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cas
OLTRE CASILINO
aM
Ann
900
OLTRE CASILINO 900 dalla baraccopoli alla casa
studente Anna Maiello matr. 735815
Politecnico di Milano
relatore prof. Salvatore Porcaro correlatore arch. Lorenzo Romito
FacoltĂ di Architettura e SocietĂ Corso di Laurea Magistrale in Architettura AEe - Concentration - Landscape Architecture
a.a. 2010-2011
Voglio una casa, la voglio bella, piena di luce come una stella, piena di sole e di fortuna, che sopra il tetto spunti la luna! Piena di riso, piena di pianto, casa ti sogno, ti sogno tanto! Voglio una casa, per tanta gente, la voglio solida ed accogliente, semplice e calda, robusta e vera, per farci musica mattina e sera! E la poesia abbia il suo letto, voglio abitare sotto a quel tetto! E voglio ogni casa abitata, che più nessuno dorma per strada, come un cane a mendicare, perché non ha più dove andare, come una bestia, tre o quattro sputi, e mai nessuno, nessuno lo aiuti! Voglio una casa per i ragazzi, che non sanno mai dove incontrarsi, e per i vecchi, case capienti, che possano vivere con i parenti, case non care per le famiglie, e che ci nascano e figli e figlie! “Voglio una casa”, Lucilla Galeazzi, Albero del Canto
INDICE
// Premessa
12
// Introduzione
16
1 Casilino 900: storia di un antico insediamento informale 1.1// 1960-2000: vivere in una storica baraccopoli 1.2// 02-12.2008: progettualità ed esperienze di integrazione al Casilino 1.3// 07.2009-02.2010: il Piano Nomadi e lo sgombero
22 34 42
2 Camping River: l’autodeterminazione dei rom e il rifiuto del campo attrezzato 2.1// Vivere in un campo attrezzato 2.2// Una giornata al Camping River 2.3// L’occupazione di Tor Cervara e l’assemblea per il diritto alla casa
62 72 98
3 Pratiche ed esperienze alternative 3.1// La lotta per la casa a Roma: intervista a BPM 3.2// La città meticcia: Metropoliz Roma 3.3// Un progetto di casa e lavoro per rom: intervista alla Casa della Carità di Milano
114 118 122
4 Una risposta abitativa 4.1// Conclusioni sul modello “campo” 4.2// Emergenza abitativa a Roma: la risposta dell’autorecupero 4.3// Una soluzione possibile: il recupero del patrimonio immobiliare pubblico dismesso // Bibliografia
128 130 136 170
// PREMESSA
2008-2011 L’emergenza nomadi in Italia
2007.05 I patti per la sicurezza
2007.10 L’omicidio Reggiani
10
Il 6 febbraio 2011 un incendio provocato da un braciere distrugge una baracca in un accampamento di rom romeni a Tor Fiscale, periferia Sud di Roma. Perdono la vita quattro bambini. Il sindaco Alemanno, rammaricato per l’incidente, chiede poteri speciali per attuare il Piano Nomadi nella capitale. Lo stato di emergenza in relazione agli insediamenti delle comunità nomadi delle regioni Campania, Lazio, Lombardia, Piemonte e Veneto, dichiarato nel maggio del 2008, era stato prorogato a tutto il 2011(1). Tre anni di emergenza ed ancora una tragedia. Ma quando e perchè nasce questa emergenza? E soprattutto esiste davvero? Per rispondere ai quesiti bisogna fare qualche salto indietro negli anni, al 2007, quando la Romania entra in Europa ed ha inizio un forte flusso migratorio di rom in Italia. Il Paese mette in atto con gli enti locali i “patti per la sicurezza” per far fronte, tra gli altri problemi di ordine pubblico, alla sempre più difficile convivenza con le popolazioni rom. A Roma il sindaco Veltroni stringe con l’allora prefetto Serra il “patto per Roma sicura” che prevede un aumento del dispiegamento di forze dell’ordine nella città. Per le “popolazioni senza territorio” è prevista la demolizione di tutti gli insediamenti abusivi e la realizzazione di quattro mega strutture oltre il Grande Raccordo Anulare (GRA), chiamate “villaggi della solidarietà”, ognuna predisposta ad ospitare mille persone(2). L’autunno di quello stesso anno l’omicidio di Giovanna Reggiani ad opera di un giovane romeno contribuisce ad inasprire il clima d’intolleranza verso i rom nella capitale. Questo ed altri episodi avvenuti nelle principali città italiane sono la premessa per dichiarare uno stato di emergenza ancora in corso. I prefetti delle città interessate sono nominati “commissari straordinari per l’emergenza nomadi”. A Roma l’allora prefetto Mosca preferisce la denominazione di “commissario straordinario all’emergenza abitativa” considerando il problema rom al pari del bisogno del resto della popolazione italiana ed immigrata con difficoltà di accesso al lavoro ed alla casa(3). Il Governo stanzia 32 milioni di euro per la sola Roma. Il sindaco Alemanno quest anno ha fatto richiesta di altri 30 milioni per completare il Piano Nomadi. La richiesta è stata respinta.
Lo stato di emergenza è il risultato di un’assenza di controllo nonchè di una scarsa conoscenza delle popolazioni rom e sinte presenti in Italia da secoli, ma non considerate minoranza linguistica. Durante l’iter parlamentare per la stesura della legge n.482 del 15 dicembre 1999 che tutela la lingua e la cultura delle minoranze storiche infatti, il riferimento a rom e sinti fu stralciato e la questione rinviata. La vicenda ha certamente contribuito all’emarginazione e ad una disparità di diritti a cui sono soggette queste popolazioni ancora oggi. Il problema del reperimento di dati certi è uno delle cause principali della scarsa conoscenza riguardo questo popolo. Molti infatti non dichiarano di appartenere all’etnia rom per non essere soggetti a pregiudizi e discriminazioni. Altri vivono in condizioni di clandestinità ai margini della società, diventando di fatto inesistenti. Le Istituzioni, dal canto loro, tendono a ridimensionare il problema dichiarando un numero inferiore di presenze sul territorio rispetto a quelle effettive. Le cifre del governo (140.000 unità) infatti, discordano con quelle delle associazioni che operano sul territorio, come l’Opera Nomadi (170.000). La maggioranza della popolazione rom che abita nei campi (1/3 del totale) è concentrata nelle maggiori città. Roma ospita un numero di gran lunga superiore al resto delle città italiane (15.000 secondo le associazioni, 7200 secondo la CRI), seguita a grande distanza da Milano (4130) e Napoli (circa 3000) (4). Per dare un’idea del grado di problema che risultano essere le popolazioni rom e sinte nel Paese, basta pensare che si tratta dello 0,2% della popolazione nazionale. Una percentuale inferiore alla media europea(5). Questa cifra è indicativa del fatto che queste popolazioni sono una minoranza in Italia e che, aspetti culturali a parte, risentono delle stesse problematiche di una larga fascia del Paese. Riallacciandosi quindi alle parole dell’ex prefetto Mosca, l’approccio su cui si basa questa ricerca parte dal presupposto che la questione rom non sia da considerare nella specificità etnica, ma rientri in una politica abitativa più generale comune a una parte della popolazione italiana.
l’emergenza. i dati ed i numeri
11
rom sinti & camminanti sulla popolazione totale
Paesi Bassi, Polonia
0,05%
Belgio, Lituania, Italia
0,1-0,2%
Germania, Portogallo, Austria, Regno Unito, Slovenia
0,3-0,4%
Francia, Irlanda, Svezia, Lettonia
0,5-0,6%
Spagna
1,6%
Grecia, Rep. Ceca
2-2,4%
Ungheria
5,7%
Slovacchia
7%
Bulgaria, Romania
8-8,4%
12
0/1 Percentuale della popolazione rom rapportata alla nazionale in alcuni Paesi Europei
170.000
1/3 in campi 2/3 in case
rom in ITALIA
4130
MILANO 15000
ROMA
3000 NAPOLI
0/2 Numero di rom, sinti e camminanti sul territorio italiano e nelle cittĂ di Milano, Napoli e Roma
13
// INTRODUZIONE
La seguente ricerca affronta il tema della crisi abitativa in Italia. L’obiettivo è dimostrare che è possibile rispondere al fabbisogno di alloggi recuperando il patrimonio immobiliare pubblico dismesso, presente sul nostro territorio, attraverso un processo di autorecupero in cui l’utilizzatore della casa partecipa alla realizzazione del progetto. l’oggetto dell’analisi e la nascita dei campi nomadi
14
L’oggetto dell’analisi è la popolazione rom che ad un alloggio stabile non ha mai avuto facile accesso. Alla richiesta di accoglienza del popolo zingaro, l’Italia ha sempre risposto con la politica dei campi. Risposta che nasce dal presupposto errato secondo cui tutti i rom sono nomadi e basano la propria cultura abitativa nei campi. Queste idee trovano fondamento nella seconda metà degli anni ‘80, quando sono emanate le prime leggi regionali (L.R.) (6) che riconoscono e tutelano la pratica del nomadismo associandola, però, all’intera popolazione rom. Tali provvedimenti danno risposta all’esigenze della maggioranza della popolazione di sinti e rom che in quell’epoca era costituita in gran parte da nomadi che risedevano nel territorio italiano e avevano spesso difficoltà a sostare legalmente in un’area. Oggi, però, almeno 2/3 della popolazione rom presente sul nostro territorio è stanziale e vive in case. Alcune regioni, come la Toscana e L’Emilia Romagna, hanno compreso questa transizione modificando le citate L.R. già negli anni ‘90. E’ in questo periodo, infatti, che si assiste al forte flusso migratorio di rom in fuga dalle guerre nei paesi dell’ex Jugoslavia. I campi sosta diventano campi profughi, gli standard minimi stabiliti dalle leggi non vengono più rispettati perchè non si è in grado di contenere il flusso. I rom sono rifugiati di guerra che non possono essere espulsi. Ed è nel 2008, successivamente all’ulteriore ondata migratoria dalla Romania (entrata nell’UE nel 2007), che il governo italiano affida ai prefetti delle città di Roma, Milano e Napoli (centri che ospitano il maggior numero di rom), e successivamente, Torino e Venezia, poteri straordinari per la risoluzione della questione abitativa rom, dichiarata “emergenza”.
La soluzione è sempre nei campi. Una risposta “temporanea”, secondo quanto affermano le istituzioni, in attesa di un inserimento abitativo. Risultato questo non facile senza un intervento politico decisivo in grado di smuovere gli interessi e annullare le discriminazioni. Sono diversi infatti, i meccanismi che rendono complesso l’inserimento abitativo dei rom, più che di altri cittadini. Da un lato il pregiudizio di base, che nella maggioranza dei casi grava sulla semplice richiesta di affittare una casa. Dall’altro il difficile avanzamento nelle graduatorie per le case popolari, per accedere alle quali uno dei requisiti è aver subito uno sfratto, condizione in cui la maggioranza dei rom non si è mai trovata, avendo da sempre vissuto in Italia all’interno di campi(7). Altra questione è la localizzazione di un campo, scelta che segue le volontà del mercato immobiliare: quando si vuol far salire la rendita di una zona, lì sarà necessario sgomberare il campo; viceversa se un terreno non è edificabile si avvia un processo di urbanizzazione e quindi si cerca una rendita realizzandovene uno. C’è, infine, ma non in ultimo, un business che ruota intorno ai campi nomadi cosiddetti “attrezzati”, legato, per esempio ai costi associati all’affitto del terreno ed alle infrastrutture, nonché ai fondi affidati alle associazioni(8). Si è speso tanto in Italia nell’operazione di gestione e manutenzione dei campi negli ultimi vent’anni che con gli stessi soldi si sarebbe potuto investire nel recupero di strutture da adibire a case (senza dimenticare che l’Italia ha richiesto solo 1 milione dei fondi europei per l’emergenza nomadi a differenza della Spagna che ne ha chiesti 62) (9).
la questione abitativa Rom
Si è scelto di studiare un caso specifico della complessa realtà romana, in cui l’emergenza abitativa della popolazione italiana si unisce a quella della popolazione rom (tra cui molti di cittadinanza italiana) e in cui si è creato un clima tale di discriminazione, da parte di molti cittadini, e diffamazione, da parte dei media, che si riflette in strategie politiche che violano i diritti umani (10).
la situazione romana
A Roma al momento della presentazione del Piano Nomadi esistevano almeno un centinaio di insediamenti tra campi attrezzati (i cosiddetti “villaggi della solidarietà”) videosorvegliati e gestiti da associazioni non rom, campi semi attrezzati e non, sorti spontaneamente, di lunga data, dove spesso sono erogati alcuni servizi ed infine insediamenti spontanei, ripetutamente sgomberati che si ricostituiscono in zone della città sempre più invisibili (come quello dove è accaduto l’omicidio Reggiani) (11). Seguendo le vicende di una nota baraccopoli, l’ex “Casilino 900”, si vuole dimostrare che esistono soluzioni abitative alternative a quelle previste dal Piano Nomadi promosso dall’attuale amministrazione Alemanno, ed alle solite politiche sui campi delle amministrazioni precedenti (per esempio i “villaggi della solidarietà” dell’ex sindaco Veltroni).
il caso studio: Casilino 900
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Esistono buone pratiche all’interno delle mura della città, intraprese in maniera indipendente con il sostegno di associazioni, cittadini e studenti, che si sono organizzati insieme con i rom per pensare, progettare e costruire soluzioni che superano la logica dei campi. Il caso preso in esame, il “Casilino 900” appunto, è noto alla scala europea oltre che per la storicità dell’insediamento, per le condizioni difficili in cui vivevano le persone che vi abitavano (non più di altri insediamenti della capitale), ma anche per esperienze esemplari condotte al suo interno. E’ stata seguita la vicenda di un gruppo di rom kossovari e macedoni provenienti dal suddetto campo, sgomberato nel febbraio 2010 che, insieme ad un gruppo di gagè (non rom), si sono organizzati ed hanno messo in moto a partire dal gennaio di quest’anno un processo fatto di dibattiti ed azioni che hanno l’obiettivo di individuare una soluzione abitativa, una casa. E’ nata un’assemblea che si è arricchita di altri attori, rom e gagè, motivati a partecipare a seguito dei numerosi e continui sgomberi forzati portati avanti dall’amministrazione per attuare il Piano Nomadi. la ricerca sul campo
Durante la fase di ricerca condotta sul campo tramite la partecipazione all’assemblea ed una serie di interviste, si è compresa l’esigenza di superare la specificità rom e di ricondurre la questione al più ampio problema abitativo che ha raggiunto un livello critico nella capitale. Il risultato è stato l’inquadramento dell’edilizia pubblica dismessa a Roma adatta ad essere recuperata per uso sia pubblico che privato. Negli ultimi anni la città è stata interessata da almeno tre occasioni importanti (federalismo demaniale, dismissione delle caserme, crollo finanziario dell’Azienda del Trasporto Locale) che hanno permesso di ripensare il riuso di un’edilizia pubblica dismessa. I movimenti di lotta per la casa, che a Roma negli ultimi anni hanno dato a chi ne aveva bisogno più case del Comune, rivendicano insieme ad una larga parte dei cittadini un uso pubblico per questi edifici, vista soprattutto la carenza di alloggi popolari. Tra gli edifici è stato scelto uno al centro di una vasta polemica negli ultimi mesi a Roma. Per lo stabile è stato avanzata una proposta di autorecupero che permetterebbe alla comunità kossovara e macedone insieme ad altre persone di risolvere il problema casa. Per i rom le scelte abitative sono state sempre imposte dai non rom. “I campi”, come sostiene lo studioso Nando Sigona, “sono una rappresentazione architettonica di come noi vediamo loro, gli zingari” (12). È stato necessario oltre che interessante quindi, affrontare la questione con un approccio bottom up che ha permesso di ascoltare i protagonisti della vicenda e di avvicinarsi conoscendo al meglio i fatti accaduti ed osservando una città in fermento sul tema del diritto al casa.
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NOTE
1. D.P.C.M., 26 maggio 2008, n.122, in materia di “Dichiarazione dello stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità nomadi nel territorio delle regioni Campania, Lazio e Lombardia” ; e successive proroghe. 2. Il Prefetto di Roma, il Sindaco di Roma, il Presidente della Provincia di Roma, il Presidente della Regione Lazio, firmano alla presenza del Ministro dell’Interno il Patto per Roma Sicura, Roma, 18/05/2007. 3. Berdini Paolo, Nalbone Daniele, Le mani sulla città. Da Veltroni ad Alemanno storia di una capitale in vendita, Edizioni Alegre, Roma, 2011. 4. I dati raccolti sono stati richiesti alle associazioni che lavorano con i rom sul territorio da molti anni considerate attendibili perchè riferimento ricorrente in studi ricerche ed articoli (Comunità di Sant’Egidio per Roma, Casa della Carità di Milano, Caritas Diocesana di Napoli). 5. Le perecentuali indicate nel testo e nella figura 0|1 possono essere consultate in Fraudatario Simona “Dimensione e distribuzione romanì in Europa: dati e stime” in AA.VV., Identità di genere e prospettive di vita delle donne appartenenti alle comunità rom, Fondazione Lelio e Lisli Basso Issoco. 6. Regione Lazio, L.R. 24 maggio 1985, n. 82, in materia di “Norme in favore dei rom”. 7. A titolo d’esempio il caso della Regione Lazio: Regolamento 20 settembre 2000 n. 2. “Regolamento per l’assegnazione e la gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica destinata all’assistenza abitativa ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della Legge regionale 6 agosto 1999, n. 12”. 8. Lo racconta Lorenzo Romito di Stalker nell’intervista a cura di Cristina Artoni in Sognando Casilino 900, marzo 2010, http://www.youtube.com/watch?v=jW YH4Rr92z4&feature=player_embedded#at=205, (03/2011). 9. “Caccia agli zingari” inchiesta presentata alla trasmissione televisiva di Riccardo Iacona Presa Diretta, 22 febbraio 2009, http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-4a7c8533-7b4a-43c1-882e-b430d6cabfe1.html, (03/2011). 10. Una lista di alcuni documenti internazionali approvati contro le politiche persecutorie nei confronti dei rom in Italia è presente nel sito del gruppo di cooperazione internazionale Everyone http://www.everyonegroup.com/everyone/ mainpage/Entries/2008/4/20_Humanitarian_emergency_at_the_Casilino_900_ camp_in_Rome.html, (04/2011). 11. Romito Lorenzo, “Oltre i campi”, in Stalker | ON, Università Roma Tre, ROMA TIME. Plans & Slum. Il diritto dei Rom ad abitare in Europa. Imparare dai Rom e viceversa, anno 1, tema 3, 03/2007 – 06/2008. 12. Sigona Nando, Figli del ghetto. Gli italiani, i campi nomadi e l’invenzione degli “zingari”, Civezzano, Nonluoghi Libere Edizioni, 2002.
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Casilino 900: storia di un antico insediamento informale
LA BARACCA: Casilino 900 (Simona Mizzoni)
// 1.1
1960 - 2000 Vivere in una storica baraccopoli
“Casilino 900” è il nome di una delle più antiche baraccopoli d’Europa. Situato nella perfieria Est di Roma, l’insediamento si sviluppa lungo la via Palmiro Togliatti e la via Casilina, dove è localizzato l’accesso principale. Il terreno che copre una superficie di 120 ha, è parco archeologico, contiene reperti del VI sec. a.C. e ville romane. L’area anticamente nota come “Pratoni di Centocelle”, ha ospitato all’inizio dello secolo scorso il primo aeroporto d’Italia(13). Durante la II guerra mondiale la zona è stata colpita da numerosi bombardamenti. Alcuni testimoni che all’epoca vivevano nella vicina borgata di Centocelle, ricordano che, nell’immediato dopoguerra, l’area era occupata da alcune carovane zingare e dagli sfollati che trovavano rifugio all’interno di grotte (14). ‘60 occupazione immigrati meridionali
Negli anni’60 a seguito delle immigrazioni dal meridione italiano si stabilisce il sottoproletariato napoletano, siciliano e calabrese ed alcune famiglie di camminanti provenienti da Noto. Abitano piccole case in muratura costruite da loro e vivono lavorando principalmente come arrotini, ombrellai, o si dedicano alla vendita di ortaggi nei mercati rionali. Sono i protagonisti dei racconti neorealisti di Pasolini ambientanti nelle borgate, gli slum romani del dopoguerra, spesso prive di acqua e luce e con i bagni in comune. Nella stessa epoca lungo il fronte di viale Togliatti si stabiliscono nell’area i primi sfasciacarrozze.
1968 ingresso Rom al Casilino 900
Nel 1968 fa ingresso al Casilino la prima famiglia rom, i Salkanovic, di etnia Khorakhané Cergarija, proveniente dalla Bosnia, che riuscirà ad ottenere la cittadinanza italiana e risiederà nell’insediamento fino ai suoi ultimi giorni(15). Negli anni ‘80 sono presenti: Khorakhané Cergarija, provenienti dalla Bosnia, Khorakhané Crna Gora, dal Montenegro, Rudari, cristiano–ortodossi di Belgrado (che in seguito ad alcuni scontri
22
“Queste non sono immagini di Roma, ma immagini del terzo mondo. E’ nel terzo mondo che le abitazioni hano questo colore bigio e profondo di legno marcio catarame e bandone. Le strade questa rugosità di vecchio fango e di vecchia polvere.” Pierpaolo Pasoli parla delle borgate romane, 1966
Borgata Gordiani in un’immagine tratta da “L’accattone”, Pasolini (1961)
23
Tevere
via Palmiro Togliatti
via Casilina
GRA
24
0/3 Mappa d’inserimento del Casilino 900 a Roma
Foto aerea del Casilino 900
25
‘80 case popolari agli Italiani
interni al campo saranno trasferiti in via Gordiani) e Khorakhané Cergarija, originari di Vlassenica (Bosnia)(16). Sul finire del decennio agli italiani sono assegnate le case popolari e i rom costruiscono le proprie baracche sui pavimenti delle abitazioni italiane distrutte. Alcune borgate vicine sono oggetto di riqualificazione e si avvia per queste ed altre un processo legislativo che permetterà il recupero delle ex-borgate abusive al fine di farne quartieri popolari.
‘90 crisi Balcanica primi interventi comunali
A seguito della crisi bellica nei Balcani, l’Italia come altri paesi europei, è interessata da un forte flusso migratorio della popolazione in fuga dalla guerra. I “campi sosta”, regolamentati dalle leggi regionali degli anni ‘80, diventano campi profughi, i rom sono rifugiati di guerra che non possono essere espulsi(17). Il Comune di Roma risponde all’emergenza istituendo un Ufficio Speciale per l’Immigrazione, che cerca di attivare degli interventi di assistenza diversi dalle amministrazioni precedenti(18). Al Casilino 900 interviene collocando i primi bagni chimici ed alcuni lampioni. L’accesso al campo viene allargato e il manto stradale coperto di breccia. Una ventina di famiglie possiede un regolare allaccio alla linea elettrica installato dall’Enel. Giungono alcune famiglie kossovare e macedoni di etnia Khorakhané Shiftarija che raggiungeranno le 200 unità. I rom lavorano nella raccolta di materiale usato (specie metalli) che rivendono ai mercatini di Porta Portese Nuova e Via Sannio. Nel 1995 viene fatto il primo censimento eseguito dal Nucleo Assistenza Emarginati, per conto del Comune di Roma, che registra 295 abitanti.
