psicoterapeuta; mi occupo principalmente di tossicodipendenza, ma sono anche consulente presso l’ERSU, dove svolgo colloqui con gli studenti per aiutarli ad affrontare i momenti di difficoltà. È un lavoro che faccio da dieci anni e ovviamente non si finisce mai di imparare e di conoscere a fondo le persone e se stessi. Un aspetto che mi interessa particolarmente è come le persone costruiscano la propria realtà, cioè come – utilizzando comportamenti, pensieri ed emozioni – tendano ad elaborare una propria dimensione personale. Come alcuni autori a cui anche io faccio riferimento affermano, esistono due tipi di realtà: una di primo grado, inconoscibile per l’essere umano; e un’altra di secondo grado, fatta di cose a cui l’uomo attribuisce dei significati – per esempio, questo non è un caffè, ma è il caffè bevuto con delle persone; piacevoli o spiacevoli, simpatiche o antipatiche. Le persone tendono ad attribuire dei significati personali alle cose; questi vanno a costruire una propria realtà che poi viene abitata. Il modo in cui ciascun individuo plasma tale dimensione influisce in maniera positiva o negativa sulla sua vita. Potrebbe dirci qualcosa sullo psicodramma? Jacob Levy Moreno è lo psicoterapeuta inventore dello psicodramma, che è una sorta di messa in scena dei vissuti o conflitti personali. Non so se conoscete il teatro di Antonin Artaud, che invece era un regista teatrale: il suo teatro era di rottura, anche nel senso di rottura del significato. Credo che l’interesse per la ricerca del significante piuttosto che per il significato immediato delle cose, come direbbero de Saussure o Lacan, derivi dal postmodernismo francese. L’interesse in questo caso è legato a ciò

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che veicola il significato. Lo psicodramma si sposta invece su aspetti differenti, facendo parlare altre persone al posto dell’individuo stesso, in modo da generare, per esempio, diversi punti di vista. Avete mai fatto caso al fatto che se parlate solo con voi stessi di un problema, quest’ultimo risulta sempre pesante? Se invece si ripetono le stesse cose a un’altra persona è diffente, ci si sente meglio e ci si scarica: in un certo senso si distribuisce quel peso. Cosa ci può dire invece della catarsi? Personalmente non credo nella catarsi in psicoterapia; con questo non voglio dire che non esistano elementi catartici. La catarsi in ambito psicoterapeutico fa riferimento ai primi sviluppi di questa disciplina, in particolare a Freud, per il quale la comprensione profonda di un proprio conflitto o malessere genera appunto una catarsi, cioè un momento liberatorio: io capisco il nodo cruciale del mio conflitto e questo gli permette di sciogliersi e di darmi un senso di liberazione e benessere. Un atto liberatorio può avere anche una valenza catartica, ma non necessariamente. Un esempio di questa modalità è l’urlo primario di Arthur Janov. Un mio amico che era in terapia con uno di coloro che io considero tra i miei maestri – e del quale il mio amico era a sua volta allievo – mi ha raccontato che un giorno, durante una seduta, lui ha sparato a sua insaputa un petardo. Detta così sembra strano, uno psicoterapeuta che spara un petardo! In realtà serve a creare un effetto di rottura, magari in una situazione in cui gli schemi mentali della persona in terapia si sono irrigiditi. L’effetto shock veniva utilizzato per esempio anche nell’ipnosi terapeutica, con l’impiego di urla o piccoli spaventi in modo che il paziente fosse stimolato a cambiare il proprio stato di coscienza. Per difendersi, molte volte le persone in terapia entrano in uno stato di coscienza vigile e lavorano in


una dimensione di “multitasking”, restando su un livello fortemente mentale. Si possono allora utilizzare degli atti “scioccanti” per forzare l’assetto, ad esempio quello difensivo o cognitivo, dell’individuo. Se vi interessa approfondire l’argomento, vi consiglio un personaggio che di queste cose ne ha fatta un’arte: Alejandro Jodorowsky, autore di opere molto complesse e dal significato oscuro come La Montagna Sacra, El Topo e Santa Sangre. Conoscete la psicomagia? Jodorowsky è anche uno psicoterapeuta e parla di “atti psicomagici”, cioè azioni simboliche che aiutano la persona a liberarsi. Per esempio, se tu in terapia utilizzi una frase come “Mia madre mi ha sempre messo una croce addosso, ha scaricato tutti i suoi problemi su di me”, Jodorowsky potrebbe dirti: “Prendi una croce vera, vai da tua madre e portargliela”. Questo esempio è una semplificazione naturalmente, ma più o meno il funzionamento è questo: si tratta di mettere in atto qualcosa che dentro di te è già rappresentato in forma simbolica. Non ci sono però gesti specifici, in quanto tutto deve essere sempre costruito sul soggetto: il terapeuta ha a disposizione una “cassetta degli attrezzi”, che però, appunto, si elabora sempre sulla persona. È questo aspetto che rende veramente difficile questo lavoro, il fatto di dovere sempre confrontarsi con una soggettività dalla quale non ci si può sottrarre. Riguardo al nostro progetto, avevamo pensato all’utilizzo della scrittura come atto a valenza terapeutica. Lei cosa ne pensa? Ha mai consigliato di tenere un diario ai suoi pazienti, per esempio? Lo consiglio spessissimo, tenere un diario è utilissimo perché si spostano gli aspetti interiori su un piano esterno e diverso da sé; inoltre c’è l’opportunità di potere leggere, rivedere e quindi comprendere in seguito i propri cambiamenti. Non è escluso che nello scrivere si possano avere delle intuizioni

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relative a noi stessi che magari non si verificherebbero se ci si soffermasse solo sul piano ideativo. Quindi sì, scrivere è utile, ma comunque ogni atto artistico è, a mio parere, di per sé un atto terapeutico. Mi capita di consigliarlo ma non tutti lo fanno perché è appunto un atto artistico: se lo dicessero a me, personalmente non riuscire a scrivere neanche due righe, perché non mi piace scrivere! Di fronte al foglio non saprei cosa scrivere, i miei pensieri vanno così veloci che se mi fermassi ne perderei il senso. Riconosco comunque la valenza del lavoro artistico: non mi piace scrivere ma apprezzo l’ebanisteria, l’arte contemporanea, tutto quello che mi permette di spostare il mio vissuto interiore all’esterno, quasi di renderlo pubblico. Non so se questo possa aiutarvi con il lavoro che state facendo. La nostra idea sarebbe di incoraggiare le persone a scrivere un pensiero personale, fornendo loro un input. Mi avete fatto venire in mente una poesia di Eugenio Montale: Non chiederci la parola, contenuta in Ossi di seppia, nella quale un passaggio recita: “Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”. Questa poesia parla proprio di questo: ratifica l’impossibilità dell’essere umano di definirsi se non in forma negativa, solo in base a ciò che non è o non vuole. Quando gli si chiede di definirsi in forma positiva, il significato per lui risulta sfuggente o comunque “fotografa” un istante che scivola via immediatamente. Io posso dirvi “sono uno psicoterapeuta”, ma in realtà lo sono stato mezz’ora fa in studio: adesso sono Paolo D’Elia che si beve un caffè con altre persone, così come fra un po’ sarò qualcun altro. Per me è difficile ipotizzare o consigliarvi un possibile input, così sul momento; per il discorso che vi ho fatto prima, come terapeuta riesco sempre meno a generalizzare, riesco purtroppo solo a soggettivizzare le cose. Però terrei conto di


riferimenti come la poesia di Montale, per il definire le cose in forma negativa.

Interviste

Stavamo ipotizzando un contesto in cui collocare la persona per metterla in condizione di scrivere un pensiero personale in un luogo pubblico. Come può un contesto inaspettato influenzare la risposta? Le persone vivono diversi stati mentali che hanno anche un correlato neurologico, per esempio nella fase del multitasking – che voi dell’ISIA penso conosciate benissimo – la persona è meno propensa a uno scambio personale o ad andare in profondità di se stessa, perché deve fare appello a delle risorse logico-matematiche, o comunque a delle capacità tali per cui, se per esempio dobbiamo svolgere un’attività complessa come progettare un sito web, sarà difficile avere anche la volontà di parlare al nostro vicino di noi stessi. C’è un altro stato, detto contemplativo, in cui invece avviene qualcosa di diverso. La persona, in determinate situazioni, come per esempio quelle di rottura, si pone in una modalità differente. Se per esempio ti chiedo di darmi la mano, tu costruisci nella tua mente l’atto motorio completo, immaginando già di stringermi la mano; se io però mi interrompo e non ti stringo la mano, creo un momento di rottura o quella che alcuni terapeuti chiamano la “finestra di opportunità”: posso cioè in un qualche modo permetterti di scendere maggiormente in te stessa. Quello che favorisce di più questo stato contemplativo è l’arte: leggete Jodorowsky o guardate dei film di David Lynch, come per esempio Lost Highway o MulhollandDrive, per avere esempi di queste situazioni di rottura dove gli schemi vengono abbattuti. In Lost Highway a metà del film muta tutto, e anche il protagonista si trasforma in un altro personaggio. Potreste cercare elementi simi, in modo da rompere gli schemi

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difensivi che possono attivarsi subito in una persona non appena gli si chiede di sé: spesso infatti ci si aspetta uno scambio verbale “pro-forma” che faccia parte di un patto sociale, del tipo: “Come stai? Bene grazie”. Non è semplicissimo trovare un equilibrio; è chiaro che bisogna dare un certo tempo agli individui quando li si espone a un evento di rottura come un atto artistico perché si mettano più a proprio agio. Bisognerebbe fare delle prove. A suo parere, l’anonimato può aiutare le persone ad esprimersi meglio attraverso un messaggio? Sicuramente aiuta: se chiedi di esprimere un punto di vista su qualcosa e si sa che questo messaggio diventerà pubblico, sarà sicuramente diverso da se viene scritto in forma anonima o se invece si può risalire all’autore. L’anonimato garantisce senza dubbio una maggiore libertà: non a caso, tutte le ricerche in campo psicologico si fanno in forma anonima. In assenza di anonimato intervengono vari effetti: si attivano i sistemi difensivi come il gradiente sociale, cioè la tendenza a scrivere o dire qualcosa che sia socialmente accettabile o piacevole, o fortemente di rottura se, per esempio, non la penso come altri. Deve essere molto chiaro fin da subito se l’atto è anonimo. Forse dovreste spiegare in modo preciso alla persona che il suo pensiero resterà anonimo ma che i messaggi verranno utilizzati in una certa forma. Potete essere elusivi altrimenti, affermando che sì, farete qualcosa, ma il messaggio verrà rilasciato in forma assolutamente anonima. Create una situazione che sia realmente anonima, come si fa durante le ricerche: si lascia il questionario, l’operatore va via; si colloca un contenitore, una scatola dove la gente possa inserire il questionario compilato e piegato, in modo che non si possa risalire a chi l’ha compilato.


Perché le persone si sentono a disagio nel parlare in pubblico? In primis per il giudizio che le persone proiettano sulla platea; come direbbe Victor Tausk: “I nostri sentimenti escono da noi, vengono incorporati da un altro soggetto che diventa una macchina influenzante”. C’è qualcosa che mi influenza dall’esterno, sebbene la carica gliela dia io: se penserò di avere un brutto naso, la mia mente penserà che la gente giudichi il mio naso in maniera negativa. Chiaramente una certa quota di difficoltà c’è sempre per tutti nell’affrontare qualcosa di nuovo; c’è chi è più o meno bravo e chi impiega più o meno tempo per superarla: riguarda fattori estremamente personali, solitamente riferibili al giudizio dell’altro, all’attribuzione di valore, alla brutta figura che si può fare. Dipende anche da quanto si è critici verso se stessi: è questa la macchina influenzante che ha origine dal soggetto. Se ho un’autostima d’acciaio avrò meno difficoltà a parlare in pubblico di chi ha invece una bassa considerazione di sé. Come diceva Lacan riferendosi al Narciso, inteso come forma paranoide, tale aspetto è qualcosa che parte da un livello personale ma assume lo sguardo dell’altro proiettandosi in esso, e che perciò ha sempre origine da noi stessi. Ci sono tecniche per affrontare la difficoltà di parlare in pubblico. Uno dei nostri dubbi riguardo alla parte performativa del nostro progetto è se fare parlare le stesse persone o lasciare recitare i messaggi da un terzo, come un attore. Sarebbe interessante se fossero i singoli partecipanti a esprimere in prima persona il proprio pensiero, ma appunto non volevamo rischiare di scoraggiare la partecipazione. Il rischio infatti è che qualcuno non voglia pronunciare in pubblico il proprio pensiero intimo. Penso sia meglio far recitare i pensieri da qualcun altro.

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Secondo lei il gesto di scrivere e quindi riascoltare un proprio pensiero letto ad alta voce può portare beneficio all’individuo? Sì. Guarda, faccio lo psicoterapeuta e mi rendo conto che spesso la gente immagina di andare da uno specialista per apprendere verità molto oscure su se stessa, come se avessimo questa capacità archeologica di trovare il seme della follia in ognuno di noi! In realtà, la cosa più comune che avviene in psicoterapia è il sentirsi dire da qualcun altro qualcosa che già si pensava di se stessi. Quello che spesso si scopre è che non ci sono segreti, che l’unico segreto è che non ce ne sono: tutto quello che pensavi su di te andava già bene. Citando qualcuno: “Quando il paziente si accorge che non è stato mai malato, capisce anche che non deve guarire da nulla”; ma il paziente lo capisce effettivamente sentendolo dall’esterno. Questo forse avviene perché l’essere umano a livello intrinseco si fida poco dei propri vissuti, vuole sempre qualcun altro che li ratifichi. È quello che accade spesso in terapia: la persona è aiutata nel sentirsi ripetere da qualcuno le cose che ha già sentito, pensato, vissuto. È semplice, basta fare questo esperimento: riflettete su un vostro pensiero intimo, registratelo e poi riascoltatetelo. Vedrete che effetto farà: sarà diversissimo da come ve lo sareste aspettato. Avevamo ipotizzato la presenza di uno specchio, in modo da eventualmente collegare l’atto della scrittura di un pensiero personale al vedere se stessi riflessi. Cosa ne pensa? Mi sembra interessante. Per esempio, potreste collocare una serie di specchi che permettano alle persone di vedersi da angolazioni diverse alle quali non sono abituate, dato che normalmente ci riflettiamo frontalmente.


Interviste

Vi racconto una cosa che mi è successa e che mi ha divertito: mi è capitato di entrare in una stanza in cui c’erano degli specchi che coprivano tre delle pareti, per cui quando si entrava in questa stanza si vedeva un’infinità di “se stessi”. La realtà è che quando ci si guarda allo specchio si è abituati a vedersi in un unico modo: quante volte ti sei visto di profilo o da un qualsiasi altro punto di vista non frontale? È stranissimo ed è l’effetto che suscitano le foto, anche se queste sono più statiche. Anche questo è un effetto di rottura. Mi sembra accattivante l’idea di disporre una serie di specchi anziché un singolo specchio che rimandi alla solita immagine frontale: mi piace l’idea di potersi vedere da più punti di vista ai quali non si è abituati, infatti la nostra rappresentazione mentale è solitamente quella di noi stessi disposti frontalmente rispetto allo specchio. Si potrebbe pensare per esempio a una cabina con degli specchi, uno spazio in cui si è chiusi con sé stessi e in cui ci si può vedere da più punti di vista. Potrebbe essere un’esperienza straniante! Non essendo un artista, non saprei come realizzarla ma mi sembrerebbe un’ottima idea. In associazione a uno spunto testuale come quello della poesia di Montale, credo potrebbe generare un’esperienza estetica.

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Riferimenti


Catarsi Uno stato di coscienza di durata più o meno lunga nel quale l’individuo si ritrova dopo avere vissuto l’atto spontaneo, che funge da elemento di rottura del flusso quotidiano. Nell’antica Grecia la catarsi indicava un rito magico di purificazione sia del corpo che dell’anima, strettamente legato all’esperienza religiosa. Già Aristotele sottolineava l’effetto liberatorio del gesto di guardare e prendere parte alla tragedia, considerandola come un percorso benefico per lo spirito tramite le passioni vissute attraverso l’esperienza del teatro. I primi a riprendere il concetto di catarsi in ambito psicoterapeutico furono il neurologo e psicoanalista Sigmund Freud e il medico psichiatra Joseph Breuer, che svilupparono la teoria del metodo catartico verso la fine del XIX secolo: questa indicava il libero sfogo delle emozioni da parte del paziente durante l’ipnosi, praticata sotto la supervisione del terapeuta, durante la quale il soggetto riviveva determinati episodi della propria vita, causa di disturbi mentali. Il metodo dello sfogo inteso come atto liberatorio venne in seguito sviluppato dallo psicologo e psicoterapeuta statunitense Arthur Janov, ideatore della terapia primaria. Si tratta di un trattamento basato sull’uso della voce come mezzo fondamentale e arcaico di espressione e che si fonda sul confronto con bisogni, sentimenti e dolori lungamente repressi, legati all’infanzia e al vissuto della persona. Secondo Janov, alla base di tutti i disordini mentali e le ansie ci sono il dolore e la mancanza di affetto: inducendo il paziente a raggiungere il grido primordiale, cercava di farlo entrare in contatto con i propri sentimenti. L’urlo liberatorio permette alla persona di liberare la tensione e le “urla” trattenute a livello esistenziale, in modo da fornirle sollievo mentale e fisico.

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We all have needs that we have all born with. And when those basic needs are not met, it hurts and when that hurt is big enough, imprinted in the system, it changes our whole physiologic system. While pain in the storage and is waiting for its exit. What our therapy does is go back to the hurt brain, revive the pain and get it back on the system. It is a way of accessing our feeling brain, to get to hurts that start very early in our lives and bring it up to the consciousness for connection and integration. Arthur Janov


Riferimenti

Psicodramma Il concetto di catarsi è stato un elemento di fondamentale importanza nello sviluppo dello psicodramma, che si pone a metà tra la psicoterapia e la pratica teatrale. Ideato intorno al 1921 dallo psichiatra e psicologo Jacob Levy Moreno – che dedicò la propria vita alla terapia di gruppo per mezzo della rappresentazione teatrale – il metodo prevede il coinvolgimento dei pazienti in brevi messinscene basate su episodi della loro vita, invitandoli a rivivere e affrontare determinate situazioni di disagio. Per Levy Moreno alla base della capacità personale di reagire in modo adeguato alle situazioni della vita c’è l’addestramento alla spontaneità: “La spontaneità opera al presente, hic et nunc; è la forza che spinge l’individuo a cercare una risposta adeguata per una nuova situazione o una nuova risposta per una vecchia situazione” – da Il teatro della spontaneità. Attraverso le terapie di gruppo basate sul metodo teatrale, Moreno cercava di catalizzare la spontaneità dei suoi pazienti attraverso scene in cui si trovavano a recitare il ruolo sia di se stessi che di altri, introducendo così l’idea che la catarsi potesse avvenire, oltre che nello spettatore, anche nell’attore coinvolto. Moreno era convinto che lo spettatore potesse comprendere gli aspetti profondi della propria realtà esistenziale anche solo osservando dall’esterno la rappresentazione della propria vita, andandone così ad attenuare l’effetto emotivo immediato.

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Un incontro a due: occhi negli occhi, volto nel volto. E quando tu sarai vicino io coglierò i tuoi occhi e li metterò al posto dei miei e tu coglierai i miei occhi e li metterai al posto dei tuoi allora io ti guarderò con i tuoi occhi e tu mi guarderai coi miei. Jacob Levy Moreno, Il motto, 1914


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4. Studio di psicodramma Brescia, Italia, 1979.

