Congresso 53 - Documento Precongressuale Anpas

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53° CONGRESSO NAZIONALE ANPAS

DARE VALORE

Una sfida per le Pubbliche assistenze e per la rete ANPAS

DOCUMENTO PRECONGRESSUALE


DARE VALORE Una sfida per le Pubbliche assistenze e per la rete ANPAS

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DOCUMENTO PRECONGRESSUALE

1. PREMESSA DEL PRESIDENTE NAZIONALE FABRIZIO PREGLIASCO

Ambiti di attività

Valutazione dell’impatto sociale Trasparenza e correttezza Educazione, ricerca, formazione Capacity building Giovani Brainstorming su ruolo e missione di ANPAS come rete nazionale

2. SINTESI DELLA 12^ CONFERENZA DI ORGANIZZAZIONE

Ruolo e identità delle pubbliche assistenze

Ruolo di ANPAS nazionale e dei Comitati regionali come rete associativa Valutazione, monitoraggio e controllo delle pubbliche assistenze

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1. PREMESSA DEL PRESIDENTE NAZIONALE FABRIZIO PREGLIASCO

Siamo un Movimento in movimento. Questo quadriennio ha visto ANPAS crescere e lavorare sempre di più sul territorio. Siamo intervenuti nei disastri che la nostra Italia ci ha spesso costretto purtroppo ad affrontare. Una presenza massiccia che ha ottenuto un riscontro positivo dalle Istituzioni e soprattutto dai nostri concittadini. Anche il nostro lavoro quotidiano cresce, siamo sempre più presenti sul territorio con una continua richiesta di ammissione da parte di Associazioni di tutto il territorio nazionale. Questo è senz’altro l’effetto della nostra sempre più ampia presenza sui tavoli istituzionali e di un miglioramento della nostra capacità di comunicare. L’epopea della riforma della legislazione del Terzo Settore, ancora non conclusa, è stata poi il leitmotiv della nostra attività di lobby istituzionale che ha comportato, e comporta tuttora, di dedicare una gran parte del tempo di tutti i nostri dirigenti. Il tema del Congresso è molto significativo perché racchiude in uno slogan sintetico la sfida del futuro: dimostrare la rilevanza del nostro impatto sociale per incrementarlo ampliando le nostre attività e il valore del nostro capitale sociale, i nostri Volontari. La mission di ANPAS non è quella di essere solo un organismo di rappresentanza delle nostre pubbliche assistenze. Siamo un aggregatore di progettualità, un incubatore per sperimentazioni interpretando al meglio il ruolo di Rete che la riforma del Terzo Settore ci ha dato in termini formali ma che peraltro è stato sempre l’obiettivo del nostro Movimento ormai da 114 anni. La vision di ANPAS può essere ricompresa negli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile sottoscritta dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU perché è un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità che ingloba 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile - Sustainable Development Goals, SDGs - in un grande programma d’azione per un totale di 169 ‘target’ 4 | 53°CONGRESSO NAZIONALE ANPAS

o traguardi. Gli Obiettivi per lo Sviluppo rappresentano obiettivi comuni su un insieme di questioni importanti per lo sviluppo: la lotta alla povertà, l’eliminazione della fame e il contrasto al cambiamento climatico, ecc. ‘Obiettivi comuni’ significa che essi riguardano tutti i Paesi e tutti gli individui: nessuno ne è escluso, né deve essere lasciato indietro lungo il cammino necessario per portare il mondo sulla strada della sostenibilità. Nel Congresso i Delegati dovranno confrontarsi sul ruolo che il nostro Movimento vuole avere; sulle attività che vorrà svolgere e sulle posizioni che vorrà comunicare di fronte al quadro socio-politico attuale. Ci concentreremo sulle criticità e sulle problematiche sociali che come Cittadini incontriamo nella vita di ogni giorno e che come Volontari vogliamo, attraverso l’appartenenza ad organizzazioni storiche e strutturate come è l’ANPAS, cercare di affrontare non solo in termini pratici ma anche culturali. Tutto questo per accrescere la consapevolezza e la cittadinanza attiva che è il vero obiettivo del nostro Movimento. Povertà, Mezzogiorno, lavoro giovanile e famiglia. Sono le quattro emergenze nazionali individuate dal CNEL nel Parere sul Decreto di Economia e Finanza 2018 presentato nel maggio scorso. Sulla povertà – si legge nel parere del CNEL - gli interventi recenti in materia, che sono stati sollecitati da un ampio schieramento sociale (l’alleanza contro la povertà) e sono confluiti nel reddito di inclusione (REI), costituiscono un primo passo per il contrasto alla povertà. Ma è un passo ritenuto ancora insufficiente sia per l’ambito della copertura del provvedimento, sia per la poca consistenza delle risorse messe a disposizione. Dovremo ora comprendere ciò che le forze politiche attuali vorranno proporre in tema di povertà nella speranza che la proposta sia condivisibile e sostenibile. Se così fosse costituirebbe un forte segnale positivo per l’inizio di questa legislatura.