2000 migrazioni interne all’insediamento
26
Nel 2000 l’insediamento è oggetto di diverse migrazioni. Si trasferiscono molti abitanti del vicino campo nomadi “Casilino 700”, sgomberato il 16 ottobre. Si insediano 160 marocchini che risiederanno fino al febbraio dell’anno successivo, quando il loro insediamento sarà colpito da un incendio. Un censimento del 2001 registra 703 residenti (230 Bosniaci, 110 montenegrini, 60 macedoni, 120 jugoslavi, 160 marocchini, famiglie di nazionalità serba, croata e kossovara, qualche polacco, cecoslovacco e italiano). Il campo è provvisto di 130 bagni chimici e diverse fontanelle. Alcune famiglie hanno regolare allaccio idrico e telefonico. Alcune famiglie vivono grazie all’entrate provenienti dal reciclo e dalla vendita di materiali al mercatino rom della domenica(19). Sul finire del decennio si contano circa 150 abitazioni tra baracche fatiscenti e case che si snodano lungo l’unico viale sterrato che va dall’accesso principale da via Casilina a quello secondario da via Togliatti. Le case sono raggruppate per provenienza, per evitare possibili incontri-scontri che spesso si verificano tra le diverse etnie.
BOSNIA
SERBIA
MONTENEGRO
‘70
KOSOVO MACEDONIA
‘90 ‘60
0/4 Mappa delle principali migrazioni presso il Casilino 900 nel tempo
27
‘60
‘80
// ABITANTI Campania Calabria, Sicilia
// ABITANTI Bosnia, Kosovo, Montenegro, Serbia, Macedonia
100 ?
28
0/5 Variazione della popolazione al Casilino 900 tra gli anni ‘60 e 2000
200 ?
‘90 // ABITANTI Bosnia, Kosovo, Montenegro, Macedonia
295 ?
// servizi WC + ENEL
densitĂ abitativa (Area = 120 ha)
2000 // ABITANTI 230 Bosnia, Kosovo, 110 Montenegro, Serbia, 60 Macedonia, Polonia, 120 Jugoslavia, Italia, 130 Marocco, Cecoslovacchia
703 ?
150 baracche
// servizi 130 WC + ENEL + fontanella + TEL
29
«Si viveva come povera gente. Andavamo a raccogliere il ferro vecchio. Eravamo gente onesta che lavorava per tirare avanti. Poi, quando veniva l’estate, chiudevamo le baracche e andavamo in giro per l’Italia» intervista a Fikret Salkanovic, il primo rom giunto al Casilino 900 in ReteRom.blogspot
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Fotografie del Casilino 900 (Alessandro Imbriaco)
«La nostra baracca era fatta di quattro stanze, un salotto e un bagno con scaldabagno. In una stanza c’era la lavatrice. Avevamo il telefono in casa. Molte baracche erano fatte così». Intervista a S.S., donna rom montenegrina, 58 anni, Roma, 20 novembre 2010 in “Report Casilino 900”, Ass. 21 luglio
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“Agli inizi del 2000, racconta Selvija, il legno ormai marcio non reggeva più, ed era infestato dagli scarafaggi, Vezo (il marito) ha abbattuto la costruzione e per giorni siamo rimasti all’aperto, poi la baracca nuova, quella dove siamo ora, sollevata da terra e con la base in cemento, l’allaccio alla rete idrica comunale, l’acqua corrente in casa, i bambini puliti per la scuola.” Andrea Pasta, reportage “Casilino 900”, 2010
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Fotografie del Casilino 900 (Alessandro Imbriaco)
“Dalla finestra la vita nel Casilino 900 scorre, scandita dalle azioni quotidiane di ognuno, le donne spingono carrozzine e carrelli di ogni tipo, accompagnate da uno o più bambini [...] alcune andranno a chiedere l’elemosina, altre a cercare oggetti nei cassonetti da pulire e vendere [...] I ragazzini più grandi, trafficano con i motori dei generatori, dei motorini, delle macchine abbandonate. [...] Gli uomini non ci sono.” Andrea Pasta, reportage “Casilino 900”, 2010
// 1.2 2008. 13-19.02 “campus rom”
02 - 12.2008 Progettualità ed esperienze di integrazione al Casilino
Il 2008 è segnato da diverse iniziative rivolte alla partecipazione ed integrazione degli abitanti del Casilino 900. Studenti di diversa provenienza sono a Roma per un progetto di indagine sugli slum (“Plans & Slum”). L’iniziativa è di Stalker, un collettivo di arte urbana che indaga il territorio con particolare interesse ai contesti di margine e che con i rom collabora dal 1999. In collaborazione con la Facoltà di Architettura dell’Università di Roma Tre, della TU - Delft, della Belgrade University e del KTH Stockholm il gruppo, costituito in prevalenza da studenti di architettura, intraprende un progetto di ricerca internazionale sulla realtà abitativa dei rom a Roma ed in alcuni contesti dell’exJugoslavia.Tra gli altri oggetto d’indagine è Casilino 900. Durante una settimana rom e gagè partecipano ad incontri per conoscere lo stile di vita, le tipologie abitative, le tecniche costruttive e i costi di costruzione e gestione dei campi. Gli studi eseguiti con la comunità di Casilino 900, attraverso mappature ed interviste, conducono ad una serie di proposte progettuali che ipotizzano la trasformazione della baraccopoli riorganizzandola in un insediamento ecologico e sostenibile integrato nella vita di quartiere(20).
organizzazione spaziale familiare
Le analisi sull’accampamento evidenziano una suddivisione in sottocampi in cui sono raggruppati i nuclei familiari o persone della stessa etnia. Nel caso di un’organizzazione familiare lo spazio sè organizzato con case e vuoti comuni creati per una possibile crescita del nucleo familiare. Le figlie femmine quando si sposano lasciano la casa di origine e vanno a vivere con la famiglia di origine del marito nelle vicinanze. L’idea di mappare i nuclei familiari permette di ipotizzare la crescita delle aree e quindi lo sviluppo futuro dell’insediamento.
Casilino 900 ex borgata abusiva
Tra le proposte individuate anche quella di recupero del Casilino 900 come ex-borgata abusiva. L’area se riconosciuta come “zona O”,compatibilmente con la presenza del parco archeologico (in cui ricade il terreno), potrebbe essere sottoposta ad un piano particoleraggiato che autorizzi il recupero
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Bosnia
Montenegro
Kosovo
0/6 Mappa della distribuzione degli abitanti per provenienza (studi di Stalker | ON)
0
10
20
30
40 50 m
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dell’insediamento per mezzo dell’organizzazione degli abitanti in “consorzi di autorecupero” che ne fanno concessionari delle abitazioni per 99 anni(21). 2008. 28.06-28.07 “savorengo ker”
Nell’estate parte un progetto per la realizzazione in auto-costruzione di una casa all’interno del Casilino 900, “Savorengo Ker”, che tradotto dal romanés significa la “Casa di tutti”. La realizzazione è affidata agli uomini appartenenti alle quattro etnie del campo con la collaborazione di Stalker|ON ed il sostegno del Dipartimento di Studi Urbani dell’Università di Roma Tre. Il progetto sarà ospitato lo stesso anno alla “Biennale di Architettura” di Venezia. La casa è presentata come una tra le alternative possibili al container - soluzione proposta dall’amministrazione comunale - il cui spazio ridotto è inadatto ad ospitare una famiglia estesa, come è tipico del popolo rom. Autocostruita in meno di un mese secondo la tecnologia delle baracche, ma in legno e a norma, “Savorengo Ker” è presentata all’ufficio competente come prototipo abitativo temporaneo a titolo espositivo. Se ne prevede un uso sociale di tipo aggregativo, come spazio studio e gioco per i bambini e come consultorio medico. All’inaugurazione il 28 luglio non partecipa il neo-sindaco Gianni Alemanno che boccia la nascita ed il luogo dell’iniziativa come “paradossali”, oltre a muovere alcune polemiche rispetto alla regolarità del progetto(22). Il sistema costruttivo è tipo scatola. Realizzate le quattro pareti sono state chiuse e fissati gli spigoli. Analogo è stato il processo per il tetto, appoggiato sui lati senza pilastri centrali in sala. Come racconta Giorgio PIccinato, direttore del Dipartimento di Studi Urbani dell’Università di Roma Tre “l’interesse di questa casa è il modo in cui è stata fatta. Una collaborazione tra attori diversi nella società, ricercatori universitari e Rom che hanno dovuto mettersi d’accordo fra le diverse etnie [...] Questo processo di costruzione e di riconoscimento reciproco delle capacità e dei ruoli è una lezione di costruzione della città”(23).
2008. 23. 11 “Quando cadono i muri”
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Altra occasione di apertura dell’insediamento verso la città è la festa promossa da Stalker|ON in collaborazione con la Facoltà di Architettura di Roma Tre. “Quando cadono i muri”, questo il nome dell’iniziativa, è un invito alla cittadinanza ad entrare nell’insediamento ed a partecipare creativamente ad una giornata d’interazione con gli abitanti del Casilino 900, che ospiterà, per l’occasione, interventi artistici e musicali. L’obiettivo è quello di far cadere i muri dell’indifferenza usando gli strumenti della partecipazione e della cultura.
AUTOCOSTRUZIONE tempo di realizzazione: ca.
1 mese
sistema costruttivo a scatola
70 mq
vs
32 mq (container)
/ 2 piani / bagno / cucina / soggiorno / verande / pareti 15 cm
8.000 (per materiali finanziati DIPSU Uni Roma Tre)
+
11.000
€
(valore manodpera in questo caso offerta dagli abitanti)
07/ Scheda descrittiva di “Savorengo Ker” e immagini della costruzione della casa (Stalker |ON)
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“Ci hanno chiesto chi sapeva costruire una casa e noi abbiamo cominciato a farla per dimostrare che sappiamo farla e possiamo farla e che non vogliamo andare nei container” Mirsad Sejdovic, abitante Casilino 900, nel film documentario “Once Upon a Time Savorengo Ker”
alternative al campo proposte dalla comunità
I rom dell’accampamento approfittano della partecipazione all’evento del sindaco Alemanno, per consegnargli una lettera in cui presentano alcune proposte risolutive dei problemi dell’insediamento, alternative al modello campo previsto dall’amministrazione comunale.
Ipotesi A: progetto di recupero in situ. In continuità con quanto proposto dall’Agenzia delle Nazioni Unite UN – Habitat, per gli insediamenti spontanei – proponiamo un progetto di recupero dell’insediamento in situ. Abbiamo valutato che questa ipotesi risulterebbe essere la più economica, la più rapida e rispettosa del diritto all’abitare. Inoltre permetterebbe di procedere rapidamente senza dover reperire nuove aree e troverebbe il consenso entusiasta di gran parte della comunità. Vista la bassissima densità abitativa l’estensione dell’insediamento potrebbe essere considerevolmente ridotta. Ipotesi B: microaree nel VII Municipio. Nel rispetto della continuità territoriale, dei principi di integrazione e di promozione della scolarizzazione, proponiamo di distribuire la Comunità, secondo la struttura dei legami familiari in microaree o edifici dismessi di proprietà pubblicada reperire all’interno del VII Municipio. Questo consentirebbe ai minori in gran parte iscritti nelle scuole del quartiere di non dover ricominciare daccapo il percorso di integrazione scolastica. Ipotesi C: nuovo insediamento fuori dal VII Municipio. Nel caso – che vorremmo scongiurare – non si reperissero le aree all’interno del VII Municipio è ipotizzabile realizzare un insediamento o l’autorecupero di immobili dismessi, su un terreno quanto più vicino all’area dell’attuale insediamento, provvisto di collegamenti pubblici e non isolato rispetto al tessuto cittadino. […] Siamo consapevoli delle difficoltà tecniche ma la invitiamo a dar seguito al più presto al suo intendimento di restituire acqua e luce all’insediamento (14) [...] Da parte nostra ci teniamo a comunicarle che stiamo dando seguito a quanto da noi stessi determinato con il regolamento interno al Casilino 900 [...] Ci stiamo attivando per favorire il deflusso delle acque stagnanti e lo smaltimento delle immondizie, problemi che costituiscono un reale pericolo igienico sanitario, e che, come lei sa bene, non possiamo risolvere da soli senza il concreto sostegno delle Istituzioni. Rinnovando la fiducia a quanto da lei detto personalmente qui al campo non diamo credito alle illazioni, spesso portate avanti con toni discriminatori e razzisti con cui molta stampa annuncia i nostri destini già segnati, in containers fuori dal raccordo anulare.[…] Stalker | ON in Roma Time “Casilino 900”
2008. 12. 12 brucia “Savorengo Ker”
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L’anno segnato dalle molte iniziative si conclude con un episodio che spegne il clima di festa. Un incendio distrugge “Savorengo Ker”. Le opinioni sono diverse. La maggiorparte dei residenti ritiene che l’origine sia di natura dolosa, diversamente le forze dell’ordine considerano l’episodio un incidente, forse causato da un fulmine (24).
“Il vero motivo per cui la casa è stata bruciata è proprio questo: il fatto che fosse una “casa”. Ha un forte portato simbolico, dice che i rom vogliono abitare in una casa e non in una roulotte, che non vogliono i campi nomadi perché non sono nomadi. Il Rom che viene ad abitare vicino a te in una casa fa paura”. Stalker | ON in Roma Time “Casilino 900”
Un’immagine di “Savorengo Ker” dopo l’incendio (Stalker | ON)
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// 1.3
07.2009 - 02.2010 Il Piano Nomadi e lo sgombero
Con l’elezione a sindaco di Roma di Gianni Alemanno (28 maggio 2008) le condizioni dei rom nella capitale “cambiano”, come recita lo slogan della campagna elettorale del neo-sindaco. Il piano dell’amministrazione comunale per la sicurezza, in linea con quello nazionale, deve far fronte ad una situazione dei rom a Roma che, già trascurata dalle giunte precedenti, è diventata critica. Al Casilino 900, recentemente privato di luce ed acqua, cessa per due mesi l’accesso delle auto al campo per effettuare una bonifica del suolo. Termina anche l’attività di recupero dei materiali che sostentava molte famiglie residenti(25). 2009. 31.07 presentazione piano nomadi
Il provvedimento con il quale il sindaco intende risolvere la questione dei rom nella capitale è il Piano Nomadi, presentato il 31 luglio del 2009 insieme al prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, in qualità di commissario per l’emergenza nomadi nel Lazio(26). Alemanno riprende il piano d’intervento previsto dalla precedente amministrazione Veltroni insieme all’allora prefetto Serra, che prevede la realizzazione dei cosiddetti “villaggi della solidarietà”, il cui prototipo è Castel Romano, abitato da circa 1200 persone all’interno di container di 32 mq(27). L’obiettivo del Piano Nomadi è di ospitare un numero massimo di 6000 rom all’interno di 13 campi attrezzati nel territorio romano (fuori dal GRA), per un costo totale di 32 milioni di euro, messi a disposizione dal Governo come fondo per l’emergenza. Il piano si basa sui dati raccolti da un censimento eseguito dalla Croce Rossa Italiana nel 2008, su richiesta della Prefettura di Roma che registra: 2700 persone nei 14 campi tollerati, 2200 negli oltre 80 insediamenti abusivi e 2241 nei 7 villaggi autorizzati. Circa 100 insediamenti per 7200 persone (28).
la denuncia di Amnesty Inter.
Amnesty International denuncia l’Italia per il Piano Nomadi e gli sgomberi forzati, in quanto violerebbero i trattati internazionali sui diritti umani che l’Italia ha firmato. Il Comune di Roma, secondo Amnesty, non avrebbe interpellato le associazioni o i diretti interessati per la realizzazione del piano e suggerisce che
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PIANO NOMADI_INTERVENTI PREVISTI
.chiusura definitiva degli insediamenti abusivi: -entro 10/2009 _ riduzione al 50% di Casilino 900, Tor de’ Cenci, La Martora; -entro 1°semestre 2010 _ chiusura definita degli stessi e dei campi “tollerati” di Baiardo, Foro Italico, Monachina, Arco di Travertino, Spellanzon e Sette Chiese; .ristrutturazione dei villaggi autorizzati e tollerati: -entro autunno 2009 perimetrazione dei campi, livellamento della sede stradale, adeguamento di tutti gli impianti (fogne, impianti elettrici e illuminazione, impianti idrici), manutenzione delle abitazioni lesionate e realizzazione di nuove nei 5 campi di via Salone, Gordiani, Camping River, Candoni e Castel Romano; -delocalizzazione dei campi autorizzati Cesarina e Lombroso; -ristrutturazione dei campi tollerati Salviati, Ortolani e La Barbuta. .realizzazione di nuovi insediamenti: -due nuovi villaggi sulle aree scelte dal prefetto (Villaggio A, B); -una nuova struttura di transito di 600 posti, di cui 400 fissi e 200 destinati ai nuclei in attesa di collocazione stabile; .ricollocazione degli aventi diritto: sulla base di un censimento effettuato dalle forze dell’ordine e considerando eventuali nuovi arrivi, i rom saranno ricollocati sulla base della compatibilità etnica; .completamento censimento e consegna dei DAST: ad ogni nomade in possesso dei requisiti previsti dal regolamento sarà consegnato il DAST (Documento di Autorizzazione allo Stazionamento Temporaneo), che attesterà il diritto a sostare sul territorio romano se in possesso dei requisiti da esso previsti. Saranno autorizzati: 1) gli extracomunitari con permesso di soggiorno e passaporto (o documento equipollente); 2) gli italiani, e i cittadini comunitari, con documento di identità valido. Grazie al DAST si potrà restare nel campo indicato nel documento stesso per un massimo di quattro anni, rispettando le norme contenute nel regolamento commissariale. Per avere il DAST, ogni nomade dovrà sottoscrivere un atto d’impegno con il Comune. Questi gli obblighi previsti: fare la piccola manutenzione della piazzola assegnata; rispettare e mantenere efficienti le strutture comuni; pagare le utenze per i consumi familiari, il canone mensile per l’uso della piazzola e dei servizi del campo, la tassa dei rifiuti. Infine, mandare a scuola i ragazzi: i minori in età scolare alle scuole dell’obbligo, gli altri (non più soggetti all’obbligo scolastico) a frequentare scuole superiori, corsi professionali o a svolgere un’occupazione. .realizzazione dei presidi di vigilanza e socializzazione nei campi: -il presidio di vigilanza controlla gli accessi al campo e può farlo tramite l’installazione e l’uso di strumenti tecnologici; è prevista la presenza di Forze dell’Ordine al perimetro esterno; -il presidio socioeducativo ha il compito di gestire le attività rivolte alla prevenzione, integrazione ed assistenza di carattere sociale, economico e culturale che fanno capo ai Dipartimenti delle Politiche educative e sociali. La regolamentazione ed attuazione del piano è sottoposta al “Regolamento per la gestione dei villaggi attrezzati per le comunità nomadi nella Regione Lazio”.
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2009 Situazione attuale
?
? 15.000 (dati associazioni) (7200 dati CRI)
7 campi regolari 61 campi abusivi
?
( 80 dati CRI)
Camping River
Parco di Veio
Prima Porta
Grottarossa
Salaria
Cesarina
Saxa Rubra
Insugherata Monte Amiata Grisolia
Baiardo
Lombroso
Foro Italico Stadio Flaminio
Monte Mario
Compagna
Maresciallo Giardino
Boccea
Casal Tidei
Valli
Spellazon
Quintiliani
Monte Ciocci
villa Troili
Mazzacurati
Lungotevere Testaccio
vicolo Savini
Campo Boario
Angeli Porta Furba
Casilino 700
Vasca navale
Casilino 900 Rapolla Vignali
Sette Chiese Viviani
Candoni
Muratella
Acqua Vergine
Gordiani
Arco di Travertino
Imbrecciato
Tor Bella Monaca Torre Maura
Scinto Schiavonetti
Magliana Tor di Valle La Barbuta Tor Pagnotta
Ortolani Lenormant
Mezzocamino Butera
Tor de Cenci
Castel Romano
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Salone
Dameta
La Martora Salviati Hortis Togliatti Serenissima Olmi
Stazione Prenestina Monachina Castel di Guido
Mirtillo
Tor Cervara
0/8 Mappa degli insediamenti rom alla presentazione del Piano Nomadi (fonte parkingCasilino900)
Salamanca
2011 (previsione) Piano Nomadi
?
? 6.000
?
?
?
Camping River
?
5 campi esistenti 2 ? campi delocalizzati 3 campi da ristrutturare 1 struttura di transito 2 nuovi villaggi da localizzazione
villaggio A
Cesarina
Lombroso
Salone
Salviati
Gordiani ?
villaggio B
Candoni
struttura di transito
La Barbuta
Ortolani
Castel Romano
0/9 Mappa degli insediamenti rom previsti dal Piano Nomadi
0
1
2
3 km
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una buona politica per i rom può essere decisa solo attraverso il coinvolgimento della comunità o delle realtà sul territorio che con essa collaborano. Amnesty fa notare inoltre che il termine “nomadi” associato al piano d’intervento per la popolazione rom, denota il presupposto errato che lo ha costruito. L’idea cioè che i rom a Roma siano una popolazione nomade, itinerante. Il Piano è previsto per una popolazione che per l’80% è stanziale in Italia da anni e vive in case(29). 2010.19.01-15.02 sgombero Casilino 900
Come previsto dal Piano Nomadi il Comune attua il provveddimento già annunciato di sgombero del Casilino 900. Nell’arco di un mese completa la demolizone delle baracche ed il trasferimento dei residenti (618 persone di cui 273 minori) in 4 campi autorizzati: via di Salone (circa 200 persone), via Candoni (96), Camping River (107), via dei Gordiani (40) e in un centro di accoglienza (CER) del Comune di Roma in via Amarilli (64). Nell’area restano tuttoggi alcuni cittadini montenegrini dichiaratesi non rom, una famiglia di 18 persone(30). Alla chiusura dell’insediamento il sindaco Alemanno dichiara che il terreno nell’arco di un mese verrà bonificato e sarà realizzato il parco archeologico di Centocelle, previsto da un piano particolareggiato approvato dalla Regione Lazio nel 2006. I lavori oggi sono ancora fermi. Insieme al prefetto e all’assessore alle politiche sociali Sveva Belvisio firmano con i rom, rapprensentati da Najo Adzovic e Graziano Halilovic, una dichiarazione in cui s’impegnano a portare avanti programmi di sviluppo ed integrazione della comunità in riferimento ad alcuni aspetti tra cui la casa. Con lo sgombero ed il trasferimento degli abitanti in altre sedi in via temporanea si è resa più complessa la procedura di rinnovo dei documenti (per chi fosse in possesso). Sebbene la persona lavori regolarmente è necessario infatti dimostrare di avere una residenza che, nel caso degli abitanti del Casilino 900, è all’insediamento ormai demolito. Esiste il rischio che venga annullata la residenza e di conseguenza sia più difficile rinnovare il permesso di soggiorno. Cancellando la residenza al Casilino 900 si elimina il dato per cui molte persone vivono in Italia da più di trent’anni e ciò complica la procedura di accesso alle case popolari, già di per se difficile per i rom. Per quanto riguarda gli sgomberi degli insediamenti abusivi nella maggiorparte consistono nella demolizione delle baracche con l’allontanamento degli abitanti spesso senza soluzione alternativa. Condizione questa che comporta il re-insediamento delle famiglie nella stessa area o in altre più invisibili e senza il rischio di essere sottoposti ad un ulteriroe sgombero. A Roma esistono 15000 rom, il Piano è previsto per 6000 persone e non contiene indicazioni sulle restanti.
