Una volta erano Sante, adesso sono Dee. Santa Anoressia e Anoressie Contemporanee
Annamaria Amura
Una volta erano Sante, adesso sono Dee Progetto fotografico per il tema Anoressia e Bulimia A cura di Annamaria Amura 2014 ISIA Urbino, (PU) Istituto Superiore per le industrie Artistiche Biennio in Fotografia per i Beni Culturali Teoria e tecnica della fotografia Analogica A.A. 2012/2013 Docente: Paola Binante Fotografie, Testi e impaginato: Annamaria Amura In copertina: Fotografia di Andrzej Dragan, elaborazione grafica Annamaria Amura Finito di stampare a Giugno 2014
Una volta erano Sante, adesso sono Dee.
isiaurbino
Sommario • Schiavi della volontà.......................................................................................................... 7 • Il digiuno come metafora dell’incontro con Dio............................................................9 • La Santa Anoressia............................................................................................................15 • Il fenomeno PRO-ANA...................................................................................................17 • Prima erano Sante adesso sono Dee...............................................................................22 • Bibliografia.........................................................................................................................26 • Tavole fotografiche............................................................................................................29
“Sono così. Esisto in questo oscillare. Mai ferma, mai solo una cosa o un’altra, mi muovo costantemente da un lato al limite più estremo dell’altro.”
Schiavi della volontà Il corpo ha sempre rappresentato un campo privilegiato d’indagine, autoriflessione e analisi. Intorno a questo si concentrano credenze, pregiudizi, falsi miti, che storicamente sono stati responsabili dell’atteggiamento culturale di popoli ed epoche. Esso è il tramite immediato nel contatto con il mondo, facilmente visibile e prima parte di noi a essere riconosciuta dagli altri, approccio al nostro io, per di più subisce cambiamenti visibili e continui, manifestando palesemente i segni dell’avanzare degli anni, della malattia, delle mutazioni fisiologiche. Inoltre il corpo rappresenta l’altra faccia della medaglia della dualità dell’esistenza: Corpo e Anima, Razionalità e Istinto, Spirito e Materia, Luce e Ombra. Il legame tra il corpo e la razionalità si può trovare nella filosofia di Schopenhauer soprattutto nell’opera “Il mondo come volontà e rappresentazione”. Egli dimostra che il corpo è un oggetto che può essere veramente conosciuto nella sua totalità e immediatezza. Infatti, ogni uomo sa per intuizione immediata di essere un corpo che soffre per il bisogno e gioisce per la soddisfazione. Accade così che ogni movimento del corpo è l’esplicitazione della volontà, tanto che il volere e l’azione del corpo che ne consegue sono un’unica cosa: il volere coincide con l’azione. Tutti i corpi sono messi in moto dalla volontà e dall’istinto, impulsi inconsapevoli irrazionali ma anche contraddittori. La volontà genera continuamente bisogni e desideri, spesso anche incoerenti tra loro. Egli sostiene che l’unico modo che permette una reale liberazione della volontà è il completo controllo sul corpo, la sua negazione attraverso l’ascesi, ossia la castità e la ricerca di una spiritualità extracorporea, con l’astinenza dai piaceri del corpo e del cibo. Volontà e istinto possono quindi spingere a vivere tramite il piacere del corpo e del cibo, oppure indurre a rifiutare il corpo e il cibo in nome di una purezza dell’anima, scelte che inevitabilmente modellano il corpo fisico, il nostro io esteriore, e che ci inducono quindi a desiderare il massimo controllo su esso. Considerato strumento di totale autocontrollo per eccellenza in tutte le epoche e religioni è il digiuno. La prima azione volontaria alla quale possiamo ricorrere per iniziare un percorso di controllo completo su noi stessi e sugli altri è quella che regola i bisogni primari del corpo, quindi relativi al nutrimento.
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“Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” Mt 4,4
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Il digiuno come metafora dell’incontro con Dio La dieta alimentare seguita dall’uomo è da sempre strettamente legata alla sua appartenenza sociale, il cibo mette in risalto ciò che differenzia un uomo da un altro distingue una cultura da un’altra nel suo aspetto sociale e religioso. Non a caso tutte le religioni impongono ai fedeli delle regole alimentari da seguire, e tutte ritengono il cibo come un vettore che facilita il dialogo tra gli uomini e realizza al tempo stesso l’incontro con Dio. La dieta dell’uomo primitivo era molto simile a quella degli animali, ma la scoperta del fuoco ha permesso numerosi e nuovi processi culturali. L’animale non cucina per mangiare perché gli è sufficiente raccogliere e cacciare. L’uomo, invece, si serve di strumenti per preparare il cibo: la cucina, inevitabilmente, registra i continui passaggi culturali che caratterizzano l’umanità. Gli animali si nutrono, mentre sono solo gli uomini che mangiano. In queste svolte storiche, la sfera religiosa agisce ed è agita dall’ambiente sociale. Ogni religione impone che il rapporto tra creatura e Creatore, si declini attraverso mediazioni simboliche. Il cibo, tra queste, costituisce un potente paradigma religioso. Ieri come oggi i fedeli riconoscono nel mangiare e nel bere azioni cariche di un forte significato religioso dettate dalla convinzione che il rispetto delle norme permette al fedele avvicinarsi al divino. Nel corso dei secoli tutte le grandi religioni del mondo hanno dedicato particolare attenzione al rapporto dell’uomo con il suo corpo, e in particolare alla pratica del digiuno, considerato uno strumento di autocontrollo, precetto dottrinale, metodo di ascesi che richiama alla sobrietà e veicolo di elevazione al trascendente. L’astensione dal cibo assume di volta in volta significati diversi. Il digiuno volontario è quindi una pratica antichissima che compare, con una certa costanza, in ogni parte del mondo e presso l’intero genere umano. All’inizio della storia, era gia conosciuto in India, in Persia, in Cina ed in Grecia. Digiunavano anche I Fenici, gli Egizi, gli Assiri ed I Babilonesi, I Druidi in Europa e gli Indiani d’America dell’epoca pre-colombiana. E’ tuttora adottato da molte tribù africane ed australiane. Questa pratica compare in tutte le religioni: nella giudeo-cristiana, nella religione islamica, di cui è uno dei cinque precetti fondamentali, nei Veda, nel bramanesimo, nell’ induismo, nella tradizione yogica e nel giainismo. E’ tuttora praticato dai buddhisti tibetani. Praticavano il digiuno gruppi mistici o iniziatici come I pitagorici, gli esseni, I sufi, I catari, Iterapeuti, gli stiliti e molti celebri anacoreti. Fra le figure più note della storia che ricorsero a lunghi digiuni nel momento cruciale della propria vita, ricordiamo: Mosè che intorno al 1250