L’altra grande emergenza nazionale è il Mezzogiorno. Non ci può essere vera ripresa del nostro Paese senza una reale ripresa del Mezzogiorno. Le carenze gestionali e la scarsa capacità progettuale delle amministrazioni, a cominciare da quelle locali, hanno gravemente ridotto la capacità di spesa del Sud in molti settori cruciali sia dell’economia, sia del welfare (scuola, sanità, assistenza, servizi sociali) ed hanno impedito l’utilizzo di molti investimenti nazionali ed europei. Dal Sud del Paese arrivano segnali positivi, registrati anche dall’ultimo Rapporto SVIMEZ. Questi vanno però sostenuti con politiche nazionali rinnovate anzitutto sul piano economico-industriale attraverso investimenti strategici che puntino alla modifica dei modelli di specializzazione esistenti, estendendo e rafforzando alcuni recenti interventi del Governo: dai contratti di sviluppo, ai crediti di imposta a sostegno della nuova imprenditoria giovanile, agli interventi del piano Industria 4.0. Resta da superare la difficoltà delle imprese meridionali, come delle piccole e medie imprese in genere, ad accedere a questo tipo di strumenti. Il Presidente di Fondazione con il Sud, Carlo Borgomeo, ha recentemente affermato che: «A mio avviso, è ora di provare a cambiare radicalmente l’approccio all’antica questione meridionale e questo significa affermare la necessità di un capovolgimento del paradigma che ha saldamente guidato le politiche di sviluppo: è ora di affermare con forza, e senza improbabili compromessi, che il sociale viene prima dell’economico». E ancora: «Occorre rovesciare il paradigma, a partire dalla natura del divario Nord-Sud, che ha costituito la base etica, culturale e politica dell’intervento straordinario. Non il divario del PIL, non la condanna per il Sud ad un inseguimento impossibile, frustrante e deresponsabilizzante, dei livelli di ricchezza del Centro-Nord. Il divario vero non è nel PIL né nel reddito pro-capite, ma nei tassi di abbandono scolastico, nei posti disponibili negli asili nido, nelle chiare prospettive di futuro ai giovani, nei servizi alla persona, nei servizi sanitari, nel funzionamento delle Istituzioni, nel rispetto delle regole». Ad esempio Il quadro emerso dai risultati dell’Invalsi conferma il solito trend: un forte divario tra nord e sud a confermare che l’istruzione italiana non cambia. Nel meridione i risultati sono più bassi del 30% e risulta molto influente la situazione socio economica delle famiglie di provenienza. Sul fronte del lavoro giovanile la situazione è veramente drammatica. La ripresa del numero degli occupati segnalata dalle ultime rilevazioni dell’Istat non è sufficiente ad invertire la tendenza, anche perché la crescita degli occupati si accompagna ad una riduzione delle ore lavorate, segno di un aumento del part-time involontario. Inoltre non sono cresciuti solo i lavori a tempo indeterminato, ma crescono ulteriormente le quote di lavoro a termine e variamente precario. Il CNEL segnala, come tutti gli osservatori italiani ed europei, che il percorso da compiere è ancora lungo per tutto il Paese e, in particolare, per il Sud. Se non si accelera la ripresa dell’occupazione rischiamo di danneggiare un’intera generazione. Il compito per sventare questo rischio è estremamente arduo perché pesano ritardi accumulati nel passato. La scarsità di risorse impone che la scelta

dei vari strumenti di sostegno all’occupazione proceda da una valutazione attenta dei costi e benefici delle varie opzioni, sulla base di un monitoraggio attento delle ricadute effettive delle diverse misure. Le politiche familiari e per la natalità – quarta emergenza indicata dal CNEL – devono costituire parte integrante della politica economica del Paese. Il CNEL ritiene necessario porre in essere due strumenti essenziali: misure fiscali tagliate a misura di famiglia e sviluppo dei servizi di sostegno. Le imposte sul nucleo familiare in Italia continuano ad essere troppo alte, come mostrano tutti i confronti internazionali. Esse vanno ridotte progressivamente per tener conto della funzione svolta dalla famiglia e dei costi che su di essa gravano, in primis quelli di cura e di educazione dei figli. Allo stesso fine è necessario prevedere un nuovo sistema di assegni familiari che aiuti in modo efficace ed equo le famiglie con figli nello svolgimento dei loro compiti. La famiglia ha bisogno di essere sostenuta non solo con aiuti monetari ma anche con servizi efficienti e accessibili per aiutarla nello svolgimento dei compiti di assistenza e di educazione: asili nido, scuola a tempo pieno, strutture di assistenza per familiari non autosufficienti, strumenti di conciliazione fra vita privata e vita professionale. In questo contesto la Banca d’Italia certifica un nuovo record assoluto per il nostro debito pubblico che a maggio 2018 è aumentato di 14,6 miliardi rispetto al mese precedente, risultando pari a 2.327,4 miliardi. Nel supplemento al Bollettino Statistico «Finanza pubblica, fabbisogno e debito» di Bankitalia si legge che l’aumento da fine 2017, quando il debito si è attestato a 2.263 miliardi, è stato di 84,3 miliardi con un incremento del 3,6%. Questa situazione evidenzia la fragilità del nostro Paese soprattutto nel poter garantire la continuità di un welfare come siamo abituati a sperimentare fino ad oggi in Italia. Il tema dell’immigrazione continua ad avere un ruolo da protagonista nello scenario politico italiano, anche i giornali e social network sono popolati di considerazioni e dibattiti a proposito della portata del fenomeno e delle scelte politiche su come gestire il presente e il futuro dei flussi migratori. Troppo spesso le esternazioni, sotto forma di slogan da campagna elettorale, eccessivamente generiche, trascinano il tema umanitario nell’agone politico. Un approccio politicizzato e ideologico, infatti, rispetto al tema della salvaguardia e del rispetto dell’essere umano non fa altro che creare fazioni, enfatizzare la percezione distorta (ad esempio sul tema del soccorso in mare) ed aumentare la distanza da soluzioni umanitarie efficaci e condivise. Anche la politica per l’immigrazione a livello europeo è condizionata dai limiti e dalle vicissitudini degli Stati membri con il risultato di essere spesso incoerente e incapace di affrontare il fenomeno che va oltre all’emergenza. Non si tratta di trovare soluzioni semplici e rapide ai problemi contingenti che la presenza di immigrati porta nella società, ma di inserire questo fenomeno strutturale ed inevitabile all’interno di un processo di crescita e di sviluppo della società legandosi alle politiche di cooperazione allo sviluppo, di sicurezza e di partnership tra Paesi. DOCUMENTO PRECONGRESSUALE| DARE VALORE | 53°CONGRESSO ANPAS