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Dichiarazione d’impegno tra l’amministrazione comunale e gli abitanti del Casilino 900 alla chiusura dell’insediamento
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01-02.2010 Sgombero
5// Camping River 417 (107 Casilino) ?
3// CER via Amarilli 129 (64 Casilino) ?
2// via di Salone 1076 (200 Casilino) ?
1// via dei Gordiani 240 (40 Casilino) ?
Casilino 900
4// via Candoni 600 (96 Casilino) ?
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10/ Mappa delocalizzazioe degli abitanti del Casilino 900 nelle altre strutture cittadine
0
1
2
3 km
1// via dei Gordiani
localizzazione: Via dei Gordiani, VI Municipio, Roma Est (3km dal Casilino 900) tipo struttura: villaggio attrezzato trasporti: autobus urbano 412 abitanti: 240 di cui 40 dal Casilino 900 abitazioni: 57 case container - 2 tipologie: 33,6 mq e 16 mq sicurezza: presidio di vigilanza h24, videocamere, recinzione metallica proprietà: Iacp spese: 716.000 € per l’adeguamento del campo attrezzato al fine di ospitare gli abitanti provenienti dal Casilino 900 opinione di un abitante: “Io ero al Casilino, ora vivo qui anche con i miei nipoti di quindici e tredici anni. Siamo otto persone dentro al container e non funziona l’acqua e neanche la luce. Non c’è l’acqua calda e per riscaldarci non possiamo usare la nostra stufa perché non c’è la corrente.”
campo via dei Gordiani
via Casilina ex Casilino 900
11/ Scheda descrittiva del campo attrezzato di via dei Gordiani
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2// via di Salone
localizzazione: Via di Salone, VII Municipio, Roma Est, (oltre GRA) tipo struttura: villaggio attrezzato trasporti: fermata FR2 La Rustica 2km, stazione di Salone dismessa, pulmino per gli abitanti del campo con servizio fino alle 17.00 (31) abitanti: 1076 bosniaci, serbi, montenegrini e romeni di cui circa 200 dal Casilino 900 (32) abitazioni: 198 case container - 3 tipologie: 34,8 / 29,6 / 21,3 mq servizi: 5 container di servizio, un’area adibita ad attività sportive, 3 aree comuni e un presidio socio-sanitario sicurezza: presidio di vigilanza h24, 30 videocamere, recinzione metallica proprietà: privata spese: 2.500.000 € per l’adeguamento del campo attrezzato al fine di ospitare gli abitanti provenienti dal Casilino 900 opinione di un abitante: “Spesso non funziona la fogna e non possiamo stare con la puzza che si sente. Noi dobbiamo ogni volta sbloccare le fogne che si otturano.”
fiume Aniene
campo via di Salone GRA stazione la Rustica
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12/ Scheda descrittiva del campo attrezzato di via di Salone
3// CER via Amarilli
localizzazione: Via Amarilli, VII Municipio, Roma Est tipo struttura: centro di accoglienza trasporti: autobus urbani abitanti: 65 romeni + 64 dal Casilino 900 abitazioni: 18 stanze (13 occupate dalle famiglie provenienti dal casilino 900) servizi: servizi igienici per ogni stanza, deposito (per i beni da conservare), riscaldamento proprietà: privata spese: 20 € a persona al giorno (465.000 € in un anno) opinione di un abitante: “Io ho rifiutato di andare a Salone perché lì non è possibile alcuna integrazione in un campo nomadi con milleduecento persone [...] Io per ora a via Amarilli sto bene e c’è più integrazione. Io ci abito con la mia famiglia: abbiamo 32 mq per tre persone e le condizioni di vita sono buone, non perfette, ma migliori di Salone.”
CER via Amarilli strada dei parchi
stazione Tor Sapienza
13/ Scheda descrittiva del CER di via Amarilli
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4// via Candoni
localizzazione: Via Candoni, XV Municipio, Roma Sud tipo struttura: villaggio attrezzato trasporti: 4 diverse linee di autobus e fermata FR1 Muratella a 1km abitanti: 600 romeni e bosniaci di cui 96 (bosniaci) dal Casilino 900 abitazioni: case-container servizi: legnaia, campo sportivo, prefabbricati per servizi igienici sicurezza: presidio di vigilanza h24, videocamere, recinzione metallica proprietà: pubblica opinione di un abitante: “Ci avevano detto che ci davano un campo per tutti quelli del Casilino. Hanno detto che dovevamo aspettare questo altro campo qui per quattro mesi. Ma ora pensiamo che non ci muoveranno più e staremo qui. Qui è assurdo, è un forno d’estate e un frigo d’inverno. Ci avevano detto che dovevamo scegliere di andare in altri campi e io ho scelto di venire qui perché conosciamo i rumeni che vivono qui.”
fiume Tevere campo via Candoni stazione la Muratella
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14/ Scheda descrittiva del campo attrezzato di via Candoni
5// Camping River
localizzazione: Via della Tenuta Piccirilli, XX Municipio, Roma Nord (oltre GRA) tipo struttura: villaggio attrezzato trasporti: fermata stazione ferrovie urbane di Prima Porta 3 km, servizio privato di autobus per la stazione (costo 1 euro a corsa) abitanti: 310 romeni + 107 kossovari e macedoni dal Casilino 900 abitazioni: 108 container - 3 tipologie (14, 21, 23 mq) + 8 bungalow in muratura (40 mq) + 22 camere (16 mq) servizi: prefabbricati per servizi igienici sicurezza: presidio di vigilanza h24, videocamere, recinzione metallica proprietà: privata spese: 7 € a persona al giorno (442.000 € in un anno) opinione di un abitante: “Qui fa freddo nei container, i bambini si raffreddano e non sono potuti andare a scuola[...]. Siamo lontani, io sono andato a Roma solo 4 volte in 10 mesI [...] Puoi usare solo sei litri di acqua calda per famiglia e non ce la fai per tutti. Ed è un’acqua strana, è salata, fa male.”
camping River
Tevere
stazione di Prima Porta
15/ Scheda descrittiva del campo attrezzato Camping River
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“Il campo è isolato e lontano da tutto. [...] Se vuoi un’integrazione devi aiutare le persone ad avere le case. Se metti le persone nei lager, lontano da tutto e tutti che integrazione ci può essere così? [...] Qui intorno non c’è nulla per i bambini. Se posso, io li accompagno al Casilino. Quello è il mio punto di riferimento, il mio posto, dove conosco tutto e tutti. Qui non c’è niente.” Intervista a G. S., uomo rom con genitori montenegrini, apolide di fatto, 32 anni, Roma, campo Salone, 23 luglio 2010 in “Report Casilino 900”, Ass. 21 Luglio
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Fotografie dello sgombero del Casilino 900 (Alessandra Quadri per Ass. 21 Luglio)
“Ogni persona che è andata via dal Casilino ora è pentita [...] Noi se sapevamo che saremmo stati sparpagliati e messi con altre etnie non avremmo mai accettato. Noi abbiamo vissuto al Casilino per 30 anni, ci conosciamo, siamo invecchiati insieme [...] Se avessi la possibilità, vorrei tornare al Casilino. Qui non si può più stare, la notte per la musica, per i litigi, per la droga. [...] Alle promesse non credo più [...] Potevamo rimanere lì al Casilino 900 con un campo nuovo. Secondo me potevano non spostare il Casilino perché l’Unione Europea poteva mandare dei finanziamenti per aggiustare il campo o per fare il nostro progetto con le casette in legno costruite da noi.” Intervista a M.R., uomo rom montenegrino, 42 anni, Roma, campo Gordiani, 5 novembre 2010 in “Report Casilino 900”, Ass. 21 Luglio
PIANO NOMADI RESCONTO 2011
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32.000.000 €
/ Tot. stanziato dal Governo
// ampliamento 5 campi + vigilanza + salario personale + bonifica campi /// spesa x campo (7) /// acquisto moduli abitativi /// 400 sgomberi forzati
- 20.000.000 € 1.000.000 € / anno 1.300.000 € 5.000.000 €
// campo “La Barbuta” in costruzione
-12.000.000 €
// 3 centri di accoglienza
4.000.000 € / anno
/ Richiesta fondo aggiuntivo 2011
+ 20.000.000 €
* Prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, audizione Camera dei Deputati, 5 ottobre 2010
16/ Scheda di bilancio economico del Piano Nomadi
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NOTE
//1.1 13. Università degli studi di Roma “Tor Vergata”, “La nascita dell’aeroporto”, http://www.hochfeiler.it/centocelle/quartiere/nascita_aeropo.html,(04/2011). 14. Frasca S., Workstation, “Centocelle”, settembre-ottobre 2004, http://grwavsf.roma1.infn.it/VB/frasca/Centocelle.pdf, (04/2011). 15. ReteRom, Casilino 900: intervista a Fikret Salkanovic, 13 aprile 2008, http:// www.youtube.com/watch?v=miXdY9AJekc, (04/2011). 16. Le informazioni che riguardano il periodo 1989-2008 sono estratte dalle interviste rilasciate all’Ass. 21 luglio da M.S., rom montenegrino, 60 anni, S.S, donna rom montenegrina, 58 anni, presenti in Ass. 21 Luglio, Report Casilino 900, 15/02/2011. 17. Regione Lazio, L.R. 24 maggio 1985, n. 82, in materia di “Norme in favore dei Rom”. 18. Stalker | ON, Università Roma Tre, “I Rom a Roma: dagli anni ‘80 ad oggi” in ROMA TIME , anno 1, tema 3, 03/2007 – 06/2008. 19. ReteRom, intervista a Najo Adzovic, 21 marzo 2008, http://www.youtube. com/watch?v=GCfrB55B0Cs&feature=related, (04/2011). //1.2 20. Stalker | ON, DIPSU Roma Tre, Comunità Casilino 900, “Casilino 900 da campo a quartiere”, in ROMA TIME, anno 2, tema 4, 02/2008 – 12/2008. 21. Regione Lazio, Deliberazione della Giunta Regionale del 3 agosto 1983 n. 4777 avente ad oggetto “Comune di Roma. Variante al piano regolatore generale per il recupero urbanistico dei nuclei edilizi consolidati spontaneamente sorti. Legge n. 1150/42 e successive modificazioni ed integrazioni e leggi regionali n. 28/80 e n. 27/83”. 22. P.Br., “In frantumi il sogno della casa autocostruita”, Corriere della sera, 29/07/2008. 23. Stalker | ON, DIPSU Roma Tre, Comunità Casilino 900, op. cit. 24. Fabrizio Boni, Giorgio De finis, “Once upon a time there was Savorengo Ker, the Home of Everyone”, Irida Produzioni, 2009. //1.3 25. L’11 marzo dello stesso anno un blitz al campo porta al distacco immediato degli allacci della centralina Acea che fornisce a tutte le famiglie dell’insediamento l’energia elettrica necessaria all’illuminazione ed al riscaldamento. Come riportano molte interviste fatte ai rom del Casilino 900, esistevano nell’accampamento alcune persone che avevano allacci elettrici abusivi, e questo è bastato per staccare l’elettricità a tutte le famiglie, anche quelle in possesso di regolare contratto. Da quel momento le condizioni al campo peggiorano notevolmente. La vicenda è riportata in Ass. 21 Luglio, op. cit. 26. D.P.C.M., 26 maggio 2008, n.122, in materia di “Dichiarazione dello stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità nomadi nel territorio delle regioni Campania, Lazio e Lombardia” ; e successive proroghe. 27. Il Prefetto di Roma, il Sindaco di Roma, il Presidente della Provincia di Roma, il Presidente della Regione Lazio, firmano alla presenza del Ministro dell’Interno il Patto per Roma Sicura, Roma, 18/05/2007.
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28. Se si considera che al momento del censimento eseguito al Casilino 900, molti degli abitanti si trovavano alla biennale di Venezia per presentare Savorengo Ker, si può comprendere come i dati individuati non corrispondano all’effettiva realtà romana. I dati ufficiali ottenuti dalla Croce Rossa Italiana (CRI) sono consultabili sul sito del comune di Roma. 29. Amnesty International, La risposta sbagliata. Il “Piano Nomadi” viola il diritto all’alloggio dei rom a Roma, Roma, 01/2010. 30. Ass. 21 Luglio, op. cit. 31. dati raccolti da Stalker al campo di via di Salone nel marzo 2009 contenuti in ROMA TIME. Plans & Slum, anno 2, tema 5, 11/2008 – 06/2009. 32. I dati fanno riferimento alle interviste condotte dall’Ass. 21 Luglio presso il campo di Via di Salone, presenti nel report Esclusi e Ammassati, novembre 2010. L’Ass. ha registrato al momento della stesura del rapporto (luglio 2010) 978 presenze, alle quali va aggiunto almeno un 10% di abitanti formalmente non autorizzati, secondo quanto scoperto da un’intervista fatta ad un rappresentante di un’associazione che lavora al campo. La ricettività effettiva del campo sarebbe di 600-650 persone. Progettato per ospitare 138 container. 33. Sul quotidiano La Repubblica del 8 febbraio 2011 è presentato un dossier sullo stato dei campi nomadi a Roma che riporta alcuni costi. Secondo quanto dichiara il prefetto Pecoraro al quotidiano, dei 32 milioni destinati al Piano Nomadi da Governo, Regione e Comune, 20 sarebbero già stati spesi ad oggi per l’ampliamento di cinque campi, pagamento del personale, vigilanza e bonifica dei campi sgombrati. Il sindaco chiede altri 30 milioni al governo per finanziare gli altri 8.
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Camping River: il rifiuto del campo attrezzato e l’autodeterminazione dei rom
LA CASA CONTAINER: il campo attrezzato Camping River
Nota introduttiva al capitolo
Le vicende raccontate in questo capitolo sono il frutto di un lavoro condotto sul campo. Grazie alle informazioni fornite dall’architetto Lorenzo Romito, di Stalker, è stato possibile studiare da vicino e raccogliere le testimonianze al campo attrezzato Camping River, dove da un anno e mezzo è stata trasferita la comunità kossovara e macedone proveniente dal Casilino 900. L’intermediazionie di uno degli abitanti, Bajram Hasimi, ha facilitato l’accesso alla comunità. Con gli abitanti dell’ex Casilino 900 ed altre associazioni è stata avviata un’assemblea alla quale ho avuto la possibilità di partecipare tra marzo e giugno. Nei mesi a seguire, gli incontri hanno avuto una pausa ma il dibattito non si è fermato. L’obiettivo principale è quello di contrastare il piano nomadi per favorire alternative abitative.
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// 2.1 2010.22.01 Kossovari al Camping River
Vivere in un campo attrezzato
Il 22 gennaio 2010 trentadue famiglie di rom kossovari (135 persone) devono abbandonare le baracche del Casilino 900 per trasferirsi 29 km distanti al villaggio attrezzato Camping River. L’amministrazione comunale che porta avanti il PIano Nomadi prevede che questa sistemazione sia temporanea e che dopo qualche mese la comunità sarà trasferita al campo attrezzato “La Barbuta”, che ad oggi non è ancora stato realizzato. Prima della chiusura della baraccopoli alcuni rappresentati del gruppo kossovaro visitano insieme ad alcuni esponenti della giunta comunale il River. Vengono loro mostrati alcuni spazi, quali una piscina ed un parco giochi a loro disposizione una volta andati ad abitare al camping, secondo quanto gli viene riferito durante la visita. La comunità dichiara che non gli è mai stato permesso l’accesso (34).
contesto e struttura del campo
gestione e regolamento
Situato in via della Tenuta Piccirilli, una traversa della via Tiberina, a Nord del GRA, il campo copre una superficie di circa 1ha, ad una distanza di 30 m dalla riva del fiume Tevere. Tale condizione rende il terreno non edificabile per almeno 150 m per parte della riva, secondo quanto previsto dal Piano Paesaggistico Regionale. Il decreto di stato di emergenza però, consente varianti provvisorie ai piani. Per lo stesso motivo quindi, la presenza di tralicci ad alta tensione molto vicini ai container è trascurabile. Analogamente sono tollerate le dimensioni degli spazi abitativi sebbene non rispondino agli standard regolamentali. Al River infatti, in un container di 20 mq vivono mediamente 5 persone, per un rapporto di superficie abitabile per persona pari a 4 mq a fronte dei 14 previsti dal regolamento edilizio del Comune di Roma per una comune abitazione. Da una visita al campo è stato verificato che l’acqua è di colore giallo. Gli abitanti sostengono che sarebbe salata. Il Camping River è di proprietà di Roberto Fagiolari che gestisce il campo insieme alla cooperativa Isola Verde Onlus. È presente un presidio di vigilanza, come da Regolamento per la gestione dei villaggi attrezzati per le comunità nomadi della Regione
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Lazio. Il Presidio controlla gli accessi e le presenze al campo. I visitatori possono entrare dalle 14:00 alle 20:00. La vigilanza verifica all’ingresso l’identità degli abitanti tramite il DAST, che al River, per scelta, alcuni non possiedono. È altresì compito del Presidio accertare le violazioni al Regolamento e riferirle al Dipartimento delle Politiche Sociali. Il suddetto Regolamento prevede inoltre l’istituzione di un comitato di rappresentanza degli abitanti, inesistente al Camping River. I bambini provenienti dal Casilino 900 frequentano ancora le scuole del VII Municipio e, data la grande distanza che devono percorrere la mattina con il servizio di autobus del campo, arrivano spesso con un’ora di ritardo e devono uscire un’ora prima perchè il pulmino recuperi tutti gli alunni entro l’orario di chiusura delle scuole. I ragazzi perdono così circa un terzo delle ore di lezione nell’anno scolastico. Al camping vivono alcume famiglie di rom romeni giunte prima dei kossovari. Non esiste integrazione tra le comunità. I romeni, pagano 100 euro a famiglia incluse le utenze. I rom kossovari d’accordo con il Comune non pagano nulla.
Kossovari e Macedoni (container / 3 tipologie)
Rumeni (container)
Rumeni (bungalow)
Tevere dist. 30 m sala comune (ex moschea)
Rumeni (22 camere)
via Tenuta Piccirilli servizi
sportello presidio di vigilanza sociale
17/ Pianta del Camping River
0
20
40
60
80 100 m
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Container kossovari in primo piano, sul fondo lato abitato da romeni
Esterno di un container kossovaro
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La sala comune
Abitanti all’esterno della sala comune in disuso
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Interni di un container abitato da una famiglia kossovara
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// 2.2
Una giornata al Camping River: testimonianze
Le testimonianze raccolte durante l’esperienza sul campo sono qui riportate per raccontare una giornata trascorsa al Camping River. Dalla stazione di piazzale Flaminio, al centro di Roma, abbiamo raggiunto con il treno Prima Porta. Qui aspettiamo Natalino che ci accompagna al campo. E’ pomeriggio, l’unico momento della giornata in cui è consentito l’accesso al campo ai visitatori. Natalino passa di ora in ora quindi dobbiamo aspettare almeno mezz’ora perchè arrivi. Nell’attesa ci tengono compagnia alcuni bambini del campo con il loro zio, anche loro in attesa della navetta. Ci dicono che in alternativa possiamo prendere il Cotral, che però ferma ad 1km dal campo. Prima di entrare al River dobbiamo lasciare i documenti e dire quale container andiamo a visitare. Allo sportello sociale, all’ingresso, ci accoglie Mario, della cooperativa Isola Verde Onlus, che ci accompagna a visitare la struttura. Incontriamo Bajram Hasimi, nostro riferimento per raccogliere le storie del campo e quindi intervistiamo altri abitanti. I rumeni sono restii a rilasciare interviste. La maggiorparte si lamenta della distanza del River dal centro. Quando escono per recarsi in città dicono che vanno “a Roma”, come se il campo si trovasse in un altra località.
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Camping River
fermata Cotral via Tiberina 1km / navetta Prima Porta ogni h
stazione Prima Porta
COTRAL via Tiberina (ogni 15’) / navetta Camping River (ogni h)
stazione Flaminio Piazza Popolo ferrovie Roma Nord - Viterbo (ogni 15’)
18/ Percorso dal centro di Roma al Camping River
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Esterno della stazione di Prima Porta
Postazione di attesa della navetta di Natalino
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Fermata del Cotral a Prima Porta
Imbocco della via Tiberina da Prima Porta
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Imbocco di via Tenuta Piccirilli dalla via Tiberina
Via Tenuta Piccirilli
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Piazzale antistante il Camping River
Ingresso al Camping River
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Ho vissuto al Casilino per 25 anni.Adesso abbiamo trovato una casa per me e la famiglia di mio figlio a Rieti. Daniza (Kosovo)
Qui non c’è uno spazio per i bambini per giocare. Non c’è nulla intorno Juti (Kosovo)
L’accesso ai visitatori è consentito dalle 14.00 alle 20.00. Dovete lasciare un documento e dirci quale container andate a visitare. Presidio di Vigilanza
Da quando sono arrivati gli slavi gli equilibri sono inevitabilmente cambiati. Mario Gallo, sportello sociale “Roma 2”
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19/ Modello del Camping River e testimonianze
Vogliamo creare un tavolo di trattative, perché noi vogliamo solo case, non vivere con due o tre mila persone in un recinto Bajram (Kosovo)
Io sono Rumeno. Ma quelli che vivono qui da prima di noi non si ribellano mai. Stanno sempre zitti. Hanno paura. Dimitri (Romania)
Qui sto bene perchè noi Rom abbiamo bisogno di vivere con la nostra famiglia. In un altro posto non sarebbe possibile. Jonut
Sono al River da tre anni. Qui è tutto più lontano. Se non hai la macchina non riesci a lavorare. Daniel (Romania)
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Alla stazione di Prima Porta dobbiamo aspettare Natalino che col suo furgone ci porterà al Camping River. Non si sa bene a che ora arrivi ma passa di ora in ora. Natalino lavora con i Rom da dieci anni, parla la loro lingua. Il River lo ha fondato e gestito lui anni addietro, poi è stato spostato a ruolo di autista. Svolge il servizio di navetta dal campo alla stazione dalle 6.30 alle 10.30 ogni mezz’ora, poi dalle 14.00 alle 21.00 ogni ora, al costo di 1 euro a corsa.
