Guida all'architettura di Milano 1954-2014.

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Guida di Architettura Contemporanea Milano 1955 - 2015

GIZMO



Guida di Architettura Contemporanea Milano 1955 - 2015

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Indice Milanofiori Nord dbEVE

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Residenze Milanofiori OBR

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Sede dell’Editoriale Domus Studio Nizzoli

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Piazza Fontana Labics

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Residenze Sociali OdA

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Milanofiori Nord Assago

Masterplan complessivo: dbEVE design by Erick Van Egeraat; Inizio lavori aprile 2006. Prima fase di realizzazione conclusa a settembre 2010. Seconda fase di realizzazione in corso.

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Il proposito dei promotori immobiliari Cabassi è progettare un nuovo brano di città nell’hinterland, offrendo agli utenti un’esperienza complessa che possa promuovere un rapporto diverso tra Milano e periferia, non di sudditanza ma di alternativa possibile. L’area prescelta non è posta in continuità con il nucleo urbano di Assago bensì all’incrocio tra la tangeziale ovest e l’A7, per assicurare massime visibilità e accessibilità all’intervento. Milanofiori Nord si configura così come un’ isola metropolitana: porta infrastrutturale di ingresso a Milano e al tempo stesso nuova centralità urbana. Per questo motivo le attività che vi hanno sede sono state scelte perché il comparto risultasse abitato 24 ore su 24. Allontanarsi dalla congestione del centro per vivere in enclave protette circondate dal verde e ben allacciate alla rete dei trasporti è un’esigenza che trova risposte nell’urbanizzazione della periferia già dagli anni ’70 con l’edificazione di Milano Due a Segrate in primis; oggi continua a trovare spazi per concretizzarsi consumando suolo agricolo o insediandosi nelle aree industriali dismesse (Milano Santa Giulia, tra Rogoredo e Taliedo, ne è un esempio). Il masterplan organizza la mixitè di funzioni suddividendo l’area in cluster monofunzionali, disposti attorno a una spina verde centrale e raccordati dai


percorsi pedonali che, posti sempre a un livello sopraelevato rispetto alla quota del traffico automobilistico, si articolano in una sequenza di slarghi sistemati a verde e zone di sosta. In questa organizzazione spaziale per nuclei autonomi, così come nella separazione dei percorsi e nell’attenzione ai flussi, riecheggiano le ricerche progettuali compiute da Alison e Peter Smithson nell’Inghilterra degli anni ’50, epurate tuttavia della carica etica che gli era propria. Ogni cluster ha una caratterizzazione architettonica differente, definita dai progettisti atmosfera: la molteplicità di spazi, luoghi e colori che è peculiarità dell’ambiente urbano è qui banalizzata in chiave scenografica, per costruire un’artificiale sequenza di esperienze. Esemplificativo di questo atteggiamento è lo spazio aperto enfaticamente denominato “Piazza degli Incontri”, su cui affacciano i ristoranti, l’hotel e il cinema multisala; elemento che più riprende l’estetica “ad alto tasso di finzione” solitamente adottata nei centri commerciali. Il complesso architettonico che fa da ingresso al comparto ospita uffici direzionali. Posti a ridosso dell’autostrada su un podio che contiene i parcheggi, gli edifici sono proposti da Van Egeraat come landmark: le imponenti facciate bianche , scandite da grandi aperture irregolari, sono facilmente

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riconoscibili anche da chi si sposta in automobile, mentre verso l’interno e in corrispondenza della fermata della metropolitana i tagli delle aperture e i pannelli verdi di rivestimento si complicano e si moltiplicano dando luogo a un caleidoscopio di forme geometriche dimensionate per adattarsi alla percezione visiva del pedone. L’ambizioso proposito di costruire una nuova urbanità risulta incompiuto per il prevalere di logiche economiche, senza che la dialettica tra necessità dell’abitare contemporaneo e luoghi del commercio sia pacificata in una convincente soluzione architettonica.