Il Volontariato è un luogo solido in questa realtà liquida, garanzia di mantenimento ad un livello adeguato e universale della convivenza civile, del welfare come sinora lo conosciamo e rappresenta un luogo di riferimento di fronte ad una forte discontinuità pervasiva del contesto sociale e politico italiano.

Una scommessa parzialmente acquisita è quella sulle politiche giovanili: stiamo definendo un regolamento del gruppo giovani che speriamo di portare a breve in approvazione. È un percorso che sta andando avanti a macchia di leopardo sui territori: è pertanto importante rafforzare le buone pratiche di alcuni Comitati regionali.

Fra i temi da discutere c’è la modalità con cui far comprendere, anche alle Organizzazioni sindacali, il ruolo del volontariato nell’emergenza-urgenza, nostro core storico di attività, in quanto nel mondo medico e clinico la nostra presenza è solo tollerata. In quest’ottica troviamo il tentativo di professionalizzazione della figura dell’autista soccorritore verso la quale si tende ad alzare l’asticella della formazione che prevedrebbe per questa figura ben 500 ore di formazione. Su questo tema Croce Rossa e Misericordie si sono appiattite e pertanto non sono d’aiuto. L’impegno e il ruolo di ANPAS è quello di tenere alta l’attenzione su questi temi, alla luce anche di quanto ci siamo detti sull’Europa che ritiene che le attività in ambito sanitario debbano aprirsi al mercato. Queste questioni sono state già discusse ma devono essere riportate nell’ottica di una acquisizione di questa consapevolezza nelle nostre associate.

Altri ambiti importanti da continuare a rilanciare sono la protezione civile, la cooperazione e le adozioni internazionali. Il servizio civile sta continuando a crescere: nell’ultimo bando abbiamo ottenuto dei punteggi che garantiranno ad ANPAS la totale copertura dei posti richiesti, oltre a nuove domande di accreditamento.

Leggendo i documenti precongressuali del passato, si ritrova la problematica della contrapposizione tra NOI (il secondo livello ANPAS) e VOI (le pubbliche assistenze) che purtroppo esiste ancora oggi e che dobbiamo superare. Sarà necessario che il Congresso si esprima sul tema dell’apertura anche ad altri enti del terzo settore (ETS): o all’interno della nostra rete ANPAS o immaginando soluzioni come quelle che stanno adottando le Misericordie (costituzione di una rete parallela). È infatti possibile prevedere reti di reti anche nel nostro ambito per incrementare l’interlocuzione politica sui punti di interesse di ANPAS. Quanto realizzato ad oggi è stato rafforzare la validità del nostro modello organizzativo (rete associativa nazionale) riconosciuto dal Codice del Terzo Settore e dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che ci ha già affidato l’incombenza della raccolta delle richieste dei contributi su acquisto ambulanze e beni strumentali delle nostre associate. Nel Congresso andrà poi rimarcato quanto già emerso nelle modifiche dello statuto nazionale relativamente al controllo ed autocontrollo delle associate. Sarà una scommessa organizzativa, strutturale ed economica non da poco quella di poter svolgere questo servizio in modo corretto e trasparente come è opportuno, anche a fronte di una richiesta di espansione della rete. Alcune realtà se ne sono andate perché avevano problemi organizzativi ma abbiamo moltissime associazioni in coda per l’ammissione ad ANPAS e questo pone la questione della qualità delle nostre associate e del patto sociale che si sottoscrive con l’adesione ad ANPAS. Su questo aspetto sarà necessario stringere una forte sinergia con i Comitati regionali. Con la realizzazione del Bilancio Sociale e l’adozione del Codice Etico abbiamo precorso i tempi. La scommessa di oggi è quella di valorizzare e costruire un nostro modo di rappresentarci, per evitare di essere confusi con qualsiasi aziendina che svolge le nostre stesse attività, evitando l’appiattimento sui servizi storici. 6 | 53°CONGRESSO NAZIONALE ANPAS