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Natalino mentre si racconta alla guida del suo furgone
Io ero uno dei tre responsabili del camping River, dopo c’è stato un cambiamento di ruoli e sono diventato autista. Sono stato uno dei fondatori del campo. L’utenza oggi mi dice che il campo è cambiato. Mi dicono che quando io gestivo il campo era più funzionale. Il vantaggio è che si trattava di una sola etnia, tutti rumeni, quindi era molto più facile gestirli. Erano una grande famiglia. Nascono inevitabilmente più problemi di tipo sociale quando ci sono etnie diverse, come oggi. Si riusciva ad assecondare le esigenze. Non è che ora non si riesca, ma si tratta di un altro tipo di utenza. Un’utenza che è cresciuta a Roma, ha vissuto a Roma e la conosce meglio di noi. E’ abituata ad altre cose, non accetta la regola della vivibilità in un campo, mentre gli altri l’hanno accettata, perché ci sono nati. Gli slavi sono cresciuti al Casilino 900, si sono radicati lì, hanno sempre avuto un tipo di vita chiamiamola “libera”. Qui ci sono le regole, e le regole non piacciono a nessuno neanche a noi italiani.
il River all’arrivo degli slavi dall’ex Casilino 900
Io mi trovo bene perché sono nato con i rom, parlo la loro lingua, li capisco. Ho la presunzione di dire che gli leggo nel pensiero. Sono dieci anni che lavoro con loro. Prima facevo l’artista di vetrate. Poi mi sono stancato. A me piace rinnovarmi. Loro mi rispettano molto ed io rispetto loro. Il rispetto è fondamentale per qualunque tipo di convivenza Io sono stato sposato quattro anni con una ragazza rom.
lavoro con i rom da 10 anni
Io ho cominciato il mio lavoro facendo gli sgomberi nei campi. Il lavoro più ingrato di tutti. Riuscivo però ad essere bravo nel bilanciare. Anche lì non devi usare la violenza, ma la persuasione. Facevo gli sgomberi nei microvillaggi abusivi che sorgevano ed andavano rasi al suolo. Poi rintegravamo le persone nei campi regolari. Dopo mi è stato affidato il campo di Salone, dove ho lavorato quattro anni. Poi è stato costruito questo campo. Ora sono sette anni. L’avevamo aperto per i senzatetto da novembre a marzo con pasti e tutto compreso. C’era il cibo differenziato per etnia. Funzionava bene. Poi è stato tramutato in villaggio per i rom. E questo presumo sia il migliore di tutti in giro. Tre, quattro anni fa è stato preso come modello per fare gli altri, col sistema del cartellino di identificazione dell’ospite. L’avevo fatto io cinque anni fa. Era forse più burocratico ma scivolava tutto più facilmente. C’era la navetta con le tessere ad un prezzo simbolico.
il River da struttura per senzatetto a villaggio Rom
Per migliorare hanno provato a mettere un’altra persona che mi hanno affiancato per un paio di mesi. Io ho cercato di fargli da guida, di insegnargli un po’ il lavoro, ma è durata poco Questa persona, si scontrava molto con gli slavi. Non che siano stati loro a mandarlo via, ma era il sistema che non funzionava. Il servizio di navetta che svolgo inizia alle 6.30 di mattina, quando le persone devono andare a lavoro ed i ragazzi a scuola. Dal campo alla stazione di Prima Porta passo ogni mezz’ora sino alle 10.00. Riprendo il servizio dalle 14.00 alle 21.00 a cadenza oraria. Il mezzo è di mia proprietà. Nel campo ho un bungalow che uso per riposare.
il servizio di navetta
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All’ingresso incontriamo Mario Gallo, dello sportello sociale “Roma 2”, gestito dalla cooperativa Isola Verde Onlus. Ci racconta del campo e del lavoro di assistenza e controllo che svolge la cooperativa. Poi ci porta a visitare la struttura. L’accesso ai visitatori è consentito dalle 14.00 alle 20.00.
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Un’immagine dell’ingresso alla struttura del presidio di vigilanza
Io lavoro qui da un anno. Ci sono persone che lavorano al camping che sono nel settore almeno da dieci anni. La cooperativa isola Verde Onlus, di cui faccio parte lavora qui da sette anni, da quando esiste il River. Noi diamo servizi di assistenza sanitaria ed abbiamo filo diretto con l’ambasciata se gli abitanti hanno esigenze di parlare con qualcuno per ciò che riguarda il loro Paese di provenienza. Vi è un servizio di ambulatorio offerto dalla Croce Rossa. Il medico viene due volte a settimana. Esiste un presidio di vigilanza di 24 h. Lavoriamo dalla mattina alle 8:00 fino alle 20:00 tutti i giorni.
la cooperativa Isola Verde Onlus al River
In questa struttura abitano cinquecentrodici persone (23). Le etnie sono divise tra romeni, kossovari e macedoni. Esiste un problema di integrazione. Non è mai accaduto alcun episodio eclatante, ma da quando sono arrivati i kossovari e i macedoni circa un anno fa gli equilibri inevitabilmente sono un pò cambiati. I romeni sono un pò più disciplinati.
gli abitanti
Le strutture abitative sono di due tipi: case mobili per famiglie numerose e stanze tipo bungalow. Ogni modulo è capiente per sei o sette persone. Le stanze sono più piccole ed hanno bagni personali. Sono presenti anche i bagni comuni. Ora stiamo spostando alcuni container per creare uno spazio gioco. Da qualche giorno è stata portata una cisterna di acqua più grande perchè consumano circa 135 m3 di acqua al giorno. Vi è una struttura all’interno che è stata concessa per qualche periodo ai musulmani per pregare. Oggi vogliamo farne uno spazio per la scolarizzazione perchè deve essere accessibile a tutti. Gli abitanti contribusicono solo con una spesa per le pulizie.
la struttura del Camping River ed i servizi
Gli utenti, sono regolarmente censiti perchè alcuni delinquono abitualmente. Sono tutti in accoglienza, non hanno la residenza. Non tutti posseggono il DAST, ma dovrebbero, per questo stiamo facendo un fotosegnalamento per registrare tutte le presenze. I visitatori non possono pernottare per oltre 5 giorni. Gli abitanti possono lasciare il campo per un tempo massimo di un mese, facendo una richiesta di allontanamento che deve essere accettata dal Comune. Lo stesso decide di eventuali espulsioni.
il regolamento
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Bajram Hasimi ci attende nella roulotte in cui abita con la sua famiglia. Bajram è stato rappresentante della sua comunità di kossovari e macedoni quando erano al Casilino 900 ed è ancora una figura di riferimento per le famiglie slave trasferite al Camping River. Ci racconta la sua storia dall’arrivo in Italia ad oggi. Una vita consolidata al Casilino e il mai accettato trasferimento al River. Ancora oggi è impegnato e attivo nel difendere i diritti della sua comunità, in particolare quello alla casa.
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Bajram in una foto tratta dall’intervista presso il suo container
Sono nato a Pristina, la capitale del Kosovo, il 20 settembre del 1973. Ho fatto lì le scuole, poi sono andato in Serbia. Ho lavorato ed ho preso due diplomi, uno come ferroviere, l’altro come costruttore di pareti interne ed esterne ed isolamenti. In Italia non volevo venire. Mio padre però è partito per la Germania con mio fratello minore. Ero rimasto solo e a causa della guerra ho deciso di partire. Sono passati dodici anni. Siamo venuti in quattro io e mia moglie - mia figlia femmina ed un maschio. Altri due sono nati in Italia. Sono arrivato qui con un motoscafo illegalmente. Siamo passati pagando. Non avevamo altra maniera perché le dogane erano chiuse a causa della guerra. Ci siamo fermati in un campo che si trovava a Borgo Mezzanone. Dopo ci hanno portato in un centro di prima accoglienza. Siamo rimasti lì un mese. L’unica maniera per rimare in Italia era richiedere asilo politico. Abbiamo avuto il permesso di soggiorno temporaneo di tre mesi e ci hanno chiesto dove volessimo andare. Io avevo famiglia per la maggiorparte in Belgio, Germania e Francia ed un fratello in Italia. La mia idea era andare in Belgio. Ho detto le mie intenzioni. Mio fratello però mi ha chiesto di rimanere in Italia, quindi mi sono fermato a Roma. Ho rinnovato il permesso di soggiorno per tre mesi, poi per due anni.
l’arrivo in Italia
Da allora sono stato sempre al Casilino 900, un posto in cui non avrei mai immaginato di arrivare. Prima vivevo come tutti in una casa, andavo a lavoro, qui mi sono ritrovato in un campo, come fossi tornato in guerra. Era sporco ed io non avevo mai vissuto con tanta gente così diversa. montenegrini e bosniaci non li avevo mai visti prima. Mi dispiace che ci siano rom come loro che vivono in quelle condizioni. La mia comunità non condivide lo stile di vita di queste popolazioni, che nei loro paesi di origine non hanno mai avuto una casa, hanno sempre viaggiato con i cavalli e con le tende. Noi non siamo nomadi, ma stanziali da tempo. Al Casilino 900 ho vissuto per dieci anni. Dopo soli tre o quattro anni che ero lì sono stato scelto dalla mia comunità come portavoce. Io non avevo mai pensato di farlo perché non ero sicuro di rimanere. La comunità che rappresento è di kossovari per la maggiorparte e una minoranza di macedoni, che hanno circa la stessa cultura. Al Casilino 900 c’erano ottantasette baracche di famiglie kossovare e macedoni. Eravamo circa centosessantanove persone. La nostra richiesta era di uscire dal campo, non essere trasferiti in un altro, come invece è successo. Molti di noi sono inseriti nelle liste per le case popolari. Io sono iscritto dal 2005. Ora sto aspettando. Vivendo in un campo però non riesci a salire in graduatoria, perché non superi gli 8 punti.
rappresentante della comunità al Casilino 900
La nostra richiesta è sempre stata quella di vivere in una casa. Abbiamo avuto un’idea insieme ad alcuni architetti, Francesco Careri e Lorenzo Romito e con loro abbiamo cominciato il primo progetto. Nel complesso l’insediamento era un disastro, ma le singole baracche no. La mia era di 110 mq, aveva isolamento interno ed esterno, un muro di 19 cm. Avevo tre camere, un salotto 6.40 x 5.00 m, un bagno 3 x 3 m, la cucina esterna ed un terrazzo. L’avevo costruita
la casa costruita al Casilino 900
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per vivere. Ma non tutti vivevano così. La casa, doveva ospitare un’associazione cattolica che avrebbe lavorato con i bambini per il doposcuola. C’erano però cinque famiglie che non avevano molto spazio nelle loro case e volevano andare a vivere lì. Non si sa chi sia stato di loro, ma volevano entrare nella casa perché la vedevano vuota e così l’hanno bruciata. lo sgombero e l’arrivo al Camping River
Successivamente lo staff del nuovo sindaco Alemanno è venuto a visitare il campo. Il sindaco, ha promesso di farci uscire e costruire nuovi campi, insediamenti come quelli che ha fatto, lager. Ci siamo riuniti noi portavoce delle comunità perché non volevamo uscire, ma costruire un campo per tutte le persone del Casilino o rimanere lì. Hanno deciso di portare prima la Croce Rossa nell’accampamento per far fare un fotosegnalamento e consegnare un tesserino, perché almeno l’80% delle persone che viveva lì non aveva documenti, neanche del Paese di provenienza. Tutti hanno ricevuto una striscetta della Protezione Civile, che indica che la persona è in attesa di permesso di soggiorno. Dopo quasi due anni ci sono almeno 50 famiglie ancora in attesa. Dopo il fotosegnalamento è stata stabilita la data per uscire dal campo. L’assessore Sveva Belvisio e il Prefetto mi hanno dato la parola che sarei rimasto quattro al massimo sei mesi al Camping River e poi, con la mia comunità, sarei entrato nelle case. Il 22 e 23 gennaio 2010 siamo entrati in questo campo. È passato un anno e mezzo e siamo ancora qui.
il rifuto del campo attrezzato e l’occupazione
Abbiamo deciso di fare una piccola rivoluzione, insieme ad alcune associazioni. Ci siamo riuniti per trovare una soluzione alternativa attraverso un’occupazione. Tramite Lorenzo, che era al corrente della nostra volontà di trovare un casa, ci siamo avvicinati ad altre realtà: Popica, ex Snia ed Osservatorio Antirazzista. Con loro abbiamo cominciato un percorso durato tre mesi. Insieme abbiamo girato la città e visitato tanti palazzi abbandonati e ne abbiamo scelto uno a Tor Cervara. Si trattava di una costruzione sequestrata dalla prefettura e per questo, dopo aver fatto i controlli, abbiamo deciso di entrare. Insieme siamo venuti a visitare il campo perché loro capissero per quale motivo volevamo uscire. Così abbiamo deciso di uscire il 22 gennaio alle 7 del mattino con le valigie, qualcuno con lenzuola coperte e qualche vestito per i bambini. Il Commissariato Prenestino è venuto. Ci conosceva tutti perché noi vivevamo nel VII Municipio. Ci hanno chiesto perché fossimo là e noi gli abbiamo parlato delle promesse fatte dal Comune sulle case che non abbiamo mai ricevuto. Sono arrivati vigili e giornalisti. Il nostro desiderio era rimanere lì. Il direttore Scozzafava ci ha proposto case per sei famiglie. Il prefetto ci ha dato la parola per discutere il lunedì successivo insieme alle associazioni sulla possibilità di trovare delle case. Io ho avuto fiducia in quel momento. Poi è arrivata una carica di polizia e le persone, in particolare quelle delle associazioni, si sono spaventate. Le donne non volevano uscire. Alla fine siamo ritornati qui. La proposta del lunedì a seguire, del prefetto, era di trasferirsi dal River al centro di accoglienza di Via Salaria 971, dove ci sono persone che vivono in
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condizioni simili a quelle della guerra. Hanno costruito nella palazzina delle grandi sale, coperte appese alle recinzioni formano box di 3x3 m che ospitano cinque persone. Io gli ho detto che avrei accettato di vivere lì solo se ci fosse stata la possibilità di realizzare dei muri, camere, bagni, cucine. Ma non era possibile. Siamo rimasti d’accordo col direttore Scozzafava ed il Prefetto che avrebbero dovuto individuare una soluzione alternativa anche fuori Roma dividendo le famiglie. L’unica risposta che abbiamo ricevuto è stata per Rieti. Il Comune avrebbe garantito per sei mesi, dopodiché ogni famiglia avrebbe dovuto provvedere da sè. Ma chi non ha trovato lavoro nel frattempo come fa a pagare 700 euro al mese? Un delegato dell’agricoltura del Comune, ci ha parlato dell’esistenza di dieci casali fuori Roma da ristrutturare che potrebbero ospitare le famiglie più meritevoli. Di questa possibilità non si è saputo più niente. Siamo andati avanti insieme con le associazioni per trovare altre soluzioni, perché nel frattempo continuavano gli sgomberi ed avevamo paura che entrasse ancora gente in questo campo. Pensavamo insieme quindi di occupare nuovamente un posto. Le persone della comunità, però, non si sentono più sicure, perché ci hanno già provato e sono dovute uscire e soprattutto sono state minacciate di perdere i permessi. A noi tutti è stato proposto di entrare al campo della “Barbuta”, vicino Ciampino, che sarà pronto a settembre, ma non abbiamo ancora accettato. Vogliamo creare un nuovo tavolo di trattative per parlare con loro, perché noi vogliamo solo case, non vivere con due o tre mila persone - quante sarebbero a La Barbuta - in strutture anche se in muratura, ma in un recinto. Il mio desiderio è entrare in una casa, ma vorrei poter portare con me altre famiglie, così si capisce che qualcosa si sta muovendo.
le prospettive future
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Daniza Saiti vive a Roma da venticinque anni con la sua famiglia, da sempre al Casilino 900. È stanca delle condizioni in cui vive oggi. Ha abitato in altre città Europee, ma i suoi filgi sono sempre voluti tornare in Italia. Daniza è riuscita a trovare una casa per sè e la famiglia di suo figlio a Rieti, dove si è trasferita nei giorni successivi all’intervista.
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Daniza in una foto tratta dall’intervista fatta all’esterno del container dove abita il figlio
Io sono in Italia da venticinque anni. In kosovo avevo una bella casa. Quando sono partita mia figlia aveva quattro anni, mio figlio otto mesi. Adesso ho quattro nipoti, due maschi e due femmine. Quando sono arrivata in Italia facevo l’elemosina, guadagnavo 300.000 lire a settimana. Con l’euro è diventato tutto più difficile. In venticinque anni non mi sono mai spostata da Casilino 900 mandavo i bambini a scuola ed ora parlano solo italiano. Restavo a casa a pulire oppure ogni tanto portavo i miei figli in giro per la città. Lì c’erano problemi d’igiene, è vero, ma si stava bene. Qui è terribile.
l’arrivo in Italia
Due anni fa siamo andati in Belgio. Mio marito è morto lì. Mia figlia ha i documenti del Belgio. I rom lì vivono in campi dove ci sono le case, non questi container di plastica dove fa freddo d’inverno e caldo d’estate. Due anni fa ho pagato 8000 euro per farmi portare con un furgone in Svezia da un nostro parente. Abbiamo impiegato tre giorni e tre notti. Era bellissimo avevo la casa vicino al mare, al terzo piano. Sono rimasta solo due mesi perché i miei figli volevano tornare in Italia. Quando erano piccoli li comandavo io, altrimenti sarebbero andati a rubare. Ora non posso andare via, altrimenti non prendo più l’asilo politico.
l’esperienza in Belgio e Svezia
Da qualche mese qui sono arrivati anche alcuni bosniaci. I romeni che vivono qui dicono che da quando siamo arrivati noi stanno meglio. Loro pagano 100 euro al mese, noi nulla perchè qui stiamo solo temporaneamente. Loro quando c’è da protestare per qualcosa non dicono nulla, perchè hanno paura di essere cacciati. E’ facile essere espulsi da questo campo. C’è una famiglia per esempio che vive in macchina all’esterno perchè è stata cacciata. I bambini devono essere dentro al campo entro mezzanotte. Questo non è un posto per loro, imparano brutte cose, non hanno uno spazio per giocare, un parco vicino. Stiamo come in un lager. Non c’è un negozio. Devi pagare 1 euro per andare fino a Prima Porta. L’acqua non è potabile. Si è bruciato il boiler del container dove abita mio figlio ed ora per lavare i bambini deve scaldare l’acqua. Si è rotto il tetto dopo poco tempo che è entrato nel suo container ed ha dovuto mettere un telo per non far entrare l’acqua. Abbiamo comprato una bombola del gas dai servizi all’entrata che la vendono per 27 euro, ma era mezza vuota. Il Comune paga 600 euro al mese per famiglia al proprietario del Camping. Questi soldi potrebbe darli a noi per affittare una casa.
la vita al River
Un amico di mio figlio ci ha aiutati a prendere una casa a Rieti. Tra un paio di giorni vado via con lui e la sua famiglia. Mi dispiace per mia figlia che ha due bambine e non c’è posto per lei lì. Io ho deciso di mantenere il container qui. Faccio richiesta per andare in vacanza un mese, torno per stare con mia figlia qualche giorno e poi riparto. Mantengo fisso qui il container ed intanto faccio domanda perchè mia figlia abbia una casa. Un pò alla volta ci spostiamo. La casa a Rieti è bellissima. Sono preoccupata per mia figlia.
il futuro: una casa a Rieti
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All’esterno della sua roulotte ci sta aspettando Bajrami Kadri, conosciuto da tutti come “Juti” il pugile. Ci racconta dei suoi anni di gloria nel pugilato in giro per il mondo e poi della fine di tutto con la guerra. Juti ha sempre vissuto al Casilino e rimpiange la sua casa lì. Sogna un futuro sereno per i suoi nipoti in una casa in un contesto con famiglie italiane perchè crede che sia un importante fattore di crescita.
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Bajrami, noto come Juti, in una foto tratta dall’intervista fatta all’esterno del suo container
Sono nato a Pristina in Kosovo nel 1964. Avevo una bellissima casa con quattro stanze e due bagni. L’avevo costruita io quando è morto mio padre. Mia moglie lavorava a Telcom Italia. Ho fatto pugilato per tanti anni, sono stato in America ed ho girato tanto in Europa. Sono stato due volte vice-campione balcanico e junior alle olimpiadi. L’ultimo incontro è stato a Brescia, contro un ragazzo italiano. Ho perso. Avevo trentacinque anni. Adesso ne ho quarantotto e faccio la mia vita. A Pristina vivevano cinque etnie rom che parlano lingue diverse. Io infatti parlo tante lingue, serbo, bosniaco, albanese. C’è stata la guerra da noi - 1999 -, i bombardamenti albanesi. Sono scappati due milioni e mezzo di persone. Io ho preso i miei tre bambini e mia moglie e siamo scappati con un ragazzo che aveva un grande furgone. Insieme ad altre sette o otto famiglie siamo arrivati fino alla Serbia. Mille domande. I bambini sporchi e noi senza soldi. Alcuni Rom sono rimasti in Serbia, altri sono andati in Francia, in Germania. In Serbia non avevamo niente, ma poco alla volta siamo arrivati qua ed abbiamo ottenuto i documenti. Avevo una piccola roulotte per quattro persone. Appena siamo arrivati in Italia nessuno ci ha aiutato. Siamo arrivati prima a Verona, dove ho lasciato i miei due figli più piccoli da alcuni paesani, poi sono arrivato al Casilino dove ho costruito la mia baracchina e i miei figli mi hanno raggiunto più avanti.
il pugilato in Kosovo e la guerra
Il Casilino era sporco all’esterno, ma le case erano pulite. Io avevo due camere, un salotto grande ed un bagno. Mia moglie lavorava da alcune signore ed io andavo ad imbiancare le case. Oggi ricevo la pensione dal Kosovo, ma sono pochi soldi. I miei figli si sono sposati ed hanno avuto dei bambini. Ho sette nipoti e tra poco nasce un altro. Vivono tutti qua al River. Quando hanno chiuso il Casilino il prefetto Pecoraro ha promesso a noi kossovari che in quattro mesi saremmo andati a vivere nelle case. Stiamo ancora aspettando. Per me è importante che i nostri bambini ed il nostro popolo abbia più cultura cresca meglio. La cultura è la cosa più importante che esista e per averla è importante vivere in maniera decente, in una vera casa. Io credo che a Milano, Verona, Brescia, i campi non esistano più.
la vita al Casilino 900
Io vorrei tornare nel mio paese se riesco a sistemare i documenti. I miei figli ormai però, hanno la cultura italiana. Mio figlio che lavora qua in Italia da quattro anni, accompagna i bambini a scuola col pulmino, ha due figli, sta bene. E’ arrivato da otto anni. Ha ventun anni, ha una cultura italiana. Parla romano. Noi non paghiamo niente per vivere qui al River. Il container è 10 x 3m, troppo piccolo. I bambini non hanno spazio per giocare, neanche un parco vicino. Ci hanno detto che stiamo quattro mesi. Ormai è più di un anno. Le persone vogliono andare nelle case. Io non riesco con la mia famiglia ad andare in una casa, perché soltanto mio figlio lavora. Ci sono tanti bambini e fa troppo caldo per loro qui dentro. Prima c’era la moschea. Ora l’hanno chiusa e dobbiamo andare a Roma, i bambini invece pregano nel campo.
la vita al River
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Incontriamo Jonut, diciassette anni, romeno. Ha sempre vissuto al Camping River. Insieme percorriamo il viale che dalla Tiberina porta al campo. Si trova bene al River e non immagina altra forma di abitare, perchè per lui essere rom comporta abitare insieme alla sua famiglia ed il campo è l’unica forma possibile che lui conosca per vivere in questo modo.