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Bibliografia: Anna Barbara, Simona Galateo, Luca Molinari (a cura di), Latitudine 45° 40’ 80’’ - Longitudine 9° 15’ 20’’. Milanofiori Nord, CTS Grafica, Perugia 2010



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Residenze Milanofiori Milanofiori Nord, Assago

OBR, Open Building Reserch Paolo Brescia, Tommaso Principi. 2005 - 2010

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Il complesso residenziale opera dello studio genovese OBR si compone di tre corpi di fabbrica disposti a ferro di cavalo attorno a un giardino pubblico. Le residenze sono evidentemente ispirate alla ricerca progettuale di Renzo Piano, di cui Brescia e Principi sono stati collaboratori. Questa discendenza è riscontrabile nella continuità visiva tra interno ed esterno, realizzata rastremando il volume in altezza così da dotare ogni unità abitativa di una terrazza affacciata sul parco; tra questa e lo spazio interno è frapposta una doppia vetrata scorrevole. Lo spazio interstiziale ospita un giardino d’inverno con funzione di serra bioclimatica, espediente che permette di massimizzare l’assorbimento di energia solare nelle giornate invernali mentre protegge l’interno dalla luce diretta in estate. Sia le serre che le terrazze ospitano delle vasche di terreno che possono essere coltivate a orto: l’ampio utilizzo del vetro, presente sia nelle serre che nei parapetti, e i giardini pensili conferiscono alla facciata grande permeabilità visiva e continuità con il parco. La messa a punto dei dettagli tecnologici dei parapetti e dei serramenti è stata verificata attraverso la costruzione di una singola unità abitativa di prova. La disomogeneità delle facciate è invece estranea all’approccio al progetto di Piano: i fronti rivolti verso la strada hanno un carattere urbano; la continuità con l’esterno è realizzata tramite logge parzialmente schermate da


Bibliografia: Anna Barbara, Simona Galateo, Luca Molinari (a cura di), Latitudine 45° 40’ 80’’ - Longitudine 9° 15’ 20’’. Milanofiori Nord, CTS Grafica, Perugia 2010

serramenti scorrevoli lignei. L’accesso agli alloggi, che avviene dalla strada retrostante, oltrepassando un rilevato di terreno ospitante gli impianti, è l’aspetto più trascurato del progetto: i corpi di fabbrica sono circondati da una prima recinzione che racchiude i percorsi d’accesso privati e da un secondo confine che delimita i giardini di pertinenza delle abitazioni situate al piano terra. Proprio l’indifferenza agli spazi della collettività e la mancata risoluzione architettonica del rapporto tra spazi privati e parco pubblico sono gli elementi che più distanziano gli allievi dal maestro.

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Sede dell’Editoriale Domus Via G. Mazzocchi 1/3, Rozzano

Studio Nizzoli Giuseppe Mario Oliveri, Antonio Susini, Paolo Viola. Decorazioni di Valentina Oliveri. 1980 - 1982

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Nel 1980 il gruppo editoriale Domus, guidato dalla famiglia Mazzocchi, decide di trasferirsi dal centro di Milano a Rozzano. L’area prescelta per la nuova sede è circondata solo da campi coltivati ma i Mazzocchi decidono, con lungimiranza, di costruirvi la propria “cittadella” editoriale (analogamente a quanto già sperimentato dalla Mondadori a Segrate nel ’75). Per progettare la palazzina ospitante gli uffici presidenziali l’allora direttore della rivista Domus, Alessandro Mendini, chiama lo Studio Nizzoli con cui aveva collaborato come architetto associato fino al ’71 (successivamente lo studio firmerà anche ulteriori ampliamenti per le redazioni, la mensa per i dipendenti, il museo dell’automobile e la sala di posa). Per Oliveri e il suo entourage è l’occasione per progredire nella ricerca progettuale già avviata che interpreta l’edificio come “luogo di architetture” e che in questo progetto si realizza nella diversità tra fronte e retro e nel gioco di rimandi agli archetipi del classico che investe tanto l’esterno quanto l’arredo degli interni. La facciata fronte strada, completamente bianca, assolve alla funzione pubblicitaria con le volute bidimensionali che simulano quelle di un enorme capitello ionico e la disposizione delle aperture che vuole rappresentare l’impaginato editoriale. Verso il cortile sul retro invece l’atmosfera è resa ro-