I TEMI che dovranno essere inoltre dibattuti nel Congresso per arrivare ad una sintesi condivisa riguardano vari aspetti. AMBITI DI ATTIVITÀ La nostra presenza storica nei territori, nelle nostre attività sulle ambulanze, evidenzia un nucleo di solidarietà. Diminuire questa presenza rischia di far perdere coesione sociale. Le nostre Associazioni sono palestre di democrazia contro l’imbarbarimento della società. Dobbiamo prendere atto che in alcuni ambiti, come l’emergenza/urgenza, la tendenza alla professionalizzazione e l’esser chiamati a coprire servizi sempre più pesanti e complessi, ci pone in una posizione di dipendenza dalle Istituzioni. Occorre recuperare quella sussidiarietà dallo Stato, che ha contraddistinto anche il passato delle pubbliche assistenze, aprendoci a nuovi ambiti. Il percorso realizzato in questo quadriennio per sollecitare nelle associate una maggiore attenzione al sociale, ai nuovi bisogni sarà determinante, in tutti i territori e in particolare nel Sud dell’Italia. Di questo nei documenti ANPAS se ne parla da anni ma oggi la questione è diventata cruciale rispetto alla tenuta nel futuro. Diversi incontri sono già stati attuati per sottolineare con le Associazioni la centralità della questione ‘sociale’ e il cambiamento di ruolo che viene chiesto al terzo settore e al volontariato. In questo ambito molte realtà di ANPAS svolgono attività sul territorio di carattere sociale: sostegno ai minori, centri di ascolto, collaborazione con i Tribunali per le pene alternative, iniziative di alfabetizzazione dei migranti, tutela dei beni comuni, assistenza ad anziani e disabili. sviluppate senza grandi mezzi tecnici o finanziari e con risultati notevoli soprattutto quando realizzati dalla collaborazione con altre associazioni. VALUTAZIONE DELL’IMPATTO SOCIALE La valutazione dell’impatto sociale delle nostre associazioni è un elemento essenziale per rimarcare la qualità del nostro agire per il bene comune e differenziarci rispetto al modo di operare di altre entità che spesso si insinuano nel nostro mondo. E’ fondamentale per comunicare all’esterno, in modo più incisivo e mirato, questa nostra presenza misconosciuta ai più. Dobbiamo renderci conto di quale immagine diamo di noi stessi verso l’esterno per renderla più aderente al vero. L’impegno è quello di partire dal radicamento sul territorio e quindi agire sulle comunità nelle quali si attuano le nostre attività. Dobbiamo renderci conto di quale immagine diamo di noi stessi verso l’esterno per renderla più aderente al vero. L’impegno è quello di


partire dal radicamento sul territorio e quindi agire sulle comunità nelle quali si attuano le nostre attività. TRASPARENZA E CORRETTEZZA Questi due elementi devono essere il marchio distintivo di ANPAS e di tutte le sue associate. Solo così si potrà andare a testa alta nelle nostre comunità e nelle Istituzioni per offrire il nostro capitale sociale al servizio del Paese. Dovremo pertanto completare l’attuazione del Codice Etico ”Essere ANPAS” – secondo quanto deliberato dalla Assemblea nazionale del 20 maggio 2017 a Torino – il conseguente lavoro di autovalutazione con l’esplicitazione di un patto di corresponsabilità tra ogni singola Associazione e ANPAS (nazionale e regionale). Ad oggi solo il 30% delle Associazioni ha adempiuto a questa disposizione. La compilazione del questionario di autovalutazione non ha fini valutativi o di controllo ma è solo uno strumento per verificare il grado di attuazione delle disposizioni di legge da parte delle associazioni e quindi permettere alle pubbliche assistenze di ottenere un aiuto da parte dei Comitati regionali e da ANPAS nazionale per colmare le lacune presenti. EDUCAZIONE RICERCA FORMAZIONE Esiste una necessità di condivisione di idee e progettualità. È fondamentale rilanciare l’approccio della cascata formativa che abbiamo adottato per la formazione nella Protezione Civile e nei percorsi Essere ANPAS, perché se la conoscenza rimane ristretta a pochi, non è una ricchezza di tutto il movimento. Le incombenze che ricadono sui quadri dirigenti di strutture organizzate come le nostre Associazioni, impongono il rafforzamento della formazione dei quadri dirigenti di ANPAS e delle singole pubbliche assistenze. Tra i temi imprescindibili oltre alla riforma del Terzo Settore: • il D.Lgs. 231/2001 per il quale gli enti in genere possono essere chiamati a rispondere in sede penale per taluni reati commessi nel proprio interesse o vantaggio dai propri amministratori, volontari o dipendenti; • le disposizioni sulla privacy anche alla luce del Regolamento UE 679/2016, noto come GDPR (General Data Protection Regulation) relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento e alla libera circolazione dei dati personali; • il testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (TUSL) emanato con il Decreto legislativo 81/2008 Accanto a questi ambiti, necessari per una gestione corretta delle Associazioni, è fondamentale l’incremento delle attività di formazione per aumentare il senso di appartenenza dei Volontari al nostro Movimento, per incrementare la coesione e la forza di ANPAS nei territori, per migliorare i nostri spazi di partecipazione. CAPACITY BUILDING Questa espressione racchiude la sfida complessiva che dobbiamo affrontare sia individualmente, come volontari e dirigenti, che come movimento, per rendere sempre più incisiva la nostra presenza nelle Comunità. Il termine significa letteralmente «costruzione delle capacità». Viene utilizzata spesso insieme alle espressioni “capacity development” per indicare un processo continuo di miglioramento degli individui in un ambito economico, istituzionale, manageriale.