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a.c. Sul monte Oreb digiunò quaranta giorni prima di ricevere le tavole della legge e reiterò questa pratica per altri quaranta giorni prima di distruggere il Vitello d’Oro. Il profeta Elia, quattro secoli dopo, digiunò quaranta giorni nel deserto, prima di salire anch’egli sul monte Oreb ed essere illuminato. Gesù, all’età di ventotto anni, per prepararsi alla predicazione, “digiunò nel deserto per quaranta giorni e quaranta notti, dopo di che ebbe fame” (Mt 4.2). Pitagora, prima di andare in Egitto per apprendere nuovi insegnamenti, digiunò quaranta giorni. San Francesco, a Fonte Colombo, vicino Rieti, digiunò quaranta giorni prima di dettare le regole del suo ordine. Ricorsero al digiuno molti altri personaggi celebri della storia: San Benedetto, Francesco di Paola, Chiara d’Assisi, Caterina da Genova, Bernardo di Chiaravalle, Romualdo dei Camaldolesi, Tommaso d’Aquino, Ignazio di Lodola, Francesco di Sales ed ancora - in tempi più recenti - Gandhi, Aurobindo, Yogananda, Krishnamurti ed il gran mistico Al-Qadir al-Gilani. Spesso, il linguaggio religioso è ricco di metafore alimentari come “nutrimento dell’anima”, “cibo spirituale” “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4,4). La tradizione cristiana, fin dai primi Padri del deserto, si è rapportata con il cibo a partire da questa affermazione evangelica. Se si sfogliano le pagine della Filocalia, i quattro volumi che raccolgono gli scritti dei Padri della Chiesa orientali, sono numerosi i rimandi alla necessità di un cibo moderato e non ricercato per il benessere spirituale. Il cibo non deve diventare ossessione per l’uomo, in quanto sta scritto: “Per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre” (Mt 6,25-26). “Quanto all’astinenza da certi cibi, la Parola non ci ha proibito qualcosa in particolare, ma ha detto: Ecco, vi ho dato tutto, mangiate tutto come gli erbaggi, senza indagare in nulla, e: Non ciò che entra nella bocca contamina l’uomo. L’astenerci dai cibi dipenderà dunque dalla nostra determinazione e sarà una fatica lasciata alla scelta della nostra anima”. La scelta del digiuno diventa da subito, quindi, atto libero. È la volontà dell’uomo che spinge al digiuno, non un’imposizione divina. I Padri del deserto non propongono, ad ogni modo, una vita di digiuno e di stenti, ma di moderazione e di sobrietà, viene condannato l’abuso che in ogni dimensione di vita è origine del peccato. I Padri lasciano in eredità alla tra-
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dizione cristiana l’esigenza di una vita sobria, senza appesantimenti di ogni genere e centrata sulla ricerca di ciò che è realmente essenziale. Per i musulmani il motivo del digiuno è l’autocontrollo. Secondo questa religione monoteista, quando una persona è vinta dai desideri e dalle brame materiali, diventa negligente riguardo al proprio essere spirituale e indifferente agli obblighi imposti dal Creatore. Perciò, per aiutare l’uomo a combattere queste bramosie materiali, l’Onnipotente ha imposto il digiuno come obbligo. Il digiuno durante il mese del Ramadan non è per un’espiazione o un pentimento. Non è neppure una specie di castigo; è, invece, un rito religioso caratterizzato da un proposito positivo. Esso ha anche una dimensione sociale perché con il digiuno la persona può avere una conoscenza migliore dei doni di Dio ricevuti e, così, aprirsi con più compassione e carità verso i disagiati e gli emarginati. Il digiuno include l’astensione, dall’alba al tramonto, da tutti i piaceri carnali come, ad esempio, il cibo e il sesso. Per i Bahá’í, un movimento che nasce nel contesto dello shaykhismo di Ahmad al- Ahsa’i (1753-1826), corrente sciita minoritaria caratterizzata da forti toni messianici, gli obblighi principali sono la preghiera e il digiuno. In primavera, nel mese di Ala, vi è un periodo di digiuno di diciannove giorni, dall’alba al tramonto, simile, nella sostanza, al ramadân islamico. Anche per il buddhismo il digiuno è un modo per esercitare il controllo sul proprio corpo, un mezzo per ottenere un livello più alto di spiritualità, cioè “svegliarsi”, una fase iniziale di autodisciplina. Buddha stesso aveva digiunato prima di essere “illuminato” e la sua illuminazione non giunge durante il digiuno ma subito dopo, cioè dopo averlo interrotto. Questo avviene perché non è il cibo, né l’astensione da esso che porta alla “liberazione”, ma la moderazione. Nelle scritture indù, il digiuno (sanskrita upvas) è un grande strumento di autodisciplina che stabilisce un rapporto armonioso tra il corpo e l’anima, portando l’uomo ad accordarsi con l’assoluto. Secondo la filosofia indù il cibo significa gratificazione del corpo e, invece, affamare i sensi vuol dire elevarli alla contemplazione. Attraverso il controllo del corpo fisico, delle emozioni e della mente, si può arrivare all’obiettivo finale della conoscenza incondizionata, o liberazione dal ciclo della rinascita, in unione con il trascendente sia personale, sia impersonale. Il digiuno è molto importante anche nella tradizione giainista, antica religione o filosofia che non venera divinità definite, basata sugli insegnamenti
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di Mahavira (559-527a.C.), un asceta di nobile estrazione che indicava la via alla perfezione umana sulla base della non violenza. In molte scuole giainiste i laici digiunano nell’ottavo e nel quattordicesimo giorno di ogni mese lunare. Per quanto si discuta se questo aspetto fosse originariamente estraneo alla tradizione giainista, e di origine posteriore, per i laici – e in una certa misura per i monaci – una serie di pratiche devozionali nei templi ha oggi grande rilievo. Uno degli aspetti più paradossali della vita spirituale giainista è il samlekhana, un digiuno particolarmente severo, condotto nella meditazione e nella preghiera, talora protratto fino alla morte, che in tal caso è definita “la morte del saggio”. In pratica, sono pochi oggi i giainisti che scelgono questa pratica estrema. Il più noto maestro contemporaneo di origine giainista è Osho Rajneesh (1931-1990). Digiuno e astinenza non sono forme di disprezzo del corpo, ma strumenti per rinvigorire lo spirito, rendendolo capace di esaltare, nel sincero dono di sé, la stessa corporeità della persona. Il senso cristiano del digiuno e dell’astinenza si applica anche ad altri ambiti della vita e non solo all’ambito dell’alimentazione, i credenti sono chiamati non solo a coltivare una più grande sobrietà di vita, ma anche ad attuare un più lucido e coraggioso discernimento nei confronti delle scelte da fare in alcuni settori della vita. Per esempio alcuni comportamenti che possono facilmente rendere