Bibliografia: A. Mendini,“I nodi del post-modernismo”, in Domus n. 631, settembre 1982 L. Spinelli, G. Mario Oliveri e gli Studi Nizzoli. Architecture and design since 1948, Editoriale Domus, Rozzano, 2001

mantica e familiare da tre blocchi gradonati in mattoni rossi solcati al centro da una “cascata” di vetro, una vetrata sulla cui superficie scorreva dell’acqua che si originava dalla fontana posta ai piedi della statua di Venere collocata in copertura. L’ortodossia razionalista è provocatoriamente contraddetta nell’uso continuo di ironiche metafore: finestre come colonne, lampade come capitelli, una vetrata come una cascata e persino una scrivania come la facciata dell’edificio stesso. L’intera opera di Oliveri, del resto, è una polemica affermazione dell’importanza della decorazione in architettura, sia essa tridimensionale oppure semplicemente dipinta. L’universo figurativo classico a cui attinge è pienamente architettonico ma i mezzi di comunicazione adottati sono mutuati da altre discipline. Lo straniamento che i “giocosi” frammenti architettonici di Oliveri suscitano nello spettatore è lontano dalle rarefatte atmosfere metafisiche di rossiana memoria e più simile allo shock provocatorio della Pop Art. Ne sono un ulteriore esempio i rivestimenti in fibrocemento dei padiglioni redazionali realizzati nel 1982, dove cariatidi dipinte reggono inesistenti architravi e sagome femminili sedute sul fronte d’ingresso danno il benvenuto a lavoratori e visitatori. 13




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Piazza Fontana Quinto De Stampi, Rozzano

Labics Maria Claudia Clemente, Francesco Isidori, Marco Sardella 2006 - 2009

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Un sofisticato intreccio di geometrie guida la composizione della piazza realizzata a Rozzano dallo studio romano Labics. Nella caotica urbanizzazione dell’hinterland, dove villette e condomini si affiancano senza tregua, i progettisti interpretano la sistemazione dello spazio aperto come un gesto ordinatore che individua una piazza rettangolare principale e una piccola area gioco, su due lati affiancata dalle residenze; tra questa e la piazza è posto un padiglione con funzione di info-point. La piazza si configura come una piastra pavimentata, suddivisa da una fitta maglia di rettangoli aurei di dimensioni diverse; all’interno di questo disegno sono disposti gli oggetti tridimensionali (panchine, lampioni, alberi e giochi sonori per i bambini); la composizione finale scaturisce così dalla sovrapposizione dei diversi layer. Il tracciato generatore iniziale, scomposto in triangoli di dimensioni minori, determina ogni elemento del progetto a partire dalla pavimentazione, realizzata in cemento, legno e pietra locale. I raccordi tra le diverse quote sono risolti piegando il suolo e mai utilizzando gradini, quasi come se il piano di calpestio fosse stato stropicciato, tagliato e poi steso a terra. La stessa logica sottende il disegno delle aiuole piantumate, delle vasche d’acqua e degli spazi attrezzati per la sosta.