La capacity building è riferita a un processo interno a un’organizzazione che può essere potenziato o accelerato da apporti esterni in grado di favorire il rafforzamento delle potenzialità attraverso l’utilizzo di capacità già esistenti. Si distingue dai processi di apprendimento (come i corsi di formazione) perché questi agiscono sulle competenze degli individui ma non sui contesti organizzativi e sui sistemi in cui tali competenze si esplicano. La formazione non amplia necessariamente le potenzialità di sviluppo di un contesto. La capacity building include quindi tutte le attività legate allo sviluppo delle risorse umane, al management (strategic management, organisational reengineering, knowledge management, information management ecc,) ma anche alla creazione di un ambiente in grado di innescare percorsi virtuosi che favoriscono la sostenibilità dello sviluppo. GIOVANI In questo quadriennio sono state attuate iniziative di promozione della presenza e del coinvolgimento dei giovani. Fondamentale sarà lo scambio delle buone pratiche attuate all’interno dei Comitati e delle associazioni. Inutile ribadire che in prospettiva il numero di giovani si ridurrà, sia per la diminuzione di natalità che per la mobilità verso altri paesi, due fenomeni che porteranno ad un saldo demografico negativo solo in parte compensato dall’immigrazione. Questo ci dovrà far riflettere riguardo al nostro ruolo di terzo cantiere dopo la famiglia e la scuola per far crescere cittadini consapevoli ed attivi. In tal senso anche la nostra rilevante attività nell’ambito del rinnovato Servizio Civile Universale intercetta sempre di più giovani che appartengono alla categoria in crescita dei Neet (Not in Employment, Education or Training), cioè i “ragazzi” dai 15 ai 29 anni che né lavorano né sono impegnati in programmi di formazione, che ci impone una grande attenzione e grandi responsabilità. Oltre a ridursi i giovani oggi hanno soprattutto poca incisività sulle politiche locali e nazionali. La loro prima difficoltà, dunque, è quella di prefigurarsi una progettualità futura. I più si sentono “condannati” a vivere in un precariato presente. Tuttavia, anche i giovani attivi nella vita politica e sociale, impegnati nel volontariato e nell’associazionismo, vivono la precarietà del futuro, contraddistinto dalla flessibilità o dall’assenza di lavoro, col conseguente impedimento alla creazione di una vita autonoma. Come movimento nazionale abbiamo la responsabilità di discutere di questo tema, valorizzando le esperienze già attuate da alcune associazioni e facendo emergere nuove progettualità. L’appartenenza al territorio da parte della popolazione giovanile (15-29anni) è molto articolata: i giovani appartengono alla loro città, al loro contesto urbano o rurale ma, in una mobilità sempre maggiore, è crescente anche il pluralismo etnico e culturale. Si allarga molto anche la proiezione extra nazionale dei giovani, europeista e cosmopolita. Anche per questo come ANPAS dobbiamo condividere l’importanza e l’urgenza di sviluppare e/o recuperare il concetto di appartenenza dei giovani con l’obiettivo di verificare l’efficacia o la carenza degli interventi sul territorio. Dobbiamo farci carico di un confronto diretto con la partecipazione e il protagonismo giovanile, che è generatore di innovazione e portatore di nuovi diritti e nuove sensibilità, trasformando ANPAS e le pubbliche assistenze in un laboratorio. DOCUMENTO PRECONGRESSUALE| DARE VALORE | 53°CONGRESSO ANPAS


BRAINSTORMING SU RUOLO E MISSIONE DI ANPAS COME RETE Nel Congresso, continuando il lavoro svolto dal Consiglio nazionale, dalla Conferenza dei Presidenti e nella dodicesima Conferenza di Organizzazione, sarà necessario riflettere su tre scale di relazioni (esistenti e potenziali) tra ANPAS e il suo contesto culturale e territoriale: 1. Le relazioni interne tra ANPAS e le associate (competenze, progettualità comuni, obiettivi, esigenze) 2. Le relazioni esterne tra ANPAS, i territori e le comunità 3. Le relazioni esterne tra ANPAS e il contesto delle Istituzioni nazionali ed internazionali. È importante coltivare le relazioni tra le associate, superando gli egoismi di settore e immaginando ANPAS come una piattaforma collaborativa nella quale condividere una mission. ANPAS deve aggiungersi alle associazioni e non sostituirsi, in una relazione virtuosa tra soci e rete capace di creare valore aggiunto. In alternativa correremmo il rischio di essere solo una sorta di condominio e non una comunità. È necessario rilanciare un progetto dove ogni nodo della rete condivide attività e metodologie per poter costruire. Le associate devono chiedersi: perché abbiamo voluto partecipare a questa rete? COsa posso fare per farla funzionare al meglio? Cosa siamo disponibili a condividere? È necessario condividere e comunicare la nostra visione del futuro per non essere una organizzazione che invecchi e che si stagni nel quotidiano, schiacciata nella realizzazione dei servizi e nel rispondere ai bisogni del contingente. Le pubbliche assistenze devono ritrovare la loro vocazione originaria, ovvero la capacità di essere antenna sociale in grado di intercettare i bisogni sociali, vecchi e soprattutto nuovi. Le associazioni tendono ad identificarsi con le attività in cui esse sono concretamente impegnate e fanno fatica a prendere coscienza della complessità dei bisogni del territorio. Si coglie una fragilità della nostra dimensione politica proprio nella tendenza alla monosettorialità. Due sono i percorsi possibili, non necessariamente alternativi tra loro. Da un lato l’orientamento ai servizi alla persona, cercando la miglior interlocuzione possibile con le Istituzioni pubbliche, per rispondere direttamente ai bisogni dei cittadini e ai loro diritti di cittadinanza, visto anche l’arretramento che sta avvenendo in molte parti del Paese. L’altra traiettoria è quella tracciata da esperienze di radicamento nei bisogni svolte anche da altri attori, allestendo cammini di ibridazione e collaborazione per intavolare percorsi di maturazione di solidarietà, responsabilità e coscienza politica. Requisito fondamentale affinché questo secondo percorso possa affermarsi tra le nostre Associate è l’aumento della partecipazione consapevole delle pubbliche assistenze alla vita di ANPAS. Il primo percorso può portare ad uno schiacciamento sui servizi e a un indebolimento della dimensione politica delle Associazioni e, nel quadro di un welfare sempre più residuale, rischia di fare aumentare la competizione tra le OdV per la gestione dei servizi. Una scommessa per il futuro è legata alla capacità del nostro Movimento, nell’ambito delle relazioni con l’esterno, di trovare alleanze con altre entità esterne, 8 | 53°CONGRESSO NAZIONALE ANPAS

