45°N 9°E

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POLITECNICO DI MILANO SCUOLA DEL DESIGN CORSO DI LAUREA IN DESIGN DEGLI INTERNI TESI DI LAUREA

45N9E, PROGETTO DI UN CONCEPT STORE A MILANO

Docente: Prof.ssa Angela Pia MAZZOTTI StudentI: Eleonora BINDELLINI 777721 Anna BORTOLINI 783589 Vanessa Anna BOSSI 778258 Isabella CALVI 777771

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Indice

Capitolo 1:

Introduzione

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1.1 Che cos’è un concept store

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1.2 Riferimenti progettuali

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104 Le cent quatre

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Apple store

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Droog

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Capitolo 2:

La comunicazione

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2.1 Introduzione

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2.2 Negli spazi retail

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2.3 Merceologica

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2.4 Tecnologica

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2.5 Diretta oggi

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Capitolo 3:

Capitolo 6:

Tre identità storiche milanesi

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Progetto comune

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3.1 Introduzione: il brief iniziale

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6.1 Gli spazi

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3.2 Kartell: la ricerca tecnologica al servizio

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6.2 Moodboard complessiva

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6.3 Merceologia

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della quotidianità Analisi storica e visita all’azienda

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6.4 Linguaggio coerente

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Moodboard

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6.5 Corriodoio neon

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6.6 Cortile interno

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Analisi storica e visita all’azienda

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6.7 Gli ingressi

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Moodboard

38 Bibliografia/sitografia

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3.3 Campari: il rito dell’aperitivo

3.4 Pirelli: in corsa verso il futuro

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Analisi storica e visita all’azienda

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Moodboard

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Capitolo 4:

Pirelli più da vicino

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4.1 Un’azienda caleidoscopica

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4.2 Perchè Pirelli

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4.3 Il punto di partenza

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Capitolo 5:

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Percorso progettuale

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5.1 Da Pirelli al concept store

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5.2 Dai valori ai prodotti

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5.3 Dai prodotti agli spazi

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5.4 L’utenza e la localizzazione

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5.5 Dalla localizzazione al nome

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5.6 Immagine coordinata

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1. Introduzione

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1.1

Cos’e’ un concept store Con il termine concept store si indica un punto vendita caratterizzato dalla sua completa eterogeneità rispetto all’esperienza tradizionale del negozio. Le sue qualità distintive sono infatti quelle della eterogeneità di gestione, superficie e merceologia. L’obiettivo di un concept store infatti è quello di allestire un’esperienza di esplorazione e di scoperta da parte del cliente attraverso una pluralità di suggestioni, provenienti sia dalla varietà di prodotti esposti, sia dall’architettura stessa dell’ambiente. Questa nuova idea nasce da un nuovo modo di leggere e vivere la città dovuto alla trasformazione della società contemporanea e, più specificamente, alla nuova visione che le aziende hanno dei propri clienti. Dietro al concept store c’è la volontà intrinseca di creare una connessione tra utente e marchio utilizzando una narrazione di valori espressa attraverso un “sistema prodotto”. Quest’ultimo si compone di due parti essenziali: la scelta del brand (dei suoi valori) e la creazione del sistema vero e proprio, cioè la scelta dei prodotti, della comunicazione e dei servizi collegati. Inoltre, l’utente non è più semplicemente un fruitore, diventa il protagonista della narrazione, il perno intorno al quale va a crearsi il concept store, è colui che dà una ragione d’essere allo spazio. Il punto vendita deve trasformarsi in un vissuto personale dei clienti carico di fascino, e ciò è riconducibile all’evoluzione del marketing contemporaneo, che ha dettato le regole per la nascita dei concept store come li intendiamo noi oggi, ovvero il mezzo di comunicazione tra l’azienda e i suoi fruitori.

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Essendo quindi il tramite comunicativo, l’allestimento del concept store generalmente produce una riduzione dei costi in pubblicità poichè l’esperienza creata sarà talmente forte e coinvolgente tanto da indurre i consumatori a diffondere presso i loro conoscenti il desiderio di sperimentare la stessa immersione. Così facendo la conoscenza del marchio e dei prodotti viene diffusa spontaneamente dal pubblico. La tecnica marketing è prossima quindi alle tattiche contemporanee 1 2 di guerrilla o di word of mouth , diffuse dal mercato americano a quelli di tutto il mondo. Al contempo, questa formula di “shopping-esperienziale” rappresenta un’intensificazione ulteriore della dimensione di “spettacolo della merce” di cui parlava Guy Debord (scrittore e filosofo francese) già durante gli anni Sessanta: “La prima fase del dominio dell’economia sulla vita sociale aveva determinato nella definizione di ogni realizzazione umana un’evidente degradazione dell’essere in avere. La fase presente dell’occupazione totale della vita sociale da parte dei risultati accumulati dell’economia conduce a uno slittamento generalizzato dell’avere nell’apparire, da cui ogni “avere” effettivo deve trarre il suo prestigio immediato e la sua funzione 3 ultima.” A questo punto c’è da rimarcare che l’obiettivo principale del concept store non è la vendita di un prodotto ben preciso. Questo è ciò che differenzia lo spazio concept store dallo spazio retail inteso come la vendita al dettaglio, cioè l’ultimo anello della catena di distribuzione, la mera e semplice vendita di prodotti al

Con il termine “guerrilla” si vuole indicare il suo significato legato al mondo del marketing. Si tratta della definizione coniata da Jay Conrad Levinson nel 1984 nel suo libro omonimo, per indicare una forma di promozione pubblicitaria non convenzionale e a basso costo ottenuta attraverso l’utilizzo creativo di mezzi e strumenti aggressivi che fanno leva sull’immaginario e sui meccanismi psicologici degli utenti finali. Nel campo qui trattato uno degli esempi più inerenti è l’idea che spinge il famoso marchio Comme des Garçons. Comunemente detto “passaparola”, il word of mouth indica il diffondersi, attraverso una rete sociale, di informazioni o consigli in forma diretta tra soggetti. Con questo termine si intende quell’insieme di strategie promozionali che sfruttano metodi di comunicazione innovativi, differenti dai classici sistemi pubblicitari. 9


consumatore finale. Il ruolo del dettagliante, cioè colui che vende direttamente al fruitore (in inglese retailer), è quello di organizzare al meglio la vendita (retail). Il concept store prima di arrivare alla fase finale di vendita si compone di 3 livelli differenti: livello assiologico, livello narrativo e livello discorsivo. Il primo contiene i valori fondativi della marca assicurandone la continuità e la permanenza nel tempo. Il secondo è l’organizzazione dei valori e l’attribuzione

dei ruoli in infinite varianti con lo scopo di comunicare al meglio e a tutti i valori basici. Il terzo va a creare l’identità concreta secondo elementi fisici veri e propri (attori, oggetti, stili, tempi, spazi e temi). Potremmo catalogare le differenti tipologie di concept store prendendo come riferimento lo schema di Schmitt secondo cui essi possono essere suddivisi in base ai luoghi dove si sviluppa l’esperienza (ExPro) e le tecniche 4 che la creano (SEM) .

MODULI STRATEGICI ESPERIEN ZIALI (SEM)

P E R SONE

SI TI W E B

SPA ZI O

CO B R A ND I NG

P R OD OTTI

I D E NTI TA ’

COMUNI CA ZI ONE

FO RN I T O RI DI ESP ERIENZA (ExPr o)

SE N SE

F EEL

THINK

A CT

R ELAT E 3

Guy Debord, La società dello spettacolo, Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2001.

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Schmitt B.H., Ferraresi M., Marketing esperienziale - come sviluppare l’esperienza di consumo, Milano, F.Angeli, 2006.

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1.2

Riferimenti progettuali

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104 Le cent quatre dove: Parigi, 104 rue d’Aubervilliers quando: 2011 SEM: think, act, relate Le Cent Quatre di Parigi è un centro culturale costruito su di un edificio precedente al numero 104 di Rue d’Aubervilliers. Da quando aprì nel 2011, la sede si è continuamente reinventata ed evoluta fino a diventare una zona di “residenza” e produzione d’arte di giovani creativi provenienti da tutto il mondo. Progettato per essere un contenitore di talenti artistici e culturali, è cresciuto in una forma di cooperativa provvedendo a rendere l’accesso libero a tutte le tipologie di forme d’arte attraverso un programma accurato basato sulla contemporaneità. In questo santuario di espressioni artistiche ci si può ritrovare in mezzo alle prove di giocolieri, ballerini di hip-hop e capoeira, attori... Occupando più di 39000 m2 di superficie, l’edificio è composto da circa 11 spazi differenti (Le merle Moquer, L’incubateur, Le cinq, Le cafè cachè, ecc) separati da cortili interni ma uniti attraverso uno scheletro metallico coperto da pietre e mattoni. Si tratta di un esempio di concept store legato ad un approccio di tipo riflessivo, in quanto vuole far riflettere e relazionare i fruitori con il mondo artistico creando una situazione in cui l’ esperienza diventa qualcosa di fondamentale e nasce in modo praticamente spontaneo.