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Jonut in una foto tratta dall’intervista fatta all’esterno dell’ingresso al Camping River
Ho diciassette anni e vengo dalla Romania. Sono in italia da quasi sei anni. Ho appena finito il primo anno all’istituto meccanico. Me la cavo bene, sono un bravo studente. In Italia si sta bene si vive liberi.
la Romania
In Romania abitavo in campagna, c’è molta agricoltura poche industrie. Lì non si vive molto bene, per quello dobbiamo emigrare. Domani parto e vado lì un paio di mesi e poi torno qui per continuare gli studi. Ogni anno quando finisce la scuola vado là e sto fino a settembre. Quando sono arrivato in Italia sono venuto subito a stare al River. Vivo in un container che ha due camere, un salotto, una doccia ed un bagno. La corrente c’è tutto il giorno. Siamo in sette. I miei genitori dormono con mio fratello minore in una camera, le mie due sorelle con un altro fratello dormono in un’altra camera ed io in salotto. Il campo, prima che arrivasse la comunità dal Casilino 900 non era male, ma da quando ci sono loro le cose sono migliorate. Ci hanno dato più servizi. Prima mancava spesso la corrente. Per vivere qua paghiamo 100 euro al mese incluse le utenze. Io da quando sono arrivato in Italia sono sempre stato qui, sto bene.
La vita al River e i progressi all’arrivo degli slavi
Noi rom romeni non potremmo abitare in uno spazio da soli. Stiamo bene solo quando stiamo tutti insieme. Quindi anche quando un giorno mi sposerò devo stare in un posto dove c’è tutta la mia famiglia, altirimenti non mi trovo bene. Non è perché non abbiamo i soldi che rimaniamo qui, è perchè abbiamo bisogno di tanto spazio per vivere vicini alle nostre famiglie.
la necessità di abitare vicino la propria famiglia
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// 2.3
L’occupazione di Tor Cervara e l’assemblea per il diritto alla casa
La comunità kossovara denuncia le condizioni abitative in cui è costretta a vivere al Camping River e si rivolge ad alcuni soggetti di fiducia ed esperti che possano aiutarla a trovare una soluzione abitativa alternativa. Il gruppo, costituito da Arci, CSOA Ex-Snia, Osservatorio Antirazzista, Popica Onlus e Stalker attraverso le esperienze in settori diversi, supporta la comunità kossovara nella lotta per il diritto alla casa. 2011. 29.01 occupazione Tor Cervara
La prima azione è organizzata il 29 gennaio quando le trentadue famiglie di rom kossovari e macedoni abbandonano i container ed occupano uno stabile in disuso da anni in via Costi a Tor Cervara, nel VII Municipio (lo stesso territorio dell’ex-Casilino 900). Oltre ai rom, in maggioranza minori, sono presenti le associazioni che si erano unite qualche mese prima per la battaglia della comunità, ed alcuni esponenti politici. L’occupazione non ha però la forza di continuare ed è fortemente denunciata dall’amministrazione come atto illegale(35). Dopo otto ore di trattative con le forze dell’ordine e la mediazione di alcuni esponenti politici i rom abbandonano l’edificio. L’azione è un forte segnale di contrasto alle politiche dei campi. L’uscita da un villaggio attrezzato sancisce il rifiuto del modello “campo” da parte di chi vi abita, come dichiarano gli striscioni che espongono alle finestre dell’edificio. E’ un segnale di disapprovazione del Piano Nomadi, ma soprattutto di insofferenza verso una situazione, quella del trasferimento al campo attrezzato, che sarebbe dovuta essere temporanea in prospettiva di una casa, come d’accordo preso. In un comunicato stampa emesso il giorno dell’occupazione i rom kossovari e macedoni descrivono le condizioni di vita al Camping River e dichiarano che, a distanza di un anno dalla chiusura del Casilino 900, le promesse sottoscritte dall’amministrazione comunale sono state disattese. Insieme alle realtà unitesi prima dell’occupazione e che l’hanno sostenuta, la comunità kossovara partecipa ad una serie di incontri a cadenza settimanale in cui si cerca di individuare una
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COMUNICATO STAMPA Siamo l’intera comunità dei rom kossovari e macedoni dell’ex Casilino 900 trasferita da un anno al centro di accoglienza “Village River”. Oggi abbiamo occupato l’edificio incompiuto e abbandonato da lungo tempo in via Raffaele Costi. Avevamo accettato il trasferimento da Casilino 900 davanti all’impegno preso dal sindaco Alemanno, dall’assessore Belviso e dal prefetto Pecoraro di assegnarci delle case sul territorio regionale in campo a quattro sei mesi al massimo. L’impegno è stato disatteso, tutte le nostre richieste, in meritro non hanno trovato mai nemmeno una risposta, ci sentiamo umiliati e presi in giro. Non potevamo più vivere in un campo senza acqua potabile, videosorvegliati, ammucchiati, fino a 7 persone in containers di 14/21 mq, a due passi dal Tevere con il perenne rischio di esondazione, lontani 30 km dalle scuole, dai posti di lavoro, senza mezzi pubblici, in condizioni disumane. Siamo profughi di guerra, nel Paese da cui siamo fuggiti abitavamo, da sempre, in case e in case vogliamo tornare. Al di là di ogni pregiudizio razziale è un nostro inalienabile diritto. Non siamo più disposti a tornare nei campi, nè in baracche nè in containers. Nell’ultimo anno abbiamo costituto un costo insostenibile per l’intera comunità cittadina, ricevendone solo disagio, mentre in tanti si sono arricchiti alle nostre spalle. Rinunciamo a qualsiasi forma di pietà e di assistenzialismo per riappropriarci del nostro destino e della nostra dignità. Quando ricordate la nostra memoria non dimenticate che nei campi i rom ci vivono ancora, noi oggi abbiamo scelto di non tornarci più. I rom kossovari e macedoni dell’ex Casilino 900 Roma, 29 gennaio 2011
Foto degli occupanti a Tor Cervara _ Stalker | ON
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l’assemblea sulla vertenza rom
soluzione alternativa al campo attrezzato in cui sono costretti a vivere. Si costituisce un’assemblea a cui partecipano inzialmente i rom del River, il neo-comitato degli abitanti dell’ex Casilino 900 e quei soggetti che avevano sostenuto l’occupazione, nello specifico Arci, Popica Onlus, Osservatorio Antirazzista, Snia, Stalker. Agli incontri i rom aggiornano di volta in volta l’assemblea sulle condizioni abitative nelle strutture in cui sono stati trasferiti. Dall’altro lato i gagè cercano di analizzare la situazione, fanno il punto dell’avanzamento del Piano Nomadi e insieme tutti riflettono sulle alternative e sulle azioni necessarie a dare un segnale all’amministrazione per migliorare la situazione e porre fine alla politica dei campi. Non mancano momenti di difficoltà al confronto all’interno del gruppo rom. Il Comitato ex Casilino 900 abbandona la partecipazione agli incontri, dopo i primi tre mesi. Ad ogni assemblea tenuta i soggetti che partecipano portano sul tavolo le informazioni ottenute e le possibili soluzioni per il raggiungimento della soluzione - casa. Si propone di tornare seppure simbolicamente a rioccupare il Casilino 900, luogo a loro caro e realtà più vicina alla loro idea di casa, perchè in quell’insediamento ci sono persone che sono nate e cresciute. Nei mesi trascorsi tra confronti e momenti di attivismo, l’assemblea si arricchisce di nuovi soggetti che sostengono la causa degli abitanti del River in quanto causa di tutti i rom e più in generale di chi lotta per il diritto alla casa. Nel frattempo a Roma l’attuazione del Piano Nomadi va avanti e continuano gli sgomberi degli insediamenti abusivi. Molte persone decidono di abbandonare l’Italia, altre sono trasferite nei campi attrezzati di cui alcuni ormai saturi, altre ancora sono sparse nella città in micro-insediamenti che nel frattempo sono nati(36).
2011.23-24-25.04 le tre giornate di san paolo
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La vicenda dello sgombero di due insediamenti abusivi richiama l’attenzione di una larga parte della cittadinanza e dei media, che solidarizzano con la comunità rom trovatasi a vagare per la città. Accade nella settimana antecedente la Pasqua. Il Comune propone ai Rom di separare i nuclei familiari per trasferire donne e bambini al CAR e gli uomini altrove. Le famiglie non vogliono dividersi e non trovano una sistemazione alternativa. Alcune associazioni intervengono e, con l’aiuto della comunità di Sant’Egidio, trovano accoglienza nella basilica di San Paolo per i tre giorni del finesettimana pasquale, per l’occasione denominate “le tre giornate di San Paolo”(37). Questa vicenda segnala un’ulteriore denuncia del Piano Nomadi da parte di alcuni cittadini romani e dei rom. L’assemblea solidarizza e partecipa alla vicenda. La causa dei rom del River dimostra di essere la causa di molte altre comu-
21 Marzo ore 18.30 (Pigneto) Popica > Mastrantonio (VII Municipio) non ha intenzione di riprendere la questione (Gianluca) Tor Cervara comitato ex Casilino 900 > Alle persone cacciate dal Casilino 900 è stata tolta (Giuseppe) la residenza. Non è legale. Stalker (Lorenzo)
> Per l’emergenza rom si può agire in deroga alle leggi. Quindi anche se il Piano Regionale prevede che non si possa costruire vicino al fiume, per l’emergenza si può. L’acqua del campo è stata analizzata. Non è potabile.
comitato ex Casilino 900 > Ritorniamo al Casilino 900 finchè non abbiamo una (Nenad) casa. comitato ex Casilino 900 > Sono state cacciate 20 persone dal Salone, dove (Giuseppe) sto io. Maroni vuole creare un permesso di soggiorno umanitario valido un anno per chi ha commesso reati gravi. Dopo hai l’espulsione. Bisogna provare ad occupare cascine o caserme abbandonate, non tornare al Casilino 900, altri menti la gente del quartiere pensa che vogliamo le baracche e non le case. Oss. Antirazzista > Possiamo pensare di occpuare una chiesa. Lì non possono (Luciano) essere cacciati subito. Così trattiamo per le case. Stalker > La rioccupazione del Casilino 900 significherebbe una (Lorenzo) rivendicazione storica. Mette in luce che tutti coloro che hanno abitato là hanno avuto le case, eccetto i rom.
9 Maggio ore 18.30 (Pigneto) Oggi sono avvenuti quattro sgomberi in zona Magliana. Sono state demolite tutte le baracche di “chi non va a scuola”. Quelle delle famiglie con bambini in età scolare sono state contrassegnate con un “NO”, ad indicare che non possono essere demolite. Oss. Antirazzista > Bisogna agire sulla sfera dei diritti. Il Piano Nomadi è illegale. (Luciano) Marco > E’ necessario verificare come vive la comunità che dopo San Paolo è stata trasferita a Tor Fiscale. Rom River > Abbiamo trovato un posto adatto a vivere. Ha molte palazzine. (Bajram) Stalker > Dobbiamo agiro su due piani. Uno giuridico per contrastare il Piano (Lorenzo) Nomadi, l’altro specifico a risolvere la situazione della comunità del River. Arci > Per un’occupazione è necessario che i rom siano tanti. Quella di (Claudio) San Paolo per esempio ha fatto la differenza. Bisogna favorire inoltre un’occupazione mista, come è avvenuto al Metropoliz. Non si può ricadere nella specificità rom. Il problema casa è generale.
Stralci degli incontri dell’assemblea
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01/02 SGOMBERO 2010 CASILINO 900 10 2010
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comitato ex Casilino 900 & comunitĂ River (kossovari e macedoni)
Stalker Osservatorio Antirazzista
CSOA ex Snia
&
Popica Onlus
&
&
04 2011
TRE GIORNATE DI SAN PAOLO
VERTENZA ROM
altre associazioni e soggetti
(tra cui Arpjetto, BPM, A buon Diritto)
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nità rom nella città. La vicenda delle “tre giornate di San Paolo” è l’occasione per l’assemblea per condividere la causa con altri soggetti con l’obiettivo di contrastare gli sgomberi e più in generale il Piano Nomadi, che, secondo gli stessi, avrebbe acuito l’emergenza(38). la struttura dell’assemblea
La rete costituitasi necessita di una struttura in grado di portare avanti concretamente gli obiettivi che si è prefissata. Nello specifico l’assemblea si da due piani di intervento: uno generale - strategico di azione sul piano dei diritti umani violati dagli sgomberi, per il quale si è deciso di procedere attraverso denunce e diffusione delle informazioni con l’obiettivo ultimo di chiedere l’abolizione del “Piano Nomadi” e l’uscita dalla logica di “emergenza”; l’altro specifico - progettuale rivolto ad individuare una soluzione abitativa per i rom del River, attraverso l’occupazione (come la precedente a Tor Cervara ma cercando di costruire intorno maggior consenso) e l’ autorecupero di uno dei numerosi stabili dismessi presenti all’interno della cerchia del raccordo anulare. Questa scelta di localizzazione dell’insediamento sta a significare la volontà di contrastare la strategia del Piano Nomadi che delocalizza tutti i campi attrezzati e quindi i rom all’esterno del raccordo anulare, in contesti di fatto marginali che rendono difficile un’integrazione. Esperti di diritto si occupano degli aspetti giuridici ed esperti del territorio seguono la vicenda dei rom del River che nel frattempo denunciano il peggioramento delle condizioni al campo, e sentono l’urgenza di doverne uscire.
il tavolo tecnico per la comunità del River
Nell’ambito di quest’ultimo gruppo, si lavora sull’azione di occupazione degli abitanti del River. Tale azione richiede: a) una fase di analisi del territorio che permetta di individuare l’edificio (o complesso edilizio) adatto ad un’occupazione; b) una fase progettuale, di recupero dello/gli stabile/i. a) La scelta di un contesto da occupare è una fase delicata in cui bisogna considerare diversi aspetti: la situazione politico - amministrativa della zona (del Municipio nel caso specifico romano) che può facilmente contrastare l’occupazione e causare uno sgombero immediato; le tempistiche legate per esempio agli accadimenti sociali e politici in atto, o ad esigenze stringenti; gli aspetti culturali che condizionano la scelta della tipologia edilizia, oltre che le dimensioni dell’insediamento; infine lo stato di fatto e quindi le condizioni strutturali dell’immobile da recuperare. La principale difficoltà da affrontare in questo caso è legata all’urgenza di un intervento di occupazione, o comunque di uscita dal Camping River le cui condizioni non sono più sostenibili: spazi minimi, assenza continua di acqua durante la giornata aggravato dall’aumento del numero di abitanti nell’ultimo periodo. Un fattore culturale che incide sulla scelta è che il gruppo è
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restio alla separazione. Le trentadue famiglie vorrebbero vivere insieme e ciò restringe il campo delle scelte possibili a strutture che possano ospitarli tutti. Oggi a causa degli sfratti e sgomberi continui, l’ipotesi dell’occupazione è ferma, perchè troppo rischiosa. L’assemblea sulla vertenza rom continua denunciando il Piano Nomadi e la sua attuazione che sta costringendo molte comunità a vivere per strada(39).
Un incontro dell’assemblea in un insediamento rom a rischio sgombero
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PIANO GENERALE GIURIDICO
contrasto Piano Nomadi illegale
PIANO SPECIFICO TECNICO
soluzione casa Comunità River (occupazione ed auto-recupero)
TAVOLO GIURIDICO esperti di diritto
STRUTTURA ASSEMBLEA
TAVOLO TECNICO esperti territorio
// FASE 1 analisi del territorio per individuare edificio adatto
CRITICITĂ€ amministrazione; tempistiche; aspetti culturali; struttura;
// FASE 2 progetto di autorecupero dello/gli stabile/i
competenze; organizzazione lavoro; vita comunitaria;
// CASO RIVER > Municipio vs rom; > urgenza uscita River; > vita comunitaria: struttura unica per 32 famiglie;
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Schizzi di Bajram di alcune strutture che potrebbero essere occupate ed autorecuperate
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NOTE
//2.1 34. Le informazioni sul Camping River fanno riferimento ad un report realizzato al campo sul finire del 2010 da Stalker in collaborazione con Popica Onlus, associazione che opera nel settore delle problematiche dell’infanzia con particolare attenzione alle popolazionI provenienti dai paesi Balcanici. 35. Il numero di abitanti del River discorda con quello indicato nella scheda nel precedente capitolo. In generale il numero dei rom che abita un insediamento è soggetto a variare molto sia a causa delle frequenti espulsioni dalla struttura, sia perchè è difficile avere dati ufficiali. //2.2 36. “Nomadi dell’ex Casilino 900 occupano per alcune ore palazzo a Tor Cervara”, Il Messaggero, sezione Roma, 29/01/2011. 37. Lisi Nino, “Le tre giornate di San Paolo”, U Velto, http://sucardrom.blogspot. com/2011/04/roma-le-tre-giornate-di-san-paolo.html, Roma, 28/04/2011. 38. Baraggino Franz, “Emergenza rom? Il Comune di Roma ha già buttato 34 milioni”, Il FattoQuotidiano, http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/02/09/emergenza-rom-il-comune-di-roma-ha-gia-buttato-34-milioni/91060/, 9/02/2011. 39. Comunicato vertenza rom.
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Pratiche ed esperienze alternative
L’occupazione di uno stabile da parte dei Rom di via di Centocelle (Stalker | ON)
// 3.1
La lotta per la casa a Roma: intervista a BPM
In questi anni i movimenti di lotta per la casa stanno facendo un salto di qualità. Dalla specifica battaglia sulla casa sono diventati movimenti che ragionano di più sull’abitare. Stanno provando a misurarsi con la crisi. Hanno capito che la questione della casa è una parte importante della precarietà. Chi affitta una casa mette quasi l’intero salario nell’alloggio. Chi ha un lavoro precario non riesce ad affittarne una. Chi inizia un percorso di accesso al mercato del lavoro, cercando di uscire dalla casa familiare, è in una situazione ancora peggiore. Abbiamo cominciato così a ragionare su questi temi a partire dalle persone che hanno già inziato un percorso attraverso le occupazioni. Abbiamo organizzato in primo luogo le liste delle persone disposte ad occupare ed avviato occupazioni di alloggi e palazzi dismessi. l’evoluzione dei movimenti di lotta
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C’era stato un periodo (anni ‘90) nella storia dei movimenti di lotta per la casa a Roma, in cui si occupavano principalmente scuole, svuotate per effetto del calo delle natalità. A partire dal 2000, i movimenti hanno cominciato a confrontarsi con la questione abitativa. Si è tornati ad occupare stabili privati, dove sono sorte comunità con cui si è aperto una ragionamento. In primo luogo non arrivavano le case popolari, a differenza delle lotte degli anni precedenti, che alla fine portavano agli alloggi di edilizia popolare. Un’esperienza come quella dell’ass.Inquili Assegnatari, nasce da quel tipo di percorso. Un movimento molto forte nelle occupazioni delle case che segue gli inquilini fin dentro gli alloggi popolari, che oggi è il sindacato maggiormente rappresentativo dell’inquilinato. Questo tipo di percorso si è interrotto da quando gli alloggi popolari non sono più stati costruiti, sia a livello nazionale che locale. Le assegnazioni si sono fermate e le persone che avevano occupato degli spazi vi sono rimaste. Alcuni posti sono stati sgomberati ed alcune persone sono andate a vivere nei residence. Quella dei residence è una spesa consistente per il Comune, si parla di 2000 euro al mese per nucleo familiare assistito (una cifra che consentirebbe l’affitto di un appartamento per una famiglia). Una larga parte è rimasta invece nelle occupazioni, in un meccanismo di sanatoria che ha bloccato la fase repressiva e cioè il rischio di sgomberi. Vi è un accordo con l’amministrazione comunale secondo cui chi vive in un’occupazione, non essendo disponibili alloggi popolari, non è soggetto ad uno sgombero. In questa situazi-
one di stand-by si sono verificate due cose: da un lato i movimenti di lotta per la casa hanno assegnato più alloggi dell’amministrazione, dall’altro gli stessi si sono dovuti interrogare sulla qualità dei posti occupati e quindi sul recupero. Questa è la nuova frontiera. Oggi esistono situazioni in cui vi è una larga presenza di migranti dentro le occupazioni ciò ha modificato fortemente il volto della lotta per la casa, che fino agli anni’80 era rappresentato soprattutto da senza casa romani, sfrattati o migranti meridionali. Oggi questa situazione è cambiata. Un esempio è l’esperienza fatta sulla via Prenestina, in cui nuclei rom hanno occupato, e sono stati di fatto inclusi nella “delibera 124”, che ha sanato le ultime occupazioni fino al 2011. Questo cambiamento di figure all’interno delle occupazioni ha prodotto comunità che si sono interrogate sulla convivenza, sulla multiculturalità. È accaduto che molti migranti si sono trovati a difendere dallo sfratto italiani, che fino ad allora pensavano che gli immigarti fossero coloro che sottraggono casa e lavoro agli stessi italiani. I movimenti hanno così cominciato ad occuparsi anche di altri aspetti, come quello della cementificazione per esempio. Ritengono che non bisogna usare altro cemento e consumare altro suolo, ma bisogna utilizzare ciò che esiste, appartamenti vuoti, una cifra che varia tra centocinquantamila duecentosettantamila stanze. Esistono piani che stanno per essere messi in movimento che porteranno altro cemento privato in questa città. Il salto di qualità sta nel discutere all’interno delle occupazioni con le comunità che hanno un forte problema della casa ed accettano di discutere del recupero urbano, più che dell’alloggio popolare, talvolta asseganto fuori dal GRA. Inoltre il meccanismo di unione dei movimenti, sebbene ci siano diverse modalità di rappresentanza, è stato utile per varie vertenze, Esiste quindi oggi un modo per affrontare la rendita in maniera unitaria.