con aperture verso altre Reti, altri ETS per evitare la ghettizzazione. Partendo dalla nostra presenza – da valorizzare – nel Forum del Terzo Settore e nelle altre reti a cui aderiamo, è opportuno individuare contenitori politici con i quali condividere istanze, collaborazioni e permettere di consolidare una strategia politica. L’obiettivo è quello di far comprendere alla nuova classe dirigente chi siamo, cosa le pubbliche assistenze rappresentano e possono offrire al Paese, superando la superficialità con la quale ultimamente è stato trattato il volontariato organizzato. Dovremo discutere quanto come ANPAS vorremo incidere nel costruire un nuovo modello di economia a impatto sociale, sostenibile, più equa e solidale realizzando forme di intervento con collaborazioni con l’imprenditoria sociale e la finanza etica anche nell’ambito dello sviluppo del welfare aziendale. Dovremo inoltre rimarcare la consapevolezza di avere un ruolo di rappresentanza che non deve essere solo degli interessi delle associate ma di crescita sociale. I corpi intermedi sono stati, dal secondo dopoguerra a tutti gli anni ottanta, un fattore fondamentale della democrazia e dello sviluppo civile ed economico, rendendo possibile il confronto tra il centro politico e la molteplicità di interessi, esperienze, tradizioni che costituiscono il nostro Paese. A partire dalla prima metà degli anni novanta, la politica ha creduto di potere e dovere fare a meno dei soggetti della rappresentanza con una visione dei corpi intermedi come intralcio alla governabilità. In Italia, storicamente, i corpi intermedi hanno espresso ideali, relazioni e tentativi della persona e al tempo stesso hanno sempre svolto una funzione educativa, sostenendo il confronto dei singoli e delle reti con la realtà che cambiava e, man mano, correggendo errori di giudizio e di intervento. Nel tempo, si è invece assistito a un ripiegamento sulla semplice funzione corporativa. Occorre quindi per il nostro Movimento il recupero della originale centralità della persona e il rafforzamento di un ruolo educativo nei confronti di associati. La grande sfida che i nuovi problemi sociali ed economici pongono alla persona è, prima di tutto, conoscitiva; occorre comprendere i problemi e le opportunità che nascono da una realtà in continua evoluzione e occorre intuire e progettare il contributo che “dal basso” può essere offerto. Da ciò può nascere una novità anche nella nostra azione: sostenere le persone nel continuo cambiamento e nella costruzione di risposte adeguate alle sfide del presente. L’attività di lobby che stiamo attuando sia a livello nazionale che europeo ci vede impegnati su vari fronti anche con battaglie legali impegnative e costose. La scommessa è di rilanciare ed affermare una presenza politica che si deve attuare anche grazie a una strategia comunicativa efficace per diffondere la conoscenza di quello che siamo e del nostro impatto sociale, il nostro ruolo di sensori dei bisogni emergenti nelle comunità. Oggi il volontariato nei sondaggi ha il più alto grado di gradimento tra i cittadini, da questa considerazione dobbiamo partire per far crescere sempre di più il nostro Movimento ultracentenario, risorsa nel passato, opportunità per il futuro del nostro Paese.