Bibliografia: World Landscape Architecture n°5 2012

A ogni differente trattamento materico della pavimentazione corrisponde un’arredo specifico; complessivamente le attrezzature inserite rispondono alle esigenze di un’utenza molto diversificata per generare nuove possibilità di incontro per gli abitanti del quartiere. L’astratta suddivisione del suolo in campiture piane ricorda il trattamento per “fasce” parallele proposto da Koolhaas nel progetto per il Parc de la Vilette a Parigi (1982-83), mentre la disposizione per layer sovrapposti degli elementi progettuali riprende la soluzione realizzata da Bernard Tschumi (1982-97). In particolare sono riscontrabili forti analogie tra le folies di ispirazione costruttivista progettate da Tschumi e la scultura geometrica bianca, realizzata in travi d’acciaio e lamiera, posta dai progettisti al centro di Piazza Fontana. Entrambi gli interventi, inoltre, hanno un’ispirazione letteraria trascritta in architettura secondo un processo di analogia formale: per il Parc de la Vilette il testo di riferimento è Punto, Linea, Superficie di Kandinskij, mentre i Labics si rifanno a The Geometry of Art and Life del matematico e filosofo rumeno Matila Ghyka.

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Residenze Sociali Via Senigallia, Milano

OdA, Officina di Architettura Remo Dorigati, Chiara Dorigati, Renato Juarez Corso, Gianmario Rovida, Luca Veltri, Andrea Vaccari, Gian Pietro Manazza, Gian Carlo Floridi 2006 - 2012

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Il bando di concorso richiedeva la «costruzione di un organismo edilizio unitario» che fosse in grado di «creare al proprio interno [...] le migliori condizioni di abitabilità e vivibilità». Il team di progettisti recepisce le indicazioni del bando realizzando un “macroisolato” articolato in una sequenza di spazi aperti a permeabilità decrescente, per mitigare l’incombenza delle importanti arterie stradali: una piazza pubblica, affacciata su via Senigallia, dove sono collocati gli esercizi commerciali, uno spazio intermedio dove sono presenti i servizi per gli abitanti e il parco. Il progetto non interpreta il tema dell’edilizia sociale in termini rappresentativi (come sperimentato negli anni ’60 al quartiere Gallaratese di Aymonino e Rossi o al villaggio Incis a Pieve Emmanuele di Canella); tenta piuttosto di rispondere pragmaticamente a modeste necessità quotidiane: padiglioni per attività culturali e di svago, una palestra, un poliambulatorio, orti urbani e un’isola ecologica. Maggior enfasi architettonica hanno invece gli edifici residenziali, suddivisi in base alle diverse tipologie di appartamenti che vi hanno sede: residenze per soggetti parzialmente autonomi e alloggi in comunità assistenziale, oltre che i tagli d’alloggio comunemente richiesti dal mercato. Per questo motivo le facciate differiscono le une dalle altre verso l’interno, mentre verso il parco sono uniformate dal rivestimento in fibrocemento.


Bibliografia: M.V. Capitanucci, Milano verso l’ Expo. La Nuova Architettura, Skira, Milano 2009 Martino Paradiso, “Lo Spazio da abitare” in Progettare, n.4, Settembre 2011

All’efficienza energetica è posta massima cura progettuale: gli involucri edilizi sono pensati per ridurre le dispersioni termiche mentre gli impianti centralizzati ad alto rendimento sono collocati in apposite sedi che disegnano il coronamento degli edifici e nella torre tecnologica, dove sono predisposti gli alloggiamenti per i pannelli solari. Proprio la torre, landmark visibile dalla tangenziale, è l’elemento architettonico che più di ogni altro testimonia la ricerca di un’estetica nuova, che possa mettere in discussione gli obsoleti modelli di casa popolare a cui si è ormai assuefatti. I due corpi lamellari più alti contengono alloggi sperimentali modificabili nel tempo, in cui blocchi predeterminati di circa 4 mq, definiti “macchine serventi” e contenenti bagni o cucine, sono alternati a logge; sul fronte opposto sono disposti spazi distributivi, zone giorno e camere. L’alternanza di lamiera grecata, che caratterizza all’esterno le “macchine serventi”, e logge disegna una facciata a scacchiera in cui è possibile inserire tamponamenti per creare vani aggiuntivi. Nuova estetica dell’economicità e abbattimento degli sprechi energetici, oltre che attenzione ai concreti bisogni dell’utenza, possono rappresentare i giusti mezzi per superare lo stato di empasse raggiunto dall’edilizia sociale italiana.

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