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5-6. Sessione di psicomagia con Alejandro Jodorowsky.

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Psicomagia Riferendosi a un ambito più prettamente teatrale, è importante menzionare la figura di Alejandro Jodorowsky, scrittore, saggista fumettista, drammaturgo, regista teatrale, cineasta e poeta cileno, noto per i suoi film surrealisti e provocatori. Una delle pratiche terapeutiche più note di Jodorowski è la psicomagia, cioè la progettazione di un atto simbolico e momentaneo a forte connotazione emotiva con lo scopo di rompere il flusso quotidiano, aiutando a prendere coscienza di un problema e a trovare un nuovo punto di vista, e quindi una soluzione. Anche in questo caso il momento della catarsi è fondamentale, essendo questa la soglia tra il conscio e l’inconscio. La psicomagia è codificata da cinque tappe: l’atto poetico, l’atto teatrale, l’atto onirico, l’atto magico, l’atto psicomagico. Tutte le fasi di questo metodo hanno lo scopo di rappresentare paure, emozioni, stati d’animo e blocchi psicologici in una forma visibile e spesso simbolica, allo scopo di affrontarli e liberarsene. È comunque importante sottolineare che la psicomagia non pretende di essere una tecnica terapeutica ufficialmente riconosciuta nel campo della psicoterapia: tutt’oggi appartiene all’ambito artistico e a quello del misticismo.

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Noi abitiamo in un circolo vizioso di abitudini. Abbiamo abitudini mentali, emozionali, sessuali, fisiche. Quando le rompiamo, esce fuori la nuova dimensione di noi stessi. Perché siamo infiniti come l’universo, ma la famiglia, la società, la cultura ci danno forma. Se riusciamo ad uscire da questa forma, rompere questa impronta, scatta il processo di guarigione. Dobbiamo inoltre sforzarci di fare qualcosa che non abbiamo mai fatto prima; più difficile è, meglio sarà. Alejandro Jodorowsky


Riferimenti

Playback Theatre Il Playback Theatre è sia una compagnia che una forma di improvvisazione teatrale ed è stato fondato nel 1975 negli Stati Uniti da Jonathan Fox, conoscitore sia di teatro dell’improvvisazione che psicodramma moreniano, e da Jo Salas, musicista, attivista e scrittrice. Alla base dell’approccio terapeuticoteatrale del Playback Theatre ci sono l’improvvisazione, lo psicodramma e la narrazione: durante le performance, una persona tra il pubblico solitamente narra un episodio della sua vita personale o professionale, quindi sceglie degli attori per rappresentarlo e osserva il suo racconto ricreato e ripresentato al momento. Gli attori sono liberi di scegliere un approccio non necessariamente realistico, come una canzone o una metafora: il Playback Theatre si basa sulla narrazione in sé, e non esclude quindi forme non convenzionali come le “sculture viventi” e i cori, solo per citarne alcuni. Le rappresentazioni del Playback Theatre vengono costruite da un gruppo di attori e musicisti guidati da un conduttore. All’inizio dell’evento, il conduttore rivolge alcune domande agli spettatori sulle quali gli attori e un musicista improvvisano. In altri casi lo spettatore è invitato a narrare con la propria voce la vicenda mentre questa viene messa in scena simultaneamente. Il pubblico diventa una comunità narrante e partecipante e viene invitato a riflettere su situazioni problematiche, a livello sia individuale che collettivo. La funzione principale di questa modalità teatrale è dare infatti la possibilità di esprimere i propri problemi stimolando un dialogo che possa aiutare a osservare la situazione da diverse prospettive. Grazie ai suoi aspetti terapeutici, il Playback Theatre viene praticato in tutto il mondo nelle scuole, nelle prigioni, nei centri per gli anziani, nelle università e, in generale, nei centri per le attività sociali.

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7. The Playback Theatre gruppo teatrale Fare e disfare, Brescia, Italia.

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8. The Playback Theatre Gruppo teatrale di Toronto, Canada.


Riferimenti

Teatro della crudeltà Alla base dell’approccio di Antonine Artaud, attore, scrittore e registra teatrale francese, nonché figura chiave nella storia del teatro del XX secolo, c’è il completo rifiuto dei testi teatrali e della figura del drammaturgo. Lo scopo di Artaud era quello di creare una modalità teatrale basata sul rito, eliminando la separazione tra gli attori e il pubblico – la cosiddetta quarta parete – e facendo interagire quest’ultimo all’interno della performance a un livello istintivo. Lo spettacolo diventa un “esorcismo magico, quando attraverso gesti, suoni, particolare illuminazione e spazio si crea un linguaggio superiore a quello delle parole, che rompe il flusso della vita quotidiana dello spettatore/partecipante, aiutandolo a concentrarsi sull’essenza del mondo”. In questo tipo di teatro lo spettatore si muove assieme agli attori ed è quindi esposto a varie esperienze fisiche e spirituali, anche violente – da cui il nome). Artaud lo riteneva un atto crudele, uno shock necessario per riuscire a risvegliarsi dal sonno quotidiano che impedisce di vivere il mondo pienamente. Il gesto prevaleva sulle parole, rendendo il linguaggio letterario vivo e accompagnato dal movimento.

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The Living Theatre The Living Theatre è una compagnia di teatro sperimentale contemporaneo, fondata a New York nel 1947 dall’attrice statunitense Judith Malina e dal pittore e poeta Julian Beck. L’attività del gruppo ha raggiunto l’apice negli anni Sessanta e Settanta, nel contesto delle iniziative pacifiste della subcultura hippie, all’alba della scena del teatro partecipativoterapeutico, ispirato dall’esperienza di Antonine Artaud e Jacob Levy Moreno. Fin dalla sua fondazione, la compagnia si è distinta grazie allo sviluppo di un linguaggio teatrale “autentico”, ispirato dalla vita quotidiana delle persone comuni. Le modalità di espressione erano legate strettamente al pacifismo e alle critiche verso i malesseri della società – potere, gerarchia, guerra. I membri di The Living Theatre erano moralmente impegnati a portare un messaggio di cooperazione e pace per la comunità. La modalità principale di messa in scena della compagnia era costituita da uno spettacolo diretto, nel quale le persone non si aspettavano di prendere parte – e quindi non necessariamente allestito su un palco. The Living Theatre ricercava il coinvolgimento del pubblico, con l’obiettivo di evocare una “catarsi morale” collettiva che si manifestava nelle reazioni spontanee degli spettatori, che per esempio iniziavano improvvisamente a cantare, spogliarsi e fumare marijuana. Gli attori instauravano un rapporto diretto con gli spettatori: per esempio, durante la performance Paradise Now, questi camminavano in mezzo al pubblico recitando frasi personali come “Io non ho il permesso viaggiare senza il passaporto”, “Io non so come fermare la guerra”, entrando nello spazio privato degli spettatori. La performance raggiungeva il culmine quando agli attori si univa anche il pubblico, condividendo una sensazione di estasi di


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9. Blodsprut Grusomhetens Teater, 2005. Esempio di Teatro della crudeltĂ .

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10. Antigone The living Theatre, 1967.


Riferimenti

gruppo nell’urlo collettivo delle frasi. Un’altra modalità di coinvolgimento è evidente nella performance Antigone, dove al pubblico viene assegnato un ruolo. In questo modo avviene un’identificazione della responsabilità: la guerra non è causata in questo caso dall’avidità di Creonte, re di Tebe, ma dalla responsabilità individuale di ogni singolo cittadino. Durante lo spettacolo gli spettatori rappresentano Argo, città nemica di Tebe, che invece è impersonificata dagli attori sul palcoscenico. La suddivisione dei ruoli viene resa evidente sin dall’inizio della rappresentazione, quando gli attori entrano e si siedono davanti al pubblico, guardando gli spettatori negli occhi con uno sguardo di sfida e ostilità – e provocando notevole imbarazzo in platea. Lo spettacolo procede fino alla sconfitta di Tebe; durante il finale, quando il pubblico è già pronto per l’applauso finale, gli attori arretrano impauriti dagli spettatori, facendo intendere che questi ultimi sono i loro reali assassini, e suscitando quindi una sensazione di colpevolezza.

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To call into question Who we are to each other in the social environment of the theater, to undo the knots that lead to misery, to spread ourselves across the public’s table like platters at a banquet, to set ourselves in motion like a vortex that pulls the spectator into action, to fire the body’s secret engines, to pass through the prism and come out a rainbow, to insist that what happens in the jails matters, to cry “Not in my name!” at the hour of execution, to move from the theater to the street and from the street to the theater. This is what The Living Theatre does today. It is what it has always done. The Living Theatre, dichiarazione d’intenti


To call into question who we are to each other in the social environment of the theater, to undo the knots that lead to misery, to spread ourselves across the public’s table like platters at a banquet, to set ourselves in motion like a vortex that pulls the spectator into action, to fire the body’s secret engines, to pass through the prism and come out a rainbow, to insist that what happens in the jails matters, to cry “Not in my name!” at the hour of execution, to move from the theater to the street and from the street to the theater. This is what The Living Theatre does today. It is what it has always done. Julian Beck, The Living Theatre

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11. Paradise Now The Living Theatre, 1968.

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Casi studio


Ema Fra le pratiche tradizionali del Giappone compare quella degli Ema shintoisti, cioè tavolette pentagonali in legno sulle quali i fedeli sono invitati a scrivere preghiere e desideri rivolti ai kami: divinità e spiriti. Le tavolette vengono quindi appese su strutture situate lungo il perimetro dei templi. Gli Ema riportano spesso la parola “desiderio” e delle icone, principalmente di animali: la più diffusa è quella del cavallo, in giapponese uma, da cui deriva il nome delle tavolette che letteralmente significa “immagine di cavallo”, con riferimento all’antica usanza di donare cavalli ai templi. Bandiere tibetane Lungo l’Himalaya da secoli si tramanda l’usanza di appendere delle bandiere di tessuto colorato su corde disposte lungo i pendi e sulle cime della catena montuosa; la loro funzione, molto più antica rispetto alla tradizione Buddista tibetana, è quella di benedire il territorio circostante. Le bandiere, solitamente rettangolari, sono particolarmente diffuse nella regione del Tibet: vengono disposte secondo una sequenza ordinata di cinque colori che corrispondono ai cinque elementi – blu, bianco, rosso, verde e giallo. Oltre a riportare una preghiera e richieste di beatificazione – solitamente in forma di mantra e stampate tramite xilografia – le bandiere presentano spesso l’icona di un cavallo possente che reca con sé i tre gioielli che simboleggiano i tre cardini del Buddismo: il Dharma, l’insegnamento del Buddha; il Sangha, la comunità buddista; e il Buddha stesso. Come gli Ema, anche le bandiere tibetane non hanno una funzione celebrativa rispetto a una determinata divinità. La tradizione vuole che, ponendole in luoghi sopraelevati, il vento possa soffiarle diffondendo quindi una benedizione nei territori circostanti, a beneficio di ognuno; per questo si

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preferisce appendere le bandiere in giorni soleggiati e ventosi, sulla cima delle montagne. Le bandiere sono ritenute sacre e per tale motivo vengono trattate con rispetto; tuttavia vengono periodicamente sostituite, in particolar modo in occasione del nuovo anno tibetano. Le nuove bandiere affiancano quelle precedenti fino a che queste ultime non vengono bruciate. Wish Tree Yoko Ono afferma che tutti i suoi lavori sono forme di espressione di un desiderio. Questo intento si palesa in particolar modo in Wish Tree, una serie di eventi tenutosi dagli anni Ottanta in poi in diverse parti del mondo: in questi i partecipanti sono invitati a scrivere su delle targhette i propri desideri di pace e poi ad appendere questi sui rami di un albero, fino a riempirlo. Questa operazione trae le sue origini da una pratica tradizionale giapponese, come spiegato da Yoko Ono: “Da bambina, in Giappone, ero solita andare a un tempio e scrivere un desiderio su un pezzo di carta sottile e avvolgerlo attorno al ramo di un albero. Gli alberi nei cortili dei templi erano sempre pieni dei desideri della gente annodati agli alberi; da lontano sembravano fiori bianchi che sbocciavano.” I desideri raccolti personalmente in tutto il mondo dall’artista – più di un milione – sono seppelliti presso la Imagine Peace Tower, un “pozzo dei desideri” dal quale speciali lampade proiettano un fascio di luce alto circa 10 metri. Realizzata nel 2007 sull’isola di Viðey nei pressi di Reykjavík, in Islanda, la scultura è dedicata alla memoria del defunto marito John Lennon e riporta incise sul suo perimetro le parole “Imagine peace” tradotte in diverse lingue.


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12. Bandiere tibetane

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13. Ema

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14. Wish Tree, Yoko Ono


Casi studio

Mail Art Riconosciuta come forma di arte popolare, la Mail Art consiste sostanzialmente nello scambio di opere d’arte di piccolo formato attraverso le vie postali e nella costruzione, attraverso queste, di una rete di rapporti. Ray Johnson, in ambito Fluxus, è ritenuto il primo a fare in modo consapevole “arte postale”: si tratta degli anni Cinquanta e Sessanta e da quel momento, in particolare con il costituirsi di una prima rete di scambio rappresentata dalla cosiddetta New York Correspondance School – l’errore nella parola “correspondence” è intenzionale e voluto dallo stesso Johnson – la mail art si sarebbe evoluta in un vero e proprio movimento artistico globale. La prima mostra dedicata all’arte postale, la ‘New York Correspondence School Exhibition’ è stata organizzata nel 1970 da Johnson e Marcia Tucker presso il Whitney Museum di New York. Ciò che rende la mail art una pratica artistica è il contatto interpersonale, l’atto dell’inviare, del tessere una maglia di contatti, per quanto sfuggente e “virtuale”. Questo tipo di distribuzione permette uno scambio di opere artistiche in un circuito alternativo rispetto a quello delle mostre, della critica ufficiale e del mercato d’arte: diventa per questo un mezzo critico che permette di distribuire e far conoscere il proprio lavoro in un gruppo di artisti aperto ed egualitario. L’arte postale si avvale principalmente di cartoline e collage di carte, immagini, francobolli e altri materali stampati e pittorici. Le cartoline presentano testi poetici e in prosa, confessioni o semplici istruzioni da seguire, spesso scritte in tono volutamente umoristico. PostSecret è un recente progetto partecipativo che riprende diversi aspetti dell’esperienza dell’arte postale. Nel 2004 Frank Warren stampa tremila cartoline con riportati il proprio indirizzo e delle semplici istruzioni: queste chiedono alle persone di condividere anonimamente un segreto

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mai confidato prima. Frank Warren le distribuisce ai passanti a Washington DC: da quel momento l’esperimento diventa un fenomeno diffuso e le cartoline iniziano ad arrivare da molte altre località, anche da al di fuori dei confini degli Stati Uniti. PostSecret.com è il blog che le raccoglie e che, con il suo folto seguito, sancisce il successo dell’iniziativa. La collezione racchiude più di mezzo milione di segreti: si tratta di confessioni di ogni tipo e provenienti da ogni parte del mondo: profonde, banali o sconvolgenti; rivelano una molteplicità di vulnerabilità, storie e situazioni umane, oltre che una necessutà inestinguibile di comunicarsi. Sebbene non tutte le cartoline siano necessariamente pubblicate, l’iniziativa non pone filtri o restrizioni sui contributi, per cui non sono mancate controversie legate a contenuti offensivi o illegali: tracce dunque della complessità delle dinamiche umane, raccontate senza filtri e cesure. Illegal Art Il design delle città non riguarda solo una nozione “tradizionale” di urbanistica come pianificazione edilizia: le città sono fatte anche di interazioni sociali, vicinati e comunità. Un buon design urbano aiuta non solo a progettare le città in modo da renderle vivibili ed efficienti, ma anche a creare coinvolgimento e facilitare la comunicazione fra i cittadini. Alle volte possono bastare gesso, adesivi e una semplice frase da completare per innescare una reazione da parte del pubblico e una riflessione sull’identità di una comunità. Illegal Art è un collettivo di artisti americani attivo dal 2001 in questi ambiti di ricerca e azione: arte e design diventano strumenti volti a migliorare la qualità della vita e delle interazioni fra gli abitanti di una città, tramite l’utilizzo di input e azioni di forte impatto emotivo e a volte spiazzanti. Nel 2011 a New York, in occasione del decimo anniversario dell’11 settembre,


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15. La busta Ray Johnson, 1988.

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16. Suggestion box Illegal Art, New York, 2002.

17. The Shadow Illegal Art, New York, 2011.


Casi studio

Illegal Art allestisce The Shadow, riportando in lunghezza, sul suolo, l’altezza delle Torri Gemelle e invitando i presenti a percorrerne simbolicamente l’estensione; i partecipanti sono inoltre invitati a scrivere con del gesso un messaggio commemorativo sulla strada. God – 2004 – è un manifesto di 70 per 92 centimetri dal fondo quadrettato, simile a quello di un quaderno scolastico; su questo i passanti sono invitati a scrivere la propria interpretazione e definizione di “Dio”. Per Suggestion box – 2006– si chiede di scrivere su dei biglietti i propri suggerimenti – su qualsiasi tema – e di inserirli in una scatola di cartone che riporta in stencil la parola “Suggestion”. I suggerimenti sono stati poi raccolti in un volume. Incomplete – sempre del 2006 –impiega un formato che ispirerà il futuro progetto Before I Die di Candy Chang e chiede al pubblico di completare, scrivendo con del gesso, una frase dipinta sulla vetrina di The Apartment a Manhattan: “ I _____ because _____ makes me _____ and _____”. In questo caso il pubblico può cancellare le parole precedenti o aggiungere a queste le proprie. The Last Word (2009) riguarda il non detto, le occasioni perse e le cose che finiscono: per i partecipanti è l’occasione per esplicitare le parole mai espresse prima di quel momento. I pensieri vengono scritti su fogli arrotolati che vengono poi riposti nelle cellette da cui erano stati estratti. Il pubblico può estrarre nuovamente i fogli e leggere quanto scritto dagli altri partecipanti. L’evento si è svolto in diversi luoghi di New York.

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Candy Chang Nello stesso ambito di ricerca di Illegal Art si inseriscono anche le pratiche partecipative di Candy Chang, artista e designer americana di origine taiwanese. Candy Chang evidenzia quelle pratiche comunicative spontanee che animano le nostre città e che espongono bisogni intrinseci di comunicazione. A New Orleans nel 2011, lungo la facciata di una casa abbandonata, realizza un enorme lavagna, dove i passanti sono invitati a completare la frase “Before I die, I want to...”. La frase, semplice ma assai pregnante, invita chi viene in contatto con questa installazione a fermarsi e riflettere sulle propria vita, a rivalutare i propri obiettivi e valori alla luce della finitezza della vita e della necessità di stabilire in questa delle priorità. Le foto dell’intervento e della grande risposta ottenuta da parte dei cittadini si diffondono, grazie anche al web, e questo porta l’intervento ad essere replicato spontaneamente in tutto il mondo, in più di 60 Paesi. L’operazione dà luogo alla realizzazione di un libro nel 2013. Un altro progetto, Confessions, realizzato al Cosmopolitan di Las Vegas nel 2012, invita i partecipanti a scrivere confessioni anonime su tavolette di legno, poi disposte lungo le pareti della galleria, in modo simile agli Ema dei templi giapponesi. In questo modo la sacralità dell’atto confessionale viene giustapposta alla frenesia delle luci, dei casinò e dei bar della Strip, creando un luogo che è anche spazio di comprensione, vulnerabilità e consolazione nel cuore pulsante di una città di eccessi e rumore. Per I wish this was (2010), sempre a New Orleans, Candy Chang affigge adesivi rimovibili sulle vetrine di negozi vuoti, invitando la gente a scrivere su questi per suggerire in che modo reimpiegare quegli spazi, al fine di migliorare la vita di quartiere. Adesivi vuoti vengono messi a disposizione degli abitanti, in modo da poterli diffondere e impiegare più


capillarmente sulle superfici della città. Il progetto evolve in Neighborland che, in collaborazione con Dan e Tee Parham, si sviluppa su scala nazionale come una piattaforma di collaborazione civica. Si tratta di uno strumento di comunicazione che, in forma sia fisica che digitale, permette alle organizzazioni impegnate in progetti pubblici reali di richiedere il parere e conoscere i bisogni delle comunità locali riguardo specifiche questioni urbanistiche e infrastrutturali.