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Apple store dove: ovunque quando: 2001 SEM: act, relate

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La nascita degli Apple Store si deve alla volontà di creare uno spazio affine al brand, uno spazio di vendita ma anche di comunicazione. Apple è un esempio di concept store la cui forza risiede nell’approccio comportamentale, inteso come condivisione di comportamenti, status. L’idea del primo Apple Store, progettato dal team di Tim Kobe sotto la guida intuitiva di Steve Jobs, si basava sul riflettere concetti come l’accessibilità, la semplicità del prodotto e del suo utilizzo, all’interno di un grande spazio aperto. La volontà di tradurre questi grandi valori del brand all’interno di un luogo, attraverso elementi materiali e la creazione di esperienze. Attività, vendita, istruzione, prova, scoperta sono tutti elementi essenziali e fondanti di Apple e degli stores, che aiutano i clienti a riconoscere e distinguere il brand e che fanno da legante tra questi ultimi. Tutti questi pezzi uniti insieme creano un brand convincente, che focalizza la sua attenzione sulla passione per i clienti e i prodotti.


DROOG dove: Amsterdam, Staalstraat 7-A quando: 2011 SEM: think, feel Fondato nel 2011 da Renny Ramakers, lo studio Droog crea concepts, spazi e prodotti tutti basati sui valori fondanti e principali: il rispetto per l’esistente, l’importanza del contesto, la ricerca della bellezza e l’aspetto giocoso e divertente del quotidiano. Valori derivati dalla semplice idea di più e meno, addizione e sottrazione. Lo studio Droog si occupa dei clienti e delle loro commissioni come se si trattasse di un’agenzia immobiliare. Non si tratta solo di prodotti da vendere, ma di trovare il prodotto perfetto per il fruitore, in modo che nasca quel sentimento di affetto, che si instauri una relazione. Droog ha ormai un design dall’identità forte e riconoscibile, basato sull’utilità che però non va ad intaccare la linea semplice e fantasiosa che lo contraddistingue, anzi, crea un’unione che lo fortifica. Ogni progetto parte da un radicale ripensamento di un particolare oggetto o di una situazione diventando qualcosa di unico capace di parlare da solo e di far parlare di sè. Così nascono uno store, un hotel, un ristorante, una libreria, una spa, una galleria e un atelier che vanno a comporre questo grande concept store di Amsterdam, paragonabile al nostro Corso Como 10.

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2. La comunicazione 2.1

Introduzione Gli spazi retail sono diventati i punti focali nella catena azienda-prodotto-consumatore: controllare questo tipo di processo commerciale comporta che tali spazi diventino il teatro principale della comunicazione dell’identità della marca trasmessa all’utente tramite la merceologia e attraverso molteplici fattori che cercano di creare una dimensione emozionale: la tecnologia è uno di questi, un mezzo in grado di veicolare la comunicazione nel modo più adatto e di pari passo con lo spirito del tempo.

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2.2

Negli spazi retail Per definizione il brand è “l’elemento costituito essenzialmente dal legame psicologico di rappresentatività che il consumatore instaura con un determinato insieme di prodotti o servizi distinti dagli altri da proprie peculiari caratteristiche”1. Il cliente ha la sensazione di essere rappresentato dall’insieme di valori, emozioni, caratteristiche che il marchio porta con sé e quindi “ogni brand esprime una personalità, un mondo culturale, un universo ideale, un insieme di conoscenze nelle quali ogni cliente tende a rispecchiarsi o che desidera in qualche modo “assimilare”, fare sue.”1 Un marchio oggi si sviluppa in campi sempre più fondamentali quali la comunicazione e, fisicamente anche nell’ambito del retail. Nella contemporaneità lo spazio retail rappresenta proprio la materializzazione di questo mondo di sensazioni, emozioni e valori in cui un marchio si identifica, un luogo dove è necessario un coinvolgimento emotivo calibrato su una comunicazione diretta che permette al consumatore di potersi affezionare e fidare della marca stessa, ancor prima che dei suoi prodotti. Esso diventa quindi l’occasione per una comunicazione diretta con il consumatore, che deve sentirsi integrato nel mondo del marchio, in modo da catturarne l’attenzione nella rete di prodotti e pubblicità che lo invade. Questi elementi sono oggi parte di un sistema integrato fondamentale, che si è costituito tramite i processi del consumismo, in atto ormai fin dai tempi antichi del baratto, presentando un notevole picco ai tempi degli sviluppi industriali. “L’importanza della marca ha suscitato un crescente

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Da “Che cos’è il brand” http: advstudio.it

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interesse dopo la Rivoluzione Industriale, fino a diventare momento strategico per la competizione nei mercati complessi: alcuni autori parlano, infatti, di mercati della marca in contrapposizione ai tradizionali mercati di prodotti e servizi, identificando le situazioni in cui ciò che l’utente ricerca non è più il prodotto in sé, ma il dialogo con la marca stessa.”2 Il consumatore quasi dimentica l’atto dell’acquisto e, d’altra parte, l’esperienza di un luogo diventa esso stesso atto anteposto al prodotto. Il fine è di trasmettere un momento che coinvolga i sensi e che rimarrà nella memoria, permettendo al brand di essere ricordato tra i molteplici prodotti, difficilmente distinguibili l’uno dall’altro. La quantità di stimoli è cresciuta esponenzialmente e la rete di informazioni ci permette di avere tutte le risposte che cerchiamo ancor prima di acquistare un oggetto. A questo cambiamento si è sviluppata anche l’idea di spazio vendita: non è solo un luogo di sola distribuzione ed esposizione delle merci, bensì un punto in cui si concentrano l’espressione e la narrazione del brand. La definizione di un’identità non dipende quindi solo dal prodotto in sé ma anche da una serie di servizi che incrementano il coinvolgimento e l’affidabilità. Per un’azienda portatrice di valori, sapersi relazionare con il cliente ed essere coerente con l’atteggiamento raccontato e quello vissuto sono i punti chiave affinché il confronto con il consumatore sia positivo. L’onestà nell’assistere i clienti attraverso servizi che vadano oltre la transizione economica è a suo tempo necessaria per creare un ricordo e una diversificazione. Nello spazio retail la comunicazione si materializza e diventa strumento di strategia mediatica. In esso, con lo scopo di un’esperienza efficace, si concentrano oltretutto i lavori progettuali di diverse

discipline. “Quando si afferma che uno spazio destinato all’utente assume un valore di comunicazione, si allude sostanzialmente a due paradigmi che ne sostanziano il senso: il primo, più astratto, di natura teorico-concettuale, che indica la stretta relazione che si instaura tra lo spazio e i suoi fruitori; il secondo, più progettuale, di tipo informativo-emozionale, che allude alla forza coinvolgente dei media digitali, in grado, oggi, di costruire un racconto attorno ai temi del brand.” 3 Questo insieme di sistemi correlati crea le condizioni necessarie affinché un brand diventi efficace e riesca in quel che gli è a cuore: essere scelto dal cliente rispetto al resto, fin quasi a farne uno stile di vita, quel mondo del brand in cui il cliente viene inglobato. Nel mercato attuale sarebbe quindi strategicamente più corretto preoccuparsi di comunicare con chiarezza il mondo di valori a cui un prodotto si rifà, risultando la conclusione di un percorso che termina con il suo acquisto e che permette al consumatore di portarsi a casa non solo l’oggetto in quanto utile a qualcosa, ma anche tutto il bagaglio narrato prima dell’acquisto.

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Gerosa G. Il progetto dell’identità di marca nel punto vendita, FrancoAngeli editore, 2008

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Galbiati M. cap 2 “Il retail come luogo di comunicazione”, tratto da Il progetto dell’identità di marca nel punto vendita di Giulia Gerosa, FrancoAngeli editore, 2008

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Muji store, San Francisco. Muji rappresenta un esempio chiaro di coerenza comunicativa di personalitĂ

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Foto scattata durante il boom economico in Italia: Fiat 500

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2.3

Merceologica Il nuovo metodo di progettazione degli spazi retail risulta essere subordinato all’utente, il quale ormai diventa sempre più difficilmente identificabile tramite target a causa di un sistema sociale avanzato e stratificato. Questo fenomeno ci porta all’analisi del suo rapporto con l’oggetto d’uso, una storia lunga secoli che potrebbe iniziare con le rivoluzioni settecentesche: la rivoluzione francese e quella industriale inglese infatti hanno creato l’idea dell’oggetto per tutti. Carico di questa nuova identità, l’oggetto è da sempre stato al centro di una incongruenza tra forma e funzione, incongruenza che in realtà cerca di risolversi successivamente nel consumismo. Subito dopo le due guerre mondiali infatti, soprattutto in Italia, si sente la necessità di cambiare modelli/stili di vita, promuovendoli ad un benessere non solo legato ad un rinnovamento politico e ideale, ma anche a quello economico, fondato sulla produzione di beni di consumo di massa. In questo periodo il possedimento di cose equivaleva in “prestigio dell’avere”, per scacciare via qualsiasi ombra di povertà dei decenni precedenti. Con lo sviluppo dell’industria però, come sostiene il professor M. Vitta1, questo principio del possesso desiderato, si trasforma sempre di più nel desiderio continuamente soddisfatto e sempre divorato dall’insoddisfazione: nel concetto stesso di consumo si legge l’esaurimento dell’oggetto dopo la sua funzione e il venir meno della sua insostituibilità formale. A questo punto incomincia a profilarsi la distinzione sociale non più tramite l’accumulazione di cose, ma tramite la loro dispersione/riappropriazione formale. Questa nuova visione dona all’oggetto d’uso nuova dignità: le cose devono essere sì funzionali ma

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Vitta M. Il progetto della bellezza, Einaudi Editore, 2011