tutti, in qualche modo, schiavi del superfluo e persino complici dell’ingiustizia vanno evitati e farlo significa attuare una forma particolare di digiuno. Alcuni esempi sono: - il consumo alimentare senza una giusta regola, accompagnato a volte da un intollerabile spreco di risorse; - l’uso eccessivo di bevande alcooliche e di fumo; - la ricerca incessante di cose superflue, accettando acriticamente ogni moda e ogni sollecitazione della pubblicità commerciale; - le spese abnormi che talvolta accompagnano le feste popolari e persino alcune ricorrenze religiose, ecc. Anche la delicata attenzione agli altri è una caratteristica irrinunciabile del digiuno cristiano, al punto che esso è sempre stato collegato con la carità: il frutto economico della privazione del cibo o di altri beni non deve arricchire colui che digiuna, ma deve servire per aiutare il prossimo bisognoso. Al giorno d’oggi le loro parole, suonano come preziose istruzioni non solo per la vita spirituale, ma anche per una sana vita psichica e fisica. I Padri della Chiesa orientale e occidentale non negano la necessità di alimentazione, pur conducendo uno stile di vita rigoroso e spesso ascetico che impone una dietetica particolare. Sant’Antonio assumeva ogni due o tre giorni un tozzo di pane con un pizzico
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di sale e acqua, Il loro digiuno era come ‘monitorizzato’ e non raggiungevano mai il deperimento fisico, tanto che hanno vissuto fino a tarda età. Il digiuno, così, diventa sempre più una scelta per purificarsi e per vincere ogni forma di piacere, al costo di stenti, allucinazioni e tentazioni da fronteggiare. Il digiuno e l’astinenza dal cibo sono un atto di libertà e di volontà. Chi non ha forza interiore, motivazione, determinazione e, soprattutto, un fine ben chiaro non può digiunare. Il non mangiare è stata anche una scelta di protesta sociale per molti dal Medioevo ai giorni nostri.
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La Santa Anoressia Nel Medioevo il controllo, le rinunce e le torture al proprio corpo erano intese non tanto come rigetto del fisico, ma come modalità di accesso al divino. Gradualmente le manifestazioni di rinuncia al proprio corpo divennero una peculiarità delle donne, per cui questo periodo è stato definito quello delle “Sante anoressiche”. A partire dal primo Medioevo, prendendo in considerazione la vita della Sante si individuano dal 1206 al 1937, ben 261 anoressiche, di cui 101 donne sono state proclamate sante e beate. Santa Chiara d’Assisi, santa Caterina da Siena, santa Teresa d’Avila, la beata Angela da Foligno sono tra le più note “sante anoressiche” che nella loro vita si sono opposte con tutte le forze dall’alimentazione. Tutte le Sante, infatti, indicano la loro scelta come una via di purificazione, di penitenza e, soprattutto, come modo per lasciare spazio a Dio. Vogliono rimanere vuote dentro, per poter ospitare l’unico alimento a cui attribuiscono dignità: l’ostia consacrata, il cosiddetto pane angelico. Il corpo della donna era vissuto come espressione di attributi sessuali, come le forme arcuate e il seno prominente, che si pensava fossero autoprodotte, mentre il corpo maschile era “forgiato da Dio” dall’esterno. Questa supposizione era confermata dall’estrema predisposizione del corpo della donna a manifestare cambiamenti sia in senso di chiusura o limitazione, come la facilità alla trance, alla levitazione, ai blocchi catatonici e all’evidente predisposizione molto rapida all’ascetismo e all’anoressia, che di apertura o produzione spontanea, come la lattazione e l’essudazione di sangue, le stigmate -presenti in almeno quindici sante medievali, con sanguinamento al momento di assumere l’eucarestia; mentre nei santi sono comparse nella storia solo in S. Francesco e Padre Pio- e, infine, la conservazione del corpo dopo la morte. Soffermandoci specificamente sull’anoressia come caratteristica di santità, essa compare nel 1200 e termina nel 1500 quando Teresa d’Avila, santa spagnola che partecipò con forza mistica e spirituale alla riforma cattolica, rinvigorendo interi ordini religiosi, cominciò a usare costantemente un ramoscello d’ulivo per indurre il vomito e liberare totalmente lo stomaco, onde poter accogliere degnamente l’ostia consacrata che divenne la sua unica fonte di sostentamento. Da un’indagine condotta da Rudolph Bell su 170 sante italiane del Medioevo, la metà presenta una caratteristica anoressia. Anche i vissuti e le espressioni emotive delle donne erano censurati. Le emozioni provate erano considerate dalle sante medievali come esperienze mistiche derivanti dall’incontro con Dio. Margherita da Faenza, Angela da Foligno, Margherita da Olingt si paragonavano ad un esile arbusto con
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cinque rami, che rappresentavano i cinque sensi, che potevano fiorire solo grazie ad un ruscello -rappresentante il Cristo- che animava tutta la loro sensorialità, compresa l’attivazione sessuale. L’anoressia e le altre manifestazioni corporee diventano nel Medioevo l’unica possibilità per la donna di affermare il proprio potere nel ruolo sociale, mistico-religioso. Una donna era destinata a sposarsi con chi era designato dalla famiglia di origine, oppure a entrare in un convento di clausura. In tal caso, però, non poteva studiare e non acquisiva il potere clericale di parlare in pubblico e predicare. Solo una rinuncia eclatante al proprio corpo permette alla donna di favorire, trasmettere e viversi le sensazioni e i desideri come manifestazione di fede ed espressione religiosa. La “Santa anoressica” trova così una possibile conferma nel proprio ruolo di potere mistico, attraverso la possibilità di convincere della sua santità i confessori spirituali a cui veniva affidata e a cui non cedeva, come non aveva ceduto alla famiglia, quando le veniva richiesto di guarire riprendendo a nutrirsi. L’anoressia, insieme alla flagellazione e altre sofferenze corporali, diventa il mezzo per avviare alla santità la donna il cui corpo era simbolo di lussuria, debolezza e irrazionalità. La sofferenza corporale assume diverso significato, a seconda se era agita da uomini o donne. Un esempio eclatante è il famoso miracolo di Valburga del IX sec., riportato costantemente come racconto popolare nel periodo medievale. Un uomo e una donna sofferenti di disturbo alimentare con anoressia e vomito, vengono portati davanti alla santa reliquia: all’uomo appaiono tre suore che lo curano dalla sua riluttanza per il cibo, offrendogli pazientemente un calice e riuscendo amorevolmente a fargli riprendere la nutrizione. Per la donna, invece, il miracolo consisteva nel perseverare nell’anoressia guarendo dalla voracità delle crisi bulimiche ricorrenti, e resistendo divinamente al cibo mantenendo l’astinenza per ben tre anni! Dopodiché sopraggiunse la morte e l’assunzione al Cielo.