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18. Before I die Candy Chang, New Orleans, USA, 2011.

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I think we’ve only just begun to recognize the power of sharing information in public space to make our places more ours. If you look at many street corners you’ll see what people are trying to do. Flyers are spread throughout the interstitial spaces of our cities. A lot of them are really useful, and yet they’re often illegal and discouraged. [...] Communication tools are just as important an infrastructure system as roads, electricity, and sewer drains. A Conversation with Candy Chang, Public Installation Artist and Designer”, Samantha Michaels, The Atlantic, August 15, 2011


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Identità Concept Font e declinazioni grafiche Esempi Utilizzo del colore Allestire Nebula Presentazione complessiva Le 4 fasi del progetto Occorrente per l’allestimento 1. Evento di scrittura collettiva 2. Scaletta per la rappresentazione 3. Rappresentazione teatrale 4. Rielaborazione delle cartoline Contatti artistici Autorizzazioni Comunicare l’evento

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IdentitĂ 50

Manuale


Concept Coerentemente all’idea di città in continua ridefinizione su cui si fonda l’intero progetto, l’identità di Nebula fa riferimento ai concetti di dinamicità e mutevolezza: il sistema grafico si basa su un contenitore del quale sia possibile spostare i limiti in modo da adattarlo a un contenuto che è in costante cambiamento. Il logo di Nebula rappresenta graficamente il concetto di insieme e svolge sia la funzione di sintetizzare il pensiero alla base del progetto, sia di indicare la modalità attraverso cui è possibile sviluppare nuove declinazioni dell’identità: le due parentesi chiuse rappresentano contemporaneamente sia l’idea di un contenitore, sia i simboli grafici utilizzati per definire un dato gruppo di elementi come “insieme”.

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identità

Font e declinazioni grafiche L’identità di Nebula si basa su un uso prevalente della tipografia. Il logo di Nebula è composto da due font: Calluna Sans Black, di Jos Buivenga, per “nebula”; e Triplex Extrabold, di Zuzana Licko, per la coppia di parentesi. Come già anticipato, il logo può essere considerato come struttura di riferimento attraverso la quale devono essere elaborate tutte le successive declinazioni grafiche dell’identità. Tale modalità è rappresentata dallo schema di base “nome del contenitore { contenuto }”, che può essere interpretato liberamente. purché siano presenti tutti e tre gli elementi costitutivi di tale struttura. Nella declinazione grafica della struttura di riferimento, è possibile utilizzare più pesi della font Calluna Sans: Bold e Black per il nome del contenitore; Light, Regular ed eventualmente Bold e Black per il nome del contenuto. Le parentesi sono sempre composte in Triplex Extrabold, anche se possono essere bilanciate otticamente.

Calluna Sans Black

Calluna Sans Bold Calluna Sans Black

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Manuale

La scelta del peso delle font deve essere effettuata in modo che tra il nome del contenitore-parentesi e il contenuto si verifichi un effetto di contrasto netto. Ciò può avvenire abbinando due pesi sufficientemente diversi tra di loro – bold/ black + light/regular – oppure utilizzando le parentesi in dimensioni particolarmente elevate rispetto al testo; in quest’ultimo caso è possibile utilizzare anche i pesi black e bold per comporre il testo del contenuto. È possibile abbinare eccezionalmente i pesi black e bold o utilizzare uno solo dei due in un testo contenuto senza ingrandire le parentesi, nel caso risulti più efficace -e/o coerente porre il titolo del contenitore.

Triplex Extrabold

Triplex Extrabold

Calluna Sans Light Calluna Sans Regular (Calluna Sans Bold) (Calluna Sans Black)


Bold

Light

nebula

{ Catecte dolupta spedit volentota sument untias

Bold

Regular

nebula

{ Catecte dolupta spedit volentota sument untias

Black

Light

nebula

{ Catecte dolupta spedit volentota sument untias

Black

Regular

nebula

{ Catecte dolupta spedit volentota sument untias

55

inveles tiatiis sitamentiat latquam as ventia eum enimillore sit mo modisin et in consequaepre dipisci isinven dictemos que explici musam, sequis ius et veliquia volupta tionest, to et, nobis dentia comnis. }

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inveles tiatiis sitamentiat latquam as ventia eum enimillore sit mo modisin et in consequaepre dipisci isinven dictemos que explici musam, sequis ius et veliquia volupta tionest, to et, nobis dentia comnis. }


Bold

Bold

nebula { Catecte dolupta spedit volentota sument untias inveles tiatiis sitamentiat latquam as ventia eum enimillore sit mo modisin et in consequaepre dipisci isinven dictemos que explici musam, sequis ius et veliquia volupta tionest, to et, nobis dentia comnis. }

Bold

identitĂ

Catecte dolupta spedit volentota sument untias inveles tiatiis sitamentiat latquam as ventia eum enimillore sit mo modisin et in consequaepre dipisci isinven dictemos que explici musam, sequis ius et veliquia volupta tionest, to et, nobis dentia comnis.

Bilanciamento spessore Nel caso di ingrandimenti, lo spessore delle parentesi può essere rimpicciolito otticamente a discrezione del progettista, aggiungendo un contorno neutro.

56

Manuale


Esempi Gli esempi seguenti mostrano alcune modalità di declinazione grafica. L’utilizzo della struttura è flessibile: oltre alle indicazioni tipografiche già elencate, la condizione fondamentale è che siano sempre presenti gli elementi parentesi. Nel caso di elaborati grafici ad uso pubblicitario – poster, flyer, cartoline – anche se la struttura viene declinata nella forma “nebula { contenuto }”, è necessario l’inserimento del logo istituzionale.

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identitĂ

La cittĂ fluida

Urbino (PU) 4 maggio 2015

58

Manuale

Aximint optas dero doluptatur, comnimusae perunti onsequae quis repe vent fugiaerum quiantis es quidunto tem evel minumquam ipsam audi od quae sequaspid quia quistis sequam volupti as aliquatas et pla nim ius aut et autaspiciis sum quossero ommodios a volorem ea quibuscipsae pero cuptatio offictis eicipsam adi ium ut veritiis ipiciatem repuda sim facia con pellore ssinit.

Uptaquiam que ant. Mendae labo. Atque voluptat et qui omnis alitior ressit rerita plabo. Ut pa nonsequo doluptae nobit hitiscimus


Giancarlo de Carlo { Architetto e urbanista }

nome cognome

Una cittĂ fluida

indirizzo

{ { {

Italo Calvino, scrittore

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} } }

Non pre, sunt, istionsequae excepero odicia cum quiasitat es enihit at quisciis sum ad qui que aut odit ommolup tatemod ut lacesto rrovit ut accullu ptatum fugiandi ut re niendent laut poremporepe volorerum esecesed ea sit, quis iur simusam vernate qui unt voluptas solorrovit, ut quis intibus molorent estia di reribus autat. Erspiendae pliquiae volorit fugiatur si conem asimili gnimpore nisquam doluptatur minullu ptatinis.

Ascoltare qualcuno che legge ad alta voce è molto diverso che leggere in silenzio.


identità

Utilizzo del colore L’utilizzo del colore all’interno dell’identità è limitato a una sola tinta di rosso e una di verde, i cui codici sono indicati in seguito. Tali toni devono essere presenti nella grafica allo stesso tempo e possono essere declinati anche sotto forma di sfumatura. La sfumatura può essere utilizzata come riempimento per gli elementi parentesi. Nel caso di un’unica coppia di parentesi, i testi all’esterno e interno devono essere utilizzati in nero; nel caso di un pattern di parentesi, i testi possono essere utilizzati anche nei due colori. La sfumatura può essere eccezionalmente impiegata come riempimento di un testo se questa scelta ha motivazioni formali e se non si presta a una lettura tradizionale, come nel caso di un poster promozionale.

C: 15, M: 100, Y: 60, K: 0

75°

C: 72, M: 10, Y: 47, K: 0

60

Manuale


Titolo del contenuto

Em re, audaes eum ipsam aut que sapeliquo quidici doluptatum qui rerovit ad maionsequid quisqui ut eum inverspelest aut im accus doluptatem audipsumquae laborrume nim eaquos exerror eresti re nis reratusandit offic te

net quatusdaecea veliqui consequam dolore.

61


Bea providestia voluptiis essite periberae nus elibusa nimodita vid ut fugitamusdae pere officat qui vit volla dendae archicit quis escia dem renis sunditas is necusant as doluptata doloriore, ut omnis velis que parum ex eaquis invendam, consect atecus.Sum sit arci conseque cum et aci berat aut aditius dolupta consequidis ditio. Et dolupta tempos nis si aut ideriones explicae. Rest la sa is is aceatus. Ihil incius pre verum asperio dolorent odis quiaecesti core videm esed quas aceprep tatiunt odit que ne et hari cum veribeaqui ut aspit volest, consent pa coreroris mincitius qui tendaest rem qui ad et modistia quid quam, qui saeritat faccabo riasper uptatem secto excerro rerunt et repe sit eici od expligenem lam faccusc illant que aces audia voluptio mod qui sinveli quibus iniscitas et am, quam ex etur aut occullatur minverro conem demporum velique net la nonsequam as molor am num volorent et omnimagniet pro dempelitis autam, volorepudita voluptas doles dellute mperisquam excerum quas estempedi dolorum, comnienist exceris sapis aut omniandi tem eum quistorem is unt quosam volor arum ipsam qui dolupta tiorestio mos doloribus dolla aliquame amuscillab ilis cupici omnis et uteni od molupta quatque posam expedic aborem qui tota dolor sincto in etust plis et alia quam.

{

identitĂ

}

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Manuale



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Manuale

Allestire Nebula


Presentazione complessiva Sin dalle prime battute del progetto, era nelle nostre intenzioni poterne trarre un formato il più possibile aperto e ripetibile. Nebula è uno strumento di comunicazione e di riattivazione per la città e i suoi abitanti, e come tale è pensato per poter essere riproposto in città, luoghi e tempi diversi. I due eventi che costituiscono la struttura portante del progetto sono pensati per potere essere replicati, sotto il titolo unico di Nebula, nel contesto in cui viviamo; con bassi costi e una quantità contenuta di risorse richieste, ma con un alto livello di partecipazione ed interazione. Vista la vocazione pubblica e partecipativa dei due eventi, lo spazio ideale per la loro realizzazione è la piazza – il luogo pubblico per antonomasia – ma possono essere impiegati anche altri spazi ad uso collettivo se sufficientemente ampi per consentire l’allestimento delle strutture, la loro fruizione e per la recitazione. I due eventi, uniti dal titolo comune “Nebula {non ti ho mai detto che}”, corrispondono a due diverse attività: quella di scrittura e quella di recitazione ed esposizione degli scritti; un atto personale e intimo – per quanto svolto in uno spazio non personale – e un atto propriamente pubblico: la restituzione compiuta attraverso l’esposizione in forma pubblica dei pensieri della gente e tramite la voce di una terza persona, l’attore, che diviene il mediatore attivo della comunicazione, fra chi scrive e chi ascolta. In particolare, la condizione dello scrivere un pensiero personale e intimo in una postazione allestita in uno spazio pubblico, come quello di una piazza, in presenza di estranei di fronte a sé, insieme con l’influenza dei brani proposti, vuole contribuire a creare una situazione di spiazzamento e di rottura della routine, capace di stimolare pensieri e riflessioni spontanee, meno prevedibili.

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Le 4 fasi del progetto 1. compilazione / evento di scrittura collettiva; 2. prima catalogazione / scaletta per la rappresentazione; 3. restituzione / rappresentazione teatrale; 4. seconda catalogazione / rielaborazione delle cartoline. Occorrente per l’allestimento L’allestimento è costituito da: - postazione di richiamo e lettura; - postazione di scrittura (evento 1) ed esposizione (evento 2). La postazione di richiamo e lettura è costituita da: - un pannello espositore; - un tavolino. La postazione di scrittura / esposizione: - n. 3 pannelli divisori/espositivi; - supporto per la scrittura (evento 1); - una o più sedie (evento 1); - penne per scrivere, almeno una per ogni posto a sedere; - scatola per inserire le cartoline; - nastro adesivo o altro per fissare le cartoline compilate ai pannelli (evento 2). Per la performance dell’evento 2: - sedia per l’attore; - strumenti musicali o altri oggetti per produrre suoni (ad es.: flauto, chitarra, bongo, bastone della pioggia, lamiera...). Materiali cartacei per gli eventi: - cartoline per la scrittura; - manifesti (ad es. 50 x 70 o 70 x 100 cm); - fogli con citazioni (ad es. A4); - opuscoli con citazioni (facoltativo); - cartoline regalo (solo evento 2); - volantini/inviti (facoltativo); - poster/locandine (facoltativo).


Postazione di richiamo e lettura per gli eventi Costituita da un panello espositore e da un piano di appoggio orizzontale.

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Manuale


Proiezioni ortogonali, scala 1:25.

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Allestire Nebula

1. Evento di scrittura collettiva La prima fase consiste nell’organizzazione di un evento in cui le persone vengono invitate a scrivere pensieri personali e anonimi su delle cartoline, completando la frase “Non ti ho mai detto che...”, e a inserirle in un’apposita scatola disposta sulla postazione di scrittura. L’evento di scrittura collettiva prevede la disposizione di una postazione di lettura, pensata anche per fornire visibilità all’evento; e quella di una postazione di scrittura, dove svolgere l’attività centrale di questo primo evento: la scrittura delle cartoline. I partecipanti all’evento sono invitati a sedersi alla postazione di scrittura e a completare con un proprio pensiero libero l’incipit “Non ti ho mai detto che”, riportato su una cartolina, e a imbucarla, anonima, all’interno di una scatola apposita. Le postazioni di lettura e scrittura sono rese disponibili dalla mattina fino al tardo pomeriggio – o fino a quando ritenuto necessario, considerando anche la presenza o meno di illuminazione. Si possono tenere più sessioni di scrittura e raccolta, anche in luoghi e giorni diversi, purché ravvicinate dal punto di vista temporale e comunicate in modo coerente. La postazione di richiamo e lettura, da porsi a pochi metri da quella di scrittura, è costituita da un pannello espositivo con affisse citazioni letterarie e da un tavolo su cui disporre materiali vari: cartoline, flyer, locandine e altri elaborati che possono essere liberamente consultati e anche portati via dai passanti e dai partecipanti. Sullo stesso supporto possono essere messi a disposizione opuscoli che riportano citazioni letterarie e altre suggestioni, come quelle disposte sul pannello espositivo. Le citazioni possono spaziare fra vari temi: dal tema della città a quello dell’osservazione, da quello della scrittura a quello dell’incontro e del non detto. Sul tavolo o sul pannello va affissa una presentazione del progetto e una spiegazione dello svolgimento dei due

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Manuale

eventi in programma. La postazione di lettura, nella sua funzione di richiamo e coinvolgimento per l’evento, è da porsi a ridosso della strada o di uno dei punti di accesso allo spazio. A questo infatti sono invitati non solo coloro che ne sono stati informati tramite la promozione, ma anche coloro che sono di passaggio e a cui la comunicazione visiva allestita e gli organizzatori possono indicare e spiegare l’evento. I passanti che si fermano alla postazione di lettura per leggere i materiali di comunicazione e a parlare con gli organizzatori sono probabilmente più disposti a partecipare, e quindi proseguire verso la postazione di scrittura. Gli organizzatori, a supporto della comunicazione visiva – che è il principale strumento di richiamo – si posizionano per la maggior parte del tempo nei pressi di questa postazione, richiamando l’attenzione dei passanti e accogliendo i partecipanti, spiegando loro il progetto e lo svolgimento dei due eventi. La distanza di qualche metro fra le due postazioni fa si che gli organizzatori siano raggiungibili in caso di necessità anche da chi si appresta a scrivere, ma nel contempo fornendogli un’adeguata riservatezza nel momento della scrittura. La postazione di scrittura è costituita da un supporto orizzontale e da una o più sedie attorno ad esso. Dei pannelli espositori sono impiegati come divisori, per delimitare la postazione di scrittura e fornire uno spazio più riservato e appartato all’interno dell’ambiente. Allestimento postazione di lettura: - sul pannello espositore: fogli con citazioni. - sul tavolino (facoltativo): opuscoli con citazioni; cartoline e inviti da portare via; locandine da portare via.


Postazione di scrittura per l’evento 1 Costituita da un piano di scrittura, dal materiale per scrivere, da sedie e da pannelli divisori che permettano di definire uno spazio delimitato all’interno del luogo dell’evento.

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Allestire Nebula

Postazione di scrittura per l’evento 1 Proiezioni ortogonali, scala 1:25.

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Manuale


280 cm

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Allestire Nebula

Allestimento postazione di scrittura: - sul tavolo: cartoline da compilare; penne per scrivere; scatola per inserire le cartoline; opuscolo con citazioni (facoltativo). - sui pannelli divisori: poster evento. 2. Scaletta per la rappresentazione Questa fase consiste nella lettura delle cartoline, nell’individuazione di tematiche ricorrenti e nella definizione della scaletta per la performance. Le cartoline anonime raccolte nella scatola possono quindi passare allo “scrutinio”. Unitamente all’attore, dopo una loro prima lettura, si possono individuare delle tematiche ricorrenti in base alle quali suddividere i materiali raccolti. In questa fase l’attore e gli organizzatori si confrontano in merito alla strutturazione dell’evento e alle sue tempistiche, rendendo note le rispettive idee ed esigenze artistiche ed organizzative. In questa fase risulta opportuno definire la scaletta dello spettacolo, in modo tale da garantire l’attenzione e la partecipazione del pubblico. La performance può essere arricchita prevedendo l’uso di strumenti musicali e altri oggetti per produrre suoni, oltre che altre eventuali modalità e momenti di stacco fra la lettura di un gruppo di cartoline e l’altro. Gli strumenti possono diventare occasione di coinvolgimento: si può ad esempio chiedere agli spettatori di suonarli, per poi passarli al proprio vicino e infine restituirli all’attore. Nel nostro esempio, l’interpretazione dei pensieri, suddivisi nella scaletta in base a tematiche ricorrenti, è stata intervallata da brevi brani musicali, suoni e rumori eseguiti dall’attore stesso con strumenti diversi e messi in relazione ai testi che si apprestava a leggere.