occupazioni multiculturali
I movimenti consolidati a Roma sono tre: il più antico è il Coordinamento cittadino di lotta per la casa, che nasce negli anni ‘70 insieme alla lista di lotta che poi diventa l’USB. Con il 2000 Action entra in gioco e apre una partita interessante rispetto alla proprietà privata. I BPM, nascono nel tentativo di prendere gli appartamenti, provando a rompere il fatto che le occupazioni debbano essere eseguite solo in stabili vuoti, andando invece a confliggere con la rendita. Oggi i movimenti insieme puntano alla dignità dell’abitare, scegliendo gli immobili, valutando lo spazio disponibile, e se è possibile trasformandolo. Noi stiamo puntando molto sullo spazio in via Prenestina, un’ex fabbrica, così come il Coordinamento sta facendo nello spazio INPDAP occupato a La Rustica. L’idea è che si resti lì, si trasformi la città, provando a raccontare che è possibile farlo iniseme a marocchini, rom, peruviani. Si costruiscono spazi a misura d’uomo all’interno della città consolidata, recuperando un’area che così non rischia di diventare oggetto di speculazione, ma un luogo dove si può fare cultura, sport, oltre che casa. Esistono diversi luoghi a Roma di questo tipo, per esempio il Settore Direzionale Orientale che potrebbe essere utilizzato. L’amministrazione sta cominciando a raggionarci, ma sostiene che non essendoci fondi bisogna coinvolgere i privati, il che significa altra
i principali movimenti a Roma
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cubatura, o trasformazioni d’uso qualora non sia concessa quella abitativa, o agevolazioni di diverso tipo ai privati. il recupero degli spazi occupati
Il discorso è che se non arrivano le case bisogna rimanere nelle occupazioni e sarà necessario trasformare gli spazi. Il meccanismo del recupero fino a ieri era legato ad esperienze piccole, dieci o quindici nuclei, che in spazi molto piccoli, utilizzando la legge regionale per l’autorecupero, sono riusciti a farsi finanziare attraverso la costituzione di cooperative. Il meccanismo che dovrebbe mettersi in moto oggi è più complicato perchè attinge a spazi più grandi e coinvolge persone che hanno lottato per il diritto alla casa popolare, diritto sancito attraverso la delibera. Ma queste persone hanno compreso che l’alloggio popolare è lontano. Chi ha iniziato ad occupare spazi non abitativi ha dovuto cominciare quindi a ragionare su un discorso di recupero. Perchè dalla fase in cui ha cercato di conquistarsi il diritto alla casa, ha dovuto cominciare a chiedersi se aveva voglia di rimanere in quel tipo di spazio e quindi come trasformarlo. Discorso diverso è chi per esempio ha occupato la fabbrica in via Prenestina, dove inevitabilmente si è dovuto affrontare da subito un discorso di recupero, perchè lo spazio non era adatto a vivere così come era. Questa esperienza ha funzionato, sono passati quasi tre anni. Ognuno si è costruito lo spazio a propria misura. Si è innescato un meccanismo comunitario molto forte, laddove non vi era la possibilità di mettere soldi è intervenuta la comunità. Un’ulteriore fattore che induce al recupero è che possa essere fatto in maniera eco-compatibile. Ci si pone il problema dell’energia, che spesso nelle occupazioni non è rifornita legalmente. Il recupero in questo tipo di spazi è un tema affrontato sin dall’inizio. Si tratta di una frontiera interessante e certamente più economica, perchè chi occupa oggi ha recuperato valore al proprio reddito. Si crea spesso una conflittualità all’inizio tra chi in alcuni stabili paga un affitto ed accusa chi invece ha occupato. Queste problematiche si superano però col tempo, nelle lotte comuni.
come avviene l’occupazione
Esistono sportelli che affrontano la questione del diritto alla casa, a cui ci si rivolge per esempio anche per tutela da sfratti, mutui insoluti. A questi sportelli arrivano sia tramite propaganda, sia per passaparola. Si cerca di capire la problematica della persona richiedente. Si compila una scheda che permette di capire le problematiche in termini abitativi, economici o per esempio rispetto ai documenti nel caso degli immigrati. Individuato il problema si cerca di spiegare qual è il nostro obiettivo, ovvero mettere in moto il piano casa di seimila alloggi popolari dell’amministrazione, che non è mai decollato, e per questo partecipare alle manifestazioni che spingano verso questo piano. Chi vive in una sitauzione molto delicata viene assistito all’interno di occupazioni già avviate, si decide tramite assemblee o si chiede agli altri movimenti. Le occupazioni si decidono sulla base di un progetto a volte sono per portare avanti una protesta, (quella di questi giorni all’ex rimessa San Paolo), a volte per rimanere.
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Il bando per le case popolari andrebbe rinnovato ogni anno. Ma attualmente è fermo con trentamila domande inevase, con quasi duemila persone con dieci punti e sfratto eseguito in attesa di una casa, che di fatto sono in strada o in occupazioni. Il numero di case assegnate negli ultimi tre anni si aggira intorno alle trecentocinquanta unità. Si sta parlando nel bilancio appena approvato di un finanziamento di 140 milioni di euro ottenuto dalla vendita delle case popolari (virtuale). C’è poi la frontiera dell’housing sociale che non è ben definita. Stanno sparendo le case popolari come le conoscevamo. Così dobbiamo lottare per questo e per recuperare i posti dove stiamo. Quindi sono aumentate le responsabilità per noi, ma ci confrontiamo più direttamente con l’amministrazione. La saldatura col mondo dei giovani, del precariato, non è ancora maturata. A questo aggiungiamo persone che stanno per essere sfrattate (a Roma esistono quasi trentamila alloggi in dismissione) a cui il Comune e la Regione nn sono in grado di dare una soluzione, e che si sono rivolti a noi. Quindi dall’immigrato all’anziano, si è creato uno scenario di soggetti molto diversi che lottano insieme.
il rapporto col Comune
Noi ci siamo avvicinati al percorso dei rom non accettando la vertenza rom. Devono entrare in un percorso comune a tutta la città per il diritto alla casa. Chiudere la questione in una vertenza specifica rischia di limitare il tentativo di rottura del meccanismo di coptazione dei rom messo in campo dall’amministarzione comunale per vincolare la comunità alla gestione della vicenda rom, identico al meccanismo dei residence legato all’emergenza abitativa classica. L’autodeterminazione dei rom come di altre comunità rompe questo tipo di meccanismo. I rom sono il soggetto che o sarà in grado di entrare come tutti gli altri in una lotta collettiva oppure consentirà una coalizione di tutti contro i rom.
la lotta dei rom
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// 3.2 l’occupazione dell’ex salumificio Fiorucci
La città meticcia: Metropoliz Roma
La via Prenestina percorre Roma dal centro all’estrema periferia. Al numero 913 un tempo c’era il salumificio Fiorucci. L’edificio è rimasto disabitato per più di vent’anni sino a quando è stato occupato, nel marzo del 2009, dai Blocchi Precari Metropolitani (BPM), uno dei movimenti di lotta per la casa a Roma. Per l’ex salumificio gli architetti Rossella Marchini e Antonello Sotgia - noti nomi della controurbanistica romana - avevano proposto duecento alloggi in linea con una delibera del 2007 del Comune che consente di recuperare gli edifici industriali a condizione di destinare una quota all’emergenza abitativa.
l’arrivo dei rom del Casilino 700
la prima occupazione
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Lo spazio si presenta come una città meticcia abitata da circa cento persone tra marocchini, eritrei, ucraini, peruviani, dominicani, tunisini, polacchi e italiani ognuno nel proprio quartiere abita case autocostruite. A questi si sono aggiunti circa novanta rom romeni, il 60% minori, provenienti dall’ex Casilino 700, in via di Centocelle, sgomberati nel novembre 2009. Vivono in un capannone a lato del salumificio, adibito un tempo alla produzione di motori per l’aviazione. Sotto quel capannone i rom hanno costruito da soli case in muratura negli spazi assegnati e decisi in base alla dimensione del nucleo familiare. La spesa registrata per ogni unità abitativa è di circa 400 euro. Popica Onlus che insieme a BPM ha accompagnato i rom all’occupazione, racconta che con la comunità di Centocelle c’era stato negli anni un lavoro diverso da quello di tante associazioni che lavorano con questa realtà. “S’insegnava ai genitori a portare i bambini a scuola, ma erano loro a farlo” racconta Maria Di Maggio della Onlus. La comunità non si appoggiava sul terzo settore, e continua ad essere indipendente. Resisi conto della necessità di iniziare un percorso abitativo si sono rivolti a BPM, in quanto movimento di lotta per la casa. Sono state fatte riunioni e la comunità ha partecipato alle manifestazioni di lotta per i diritti abitativi insieme ai movimenti. La prima occupazione è avvenuta all’ex fabbrica Haineken, in via Gordiani, vicino all’insediamento
di via di Centocelle. Lo sgombero è stato immediato, ma ha prodotto l’arrivo dell’allaccio idrico nell’insediamento. A seguito del secondo tentativo fallito di occupazione dello stesso stabile, si è pensato di introdurre la comunità al Metropoliz, occupazione già avviata. L’arrivo delle comunità rom non è stato subito accolto positivamente dalle persone presenti, ma col tempo si è instaurata una pacifica convivenza. Il Metropoliz è ancora una fabbrica nel senso che esistono vari materiali che sono recuperati e recuperabili per continuare la ristrutturazione. Le decisioni del progetto e tutte quelle che riguardano la vita comunitaria vengono riprese tramite assemblee. Gli abitanti sono tenuti a rispettare un regolamento che è stato stabilito dalla comunità. I rom hanno i loro spazi per la raccolta del metallo e stanno spostandosi poco alla volta in spazi più grandi. Il supporto alla scolarizzazione da parte di Popica Onlus continua, nell’ottica che la comunità raggiunga la totale autosufficienza.
fabbrica Metropoliz
Altre realtà sono presenti e diversamente attive al Metropoliz oltre a Popica ed i BPM, il comitato dei genitori della scuola Iqbal Masih e Stalker che con la Facoltà di Architettura di Roma Tre collabora negli aspetti autocostruzione ed al Metropoliz ha organizzato con gli studenti un master sull’autorecupero. Si fanno corsi di italiano per gli adulti ed è sede di eventi. Non esistono fondi o finanziamenti esterni per il progetto, totalmente autofinanziato dagli abitanti.
collaborazioni al Metropoliz
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“Siamo circa sessanta famiglie, e certo lo spazio non manca, pero bisogna sempre lottare per mantenere quello che si guadagna, devi manifestare per fare sentire i tuoi problemi. Le occupazioni, entrare e prendere i posti vuoti ormai è un tema di sopravvivenza, ma dopo bisogna adibirli ad alloggi, avete visto cosa è questa fabbrica.” Intervista a G., in El Pidgin Makam, blog del workshop di architettura organizzato dalla facoltà di Architettura Roma Tre
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Una foto del Metropoliz dal fondo (El Pidgin Makam)
“Metropoliz ha prodotto un mix straordinario, ha attratto intelligenze dalle università, ha incuriosito la politica. Ha prodotto l’idea che anche i rom potessero immaginare di essere soggetti attivi nella difesa del diritto all’abitare.” Intervista a Paolo di Vetta, BPM, 11 luglio 2011
Una foto della zona peruviana del Metropoliz
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// 3.3 campo nomadi via Triboniano
il piano Maroni e lo sgombero
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Un progetto di lavoro e casa per rom: intervista alla Casa della Carità
Triboniano era un campo di seicento unità, circa cento famiglie. Lingua di terra fra cimitero e ferrovia. Negli anni ‘90 vivevano più di mille persone. Nella zona vicino al lago abitano circa dieci famiglie italiane che per spostarsi erano costrette a passare per il campo. La situazione non era così sostenibile. Nel 2000, dopo lunghi tavoli di discussione, hanno demolito il campo abusivo e l’allora prefetto Ferrante organizzò il campo in due aree, per i romeni e bosniaci, e trasferì i kossovari e macedoni in via Novara 523. Era un campo comunale che non aveva luce e servizi quindi è andato fuori controllo subito. Nel 2001 - i romeni - erano extracomunitari, quindi era stato dato un posto solo a coloro che avevano il permesso di soggiorno. Il resto delle persone espulse è andato ad occupare prima una chiesa vicino al Cimitero Maggiore, poi una palazzina dell’Enel in via Sapri, infine in via Adda una casa accanto al Pirellone, dove sono rimasti per due anni. Quando sono stati sgomberati da lì sono ritornati al Triboniano, dove era stato messo un presidio della polizia locale. Nel 2006 c’è stato un incendio, a seguito del quale, nel gennaio 2007, hanno realizzato tre aree: da un lato un’enclave bosniaca di 8 container, dall’altro trentatre container di 12x2,5 m e 6x2,5 m, recuperati dalle Olimpiadi di Torino 2007. L’area di fronte ospitava container del 2004, trenta container a cui hanno aggiunto alcune roulotte per coloro che sono stati rinseriti dopo l’occupazione. I container avevano tutti servizi interni, le roulotte i servizi in comune. L’area insiste sul territorio che interessa l’expo 2015. Hanno così deciso di chiudere il campo. Il 30 settembre 2009 era stato stabilito che entro un anno avrebbero chiuso e che la Casa della Carità avrebbe aiutato il processo di trasferimento. Nel frattempo era passato il piano Maroni per la sicurezza. Il Comune di Milano ha ricevuto 13 milioni, finanziati dal Ministero. La parte sociale prevedeva un finanziamento di 3 o 4 milioni per l’accompagnamento all’uscita dal campo, di diverso tipo. Un diverso finanziamento se si trovava la casa in affitto, o la si acquistava. Per esempio 3000 euro una tantum per spese di trasloco, utenze, agenzie, caparra, poi 450 euro al mese per dodici mesi, 8400 euro in totale. Chi voleva poteva richiedere il rientro al paese di origine, per un finanziamento di 15.000 euro per nucleo familiare. Abbiamo fatto i colloqui per ogni famiglia da maggio 2010 per delin-
eare il da farsi. Intanto tutti avevano già fatto nel 2007 domanda per la casa popolare, a cui però era ed è difficile accedere. Noi abbiamo fatto pressioni perchè torvassero delle soluzioni. Il sindaco Moratti aveva individuato, tramite l’assessore regionale alla casa, venticinque case dell’Aler. Con la delibera del 5 agosto 2010, la giunta ha deciso all’unanimità di dare venticinque appartamenti tolti all’Aler alle associazioni per i rom da ristrutturare con i soldi pubblici - anche se la destinazione non è trascritta nella delibera -. Nel frattempo noi abbiamo iniziato a fare i colloqui. La casa veniva concessa con un progetto firmato dalla Prefettura e dal Comune. Uno dei firmatari della delibera, membro della giunta, l’assessore La Russa, ha fatto però, un passo indietro, si è opposto al progetto - anche da lui firmato - ed il piano viene bloccato. Viene convocato il Ministro Maroni, il 27 settembre, presente in Prefettura insieme al Presidente Formigoni, il Presidente del Consiglio Regionale Boni, l’assessore La Russa, il Presidente del Consiglio Regionale, il Presidente della Provincia, l’assessore alla sicurezza della Provincia, il Sindaco, il Vicesindaco e decidono che le case ai Rom non sarebbero più state date. Il progetto però era già stato firmato. Noi abbiamo fatto causa con le famiglie al Ministero ed alla Regione ed abbiamo vinto. La vicenda si è così sbloccata. A settembre sei famiglie erano già partite per la Romania. Avevamo fatto un progetto con Comune, Prefettura e l’Avsi, una Onlus legata alla Compagnia delle Opere, che ha una sede in Romania, stabilendo che per coloro che sarebbero andati in Romania avremmo dato circa 1000 euro per il viaggio, un sussidio mensile di 180 o 200 euro per un anno e infine la quota per la casa, dati in tranche. Loro non si sentivano garantiti. Quando però si è saputo che le sei famiglie partite ricevevano i soldi, tutti hanno cominciato a voler partire per la Romania, sapendo di ricevere 15.000 euro. In breve diverse soluzioni. Quarantanove famiglie hanno scelto di andare in Romania. Da gennaio fino a fine aprile altre famiglie oltre alle sei già partite, stanno ricevendo il finanziamento per un anno e sono in libera circolazione, quindi possono tornare quando vogliono. Il progetto è un po’ debole perché non è pensato per il futuro. Per chi è rimasto qui due tipi di percorsi: uno lavorativo che prevede un finanziamento di 800.000 euro dati al CELAV, il centro lavoro del Comune, per dare borse lavoro ai rom. Abbiamo fatto settantaquattro colloqui con il CELAV. Molti hanno ricevuto la borsa lavoro, tra cui alcune donne. Venti sono dentro questi appartamenti dati in affitto a noi, Casa della Carità, che accoglie queste famiglie negli alloggi sparsi nel territorio milanese. Abbiamo fatto fare domanda in deroga a famiglie con invalidità persistenti in casa ed hanno ottenuto l’alloggio popolare. Otto famiglie hanno così stipulato un contratto con l’Aler. Una famiglia ha eroicamente fatto un mutuo ed ha comprato casa nel cremasco. Diciotto famiglie hanno trovato casa in affitto privato autonomamente, fuori Milano. Quattro, che avrebbero dovuto ricevere la casa in deroga, hanno invalidi non ancora certificati, e sono state accolte in case di associazioni in attesa delle certificazioni. Dei centotre ne mancano solo quattro che sono in un centro di accoglienza in via Isonzo, perché non hanno ancora trovato una casa da affittare o non riescono.
alloggi popolari
fondo per lavoro - casa o rimpatrio
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Funzionava così loro trovavano la casa in affitto e portavano - a noi - il preventivo. Preparavamo una scheda che facevamo firmare e la portavamo in prefettura, dove venivano accreditati a noi 3000 euro. Noi ogni mese diamo 450 euro via bonifico - alle famiglie - e loro ci consegnano la ricevuta di pagamento - dell’affitto -. Si tratta di romeni e bosniaci.
accoglienza lavoro - casa
Stiamo portando avanti un’altro progetto interessante dal 2005. In giugno era stato sgomberato un campo di settanta persone che abbiamo preso noi in casa. Abbiamo sistemato alcune brandine in auditorium ed abbiamo attrezzato un’altra struttura al parco Lambro. Li abbiamo ospitati per un po’ di mesi. E’ iniziato un percorso grazie al quale nell’arco di tre o quattro anni, tutte queste persone sono andate ad abitare nelle case. Significa che finchè sono qui da noi li aiutiamo a mantenersi con cibo e trovando un lavoro e loro s’impegnano a mandare i bambini a scuola. Poi si trasferiscono al parco Lambro, in case che hanno cucina in comune e dove iniziano a pagarsi loro il cibo, attraverso i guadagni delle borse lavoro. In seguito iniziamo a fare un piano di risparmio, non tanto in vista di fare una casa in Romania, che da soli stanno già facendo, quanto per gli anni che restano qui dove i costi sono più alti. Abbiamo poi affittato diciotto appartamenti a Milano a nostre spese dove abitano i rom per qualche anno e poi trovano un affitto privato e vanno via. E’ un percorso che abbiamo fatto con tre grandi sgomberi nel 2005-2006-2007. Ottanta persone per volta si fa questo tipo di lavoro. Questo tipo di lavoro va fatto conoscendo i singoli nuclei. Tanti hanno scelto di tornare in baracche per esempio, perché è a costo zero. La grossa fatica che loro fanno è cambiare di mentalità perchè vogliono risparmiare tanto - costruendo la baracca a costo zero - per costruire la loro casa in Romania, ma non riescono perchè in Italia è più caro. Per quelle persone che non hanno mai lavorato, il campo era socialità, l’appartamento gli toglie un pezzo di vita. Va fatto quindi un percorso molto diversificato a seconda delle famiglie.
prospettive future
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Le propsettive future sono diverse. Per i rom immigrati che sono arrivati qui da dicei anni va fatto un tipo di discorso diverso dagli insediamenti italiani. Se tu abiti da ventisette anni in un campo è difficile cambiare la mentalità. I campi vanno superati perché sono dei ghetti d’illegalità, dove accade di tutto. Con i romeni il percorso fatto con noi ha funzionato. Con gli italiani che sono da venticinque-trenta anni in un campo il ragionamento è più lungo e complicato. Si tratta di almeno centocinquanta persone sparse tra via Idro, via Bonfadini, via Negrotto, via Martirano, Impastato, Chiesa Rossa. Il regolamento comunale del ‘99 diceva all’articolo 3 che “la sosta nei campi di transito è a tempo indeterminato” e ciò ha creato negli anni un disastro. Il campo potrebbe anche funzionare se rispettasse i parametri di legalità e di vita. Perché per esempio non devono pagare la luce e l’acqua, quando i soldi per costruire la casa in Romania li hanno? Adesso aspettiamo la nuova gestione comunale cosa intende fare.
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Una risposta abitativa
Ex rimessa “San Paolo” occupata dal movimento Roma Bene Comune
// 4.1
CONCLUSIONI SUL MODELLO“CAMPO”
La ricerca condotta ha permesso di giungere ad una serie di conclusioni, prima fra tutte che la questione rom non va trattata nella specificità etnica, ma all’interno di politiche che riguardano qualunque cittadino. Il limite di un approccio a soluzioni ristrette alla popolazione rom, che è stato quello più diffuso sino ad oggi, ha prodotto emarginazione ed esclusione sociale con inevitabili effetti negativi anche sulla popolazione non rom. il fallimento del “campo”
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I campi, come dichiarano gli esperti, come denuncia chi vi abita e come dimostrano le continue vicende di cronaca, sono ghetti di illeghalità. Nando Sigona utilizzando un’espressione di Foucault li definisce “spazi totali [...] luoghi dove le manifestazioni vitali [...] di un individuo sembrano implodere in uno spazio esistenziale pienamente codificato” (40). I campi previsti dal Piano Nomadi sono localizzati in contesti isolati, sono strutture pensate per cinquecento persone, con costi di gestione per il Comune paragonabili a quelli dell’affitto di una casa per ogni nucleo familiare. Gli slavi che sono arrivati al “Camping River” costretti ad abbandonare una situazione al Casilino 900 per loro familiare, dove avevano costruito case da almeno vent’anni, si sono sentiti privati della libertà. I romeni che vivono nella stessa struttura invece, sono per la maggioparte da pochi anni in Italia e da sempre al River, non conoscono altra forma di abitare e l’accettano come unica alternativa possibile alla miseria. L’esperienze positive come quella della comunità di Centocelle a Roma e dell’ex Triboniano a Milano dimostrano che sono necessarie politiche per la casa. Solo vivendo in condizioni dignitose si può immaginare di migliorare le proprie condizioni di vita. Solo una politica d’integrazione può dare soluzione ad una situazione definita “emergenza” che di fatto è il risultato di anni di gestioni inadatte a dare risposta a intensi flussi migratori di popolazioni per la maggiorparte giunte in Italia con la prospettiva di una vita migliore (si pensi agli slavi in fuga dalla guerra o ai romeni in cerca di lavoro). Se il nomadismo in Italia può dirsi una pratica quasi scomparsa, come dimostrano i dati, allora è sbagliato parlare ancora di campi nomadi. Sono necessarie politiche per la casa.