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Il fenomeno PRO-ANA Come si è visto generalmente il digiuno e in generale l’atteggiamento verso il cibo è sempre in qualche relazione con valori etico-religiosi finalizzati al benessere fisico e all’elevazione spirituale d’individui e gruppi sociali. Tuttavia in tempi recenti il rifiuto del cibo ha assunto significati e manifestazioni patologiche al punto che il rifiuto del cibo e, in particolare, la magrezza, sono stati trasformati in valori spirituali che spingono a realizzare una forma peculiare di “estrema perfezione” unita all’adorazione verso divinità inusuali e inquietanti, come la cosiddetta Dea Ana, con la nascita di nuove divinità del III millennio, da venerare, a cui rendere omaggio e sacrifici. In nome di queste divinità milioni di adepte intraprendono una ricerca spirituale che può annullare tutto in vista solo della magrezza. Si chiama Pro-Ana e rappresenta uno dei nodi di intreccio tra web, psicologia e psicopatologia. I blog e i siti Pro-Ana sono luoghi virtuali caratterizzati da un’estetica e un linguaggio tutto loro, ricco di elementi distintivi utili a sentirsi “community”: una delle usanze è denominare Ana -AnorexiA-, l’anoressia e Mia- BuliMia- la bulimia. Un modo di rendere innocue e trasgressive, nel contempo, le patologie alimentari, che vengono trattate come personaggi, semidivinità o, semplicemente, amiche. In Italia- dati del 2010- sarebbero 500.000 le ragazze portatrici del disturbo e tra queste crescono continuamente le fila di quelle che decidono di partecipare a blog a favore dell’anoressia e della bulimia. Al termine degli scambi di esperienze, le frasi di saluto che si possono leggere sono scioccanti: “Nel nome di Ana” o “Ana ti amo” o “Ana Love”: un vero e proprio “culto del digiuno” e un rifiuto patologico del cibo rivestito di spiritualità autodistruttiva che interpella non solo i professionisti del settore ma anche la società, le famiglie e la scuola chiamati a comprendere e prevenire il fenomeno e soprattutto a limitarne la diffusione, molto facile ed immediata grazie alle potenzialità comunicative della rete. La moda Pro-Ana nasce negli Stati Uniti alla fine degli anni novanta e arriva in Italia nei primi anni duemila. In tutto il mondo si contano circa trecentomila siti e blog personali a favore dell’anoressia con un aumento, secondo il monitoraggio di Optinet, del 470% dal 2006 a oggi. In Italia una ricerca dell’ Eurispes del 2008 ha censito duecentosessantadue blog Pro-Anoressia le cui autrici hanno in media diciassette anni, con non poche eccezioni di ragazze più giovani, di dodici, tredici anni. Il primo sviluppo si è registrato con la realizzazione di blog e diari personali, strutturandosi poi attraverso forum e social network, come Facebook, Myspace, Twitter.
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Sono pagine web di difficile accesso, in cui le parole “anoressia “e “bulimia” sono spesso evitate per non apparire facilmente nei motori di ricerca. Una caratteristica peculiare tecnica è inoltre l’impossibilità di monitorar la nascita e l’evoluzione a causa della velocità con cui sono chiusi e ricreati, rendendo inefficace quell’azione repressiva incoraggiata in diversi paesi. In Francia ad esempio, si è di recente deliberato che i gestori di siti Pro-Ana, e più in generale chi promuove i disturbi alimentari, devono essere puniti con una multa fino a trentaduemila euro e due anni di carcere. Per avvicinarsi all’universo Pro-Ana occorre collocarlo e pensarlo nel contesto in cui esso si sviluppa, nello spazio virtuale, leggibile come apertura verso nuove dimensioni che offrono la possibilità di aumentare, velocizzare, amplificare le occasioni di incontro, relazione, rappresentazione dell’identità. L’organizzazione dell’esperienza soggettiva, espressa in forma narrativa, nel virtuale, assume alcune caratteristiche specifiche. Le narrazioni virtuali di fatto, mediano tra l’individuo e la realtà esterna e gli consentono di presentarsi alla comunità on line attraverso nuovi codici di espressione, di rintracciare negli elementi narranti le molteplicità del proprio Sé, garantendo, paradossalmente, un senso si continuità personale. Rispetto alle connessioni tra narrazione e anoressia si è assistito negli ultimi tempi all’emergere di un vero e proprio genere letterario: le autobiografie di donne che hanno avuto una storia anoressica. In questo caso la narrazione dell’anoressica diventa una modalità per riflettere sull’esperienza raccontata, mentre nell’universo virtuale, il blog si propone come forma di costruzione del Sé quotidiano, e diventa un ambiente psico-tecnologico ad alta valenza identitaria, che risponde al bisogno di svuotarsi, condividere pensieri, ricevere consigli. Ogni blog Pro-Ana è il frutto di un vero e proprio prodotto creativo nel quale le autrici riversano tutta