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Manuale


nebula {

Non ti ho mai detto che

1

1. Manifesto evento 70 x 100 cm.

73

Urbino: racconto momentaneo di una cittĂ non detta

}

evento di scrittura collettiva 4 maggio 2015 10:00 - 19:00 Piazza S. Francesco

performance teatrale 7 maggio 2015 16:00 - 19:00 Piazza S. Francesco


non ti ho mai detto ch

e

racconto momentaneo

di un cittĂ non detta

P.zza S. Francesco Urbino

Evento di scrittura collettiva

Allestire Nebula

4 maggio 2015 10:00 - 19:00 Performance teatrale 7 maggio 2015 16:00 - 19:00

nebula

2

2. Locandina Formato A3.

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Manuale


Che cos'è nebula {

}

La città è un insieme composito in continua evoluzione, all'interno della quale i vari elementi che la compongono sono governati da equilibri in mutamento costante; di frequente viene percepita come qualcosa di distaccato, oppure da un punto di vista semplicemente architettonico. Nebula è un progetto che si propone di captare un frammento del flusso dinamico della città, e un'occasione per registrarne temporaneamente gli aspetti nascosti, inaspettati e in continua ridefinizione; lo scopo è acquisire maggiore consapevolezza sul fatto di appartenere a un organismo vivo, di cui siamo tutti parte integrante e fondamentale, e proporre uno spunto di riflessione personale e collettiva.

nebula { è un progetto realizzato da Francesco Barbaro, Beatrice Schena, Viviana Scutari, Egle Vitktute durante il corso di Metodologia della Progettazione del prof. Marco Tortoioli Ricci, ISIA Urbino

}

3

Come partecipare Ti chiediamo di scrivere una riflessione sulla frase { Non ti ho mai detto che } su una cartolina in forma anonima. Non esiste un tema giusto o sbagliato: ti invitiamo a leggere alcuni spunti letterari che puoi trovare presso la postazione di lettura. Tutte le cartoline che raccoglieremo oggi verranno rese pubbliche giovedì 7 maggio dalle 16 alle 19 nel corso di una performance teatrale alla quale siete tutti invitati ad assistere. Buona scrittura! 3. Foglio esplicativo Presentazione del del progetto Nebula. 4. Foglio esplicativo Spiegazione dello svolgimento del primo evento.

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nebula { è un progetto realizzato da Francesco Barbaro, Beatrice Schena, Viviana Scutari, Egle Vitktute durante il corso di Metodologia della Progettazione del prof. Marco Tortoioli Ricci, ISIA Urbino

4

}


Non ti ho mai detto che

A Cloe, grande città, le persone che passano per le vie non si conoscono. Al vedersi immaginano mille cose l'uno dell'altro, gli incontri che potrebbero avvenire tra loro, le conversazioni, le sorprese, le carezze, i morsi. Ma nessuno saluta nessuno, gli sguardi s'incrociano per un secondo e poi si sfuggono, cercano altri sguardi, non si fermano.

Urbino Racconto momentaneo di una città non detta

Evento di scrittura collettiva 4 maggio 2015 10:00 - 19:00 P.zza S. Francesco Urbino

Performance teatrale 7 maggio 2015 16:00 - 19:00 P.zza S. Francesco Urbino

Italo Calvino, “Le città invisibili”

5

Non ti ho mai detto che

Se nelle nostre vite manca costantemente la dimensione magica, è perché noi scegliamo di osservare i nostri gesti e perderci nell’analisi della loro forma e significato immaginario, anzicchè lasciarci stimolare della loro forza.

Di ciò che posso essere io per me, non solo non potete saper nulla voi, ma nulla neppure io stesso.

Alla fine, scrivere non è niente più di un sogno che porta consiglio.

Evento di scrittura collettiva 4 maggio 2015 10:00 - 19:00 P.zza S. Francesco Urbino

Urbino Racconto momentaneo di una città non detta

Performance teatrale 7 maggio 2015 16:00 - 19:00 P.zza S. Francesco Urbino

Antonine Artaud, “Le Théâtre et son double”

5. Manifesti multipli Formato A4, esempi di composizione.

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Manuale

Luigi Pirandello, “Uno, nessuno e centomila”

Jorge Luis Borges, 1970


Non ti ho mai detto che

A Cloe, grande città, le persone che passano per le vie non si conoscono. Al vedersi immaginano mille cose l'uno dell'altro, gli incontri che potrebbero avvenire tra loro, le conversazioni, le sorprese, le carezze, i morsi. Ma nessuno saluta nessuno, gli sguardi s'incrociano per un secondo e poi si sfuggono, cercano altri sguardi, non si fermano.

Hai mai notato che quando qualcuno dice che gli dispiace dire qualcosa, in realtà non vede l'ora di dirla?

Italo Calvino, “Le città invisibili”

Alice Munro, "Nemico, amico, amante”

Scrivere è sempre nascondere qualcosa in modo che poi venga scoperto.

Un incontro di due: occhi negli occhi, volto nel volto. E quando tu sarai vicino io coglierò i tuoi occhi e li metterò al posto dei miei e tu coglierai i miei occhi e li metterai al posto dei tuoi allora io ti guarderò con i tuoi occhi e tu mi guarderai coi miei.

A Cloe, grande città, le persone che passano per le vie non si conoscono. Al vedersi immaginano mille cose l'uno dell'altro, gli incontri che potrebbero avvenire tra loro, le conversazioni, le sorprese, le carezze, i morsi. Ma nessuno saluta nessuno, gli sguardi s'incrociano per un secondo e poi si sfuggono, cercano altri sguardi, non si fermano.

Italo Calvino, "Se una notte d'inverno un viaggiatore”

Moreno, “Il motto”

Italo Calvino, “Le città invisibili”

Le mappe mentono sempre, i veri posti non ci sono mai.

Ci sono delle cose che sono / di fronte a questa pagina aperta / collegate ad altre che sono dietro le spalle / ci sono delle cose di fronte a questa / pagina aperta / che sono collegate / alle cose che mancano / le cose come le cose / al centro c’è il tuo posto / al tuo posto non c’è nessuno.

Urbino Racconto momentaneo di una città non detta

Herman Melville, “Moby Dick”

Evento di scrittura collettiva 4 maggio 2015 10:00 - 19:00 P.zza S. Francesco Urbino

Performance teatrale 7 maggio 2015 16:00 - 19:00 P.zza S. Francesco Urbino

Corrado Costa, "Conversazione da solo”

Non ti ho mai detto che Urbino Racconto momentaneo di una città non detta

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La letteratura è una mancanza perennemente rinnovata dalle parole; è desiderio di altro ancora, perché quello che c’è sulla pagina non basta, non può che essere tutto. Una scrittura sarà tanto più letteraria quanto più intenso saprà indurre quel desiderio.

Molto del destino di ciascuno dipende da una domanda, una richiesta che un giorno qualcuno, una persona cara o uno sconosciuto, rivolge: d'improvviso uno riconosce di aspettare da tempo quella interrogazione, forse anche banale ma che in lui risuona come un annuncio, e sa che proverà a rispondere ad essa con tutta la vita.

Nicola Gardini, “Lacuna. Saggio sul non detto ”

Erri de Luca, "Non ora, non qui”

Tutte queste frasi rotte da passaggi di grida, di rumori, di raffiche sonore che sovrastano tutto. E una voce ossessiva ed enorme annuncia qualcosa che non si capisce. Sale sempre più. Sembra dire: Vi dico che / Annuncio che / Ecco che cosa annuncio / Un grande, grande, grande / molto / molto grande…

Una realtà non ci fu data e non c'è, ma dobbiamo farcela noi, se vogliamo essere: e non sarà mai una per tutti, una per sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile.

Antonine Artaud, “Non c'è più firmamento”

Luigi Pirandello, “Uno, nessuno e centomila”

Evento di scrittura collettiva 4 maggio 2015 10:00 - 19:00 P.zza S. Francesco Urbino

Performance teatrale 7 maggio 2015 16:00 - 19:00 P.zza S. Francesco Urbino


Allestire Nebula

9

9. Opuscolo citazioni Formato chiuso 10,5 x 14,8 cm. Vista complessiva, con dettaglio sulle parentesi fustellate in copertina che lasciano intravedere il gradiente sulla prima pagina.

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Manuale

10. Opuscolo citazioni Esempi di pagine interne.


Italo Calvino { Le città invisibili }

Marco entra in una città; vede qualcuno in una piazza vivere una vita o un istante che potevano essere suoi; al posto di quell’uomo ora avrebbe potuto esservi lui se si fosse fermato nel tempo tanto tempo prima, oppure se tanto tempo prima a un crocevia invece di prendere una strada avesse preso quella opposta e dopo un lungo giro fosse venuto a trovarsi al posto di quell’uomo in quella piazza. Ormai, da quel suo passato vero o ipotetico, lui è escluso; non può fermarsi; deve proseguire fino a un’altra città dove lo aspetta un altro

suo passato, o qualcosa che forse era stato un suo possibile futuro e ora è presente di qualcun altro. I futuri non realizzati sono solo rami del passato: rami secchi. - Viaggi per rivivere il tuo passato? - era a questo punto la domanda del Kan, che poteva anche essere formulata così: - Viaggi per ritrovare il tuo futuro? E la risposta di Marco: - L’altroce è uno specchio in negativo. Il viaggiatore riconosce il poco che è suo, scoprendo il molto che non ha avuto e non avrà.

Non ti ho mai detto che

Antonin Artaud { Non c’è più firmamento }

6

8

Jacob Levi Moreno { Il motto }

Alejandro Jodorowski { Sulla psicomagia }

7

Un incontro di due: occhi negli occhi, volto nel volto. E quando tu sarai vicino io coglierò i tuoi occhi e li metterò al posto dei miei e tu coglierai i miei occhi e li metterai al posto dei tuoi allora io ti guarderò con i tuoi occhi e tu mi guarderai coi miei.

Se nelle nostre vite manca costantemente la dimensione magica, è perché noi scegliamo di osservare i nostri gesti e perderci nell’analisi della loro forma e significato immaginario, anziché lasciarsi stimolare dalla loro forza.

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10

Le mappe mentono sempre, i veri posti non ci sono mai.

Herman Melville { Moby Dick }

La città è un insieme composito in continua evoluzione, all’interno della quale i vari elementi che la compongono sono governati da equilibri in mutamento costante; di frequente viene percepita come qualcosa di distaccato, oppure da un punto di vista semplicemente architettonico. Nebula è un progetto che si propone di captare un frammento del flusso dinamico della città, e un’occasione per registrarne temporaneamente gli aspetti nascosti, inaspettati e in continua ridefinizione; lo scopo è acquisire maggiore consapevolezza sul fatto di appartenere a un organismo vivo, di cui siamo tutti parte integrante e fondamentale, e proporre uno spunto di riflessione personale e collettiva.

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Noi abitiamo in un circolo vizioso di abitudini. Abbiamo abitudini mentali, emozionali, sessuali, fisiche. Quando le rompiamo, esce fuori la nuova dimensione di noi stessi. Perché siamo infiniti come l’universo, ma la famiglia, la società, la cultura ci danno forma. Se riusciamo ad uscire da questa forma, rompere questa impronta, scatta il processo di guarigione. Dobbiamo inoltre sforzarci di fare qualcosa che non abbiamo mai fatto prima; più difficile è, meglio sarà. 10

Italo Calvino { Le città invisibili }

04 / 07 maggio 2015

Antonin Artaud { Il teatro e il suo doppio }

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Non ti ho mai detto che Suggestioni – Urbino: racconto momentaneo di una città non detta

Tutte queste frasi rotte da passaggi di grida, di rumori, di raffiche sonore che sovrastano tutto. E una voce ossessiva ed enorme annuncia qualcosa che non si capisce. Sale sempre più. Sembra dire: Vi dico che… / Annuncio che… Ecco che cosa annuncio… / Un grande, grande, grande, molto / molto grande…

A Cloe, grande città, le persone che passano per le vie non si conoscono. Al vedersi immaginano mille cose l’uno dell’altro, gli incontri che potrebbero avvenire tra loro, le conversazioni, le sorprese, le carezze, i morsi. Ma nessuno saluta nessuno, gli sguardi s’incrociano per un secondo e poi si sfuggono, cercano altri sguardi, non si fermano.

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Allestire Nebula

Non ti ho mai detto che

Urbino 04.05.2015

11

11-12. Cartolina da compilare Fronte e retro della cartolina con parentesi fustellate, formato 16 x 11 cm.

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Manuale


Nebula è un progetto partecipativo che esplora la città intesa come un insieme di persone in continua ridefinizione. Il suo intento è quello di realizzare una storia collettiva che racconti la città non detta. Lascia il tuo pensiero completando la frase sul retro di questa cartolina.

12

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Allestire Nebula

Postazione di esposizione per l’evento 2 La postazione di scrittura viene convertita in una postazione di esposizione: ai pannelli vengono appese le cartoline per poter essere lette.

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Manuale


3. Rappresentazione teatrale La performance teatrale consiste nella recitazione da parte di uno o più attori dei pensieri scritti dai partecipanti sulle cartoline durante il primo evento. Inoltre, consiste nella loro esposizione pubblica sui pannelli. In uno dei giorni seguenti il primo evento, dopo la lettura delle cartoline e una loro prima catalogazione e la definizione della scaletta, si tiene il secondo evento. Questo, per motivi di continuità, è preferibilmente da allestirsi nello stesso spazio in cui ha avuto luogo il primo. Si consiglia di non tenere l’evento a troppi giorni di distanza dal primo, per non rischiare di disperdere l’attenzione del pubblico. Per il secondo evento, le due postazioni del primo evento sono mantenute. La postazione di lettura e richiamo rimane invariata, ma agli stessi materiali presentati al primo evento si possono aggiungere delle cartoline con stampati dei pensieri selezionati fra quelli raccolti, da portare via come ricordo della performance. Sul tavolo o sul pannello va nuovamente affissa la presentazione del progetto e una spiegazione del secondo evento, con riferimento al primo. La postazione di scrittura viene invece convertita in postazione di esposizione: rimosso il tavolo e le sedie, l’insieme dei pannelli diventa struttura a cui affiggere le cartoline, man mano che vengono recitate dall’attore. La performance consiste infatti nella lettura interpretata da parte di un attore dei pensieri scritti sulle cartoline e nell’affissione, durante la stessa, delle cartoline sulla postazione espositiva. L’attore ha in mano le cartoline e una ad una ne recita il contenuto; una volta averne lette un certo numero - ad esempio, dopo aver letto tutte le cartoline legate ad uno stesso tema - le consegna a un’altra persona – possono essere anche in due o più – che le appenderà alla struttura espositiva che fa da sfondo alla performance. Questo continuo movimento fra l’attore e le

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persone che vanno ad affiggere le cartoline fa esso stesso parte della performance. La recitazione delle cartoline può avvenire secondo una scaletta più o meno definita – ad esempio sulla base di tematiche ricorrenti – e organizzata secondo criteri stabiliti dagli organizzatori e dall’attore sulla base delle proprie esigenze. La recitazione può essere intervallata da intermezzi sonori e/o musicali, nel nostro esempio associati “uditivamente” ai diversi temi trattati dalle cartoline: un flauto può introdurre i pensieri d’amore, un bastone battuto su una lamiera di metallo può introdurre il “tema della rabbia”, mentre il suono del bastone della pioggia precede la lettura di cartoline con contenuti “esistenziali”. La performance può avvenire a più riprese e in diversi orari della giornata. Potrebbe essere per esempio replicata due volte, intervallata da una pausa di un’ora in cui gli spettatori sono invitati ad avvicinarsi e a leggere le cartoline allestite sui pannelli, oppure a scrivere le proprie cartoline, che essere aggiunte alla performance della seconda ripresa. Ogni ripresa – così come l’evento stesso – termina con l’invito rivolto al pubblico ad avvicinarsi alla struttura completata gradualmente durante la recitazione con tutte le cartoline raccolte. Al secondo evento ci si attende la presenza dei partecipanti al primo, ma per chi non avesse partecipato e volesse scrivere il proprio pensiero sulla cartolina, si possono mettere a disposizione penne e altre cartoline da compilare – senza necessariamente predisporre una postazione come per il primo evento – nelle pause della performance o in un altro momento apposito. Queste possono essere appese direttamente alla struttura espositiva, oppure inserite nella scatola per poi entrare a fare parte dell’eventuale ripresa dello spettacolo, aggiungendosi alle preesistenti. In ogni caso, questa e altre scelte artistiche e organizzative sono lasciate a discrezione degli organizzatori e degli artisti.


Allestire Nebula

Postazione di esposizione per l’evento 2 Proiezioni ortogonali, scala 1:25.

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280 cm

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In cosa consiste Il 4 maggio ti abbiamo chiesto di scrivere un pensiero su una cartolina, in forma anonima, partendo dall’incipit: { Non ti ho mai detto che } . Grazie al tuo contributo, abbiamo raccolto più di 120 cartoline! Oggi, giovedì 7 maggio, tutti i pensieri verranno resi pubblici: le cartoline saranno esposte in piazza e recitate dall’attore Matteo Giunta, in un unico racconto collettivo. Siete tutti invitati ad avvicinarvi e ad assistere!

Allestire Nebula

nebula { è un progetto realizzato da Francesco Barbaro, Beatrice Schena, Viviana Scutari, Egle Vitktute durante il corso di Metodologia della Progettazione del prof. Marco Tortoioli Ricci, ISIA Urbino

}

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13. Foglio esplicativo Formato A4.

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14. Cartoline ricordo Formato 14,8 x 10,5 cm.


4. Rielaborazione delle cartoline Questa fase consiste in una nuova rassegna di tutte le cartoline raccolte e nella loro rielaborazione e restituzione sotto forma di diversi elaborati grafici e comunicatovo. Una volta terminato il secondo evento, le cartoline raccolte vengono nuovamente rilette e sottoposte a catalogazione, questa volta in modo più analitico: a ogni cartolina vengono assegnate fino a tre diverse etichette, ognuna corrispondente a una certa tematica ricorrente. Gli ambiti definiti durante la nostra operazione di raccolta sono stati: amore, confessione, paura, famiglia, vorrei, aforismi, sfogo, ricordi, esistenza. A queste etichette abbiamo poi aggiunto quella di indefinite. Per ogni cartolina si può poi selezionare un’etichetta “principale”, se una delle tematiche prevale sulle altre. Una volta terminata questa seconda catalogazione, è possibile rielaborare le cartoline secondo diverse modalità che vanno a definire un successivo secondo momento di restituzione al pubblico. Questo può, a seconda delle intenzioni degli organizzatori, diventare un potenziale terzo evento sotto forma di mostra in cui i partecipanti possono fruire dei dati e delle rielaborazioni dei testi e delle esperienze dei due eventi.

{ Non ti ho mai detto che }

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Penso che l’amore non sia solo quella specie di gastrite allergica.

Urbino, 4 / 7 maggio 2015

Sono diretto ovunque e non vengo da nessuna parte.

Urbino, 4 / 7 maggio 2015

Sei una città eterea, invisibile, immateriale. Non sei fatta di strade, di piazze, di palazzi. Ciò di cui sei fatta sono solo le persone che ho incontrato. Urbino, 4 / 7 maggio 2015

Infondo questo posto non mi sembra neanche più un posto. Forse è una macchina sforna ricordi.

Urbino, 4 / 7 maggio 2015

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3

4

1-2 1-2 3

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1

Disposizione dei materiali sulla postazione di scrittura Su di questa vengono disposte le cartoline su cui scrivere (1) con penne (2) per ogni posto a sedere, la scatola (3) per inserire le cartoline compilate ed eventualmente libretti con citazioni (4), uno per seduta.