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Dorfles G. Il divenire delle arti , Bompiani Editore, 1959

soprattutto devono avere una forma instabile , imposta sia dalla produzione industriale sia dal valore simbolico. In questa ottica, la funzione d’uso viene superata2 dalla funzione simbolica perchè l’oggetto diventa sempre più rappresentazione di qualcosa che va oltre alla sua oggettualità: si circonda di un’aura, di una storia, dove ognuno può rivedersi, identificarsi. Dopo aver parlato di nuovi tipi sociali che identificavano il benessere nel consumo di massa dell’apparenza, negli ultimi decenni del XX secolo si delinea sempre di più una società individualistica e guidata dal principio del piacere a causa della decadenza dei grandi sistemi ideologici e scientifici: l’oggetto assume la forma dell’immaterialità e dell’effimero, diventando “fatticcio” (fatto + feticcio), usando le parole di Bruno Latour. Si è passati quindi da un consumismo guidato dall’omologazione di valori uniformi, a quello basato da valori frammentati su più livelli. Con l’avvento della tecnologia inoltre, viene annullata quasi totalmente la fisicità dell’oggetto con la sua smaterializzazione, limitata però dall’ultimo legame con l’utente: la sensorialità del corpo. Le cose hanno quindi una struttura informatica che, nei confronti dell’intelligenza umana sembra minarla, ma anche una struttura fisica, che invece fa appello alle nostre sensazioni. Questa storia ci porta quindi a vedere lo spazio retail da un nuovo punto di vista: esso deve veicolare nell’acquisto di simboli e di significati, tramite un approccio di tipo emozionale ed esperienziale, non tramite una comunicazione del reale e dell’evidente, ma attreverso una comunicazione invisibile.

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2.4

Tecnologica La tecnologia, oggi, nonostante se ne facciano numerosi studi e opinioni, è ovunque, basta guardarsi intorno. Essa è ormai un elemento chiave, simbolo della nostra era, che andrà a crescere ed evolversi, seguendo le tendenze del momento, e caratterizza più campi di quanti se ne possano immaginare. Uno dei principali a essere coinvolto è quello del prodotto, che è sempre più adatto a semplificare la vita di chi lo utilizza, acquistato per tale scopo, nato per tale finalità. E oltre a questo, si può parlare di una vera e propria comunicazione del prodotto, che si veste di una nuova funzionalità, più pratica, atta ad attirare l’attenzione dell’utente e assisterlo nei gesti quotidiani. L’oggetto tecnologico più avanzato oggi diventa una cornice del mondo di ogni persona, sempre più semplice e immediato, uno strumento inutitivo ed emotivo, in simbiosi con il fruitore e con lo spazio vendita. L’estetica in questo senso perde il suo originario significato, per lasciare spazio alla pura funzione, il gesto di chi ne fruisce, che ne trae utilità e vi si affeziona. Il campo emotivo è qui il più interessato: “sempre meno l’aspirazione è finalizzata al possesso di un bene, ma ciò che viene inseguito è provare nuove sensazioni”1. L’oggetto si trasforma in una vera e propria esperienza, si adatta e anticipa le esigenze del cliente, lo attrare; il suo contenuto poi conforma l’estetica insieme al luogo in cui è venduto. Lo spazio vendita, per tale motivo, si costituisce oggi come un luogo di intrattenimento, nel quale, attraverso il prodotto esperienziale, si creano relazioni tra esso e il consumatore.

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Gerosa G. Il progetto dell’identità di marca nel punto vendita, FrancoAngeli editore, 2008


L’approccio pratico comporta infatti un certa confidenza e fiducia nell’oggetto, il quale è più portato a essere acquistato. Esso diventa pubblicità di se stesso, gioca le sue capacità a carte scoperte, si rende disponibile all’utilizzo svestendosi del suo involucro, che prima ne celava le vere qualità. All’interno dello store assume un ruolo fondamentale, suscitando emozioni e vendendosi in totale autonomia. Anche il cliente presta una importante carica, non solo come acquirente, ma come partecipante attivo e protagonista in una piazza di socialità, in cui interagire con la tecnologia ed esprimere una sua personale valutazione prima di effettuare una scelta decisiva; oggi il consumatore, grazie alla rete, è una sentinella molto attenta e responsabile, desidera che le promesse dettate dal prodotto vengano mantenute; ne deve quindi risultare soddisfatto. I cosiddetti echo-boomers, trentenni sempre connessi allo smartphone per confrontare i prodotti online e ricercare recensioni e opinioni su ciò che stanno per comperare, sono l’esempio di un cambiamento che deve essere ormai assodato: lo spazio retail deve tenere conto di questo tipo di cliente, che da oggi in poi prenderà sempre più piede, sempre più esigente in futuro, sempre più generazioni impareranno da esso e saranno i nuovi consumatori di domani. Come sostiene Mirko De Dominicis, It Infrastructure di Penny Market, catena di supermercati: “Per ingaggiare la shopping experience le grandi catene oggi stanno lavorando molto più nel ridisegnare gli spazi e gli allestimenti piuttosto che nel curare gli aspetti tecnologici e questo non paga sul medio e sul lungo termine.

Apple Store, New York

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Si lavora per la soddisfazione del cliente, ma i nostri clienti oggi sono insoddisfatti per motivi banali che le strategie aziendali non riescono né a coprire né a scoprire. Un esempio vincente su tutti, invece, è Apple, che ha ribaltato approcci e modelli: nei suoi shop, con la tecnologia, mette il cliente sempre al centro dell’attenzione, dall’ingresso all’uscita. Questa è l’ottica giusta. E la tecnologia è fondamentale: basta guardarsi intorno per vedere come siamo circondati da consumatori amanti dell’innovazione in grado di usare al meglio tutti i canali d’acquisto.” Una tecnologia, dunque, quella di oggi, che va sfruttata al meglio, rendendo gli store più piccoli, riducendone i costi, ma aumentando sicuramente la rendita. Si parla infatti anche di retail integration, ovvero di coinvolgimento di tutti i canali di vendita (flagship store, outlet, shop in shop ..) per mantenere una relazione con il cliente strutturando una propria immagine su tutti i canali, soprattutto sul web, perché è proprio lì che il prodotto viene cercato ed esaminato prima dell’acquisto. Fornire la vendita online oggi è un altro luogo in cui il compratore si imbatte in modo diretto e confidenziale in ciò che desidera, perché a proprio agio e in totale libertà di scelta, e in qualsiasi momento voglia. E non a caso, oggi, molti negozi stanno adottando questo metodo che incrementa la vendita, che li porta ad associarsi sempre più con la tecnologia, strumento di coinvolgimento e rapporto interpersonale con l’utente. Tale strategia si pone come una condizione necessaria per adattarsi a un mercato sempre più competitivo e complesso.

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2.5

Diretta oggi Come visto ed analizzato nei paragrafi precedenti, il tema della comunicazione all’interno degli spazi retail è fondamentale e si può dire che venga suddivisa in due tipologie principali, una di tipo spaziale e una più merceologica. La prima trasmette i valori del brand attraverso un vero e proprio percorso all’interno dello store, quindi andando ad evidenziare delle zone e dei particolari in base all’importanza che hanno e con lo scopo di una corretta divulgazione del marchio. La seconda tipologia, invece, si rapporta in modalità quasi diretta con l’utente, andando a creare una rete di connessioni con esso che, successivamente, si trasformerà in una relazione nel momento dell’acquisto. Il rapporto utente-prodotto, infatti, si è modificato nel tempo mutando da “bisogno” a “desiderio” come viene ben sottolineato da Marisa Galbiati 1 e viene ripreso in questo contesto evidenziando l’evoluzione di questo processo; un prodotto che un tempo era visto solo come il soddisfacimento di un bisogno che si trasforma poi in bene di lusso intorno al 1800 per poi trovare una declinazione nella pura utilità con l’avvento della produzione industriale e diventare, oggigiorno, un simbolo materiale di un’ideale di stile di vita. L’oggetto d’uso, come sostiene Maurizio Vitta2, diventa un portatore di significati che si irradiano nei territori della comunicazione, della conoscenza, del sentimento e della memoria e possiede al suo interno i valori del brand e la capacità intrinseca di trasmetterli anche in modo non apparente. Se andiamo ad acquistare un prodotto di un determinato marchio è perché sosteniamo

che esso sia in grado di rappresentarci, perché condividiamo uno o più dei suoi valori e vogliamo trasmettere tutto ciò attraverso determinate immagini di noi stessi; ai nostri giorni con gli oggetti materiali andiamo ad acquistare uno stile di vita e un determinato modo di trasmetterlo agli altri. Queste due modalità di comunicazione del brand sono oggetto di analisi e studio dei progettisti che cercheranno di interpretarle, contestualizzarle ed attuarle in un determinato luogo ed in un determinato tempo attraverso dei mezzi con l’intento di un coinvolgimento sempre maggiore di un’utenza sempre più vasta; fondamentalmente una reinvenzione della funzione dei luoghi di vendita, più improntati sulla creazione di un’esperienza multisensoriale che coinvolga il cliente e lo porti, come secondo fine, all’acquisto guidandolo, quindi, dalla voglia di esprimere gli stessi concetti trovati e rappresentati nello store. Ciò avviene sempre più attraverso l’uso delle nuove tecnologie, grazie all’inserimento di schermi e funzioni interattive che permettono all’utente di interagire con essi ma al contempo lo isolano, lo allontanano dai normali rapporti umani. Purtroppo, la freddezza della tecnologia sta diventando un elemento di estremo contrasto all’interno degli spazi retail: si vuole creare un ambiente accogliente, stimolante, esperienziale dimenticando che la prima esperienza umana è proprio l’interazione con altri esseri. Quello che un tempo era un elemento centrale nel processo di acquisto, cioè il dialogo con il produttore o il commerciante, oggi è stato sostituito da una rete