la complessità delle loro esperienze di vita. Se per anni i diari cartacei si sono gonfiati per contenere tutte le storie delle loro artefici, oggi tali limiti fisici sono sostituiti da confini astratti. Si tratta di spazi virtuali in grado di espandersi in maniera esponenziale, praticamente illimitata, lasciando dietro di se un’assoluta immaterialità. In tal senso le possibilità aperte del mezzo multimediale sembrano essere molto vicine all’onnipotenza anoressica dove l’espansione di Sé pare passare attraverso l’annullamento della propria fisicità. Si parla di anoressia come libera scelta, stile di vita, orgoglio di pochi. Si parla di corpi ingombranti, di idee per raggiungere i propri scopi ed ideali. Tra questi c’è Ana, una dea cui viene offerto in sacrificio il proprio percorso di privazioni. Ana assume i contorni di un’icona religiosa che va servita , anzitutto, attraverso
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il rispetto dei sui dieci comandamenti. Generalmente il digiuno e in generale l’atteggiamento verso il cibo è sempre in qualche relazione con valori etico-religiosi finalizzati al benessere fisico e all’elevazione spirituale d’individui e gruppi sociali. Tuttavia in tempi recenti il rifiuto del cibo ha assunto significati e manifestazioni patologiche al punto che il rifiuto del cibo e, in particolare, la magrezza, sono stati trasformati in valori spirituali che spingono a realizzare una forma peculiare di “estrema perfezione” unita all’adorazione verso divinità inusuali e inquietanti, come la cosiddetta Dea Ana, con la nascita di nuove divinità del III millennio, da venerare, a cui rendere omaggio e sacrifici. In nome di queste divinità milioni di adepte intraprendono una ricerca spirituale che può annullare tutto in vista solo della magrezza. Si chiama Pro-Ana e rappresenta uno dei nodi di intreccio tra web, psicologia e psicopatologia. I blog e i siti Pro-Ana sono luoghi virtuali caratterizzati da un’estetica e un linguaggio tutto loro, ricco di elementi distintivi utili a sentirsi “community”: una delle usanze è denominare Ana -AnorexiA-, l’anoressia e Mia- BuliMia- la bulimia. Un modo di rendere innocue e trasgressive, nel contempo, le patologie alimentari, che vengono trattate come personaggi, semidivinità o, semplicemente, amiche. In Italia- dati del 2010- sarebbero 500.000 le ragazze portatrici del disturbo e tra queste crescono continuamente le fila di quelle che decidono di partecipare a blog a favore dell’anoressia e della bulimia. Al termine degli scambi di esperienze, le frasi di saluto che si possono leggere sono scioccanti: “Nel nome di Ana” o “Ana ti amo” o “Ana Love”: un vero e proprio “culto del digiuno” e un rifiuto patologico del cibo rivestito di spiritualità autodistruttiva che interpella non solo i professionisti del settore ma anche la società, le famiglie e la scuola chiamati a comprendere e prevenire il fenomeno e soprattutto a limitarne la diffusione, molto facile ed immediata grazie alle potenzialità comunicative della rete. La moda Pro-Ana nasce negli Stati Uniti alla fine degli anni novanta e arriva in Italia nei primi anni duemila. In tutto il mondo si contano circa trecentomila siti e blog personali a favore dell’anoressia con un aumento, secondo il monitoraggio di Optinet, del 470% dal 2006 a oggi. In Italia una ricerca dell’ Eurispes del 2008 ha censito duecentosessantadue blog Pro-Anoressia le cui autrici hanno in media diciassette anni, con non poche eccezioni di ragazze più giovani, di dodici, tredici anni. Il primo sviluppo si è registrato con la realizzazione di blog e diari personali, strutturandosi poi attraverso forum e social network, come Facebook, Myspace, Twitter.
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il rispetto dei sui dieci comandamenti. Questo è il decalogo: Se non sei magra, non sei attraente Essere magri è più importante che essere sani Compra vestiti, tagliati i capelli, prendi dei lassativi, muori di fame, fai di tutto per sembrare più magra Non puoi mangiare senza sentirti colpevole Non puoi mangiare cibo ingrassare senza punirti Più peso perdi più amore ricevi Quello che dice la bilancia è la cosa più importante Perdere peso è bene, guadagnare peso è male Non sarai mai troppo magra Essere magri e non mangiare sono simbolo di vera forza di volontà e autocontrollo. Ana, l’anoressia, è trattata come una divinità e sulla scena compaiono immagni cosiddette thinspiration, ovvero visioni di perfezione legate alla leggerezza e alla magrezza. Oltre alla ripetizione estenuante di alcuni concetti che fanno riferimento al controllo, al resistere alla fame, alla ricerca del magro e della perfezione, ciò che colpisce il visitatore è l’orgoglio di queste ragazze di appartenere al mondo anoressico. Fiere di essere Pro-Ana, fiere di identificarsi in una cerchia ristretta con miti e rituali propri.