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7

6

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5

5

Disposizione dei materiali sulla postazione di richiamo e lettura Su di questa, oltre alle spiegazioni dell’evento (5), possono essere disposte le cartoline regalo (6), gli opuscoli con citazioni (7) e le locandine da portare via (8).

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Allestire Nebula

Contatti artistici Il secondo evento è rappresentato da una performance: è per questo opportuno, nelle prime fasi di pianificazione degli eventi, poter entrare in contatto con un attore, ed eventualmente altri artisti – facoltativo – in modo da poter proporre loro il progetto e discutere le modalità della performance. Dal momento che durante il secondo evento è richiesta la presenza di personale che possa affiggere le cartoline alla struttura espositiva, è bene definire in anticipo chi si occuperà di questo compito, da svolgersi durante la recitazione dell’attore. Autorizzazioni La postazione centrale, che funge da punto di scrittura durante il primo evento e da espositore delle cartoline nel corso del secondo, ha un ingombro di circa 3 x 2 metri. La postazione di lettura e di richiamo occupa circa 1 x 2 metri. Il secondo evento richiede inoltre uno spazio adeguato per la performance: le dimensioni di questo non sono predeterminate ma è importante che l’attore e gli eventuali altri artisti possano avere a disposizione uno spazio sufficiente per la propria performance. Una volta pianificati gli eventi e prima della loro pubblicizzazione è opportuno rivolgersi alle autorità competenti per ottenere i permessi per l’occupazione di suolo pubblico.

Comunicare l’evento Dopo aver definito le tempistiche in cui si svolgeranno i due eventi e una volta ottenuti i permessi, è importante attuare una promozione dello stessi, sia attraverso materiali cartacei che canali digitali. A questo scopo, per la comunicazione cartacea abbiamo realizzato un manifesto 50 x 70 cm e una locandina in A3; oltre a questi abbiamo disposto su bacheche e vetrine in città fogli A4 con citazioni d’autore che possano far riflettere sui temi del progetto – i temi già accennati del non detto, delle relazioni, della città e della scrittura – combinabili, come già mostrato, in modi diversi secondo un modulo. A questa comunicazione è da accompagnarsi una promozione sulle reti sociali attraverso la creazione di una pagina del progetto e/o inviti pubblici agli eventi. Elementi essenziali della comunicazione, in cui includere sempre il logo istituzionale di Nebula, sono: - un manifesto di grande formato (ad es. 50 x 70 o 70 x 100 cm); - fogli con citazioni, accostabili e modulari (ad es. A4); - invito all’evento sui social network (ad es. evento su Facebook).

Esempio di presenza sulle reti sociali La nostra pagina-evento di Nebula su Facebook.

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Esempio di presenza sulle reti sociali Post pubblicati sulla pagina Facebook.

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Nebula a Urbino

{


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Reportage L’evento

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Catalogazione e rielaborazioni Elaborati conclusivi Catalogo Diario collettivo Poster infografico Poster collettivo

}


Reportage 96

Nebula a Urbino


L’evento L’evento “Nebula {Non ti ho mai detto che}” si è svolto a Urbino, come stabilito, il 4 e il 7 maggio 2015. Le postazioni di scrittura sono state attive dalla mattina fino al tardo pomeriggio. Hanno partecipato all’evento sia passanti che non sapevano esattamente in cosa consistesse l’evento, che persone che già in precedenza avevano potuto visionare i poster e le locandine affisse in città e che avevano deciso poi di partecipare. La maggior parte dei partecipanti è stata rappresentata da giovani e studenti, data anche la composizione demografica in larga parte giovanile e studentesca di Urbino, ma non sono mancati gli adulti; hanno inoltre preso parte agli eventi urbinati e turisti, sia italiani che esteri. A catturare l’attenzione dei passanti è stata, oltre che la struttura posizionata al centro della piazza, anche la postazione di richiamo e lettura posta all’ingresso della stessa, allestita con brani letterari e citazioni per fornire suggestioni ai partecipanti, in forma di locandine e di libretti consultabili. Sono stati selezionati brani di Calvino, Pirandello, Moreno, Artaud e altri autori; questi spaziavano dal tema della città a quello dell’osservazione, da quello della scrittura a quello dell’incontro: chi si avvicinava per leggere iniziava a sentirsi coinvolto nel progetto e quasi sempre chiedeva di partecipare. L’affluenza ottenuta è stata per noi inaspettata, infatti le due postazioni per scrivere sulle cartoline non sono quasi mai rimaste vacanti, e molto spesso, per non dover aspettare troppo a lungo il proprio turno, i partecipanti chiedevano di poter scrivere tranquillamente anche seduti per terra, o in un angolo della piazza, o all’ombra di un albero. Il tempo dedicato alla scrittura delle cartoline da parte di ognuno è stato più lungo del previsto. Alcuni hanno impiegato solo pochi minuti per mettere nero su

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bianco i propri pensieri e sentimenti, le proprie confessioni e critiche; altri hanno colto l’occasione per una riflessione più profonda e quindi il tempo di scrittura si è dilungato notevolmente. Questo ha portato a scrivere messaggi più pensati, meditati e sentiti, sintomo della riuscita del progetto. In alcuni casi, qualcuno ha richiesto un supporto più grande su cui scrivere rispetto al formato della cartolina, poiché riteneva di aver bisogno di uno spazio maggiore per poter esprimere adeguatamente il proprio pensiero. I partecipanti all’evento di scrittura di Nebula, informati su come il progetto sarebbe proseguito, sono risultati molto interessati alla successiva rielaborazione dei propri pensieri, sia sotto forma di installazione e di performance che in forma di libro, come diario collettivo della città di Urbino. Il 7 maggio, data della performance teatrale, sono state infatti presenti diverse persone che già avevano partecipato alla giornata di scrittura. Per chi non aveva partecipato ma aveva espresso comunque il desiderio di scrivere il proprio pensiero, abbiamo messo a disposizione altre cartoline, che, compilate, sono entrate anch’esse a far parte della performance. Dopo una prima lettura dei contenuti delle cartoline, abbiamo individuato delle tematiche ricorrenti in base alle quali le abbiamo catalogate e l’attore Matteo Giunta ha definito una scaletta, al fine di strutturare al meglio la performance per attirare e mantenere viva l’attenzione degli spettatori. Con l’aiuto di alcuni strumenti musicali e oggetti, Matteo Giunta ha intervallato l’interpretazione delle diverse categorie di messaggi con suoni e rumori sempre diversi, relazionati ai testi che si apprestava a leggere. In alcuni casi gli stessi strumenti sono diventati oggetto di condivisione e partecipazione: veniva chiesto agli spettatori di suonarli per poi passarli al proprio vicino. La rappresentazione è stata anche


Reportage

pensata come occasione per allestire un’installazione al centro della piazza: la struttura che nel giorno precedente aveva accolto tutti i partecipanti nei loro momenti di riflessione è diventata struttura di supporto per esporre le piĂš di centocinquanta cartoline ricevute. Appese a dei fili con delle graffette, le cartoline erano messe a disposizione delle persone che, invitate ad avvicinarsi, potevano rileggere il proprio pensiero o quelli degli altri, mettendoli in relazione fra loro. Al termine della performance, i partecipanti potevano inoltre arricchire l’installazione scrivendo e appendendo nuove cartoline. Le 154 cartoline raccolte durante i due eventi Nebula sono state catalogate ciascuna con un massimo di tre diverse etichette. Queste sono state impiegate in seguito per la progettazione di altro materiale di comunicazione.

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Primo evento Nebula Momenti di riflessione, scrittura e consegna delle cartoline.

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Reportage

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Secondo evento L’attore Matteo Giunta recita i pensieri dei partecipanti.

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Esposizione delle cartoline Per consentirne a tutti la visione e la lettura.

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Catalogazione e rielaborazioni


Elaborati conclusivi Come già accennato nel precedente capitolo, la fase conclusiva del ciclo “Non ti ho mai detto che” consiste in una catalogazione più approfondita del materiale raccolto rispetto alla lettura immediatamente precedente, funzionale alla preparazione della performance teatrale. Data la natura degli eventi, dal momento che non è possibile stabilire a priori né l’affluenza né le caratteristiche di chi parteciperà, la catalogazione non può essere svolta con strumenti automatici, ma deve avvenire tramite lettura diretta per meglio cogliere le sfumature semantiche delle parole. Per le stesse motivazioni, anche le categorie di riferimento possono variare come numero e tipologia a seconda del luogo in cui “Non ti ho mai detto che” viene organizzato. Nel caso della città di Urbino, sono stati individuate 11 classi – amore, confessione, paura, famiglia, vorrei, aforismi, sfogo, ricordi, esistenziali, indefinito; a ogni cartolinapensiero è stata quindi assegnata una categoria principale e un massimo di due ulteriori etichette secondarie, nel caso di messaggi complessi. Scopo di tale lavoro organizzativo è quello di rendere le cartoline raccolte più facilmente consultabili, e di poterle quindi utilizzare come fonti di informazioni utili da cui potere elaborare delle riflessioni sull’andamento dell’evento, sul pensiero collettivo della folla partecipante e, più in generale, sulla città stessa. I dati ordinati possono essere inoltre utilizzati per creare ulteriori elaborati destinati nuovamente al pubblico-cittadinanza, in modo da fornire una prova tangibile della “restituzione” del pensiero privato in una dimensione pubblica e collettiva: l’intento è di fare acquisire una maggiore consapevolezza sul proprio posto, come individuo, all’interno di quella Nebula apparentemente inafferrabile, ma non anonima e impersonale, che è il flusso dinamico del vissuto e delle esperienze

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della collettività. Tali materiali possono essere messi a disposizione della collettività attraverso diverse modalità, sia in forma privata che nel corso di un ulteriore evento pubblico, ad esempio in forma di esposizione, in cui questi diventano consultabili e fruibili. In questa ottica, anche i manifesti elaborati a partire dai messaggi raccolti possono diventare al tempo stesso una forma di restituzione al pubblico, ma anche di promozione di questo terzo eventuale momento di incontro con la collettività. Nelle pagine seguenti sono mostrati alcuni materiali realizzati a conclusione degli eventi di Urbino del 4 e 7 maggio 2015: questi possono essere considerati esempi ideali e non esclusivi di cosa sia possibile progettare, sia per tipologia di artefatto che di approccio.


Catalogazione e rielaborazioni

Catalogo Raccoglie le foto di ciascuna cartolina, accompagnata da un numero identificativo e dalle sue etichette. Fornisce un modo immediato per sfogliare le cartoline e costituisce un documento degli eventi svolti. Diario collettivo All’interno del libro sono contenuti tutti i messaggi raccolti nel corso degli eventi a Urbino. Il volume è organizzato in capitoli, ciascuno dei quali corrisponde a una delle tematiche emerse dalla catalogazione. Lo scopo di questo libro è fornire una lettura a flusso continuo, dalla quale il lettore possa percepire la natura fluida della città e il racconto collettivo: per tale motivo i messaggi sono presentati uno di seguito all’altro, senza soluzione di continuità; in caso di cartoline con più di un tag, i pensieri risultano ripetuti nei vari capitoli.

1

Poster infografico In questo manifesto i messaggi ricevuti sono stati organizzati in modo da creare un’infografica dalla funzione statistica. I pensieri sono stati organizzati, a partire dall’alto al basso, dalla categoria con il numero più alto di contributi a quella con il minore; in ciascun blocco tematico i messaggi sono quindi mostrati in ordine di lunghezza. Per ogni messaggio sono inoltre indicate le categorie tematiche secondarie, in modo che sia possibile comprendere l’affluenza anche di queste ultime. Poster collettivo L’intento di questo manifesto è quello di rendere evidente la moltitudine dei messaggi ricevuti, in modo da evidenziarne a quantità e permettere al lettore di visualizzare il flusso scrittorio prodotto. 1-2. Catalogo Formato chiuso 10,4 x 21 cm. Vista complessiva e alcuni esempi di pagine interne.

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{ famiglia, amore }

{ aforismi, esistenziale }

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{ famiglia, amore }

{ famiglia, amore, paura }

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{ famiglia, ricordi, esistenziali }

{ famiglia, amore }

{ ricordi, famiglia, paura }

{ ricordi, cittĂ }

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ricordi, confessione }

{ ricordi, sfogo, vorrei }

{

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001

{ ricordi, amore }

{ ricordi, sfogo, famiglia }


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Ricordi

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lontano. Non vi ho mai detto che vi amo e ho paura di perdervi! Ho una famiglia meravigliosa. Senza loro non saprei come vivere. Tu e il babbo eravate le persone più importanti della mia vita. L’amore di una madre... è l’unico sentimento reale in una vita fatta di illusioni. Mi risulta sempre più difficile credere alle vostre parole. Mi chiamate campione. Mi chiamate Principe. Mi chiamate figlio e fratello. Dite che mi amate e che vi manco. Ma poi, quelli come me, che segretamente amano altri uomini, dite che sono una vergogna. Che sono lontani dalla Luce e vanno giudicati. Che sono malati. È però un’altra la mia malattia: il sapere di essere il figlio e il fratello sconosciuto. Mai accettato, mai voluto. Mi fa star male vederti così! Vorrei tanto aiutarti a guarire e vederti sana e felice come lo eri fino a qualche anno fa... Quei chili di troppo pesavano talmente tanto da farti diventare così? A mia sorella. Mi dispiace se non sono mai stata in grado di aiutarti. So che non ce l’hai con me ma probabilmente dovresti. Io ce l’ho con me. Non credo di averti dato abbastanza,

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Esistenziali

Aforismi

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Amore

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Sfogo

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Paura

Vorrei

p. 16

Confessioni

Indefiniti

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Città

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p. 39

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p. 18

Non ti ho mai detto che { Nunca he contado que mi papà no llegò a mi fiesta de graduaciòn port in primero a obra fiesta familiar. Quando ero piccolo spesso mangiavo lombrichi, nel giardino della mia scuola materna. Ero convinto fossero caramelle gommose! Un giorno mi vide la maestra e mi mise in castigo. Da allora non li ho più mangiati. Quella volta che mio papà mi ha fatto vedere il film “Aracnofobia” per farmi passare la paura dei ragni da bambino, in realtà ha fatto peggio. Se qualcosa ha più di quattro braccia, io corro. In fondo ci penso ancora, ancora prima di dormire penso a noi, a tutte quelle piccole cose, a quei viaggi, a quei momenti bui... chissà se capita anche a te! Per me, il più bel quadro è qui, tra di noi, “La Flagellazione” di Piero della Francesca. Quel quadro, assieme alla “Madonna di Senigallia”, assieme alla “Muta” di Raffaello, furono rubati – il furto del secolo. Il mio amico Maurizio, antiquario di Rimini, recuperò quei quadri e rinunciò alla copiosa taglia e nessuno gli disse grazie. Da urbinate ho provato un po’ di ver-

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3-4. Diario collettivo Formato chiuso 12 x 17 cm. Vista complessiva ed esempi di pagine interne.

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5-6. Poster Formato 70 x 100 cm.

Famiglia

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Famiglia

nel male. Con il passare del tempo è diventato qualcosa di più di una semplice casa. Un giorno me ne andrò da Urbino, ma certamente la “casa Maceri” non da me. Sei la città dello scendere e salire (ma com’è che non si scende mai?). Gente che va e viene ma nessuno resta, se non il tuo dolce ricordo dentro la mia testa. Grazie URBINOO :) L’unica magia che ricevetti nella mia vita fu quella di guardarti dormire. Rimasi sveglio tutta la notte per sentire il tuo profondo respiro e il tuo dolce odore. Ti amai già da quella notte. Rimasi a guardarti con gli occhi chiusi perché è così che si vedono i sogni. R. Ne ho rubati tanti di fiori alla cappelletta sotto casa, ma ho finito per tenere, forse per scrupolo morale, solamente quelli finti. }

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Non ti ho mai detto che { Voi siete la mia ancora, siete la mia unica forza... a voi, alla mia famiglia... vi voglio bene! Non potevo desiderare e avere famiglia migliore. Vi amo e mi mancate. Grazie per tutti i sacrifici che fate per me, e per essermi sempre vicini, anche da

non quanto merita un fratello. Vorrei essere stata più buona con te che resterai sempre. Scusa. Non ero abbastanza forte. Ora credo di esserlo. Posso fare ancora qualcosa? Non ti ho mai detto che sei un uomo eccezionale, generoso, buono, e che la mia vita senza te non avrebbe senso. Non ti ho mai detto grazie per avermi scelto come tua compagna di vita e come madre dei tuoi figli. }

Aforismi

Ricordi

gogna! Gli urbinati sono così, avari di gesti, di sentimenti. Maurizio è morto due mesi fa. Forse non sai che in queste poche righe voglio celebrarlo e ancora ringraziarlo. Penso ad una terra lontana una terra così lontana, oltre il mare una terra che sarà sempre nel mio cuore, nei miei pensieri. Una terra che è una casa, un luogo tranquillo. Con tanta gente gentile e accogliente. Una terra il cui nome è nei pensieri e fantasie di tutti. Mia cara e amata Sardegna. Tu e il babbo eravate le persone più importanti della mia vita. Alle volte potresti tornare a casa e renderti conto, che i vicini della casa di fronte hanno passato il pomeriggio ad usare la tua finestra come bersaglio per un tiro assegno a base di mandarini. P.S. La finestra era aperta. I came to Urbino to the University to do the Italian language course in 2007 and loved it so much that i decided to invite my wife to join me there... Then we bought a house here... C’è un posto ad Urbino in cui tutti voi siete sicuramente stati. Lì sono successe molte cose, sicuramente indimenticabili nel bene e

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Non ti ho mai detto che { Spesso sono le assenze a farci compagnia. Non si possono toccare né sentire, ma le portiamo dentro... Non sono le città che fanno le persone, ma le persone che fanno le città! Non c’è un modo per fare le cose giuste davvero. Nessuno si salva da solo. << Noi siamo ciò che facciamo finta di essere, e dovremmo porre più attenzione in ciò che facciamo finta di essere. >> [Amiamo, K. Vonnegut] Il futuro non fa paura → può essere quello che vuoi tu. Io non mi preoccupo... ci pensa il karma. Inseguite i vostri sogni. Fino all’ultimo delle vostre forze. Fin quando c’è tempo. #finoallafine. In realtà è tutto


Non ti ho mai detto che

amore •

Urbino Racconto momentaneo di una città non detta 4 penne 155 pensieri 4283 parole 23728 caratteri { Non ti ho mai detto che } è un evento basato su due momenti consecutivi: una fase di raccolta costituito da un esperimento di scrittura collettiva e una performance teatrale.

città •

Tutte le cartoline raccolte durante la prima fase sono stati catalogate utilizzando 11 categorie di riferimento (tag) pari ad altrettanti argomenti. Ciascun pensiero è stato classificato attraverso un tag principale e ulteriori tag secondari (fino a un massimo di due).

esistenziale •

confessione •

sfogo •

ricordo •

paura •

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Sono fiero di tutti i miei sacrifici perchè so che un giorno verrò premiato. Sono altrettanto fiero di affrontarli con te al mio fianco perchè mi proteggi e rialzi ogni volta che cado. Non ti ho mai detto che non avrei fatto nulla senza di te.

••

L'unica magia che ricevetti nella mia vita fu quella di guardarti dormire. Rimasi sveglio tutta la notte per sentire il tuo profondo respiro e il tuo dolce odore. Ti amai già da quella notte. Rimasi a guardarti con gli occhi chiusi perchè è così che si vedono i sogni. R.