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Galbiati M. cap 2 “Il retail come luogo di comunicazione”, tratto da Il progetto dell’identità di maca nel punto vendita di Giulia Gerosa, FrancoAngeli editore, 2008

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Vitta M. Il progetto della bellezza, Einaudi Editore, 2011 27


Interfaccia dell’ e-shop di HM, esempio di come la rete abbia sostituito il rapporto tra cliente e commerciante

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di connessioni vere e proprie, basti pensare alla possibilità di comprare qual si voglia bene attraverso internet, andando dagli abiti provati su di un manichino online (come proposto dal sito del noto marchio H&M), ai prodotti alimentari dei grandi ipermercati recapitati direttamente a casa. Tutto viene trasformato da reale a virtuale entrando sempre più nella nostra quotidianità. Proprio il fatto che ormai la tecnologia sia diventata un elemento intrinseco della nostra routine, andando dall’abitazione al posto di lavoro fino agli spazi dedicati al relax e al tempo libero, annulla il suo carattere innovativo andando ad esaltare, per opposizione, quei luoghi dove essa viene a mancare o dove è ben celata. L’esperienza, quindi, non è più data solo attraverso uno schermo o uno specchio interattivo ma attraverso la stimolazione sensoriale e di tipo mentale. E’ noto che per creare un ricordo il più indelebile possibile gli store ricorrano ai più vari escamotage: attraverso dei gadget, un packaging ben definito e di impatto, una foto ricordo e altre infinità di varianti volte sempre a solo allo scopo di poter ricordare quel luogo in quel esatto istante. E se un’altra soluzione potesse essere nella comunicazione stessa, intesa come dialogo tra le persone? Dal punto di vista prettamente esperienziale, la spinta alla socializzazione e alla conoscenza permetteranno di avere un ricordo di come, quando e dove si è conosciuta una determinata persona quindi creerà un percorso mentale più forte rispetto ad un gadget; ovviamente tutto ciò è possibile solo se viene stimolata nel modo giusto la voglia di conoscersi e confrontarsi o se ci si trova in situazioni a estranee. A tale proposito è interessante analizzare da un punto di vista antropologico quali possono essere le cause/condizioni in cui un individuo è spinto al dialogo; esemplare è l’esperimento Klee-

Kandinskij di Henri Tajfel che vede il contrapporsi di due “gruppi minimali” differenziati attraverso una variabile minima e superficiale (la predilezione estetica per un artista piuttosto che un altro) che porta i componenti di un gruppo a sentirsi tali, ad avere la concezione di “noi” e “loro” in continuo confronto. Questo comportamento istintivo potrebbe essere la base per una nuova tipologia di progettazione che veda come elemento centrale la stimolazione alla creazione di un “gruppo” legato allo store dove non vi sia una distinzione tra utente e distributore, bensì un organismo unico in continuo dialogo con tutti i componenti. Questa concezione di insieme sembra esser stata annullata nella maggior parte dei luoghi dediti alla vendita, in cui si cerca di evidenziare la differenza tra pubblico e commercianti, a volte creando anche una situazione che non stimola la nascita di una conversazione. Sempre più vengono a mancare dei luoghi legati al discorso o che lo stimolino nonostante gli spazi retail siano quelli dove, probabilmente, ve ne è più bisogno vista la continua, e giustificata, esigenza di avere una conferma sulla qualità; sono ancora pochi i luoghi dove è volutamente presente e attivo uno scambio discorsivo tra utente e produttore e si tratta di spazi in cui sentiamo di dover essere consigliati (il macellaio ne è un esempio; mentre, paradossalmente, le farmacie stanno perdendo questa funzione, sostituite da un’infinità di consigli medici via web). In modo quasi surreale un elemento distintivo e caratterizzante del genere umano diventa un’innovazione in determinati luoghi rendendo la comunicazione vera e reale un prodotto, quasi un bene di lusso. “Temo il giorno in cui la tecnologia andrà oltre la nostra umanità […]” diceva Einstein e ciò sembra essere anche oggi un timore fondato e presente nella società.

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3. Tre identità storiche milanesi 3.1

Introduzione: il brief iniziale Il brief iniziale prevede la progettazione di uno spazio retail, un concept store, ideato per una delle tre aziende proposte: Kartell, Campari e Pirelli. Questo spazio dovrà comunicare i valori fondativi dell’azienda prescelta scegliendo un sistema prodotti adeguato che non includa però quelli prodotti dalla stessa. Perché proprio queste tre aziende? Il concept store si troverà idealmente in una zona del capoluogo lombardo e la scelta è ricaduta su questi tre famosi brand per il loro legame con il territorio milanese. Inoltre tutte e tre le aziende presentano un ampio background storico e hanno acquistato col tempo una forte identità, anche grazie a prodotti diventati delle vere e proprie icone che hanno portato loro fama mondiale.

Immagini: Museo Kartel, Novigllio Milano

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3.2

Kartell: la ricerca tecnologica al servizio della quotidianità Analisi storica e visita all’azienda Nel mondo dell’arredamento, Kartell oggi ha un ruolo sicuramente non trascurabile: può essere infatti definita un’azienda leader a livello mondiale nel mercato del design, nonché uno dei simboli del Made in Italy. Kartell inizia la sua storia a Milano1 più di sessant’anni fa, nel 1949, quando il giovane ingegnere chimico Giulio Castelli fondò la società, incentrando sin da subito la produzione dei propri articoli sulla ricerca tecnologica. Fin da subito dimostrò infatti la sua volontà di portare la plastica nell’arredo casalingo.2 Il Museo Kartell nasce nel 1999 in occasione del

cinquantesimo anniversario dell’azienda voluto e progettato dal Presidente Claudio Luti con l’obiettivo di conservare, promuovere e valorizzare il patrimonio culturale, ideale, materiale e immateriale dell’azienda. Il museo d’impresa ha sede nello stabilimento di Noviglio, alle porte di Milano, quartier generale dell’azienda dal 1967: progettato dagli3 architetti Anna Castelli Ferrieri e Ignazio Gardella, è oggi considerato uno dei più interessanti esempi di architettura industriale in Lombardia. La storia di Kartell viene quindi raccontata tramite i prodotti, partendo dall’aspetto che l’ha differenziata

1 Nel1972, Kartell partecipa alla mostra del MoMA “Italy: The New Domestic Landscape”, esponendo tre moduli abitativi prodotti su

disegno di Ettore Sottsass, Marco Zanuso e Gae Aulenti. Nello stesso anno gli oggetti del catalogo Kartell entrano nella collezione permanente del museo americano. Questa partecipazione la conferma nell’universo del design internazionale come uno degli esempi del Made in italy.

2 “Era mia intenzione produrre oggetti che avessero caratteristiche innovative, intese come applicazione di nuove tecnologie produttive,

rivolte all’economia del materiale e all’efficienza del processo”, dice Giulio Castelli.

3 Progettato nel 1951, nel 2000 ottiene il Premio Guggenheim Impresa & Cultura come miglior museo d’impresa.

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da tutte le altre aziende sorte nel dopoguerra italiano, cioè l’intento di coniugare la plastica con il design, unendo l’utile al bello: fu la prima ad utilizzarla per la costruzione di oggetti domestici, introducendo cosi nelle case italiane questo materiale all’epoca innovativo, attraverso complementi di arredo dalle linee nuove e di conseguenza ricercate. Con la divisione Casalinghi, nel 1953, e la divisione Habitat, nata invece nel 1963, vengono prodotte collezioni giovani, dunque più flessibili, spesso anche modulari. Lo stile di vivere e di abitare viene sconvolto, reso ora più ironico e spensierato, non più legato a forme standard e materiali antiquati; era giunta l’epoca favorevole a questo tipo di cambiamento. La produzione si espande e si migliora, sempre alla ricerca delle soluzioni più funzionali ed economiche a livello tecnologico per la lavorazione della materia plastica.4 Grazie alle collaborazioni con grandi designer del

passato, Kartell può essere orgogliosa di aver prodotto oggetti premiati con i riconoscimenti più prestigiosi di questo mondo, come ad esempio il Compasso d’Oro.5 Claudio Luti diventa l’erede di Kartell dal 1988, circondandosi dei più famosi ed eclettici designer contemporanei per produrre con entusiasmo e forfore collezioni, con l’utilizzo di tecnologie, forme e stili che sposino l’esperienza progettuale dei creativi e le potenzialità e le esigenze dell’azienda. Oggi la squadra Kartell è composta da : Philippe Starck, Ron Arad, Antonio Citterio, Ferruccio Laviani, Piero Lissoni, Patricia Urquiola, Tokujin Yoshioka, Mario Bellini, Ronan ed Erwan Bouroullec, Alberto Meda, Patrick Jouin, Front, Nendo e Rodolfo Dordoni. L’azienda è quindi un mix di culture e varietà progettuali, espresse in colori e forme mai visti prima, ma che grazie a Kartell sono entrate a fare parte dell’immaginario collettivo.

4 Viene fondata nel 1958 la divisione Labware, specializzandosi nel campo degli oggetti necessari all’interno di un laboratorio e nel 1959

la divisione Illuminazione.