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Prima erano Sante, adesso sono Dee Esistono suggestive coincidenze tra il comportamento di alcune sante e mistiche del passato e quello delle moderne adolescenti anoressiche: il digiuno e il dimagrimento estremo, la propensione all’ascetismo e al sacrificio, la ricerca della privazione, la negazione e la frustrazione dei bisogni del corpo, il controllo degli istinti, le distorsioni percettive indotte dal digiuno, l’inclinazione verso atti di autopunizione corporea, una qualche forma di isolamento sociale, l’aspirazione all’immortalità, il rapporto con un’immagine ideale, la vicinanza e la contiguità con al morte. Tuttavia si tratta di fenomeni che appartengono a contesti storici e culturali diversi e tra loro anche molto lontani; pur accomunati dal fatto di poter essere ricondotti ad una sorta di mistica del corpo, questi fenomeni sono descritti in modo diverso da linguaggi eterogenei difficilmente traducibili e confrontabili tra loro come quello storico, quello religioso e quello medico. Non è infatti possibile trattare queste tematiche astraendo dal contesto storico di riferimento, dal diverso significato attribuito in epoche diverse non solo all’alimentazione e al suo rifiuto, ma anche al rapporto con la corporeità, con il trascendente e con la morte. Nel corso della storia, prima che la medicina s’impossessasse del digiuno con la diagnosi di “anoressia nervosa”, si possono rintracciare le articolate vicende della rappresentazione sociale e culturale di coloro che si astengono dal cibo; tale rappresentazione è determinata dal diverso spirito del tempo che ha attribuito a chi digiuna ruoli legati al mondo della spiritualità o della divinazione, dell’eccezionale o del diabolico, prima che del patologico. Nel mondo del sacro l’astinenza dal cibo è stata intesa sia come pratica purificatrice che libera dai condizionamenti del corpo e avvicina a Dio, sia come sospettoso segno di onnipotenza e quindi di un intervento di forze demoniache. L’atteggiamento che l’anoressica mette in atto nei confronti del cibo e nei confronti del corpo rimanda agli antichi percorsi dell’ascesi e dell’astinenza e, contemporaneamente, a quei comportamenti inquietanti e inspiegabili che sono stati intesi come segno patognomonico della presenza del demonio e hanno contribuito a costruire una sorta di semiotica della possessione diabolica, singolarmente parallela a una semiotica della santità. Con il passaggio del digiuno all’interno del dominio della medicina si assiste alla trasformazione delle innumerevoli ed eterogenee storie di astinenza dal cibo nei “casi clinici” registrati dalle cartelle mediche. Il confronto e la comunicabilità tra saperi sono resi necessari dalla complessità del fenomeno dell’alimentazione che, pur essendo regolato dalle leggi biologiche della vita corporea e degli istinti, si sviluppa nella
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dimensione della cultura, contraendo un ampio rapporto con il simbolico. E’ così possibile stabilire una contiguità, se non una continuità, tra oggetti di saperi diversi. Non si tratta più, in questo caso, di applicare una diagnosi medica ai comportamenti eccezionali del passato, ma di analizzare le possibili connessioni tra i significati del digiuno religioso e di quello “profano e la “scelta” di digiunare dell’anoressica, analizzando contemporaneamente i diversi linguaggi in cui questi significati s’iscrivono. Nell’anoressia, come nel digiuno ascetico, un interrogativo fondamentale riguarda il rapporto profondo tra acquisizione e rinuncia, tra la ricerca della perfezione, il rifiuto e il controllo assoluto di ogni bisogno biologico elementare. Attraverso questa chiave interpretativa si può forse comprendere meglio la complessa problematica di un disturbo del comportamento adolescenziale che sembra essere sempre più diffuso. Secondo Rudolph M. Bell, professore di storia alla Rutgers University, le donne anoressiche partecipano tutte allo stesso meccanismo psicologico, indotto da condizioni sociali simili, che spingono la giovane a liberarsi di un mondo intollerabilmente soffocante con un totale rifiuto della società, della vita e del proprio corpo. Bell individuava nel digiuno di tutte queste donne, una forma estrema di protesta contro l’oppressione sociale, culturale e psicologica dei maschi. Maschi come gli uomini di Chiesa con cui avevano quotidianamente a confrontarsi e che presumevano di tracciare il loro cammino di vita, magari invitandole a cessare queste pratiche eccessive di mortificazione; maschi come gli uomini di famiglia, che impedivano l’esistenza di un’autonoma esperienza femminile, nel contesto sempre più costrittivo della società cittadina del tardo Medioevo, delle sue regole e delle sue esclusioni. Le anoressiche combattono contro la sensazione di essere costrette, sfruttate e impedite di avere una vita autonoma; in questa ricerca cieca di un senso d’identità e di autonomia, non accettano niente di ciò che i genitori, o il mondo intorno a loro, hanno da offrire. La situazione psichica della “santa anoressica” ha per base il concetto che essere la serva di Dio significa non essere soggetta all’autorità di nessun uomo. Cancellare ogni sensazione umana di dolore, fatica, desiderio sessuale e fame significa essere padrona di se stessa. La sola differenza con l’odierna “anoressia nervosa” – così come è stata definita a iniziare dagli studi di Gull e Lasègue nella seconda metà dell’Ottocento - è che quest’ultima si propone modelli e valori del tutto estranei a quelli della santità medievale.
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Il fatto che l’anoressia sia santa o nervosa dipende dal tipo di cultura nella quale si trova la giovane che lotta per acquisire il dominio della propria vita”. In entrambi i casi essa tende ad essere apprezzata socialmente. Le anoressiche del secolo XIV e quelle del secolo XX - osserva William N. Davis, psicologo clinico, non vogliono nutrirsi perché ne detestano le conseguenze, e pur di diventare sante o di dimagrire, accettano con gioia gli effetti del proprio digiuno. Il comportamento anoressico non fa che estremizzare, sublimandoli, valori “forti” che la cultura dominante - ovviamente maschile - è andata costruendo: “Le donne che lottavano per esprimere la loro personalità nella santità così come quelle che lottano per dimagrire, non facevano altro che consolidare l’interpretazione maschile della psicologia femminile. Oltre all’aspetto comportamentale verso il digiuno femminile, analizzato nel contesto psicologico, ci si può anche soffermare sull’uso che le donne fanno del cibo come simbolo, ponendolo in un contesto culturale, intendendo il cibo come una faccenda tipicamente femminile. Ognuno rinuncia, per avere dei meriti, a ciò che possiede e che controlla: l’uomo alla ricchezza e al potere- Francesco d’Assisi-, la donna al cibo. Quanto al ritrovare un “universale femminino” sempre improntato all’inferiorità sociale e alla volontà di riscatto della propria identità, è veramente singolare che di anoressia come patologia si parla solo quando si tratta di donne, e mai per quella pletora di santi digiunatori - maschi - che dal IV secolo in poi hanno fatto a gara per emaciare il corpo, prosciugarlo, rinsecchirlo, renderlo (proprio come il corpo delle “anoressiche”) insensibile e asessuato. Astenendosi dal cibo, scegliendo di consumare le cose meno appetibili o talvolta francamente disgustose, tanti di essi hanno messo in atto comportamenti non meno patologici di quelli femminili. Anoressici anche loro? Macché: in questi casi si chiamano in causa solo i valori simbolici e culturali del digiuno e dell’astinenza. Insomma: quando si tratta di maschi è fuori di dubbio che siamo di fronte a una scelta, a una “cultura”; se entrano in campo le donne, ecco scattare il disagio psicologico, la patologia, la pazzia. Anche se storicamente la preparazione del cibo sia stata una competenza soprattutto femminile, i comportamenti anoressici, o presunti tali, riguardano l’individuo come consumatore di cibo, non come donatore di cibo. Rinunciare al gesto del nutristi non significa rinunciare a donare cibo, tant’è che molte sante “anoressiche” si segnalano in opere di carità, come distributrici e dispensatrici di beni e, anzitutto, di cibo. Del resto anche molti uomini nei
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monasteri, hanno avuto a che fare con le pratiche di cucina, o magari - trattandosi di “anoressici culturaliâ€? - di anti-cucina: penso alle tecniche di vera e propria distruzione dei sapori e del gusto dei cibi, attestate in certi casi agiografici di etĂ medievale e moderna.