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Se dovessi perderti, è come se il mare perdesse le conchiglie, È come se il cielo perdesse le nuvole. È come se la terra perdesse i fiori. È come se il mondo perdesse le cose più belle che ha. Sei la cosa più bella e pura e vera e autentica per me. Un pensiero d’amore per una storia d’amore sbocciata in questa città così poetica.

••

Sembri una poesia. Una di quelle bellissime, con brevi e strane parole che suonano eteree quando dette e completamente senza senso quando pensate. Quelle che non trovi dentro a un libro e ci fai l'orecchia perchè le vuoi rileggere più tardi quando la tua testa è più chiara. Scritti da un poeta romantico il cui nome suona come un lieve respiro.

••

Esistono affermazioni che sono importanti, e quando le hai espresse non puoi più tornare indietro. Credo che rivedere i tuoi occhi sarebbe stato emozionante e terribile e devastante e umiliante (anche un po'). Credo che le parole diventino evanescenti, sfumino, perdino di significato. Non ti ho ancora detto che per me sei importante (ancora).

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Ogni volta che ti saluto, quando devi tornare ad Urbino, mi dispiace. Non nel senso che mi dispiace perché non ti vedrò per un po’. O meglio, questo sì, mi dispiace; ma, di più, mi dispiace di sentirmi poco credibile quando ti saluto. Vorrei esprimerti il dispiacere che provo nel vederti partire, ma non ci riesco, anzi, non mi riesce, anche se ci provo. Facciamo che non parti più e la risolviamo alla buona?

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Credo di essere innamorato di te. Il “credo” è per non sembrare superbo.Non te l’ho mai detto perché cose come questa mi sembrano un po’ inflazionate e retoriche. Penso che l’amore non sia solo quella specie di gastrite allergica; penso invece che l’amore sia l’esperienza del giusto. Quando sto con te sono calmo, con la coscienza a posto, nel posto in cui devo essere nel momento in cui devo esservi. Sono nel giusto. Ecco, in questa misura ti dico che sono innamorato di te. Non so dirtelo in altro modo, in maniera normale, e non te l’ho mai detto prima. Che non ero un tipo normale, però, te l’avevo detto, o almeno avresti dovuto capirlo. Tutto il resto, poi, è conseguenza.

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Urbino è una città stupenda per far crescere i bambini.

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Quando arrivi ad Urbino sottovaluti la città, le persone, l’università, poi capisci con il tempo che tutto questo è necessario per te stesso, per la tua vita, per continuare a costruire le fondamenta del tuo castello per il tuo sogno!

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In realtà ogni cosa di Urbino mi sembra che ad un certo punto si metta a conversare, tanto è vecchia che non ne può più e deve pur fare qualcosa per passare il tempo prima di crollare o rinascere. Intanto aspetta. e io pure aspetto.

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Urbino ha bisogno di bellezza! Bellezza umana che è parola vera e viva della bellezza archittettonica! Lasciamo che sia la bellezza della verità dell'uomo che vinca su tutto il resto; allora sì che Urbino sarà città ideale per l'uomo.

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A Urbino si sopravvive. Città tanto bella quanto maledetta, in cui gli odori delle campagne circostanti che colorano il tutto, coprono la quantità di ingiustizie che ogni dì accadono. Urbino repressa. Urbino maledetta. Urbino casa mia.

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Come dissero i grandi maestri di un tempo, e quelli di adesso, oh mia Urbino, splendi sempre nei cuori della gente, romantica come non mai, ti ricorderò per quella che sei… (temporeggia). La città dai mille pensieri. Il Maestro.

Urbino e le sue contraddizioni mi stanno strette. Che mi sono trovata qui un po' senza scegliere e ora mi trovo a sceglierti ogni giorno, piccola città o grande paese. Forse un giorno me ne andrò, forse no... Ma comunque ti avrò amata.

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La prima volta qui, per cercare casa, tutto era nuovo, ma sapevo che un giorno, col tempo, lo avrei fatto mio: ogni nome di via, ogni angolo di strada, ogni porticato avrebbe assunto un significato, sarebbe entrato a far parte della mappa della mia vita.

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Certe volte mi sono perso vicino casa mia. Succedeva così, mi guardavo intorno e niente mi era familiare... poi, per qualche minuto, mi aggiravo per strada come un fesso in un paese straniero.

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C'è un posto ad Urbino in cui tutti voi siete sicuramente stati. Lì sono successe molte cose, sicuramente indimenticabili nel bene e nel male. Con il passare del tempo è diventato qualcosa di più di una semplice casa. Un giorno me ne andrò da Urbino, ma certamente la “casa Maceri” non da me.

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Potremmo essere in giro a passeggiare in una città qualunque, col caldo, mano nella mano e io dovrei accorgermi del tuo sorriso triste e allora darti un bacio o prenderti il viso e farti fare una smorfia che mimi la gioia. Sorrideresti e il mio desiderio di felicità per te sarebbe compiuto. La verità è che i tuoi sorrisi tristi a me piacciono perché a te stanno bene, perché li sai trattare. [I. Calvino, Gli amori difficili.]

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Ciò che più mi fa soffrire quando penso a te è che tu non esisti. Sei una città eterea, inconsistente, invisibile, immateriale. Non sei fatta di pietre, di strade, di piazze, di palazzi. Neanche quello immenso e meraviglioso in cui dormiva il Duca di cui tanto ti vanti ha rilevanza, alla fine. Ciò di cui sei fatta sono solo le persone che ho incontrato, quelle con cui ho camminato per le tue vie e con le quali ho respirato la stessa aria in questi quattro anni. Le persone che come me presto ti lasceranno, e quelle che già l'hanno fatto, decretando la tua fine. Tu, piccola Urbino, per me non esisterai più. Sarai solo un luogo della mia mente.

famiglia •

Il mio più grande amore sei tu!!! La vita con te è stata una cosa meravigliosa. Ti amo tanto e non potrei vivere senza di te. Quando sono con te sto bene anche con me stesso. L'odore del tuo corpo mi ricorda il profumo di salsedine. Ti amo, ma se il nostro amore continuerà sarà felice! Luciana. Tra tutte le amiche sei quella che preferisco e che vorrò sempre al mio fianco. Ti ringrazio per la vita che mi hai concesso di vivere e che sto vivendo a pieno. Sei molto importante per me... Non vorrei mai perderti! Ti voglio tanto bene <3 Il mio amore per te mi ha cambiato e distrutto la vita. Ma non mi importa a te non rinuncio. Mi sono innamorata di quella figurina sottile e nera, e di quei capelli al vento, di che colore sono? Sei bello se sei pieno e se sei bello sei con me. Dunque riempiti di tutto e svuotati di tutto, riempiti di me! Ti amo ma vorrei amarti con più forza e più serenità e più fiducia, più generosità e più coraggio. “L'amore non è mai abbastanza”. Ogni volta che ti guardo mi perdo nei suoi occhi, che mi ricordi il nostro mare, e che sei bella da star male ma soprattutto sto bene. Adesso che sono impiedi, a parlarti, vedo solo te. E vorrei fare un passo avanti, ma posso restare solo immobile, davanti a te, mi basta. A porgermi per un istante il filo che conduce fuori dal mio labirinto eri tu. Grazie per questi momenti. Spero di reincontrarti presto. Mi manchi già. Pensarti è diventato un lavoro a tempo pieno... Siamo uguali nonstante le idee differenti e le esperienze fatte... tremo al pensiero di non rivederti più. La vita di ogni giorno, come la felicità, si basa su piccole cose, baci, carezze, parole gentili, piccoli segni di affetto. Grazie per tutti i piccoli gesti che rendono la vita felice. La nostra casa è piu accogliente da quando ci sei tu. Non ti ho mai detto che... la tua dolcezza mi spiazza e la tua allegria mi fa stare bene. Non ti ho mai detto che ti voglio bene. Sei e sarai la persona più importante della mia vita. Grazie di tutti quei momenti passati insieme, anche dal più semplice, tipo bere acqua insieme. Non te l’ho mai detto, che ti amo. =) Dal tuo amore nasce la mia angoscia, perchè so che la mia sete di vita resterà implacata se non potrò ogni giorno, ogni istante, attingerla dalla fonte delle tue labbra. É la felicità che fa paura! Quando ti vedo passeggiare, i tuoi mocassini mi ricordano le zampe di un gatto. Ti vedo balzare sui ciottoli, mosso da grazia felina, perchè non salti al mio collo? Feriscimi agli occhi, non sentirò più dolore. Non ti ho mai detto che sei un uomo eccezionale, generoso, buono, e che la mia vita senza te non avrebbe senso. Non ti ho mai detto grazie per avermi scelto come tua compagna di vita e come madre dei tuoi figli.

Mi piace sentirmi, o sembrare, straniera nella mia città. Urbino è sempre Urbino c'è chi viene e c'è chi va, un giorno tutto questo finirà! Ragazzi di Urbino, voletevi bene; l’unione fa la forza. é il momento di vivere meglio e perdonare. In fondo questo posto non mi sembra neanche più un posto. Forse è una Macchina sforna-ricordi. Si può essere turisti anche da soli, per caso, nella propria città: basta aprire bene gli occhi e innamorarsi. Quando cammino per la città mi accorgo che è la città stessa che mi stà guardando, con i suoi molteplici occhi. Mi piace il silenzio delle strade di Urbino di notte. Quando tutti dormono e tu senti solo i tuoi passi sul selciato. È così importante che sei diventata una seconda casa, è la prima in questo paese... La tua presenza cresce per me anche se non vedo l'ora di partire... Urbino, a quest'ora un anno fa ti odiavo, mentre adesso non riesco ad immaginarmi da nessun'altra parte; nonstante i tuoi mattoncini e i tuoi sbiaditi menù per turisti. Qui ho trovato il mio amore! Pensa te! Tornerò per trovare alte cose preziose... Ricordi. Mio albero. E tante altre cose che scoprirò essere prezione dopo essere partita. Il cielo di Urbino ha il colore dei tuoi occhi; le nuvole la loro leggerezza. Non ti ho mai detto che il cuore vola via col forte vento e ogni mattone è un pensiero in più per te. Camminando per queste strade, toccando queste mura, mi sento di lasciare estratti di me in un luogo che ora non mi è più estraneo, e che a sua volta mi mostra la sua anima. Sei la città dello scendere e salire (ma com’è che non si scende mai?). Gente che va e viene ma nessuno resta, se non il tuo dolce ricordo dentro la mia testa. Grazie URBINOO :) I came to Urbino to the University to do the Italian language course in 2007 and loved it so much that i decided to invite my wife to join me love... Then we bought a house here... Quando vedo la statua davanti al duomo, quella più in alto, credo che ogni volta mi voglia dire che non ne può più di stare in quel posto. Vorrebbe vedere altra gente altre cose, altri rumori. Qui si stà un po' stretti! É tutto un sali scendi, parti per un viaggio e arrivi in due minuti! E se anche volessi perderti non puoi proprio, e no! Non è per nulla permesso nella piccola città del saliscendi. Cara Urbino, seppur bella non ti ho mai detto che mi stanchi, mi annoi alquanto, spero finisca presto questa mia esperienza qui. Magari chi lo sa, un giorno tanto lontano ti rimpiangerò ma non credo. Addio. Alle volte potresti tornare a casa e renderti conto, che i vicini della casa di fronte hanno passato il pomeriggio ad usare la tua finestra come bersaglio per un tiro assegno a base di mandarini. P.S. La finestra era aperta.

La verità è che mi piaceva. A dirlo adesso mi vergogno un po'. Se non sono nata nella città in cui siete nati voi, se sono in giro da prima di nascere, se sono stata sulle ginocchia dei miei nonni solo eccezionalmente, ora il mio spostarmi è fatto anche di pensare a dove siano i miei morti (dove sono?), e credere che lì ci sia una parte della mia casa.

Ho perso il desiderio. Tutto quello che serve. Non mi ritrovano più. Ancora, a quasi venticinque anni non ho capito molto, con difficoltà ho capito cose scontate. Fai quello che gli altri potrebbero pensare. Assenza, assenza, assenza. Solo sono solo... Non sappiamo vivere. Ho conosciuto senza imparare mai. E le cose ce le ho. Ce le ho le cose da fare ma solo per necessità... Torniamo ad agosto, o no? Lo specchio che hai fissato sul petto è il segnale di un patto profondo. Io ti guardo mentre tu mi guardi e se ti guardo dentro, mi vedo. (A.P.) Non sento mai la mancanza di un luogo fisico, nemmeno appartenente alla mia infanzia. Sono diretto ovunque e non vengo da nessuna parte. Le emozioni non vanno ignorate. Non ti ho mai detto che quel posto mi faceva sentire chiusa in una scatola. Non ti ho mai detto che io mi sentivo altro. Le tempeste, i disastri, le catastrofi che cercavo mi servivano a respiare e a sapere che ero più che troppa carne e troppe ossa e troppe strade da non prendere. Non ho paura della vita. Seppur mi rendo conto che sarà difficile… da qualche parte finiremo e in qualche maniera si risolverà tutto… é stato scritto: “Don’t Panic”. Un mio pensiero? Sarebbe molto complesso da spiegare. Perchè il pensiero, vuoi o non vuoi, è dato dalla società in cui viviamo e oggi è dato solo dal materialismo di essa. In realtà io non esisto. Sono una proiezione della tua esistenza. Le mie azioni non sono nulla senza che tu le possa vedere. Quindi è così, io non esisto. Fattene una ragione. Nelle mera purezza del nostro bianco peccato avviene il miracolo soprannaturale e segreto. Lucente e oscuro, sacro e profondo, che le mie parole cercano di spiegare adesso, invano. É una salita. La camminiamo insieme “è bello faticare e sentire il proprio cuore battere,: è incoraggiante”. Lo disse lei, non io, ma di questa forza mi riempii i polpacci. E camminare non fù più lo stesso. Siamo persone... che si incontrano. Si salutano. Si abbracciano. Persone che creano la propria realtà... costruiscono e reinventano il loro percorso. Persone che studiano il mondo per sperimentare nuove soluzioni... Siamo persone. Siamo artisti della nostra vita. Ho pensato alla morte, e che ciò che mi fa paura è vederti piangere. Gli adulti mi fanno venire voglia di partire, i coetanei sono troppo disattenti per... Non so se sono felice. Non ti ho mai detto che penso poco al mio futuro e che il tuo dolore pesa immensamente su di me.

••

In certi giorni diventa proprio difficile credere in qualcosa, e chiedermi perchè sia così difficile sperare è un oltraggio al cuore, che conosce il dolore di cui parlo. Non riesco a lascare che la mia anima si metta in pace. Non mi butterò a capofitto. Ferita, ma guarita e lucida ti cullerò.

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Siamo parte di un tutto: presente, passato e futuro. Una serie di eventi hanno fatto sì che io sia presente qui, ora! É una splendida giornata e il mio stato d'animo è sereno, è palpabile la bellezza del mondo e la bellezza di questo borgo e in un momento storico dal futuro incerto caratterizzato dall'ingordigia dell'uomo, mi batto per raggiungere l'essenza.

••

La mia vita non è stata semplice e se penso al futuro so che peggiorerà sempre di più. Ma confrontandomi con altre persone capisco che non è così complicata come pensavo, fin quando ci saranno persone che si lasciano governare da stereotipi e pregiudizi il mondo non migliorerà affatto. Apriamo gli occhi, iniziamo a vedere la realtà. Ma soprattutto apriamo la mente.

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Tra queste mura non avevo previsto una geografia delle pelli, il gioco dei ciclopi, la conta delle costellazioni. Ora, segui la punta dell'indice che indica il nord, che adesso ricongiunge i nei e immagina – gli occhi puoi tenerli chiusi – che non esiste il mattone rosa, la strada in salita, il bivio, che non esiste un dopo o un'idea del dopo. Consultiamo l'I-Ching per trovare una risposta? Puoi aprire gli occhi.

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Nessuno si salva da solo.

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Siete sempre polemici.

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Nunca he contado que mi papà no llegò a mi fiesta de graduaciòn port in primero a obra fiesta familiar.

Penso ad una terra lontana. Una terra così lontana, oltre il mare; una terra che sarà sempre nel mio cuore, nei miei pensieri. Una terra che è una casa, un luogo tranquillo. Con tanta gente gentile e accogliente. Una terra il cui nome è nei pensieri e fantasie di tutti. Mia cara e amata Sardegna.

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Per me, il più bel quadro è qui, tra di noi, “La Flagellazione” di Piero della Francesca. Quel quadro, assieme alla “Madonna di Senigallia”, assieme alla “Muta” di Raffaello, furono rubati: il furto del secolo. Il mio amico Maurizio, antiquario di Rimini, recuperò quei quadri e rinunciò alla copiosa taglia - nessuno gli disse grazie. Da urbinate ho provato un po’ di vergogna! Gli urbinati sono così, avari di gesti, di sentimenti. Maurizio è morto due mesi fa. Forse non sai che in queste poche righe voglio celebrarlo e ancora ringraziarlo.

Tu sei dopo quello che sei. Io non mi preoccupo... ci pensa il karma. Non c'è un modo per fare le cose giuste davvero. Ti ho amata e mai desiderata avuta e mai cercata. Il futuro non fa paura → può essere quello che vuoi tu. Quello che tu sei ha fatto in modo che io sia quello che sono. Non sono io che esagero... è il resto del mondo che si trattiene! In realtà è tutto molto semplice, quello che è complicato è capirlo. Solo l'amore può cambiare, può migliorare, può rendere “bella” la vita. Non sono le città che fanno le persone, ma le persone che fanno le città! Con il non detto si può dire molto di più di ciò che si può dire con il detto. Ama chi ti ama fuggi da chi ti sfugge... ama Alessandra che per te si distrugge! Inseguite i vostri sogni. Fino all'ultimo delle vostre forze. Fin quando c'è tempo. #finoallafine Spesso sono le assenze a farci compagnia. Non si possono toccare né sentire, ma le portiamo dentro... La felicità non è un qualche cosa che si trova, essa è già in noi, dobbiamo solo cercare di non vergognarci nel dire cos’è. “Noi siamo ciò che facciamo finta di essere, e dovremmo porre più attenzione in ciò che facciamo finta di essere”. [K. Vonnegut, Amiamo] Io credo! Non ho niente da dirti. Hai fatto bene a lasciarmi. Oggi ho conosciuto Andrea. Per me sei stato un secondo padre. Ero in torto come te (rima casuale!) Non ti ho mai detto che sto bene senza te. Non vi ho mai detto che è uno dei progetti più riusciti della classe. L'altra sera me ne sono fatte tre. Stavo così bene che ne ho fatte altre tre. La forza con cui affronti la quotidianità è per me sempre motivo di sprono e di esempio. Avrei voluto dirti tante cose; solo ora mi accorgo che non c'è più tempo, e nell'istante che è ora, tu non ci sei più. Ne ho rubati tanti di fiori alla cappelletta sotto casa, ma ho finito per tenere, forse per scrupolo morale, solamente quelli finti. Sei stato una bellissima pagina dal mio libro durata dieci anni. Dimenticarti è un'impresa... un'impresa che voglio iniziare ora e adesso! Non ti amo, questa relazione prosegue per inerzia. Non per affetto ma per ciò di cui mi stai viziando: cose di cui non posso fare a meno. Anche alle donne piace scopare… che non c’è niente di male nel cercare l’estasi sessuale con uno sconosciuto, che il sesso è bello libero, come l’autoerotismo… guardo i porno… mi piacciono. Ammettilo… li guardi anche tu… Sono stanca di lavorare. Fai schifo sei stupido non ti sopporto. Mi hai ucciso quando ti stavo amando. Ti invidio anche se non ho nulla da invidiarti. Oggi è lunedì e non c'è verso di cambiare le cose! Ti avrei dato il mondo ma hai preferito ignorarlo per il nulla. Non avresti dovuto rinunciare a noi solo per paura... forse saremmo stati male, forse sarebbe finita preso, ma almeno avremmo vissuto! Mi risulta sempre più difficile credere alle vostre parole. Mi chiamate campione. Mi chiamate Principe. Mi chiamate figlio e fratello. Dite che mi amate e che vi manco. Ma poi, quelli come me, che segretamente amano altri uomini, dite che sono una vergogna. Che sono lontani dalla Luce e vanno giudicati. Che sono malati. È però un’altra la mia malattia: il sapere di essere il figlio e il fratello sconosciuto. Mai accettato, mai voluto. In fondo ci penso ancora, ancora prima di dormire penso a noi, a tutte quelle piccole cose, a quei viaggi, a quei momenti bui... chissà se capita anche a te! Quella volta che mio papà mi ha fatto vedere il film “Aracnofobia” per farmi passare la paura dei ragni da bambino, in realtà ha fatto peggio. Se qualcosa ha più di quattro braccia, io corro. Quando ero piccolo spesso mangiavo lombrichi, nel giardino della mia scuola materna. Ero convinto fossero caramelle gommose! Un giorno mi vide la maestra e mi mise in castigo. Da allora non li ho più mangiati.