5 1955: il secchio con coperchio, una delle tante creazioni di Gino Colombini, vince il primo Premio Compasso d’Oro per Kartell.

1959: lo Spremilimoni KS 1481 di G. Colombini vince il Premio Compasso d’Oro. 1957: la Tinozza rettangolare KS 1065 vince il Compasso D’Oro. 1960: lo Scolapiatti KS 1171 vince il Compasso d’Oro. 1964: la seggiolina per bambini K 1340 (poi K 4999) è la prima seduta al mondo in plastica; disegnata da Marco Zanuso e Richard Sapper è combinabile, smontabile e facile da pulire: Compasso d’Oro. 1979: Compasso d’Oro 1979 all’Azienda. 1987: la sedia impilabile, disegnata da Anna Castelli Ferrieri, 4870 ottiene il Premio Compasso d’Oro. 1994: il sistema di cassettiere Mobil, design by Antonio Citterio con Oliver Löw, vince il Premio Compasso d’Oro. 2004: Ferruccio Laviani presenta Bourgie. Nel 2005 vince il Premio Design & Decoration Award. 2009: Kartell presenta la sedia Masters, disegnata da Philippe Starck con Eugeni Quitllet. La silhouette di questa sedia nasce dalla fusione di tre note sedute: la “Serie 7” di Arne Jacobsen, la “Tulip Armchair” di Eero Saarinen e la “Eiffel Chair” di Charles Eames. Il progetto vince il Good Design Award nel 2010 e il Red Dot Design Award nel 2013. 2013: l’Invisible Table di Tokujin Yoshioka vince il premio Best of the Best del Red Dot Design Award.

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Moodboard In questo primo step nell’analisi sulla comprensione dell’identity delle tre aziende proposte, anche per Kartell la moodboard è tridimensionale: è stato creato un parallelepipedo di plexiglass trasparente, formando una sorta di abitacolo, sui cui lati sono state applicate delle immagini, vivaci e colorate proprio come i suoi arredi, tratte dai suoi cataloghi, che rappresentano un’idea di quotidianità: Kartell da sempre si presta al servizio dell’ambiente domestico. Oggi forse più che realtà, questi oggetti icona sono diventati dei desideri, anche per i grandi nomi che li disegnano e che quindi hanno alzato il livello di accessibilità. La scelta materica e coloristica richiama la caratteristica visiva che accomuna tutte le varie collezioni: grazie alla plastica infatti sono stati prodotti oggetti dai più disparati colori, e questo elemento è stato reso visibile anche in questa presentazione, in quanto è possibile cambiare a piacimento le barre di plexiglass colorato.

Immagini: Mood Board rappresentativa dei valori del brand Kartell

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3.3

Campari: il rito dell’aperitivo Analisi storica e visita all’azienda La storia di Campari, la famosa azienda diventata sinonimo di aperitivo, comincia in un piccolo bar di Novara: è il 1860 e Gaspare Campari acquista il “Caffè Dell’Amicizia”, dove presto verrà formulata la ricetta del Campari, un segreto conservato ancora oggi. In seguito, la famiglia al completo si trasferisce a Milano per promuovere e diffondere la bevanda riuscendo ad ottenere la licenza per aprire un locale nel cuore della città, nella prestigiosa Galleria Vittorio Emanuele II, chiamandolo Caffè Campari. Nel retrobottega viene allestito un vero e proprio laboratorio, uno spazio per poter sperimentare nuovi amari ed elisir. Bitter Uso Olanda, come originariamente veniva chiamato il Campari, è il risultato degli esperimenti di Gaspare per dar vita a un nuovo tipo di liquore. Il gusto amaro, fino ad allora, era il tratto distintivo di alcune bevande, note per le loro proprietà digestive. La vera rivoluzione è stata quella di proporre l’amaro prima del pranzo e non dopo, dando il via a una vera e propria moda, grazie anche ai tanti volti noti dell’epoca che frequentavano il bar.

internazionale. Nel 1960 Campari è conosciuto in più di 80 paesi al mondo, diventando sempre più un fenomeno mondiale. Oggi il gruppo Campari conta più di 50 marchi tra spirit, wine e soft drinks: questo grazie alle trasformazione iniziata negli anni ‘90 di massimizzazione delle sinergie che ha portato Campari a diventare uno dei principali player del mercato mondiale del beverage. Nel 2006 la sede del Gruppo viene trasferita nel nuovo complesso ideato da Mario Botta a Sesto san Giovanni, un progetto che simboleggia la sua trasformazione da

La società venne fondata quindi nel 1860 dal capofamiglia, ma il decisivo impulso lo darà il figlio Davide, con la fondazione di vari stabilimenti tra cui quello di Sesto San Giovanni nel 1904. Modificando totalmente la politica aziendale con la produzione delle sole bevande dotate di forte identità e immagine, Davide Campari dà inizio anche al progressivo slancio

Immagini: Foto scattate presso la sede Campari Group, Sesto San Giovanni, Milano

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città delle fabbriche a città del terziario, ridefinendone quindi l’identità senza però dimenticare il passato. Infatti prima di tutto Botta ha voluto conservare parte dello stabilimento storico, incastonandolo in due tamponamenti laterali nobilitati da due bassorilievi che evocano le icone disegnate da Depero per Campari: è di Depero il design della bottiglietta del primo aperitivo monodose al mondo, il Camparisoda. L’Haedquarter diventa così ponte tra il passato e il futuro, volontà sottolineata anche dalla rivalutazione della villa del 1700 di proprietà della famiglia, oggi trasformata in ristorante e sede di corsi formativi per barman e dalla creazione di un museo d’impresa, in cui viene mostrato il vastissimo patrimonio artistico: Campari fin dagli inizi

1

ha voluto consolidare uno stretto rapporto con l’arte soprattutto nella pubblicità. L’obiettivo generale è quello di riqualificare questa zona da spazio produttivo industriale1 in abitativo e di servizi, trasformando in parco pubblico l’area verde di Villa Alta: questo spazio è tanto di Campari quanto di Sesto e dei suoi cittadini. La corte interna, utilizzata per eventi, è definita dall’intersezione ad “L” dei due grandi prismi rettangolari ed è caratterizzata dalla copertura a prato del tetto della lobby: Campari è red, ma in questo caso si tinge anche di un senso green che si espande, e si replica riflettendosi nella sottile lamina d’acqua alla base, che aggiunge note di leggerezza e trasparenza all’intorno.

Molti artisti fin dai primi anni del 900 hanno voluto partecipare allo sviluppo dell’identità di Campari attraverso la pubblicità. Tra questi Dudovich, Marini, Depero, Fisanotti, Munari, Stroppa, Crepax, Thun e molti altri hanno contribuito a creare un forte legame tra il mondo dell’arte e del design con l’azienda milanese. Questa intesa ha portato anche agli ultimi successi pubblicitari, con collaborazioni di famosi registi e fotografi tra cui Tarsem e Testino per fare alcuni nomi, ma anche di grandi protagoniste, star del cinema del calbiro di Salma Hayek, Eva Mendes e Jessica Alba. 37


Moodboard La comprensione dell’identity di Campari è partita da un’ analisi visiva che ci ha portato a studiare soprattutto l’area comunicativa e pubblicitaria dell’azienda, notando come Campari in realtà si identifica semplicemente alla forma iconica: la bottiglietta del Camparisoda. Una forma così caratteristica, immediatamente visualizzata piena, e rossa, declinata per la moodboard in sette varianti; ogni variante è collegata a un valore fondativo dell’azienda, corrispondente ad una delle lettere che ne compongono il nome, con la bottiglietta piena, per questa volta, dell’essenza di quel valore. Tali valori espressi sono: -Senso green: Campari sviluppa il suo prodotto con componenti naturali e quindi ha a cuore il tema del “verde”, l’eco-sostenibilità della produzione e il risparmio energetico. -Mezzi di trasporto: Il biglietto dei mezzi pubblici indica l’essere all’avanguardia; Campari è sempre al passo con il presente e, con la nascita del metrò, l’azienda inizia una campagna pubblicitaria all’interno di quello che all’epoca era innovazione. -Milano: Se si pensasse a Campari escludendo la città in cui è nata, si perderebbe la matrice di questa azienda. Campari è Milano. La città è lo sfondo del suo successo, con la sua inconfondibile nebbia.

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-Red Passion: Rosso passione, rosso sensualità, rosso Campari. Questo colore è il simbolo dell’azienda ed è anche la base di innumerevoli campagne pubblicitarie che la esprimono. -Arte: Campari si affida ad importanti artisti da sempre, non solo per quanto concerne la grafica, ma anche per la progettazione dell’involucro stesso che, grazie a Depero, è divenuto un altro elemento forte ed inconfondibile dell’azienda. -Storia: Campari è contemporaneità. Di ogni periodo storico è riuscita sempre a carpirne l’essenza. Le serie di oggetti pubblicizzati da Campari entrano nei luoghi di ritrovo milanesi, adattandosi alle varie situazioni e ai tempi, come ad esempio, in un passato non tanto lontano, nei baretti dove si giocava a carte “bevendo un camparino”. -Identità: Campari è riconoscibile nel mondo grazie alla sua bottiglietta e dal gusto inconfondibile della sua bevanda, che racchiude in sè tutti i valori fondativi. Campari è unica ed inimitabile. Il risultato finale vuole essere l’espressione di tutto questo, cercando di rendere i sette valori senza intaccare lo stile di Campari, senza dimenticarsi di dare l’idea di movimento e cambiamento tipica dell’azienda: la bottiglietta ad esempio ruota su se stessa, modificandosi nell’interpretare i vari valori, allo stesso modo Campari è cambiata nel tempo per adattarsi alle esigenze dell’epoca.