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Bibliografia Vandereycken W., Van Deth R. Dalle sante ascetiche alle ragazze anoressiche. Il rifiuto del cibo nella storia. 1995 Editore Cortina Raffaello, collana Scienza e idee Santonastaso P. Digiuno, ascesi e anoressia. Acquisizione e rinuncia nella ricerca della perfezione. 1996 Università di Padova Margherita G. Anoressie contemporanee. Dal digiuno ascetico al blog Pro-Ana. FrancoAngeli editore 2013 Milano. Schopenhauer A. il mondo come volontà e rappresentazione, Mursia editore, Milano 1982.
Web Costantino S. Quando la santità odora di fame.2010 https://quattrocentoquattro.com/2010/01/29/quando-la-santita-odora-di-fame/ Blog Noi Pro-Ana http://www.tuoblog.it/proanamanonpazza/82349/53+Consigli+UTILISSIMI%3A.html Margarino A., Anoressia e vita religiosa. A scuola dalle “sante anoressiche”. http://sognandoemmaus.ilcannocchiale.it/2008/10/22/anoressia_e_vita_religiosa.html Dott. Ada Cortese, Sante Ascetiche o ragazze Anoressiche? http://www.geagea.com/20indi/20_03.htm Salani M., Il cibo, metafora dell’incontro con Dio http://www.unipi.it/athenet/26-27/art_11.htm Di Marzio R., Religione e Digiuno http://www.benessere.com/alimentazione/arg00/religione_digiuno.htm Storia del digiuno http://www.vegetarian.it/mra.php?id=storia_del_digiuno&rid=mra
Siti Pro Ana e Mia ilregnodiana.blogspot.com, anorexicstar.spilder.com, bimbamekkanica.spilder.com, liberadentro.spilnder.com, perfectiongirl.spilder.com, piumettad.spilder.com, proanapersempre.blogspot.com, psycokill3r.spilder.com, thinspodoll.spilder.com anfeananonmagia.spilder.com
Una volta erano sante, adesso sono Dee
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Consigli utilissimi Come vi avevo promesso, ecco qui le regole da seguire per cercare di non mangiare. Posted: 01:56, 29 July 2011 in Noi Pro-Ana
Bevi un bicchiere d’acqua ogni ora. Ti farà sentire piena - Bevi acqua ghiacciata. Il tuo corpo brucerà calorie per riportare l’acqua a una temperatura adatta per la digestione. - Mangia ghiaccioli o gomme da masticare quando hai fame. Questo farà pensare al tuo corpo che ha ricevuto cibo ma senza calorie. -Mangia cibi piccanti. Accelerano il tuo metabolismo. -Fai delle docce fredde perché il tuo corpo brucerà calorie per riscaldarti.- Lega un elastico attorno al polso e fallo schioccare quando vuoi mangiare. - Pulisci qualcosa di schifoso come il bagno, secchio dell’immondizia, lettiera del gatto, quando hai voglia di mangiare. - Mantieni i tuoi capelli in buone condizioni, così nessuno sospetterà nulla. - Trova un lavoro, così avrai da lavorare durante l’orario dei pasti.- Fai esercizio il doppio dell’ammontare delle calorie che hai mangiato. - Usa piatti e posate piccole, ti sembrerà di aver mangiato di più. - Mastica completamente ogni boccone di cibo e bevi un sorso d’acqua fra un boccone e l’altro. Ti sentirai piena velocemente senza aver mangiato molto.- Racconta che stai andando a mangiare a casa di un’amica e invece vai a camminare. Brucerai calorie anziché assumerne. - Compra dei vestiti di taglie più piccole e appendili dove li puoi vedere. Ti motiverà a perdere peso per poterli indossare. - Dormi almeno 6 ore a notte. Dormire meno di 6 ore diminuisce il tuo metabolismo del 15 %. - Se incominci a sentire fame fai addominali o datti dei pugni nello stomaco. Non sentirai più fame. - Viziati! Fai una maschera, mettiti lo smalto sulle unghie, tutto ciò che ti fa sentire carina. - Preparati uno snack, ma anziché mangiarlo gettalo via. Lascia il piatto sporco dove i tuoi genitori lo possano trovare, così penseranno che tu abbia mangiato. Preparati una lista di scuse per cui non puoi mangiare: sei malata, sei vegetariana, sei allergica, ecc. Ti meraviglierai per quante scuse esistano. - Esci di casa! Sei non ci sei nessuno può infastidirti per il fatto che non mangi. - Frequenta un gruppo pro-ana o crea un tuo sito web personale. Qualsiasi cosa che ti mantenga motivata. - Fai un album Ana con ritagli di modelle magre. Scrivi sotto tutte le ragioni per cui desideri perdere peso. Segna tutto ciò che mangi. Sfoglialo ogni giorno per ispirarti a dimagrire. - Mantieniti la postura eretta, brucia il 10 % di kcal. - Invece del cibo compra qualcos’altro, una nuova maglietta, fiori, bigiotteria. - Fai una lista di tutti i cibi “cattivi” che desideri insistentemente e fai attenzione quando li mangi. Ogni giorno, scegline uno da togliere assolutamene dalla tua dieta, non importa quale, non mangiarlo più. Togline uno dalla lista ogni giorno fino a quando non ci saranno più cibi “cattivi” che ancora assumi. - Evita l’alcool! Un cicchetto di liquore ha 100-120 kcal, un bicchiere di vino ha 80 kcal, una piccola birra 110-120 kcal, e una birra normale 140-170 kcal. - Non mangiare mai nulla più grande di circa una tazza, il tuo stomaco si espanderebbe e poi avresti ancora fame. - Mangia nuda di fronte a uno specchio. Guarda quanto potrai mangiare in seguito! Fai 6 piccoli pasti al giorno. Prendi 2 mele, e dividile così da avere 6 pasti. In questo modo ingannerai il tuo corpo, il quale penserà che sta mangiando di più. - Assumi pillole contro il bruciore di stomaco se hai molta fame. Neutralizzeranno l’acido che si forma e ti fa sentire affamata. - Prendi una tua foto in cui indossi un costume da bagno o qualcosa di simile che riveli il tuo corpo. Guardala ogni volta che vuoi mangiare. - Ci vogliono 20 minuti affinché il cervello realizzi che lo stomaco è pieno - Quando hai i crampi per la fame, arricciati come una palla, li farà andare via - Se sei una fumatrice ed hai fame, accenditi una sigaretta. Dominerà il tuo appetito. - Prima di precipitarti su quella torta, busta di patatine, caramelle, o quel che sia, fai un grosso respiro e conta fino a 100. Di solito prima ancora che sei arrivata a 100 avrai convinto te stessa che non ne hai veramente voglia. - Quando hai fame bevi velocemente 2 bicchieri di acqua liscia. Ti sentirai così sazia e nauseabonda che avrai completamente perso l’appetito.