A volte mi sveglio ed ho ancora paura. La cosa di cui più ho paura è la solitudine. Aspettando l'inaspettato, la paranoia ci ingoia. Ho paura del giorno in cui lascerò tutto questo. Ho paura. Paura di incrociare gli sguardi. Paura di paralizzarmi. Paura della staticità. Paura di non vedere ciò che mi stà intorno. Paura dell'altrui paura. In verità ho un po' paura. Che ne sarà del mio futuro? Forse non credo più all'amore eterno ed era l'unica cosa che mi faceva sentire serena. E ora? Come sarà la mia vita senza te? Ho comunque voglia di viverla!

Dentro di me c'è un demone che cerca sempre di buttarmi giù. Per questo a volte sono distante ma devo essere forte. Amandoti sento di poter superare tutto. Io vorrei solo stare bene, ma troppo spesso lo dimentico. Ti amo e ho paura di perderti.

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Vorrei avere le ali di una farfalla... Libera sempre.

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indefinito •

Sei la più bella dell'universo.

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vorrei •

Avrei voluto concederti più tempo, per assaporarti e amarti. Sto aspettando molto quel giorno in cui le parole tra di noi non servano. “Sai cosa voglio?” Una vita senza confini... tra ciò che vedo e ciò che sogno. Mi piacerebbe parlare di più con te. Chiederci ingenuamente: “cosa hai fatto oggi?” e vivere felici. Mi fa star male vederti così! Vorrei tanto aiutarti a guarire e vederti sana e felice come lo eri fino a qualche anno fa... Quei chili di troppo pesavano talmente tanto da farti diventare così? A mia sorella. Mi dispiace se non sono mai stata in grado di aiutarti. So che non ce l'hai con me ma probabilmente dovresti. Io ce l'ho con me. Non credo di averti dato abbastanza, non quanto merita un fratello. Vorrei essere stata più buona con te che resterai sempre. Scusa. Non ero abbastanza forte. Ora credo di esserlo. Posso fare ancora qualcosa? Tu e il babbo eravate le persone più importanti della mia vita. Ho una famiglia meravigliosa. Senza loro non saprei come vivere. L'amore di una madre... è l'unico sentimento reale in una vita fatta di illusioni. Voi siete la mia ancora, siete la mia unica forza... a voi, alla mia famiglia... vi voglio bene! Non potevo desiderare e avere famiglia migliore. Vi amo e mi mancate. Grazie per tutti i sacrifici che fate per me, e per essermi sempre vicini, anche da lontano. Non vi ho mai detto che vi amo e ho paura di perdervi! Ho una famiglia meravigliosa. Senza loro non saprei come vivere.

•• Oltre i confini trasparenti... •• • •• •• ••

nebula {

121

Ti voglio tanto bene.

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aforisma •

5

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}

Il Buddha è magro (ma non sempre). Davvero ti amo bene, ma per guadagnare è troppo difficile. La chiesa degli oratori anonimi è aperta 24 ore su 24. Puoi lasciare una firma solo se sei un oratore registrato. No occasionali. La domanda in verità è non ti ho detto perché. La mia paura si presenta come delle grandi mura la cui scalata è dura. Tra sanpietrini e vari cretini mi aggiro e ammiro anche se a loro non mi spiro. Anche se dire, non c'è un granchè baci e abbracci stanno bene come scarpe e lacci; anche se l'affetto si dà ai paccj. Cosa dire non si sa anche se tutti chiedono serenità. Parlare è facile ma agire ti rende fragile. Non servono parole. Importante è diventare Mole.


nebula

{}

Non ti ho mai detto che {

Cara Urbino, seppur bella non ti ho mai detto che mi stanchi, mi annoi alquanto, spero finisca presto questa mia esperienza qui. Magari chi lo sa, un giorno tanto lontano ti rimpiangerò ma non credo. Addio. Urbino è sempre Urbino c’è chi viene e c’è chi va, un giorno tutto questo finirà!Camminando per queste strade, toccando queste mura, mi sento di lasciare estratti di me in un luogo che ora non mi è più estraneo, e che a sua volta mi mostra la sua anima. Urbino è una città stupenda per far crescere i bambini. che un giorno, col tempo, lo avrei fatto mio: ogni nome di via, ogni angolo di strada, ogni porticato avrebbe assunto un significato, sarebbe entrato a far parte della mappa della mia vita. I came to do the Italian language course in 2007 and loved it so much to Urbino to the University that i decided to invite my wife to join me love... Then we bought a house here... Ciò che più mi fa soffrire quando penso a te è che tu non esisti. Sei una città eterea, inconsistente, invisibile, immateriale. Non sei fatta di pietre, di strade, di piazze, di palazzi. Neanche quello immenso e meraviglioso in cui dormiva il Duca di cui tanto ti vanti ha rilevanza, alla fine. Ciò di cui sei fatta sono solo le persone che ho incontrato, quelle con cui ho camminato per le tue vie e con le quali ho respirato in questi quattro anni. Le persone che come me presto ti lasceranno, la stessa aria e quelle che già l’hanno fatto, decretando la tua fine. Tu, piccola Urbino, per me non esisterai più. Sarai solo un luogo della mia mente. In fondo questo posto non mi sembra neanche più un Macchina sforna ricordi. A Urbino si sopravvive. Città tanto bella posto. Forse è una quanto maledetta, in cui gli odori delle campagne circostanti che colorano il tutto, coprono la quantità di ingiustizie che ogni dì accadono. Urbino repressa. Urbino maledetta. Urbino casa città mi accorgo che è la città stessa che mi stà guardando, con mia.Quando cammino per la i suoi molteplici occhi. È così importante che sei diventata una seconda casa, è la prima in questo paese... La tua presenza cresce per me anche se non vedo l’ora di partire... Qui ho trovato il mio per trovare alte cose preziose... Ricordi. Mio albero. E tante altre amore! Pensa te! Tornerò cose che scoprirò essere prezione dopo essere partita. C’è un posto ad Urbino in cui tutti voi siete sicuramente stati. Lì sono successe molte cose, sicuramente indimenticabili nel bene e nel male. Con è diventato qualcosa di più di una semplice casa. Un giorno me il passare del tempo ne andrò da Urbino, ma certamente la “casa Maceri” non da me. Urbino, a quest’ora un anno fa ti odiavo, mentre adesso non riesco ad immaginarmi da nessun’altra parte; nonstante i tuoi mattoncini per turisti. Mi piace il silenzio delle strade di Urbino di notte. Quando e i tuoi sbiaditi menù tutti dormono e tu senti solo i tuoi passi sul selciato. Certe volte mi sono perso vicino casa mia. Succedeva così, mi guardavo intorno e niente mi era familiare... poi, per qualche minuto, mi aggiravo un fesso in un paese straniero. La verità è che mi piaceva. A dirlo per strada come adesso mi vergogno un po’. Si può essere turisti anche da soli, per caso, nella propria città: basta aprire bene gli occhi e innamorarsi.Il cielo di Urbino ha il colore dei tuoi occhi; le nuvole la loro leggerezza. detto che il cuore vola via col forte vento e ogni mattone è un Non ti ho mai pensiero in più per te. Urbino e le sue contraddizioni mi stanno strette. Che mi sono trovata qui un po’ senza scegliere e ora mi trovo a sceglierti ogni giorno, piccola città o grande paese. Forse no... Ma comunque ti avrò amata. Qui si stà un po’ stretti! É tutto un giorno me ne andrò, forse un sali scendi, parti per un viaggio e arrivi in due minuti! E se anche volessi perderti non puoi proprio, e no! Non è per nulla permesso nella piccola città del saliscendi. Urbino ha bisogno di bellezza! Bellezza umana che parola vera e viva della bellezza archittettonica! Lasciamo che è sia la bellezza della verità dell’uomo che vinca su tutto il resto; allora sì che Urbino sarà città ideale per l’uomo.Quando vedo la statua davanti al duomo, quella più in alto, credo che ogni volta più di stare in quel posto. Vorrebbe vedere altra gente altre cose, mi voglia dire che non ne può altri rumori. In realtà ogni cosa di Urbino mi sembra che ad un certo punto si metta a conversare, tanto è vecchia che non ne può più e deve pur fare qualcosa per passare il tempo prima di aspetta, e io pure aspetto. Se non sono nata nella città in cui siete crollare o rinascere. Intanto nati voi, se sono in giro da prima di nascere,se sono stata sulle ginocchia dei miei nonni solo eccezionalmente, ora il mio spostarmi è fatto anche di pensare a dove siano i miei morti (dove sono?), e credere che lì ci sia una parte della mia casa. Alle volte potresti tornare a casa e renderti conto, che i vicini della casa di fronte hanno passato il pomeriggio ad usare la tua finestra come bersaglio per un tiro assegno a base di mandarini. P.S. La finestra era aperta. Potremmo essere in giro in una città qualunque, col caldo, mano nella mano e io dovrei a passeggiare accorgermi del tuo sorriso triste e allora darti un bacio o prenderti il viso e farti fare una smorfia che mimi la gioia. Sorrideresti e il mio desiderio di felicità per te sarebbe compiuto. La verità è piacciono perché a te stanno bene, perché li sai trattare. [I. Calvino, che i tuoi sorrisi tristi a me Gli amori difficili.] Mi piace sentirmi, o sembrare, straniera nella mia città. Come dissero i grandi maestri di un tempo, e quelli di adesso, oh mia Urbino, splendi sempre nei cuori della gente, ti ricorderò per quella che sei… (temporeggia). La città dai mille romantica come non mai, pensieri. Il Maestro Quando arrivi ad Urbino sottovaluti la città, le persone, l’università, poi capisci con il tempo che tutto questo è necessario per te stesso, per la tua vita, per continuare a costruire castello per il tuo sogno! Sei la città dello scendere e salire (ma le fondamenta del tuo com’è che non si scende mai?). Gente che va e viene ma nessuno resta, se non il tuo dolce ricordo dentro la mia testa. Grazie URBINOO :) Ragazzi di Urbino, voletevi bene; l’unione fa la forza. é il momento e perdonare.Siamo parte di un tutto: presente, passato e futuro. di vivere meglio Una serie di eventi hanno fatto sì che io sia presente qui, ora! É una splendida giornata e il mio stato d’animo è sereno, è palpabile la bellezza del mondo e la bellezza di questo borgo e in un momento incerto caratterizzato dall’ingordigia dell’uomo, mi batto per raggiungere storico dal futuro l’essenza. Siamo persone... che si incontrano. Si salutano. Si abbracciano. Persone che creano la propria realtà... costruiscono e reinventano il loro percorso. Persone che studiano il mondo per sperimentare soluzioni... Siamo persone. Siamo artisti della nostra vita. Un mio nuove pensiero? Sarebbe molto complesso da spiegare. Perchè il pensiero, vuoi o non vuoi, è dato dalla società in cui viviamo e oggi è dato solo dal materialismo di essa. In certi giorni diventa proprio difficile qualcosa, e chiedermi perchè sia così difficile sperare è un oltraggio credere in al cuore, che conosce il dolore di cui parlo. Non riesco a lascare che la mia anima si metta in pace. Non mi butterò a capofitto. Ferita, ma guarita e lucida ti cullerò. Nelle mera purezza del nostro il miracolo soprannaturale e segreto. Lucente e oscuro, sacro bianco peccato avviene e profondo, che le mie parole cercano di spiegare adesso, invano. Éuna salita.La camminiamo insieme “è bello faticare e sentire il proprio cuore battere,: è incoraggiante”. Lo disse lei, non io, ma di questa forza mi riempii polpacci. E camminare non fù più lo stesso. Non sento mai la mancanza i di un luogo fisico, nemmeno appartenente alla mia infanzia. Sono diretto ovunque e non vengo da nessuna parte. Lo specchio che hai fissato sul petto è il segnale di un patto profondo. Io ti guardo guardi e se ti guardo dentro, mi vedo. (A P) Le emozioni non vanno mentre tu mi ignorate. Non ti ho mai detto che quel posto mi faceva sentire chiusa in una scatola. Non ti ho mai detto che io mi sentivo altro. La mia vita non è stata semplice e se penso al futuro so che peggiorerà Ma confrontandomi con altre persone capisco che non è così sempre di più. complicata come pensavo, fin quando ci saranno persone che si lasciano governare da stereotipi e pregiudizi il mondo non migliorerà affatto. Apriamo gli occhi, iniziamo Ho pensato alla morte, e che ciò che mi fa paura è vederti piangere. a vedere la realtà. Ma soprattutto apriamo la mente. Gli adulti mi fanno venire voglia di partire, i coetanei sono troppo disattenti per... Non so se sono felice. Non ti ho mai detto che penso poco al mio futuro e che il tuo dolore pesa immensamente che gli altri potrebbero pensare. Assenza, assenza, assenza. Solo su di me. Fai quello sono solo... Non sappiamo vivere. Le tempeste, i disastri, le catastrofi che cercavo mi servivano a respiare e a sapere che ero più che troppa carne e troppe ossa e troppe strade da non prendere. Ancora, anni non ho capito molto, con difficoltà ho capito cose scontate. a quasi venticinque Ho perso il desiderio. Tutto quello che serve. Non mi ritrovano più. Ho conosciuto senza imparare mai. E le cose ce le ho. Ce le ho le cose da fare ma solo per necessità... Torniamo ad agosto, avevo previsto una geografia delle pelli, il gioco dei ciclopi, la o no? Tra queste mura non conta delle costellazioni. Ora, segui la punta dell’indice che indica il nord, che adesso ricongiunge i nei e immagina – gli occhi puoi tenerli chiusi – che non esiste il mattone rosa, la strada in salita, dopo o un’idea del dopo. Consultiamo l’ I Ching per trovare una il bivio, che non esiste un risposta? Puoi aprire gli occhi. In realtà io non esisto.Sono una proiezione della tua esistenza. Le mie azioni non sono nulla senza che tu le possa vedere. Quindi è così, io non esisto. Fattene una vita. Seppur mi rendo conto che sarà difficile… da qualche parte ragione. Non ho paura della finiremo e in qualche maniera si risolverà tutto… é stato scritto: “Don’t Panic”. Esistono affermazioni che sono importanti, e quando le hai espresse non puoipiù tornare indietro. Credo che rivedere stato emozionante e terribile e devastante e umiliante (anche i tuoi occhi sarebbe un po’). Credo che le parole diventino evanescenti, sfumino, perdino di significato. Non ti ho ancora detto che per me sei importante (ancora) Il mio più grande amore sei tu!!!La vita di ogni giorno, su piccole cose, baci, carezze, parole gentili, piccoli segni di affetto. come la felicità, si basa Grazie per tutti i piccoli gesti che rendono la vita felice. A porgermi per un istante il filo che conduce fuori dal mio labirinto eri tu.Grazie per questi momenti. Spero di reincontrarti presto. Mi manchi è stata una cosa meravigliosa. Non ti ho mai detto che sei un già. La vita con te uomo eccezionale, generoso, buono, e che la mia vita senza te non avrebbe senso. Non ti ho mai detto grazie per avermi scelto come tua compagna di vita e come madre dei tuoi figli. Ti ringrazio concesso di vivere e che sto vivendo a pieno. La nostra casa è per la vita che mi hai piu accogliente da quando ci sei tu. Non ti ho mai detto che... la tua dolcezza mi spiazza e la tua allegria mi fa stare bene. Non ti ho mai detto che ti voglio bene. Ti amo ma vorrei amarti con fiducia, più generosità e più coraggio. “L’amore non è mai abbastanza”.Il più forza e più serenità e più mio amore per te mi ha cambiato e distrutto la vita. Ma non mi importa a te non rinuncio. Pensarti è diventato un lavoro a tempo pieno... Siamo uguali nonstante le idee differenti e le esperienze pensiero di non rivederti più. L’odore del tuo corpo mi ricorda fatte... tremo al il profumo di salsedine. Sembri una poesia. Una di quelle bellissime, con brevi e strane parole che suonano eteree quando dette e completamente senza senso quando pensate. Quelle che non trovi dentro a un l’orecchia perchè le vuoi rileggere più tardi quando la tua testa libro e ci fai è più chiara. Scritti da un poeta romantico il cui nome suona come un lieve respiro. Ti amo tanto e non potrei vivere senza di te.Ti voglio tanto bene.Ti amo, ma se il nostro amore continuerà sarà le amiche sei quella che preferisco e che vorrò sempre al mio fianco. felice! Luciana. Tra tutte Sei la più bella dell’universo.Dal tuo amore nasce la mia angoscia, perchè so che la mia sete di vita resterà implacata se non potrò ogni giorno, ogni istante, attingerla dalla fonte delle tue labbra. paura!Sono fiero di tutti i miei sacrifici perchè so che un giorno É la felicità che fa verrò premiato. Sono altrettanto fiero di affrontarli con te al mio fianco perchè mi proteggi e rialzi ogni volta che cado. Non ti ho mai detto che non avrei fatto nulla senza di te. L’unica magia che fu quella di guardarti dormire. Rimasi sveglio tutta la notte per ricevetti nella mia vita sentire il tuo profondo respiro e il tuo dolce odore. Ti amai già da quella notte. Rimasi a guardarti con gli occhi chiusi perchè è così che si vedono i sogni. R. Quando sono con te sto bene anche importante per me... Non vorrei mai perderti! Ti voglio tanto con me stesso. Sei molto bene <3Adesso che sono impiedi, a parlarti, vedo solo te. E vorrei fare un passo avanti, ma posso restare solo immobile, davanti a te, mi basta. Quando ti vedo passeggiare, i tuoi mocassini mi Ti vedo balzare sui ciottoli, mosso da grazia felina, perchè non ricordano le zampe di un gatto. salti al mio collo? Feriscimi agli occhi, non sentirò più dolore. Ogni volta che ti saluto, quando devi tornare ad Urbino, mi dispiace. Non nel senso che mi dispiace perché non ti vedrò per un po’. O dispiace; ma, di più, mi dispiace di sentirmi poco credibile quando meglio, questo sì, mi ti saluto. Vorrei esprimerti il dispiacere che provo nel vederti partire, ma non ci riesco, anzi, non mi riesce, anche se ci provo. Facciamo che non parti più e la risolviamo alla buona? Credo di essere innamorato Il “credo” è per non sembrare superbo.Non te l’ho mai detto perché di te. cose come questa mi sembrano un po’ inflazionate e retoriche. Penso che l’amore non sia solo quella specie di gastrite allergica; penso invece che l’amore sia l’esperienza del giusto. Quando sto la coscienza a posto, nel posto in cui devo essere nel momento con te sono calmo, con in cui devo esservi. Sono nel giusto. Ecco, in questa misura ti dico che sono innamorato di te. Non so dirtelo in altro modo, in maniera normale, e non te l’ho mai detto prima. Che non ero un tipo normale, detto, o almeno avresti dovuto capirlo. Tutto il resto, poi, è conseguenza. però, te l’avevo Se dovessi perderti, è come se il mare perdesse le conchiglie, È come se il cielo perdesse le nuvole. È come se la terra perdesse i fiori. È come se il mondo perdesse le cose più belle che ha. Sei pura e vera e autentica per me. Un pensiero d’amore per una storia la cosa più bella e d’amore sbocciata in questa città così poetica. Mi sono innamorata di quella figurina sottile e nera, e di quei capelli al vento, di che colore sono?Ogni volta che ti guardo mi perdo nei suoi occhi, mare, e che sei bella da star male ma soprattutto sto bene. Sei che mi ricordi il nostro bello se sei pieno e se sei bello sei con me. Dunque riempiti di tutto e svuotati di tutto,riempiti di me! Sei e sarai la persona più importante della mia vita. Grazie di tutti quei momenti passati tipo bere acqua insieme. Non te l’ho mai detto, che ti amo. =) insieme, anche dal più semplice, Ho paura. Paura di incrociare gli sguardi. Paura di paralizzarmi. Paura della staticità. Paura di non vedere ciò che mi stà intorno. Paura dell’altrui paura. Dentro di me c’è un demone che cerca questo a volte sono distante ma devo essere forte. Amandoti sempre di buttarmi giù. Per sento di poter superare tutto. Io vorrei solo stare bene, ma troppo spesso lo dimentico. Ti amo e ho paura di perderti. In verità ho un po’ paura. Che ne sarà del mio futuro? Forse non credo più cosa che mi faceva sentire serena. E ora? Come sarà la mia vita all’amore eterno ed era l’unica senza te? Ho comunque voglia di viverla! La cosa di cui più ho paura è la solitudine. Aspettando l’inaspettato, la paranoia ci ingoia. A volte mi sveglio ed ho ancora paura. Ho paura del giorno ho rubati tanti di fiori alla cappelletta sotto casa, ma ho finito in cui lascerò tutto questo. Ne per tenere, forse per scrupolo morale, solamente quelli finti. Hai fatto bene a lasciarmi. Sei stato una bellissima pagina dal mio libro durata dieci anni. Dimenticarti è un’impresa... un’impresa adesso!Non ti ho mai detto che sto bene senza te. Io credo! Avrei che voglio iniziare ora e voluto dirti tante cose; solo ora mi accorgo che non c’è più tempo, e nell’istante che è ora, tu non ci sei più. Per me sei stato un secondo padre.Non ho niente da dirti. L’altra sera me ne sono fatte tre. ne ho fatte altre tre. Ero in torto come te (rima casuale!) Oggi Stavo così bene che ho conosciuto Andrea.Non vi ho mai detto che è uno dei progetti più riusciti della classe.Anche alle donne piace scopare,.. che non c’è niente di male nel cercare l’estasi sessuale con uno sconosciuto, libero, come l’autoerotismo… guardo i porno… mi piacciono. Ammettilo… che il sesso è bello li guardi anche tu…Non ti amo, questa relazione prosegue per inerzia. Non per affetto ma per ciò di cui mi stai viziando: cose di cui non posso fare a meno. La forza con cui affronti la quotidianità sempre motivo di sprono e di esempio.Nunca he contado que è per me mi papà no llegò a mi fiesta de graduaciòn port in primero a obra fiesta familiar. Quando ero piccolo spesso mangiavo lombrichi, nel giardino della mia scuola materna. Ero convinto fossero caramelle mi vide la maestra e mi mise in castigo. Da allora non li ho più gommose! Un giorno mangiati.Quella volta che mio papà mi ha fatto vedere il film “Aracnofobia” per farmi passare la paura dei ragni da bambino, in realtà ha fatto peggio. Se qualcosa ha più di quattro braccia, io corro. In fondo ancora prima di dormire penso a noi, a tutte quelle piccole cose, ci penso ancora, a quei viaggi, a quei momenti bui... chissà se capita anche a te! Per me, il più bel quadro è qui, tra di noi, “ La Flagellazione” di Piero della Francesca. Quel quadro, assieme alla “Madonna di di Raffaello, furono rubati - il furto del secolo. Il mio amico Maurizio, Senigallia”, assieme alla “Muta” antiquario di Rimini, recuperò quei quadri e rinunciò alla copiosa taglia - nessuno gli disse grazie. Da urbinate ho provato un po’ di vergogna! Gli urbinati sono così, avari di gesti, di sentimenti. mesi fa. Forse non sai che in queste poche righe voglio celebrarlo Maurizio è morto due e ancora ringraziarlo. Penso ad una terra lontana. Una terra così lontana, oltre il mare; una terra che sarà sempre nel mio cuore, nei miei pensieri. Una terra che è una casa, un luogo tranquillo. accogliente. Una terra il cui nome è nei pensieri e fantasie di tutti. Con tanta gente gentile e Mia cara e amata Sardegna. Voi siete la mia ancora, siete la mia unica forza... a voi, alla mia famiglia... vi voglio bene! Non potevo desiderare e avere famiglia migliore. Vi amo e mi mancate. Grazie fate per me, e per essermi sempre vicini, anche da lontano. Non per tutti i sacrifici che vi ho mai detto che vi amo e ho paura di perdervi! Ho una famiglia meravigliosa. Senza loro non saprei come vivere. Tu e il babbo eravate le persone più importanti della mia vita.L’amore di una reale in una vita fatta di illusioni. Spesso sono le assenze a farci madre... è l’unico sentimento compagnia. Non si possono toccare né sentire, ma le portiamo dentro... Non sono le città che fanno le persone, ma le persone che fanno le città! Non c’è un modo per fare le cose giuste davvero. solo.“Noi siamo ciò che facciamo finta di essere, e dovremmo Nessuno si salva da porre più attenzione in ciò che facciamo finta di essere”. [K. Vonnegut, Amiamo] Il futuro non fa paura, può essere quello che vuoi tu. Ama chi ti ama fuggi da chi ti sfugge... ama Alessandra che per preoccupo... ci pensa il karma. Inseguite i vostri sogni. Fino all’ultimo te si distrugge! Io non mi delle vostre forze. Fin quando c’è tempo. #finoallafine In realtà è tutto molto semplice, quello che è complicato è capirlo. Non sono io che esagero... è il resto del mondo che si trattiene! Tu Quello che tu sei ha fatto in modo che io sia quello che sono. sei dopo quello che sei. Solo l’amore può cambiare, può migliorare, può rendere “bella” la vita. Ti ho amata e mai desiderata avuta e mai cercata. La felicità non è un qualche cosa che si trova, essa è già in noi, dobbiamo vergognarci nel dire cos’è. Con il non detto si può dire molto di solo cercare di non più di ciò che si può dire con il detto Oggi è lunedì e non c’è verso di cambiare le cose! Non avresti dovuto rinunciare a noi solo per paura... forse saremmo stati male, forse sarebbe finita preso, ma vissuto!Sono stanca di lavorare. Ti avrei dato il mondo ma hai almeno avremmo preferito ignorarlo per il nulla. Mi hai ucciso quando ti stavo amando. Siete sempre polemici. Ti invidio anche se non ho nulla da invidiarti. Fai schifo sei stupido non ti sopporto. Mi risulta sempre più difficile vostre parole. Mi chiamate campione. Mi chiamate Principe. Mi credere alle chiamate figlio e fratello. Dite che mi amate e che vi manco. Ma poi, quelli come me, che segretamente amano altri uomini, dite che sono una vergogna. Che sono lontani dalla Luce e vanno giudicati. È però un’altra la mia malattia: il sapere di essere il figlio e il fratello Che sono malati. sconosciuto. Mai accettato, mai voluto. Mi fa star male vederti così! Vorrei tanto aiutarti a guarire e vederti sana e felice come lo eri fino a qualche anno fa... Quei chili di troppo pesavano talmente tanto così? A mia sorella. Mi dispiacese non sono mai stata in grado di da farti diventare aiutarti. So che non ce l’hai con me ma probabilmente dovresti. Io ce l’ho con me. Non credo di averti dato abbastanza, non quanto merita un fratello. Vorrei essere stata più buona con te che resterai abbastanza forte. Ora credo di esserlo. Posso fare ancora qualcosa? sempre. Scusa. Non ero Vorrei avere le ali di una farfalla... Libera sempre. Avrei voluto concederti più tempo, per assaporarti e amarti. Sto aspettando molto quel giorno in cui le parole tra di noi non servano. “Sai cosa voglio?” confini... tra ciò che vedo e ciò che sogno. Mi piacerebbe parlare Una vita senza di più con te. Chiederci ingenuamente: “cosa hai fatto oggi?” e vivere felici. La chiesa degli oratori anonimi è aperta 24 ore su 24. Puoi lasciare una firma solo se sei un oratore registrato. No occasionali. trasparenti... Davvero ti amo bene, ma per guadagnare è troppo Oltre i confini difficile. Anche se dire, non c’è un granchè baci e abbracci stanno bene come scarpe e lacci; anche se l’affetto si dà ai paccj. Cosa dire non si sa anche se tutti chiedono serenità. Parlare è facile ma Non servono parole. Importante è diventare Mole. La domanda agire ti rende fragile. in verità è non ti ho detto perché. La mia paura si presenta come delle grandi mura la cui scalata è dura. Tra sanpietrini e vari cretini mi aggiro e ammiro anche se a loro non mi spiro. Il Budda è magro (ma non sempre).