Immagini: Mood Board rappresentativa dei valori del brand Campari

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3.4

Pirelli: in corsa verso il futuro Analisi storica e visita all’azienda La visita al quartier generale di Pirelli in zona Milano Bicocca inizia dalle origini, dagli archivi della Fondazione Pirelli, nata nel 2010 per valorizzare l’ampio background storico della società e sviluppare la propria cultura d’impresa. Partendo dagli albori, sono qui mostrate foto e manifesti dei primi anni dell’azienda, nata a Milano nel 1872; la Pirelli & C - questo il nome originario della società fondata dall’ingegnere ventiquattrenne Giovanni Battista Pirelli è inizialmente uno stabilimento per la produzione di articoli in gomma, ma da subito inizia il processo di diversificazione dei propri prodotti, introducendo quegli elementi di innovazione e qualità che caratterizzano l’azienda ancora oggi. Pirelli inizia così a produrre conduttori isolati per telegrafia, cavi telegrafici sottomarini fino ad arrivare al primo pneumatico per bicicletta. Il primo pneumatico per automobile, “Ercole”, è del 1901. Attraverso le pubblicità è possibile comprendere la vastità degli articoli prodotti, cominciando quindi a superare la comune visione superficiale di Pirelli legata esclusivamente al mondo della gomma per le auto. Questa zona di Milano, quartiere Bicocca, in realtà periferica rispetto alla città, divenne il centro industriale di Pirelli sin da subito e venne qui acquistata anche la Villa Arcimboldi, da tempo abbandonata e usata nei primi tempi come asilo per i figli degli operai. Oggi ristrutturata, viene usata per i ricevimenti della società. Accanto a questo edificio di valore storico, sorge il nuovo

Immagini: 1. Sede generale Pirelli, Bicocca Milano 2. Pubblicita’ di Ermanno Scopinich per le suole Pirelli, 1948

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2. 1.


edificio degli uffici, che ingloba senza distruggere, facendo il cuore delle sue attività collettive e pubbliche il simbolo della precedente condizione produttiva: si tratta di un edificio cubico di circa cinquanta metri di lato, rivestito in gres porcellanato grigio, con uno dei fronti completamente vetrato e rivolto verso la Bicocca degli Arcimboldi.1 Nella posizione che nella tradizione tipologica del palazzo è riservata al cortile si trova l’object trouvé della torre di raffreddamento, e nello spazio interstiziale tra la torre stessa e il palazzo si articola la hall a tutta altezza. Il risultato è una visione particolare: guardando da fuori ci si trova di fronte alla storia di Pirelli: il passato, con la villa, il lavoro, con la torre di raffreddamento, e dall’interno il futuro, con gli uffici e questa nuovissima costruzione. All’interno della torre è presente un audiotorium e gli uffici delle più alte cariche della società. Pirelli continua a crescere e a guardare verso il futuro, oltre a essere ormai tra i principali produttori di pneumatici di altissima gamma , segmento in cui punta a conquistare la leadership mondiale entro il 2015. La società è da sempre fortemente impegnata nella ricerca e nello sviluppo 2, area in cui investe annualmente circa il 3% del proprio fatturato, con l’obiettivo di un costante miglioramento dei prodotti in termini di performance, di sicurezza e di contenimento degli impatti ambientali, in linea con la propria strategia ‘green performance’. Nel perseguire i propri obiettivi, Pirelli si propone di coniugare profittabilità economica e responsabilità sociale.

1

Alla presentazione ufficiale del Progetto Bicocca, avvenuto il 7 luglio 1988 presso il Castello degli Arcimboldi, l’architetto Gregotti dice: “ ...voglio solo fare un esempio [parlando delle scelte architettoniche formali, ndr] , raccontare un episodio che può essere un po’ il simbolo del modo in cui abbiamo lavorato. Alla Bicocca esiste una bellissima torre di raffreddamento alta quasi 50 metri. Noi abbiamo pensato di costruire la nuova sede degli uffici Pirelli attorno a quella torre, realizzando un grande quadrato che la ingloba e la mantiene in tutta la sua forza simbolica. Nell’interno della torre abbiamo previsto di ricavare delle grandi sale riunione, e all’esterno c’è un vuoto tra torre ed edificio-uffici, che segue l’inclinazione della torre”.

2

Presente nelle competizioni sportive dal 1907, Pirelli è fornitore esclusivo del Campionato di Formula 1™ per il triennio 2011-2013 e del Campionato mondiale di Superbike: un’importante sfida di innovazione tecnologica e occasione fondamentale per la valorizzazione del brand. 41


Moodboard L’analisi sull’identity di Pirelli non è stato un compito facile e infatti la moodboard rappresenta in toto questa iniziale difficoltà di comprensione poiché anche in questa occasione, come nelle altre due presentazioni dei brand, si è voluto evidenziare l’iniziale visione intuitiva. La moodboard è così composta da una tavola di gomma nera opaca su cui sono state applicate fotografie, strumenti di lavoro e materiali affini a quelli utilizzati dall’azienda. La prima impressione che si ha davanti a questa tavola è un senso di rigore, alta tecnologia, movimento, espressi dalle immagini e ancor di più dal video, montato in stop motion per la presentazione. In questo, il sottofondo audio composto da un ritmo scandito crescente e la velocità delle fotografie creano una aspettativa e un momento di sospensione che si conclude con l’avvolgimento del lavoro in plastica nera. Quest’ultimo strato permette di vedere il profilo tridimensionale della moodboard, ma è un modo soprattutto per indicare lo strato di pregiudizi che potrebbero invalidare l’analisi del brand Pirelli. Ciò che convince andare oltre e strappare questo strato di plastica metaforico sono i dettagli che si intravedono, a indicare che c’è un qualcosa oltre a questa visione superficiale, ma soprattutto è una frase, una sorta di codice etico fondato sull’importanza della ricerca, che spinge ad una ricerca più approfondita sui valori di Pirelli: “Adess ghe capissaremm on quaicoss: andemm a guardagh denter”, Ingegner Luigi Emanueli (18831959). 1

1

«Adesso ci capiremo qualcosa: guardiamo dentro al problema».

Immagini: Mood Board rappresentativa dei valori del brand Pirelli 42



4. Pirelli più da vicino 4.1

Un’azienda caleidoscopica Pirelli rappresenta una azienda simbolo di Milano, delineando anni di storia portati avanti al massimo dell’impegno. Alla base dei suoi principi cardine vi sono uno spiccato senso di impresa che riesce a mantenere assieme a scienza, innovazione e storia, aggiungendo a tutto questo arte e cultura umanistica. Proprio questa suo profilo eclettico riesce a disorientare gli interlocutori e distaccarli da cosa sia realmente Pirelli. Le sue gomme nere e tetre, i suoi spazi freddi quasi inaccoglienti, sono la causa di impressioni che si associano aggettivi quali cupo, lucido, essenziale, oppure sensazioni come lo sgradevole odore di benzina. Partendo da queste impressioni non si possono non ricollegare importanti termini quali, ad esempio, la potenza e il rigore che l’azienda esprime, la competizione e, senz’altro, la storia che è in grado di trasmettere in ogni sua manifestazione.

44


4.2

Perchè Pirelli Nonostante la prima impressione superficiale e non del tutto positiva che è stata restituita attraverso la moodboard con colori, fotografie e materiali e la metafora visiva proposta, cioè la patina nera che rende difficoltosa la comprensione diretta dell’identità di Pirelli, la scelta è ricaduta su di essa. Infatti, strappando via questa patina oscurante, ci si rende conto in realtà di non conoscere affatto questa azienda, pietra miliare di Milano. Scegliere Pirelli quindi significa andare oltre i limiti percettivi iniziali, accettandola come sfida contro il pregiudizio e per imparare inoltre qual- cosa in più oltre ad una mera ricerca commissio-nata, diventando più attivi nell’essere critici. Si è trovato poi nella volontà di ricerca e nell’importanza che viene data all’innovazione, lo spunto fondamentale su cui basare tutto il lavoro di progetto.

1.

2.

3.

Immagini: 1. 2. 3.