- Il sedano brucia calorie. Ogni ora mangiane un gambo. Non solo ti sazierà ma contribuirà a velocizzare il tuo metabolismo.- Pesati sempre prima e dopo aver mangiato. Non solo eviterai di mangiare cose superflue ma ti verrà voglia di mangiare meno ogni volta che vedrai che i numeri sulla bilancia crescono. - Se ti piace bere alcolici,questa idea ti piacerà. Datti una regola: Puoi bere solo se perdi 1 chilo,quindi se perdi 2 chili a settimana puoi bere sia venerdì che sabato sera,se invece hai perso solo 1 chilo puoi bere solo una sera! - Non mangiare davanti alla televisione o al computer. Ti distrae dal senso di sazietà. - Salva i soldi che avresti dovuto spendere per un pasto in un barattolo. Oppure salva i soldi in una bottiglia trasparente e guarda ogni giorno i soldi che aumentano. - Invece di comprare del cibo, con gli stessi soldi comprati dei fiori. Il cibo è deprimente, i fiori ti renderanno felice. - Mangiare 100 calorie 4 volte al giorno è meglio che mangiare 400 calorie tutte insieme in un pasto. - Un abbuffata occasionale non ti farà male, soprattutto se hai smesso di perdere peso, il tuo corpo penserà che hai smesso di digiunare e perderai sicuramente mezzo chilo il giorno dopo! Ma non abbuffarti regolarmente! - Se ti fai un bagno in acqua ghiacciata per 15-30 minuti, la tua temperatura corporea si abbasserà e brucerai sulle 200 calorie per far salire di nuovo la tua temperatura corporea ad un livello normale. dalla lista ogni giorno fino a quando non ci saranno più cibi “cattivi” che ancora assumi. - Evita l’alcool! Un cicchetto di liquore ha 100-120 kcal, un bicchiere di vino ha 80 kcal, una piccola birra 110-120 kcal, e una birra normale 140-170 kcal. - Non mangiare mai nulla più grande di circa una tazza, il tuo stomaco si espanderebbe e poi avresti ancora fame. - Mangia nuda di fronte a uno specchio. Guarda quanto potrai mangiare in seguito! Fai 6 piccoli pasti al giorno. Prendi 2 mele, e dividile così da avere 6 pasti. In questo modo ingannerai il tuo corpo, il quale penserà che sta mangiando di più. - Assumi pillole contro il bruciore di stomaco se hai molta fame. Neutralizzeranno l’acido che si forma e ti fa sentire affamata. - Prendi una tua foto in cui indossi un costume da bagno o qualcosa di simile che riveli il tuo corpo. Guardala ogni volta che vuoi mangiare. - Ci vogliono 20 minuti affinché il cervello realizzi che lo stomaco è pieno - Quando hai i crampi per la fame, arricciati come una palla, li farà andare via - Se sei una fumatrice ed hai fame, accenditi una sigaretta. Dominerà il tuo appetito. - Prima di precipitarti su quella torta, busta di patatine, caramelle, o quel che sia, fai un grosso respiro e conta fino a 100. Di solito prima ancora che sei arrivata a 100 avrai convinto te stessa che non ne hai veramente voglia. - Quando hai fame bevi velocemente 2 bicchieri di acqua liscia. Ti sentirai così sazia e nauseabonda che avrai completamente perso l’appetito. - Il sedano brucia calorie. Ogni ora mangiane un gambo. Non solo ti sazierà ma contribuirà a velocizzare il tuo metabolismo.- Pesati sempre prima e dopo aver mangiato. Non solo eviterai di mangiare cose superflue ma ti verrà voglia di mangiare meno ogni volta che vedrai che i numeri sulla bilancia crescono. - Se ti piace bere alcolici,questa idea ti piacerà. Datti una regola: Puoi bere solo se perdi 1 chilo,quindi se perdi 2 chili a settimana puoi bere sia venerdì che sabato sera,se invece hai perso solo 1 chilo puoi bere solo una sera! - Non mangiare davanti alla televisione o al computer. Ti distrae dal senso di sazietà. - Salva i soldi che avresti dovuto spendere per un pasto in un barattolo. Oppure salva i soldi in una bottiglia trasparente e guarda ogni giorno i soldi che aumentano. - Invece di comprare del cibo, con gli stessi soldi comprati dei fiori. Il cibo è deprimente, i fiori ti renderanno felice. - Mangiare 100 calorie 4 volte al giorno è meglio che mangiare 400 calorie tutte insieme in un pasto. - Un abbuffata occasionale non ti farà male, soprattutto se hai smesso di perdere peso, il tuo corpo penserà che hai smesso di digiunare e perderai sicuramente mezzo chilo il giorno dopo! Ma non abbuffarti regolarmente! - Se ti fai un bagno in acqua ghiacciata per 15-30 minuti, la tua temperatura corporea si abbasserà e brucerai sulle 200 calorie per far salire di nuovo la tua temperatura corporea ad un livello normale.
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