Catalogazione e rielaborazioni

La prima volta qui, per cercare casa, tutto era nuovo, ma sapevo

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Non ti ho mai detto che

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Nebula a Urbino

Urbino: Racconto momentaneo di una città non detta

4 penne, 155 pensieri, 4283 parole, 23728 caratteri. Un evento partecipativo basato su due momenti: una fase di raccolta, costituita da un esperimento di scrittura collettiva e una performance teatrale. Tutti i pensieri, scritti su cartoline da chiunque

fosse di passaggio, sono andati a costituir il racconto unico di una città in continua evoluzione: una nebulosa fatta di idee, ricordi, sfoghi, confessioni e sentimenti che possono ricombinarsi e mescolarsi in modo libero e inaspettato.



Conclusioni

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A conclusione del progetto Nebula presso la città di Urbino, la quantità di cartoline raccolte e l’alto livello di partecipazione, sia durante l’evento di scrittura che nel giorno della performance teatrale, hanno permesso di affermare il buon esito dell’iniziativa. La varietà e ricchezza dei contributi hanno dimostrato un desiderio evidente di comunicazione da parte della cittadinanza, nonché una volontà di raccontare – e raccontarsi – che proprio grazie a Nebula ha potuto esplicarsi ed essere messa in atto. Alla luce di tali considerazioni e visto il successo di “Non ti ho mai detto che” in un contesto urbano caratterizzato da una composizione demografica in continuo cambiamento e dalla presenza di gruppi sociali che comunicano con difficoltà, il progetto Nebula può costituire una modalità efficace per mettere in contatto tra di loro sia gli stessi cittadini che la popolazione e gli enti locali. La facile replicabilità rende Nebula un progetto proponibile in altre località, anche a cadenza più o meno regolare, come potenziale componente del programma culturale e della comunicazione locale. La componente ricreativa dell’iniziativa, nonché il suo aspetto interattivo, la rendono adatta a diventare una pratica di aggregazione cittadina, per esempio a contrasto di fenomeni problematici, fornendo al contrario occasioni costruttive di confronto, espressione e ascolto ai cittadini; oppure come evento di incontro tra fasce di popolazione diverse. Allo stesso tempo, la particolare modalità di raccolta dei dati fa sì che Nebula possa essere utilizzato in alternativa o in aggiunta ai tradizionali strumenti di indagine come questionari e sondaggi: i materiali raccolti utilizzando le pratiche partecipative testate, seppure apparentemente meno oggettivi rispetto a quelli ottenibili con altri metodi, hanno infatti il merito di riuscire a registrare in modo più spontaneo la vita cittadina e quindi di fare emergere – se utilizzate

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correttamente – problematiche e aspetti altrimenti tendenzialmente difficili da registrare. A livello pratico, i dati ottenibili attraverso Nebula possono essere utilizzati in modi diversi, per esempio come base per la pianificazione di campagne di sensibilizzazione a tematiche di vario tipo, oppure per lo sviluppo di una nuova comunicazione locale. La grande varietà di contenuti può essere gestita in funzione di obiettivi prefissati, che possono cambiare a seconda dell’andamento e delle peculiarità locali del progetto. Anche dal punto di vista dell’esperienza individuale – sebbene tale aspetto possa passare in secondo piano – Nebula può apportare dei benefici: un’iniziativa simile costituisce infatti un’occasione per trovare un momento di raccoglimento e riflessione privati, in un ambiente, quello cittadino, spesso frenetico e spersonalizzante. Come già affermato, l’azione stessa dello scrivere stimola una consapevolezza maggiore verso se stessi e svolge anche la funzione di “valvola di sfogo” e strumento di rielaborazione psicologica. Nebula è perciò uno strumento fluido che segue la città in movimento e allo stesso tempo la arricchisce, sia a un livello singolo che a uno collettivo, esattamente come una nebulosa che si ricombina in maniera sempre diversa.

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Bibliografia • Artaud, Antonin. Le Théâtre et son double [Il teatro e il suo doppio]. Parigi, Gallimard, 1938. • Breuer, Josef. Freud, Sigmund. Studies on hysteria [Studi sull’isteria]. Harmondsworth, Penguin Books, 1974. • Calvino, Italo. Le città invisibili. Torino, Einaudi, 1972. • Calvino, Italo. Se una notte d’inverno un viaggiatore. Torino, Einaudi, 1979. • Clément, Gilles. (Manifeste du Tiers Paysage, 2004) Manifesto del terzo paesaggio. Macerata, Quodlibet, 2005. • Costa, Corrado. Conversazione da solo. Le nostre posizioni. Torino, Geiger, 1972. • Gardini, Nicola. Lacuna. Saggio sul non detto. Torino, Einaudi, 2014. • Janov, Arthur. The Primal Scream. Primal Therapy: The Cure for Neurosis [L’urlo primario. Terapia primaria: la cura per la neurosi]. New York, Dell, 1970. • Jodorowsky Prullansky, Alejandro. Psicomagia [Psicomagia]. Barcellona, Seix Barral, 1995. • La Cecla, Franco. Perdersi. L’uomo senza ambiente. Roma-Bari, Laterza, 1988. • Montale, Eugenio. Ossi di seppia. Torino, Piero Gobetti, 1925. • Moreno Jacob Levy, Das Stegreiftheater [Il Teatro della Spontaneità]. Berlino, Gustav Kiepenheuer, 1924. • Moreno, Jacob Levy. Einladung zu einer Begegnung [Invito ad un incontro]. Vienna, Anzengruber, 1914. • Munro, Alice. (Hateship, Friendship, Courtship, Loveship, Marriage, 2001) Nemico, amico, amante. Torino, Einaudi, 2003. • Perec, Georges. Specie di Spazi. Torino, Bollati Boringhieri, 1974. • Pirandello, Luigi. Uno, nessuno e centomila. Firenze, Bemporad, 1926.

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Sitografia • Chang Candy, "Before I die I want to…"Ted Talks, 6:20. Luglio, 2012, <http://www.ted.com/talks/candy_ chang_before_i_die_i_want_to>. • Danto Arthur C., "Correspondance School Art", The Nation, 11 marzo, 1999, <http://www.thenation.com/article/ correspondance-school-art/>. • Michaels Samantha, "A conversation with Candy Chang, Public Installation Artist and Designer", The Atlantic, 15 agosto, 2011, <http://www.theatlantic.com/national/ archive/2011/08/a-conversation-withcandy-chang-public-installation-artist-anddesigner/243630/>. • Warren Frank, "Half a million secrets". Ted Talks, 11:16. Febbraio, 2012, <http://www.ted.com/talks/frank_ warren_half_a_million_secrets>. • Sito ufficiale dell’artista e designer Candy Chang, <http://candychang.com/>. • Sito ufficiale del collettivo Illegal Art, <http://illegalart.org/>. • Sito ufficiale della Imagine Peace Tower, a cura di Yoko Ono Lennon, <http:// imaginepeacetower.com/> . • Sito ufficiale del progetto PostSecret di Frank Warren, <http://postsecret.com/>.


Fonti iconografiche – sezione Ricerca • 1 (pag. 12) www.tourthailandia.com/ wp-content/uploads/2014/09/MaeklongRailway-Market1.jpg • 2 (pag. 12) naiveangel.com/wp-content/ uploads/2014/philippines/0360.JPG • 3 (pag. 13) jamescalbraith.files. wordpress.com/2012/08/christ2.jpg • 4 (pag. 31) www.psicosociodramma.it/ images/GigiPsico5.jpg • 5-6 (pag. 32) www.youtube.com/ watch?v=-lDIfS75WY8 • 7 (pag. 35) www.playback.it/images/ FD100.jpg • 8 (pag. 35) www.torontoplayback.com/ media/hiRESimages/Playback4.jpg • 9 (pag. 37) www.grusomhetensteater. no/wp-content/gallery/blodsprut/ untitled-3.jpg • 10 (pag. 37) carlodainese.files.wordpress. com/2015/04/1967-10-00_living-theatre_ antigone_5.jpg • 11 (pag. 39) dazedimg.dazedgroup. netdna-cdn.com/1500/azure/dazedprod/1060/0/1060677.jpg • 12 (pag. 42) finerframes.com/wpcontent/uploads/2012/12/gokyo-ri-flagscrop.jpg • 13 (pag. 43) twoandfro.com/wpcontent/uploads/2014/03/IMG_4465.jpg • 14 (pag. 43) http://gbcmag.com/wpcontent/uploads/2012/07/DSC_0034.jpg • 15 (pag. 45) s-media-cache-ak0.pinimg. com/736x/35/b4/c6/35b4c6a4d56731725dd2 6c15ebd03bc4.jpg • 16 (pag. 45) illegalart.org/wordpress/ wp-content/uploads/2011/07/suggestion_ box_centralpark91.jpg • 17 (pag. 45) illegalart.org/wordpress/ wp-content/uploads/2011/09/TheShadow66a1.jpg • 18 (pag. 47) candychang.com/main/ wp-content/uploads/2011/07/Before-I-DieNOLA-Candy-Chang-wall-angled.jpg

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Tutte le restanti immagini, nonché le foto contenute nella sezione "Nebula a Urbino" (pp. 94-122), sono a cura degli autori di questo volume.



finito di stampare nel mese di settembre 2015 in Urbino progetto a cura di Francesco Barbaro, Egle VitkutÊ, Beatrice Schena e Viviana Scutari Corso di metodologia della comunicazione prof. Marco Tortoioli Ricci Diploma accademico di II livello in Design e Comunicazione per l'Editoria AA 2014 — 2015 testi composti in Calluna Sans di Jos Buivenga, Exljbris




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