L’approccio assistenziale che da sempre il Governo e gli enti locali operano nei confronti dei rom, infine, non incentiva l’autonomia e quindi la crescita di queste popolazioni. Il meccanismo di domanda-offerta è diventato automatico e malsano e con gli anni ha contribuito ad inasprire l’avversione verso il rom da una larga parte della popolazione italiana.
i limiti di un approccio assistenziale
Le soluzioni abitative vanno pensate per le singole realtà (nuclei familiari, individui, famiglie allargate etc.), così come accade per le famiglie non rom. L’obiettivo è facilitare l’accesso alla casa. Per chi vive in Italia da molti anni ed è iscritto alle liste per le case popolari è necessario ripensare i requisiti per accedervi, per esempio considerando alcuni tipi di sgomberi sfratti. Chi come Daniza che è stata sgomberata dal Casilino 900 dopo 25 anni di residenza, può essere considerata nella stessa situazione di chiunque subisca uno sfratto dopo lo stesso tempo. Per coloro che sono in Italia da poco tempo, per esempio molti romeni, o chi ancora pratica il nomadismo, vanno pensate soluzioni diverse di accoglienza che preparino all’accesso alla casa. Bisogna pensare che chi vive in un container per molti anni insieme alla propria famiglia allargata, può avere difficoltà di adattamento ad un appartamento per esempio. E’ quanto ha manifestato Jonut, che da quando è in Italia vive al River. I campi sosta possono essere utilizzati come strutture temporanee (da 6 mesi a un anno) per nomadi (circa 1/3 della popolazione rom in Italia) o per coloro che vogliono avviarsi ad una soluzione abitativa. La gestione andrebbe tuttavia ripensata perchè soggetta ad alti costi e la localizzazione riconsiderata perchè non favorisce l’integrazione. Alternative valide per le famiglie allargate che vogliono continuare a vivere insieme possono essere micoraree o microvillaggi, da realizzarsi in contesti non isolati dai servizi e dalla città. Esiste infine la questione di quella fascia di popolazione rom che non riesce ad affittare una casa perchè soggetta a dinamiche discriminatorie che possono essere annullate solo con un processo di integrazione che deve essere voluto dai rom e dalle istituzioni.
una politica abitativa per l’integrazione
Sulla base di tali conclusioni la proposta che segue affronta l’emergenza rom includendola nel problema abitativo più generale, molto sentito nella capitale. Da quando con l’esperienza del Metropoliz, con l’occupazione di Tor Cervara e di San Paolo, i rom si sono uniti alla cittadinanza romana ed immigrata nella capitale per rivendicare i diritti fondamentali, primo fra tutti quello alla casa, si è creato un fronte comune. È a questa richiesta che si è cercato di dare risposta attraverso una soluzione comune all’emergenza che colpisce una larga parte della popolazione nella capitale, dai senza tetto a tutte le persone a rischio sfratto o in difficoltà che vivono a Roma e a cui il comune non è in grado di dare risposte.
emergenza rom emergenza romana
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// 4.2
emergenza abitativa a roma: la risposta dell’autorecupero
emergenza casa
Un recente rapporto sulla povertà nel Lazio, steso dalla Comunità di Sant’Egidio, mostra che Roma detiene il record di sfratti in Italia (1 famiglia/191) ed il maggior numero di famiglie in gradutoria che attende una casa popolare (29.302). A questi dati si aggiunge un numero di 6000 persone senza casa di cui 2700 trovano accoglienza presso centri di assistenza, altre 2300 vivono per strada e 1000 in insediamenti spontanei in periferia (41). Non sono considerati in questo gruppo il numero di rom e sinti che vivono in campi attrezzati ed insediamenti abusivi o di fortuna (circa 15.000). A questa situazione di emergenza si aggiungono tutte le persone in difficoltà e a rischio sfratto, dagli studenti fuori sede, a giovani famiglie ed anziani.
Piano Casa
In questo quadro la risposta delle istituzioni è parziale. Con gli indirizzi per l’attuazione del “Piano Casa”, approvati nel marzo 2010, l’amministrazione comunale ha previsto la realizzazione di 6.000 alloggi per l’edilizia residenziale pubblica (ERP) e 20.000 alloggi di housing sociale, edilizia agevolata che ammette per la realizzazione la partecipazione privata. Il programma si basa su una domanda per il segmento debole di 52.800 alloggi nel 2009 (dati CRESME) e, considerando i contributi già previsti dall’amministrazione e le edificazioni già programmate, ridimensiona a 25.700 la domanda effettiva. Il piano è in fase di attuazione. Ad oggi sono stati acquistati 380 alloggi ed è stato approvato un progetto per la realizzazione di 555 appartamenti per Housing Sociale in zona Pietralata (42). L’assegnazione delle case popolari all’anno è passata da 700 a 150 in soli tre anni. Non si investe più nell’edilizia pubblica classica e ad aggravare la situazione è stato molto ridotto il fondo di sostegno agli affitti e venduto gran parte del patrimonio immobiliare pubblico. Il “Piano Casa”, secondo le stime di Legambiente, porterà 40 milioni di metri cubi in più a Roma ed un consumo di suolo pari a 9700 ha a discapito del vasto territorio dell’Agro Romano (43). Sono altresì previsti premi di cubatura per ristrutturazioni che includano servizi o edilizia sociale. La costruzione di case popolari in periferia aggrava il processo di espulsione di una larga fascia della popolazione che non è in grado di sostenere gli affitti della città gentrificata che possiede circa 245.142 alloggi vuoti (44).
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In questo quadro di nuove costruzioni e stanze vuote, il Comune fortemente indebitato, mette in atto una serie di provvedimenti per la vendita del vasto patrimonio pubblico, tra cui gli immobili ERP, continuando parallelamente su un altro fronte, con l’acquisto o affitto di aree per servizi pubblici. Oltre al già citato acquisto di aree per la realizzazione di housing sociale va considerata la spesa per i residence, da 2140 a 4200 euro al mese per famiglia ospitata(45). Strutture private che il Comune affitta per dare accoglienza a 1400 famiglie in emergenza abitativa in via temporanea. A questa va aggiunta la consistente spesa per affitto e gestione di aree per i campi nomadi o per l’accoglienza che si aggira intorno ai 16 milioni all’anno (46). Intanto a Roma i movimenti di lotta per la casa e cittadini con difficoltà di accesso all’alloggio di fronte all’assenza di una politica abitativa e visto che il bando per le liste alle case popolari è fermo, si sono mossi autonomamente. Il percorso intrapreso è quello dell’autorecupero che nella capitale ha visto riconosciute e finanziate 11 occupazioni grazie ad una legge regionale del 1998 (47). Si tratta di realtà che oltre ad aver dato un tetto a molte persone, si sono dimostrate un modello da seguire, tanto che la Regione Lazio nell’ultimo piano casa, ha stabilito di stanziare una quota annua per finanziare questo tipo di progetti (48). Vi può accedere chi ha un reddito annuo fino a 66.000 euro (un limite più elevato rispetto a chi può accedere alle graduatorie per l’ERP). Gli edifici pubblici recuperati (scuole, ex conventi etc.) sono esempi di ristrutturazione sostenibile, dal punto di vista economico, ambientale e sociale. La Regione (o altro ente proprietario) copre la spesa per il recupero delle parti comuni ed esterne, gli occupanti si riuniscono in cooperativa e ristrutturano gli spazi interni per adibirli a case dove andranno ad abitare. Oltre a costruire spazi questa pratica costruisce comunità accomunate dalla lotta per il diritto alla casa e dall’opera di recupero. Il risultato ha quindi un valore aggiunto rispetto ad un appartamento assegnato tramite graduatoria per la casa popolare.Produce spazi che l’abitante realizza a propria misura, non in periferia, come accade invece per la maggiorparte degli alloggi popolari. L’opera di realizzazione inoltre crea un legame tra il bene e l’abitante che ha un effetto su questo di maggiore responsabilità per la casa, dinamica assente in un processo di assegnazione ERP. Come restituzione alla società del bene pubblico occupato, la cooperativa lascia alcuni spazi ad uso comune adibiti a servizi sociali o che ospitano associazioni. Il fenomeno è simile a quello visto col Metropoliz. A Roma esistono molte altre occupazioni che hanno prodotto nuove centralità per la città. Spazi che, come ci ha raccontato BPM, cercano di produrre qualità ambientale e che s’interrogano sulle relazioni tra la società multietnica che ospitano. Luoghi pubblici, dei cittadini, che in alternativa restano abbandonati.
spesa pubblica
alternativa: occupazioni ed autorecupero
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EMERGENZA /29.302 famiglie in graduatoria ERP /6.000 senza dimora /15.000 rom e Sinti
ABITATIVA
in insediamenti autorizzati o abusivi (si considera una domanda di 5.000 alloggi)
(Comunità di Sant’Egidio, Roma)
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40.000 ALLOGGI RICHIESTI
RISPOSTA soluzioni definitive
PIANO CASA
COMUNALE
20.000 alloggi Housing Sociale 6000 alloggi ERP 9700 ha consumo suolo estensione periferia (necessità di servizi)
effetti
soluzioni temporanee RESIDENCE PIANO NOMADI
1400 7 3
alloggi campi attrezzati
35.952.000 € / anno 12.000.000 € / anno 4.000.000 € / anno spesa pubblica
centri di accoglienza
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ALTERNATIVA
CITTADINA
11 complessi edilizi OCCUPATI e AUTORECUPERATI competenze: opere esterne Comune (70% spesa) opere interne Cooperativa (30% spesa)
costo medio “eco-autorecupero” 1.000 - 1.400 € / mq (tradizionale 1500 € / mq) (Yann Maury, relazione del convegno “Autorecupero e autocostruzione”, Roma, maggio 2011)
Sostenibilità / ambientale _ materiali biocompatibili e risparmio energetico / sociale _ spazi ad uso pubblico - recupero della città - formazione mano d’opera relazione abitante/casa - produzione comunità
/ economica _ riduzione costi 50% (no manutenzione-utile impresa-profitto mercato)
Regolamentazione _ L.R. 55/1998 Lazio / enti pubblici territoriali _ individuazione ed acquisizione immobili (privati o pubblici) non
residenziali inutilizzati e in degrado per recupero in concorso con coop. di autorecupero/autocostruzione
/ avviso pubblico _ descrizione e ubicazione immobili - progetto preliminare e computo tempi - convenzione - requisiti coop. - contratto di locazione n. soci non maggiore al n. alloggi- reddito limite edilizia agevolata
/ requisiti coop. _ / preferenza uso materiali biocompatibili / quota annua di finanziamento 134
via Gustavo Modena 90 esempio di AUTORECUPERO a Roma
occupazione 1989 di un ex convento di proprietà comunale cooperativa “Vivere 2000”
/ 12 alloggi (30-70 mq) / superficie 600 mq / 3 piani / spesa: 796.000 (Comune) + 330.000 (Cooperativa Vivere 2000) / costo appartamento al mese a persona 6 euro/mq INTERVENTI COOP. (all’occupazione) / opere interne (pavimenti, tramezzi, impianti, etc.) INTERVENTI DEL COMUNE (al varo della L.R.) / risanamento delle parti comuni per contenere le dispersioni energetiche / sistemi alternativi di produzione dell’energia / sostituzione degli infissi con altri dotati di vetro-camera / realizzazione del sottotetto coibentato e ventilato (Comune di Roma)
20/ scheda di esempio di un autorecupero a Roma
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// 4.3
una soluzione possibile: il recupero del patrimonio immobiliare pubblico dismesso
l’autorecupero come risposta possibile
La grave situazione di emergenza abitativa richiama le istituzioni a tornare ad investire nelle casa popolare. Nel caso specifico romano è necessario veicolare le spese che il Comune sostiene per tappare l’emergenza (più di 60 milioni all’anno), reinvestendo il denaro in un vero programma di edilizia popolare (49). La legge regionale del Lazio in materia può essere un supporto legale da cui partire per ripensare il programma di edilizia popolare. Se per la casa popolare oggi bisogna aspettare dai 10 ai 20 anni allora l’autorecupero può dare una risposta, seppur con costi di affitto più alti dell’alloggio popolare classico, ma di gran lunga inferiori ad un affitto medio. Vista l’esperienza romana dei movimenti di lotta per la casa, si propone un modello analogo come possibile soluzione. Si vuole dimostrare che esiste un vasto patrimonio pubblico che il Comune vuole vendere e che potrebbe invece essere recuperato per rispondere ad una domanda di alloggi irrisolta, a vantaggio di spazi di qualità per una città che va verso lo svuotamento e di una campagna già molto edificata. Il patrimonio individuato è emerso da una serie di manovre tra Stato, Comune ed altri enti, illustrate di seguito.
il federalismo demaniale
Il Governo, al fine di ridurre il debito pubblico, ha messo in atto il “federalismo demaniale” che trasferisce i beni dello Stato ai Comuni affinchè questi propongano progetti di valorizzazione. Nel luglio 2010 viene stilata una lista di beni pari ad un totale di 3.087.612.747 di euro(50). A Roma solo all’interno del GRA il Comune acquisisce 19 fabbricati e 37 terreni. Circa la metà sono complessi di rilevanza storica o ambientale che rappresentano un importante patrimonio pubblico (museo di Villa Giulia, villa Savoia), altri d’interesse commerciale, possono essere rivenduti per conseguire l’obiettivo del Comune di recuperare il debito (il valore catastale è di 23.803.958 euro) ed almeno due siti possono essere recuperati per sopperire all’emergenza casa.
le caserme dismesse
A tale patrimonio si aggiunge quello del fondo immobiliare realizzato da un Protocollo d’Intesa tra Comune e Ministero della Difesa nell’ottobre del 2010, per la valorizzazione dei complessi
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militari inutilizzati. Il Comune incasserebbe 600 milioni di euro dal Governo per risanare il deficit pubblico. Roma rileva 15 complessi edilizi, tra forti di antica costruzione e caserme(51). Sono stati individuati almeno 8 complessi che potrebbero essere trasformati in residenze per sopperire all’emergenza abitativa nella capitale. La scelta dei complessi prende spunto dalle osservazioni condotte dal “comitato per le caserme”, costituito da diverse realtà sul territorio (tra queste Italia Nostra) che si sono unite per rivendicarne l’uso pubblico. A livello locale, infine, si presenta un’altra occasione di recupero del patrimonio immobiliare pubblico. A seguito del crollo finanziario dell’Azienda del trasporto locale di Roma (ATAC) il Comune è intervenuto con la delibera 39 nel giugno 2011, in cui prevede l’alienazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare dell’azienda al fine di ridurre l’indebitamento. Si tratta di 15 complessi edilizi (uno oltre il GRA che in questa sede non è stato considerato) che potrebbero essere riconvertiti a nuovo uso. Di questi 8 possono essere trasformati, rispettando la volumetria esistente, senza necessità di fare varianti al PRG. Gli altri 7 complessi possono avvalersi di una norma approvata nel 2008 secondo cui è prevista la riconversione funzionale per quegli immobili che non andempiono più alla funzione del trasporto pubblico. Secondo il “Piano generale per la riconversione funzionale degli immobili non strumentali al trasporto pubblico locale” è possibile trasformare i complessi d’interesse mantenendo la volumetria esistente, edificando per una S.U.L. (superficie utile lorda) pari allo 50% di quella esistente, tenendo in considerazione il contesto. Nella delibera per ATAC è però specificato che i limiti suddetti di edificabilità (50%) non consentirebbero di ridurre l’indebitamento attraverso una vendita, e per questo vista tale necessità, il Comune interviene incrementando la percentuale di S.U.L. realizzabile. La delibera è stata quindi oggetto di discussione e trattative con i movimenti sociali e di lotta per la casa della capitale, che ancora oggi rivendicano quei beni.
i depositi ATAC
Quarantotto complessi edilizi di proprietà pubblica di cui almeno 11 possono essere recuperati per uso abitativo. Sono stati selezionati quelli localizzati all’interno del GRA per la scelta di recuperare la centralità della città in contrapposizione alla tendenza di espansione verso la periferia che ha l’effetto di consumare altro suolo ed incentivare il traffico verso la capitale, ancora sede dei principali servizi. Per ogni complesso edilizio sono stati selezionati gli stabili in miglior stato e più adatti ad essere autorecuperati e convertiti ad abitazioni (es. ex pallazzi direzionali). La restante parte è utilizzata per attività pubbliche. È stata calcolata la spesa necessaria alla ristrutturazione dei complessi edilizi in grado di rispondere a più di 3000 alloggi. Considerando come riferimento l’esempio di autorecupero è stata stabilita una spesa media (per eccesso) di1400 euro/
l’autorecupero degli immobili pubblici dismessi
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mq (da dividere tra cooperative ed ente). È stata inoltre valutata la vendita di una quota del patrimonio per mostrare la possibilità di riuscire a coprire le spese di ristrutturazione a fronte di un’assenza di finanziamenti, se non previsti privatamente con l’Housing Sociale. Viene proposto infine un modello di autorecupero su uno dei complessi selezionati di forte criticità, oggi occupato dai movimenti di lotta, l’ex rimessa San Paolo. Il deposito è localizzato in una zona centrale di Roma, a pochi passi dalla metro e dalla Basilica di San Paolo. Il contesto è prevalentemente residenziale. L’area ricade nell’ambito del “Programma di Riqualificazione Giustiniano Imperatore”, è stata quindi oggetto di diverse proposte di recupero. Il complesso è stato occupato lo scorso 20 giugno dal movimento “Roma Bene Comune” che unisce le diverse realtà cittadine con l’intento di difendere il patrimonio pubblico (52). L’ex rimessa è formata da due edifici direzionali per i quali è proposto l’autorecupero secondo i termini della legge regionale del Lazio in materia, che prevede la ristrutturazione delle parti comuni (facciate e distribuzione) a carico dell’ente proprietario, in questo caso il Comune. Il recupero e la trasformazione in abitazioni (34 alloggi tra i 30 e gli 80 mq) è a carico della cooperativa che copre il 30% delle spese e che è tenuta a realizzare un intervento seguendo i principi della bioarchitettura. Si propone di inserire diverse tipologie abitative all’interno di uno spazio pubblico, integrando così servizi per gli abitanti del complesso e per la comunità in genere. Le parti pubbliche localizzate nell’ex depoito possono ospitare diverse attività: un mercato artigianale ed alimentare, spazi per attività ricreative e culturali (cinema e caffè letterario), orti e sale comuni. Le funzioni sono state pensate al fine di produrre una microeconomia e un ambiente vivo dal punto di vista culturale ad aperto alla città che possa diventare una nuova centralità. In una città multietnica come Roma con una forte crisi sociale e migliaia di persone a limite della povertà, gli esempi di autorecupero hanno dimostrare di dare accoglienza dove il Comune non è riuscito e di produrre nuove centralità. La poposta formulata cerca di ridare alla città il ruolo di spazio sociale e di riequilibrare il rapporto sbilanciato che ha portato all’estensione di una periferia, una volta terreno agricolo oggi densa di costruzioni ma scarsa di servizi.
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Patrimonio federalismo demaniale
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1// lungotevere dell’ Acqua Acetosa 15
3 fabbricati sponde di fiume Prato della Signora
2// via Alberto Caroncini 17-19 *
edificio 7 piani
3// via Salaria
porzione del compendio di Villa Savoia ora Villa Ada
4// piazzale di Villa Giulia 10 *
museo di Villa Giulia
5// via delle Medaglie d’oro 84 *
ex caserma Balduina
6// via della Meloria 74 *
edificio 8 piani isolato_ via Zani_ via Rialto 35
7// via di Valle Aurelia
5 fabbricati e 1 terreno in “valle dell’inferno”
8// viale Vaticano 28-30 *
2 edifici 5 piani isolato via Nicolò V
9// via degli Zingari 13
ex scuola
10// piazzale Labicano 12
“ghettarello” di Via Casilina
11// p.za S.ta Croce in Gerusalemme
ex caserma Principe di Piemonte
12// via dei Genovesi 9-10-11 *
casa con forno adiacente all’ex monastero di Santa Cecilia
13// p.le e via Portuense 17-45
9 fabbricati e 1 terreno “Porta Portese”
14// via Solunto 16
2 fabbricati e 1 terreno
15// via Portuense 549
ex “Casa del Fascio” con area annessa
16// viale Tormarancia 65-75
2 locali commerciali
17// via Grotta Perfetta 516
ex forte Ardeatino
18// via Appia Nuova 1251 *
ex scuola pratica di meccanica agraria “Capannelle”
19// via di Torpagnotta 365
ex stazione radiofonica “Prato Smeraldo”, ex caserma
* fabbricati attualmente occupati o in uso
edilizia sociale servizi pubblici altro* * patrimonio vendibile
XX
IV XIX
V
1
XVII XVIII
5
2
6
3
II
4 7
III
8 9 12 13
10 11
I
14
XVI 15
VII
VI
IX
VIII
16
17
XV
18
X
19
XI XIII XII
21/ FEDERALISMO DEMANIALE_mappa di localizzazione dei complessi edilizi
0
1
2
3 km
141 141
Patrimonio ATAC
142 142
20//viale Etiopia
S.S.E. “Etiopia”
21// piazza Bainsizza
ex rimessa “Vittoria”
22// via Cardinal De Luca
area libera
23// viale del Policlinico
S.S.E. “Nomentana”
24// via di Portonaccio 20
rimessa “Portonaccio”
25// viale Severini
“Centro Carni”
26// viale delle Mura Portuensi 41
rimessa “Trastevere”
27// viale della Piramide Cestia
S.S.E. “San Paolo”
28// via Tuscolana 171 - 173
uffici
29// p.za Ragusa
ex rimessa “Tuscolana”
30// via Tuscolana 178
uffici
31// via delle Cave Ardeatine
area “Cave Ardeatine”
32// via Libetta via Argonauta
ex rimessa “Garbatella”
33// via Alessandro Severo
ex rimessa “San Paolo”
edilizia sociale servizi pubblici altro* * patrimonio vendibile
XX
IV XIX
XVII XVIII
21
II
22
23
26
I
III
24
28
27
29
25
VII
VI
30
31
XVI
V
20
IX
VIII
32 33
XV
X
XI XIII XII
22/ PATRIMONIO ATAC_mappa di localizzazione dei complessi edilizi
0
1
2
3 km
143 143
Patrimonio Ministero della Difesa
144
34// via Trionfale 7400 *
caserma “Ulivelli” / forte “Trionfale”
35// via Guido Reni
stabilimento militare di materiali elettrici di precisione
36// viale del Forte di Pietralata *
caserma “Gandin”, Riserva Naturale dell’Aniene
37// viale Angelico 19
stabilimento trasmissioni
38// via Lepanto 5
caserma “Nazario Sauro” (quota parte)
39// via Tiburtina 780
caserma “Ruffo”
40// via di Sant’Andrea delle Fratte 1
ex convento, ex caserma reale equipaggi
41// via di Boccea 451
forte “Boccea”
42// via Sforza 17
caserma “Medici”
43// via di San Francesco di Sales 16
ex convento di Santa Teresa
44// via del Porto Fluviale
direzione magazzini commissariato
45// via dei Papareschi
magazzini A.M.
46// via Casilina 1014
caserma “Piccinini”
47// via del Trullo 506
caserma “Donati” / Materiale Genio
48// via del Trullo 533
centro rifornimento materiale T.L.C.
* contesti d’interesse paesaggistico
edilizia sociale servizi pubblici altro* * patrimonio vendibile
XX
IV XIX
V
34
XVII XVIII
35
36
II
37 38
39
III
40
41
42
43
XVI
I 45
48
VII
VI
44
IX
VIII
46
47
XV
X
XI XIII XII
23/ PATRIMONIO MINISTERO DELLA DIFESA_mappa di localizzazione dei complessi edilizi
0
1
2
3 km
145
EDILIZIA SOCIALE autorecupero
11
complessi edilizi
area libera edilizia sociale
RESIDENZE
edilizia sociale
piĂš di 3000 alloggi autorecuperati
area pubblica libera
SPAZIO PUBBLICO
servizi pubblici
146
costo di massima 1400 â‚Ź / mq ristrutturazione 70% Comune (bioarchitettura) 30% coop.