SINTESI DELLA 12° CONFERENZA DI ORGANIZZAZIONE ANPAS Bologna 24/25 marzo 2018 RUOLO E IDENTITÀ DELLE PUBBLICHE ASSISTENZE L’identità delle pubbliche assistenze è radicata intorno al ruolo storico che hanno svolto sui territori, nel farsi carico in modo solidaristico dei diritti di ogni persona, con una tensione costante verso una società più giusta e solidale. Alla base del volontariato di pubblica assistenza c’è la volontà di agire eticamente per il benessere sociale sia al proprio interno, nei confronti dei propri volontari e soci, che verso l’esterno, incrementando la coesione sociale e la resilienza di ogni comunità. Le associazioni di pubblica assistenza sono state definite “sentinelle” in grado di avvistare e rispondere alle emergenze sociali, capaci di praticare azioni caratterizzate da empatia sociale; e come “casse di risonanza” e “incubatori di idee e innovazione” nei confronti delle Istituzioni. Nel dibattito che abbiamo sviluppato nella Conferenza di Organizzazione sono emersi una forte spinta verso il rinnovamento - per immaginare e costruire quello che oggi non c’è - e la volontà di mantenere salda la tradizione in particolare per quanto riguarda la scelta di proteggere l’immagine del movimento nell’ambito del volontariato. Occorre guardare a questa fase con un nuovo punto di vista, concependo le associazioni come soggetti che mutano in base al mutare delle esigenze dei territori. Negli oltre 150 anni di storia delle pubbliche assistenze, sono cambiati i servizi, le strutture, l’organizzazione ma non la base valoriale. Sono le azioni (il cosa e il come) che determinano le caratteristiche delle pubbliche assistenze per migliorare la loro risposta alle esigenze della popolazione. È quindi la natura della relazione con questi soggetti che determina l’identità del volontariato di pubblica assistenza. Il territorio è stato descritto come composto da molteplici elementi: cittadini, volontari, corpi intermedi, altre realtà associative, Istituzioni, dinamiche sociali complesse (come i flussi migratori). Per rispondere ai bisogni del territorio occorre migliorare la nostra capacità di ascoltare, individuare, riconoscere le nuove emergenze sociali (es.: alcolismo, bullismo, abbandono scolastico, povertà) con cui entriamo in contatto nelle nostre attività ordinarie di soccorso e mobilità dei cittadini. Per essere efficaci nell’affrontare la complessità dei bisogni della popolazione occorre rafforzare la nostra capacità di stringere alleanze e fare rete con altre organizzazioni e con altre reti. Dobbiamo inoltre incoraggiare l’ingresso di nuovi volontari, anche nei ruoli dirigenziali, e coinvolgere i più giovani nel promuovere la cultura della prevenzione e della responsabilità. Le pubbliche assistenze sono soprattutto associazioni di popolo. Non bisogna confondere la mission con lo strumento (il trasporto sanitario). Se spostiamo l’asse della nostra azione sui bisogni della collettività, rendiamo le nostre Associazioni ancora più forti e riconosciute nelle varie comunità, permettendo a tutta la popolazione di identificarsi nell’associazione. Ritrovarsi intorno all’identità delle pubbliche assistenze e di ANPAS, come fatto anche nella Carta di identità contenuta nel Codice etico, è importante per affrontare con serenità e consapevolezza la discussione in merito all’eventuale ingresso di enti non ODV, così come permesso dall’attuale riforma del TS, per ragionare sulle attività future, anche quelle non legate a convenzioni e trasporto sanitario, per aggiornare e modernizzare la nostra identità. È importante mantenere l’equilibrio fra tradizione e innovazione; agire professionalmente nella consapevolezza che non siamo professionisti ma volontari. Superare la paura dei cambiamenti, legata anche alla destrutturazione che comporterebbe il venir meno delle attività tipiche e l’introduzione di nuove attività e modalità di relazione con altri soggetti. Sotto la spinta di mutamenti e pressioni esterne le pubbliche assistenze non devono deviare verso comportamenti di tipo eccessivamente aziendalistico e commerciale ma rivendicare comunque un proprio ruolo originale nell’economia sociale. La sfida è esser capaci di distinguere con chiarezza tra i due modelli sia verso l’interno che verso l’esterno del movimento. Nell’ipotesi di aprire la nostra rete ad altre tipologie di ETS, è necessario individuare quali fra questi condividono i principi e i valori di ANPAS, la sua storia e la sua mission. Si devono quindi stabilire con chiarezza le condizioni per difendere le caratteristiche identitarie imprescindibili.

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RUOLO DI ANPAS NAZIONALE E DEI COMITATI REGIONALI COME RETE ASSOCIATIVA La Conferenza di Organizzazione ha approfondito il ruolo della rete a cui il Codice del Terzo Settore attribuisce compiti specifici: il confronto nei gruppi di lavoro ha riguardato il futuro che si immagina per ANPAS, per i Comitati regionali e per le associazioni che possono avere forme giuridiche e finalità diverse da quelle considerate istituzionali. È forte la consapevolezza che il movimento nazionale delle pubbliche assistenze sia una struttura a rete complessa, organizzata in senso verticale e bidirezionale per garantire la rappresentanza democratica, e – contemporaneamente – organizzata in modo orizzontale con un modello ispirato alla sussidiarietà e teso allo sviluppo del movimento. È stato confermato il ruolo di rappresentanza politica del movimento, che deve essere agito sia a livello nazionale che regionale. La presenza di Comitati regionali dotati di una loro autonomia, permette il dialogo con le Regioni e le altre Istituzioni locali ed il confronto con i territori. Per ciò che riguarda la natura giuridica di ANPAS nazionale l’orientamento è a non considerarla un soggetto monolitico in tutti i suoi livelli: alla luce della nuova normativa i vantaggi dell’essere ODV non ripagano le opportunità di sviluppo che ANPAS potrebbe avere nel nuovo scenario. Come ETS non ODV comunque è possibile aggregare realtà che fanno solidarietà, partecipazione e volontariato sui territori, svolgere nuove attività (ad esempio una centrale nazionale di acquisti), sviluppare nuove alleanze. C’è da rilevare la presenza di opinioni discordanti circa l’apertura della base associativa a enti non ODV: tema su cui non si è giunti ad una posizione interamente condivisa. Per qualcuno è sembrato addirittura prematuro affrontare il problema. In ogni caso alcuni non vedono difficoltà nell’includere enti non ODV purché condividano le caratteristiche valoriali di ANPAS e le stesse finalità; altri argomentano un parere contrario. L’indicazione, condivisa dalla Conferenza, è di non costruire muri, ma cogliere le opportunità di uscire fuori dagli schemi attuali con un’attenzione allo sviluppo del movimento. Prendere atto che in alcuni territori è già in corso un cambiamento della visione più tradizionale legata al volontariato puro che ha portato, ad esempio, alcune associazioni a costituire nuove organizzazioni per gestire attività complesse. Gli obiettivi per il prossimo futuro sono: • consolidare l’operatività della rete; • promuovere e facilitare lo scambio tra esperienze dei Comitati regionali e tra pubbliche assistenze appartenenti allo stesso comitato; • rappresentare storie e valori delle pubbliche assistenze, favorendo il raggiungimento di una identità unica; • acquisire maggior peso istituzionale (anche a livello regionale) e fare lobby a livello nazionale ed europeo; • incrementare la partecipazione, anche con momenti di discussione non istituzionali; • promuovere la formazione dei dirigenti “permanentemente ciclica” (permanente per le cariche in essere e ciclica per quelle in ingresso); • studiare il modello di governance per fare scelte consapevoli. Le sfide più imponenti riguardano: • l’apertura ad altri soggetti in modo pensato e ragionato, senza pregiudizi o preclusioni e con tutta la preparazione possibile; • essere un punto di riferimento per le organizzazioni esterne; • integrare i nuovi potenziali soggetti. Parallelamente sono percepite come sfide le necessità di un maggiore coinvolgimento dei volontari teso ad accrescere il senso di appartenenza ad ANPAS in un corretto equilibrio con le singole autonomie e le specificità territoriali; di far crescere la consapevolezza, le competenze, la preparazione dei dirigenti nazionali e regionali; l’aumento dell’adesione all’identità (valori e principi) del movimento da parte di tutti i livelli che lo compongono.