Motto presente ala fondazione Pirelli: «Adesso ci capiremo qualcosa: guardiamo dentro al problema». Stickers applicati sui muri dell’archivio della Fondazione Pirelli Daria Werbowy nel calendaroio storico prodotto annualmente da Pirelli 45


4.3

Il punto di partenza Lo spirito di ricerca di Pirelli si manifesta in molti ambiti di interesse. L’arte, a esempio, è un punto chiave dell’azienda, che non è direttamente correlato ad essa, ma che Pirelli riesce comunque a portare avanti con entusiasmo e grande capacità. L’Hangar Bicocca, gestito dalla stessa azienda, rappresenta uno degli spazi espositivi di arte contemporanea più grandi d’Europa, diventando un’ istituzione culturale, proponendosi al pubblico come elemento di dialogo e innovazione. Nello statuto dell’Hangar si legge: “La Fondazione forma, promuove e diffonde espressioni della cultura e dell’arte con particolare riferimento all’arte contemporanea. [...] La tutela e la conservazione dei beni di interesse artistico, riservata in linea generale alla competenza statale, è connessa ai beni di cui la fondazione è e sarà proprietaria. La Fondazione altresì sostiene qualsiasi percorso, mezzo e/o modalità in cui la cultura si esprime, in un contesto di interazione tra i diversi settori del sapere, delle arti, della letteratura, del conoscere e delle modalità d’espressione. La Fondazione intende altresì porsi quale centro d’incontro tra la cultura contemporanea e le sue manifestazioni ed il pubblico, in un’ottica di diffusione del sapere presso il pubblico e di ideazione e creazione di percorsi ricreativi e formativi. [...] La Fondazione intende, in particolare, valorizzare, incrementare e migliorare l’assetto dell’ “HANGAR BICOCCA - Spazio per l’Arte Contemporanea”, quale organizzazione e contenitore in cui le opere d’arte, nonché gli apparati didattici e

Immagini: Fotografie scattate presso Hangar Bicocca all’opera “I sette palazzi celesti”, realizzata da Anselm Kiefer

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di ricerca ad esse correlati, vengono custoditi, tutelati e promossi al fine della diffusione della cultura e dell’arte presso il pubblico.” All’interno dell’Hangar, la mostra permanente “I sette palazzi celesti”, realizzata da Anselm Kiefer in occasione dell’opening nel 2004, è l’espressione del punto di arrivo dell’artista, il quale sintetizza i suoi temi principali portandoli ad una dimensione al di fuori del tempo, accompagnandoci in un futuro possibile dove osservare le rovine del presente. Pirelli è proprio questo, una proiezione nel futuro delle sue vedute e riesce a guardare oltre i suoi limitati ambiti: come le torri sono instabili a causa delle fondamenta deboli, la stessa arte non è un

ORIENTAMENTO CLIENTE LEALTa’ E CORRETTEZZA TRASPARENZA

valore fondativo dell’azienda, ma comunque riesce a rimanere in piedi con grande successo e buoni risultati, imponendosi nel panorama artistico con grande sorpresa. L’arte, quindi, diventa l’ambito che più rispecchia la ricerca e l’essere al passo coi tempi, la pluralità di linguaggi e saperi, ma soprattutto l’innovazione, uno dei valori esplicati nel codice etico della Pirelli: “la volontà di essere i primi a portare soluzioni tecnologiche e prodotte da una ricerca continua, e spaziare in più ambiti nella direzione di una cultura politecnica”. Oltre a questo valore, possiamo evidenziare anche i seguenti:

Attingere a tutte le opportunità che si presentano nel lavoro, nell’interesse del cliente, anticipandone le sue esigenze

Agire professionalmente nel rispetto di lealtà e correttezza, nei rapporti interni ed esterni all’impresa

Rappresentare in modo chiaro e preciso e puntuale i risultati economico/finanziari all’interno e all’esterno del Gruppo. Accettare differenti punti di vista e incoraggiare il cambiamento. Scambiarsi reciprocamente le informazioni a tutti i livelli dell’organizzazione

47


48


49


5. Percorso progettuale 5.1

Da Pirelli al concept store Dopo aver scoperto la storia di Pirelli e analizzate le sue caratterstiche, sono state evidenziate delle parole chiave che potessero esprimere al meglio tutto quello che essa rappresenta in modo sintetico ed efficace: potenza controllo rigore tecnologia ricerca innovazione Il progetto si è focalizzato su queste ultime tre, utilizzate quindi come base ideale per il progetto, aggiungendo inseguito altri valori importanti per Pirelli, quali una comunicazione chiara, diretta e trasparente con la quale comunicare i valori prescelti indirettamente e una spiccata attenzione la cliente, punto focale del concetto di interazione all’interno del concept store.

50


5.2

Dai valori ai prodotti Le analisi delle caratteristiche e dell’impegno di Pirelli nel suo fare impresa sono state tradotte spazialmente pensando alla possibilità di servizi adatti al retail milanese in 4 campi eterogenei ma unificati dalla base fondamentale di continua ricerca e innovazione. Tali servizi sono: green, grafica, sport e musica. Si tratta di quattro ambiti variegati e differenti fra loro, scelti in base al concetto di ricerca innovativa: sono

infatti categorie sempre in evoluzione capaci di rinnovarsi continuamente e che possono interessare un pubblico attento a questi aspetti di novità, capace di coglierlo e fruirlo al meglio. L’idea è quindi quella di creare dei servizi innovativi attraverso prodotti con la medesima caratteristica, per soddisfare un range di clientela vasto ma anche selezionato.

POTE N Z A CONTR O L LO

P I R ELLI

TECNO LO G I A RI CE RCA I NNOVA Z I O N E

+

-Comunicazione diretta | Chiara | Trasparente -Attenzione al cliente -Legame con chi lavora | attenzione all’operaio

RI GORE

Rappresentazione schematica dei valori estratti dall’analisi del brand

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5.3

Dai prodotti agli spazi Le quattro categorie di prodotti e servizi sono tradotti in quattro spazi, ognuno di essi caratterizzato da un colore: il verde per il green, il grigio per la grafica, il rosso per la musica e il blu per lo sport. Quattro colori quindi per quattro realtà, unite in un unico concept store che le accoglie in una unica parola: innovazione. Ognuno dei quattro ricopre la stessa importanza, senza prevalere l’uno sull’altro, ecco spiegato il valore in percentuale dato in egual misura, 24% a ognuno, il rimanente 4% destinato a una particolare categoria di servizi quali magazzini e posti letto per eventuali

permanenze notturne, in seguito a probabili eventi che si svolgeranno all’interno del concept store. Le aree saranno così disposte: a partire dal piano terra una parte comune con servizi, poi musica e sport, questi ultimi diramati nelle due aree della pianta dello spazio, grafica al primo piano e green al secondo piano dell’edificio. Queste scelte sono giustificate da una motivazione di tipo organizzativo, per le necessità di spazi adeguati per accogliere la clientela per ciascun ambito, creando un tuttuno ben strutturato e poco confusionale.

SPAZ IAL M E NT E : CO ME LO T R A D U C IA M O ?

G R EEN SERVIZI G R AFICA M U S ICA S P O RT

Rappresentazione schematica degli ambiti selezionati per il concept store

52

P RO DOTTI UTENTI


5.4

L’utenza e la localizzazione Il concept store si lega direttamente al territorio così come Pirelli ha fatto fin dagli inizi. La scelta della localizzazione quindi è ricaduta in una zona particolare di Milano, un luogo che fosse in grado di accogliere una novità ma anche una opportunità. Il concept store è situato in zona Piola, più precisamente in via Ponzio: questa zona è principalmente residenziale ma allo stesso tempo è arricchita dai giovani che frequentano Città Studi e che si trovano a vivere fuori sede, dando vita a una multi culturalità; questa zona, inoltre, è povera di punti di aggregazione per giovani, dei luoghi che diano la possibilità di un’interazione e scambi diretti. Scegliere via Ponzio quindi significa non solo dare un punto di riferimento ai ragazzi, ma di attirare un eterogeneità di utenza legata alle scelte di base del concept store. La scelta dei 4 ambiti di interesse è quindi relazionata anche all’utenza eterogenea e grazie al fatto che possano essere vetrine ideali per descrivere e mostrare nuove tecniche e prodotti innovativi anch’essi pensati per incrementare lo sviluppo di scambi costruttivi fra la clientela.

GREE

N

GRAP

HIC MUSI

SERV

IZI

C SPOR

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Layout generale della divisione spaziale tra i quattro ambiti

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5.5 Via l

Dalla localizzazione al nome eB

Schizzi di studio e logo nella sua forma definitiva

54

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45N 9E

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Si è voluto dare al concept store un nome che potesse esprimere al meglio l’intera struttura. Unificare quattro differenti ambiti sotto un solo titolo non è semplice, sopratutto per le caratteristiche distintive molto eterogenee fra loro. Ci si è orientati così sulle caratteristiche comuni e su ciò che potesse determinare a r nt leun aspetto caratteristico dell’intero spazio. Partendo da M Msemplici idee base quali orari, svaghi e attività dello store, si è giunti al risultato di voler intendere il nome come qualcosa di diverso da un titolo, diverso da una semplice parola. Il concept store è stato così coniato 45n9e. Nonostante la possibile difficile lettura, esso rappresenta quell’innovatività ricercata e più precisamente si rifà ima il concept store è alle coordinate del luogo in Lcui M destinato: Milano, zona Piola, contrassegnato proprio con quei numeri 45N 9E, ovviamente semplificate. Il risultato è un nome innovativo al punto giusto, che soprattutto sottolinei l’importanza del legame con il territorio e quindi il tipo di utenza il cui coinvolgimento è fondamentale per la riuscita dei nuovi circoli di funzioni previsti. Il tutto è associato poi a un logo che implica i 4 colori scelti utilizzando la forma pentagonale del perimetro dell’edificio, simbolo che poi si ritrova nelle zone comuni.

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Localizzazione dello store: Via Ponzio, altezza del numero civico 81

55


5.6

Immagine coordinata Un’adeguata coerenza fra gli elementi comunicativi di uno store rafforza il legame fra l’identità del brand e lo spazio commerciale. Un logo può essere in grado di anticipare, enfatizzare, far ricordare, guida il consumatore nell’esperienza dello store. E’ presente quindi in tutto lo spazio una grafica coerente. Nel concept store il logo base è di quattro colori, con quattro pentagoni intersecati, simbolo dei quattro spazi. Vi è anche la versione in bianco e nero, più semplice. Esso viene poi declinato in una versione singola per ogni spazio, col colore che lo caratterizza. Il font utilizzato per la grafica è di due tipi: Tall films e BASICL. Sono poi creati tutti gli accessori, come buste, sacchetti, carta intestata e adesivi con il logo ufficiale, rimanendo sempre fedeli alla grafica di base.