/ ex caserme / edifici direzionali (ed. a torre e in linea) / capannoni / depositi / aree libere / forti
via di Tor Pagnotta 365 (19) ex caserma Superficie ambito ha 29 Volumetria esistente mc 32.116 Superficie edilizia sociale 3.645 mq Costo totale autorecupero 5.103.000 €
ex rimessa “San Paolo” (33)
Superficie ambito ha 1,00 Volumetria esistente mc 59.200 Superficie edilizia sociale 2.355 mq Costo totale autorecupero 3.297.000 €
24/ schemi di destinazione abitativa del complesso in via di Tor pagnotta e dell’ex rimessa “San Paolo”
147
ex rimessa “Vittoria” (21)
Superficie ambito ha 1,55 Volumetria esistente mc 48.500 Superficie edilizia sociale 8.561 mq Costo totale autorecupero 11.985.400 €
ex rimessa “Tuscolana” (29)
Superficie ambito ha 0,99 Volumetria esistente mc 64.960 Superficie edilizia sociale 5.000 mq Costo totale autorecupero 7.000.000 €
148
25/ schemi di destinazione abitativa dell’ex rimessa “Vittoria” e “Tuscolana”
stabilimento materiali elettrici _ via Guido Reni (35) Superficie ambito ha 5,07 Volumetria esistente mc 223.058 Superficie edilizia sociale 56.580 mq Costo totale autorecupero 79.212.000 â‚Ź
stabilimento trasmissioni _ viale Angelico (37)
Superficie ambito ha 1,73 Volumetria esistente indicativa mc 70.000 Superficie edilizia sociale 11.248 mq Costo totale autorecupero 15.747.200 â‚Ź
26/ schemi di destinazione abitativa delle ex caserme in via Guido Reni e viale Angelico
149
caserma “Ruffo” _ via Tiburtina (39)
Superficie ambito ha 14,53 Volumetria esistente indicativa mc 59.520 Superficie edilizia sociale 14.715 mq Costo totale autorecupero 20.601.000 €
caserma “Medici” _ via Sforza (42)
Superficie ambito ha 0,4 Volumetria esistente indicativa mc 40.000 Superficie edilizia sociale 12.700 mq Costo totale autorecupero 17.780.000 €
150
27/ schemi di destinazione abitativa delle ex caserme “Ruffo” e “Medici”
caserma “Piccinini” _ via Casilina (46)
Superficie ambito ha 9,22 Volumetria esistente indicativa mc 71.376 Superficie edilizia sociale 22.000 mq Costo totale autorecupero 26.400.000 €
caserma “Donati” e centro rifornimento materiale T.L.C. (47-48) Superficie ambito ha 16 Volumetria esistente mc 141.270 Superficie edilizia sociale 44.000 mq Costo totale autorecupero 61.600.000 €
28/ schemi di destinazione abitativa delle ex caserme “Piccinini” e “Donati”
151
Strategia PATRIMONIO PUBBLICO patrimonio ATAC
federalismo demaniale Agenzia del Demanio
Comune di Roma
ATAC Patrimonio
Comune di Roma
19
complessi valore 3.087.612.747 € edilizi
14
complessi valore 400.000.000 € edilizi
2
edilizia sociale
6
edilizia sociale
// 3645 mq autorecupero
// 15916 mq autorecupero (300 alloggi da 30,50,80 mq)
(70 alloggi da 30,50,80 mq)
costo
costo
5.103.000 €
22.282.400 €
(ex depositi ed uffici direzionali);
(complesso in via di Tor Pagnotta);
// 76800 SUL edificabile
// 9000 mq SUL edificabile
(3 aree edificabili servite in via Portonaccio, via Severini, cardinal De Luca _ 50% pubblico _ 50% privato)
(area in via Solunto)
valore quota vendibile 24.000.000 €
10
servizi pubblici
2
// beni di valore storico
servizi pubblici // beni d’interesse pubblico
(es.Museo di Villa Giulia, ex Casa del
(area Garbatella per servizi universitari,
fascio, caserma Principe Piemonte);
area Trastevere per funzioni culturali);
// beni di valore ambientale (es.fabbricati siti in Valle dell’Inferno)
7
vendita // beni commerciabili (es.fabbricati lungotevere dell’Acqua Acetosa, locali commerciali);
6
vendita // ex stazioni e uffici (es. S.S.E. Nomentana, uffici in via Tuscolana)
// beni in uso (es. stabile in via A. Caroncini)
valore 23.803.957 € 152
valore 166.000.000 €
29/ Strategia di recupero del patrimonio immobiliare pubblico dismesso
caserme Agenzia del Demanio
Comune di Roma
15
complessi valore 600.000.000 € edilizi
8
edilizia sociale // 161279mq autorecupero (3024 alloggi da 30,50,80 mq)
costo
totale
225.790.600 €
(caserme in dismissione, capannoni e stabili in buono stato);
// 5800 mq SUL occupata
48
complessi valore 4.087.612.747 € edilizi
16 edilizia sociale // 180840mq autorecupero (3394 alloggi da 30,50,80 mq)
costo 253.176.000 € // spesa amministrazione comunale (70%)
177.223.200 €
(edifcio direzionale in via del Porto Fluviale, recuperato dagli abitanti)
6
servizi pubblici
18 servizi pubblici
// beni di valore storico (es. convento di Santa Teresa, forte Boccea);
// beni di valore ambientale (caserma “Gandin”, caserma “Ulivelli”)
1
vendita // beni commerciabili (magazzini A.M)
14 vendita valore 192.803.957 € + utili
valore 3.000.000 € 153
MODELLO autorecupero ex rimessa SAN PAOLO 33
Il deposito è localizzato in una zona centrale di Roma, a pochi passi dalla metro e dalla Basilica di San Paolo. Il contesto è prevalentemente residenziale. L’area ricade nell’ambito del Programma di Riqualificazione Giustiniano Imperatore, è stata quindi oggetto di diverse proposte di recupero. Il complesso è stato occupato lo scorso 20 giugno dal movimento “Roma Bene Comune” che unisce le diverse realtà cittadine con l’intento di difendere il patrimonio pubblico.
Area tot. 10.755 mq edilizia residenziale 22% spazio pubblico 78%
154
TOT. ristrutturazione 3.927.000 € spesa cooperativa 989.100 € affitto mensile 5 €/mq
30/ Assonometria d’inserimento nel contesto dell’ex rimessa “San Paolo”
155
Residenze sup. 1417 / 1030 mq
34 appartamenti / 102 30 / 50 / 80 mq
?
(single / coppie _ famiglie fino a 3 p. / famiglie)
distribuzione
/ 2 monolocali / 2 bilocali / 1 trilocale
/ 2 monolocali / 2 bilocali / 4 trilocale
/ 2 trilocali
/ 2 monolocali / 2 bilocali / 4 trilocale
/ 11 bilocali
156
31/ Proposta di autorecupero dell’ex rimessa “San Paolo�
spazio pubblico sup. tot. 8310 mq
spazio libero per mercato e venditta di prodotti artigianali (prodotti dell’orto e a km 0, prodotti realizzati dalla cooperativa e/o dalla comunità )
a
b
c
d
a / officina (giardinaggio - edilizia) b / sala comune (doposcuola,corsi di lingua) c / cafè letterario con cucina d / sala riunioni_cinema aperto e / deposito e reciclo materiali
e
orti / area libera
157
158
159
NOTE
//4.1 40. Sigona N. op. cit. //4.2 41. Comunità di Sant’Egidio “Rapporto sulla povertà a Roma e nel Lazio 2011”, Leonardo International. 42. 175ª Proposta (Dec. G.C. del 18 novembre 2009 n. 108) Indirizzi per il “Piano Casa” del Comune di Roma. 43. Bianchi D., Zanchini E., a cura di, “Ambiente Italia 2011, il consumo di suolo in Italia”, annuario di Legambiente elaborato dall’Istituto di Ricerche Ambiente Italia, edizioni Ambiente. 44. Bianchi D., Zanchini E., op. cit. 45. Inchiesta Unione Inquilini Roma “Quanti sono i residence e di chi sono?”, marzo 2011. 46. “Piano Nomadi due anni dopo, il bilancio-denuncia dell’associazione 21 luglio” , luglio 2011, http://www.paesesera.it/Politica/Piano-Nomadi-due-annidopo-il-bilancio-denuncia-dell-associazione-21-luglio . 47. Regione Lazio, L.R. 11 dicembre 1998, n. 55 in materia di “Autorecupero del patrimonio immobiliare”. 48. Regione Lazio, L.R. 13 agosto 2011, n. 10. “Piano casa Lazio”. //4.3 49. La spesa calcolata include i 25 milioni per la gestione ed affitto dei campi nomadi e delle strutture di accoglienza. A questi vanno sommati i circa 36 milioni annui per l’affitto delle stanze nei residence. 50. Sfragasso G. in IlCorriereLaziale.it “Vendesi Porta Portese, Idroscalo e Cinema Nuovo Sacher”, 29 giugno 2010. http://ilcorrierelaziale.it/tags/news/federalismo-demaniale-vendesi-porta-portese-idroscalo-e-cinema-nuovo-sacher Il federalismo demaniale è disciplinato dal d.lgs. 28 maggio 2010 n.85. 51. 60a proposta Dec. G.C. del 25 giugno 2010 n.51 Approvazione del “Piano delle alienazioni e valorizzazioni degli immobili militari della Città di Roma”. 52. Giannoli V., in Repubblica.it “Occupato deposito Atac S.Paolo “Salviamo Roma da Svendopoli” http://roma.repubblica.it/cronaca/2011/06/20/news/ la_protesta-17958150/ .
160
161
Bibliografia
Bibliografia per sezione
// INTRO e PREMESSA _ ARTICOLI, COMUNICATI, MANUALISTICA: / Berdini Paolo, Nalbone Daniele, Le mani sulla città. Da Veltroni ad Alemanno storia di una capitale in vendita, Edizioni Alegre, Roma, 2011. / Cagnoli Roberto, Pessina Gloria, Tosi Antonio, Una indagine sulla presenza di rom e sinti in Lombardia: primi risultati. / Fraudatario Simona “Dimensione e distribuzione romanì in Europa: dati e stime” in AA.VV., Identità di genere e prospettive di vita delle donne appartenenti alle comunità rom, Fondazione Lelio e Lisli Basso Issoco. / Romito Lorenzo, “Oltre i campi”, in Stalker | ON, Università Roma Tre, ROMA TIME, anno 1, tema 3, 03/2007 – 06/2008. / Sigona Nando, Figli del ghetto. Gli italiani, i campi nomadi e l’invenzione degli “zingari”, Civezzano, Nonluoghi Libere Edizioni, 2002.
_ ATTI, DOCUMENTI: / Regione Lazio, L.R. 24 maggio 1985, n. 82, in materia di “Norme in favore dei rom”. / Regolamento 20 settembre 2000 n. 2. “Regolamento per l’assegnazione e la gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica destinata all’assistenza abitativa ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della Legge regionale 6 agosto 1999, n. 12”. / Il Prefetto di Roma, il Sindaco di Roma, il Presidente della Provincia di Roma, il Presidente della Regione Lazio, firmano alla presenza del Ministro dell’Interno il Patto per Roma Sicura, Roma, 18 maggio 2007. / D.P.C.M., 26 maggio 2008, n.122, in materia di “Dichiarazione dello stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità nomadi nel territorio delle regioni Campania, Lazio e Lombardia” e successive proroghe. / Senato della Repubblica, Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, Rapporto conclusivo dell’indagine sulla condizione di Rom, Sinti e Caminanti in Italia, febbraio 2011.
_ FILM, REPORTAGE: / Cristina Artoni Sognando Casilino 900, 03/2010, http://wikirom.blogspot.com. / Riccardo Iacona “Caccia agli zingari” alla trasmissione televisiva Presa Diretta, 22/02/2009, www.rai.tv .
164
// 1 _ ARTICOLI, COMUNICATI, MANUALISTICA: / Amnesty International, “La risposta sbagliata. Italia: il piano nomadi viola il diritto all’alloggio dei rom a Roma”. / Ansa, “Una festa per dire addio al campo Casilino 900”, 26/11/2009, www.fabriziosantori.it. / Cooperativa Ermes comunicato sul futuro del campo, 27/03/2008, http://www.pigneto.it. / Everyone Group, “Grave emergenza umanitaria presso l’insediamento del Casilino 900, a Roma”, www.everyonegroup.com , Roma, 20/04/2008. / Gentile Cecilia, “L’ex Casilino è una discarica. Il parco attrezzato resta un sogno”, La Repubblica, Cronaca di Roma 20/02/2011. / Hammarberg Thomas, Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, rapporto sulla sua visita in Italia 13-15/01/2009, Strasburgo, 16/02/2009. / Picchi Beatrice, “Nomadi, tredici campi e numero chiuso”, Il Messaggero, Cronaca di Roma, 01/08/2009, www.ilmessaggero.it. / Sebaste Beppe, “La vita nuda del campo rom”, La Repubblica, sezione Roma, www.repubblica.it, 18/05/2008. / Stalker | ON, Università Roma Tre, ROMA TIME, anno 1, tema 3, 03/2007 – 06/2008. / Stalker | ON, Università Roma Tre, “Foro Italico 531”, ROMA TIME, anno 1, tema 1, 05/2007 – 05/2008. / Stalker | ON, “Urban Body, Campus Rom”, ROMA TIME, anno 1, tema 1, 04/02 – 04/04 2008. / Stalker | ON, DIPSU Roma Tre, Comunità Casilino 900, “Casilino 900”, ROMA TIME, anno 2, tema 4, 02/2008 – 12/2008. / Stalker | ON, Master Pism, ROMA TIME, anno 2, tema 5, 11/2008 – 06/2009. / Tigani Jezerca per Amnesty International, “Il Piano nomadi emargina ulteriormente i rom di Roma”, www.amnesty.it, 11/04/2011. / Ass. 21 Luglio, “Report Casilino 900”, Roma, 15/02/2011. / Ass. 21 Luglio, “Esclusi e ammassati. Rapporto di ricerca sulla condizione dei minori rom nel villaggio attrezzato di via di Salone. Roma”, Roma, 11/2010.
_ ATTI, DOCUMENTI: / Regione Lazio, G.R.L. 3 agosto 1983 n. 4777 avente ad oggetto “Comune di Roma. Variante al piano regolatore generale per il recupero urbanistico dei nuclei edilizi consolidati spontaneamente sorti. / Legge n. 1150/42 e successive modificazioni ed integrazioni e leggi regionali n. 28/80 e n. 27/83”. / Regione Lazio, L.R. 24 maggio 1985, n. 82, in materia di “Norme in favore dei Rom”. / Comune di Roma, Commissario straordinario per l’emergenza nomadi (a cura di), Piano Nomadi , Roma, 31/07/2009. / Comune di Roma, Assessorato Promozione dei servizi sociali e della salute (a cura di), Piano Regolatore Sociale, Roma, 25/10/2010.
_ FILM, REPORTAGE: / Berruti Sila, Di Paola Valerio (a cura di), “Sotto il nome di zingaro” part I, part II, 2005. / Boni Fabrizio, Conti Donatello, Iraci Sareri Frediano, “Intervista a Fikret Salkanovic”, http://wikirom.blogspot.com, 13/04/2008. / Boni Fabrizio, Conti Donatello, “Luce sul Casilino 900”, http://wikirom.blogspot.com, 7/04/2008.
165
/ Boni Fabrizio, De Finis Giorgio, “Once Upon a Time there was Savorengo Ker, the Home of Everyone”, Irida Produzioni, 2009. / Boni Fabrizio, De Finis Giorgio, “La costruzione della casa Savorengo Ker. Cantiere”, Irida Produzioni, 2009, http://vimeo.com . / Boni Fabrizio, Careri Francesco, Innocenzi Aldo, Pirovano Cecilia, “Romani Khere (Casa Rom)”, http://wikirom.blogspot.com, 24/06/2008. /Sartori Sara, “Viaggio al Casilino 900”, Agenzia AMI, 21/03/2008. / Alemanno 2.0 – Il blog ufficiale di Gianni Alemanno, “Chiusura Casilino 900: il video”, http://duepuntozero.alemanno.it , 16 /02/2010. / Il Carattere, “L’esperienza del Casilino”, 31/01/2010.
// 2 _ ARTICOLI, COMUNICATI, MANUALISTICA: / “Nomadi dell’ex Casilino 900 occupano per alcune ore palazzo a Tor Cervara”, Il Messaggero, sezione Roma, 29/01/2011. / Lisi Nino, “Le tre giornate di San Paolo”, U Velto, Roma, 28/04/2011. / Baraggino Franz, “Emergenza rom? Il Comune di Roma ha già buttato 34 milioni”, Il FattoQuotidiano, 9/02/2011.
_ ATTI, DOCUMENTI: / Commissario Delegato per l’emergenza nomadi nella Regione Lazio (a cura di), “Regolamento per la gestione dei villaggi attrezzati per le comunità nomadi nella Regione Lazio”, Roma, 18/02/2009.
// 3 _ ARTICOLI, COMUNICATI, MANUALISTICA: / Careri Francesco, “Spaces Metropoliz. Stazione Rom-A”, Abitare, Milano, n. 503, 06/2010.
_ ATTI, DOCUMENTI: / Comune di Roma, Delibera di Giunta comunale n.124 del 13 aprile 2011.
// 4 _ ARTICOLI, COMUNICATI, MANUALISTICA: / Agostini G., Bucalossi G., Orefice M., Palladini C., Pietrangeli G., a cura di, “Inventare l’abitare”, Consiglio Regionale del Lazio, Ass. Culturale Idealab_06, Coop. Inventare l’Abitare, 2011. / Baduel Alessandra, “La mia casa è di recupero”, in “D” settimanale di La Repubblica. / Bianchi D., Zanchini E., a cura di, “Ambiente Italia 2011, il consumo di suolo
166
in Italia”, annuario di Legambiente elaborato dall’Istituto di Ricerche Ambiente Italia, edizioni Ambiente. / Caudo Giovanni, “Case di carta: la “nuova” questione abitativa”, 12/2005. / Comunità di Sant’Egidio “Rapporto sulla povertà a Roma e nel Lazio 2011”, Leonardo International. / Giannoli V., in Repubblica.it “Occupato deposito Atac S.Paolo “Salviamo Roma da Svendopoli”. / Maury, Yann relazione del convegno “Autorecupero e autocostruzione”, Roma, 05/2011. Rizzo R., “Intervento al Convegno Europeo Autocostruzione e autorecupero. Forme e politiche di un nuovo servizio pubblico per l’alloggio sociale”, Roma, 05/04/2007. Ruggero Alessandra, “Esperienze di cittadinanza comune: l’autorecupero” paper for the Espanet Conference “Innovare il welfare. Percorsi di trasformazione in Italia e in Europa”, Milano, 29/09 - 01/10 2011. Sfragasso Giovanna in IlCorriereLaziale.it “Vendesi Porta Portese, Idroscalo e Cinema Nuovo Sacher”, 29/06/2010. Unione Inquilini Roma “Quanti sono i residence e di chi sono?”, 03/2011. / “Piano Nomadi due anni dopo, il bilancio-denuncia dell’associazione 21 luglio”, luglio 2011, www.paesesera.it.
_ ATTI, DOCUMENTI: / Regione Lazio, L.R. 11 dicembre 1998, n. 55, in materia di “Autorecupero del patrimonio immobiliare”. / 175ª Proposta (Dec. G.C. del 18 novembre 2009 n. 108) Indirizzi per il “Piano Casa” del Comune di Roma. / D.lgs. 28 maggio 2010 n.85 in materia di “federalismo demaniale”. / 60a proposta Dec. G.C. del 25 giugno 2010 n.51 Approvazione del “Piano delle alienazioni e valorizzazioni degli immobili militari della Città di Roma”. / Comitato delle caserme, Osservazioni alla delibera n.8 del 28/29 ottobre 2010. / 35ª Proposta (Dec. G.C. dell’11 aprile 2011 n. 33). Programma generale per la riconversione funzionale degli immobili non strumentali al Trasporto Pubblico Locale previsti dal Piano Pluriennale 2009-2020 di ATAC Patrimonio S.r.l. ai sensi dell’art. 84 comma 4 delle Norme Tecniche di Attuazione del vigente PRG. / Regione Lazio, L.R. 13 agosto 2011, n. 10. “Piano casa Lazio”.
167
INDICE delle FIGURE
1 0/1 Percentuale della popolazione rom rapportata alla nazionale in alcuni Paesi Europei
12
0/2 Numero di rom, sinti e camminanti sul territorio italiano e nelle città di Milano, Napoli e Roma
13
0/3 Mappa d’inserimento del Casilino 900 a Roma
24
0/4 Mappa delle principali migrazioni presso il Casilino 900
27
0/5 Variazione della popolazione al Casilino 900 tra gli anni ‘60 e 2000
168
28-29
0/6 Mappa di distribuzione degli abitanti per provenienza
35
0/7 Scheda descrittiva di “savorengo Ker”
37
0/8 Mappa degli insediamenti rom esistenti alla presentazione del Piano Nomadi
44
0/9 Mappa degli insediamenti rom previsti dal Piano Nomadi
48
10/ Mappa di delocalizzazione degli abitanti del Casilino 900 nelle altre strutture cittadine
49
11/ Scheda descrittiva del campo attrezzato di via dei Gordiani
50
12/ Scheda descrittiva del campo attrezzato di via di Salone
51
13/ Scheda decrittiva del CER di via Amarilli
52
14/ Scheda descrittiva del campo attrezzato di via Candoni
53
15/ Scheda descrittiva del campo attrezzato Camping River
54
16/ Scheda di bilancio economico del Piano Nomadi
57
2 17/ Pianta del Camping River
64
18/ Percorso dal centro di Roma al camping River
73
19/ Modello del Camping River e testimonianze
82-83
3 20/ Scheda di esempio di autorecupero a Roma
135
21/ Federalismo demaniale_ mappa di localizzazione dei complessi edilizi
141
22/ Patrimonio ATAC_ mappa di localizzazione dei complessi edilizi
143
23/ Patrimonio Ministero della Difesa_ mappa di localizzazione dei complessi edilizi
145
24/ Schemi di destinazione abitativa del complesso in via di Tor Pagnotta e dell’ex deposito “San Paolo”
147
25/ Schemi di destinazione abitativa dell’ex rimesse “Vittoria” e “Tuscolana”
148
26/ Schemi di destinazione abitativa dell’ex caserme in via Guido Reni e viale Angelico
149
27/ Schemi di destinazione abitativa dell’ex caserme “Ruffo” e “Medici”
150
28/ Schemi di destinazione abitativa dell’ex caserme “Piccinini” e “Donati”
151
29/ Strategia di recupero del patrimonio immobiliare pubblico dismesso
152
30/ Assonometria d’inserimento nel contesto dell’ex rimessa “San Paolo”
154
31/ Proposta di autoreceupero dell’ex rimessa “San Paolo”
156
169