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VALUTAZIONE, MONITORAGGIO E CONTROLLO DELLE PUBBLICHE ASSISTENZE Obiettivo principale, comune e condiviso dalla Conferenza di Organizzazione, è agire secondo legalità per rendere ANPAS un interlocutore autorevole e riconosciuto dalle Istituzioni e dai cittadini, per essere coerenti ai valori del movimento e per tutelarne l’immagine. Valutazione, monitoraggio e controllo delle pubbliche assistenze sono quindi attività inderogabili dell’Essere ANPAS, sono la condizione per rendere ANPAS un movimento inclusivo nel rispetto delle regole e della trasparenza. La definizione di uno standard qualitativo, che si affianca ai requisiti statutari per l’adesione al movimento, è un elemento positivo per l’intera rete e per il suo sviluppo sostenibile e responsabile. Il monitoraggio deve essere per le associazioni un processo partecipativo verso la qualità e l’eccellenza. Occorre potenziare l’adesione delle Associazioni ai percorsi già in essere (il censimento nazionale delle pubbliche assistenze, il Codice Etico, la formazione Essere ANPAS) e sperimentarne di nuovi (la valutazione d’impatto). In particolare il Codice etico incrementa la consapevolezza di ogni associazione su cosa fa e cosa potrebbe fare e fornisce al Comitato regionale e ad ANPAS nazionale la fotografia dello stato attuale delle proprie associate. Le azioni di valutazione (monitoraggio e controllo) sono quindi un’opportunità di crescita. Queste attività possono infatti essere interpretate, e quindi attuate, come un “cerchio ermeneutico” composto dai seguenti passaggi: controllo-sviluppo-formazione-accompagnamento. Condizione necessaria una comunicazione bi-direzionale tra ANPAS ed associazioni (invio elenchi soci, bilanci, ecc.). Occorre potenziare gli strumenti di accompagnamento e supporto delle Associazioni in modo da permettere una verifica periodica dei parametri che permettono ad un’associazione di essere associata ANPAS. Il rispetto di nuovi obblighi di legge può essere l’occasione per sviluppare degli standard comuni, per favorire lo scambio di professionalità e competenze tra i diversi territori. Legate ai questi temi, alcune sfide: • Riconoscere il valore identitario della formazione Essere ANPAS; raggiungere un numero sufficiente di formatori per soddisfare le esigenze dei Comitati regionali; coinvolgere queste risorse nell’attività di valutazione, monitoraggio e controllo a supporto dei Comitati regionali e delle singole associazioni. • Applicare per il tesseramento le norme previste dallo Statuto in termini di rispetto dei doveri delle Associate ed azioni conseguenti. • Completare il percorso di compilazione del codice etico e censimento da parte di tutte le associate • Promuovere la realizzazione dei Bilanci sociali di Comitati ed associazioni • Dotarsi di una procedura univoca tra i Comitati regionali per l’ammissione di nuove associate • Definire uno strumento unico di monitoraggio valido per tutti i Comitati regionali, riconosciuto a livello ministeriale, da declinare sulla base delle specificità locali come in parte già avviene dove ci sono accordi o convenzioni regionali. L’eventualità di svolgere direttamente l’attività di monitoraggio, vigilanza e controllo (come previsto dal Codice del Terzo Settore) è vista come un’opportunità per la rete ANPAS per difendere identità, principi e valori del movimento e dare un segno di trasparenza, credibilità, coerenza alla storia di volontariato. È comunque opportuno dotarsi di una governance evoluta per scegliere le competenze necessarie a svolgere questa attività: il controllo deve essere indipendente e anche nel caso di una modalità di controllo interna al movimento.

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