56


TALL FIILMS: abcdefghijklmnopqrstuvwxyz éèòàù ABCDEFGHIJKLMNOPQRSTUVWXYZ 1234567890 \/()[]|!?“‘^*°£$%&_-+=:;,.<>@#

BASICL: abcdefghijklmnopqrstuvwxyz 1234567890 . , ; : - + = ’ “ / * < > ! ?

57


45 N 9E

C I S U M

45N

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45N 9E

GREEN

GRAPHIC 45

N 9E

Decliazione del logo nei quattro ambiti, con assegnazione di un colore specifico

58


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0 76 85 0

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c m y k

19 0 82 0

R 209 G 228 B 51

L 89 a -20 b 68

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GREEN Lunedì | Sabato 10.00 | 19.00 REEN info: www.45N9E.it/G

abato dì | S Lune | 19.00 E.it/SPORT 10.00 ww.45N9 w : info

MUSIC Lunedì | Sa bato 10. info: www.4 00 | 19.00 5N9E.it/MU SIC 45°N| 9°E concept store

da Lunedì a Sabato

45°N| 9°E concept store

Esempio di declinazionedella grafica

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dalle 10.00 alle 19.00 info: www.45N9E.it tel: 0233300999

da Lunedì a Sabato

dalle 10.00 alle 19.00 info: www.45N9E.it tel: 0233300999

o bat | Sa 9.00 edì | 1 PH Lun 10.00 .it/GRA E N9 .45 ww :w info

PHIC

45N 9E

45N 9E

45N 9E

GRA

45N 9E

SPORT


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6. Progetto comune

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6.1

Gli spazi Il concept store 45N 9E è stato progettato sulla base dei concetti di tecnologia, ricerca e innovazione. Per questo motivo i 4 spazi che lo costituiscono sono ideati come incubatori di novità declinati negli ambiti dello sport, della musica, del green e della grafica. SPORT luogo tecnologico di esperienza e continuo mutamento, in cui interagire coi prodotti e testarli approfonditamente nella zona lab confrontandosi con altri atleti MUSICA spazio che consiste nella volontà di creare un nuovo circolo di diffusione della musica dando voce ad artisti sconosciuti GREEN caratterizzato da una serra, basato sulla novità della cultura idroponica GRAFICA luogo in cui vengono svolti lavori di grafica innovativi in uno spirito di cooperazione e integrazione

e, tramite il Lab, vengono presentate le novità della digital fabrication In tutti e 4 gli spazi la novità non sta solo nei prodotti presentati, ma soprattutto nel modo in cui i fruitori potranno rapportarsi con essi: l’idea è quella di creare una interazione diretta con il cliente, spiegando la funzionalità e l’innovazione degli oggetti tramite il loro utilizzo più che con la loro esplicazione. Tutti questi spazi entrano nel concetto di open source: in questo concept store vengono quindi dati dei tools, delle strumentazioni tecnologiche grazie alle quali è il cliente a creare il proprio prodotto, a customizzarlo e adattarlo a proprio piacimento. É proprio questo il fine di questa controcultura: partire da una base comune aperta, dando la possibilità a tutti di apportare dei cambiamenti, dei miglioramenti per una crescita collettiva.

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6.2

Moodboard complessiva

Moodboard di progetto

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6.3

6.4

Merceologia

Linguaggio coerente

I prodotti in vendita nel concept store 45N 9E sono subordinati alle azioni compiute all’interno dei 4 spazi: il prodotto in sè diventa infatti il risultato di un iter, compiuto idealmente e fisicamente dal fruitore. Questo è uno dei fattori comuni più forti che legano le quattro realtà di 45N 9E poiché il fruitore sa o verrà a sapere che prima di tutto qui si faranno delle esperienze, che lo porteranno a scoprire nuove realtà e che in seguito lo spingeranno all’acquisto, in quanto sarà lui a definire il prodotto che andrà a comprare. Protagonista nello spazio Sport, il cliente non solo potrà interagire direttamente coi prodotti svestiti del loro packaging ma, dopo test e prove customizzate, potrà scegliere di cosa ha realmente bisogno. In Music il fruitore potrà interagire con i musicisti, promuoverli, entrare nel circolo della produzione musicale e acquistare la musica scelta. Nello store Green i prodotti saranno il frutto di tecnologie avanzate nel campo dell’ agraria, e il cliente si sentirà come un contadino nel suo orto, potrà raccogliere i prodotti freschi e a km 0; potrà poi decidere di sostare nello spazio bar e diventare il partecipante di corsi organizzati per imparare, e potrà assaggiare i propri progressi. Nello spazio Graphic il cliente potrà trovare strumentazioni tecnologiche per la grafica, ma potrà anche diventare in prima persona MAKER ovvero colui che costruisce, che fa, che inventa e che crea. Il prodotto si adatta al cliente, non il contrario. Il valore aggiunto di tutti gli spazi sta proprio nel nuovo modo di interagire con l’utente,mettendolo al centro del sistema vendita: diventà così il protagonista di uno spazio che gli offre tutti gli strumenti necessari.

Il progetto delle aree comuni del concept store, nasce dalla volontà di rendere vero e concreto il messaggio che questo luogo vuole trasmettere ai suoi fruitori. Ciò viene reso possibile attraverso l’uso di simboli ben precisi che richiamano il logo e quindi anche l’edificio in sè (poichè il logo riprende le forme della pianta della struttura). Lo studio di queste zone di passaggio è molto importante poichè permette di controllare e direzionare il flusso d’utenza; si è voluto mantenere un unico linguaggio che così legasse tra loro le varie zone progettuali.

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6.5

Corridoio Neon Nel corridoio d’ingresso, che guiderà l’utente verso il cortile interno e al piano superiore, è stato progettato un intervento minimale ma d’impatto. Giocando sul contrasto luce/ombra, sono stati inseriti in questo spazio delle luci neon di colore bianco, in numero uguale alle zone d’interesse, ovvero quattro. I quattro neon sono la scomposizione della forma/ simbolo del logo, l’emblema della comunicazione progettuale. Si è voluto creare un effetto visivo forte, guardando il corridoio si intuirà la forma in sè, mentre camminando all’interno di questo spazio di passaggio i neon Nel corridoio d’ingresso, che guiderà l’utente verso il cortile interno e al piano superiore, illumineranno il percorso accompagnando il fruitore è stato progettato un intervento minimale ma nelle differenti zone del concept store. d’impatto. Giocando sul contrasto luce/ombra,

sono stati inseriti in questo spazio delle luci neon di colore bianco, in numero uguale alle zone d’interesse, ovvero quattro. I quattro neon sono la scomposizione della forma/simbolo del logo, l’emblema della comunicazione progettuale. Si è voluto creare un effetto visivo forte, guardando il corridoio si intuirà la forma in sè, mentre camminando all’interno di questo spazio di passaggio i neon illumineranno il percorso accompagnando il fruitore nelle differenti zone del concept store.

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Schizzi di studio del corridioi d’ingrsso che attira la clientela tramite un intervento composto da luci

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Elaborazione ipotetica del percorso luminoso

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6.6

Cortile interno La zona del cortile interno è caratterizzata anch’essa dalla presenza di elementi tridimensionali legati alla forma/simbolo principale. In questo caso si tratta di quattro forme ognuna relativa ad una zona del concept store e quindi caratterizzata da un colore ben preciso e declinato anche nel logo. Le forme sono state progettate pensando che ad ognuna possa mancare un lato diverso, in modo da creare un tunnel che conduca i visitatori verso il centro del cortile ma che al contempo non sia troppo pesante visivamente e nemmeno estremamente ridondante.

La zona del cortile interno è caratterizzata anch’essa dalla presenza di elementi tridimensionali legati alla forma/simbolo principale. In questo caso si tratta di quattro forme ognuna relativa ad una zona del concept store e quindi caratterizzata da un colore ben preciso e declinato anche nel logo. Le forme sono state progettate pensando che ad ognuna possa mancare un lato diverso, in modo da creare un tunnel che conduca i visitatori verso il centro del cortile ma che al contempo non sia troppo pesante visivamente e nemmeno estremamente ridondante.

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Schizzi di studio del tunnel immateriale che porta verso l’ingresso

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Ipotetica visuale che si può avere percorrendo l’ingresso

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6.7

Gli ingressi La forma/simbolo del concept store viene ripresa e declinata in modo ancora differente per evidenziare gli ingressi alle quattro zone principali, che compongono e fanno vivere questo spazio. L’intervento prevede l’utilizzo di materiali selezionati, principalmente in base al loro colore, che andranno applicati su una superficie verticale e orizzontale. Si vuole creare un effetto visivo di una forma geometrica colorata fissa sulla parete ma che potrebbe scivolare via. Si tratterà di elementi statici ma il cui profilo originario verrà ruotato in modo da creare una sensazione di movimento nell’osservatore.

1.

1. Ingresso della zona Graph, contraddistinta dal colore grigio, che si trova nel corridoio d’ingresso

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2.

3.

2. 3.

Ingresso delle zone Green, nella serra e Music, nell’ala sinistra, rispettivamente verde e rosso Ingresso delle zone Sport nell’ala destra, in colore azzurro

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45N 9E

45N9E - via Ponzio 81

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